Festa dell’Immacolata Concezione
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ari fratelli nel Signore e Salvatore nostro, questa domenica coincide con la stupenda festa che la Chiesa celebra con grande esultanza: è la festa dell’Immacolata Concezione di Maria. Dobbiamo in questo giorno provare spiritualmente e interiormente quella letizia di cui Maria stessa era piena quando esclamava: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore!”, perché davvero cose grandi ha compiuto l’Onnipotente nella sua Ancella, costituendo Lei, la Creatura più Santa e pura fra tutte, Madre del Creatore, Madre del Redentore consustanziale al Padre, piena di grazia, regina dell’universo, nostra avvocata, nostra mediatrice presso Cristo unico mediatore! 1
Quanta gioia nel vedere la grandezza dell’opera di Dio e la bellezza della sua grazia che si manifesta nella bellezza interiore di Maria! Cari fratelli, ogni buon cristiano deve essere pieno di devozione, di filiale e profondo amore a Maria. Non si può rimanere indifferenti davanti alla grandezza di Maria, non si può non benedire e lodare Iddio che è stato così grande nel darci Colei che non solo è la Madre di Cristo, ma in Cristo è anche Madre nostra. Quella vita che Ella ha dato al mondo, la vita di Cristo, la vita eterna, ebbene quella vita ci è stata data dalla Vergine ed è anche la nostra vita, perché noi che siamo battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo e viviamo in Cristo: “non sono più io” esclama S. Paolo apostolo “ma è Cristo che vive in me”. Ecco, cari fratelli, dobbiamo pensare che anche noi possediamo quella vita che ci è stata data da Maria, Vergine e Madre. Con quanta riconoscenza dobbiamo avvicinarci alla nostra madre! Come dobbiamo pregarLa perché interceda per noi peccatori, Lei tutta pura, tutta santa e senza peccato! Chiediamo al Signore e allo Spirito Santo che sostengano la nostra preghiera. S. Bernardo dice che De Maria, numquam satis!, di Maria non si parlerà mai abbastanza, mai abbastanza la si loderà, mai abbastanza la si mediterà. Cerchiamo di meditare il mistero di Maria per ottenere la sua materna intercessione e per poter seguire Lei, che è la regina del Cielo e della terra, nella gloria della vita eterna. Io, poveretto, so che devo parlarvi di un mistero che oltrepassa l’umana intelligenza, e prego perché voi possiate ascoltare la parola del Signore per quello che veramente è, cioè non parola di uomini, ma parola di Dio stesso. Cari fratelli, che cosa significa l’Immacolata Concezione di Maria? Purtroppo in questi tristi tempi, in cui la ribellione a Dio e la sovranità del mondo si propagano sempre di più, si propaga anche la bestemmia contro Dio, contro Cristo, contro Maria stessa. Questi uomini malvagi, questi diavoli, come dice la Scrittura, bestemmiano ciò che ignorano. Pensate ad esempio a quell’ignobile libro in cui Maria viene profanata, il mistero della sua verginità viene leso. Ebbene, questi bestemmiatori e profanatori non capiscono nemmeno quello che stanno bestemmiando. Vedete come l’odio della fede, l’odio di Dio è sempre anche la rovina dell’uomo, rovina dell’intelligenza, rovina della giustizia, rovina della stessa onestà umana. In queste opere indegne in cui si osa insorgere contro la purezza di Maria si scambia il mistero della verginale maternità di Maria con il mistero dell’Immacolata Concezione, mentre sono cose ben diverse. L’Immacolata Concezione di Maria, secondo quanto definito da Papa Pio IX come verità di fede, verità necessaria alla salvezza, verità che ci apre la via del Paradiso, suona così: “ogni cristiano deve fermamente credere con fede soprannaturale e apostolica che Maria dal primo istante della sua esistenza, dal primo momento del suo concepimento, per singolare grazia di Dio, in previsione dei meriti di Cristo suo figlio Crocifisso, è stata concepita senza il peccato delle origini, senza la macchia
