Una delle sfortune più amare della società del nostro tempo è quella di non sapere più il perché delle feste, delle consuetudini, degli appuntamenti annuali. L’uomo è diventato come una specie di analfabeta che non sa più leggere i cartelli indicatori posti sulle strade della sua esistenza. Siamo capacissimi di fare una gran baldoria a Natale, senza sentire in cuore neppure il più piccolo fremito di gioia per la venuta del Signore del cielo e della terra, che per salvarci si è fatto uno di noi. I nostri padri hanno istituito l’Epifania con l’intento di esprimere la loro stupita gratitudine per il Dio che ha voluto manifestarsi e ha squarciato con la sua verità la nostra notte; e noi l’abbiamo ridotta a essere il «giorno della Befana». E chissà se la risurrezione di Cristo – l’avvenimento centrale della storia che ha dato origine alla ricorrenza settimanale della domenica – è molto presente ai protagonisti degli estenuanti ritorni in autostrada e ai frequentatori delle discoteche? L’uomo assomiglia sempre più a un ricco signore un po’ perso che ha convocato una folla di amici per un pranzo solenne, e quando vede radunata tutta l’allegra compagnia non gli viene più in mente la ragione dell’invito e la causa di tanto tripudio. Noi siamo giustamente preoccupati del pericolo dell’inflazione, che potrebbe ridurre la nostra moneta a carta senza pregio e senza potere. Ma nella vita del nostro spirito un’inflazione c’è già: è quella del nostro calendario, che è pieno di festività di cui non si conoscono più né la motivazione né il senso. Cardinale Giacomo Biffi Arcivescovo Emerito di Bologna
Tratto da “La donna ideale” di Giacomo Biffi (Edito da Edizioni Studio Domenicano)