Lincedere

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l’incedere

catechismo per tutti


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catechismo per tutti: l’incedere

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er riconoscere una persona da vicino le guardiamo il volto: è questo il segno più rappresentativo della sua identità, e anche, in gran parte, dell’interiore personalità. Imago animi vultus, dicevano i latini, il volto è immagine dell’animo. Ma noi possiamo riconoscere e distinguere facilmente una persona anche a distanza se guardiamo al suo modo di camminare, al suo “incedere”. Romano Guardini dedica un paragrafo all’incedere, mostrando che esso può e deve essere visto, in certi casi, come un segno liturgico, un “santo segno”. Dice così: «Quanti sanno camminare con dignità, incedere? Non è affatto un affrettarsi e correre, bensì un movimento composto. Non un pigro trascinarsi innanzi, bensì un avanzare virile. Chi incede cammina con agile piede, non strascica: dritto, senza impacci, non curvo, non incerto, bensì in saldo equilibrio». Per quanto riguarda l’incedere nel suo aspetto religioso Guardini si esprime in questo modo: «E come è bello questo incedere quando è pio! Può assurgere a schietta liturgia. Quale semplice portarsi dinanzi a Dio in consapevolezza e riverenza, come quando si avanza in chiesa, nella casa dell’altissimo Signore e in maniera speciale sotto i suoi occhi. Oppure assurge ad accompagnamento di Dio, come quando incediamo nelle processioni: il pensiero forse ti corre ai disordinati pigia-pigia, allo strascinarsi e curiosare annoiato di tante processioni. Potrebbe mai esservi cosa più festosa e lieta dei fedeli che accompagnano il Signore per le vie della città o pei campi, “sua proprietà”, procedendo tutti con cuore orante, gli uomini con passo vigoroso, le donne nella loro dignità materna, le fanciulle liete, nella loro giovinezza, di pura grazia, i giovani nella loro forza contenuta? … ». Sembrano cose di altri tempi, guardando alle processioni di oggi. Ma sforzarsi di incedere bene è già un rendere culto al Signore. Dobbiamo sforzarci ed evitare ogni superficialità e trascuratezza. Prosegue Guardini: «Così una rogazione potrebbe assurgere a preghiera corporea. Potrebbe essere coscienza del bisogno e della colpa fatta persona, e tuttavia dominata dalla fiducia cristiana non ignara che, come nell’uomo c’è una forza sopra tutte le altre sue forze, il volere calmo e sicuro di se stesso, così vi è una presenza sovrastante a tutti i bisogni e a tutte le colpe: il Dio Vivente! ». Qui Guardini fa un’osservazione quanto mai attuale, oggi, quando si discute sulla differenza fra l’uomo e l’animale, e quindi, possiamo dire, sulla diversità del loro modo di camminare. Leggiamo: «L’incedere non è


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un’espressione della nobiltà della natura umana? La figura diritta, signora di se stessa, che si porta da sola, calma e sicura, codesta figura rimane un privilegio riservato all’uomo. Camminare eretti significa essere uomini». A questo punto Guardini passa al piano soprannaturale, cioè al piano della grazia. La natura infatti è il soggetto della grazia: la grazia si appoggia alla natura e perfeziona la natura. Leggiamo: «Ma non siamo più soltanto uomini, siamo più che uomini: “Stirpe divina siete”, dice la Scrittura. Rigenerati da Dio a una vita nuova. Cristo vive in noi, in maniera particolarmente profonda nel sacramento dell’altare. Il Suo Corpo viene a far parte del nostro corpo; il Suo sangue circola nel nostro sangue. Poiché “chi si ciba della mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”, Egli ha detto. Cristo cresce in noi e noi cresciamo in lui, in tutte le dimensioni, fino a che Egli “abbia preso forma in noi”, e pertanto tutto l’essere e l’agire, “sia che mangiamo o che dormiamo o attendiamo a qualche altra cosa”, lavoro o gioco, gioia o lacrime, tutto sia divenuto vita in Cristo”. Ascoltiamo ora la conclusione: «La consapevolezza di questo mistero potrebbe in tal modo trovare un’espressione gioiosa, rilucente di bellezza e compenetrata di forza, nel giusto incedere. Potrebbe essere l’attuazione trasfigurata in profonda similitudine del comandamento: “cammina dinanzi a me e sii perfetto”. Ma in semplicità e veracità. Solo dalla verità, non dal vano volere, può fiorire la bellezza».

Questo testo è stato tratto dal volume “Lo spirito della liturgia. I santi segni” di Romano Guardini, Edizioni Morcelliana. Romano Guardini, nato in Italia ma sempre vissuto in Germania, fu una personalità di grande spicco ed un insigne professore nelle facoltà universitarie tedesche (prima a Berlino poi a Monaco) oltre che un grande animatore del mondo giovanile. Morì nel 1968, dopo aver dato un notevole contributo alle discussioni conciliari, soprattutto nel campo della Liturgia. Joseph Ratzinger lo conobbe bene e fu anche suo allievo. Egli soleva dire: il guaio dei teologi tedeschi del postconcilio è stato quello di non aver seguito le orme di Romano Guardini.

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