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del peccato”. Maria è stata concepita ed è nata come figlia di Dio, a differenza di noi che nasciamo peccatori, lontani da Dio. Pensate alla grandezza di Maria! Era veramente l’“orto chiuso”, era veramente il paradiso pieno di delizie che il Creatore ha portato in questa nostra povera terra, fonte delle acque di salvezza che sgorgano con impeto dal Libano per rallegrare la città santa di Dio. Ella, cari fratelli, è la più bella ed è più profumata dei gigli delle valli, Maria Santissima è il compendio del Vangelo, è la sintesi del cristianesimo, Ella è la Madre del Cristo, Madre di Dio, Madre del Salvatore. E Iddio, per preparare il suo Verbo Incarnato per la nostra salvezza e prevedendo i meriti della Croce del Salvatore, l’ha liberata dal peccato delle origini. Cari fratelli, è un mistero stupendo, un mistero meraviglioso, solo Dio può fare cose così, solo Dio può fare questo. Così dice il vangelo di oggi: tutto è possibile presso Dio. Tutta l’umanità nasce peccatrice. Non abbiate paura di questo: dobbiamo affrontare con coraggio la tragedia del peccato per renderci conto di quanto sia grande la nostra salvezza. L’uomo di oggi ha perso il senso di Dio e il senso del peccato, e quindi ha perso anche il senso della riconoscenza dovuta a Cristo per l’opera della sua salvezza. Se il peccato è cosa da poco, come l’uomo moderno osa pensare, allora Cristo ha fatto ben poco salvandoci dal peccato. Se invece il peccato è la vera tragedia dell’uomo, più terribile della morte fisica, che ne è solo una piccola conseguenza, allora Cristo liberandoci dal peccato ha fatto cose stupende per noi. Pensiamo a quanto Iddio ha voluto bene a Maria. Maria, figlia dell’Eterno Padre, madre del Verbo, sposa dello Spirito Santo, triclinio della Santissima Trinità, sacrario di Dio, arca della nuova alleanza, è stata prescelta dal Signore perché per prima spezzasse il giogo tirannico del peccato. Lei prima, unica, è stata concepita senza il peccato delle origini. Di generazione in generazione si tramandava questo giogo tragico, questa spaventosa, questa unica vera schiavitù dell’uomo, questo suo essere asservito alle sofferenze della vita. Cari fratelli, solo in Dio noi ritroviamo la verità del nostro essere. Non poter
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più raggiungere Dio significa non poter più realizzare noi stessi. È tremendo, è spaventoso. Il peccato originale e i peccati personali producono, secondo quanto ci insegna S. Tommaso D’Aquino, un triplice obbrobrio. Il primo e più spaventoso effetto del peccato è “la macchia del peccato”. Noi cantiamo proprio di Maria: Tota pulchra es Maria et macula originalis non est in te! Sei tutta bella, o Maria, e la macchia originale non è in te! Il primo aspetto del peccato è dunque la macchia, la macchia della colpa. Che cosa significa? Il peccato è una realtà spirituale, e noi poveretti che siamo immersi nella materialità, nelle cose sensibili, non abbiamo un linguaggio adeguato per le realtà spirituali. Allora usiamo delle metafore e dei simboli materiali per significare le cose spirituali. La macchia del peccato che cos’è? È avere le spalle voltate a Dio. L’uomo peccando sceglie come fine ultimo non più Dio, ma una creatura in contrasto con Dio. Questa lontananza è spaventosa, ed è sorgente di un’eterna pena. Perché? Perché il peccato per quanto sia, umanamente parlando, un atto finito, offende il bene infinito di Dio. La conseguenza più terrificante del peccato è proprio la macchia della colpa. La Beata Vergine Maria è stata liberata soprattutto dalla macchia del peccato. Quando l’Arcangelo Gabriele viene da Maria, la saluta per primo ( S. Tommaso dice: “non c’è dubbio che l’Angelo riconosce in Maria un Essere superiore a sé stesso”) e le dice: Kaire, ke kalitomene, salve, tu o graziata, e noi giustamente traduciamo: “o piena di grazie”, perché Maria aveva più grazie di ogni altra creatura. Ma il testo originale è ancora più forte, ancora più espressivo, perché dice: “salve o Tu, che in mezzo alla massa damnationis (direbbe S. Agostino), salve o tu che in mezzo all’umanità sprofondata nelle tenebre del peccato e della morte, sei l’unica graziata, l’unica amica di Dio, l’unica che ha donato la volontà a Dio, che è inondata dalla luce della divina grazia!”. La parola con cui l’Angelo chiama Maria: ke kalitomene significa l’intimità divina, l’adesione a Dio, l’appartenenza a Dio, la consacrazione a Dio, il distacco dal peccato, il perdono del peccato. Con il dono della grazia si compie l’opera della giustificazione. San Tommaso dice: iustificatio est motus a iustitia la giustificazione è un moto della giustizia, cioè della santità di Dio. È come se Iddio con la sua santa grazia ci prendesse e ci trasferisse dalle tenebre del nostro peccato al suo regno della luce. Vedete cari fratelli, l’adesione a Dio significa per noi essere perdonati. Ora a noi poveretti, se tutto va bene, il peccato viene perdonato e siamo riconciliati con Dio. Ma pensate a che cosa poteva essere la grazia dell’anima di Maria, che non ha mai conosciuto il peccato! Qui non si tratta di liberazione dal peccato, di perdono, di riconciliazione. In Lei non c’è nulla che possa offendere Dio, nulla per cui Lei abbia bisogno di chiedere perdono! Lei è tutta pura e tutta Santa, è un essere che appartiene tutto a Dio. Vedete, miei cari, che cosa significa l’Immacolata Concezione! C’è quasi una specie di teologia negativa anche rispetto a Maria. I
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Santi infatti ci dicono che “teologia negativa” è descrivere Dio, che è sconosciuto al nostro povero sguardo umano, dicendo non tanto quello che è, quanto piuttosto quello che non è. Ebbene anche per quanto riguarda Maria noi definiamo negativamente la sua grazia, cioè diciamo che dalla sua stessa origine, dal primo istante della sua esistenza, Ella è libera dal peccato delle origini. Ma provate a pensare un po’ a che cosa doveva essere la pienezza di grazia per quanto riguarda l’appartenenza a Dio! Perché la grazia è questa, cari fratelli, è la vita che Dio stesso ci dà, quella vita che è Egli stesso. In secondo luogo il peccato produce un’altra rovina, cioè la rovina della natura umana. Cari fratelli, non si può offendere Dio, senza offendere l’uomo. Maria è la benedetta fra tutte le donne. Quando Elisabetta le dice: “Benedetta sei tu tra tutte le donne” la benedizione significa sempre integrità e pienezza di vita. In Maria la creatura umana ha di nuovo raggiunto l’integrità che le era dovuta secondo l’ordine della creazione. E infine il peccato produce in noi una duplice pena: la pena eterna e la pena temporale. Anche in questo Maria è perfettamente liberata. Anzi Lei non è mai nemmeno incorsa nella pena del peccato: nihil inquinator in te... nulla di inquinato, nulla di malvagio poteva insinuarsi nella tua anima santa, o beata Vergine. Quindi in Maria non vi è mai stato né il peccato, né la rovina della natura umana, né la pena dovuta al peccato, perché Lei, come dice l’Angelo, ha trovato grazia agli occhi del Signore. Ora pensate, l’uomo nasce peccatore, è peccatore, trasmette la vita ad altri peccatori. È terribile, cari fratelli. Pensate a questo: l’uomo, schiavo del peccato originale, non è mai in grado di amare perfettamente. Ma l’uomo è stato creato per l’amore, cari fratelli. L’unica nostra felicità è l’amore, guai a noi se non riuscissimo ad
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amare, ad amare puramente, santamente, castamente! Cari fratelli, questo amore casto, questo amore puro è l’amore di pura benevolenza, cioè la capacità stupenda (solo Dio e i suoi Angeli ne sono capaci, noi poveri uomini ne abbiamo perso con il peccato la capacità) di voler bene all’altro non per noi, per il nostro tornaconto, ma perché l’altro è l’altro, semplicemente per il suo bene. Cari fratelli, questa grandezza ontologica è andata persa con il peccato. Resta integra in Maria: Maria è madre e vergine nel contempo e, come canta l’inno greco Akathistos, “in lei Dio ha congiunto opposte grandezze, la grandezza della verginità con quella della divina maternità”. Così la Madre sempre Vergine dà testimonianza al Figlio suo, vero Dio e vero Uomo, il quale in quanto Uomo è nato da una donna, in quanto Dio era d’uopo che nascesse da una vergine. Nessun Santo è mai riuscito ad avere la purezza straordinaria di Maria e perciò la Chiesa canta ancora di Lei: “Solo tu, o Maria, sei degna di essere chiamata veramente vergine”, una verginità illibata che era in vista della maternità, così che la maternità non solo non ha diminuito, ma ha consacrato e approfondito la verginità di Maria. Ebbene, cari fratelli, la verginità di Maria è fondata sulla sua Immacolata concezione: la sua castità, la sua purezza, la sua capacità di amare per pura benevolenza è dovuta al fatto che Lei dal primo istante è libera dal peccato delle origini. In secondo luogo Maria è madre perché è feconda per opera dello Spirito Santo. Sant’ Agostino dice: “l’uomo a causa del peccato delle origini è stato colpito dalla concupiscenza soprattutto nella sua facoltà procreativa”. Perché? Perché è nella trasmissione delle generazioni che si propaga questa eredità spaventosa, tirannica, del peccato delle origini. Ebbene, questo giogo del peccato è spezzato in Maria. Lei è tutta Santa, dà alla luce il Figlio Santo non ex virili semine, sed mistico spirante non per volontà di uomo, ma per opera dello Spirito Santo. Egli non è figlio della colpa. Ecco la differenza fra la maledizione di Eva e la benedizione di Maria, la nuova Eva, la nuova madre dei viventi in Cristo. Mentre Eva nel pianto partoriva un peccatore, Maria esultando ha dato alla luce l’Agnello Immacolato del nostro riscatto, Cristo Signore. Dopo aver contemplato la grandezza di Maria, cerchiamo di trarre qualche insegnamento morale dal Vangelo di oggi. Voi mi direte: “A che cosa serve fissare lo sguardo sulla bellezza di Maria?”. Cari fratelli, serve e tanto, fatelo spesso. Questo pover’uomo che vi parla avrebbe potuto parlarvi ancora tanto, perché solo Maria fa parte di quel numquam satis di cui parla S. Bernardo, perché Maria è talmente ricca di grazia, talmente piena di ogni bene di Dio che il suo mistero è davvero ineffabile. Però, cari fratelli, l’uomo moderno tende a dire: “Ma a che cosa serve pensare alla grandezza di questi Santi, in particolare alla grandezza di Maria? Che era vergine
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e madre, che era madre di Dio, che era piena di grazia, che era Immacolata, che era Assunta alla gloria del Cielo: tutti privilegi che noi non possiamo imitare!”. Cari fratelli, non fate mai domande così poco generose, non chiedete mai: “a che cosa serve?” e siate sicuri che il contemplare, proprio perché disinteressato, serve immensamente alla redenzione delle anime nostre. L’uomo contemporaneo è tutto pragmatico e utilitarista. E proprio perché non ha il senso della contemplazione non riesce a realizzare le cose più utili e più necessarie, cioè l’unum necessarium di cui ci parla il Vangelo. Allora, cari fratelli, contempliamo la grandezza di Maria, Colei da cui è sorto il Sole di giustizia Cristo Dio nostro, la Donna escatologica rivestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul capo una corona di dodici stelle, guardiamo a Maria, la Donna di cui Dio ai nostri progenitori ha detto: “Satana, l’antico serpente, insidierà il suo calcagno, mentre Ella con il suo piede verginale schiaccerà la sua testa”, Maria, quella donna che Gesù stesso (pensate alle nozze di Cana), chiamava Donna (molto spesso gli esegeti si chiedono : “perché non la chiama affettuosamente madre o addirittura mamma?”invece no, dice Donna. Perché? Perchè è quella Donna promessa nel libro della Genesi, quella Donna di cui il profeta S. Giovanni ha intravisto la realizzazione alla fine dei tempi.) Lei è la Donna che ha spezzato il giogo del peccato e, non avendo mai conosciuto il morso del serpente velenoso, è in grado di vincerlo. Vedete, cari fratelli, Maria è la vincitrice del peccato e della morte. Allora affrontiamo con coraggio tanti sconvolgimenti esterni ed interni. Lo sappiamo tutti come è difficile vincere noi stessi, come la concupiscenza e il peccato ci costringano a fare delle cose di cui ci vergogniamo e che non avremmo mai voluto fare, così come dice san Paolo nel capitolo settimo della Lettera ai romani. Ebbene, cari fratelli, guardando Maria noi ci facciamo coraggio e nutriamo speranza. Il coraggio nasce solo dalla speranza: se guardiamo a Maria, la Donna rivestita di sole, la Donna trionfatrice del peccato e della morte, anche in noi nasce la speranza. Diventiamo coraggiosi e perseveranti nella santa battaglia, e nulla ci fa paura. Allora confidiamo in Dio, e sappiamo che possiamo vincere la nostra sensualità, anche se il nostro corpo mortale è travagliato dalle passioni che potrebbero portarci lontani dal Signore. Se l’orgoglio, il grande peccato della Scrittura, il veleno delle anime, cerca di dominare le nostre azioni, ebbene noi guardando Maria, l’umile ancella del Signore che è divenuta Regina dell’universo, sappiamo che possiamo vincere anche il nostro orgoglio. Cari fratelli, contempliamo spesso, senza stancarci, con gioia, la grandezza di Maria, per combattere sostenuti dal coraggio che ci viene da Lei e per vincere insieme con Lei, e così sia. Testo liberamente tratto da un’omelia di P. Tyn
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