Maria donna eucaristica

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Bologna 17 aprile 2005

Convegno del Rosario


Conoscere padre Stefano De Fiores (sacerdote monfortano, dottore in Teologia spirituale e fondatore dell'Associazione mariologica interdisciplinare italiana. Docente di mariologia sistematica alla Pontificia Università Gregoriana e alla Pontificia Facoltà teologica Marianum. Autore di numerose e valide opere di mariologia) attraverso i suoi articoli pubblicati dalla rivista “Madre di Dio” è un fatto, ma ascoltarlo dal vivo è stata una profonda catechesi che solo l’annuale Convegno del Rosario avrebbe mai potuto donarmi.

MARIA DONNA EUCARISTICA

C

oerentemente con la sua profonda «spiritualità mariana» a più riprese proposta a tutta la Chiesa, Giovanni Paolo II al termine dell’enciclica Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003) ci convoca Alla scuola di Maria donna «eucaristica» (EE 53-58). Il Papa parte dalla convinzione che «non possiamo dimenticare Maria» perché ella ha con il ss. Sacramento «una relazione profonda» (EE 53): il «binomio Maria ed Eucaristia» è inscindibile (EE 57). Maria infatti nella sua vicenda evangelica emerge come modello di fede eucaristica, mentre diviene una presenza viva all’interno di ogni celebrazione liturgica.

1. MARIA DONNA EUCARISTICA CON L’INTERA SUA VITA (EE 53) Per il Papa è agevole – anche se si tratta di un approccio piuttosto inedito1 – compiere una lettura in prospettiva eucaristica di tutta la vita di Maria, senza legarsi alla cronologia (come invece preferiamo fare noi, riunendo secondo questo ordine i contenuti dell’enciclica). Non solo traspaiono le somiglianze tra lei e noi, ma anche la singolarità e l’ampiezza della sua esperienza che abbraccia i principali aspetti del mistero eucaristico. 1.1. MARIA CREDE NEL VERBO FATTO CARNE Nell’Annunciazione si riscontra «un’analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell’Angelo, e l’amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore» (EE 55). L’atteggiamento che ci accomuna è quello della fede, per cui Maria crede «nel mistero dell’incarnazione, anticipando anche la fede eucaristica della Chiesa»:


A Maria fu chiesto di credere che colui che ella concepiva «per opera dello Spirito santo» era «il Figlio di Dio» (cf Lc 1,30-35). In continuità con la fede della Vergine, nel mistero eucaristico ci viene chiesto di credere che quello stesso Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, si rende presente con l’intero suo essere umano-divino nei segni del pane e del vino» (EE 55).

Ognuno può percepire l’importanza di questa fede per i sacerdoti e per i fedeli che sono abituati a ripetere ogni giorno la cena del Signore e quindi sono esposti al tran tran quotidiano e al tarlo dell’abitudine. L’enciclica mira precisamente a suscitare lo stupore della fede dinanzi al mistero eucaristico, mysterium fidei, neutralizzando il formalismo e la convenzionalità. 1.2. MARIA PRIMO TABERNACOLO Nella visita ad Elisabetta, che Luca racconta in parallelo con il trasporto dell’arca in casa di Obededom, traspare la convinzione che Maria è l’arca della nuova alleanza, il luogo incorruttibile della presenza del Signore. L’enciclica, pur consapevole delle differenze tra la dimora personale e quella locale, legge suggestivamente il dato biblico come anticipo di quanto avverrà con l’Eucaristia, che sarà conservata nelle chiese in apposito tabernacolo per essere portata ai malati e adorata dai fedeli. In ambedue la presenza di Cristo è recondita: Quando, nella visitazione, porta in grembo il Verbo fatto carne, ella si fa, in qualche modo, «tabernacolo» – il primo «tabernacolo»” della storia – dove il Figlio di Dio, ancora invisibile agli occhi degli uomini, si concede all’adorazione di Elisabetta, quasi «irradiando» la sua luce attraverso gli occhi e la voce di Maria» (EE 55).

1.3. IL MAGNIFICAT CANTO EUCARISTICO Cantato da Maria dopo la rivelazione della sua maternità da parte di Elisabetta, il Magnificat rimbalza nella Chiesa che «nell’Eucaristia si unisce pienamente a Cristo e al suo sacrificio, facendo suo lo spirito di Maria», ossia «rileggendo il Magnificat in prospettiva eucaristica» (EE 58). Le convergenze spirituali tra la celebrazione dell’Eucaristia e il cantico di Maria sono varie: in ambedue si loda e ringrazia il Padre «per Gesù, in Gesù e con Gesù», cioè si realizza il «vero atteggiamento eucaristico»; in ambedue si fa «memoria delle meraviglie operate da Dio nella storia della salvezza», cioè dell’incarnazione redentrice (Magnificat) e del mistero pasquale che si attualizza nell’Eucaristia; in ambedue si prospettano quei «cieli nuovi» e quella «terra nuova» il cui germe è posto «nella povertà dei segni sacramentali» e nella vita degli umili che Dio innalzerà (EE 58).


1.4. FIDATEVI DELLA PAROLA DI MIO FIGLIO Del segno di Cana l’enciclica ricorda solo la coincidenza del «Fate quello» di Maria con il «Fate questo» di Cristo, secondo cui la Madre ci spinge a obbedire al Figlio, che a sua volta ordina di compiere l’Eucaristia in sua memoria. Al tempo stesso il Papa pone sulle labbra di Maria un suggestivo invito a fidarci di Cristo e della sua potente parola, senza tergiversare: Con la premura materna testimoniata alle nozze di Cana, Maria sembra dirci: «Non abbiate tentennamenti, fidatevi della parola di mio Figlio. Egli, che fu capace di cambiare l’acqua in vino, è ugualmente capace di fare del pane e del vino il suo corpo e il suo sangue, consegnando in questo mistero ai credenti la memoria viva della sua pasqua, per farsi in tal modo pane di vita» (EE 54).

1.5. UNITA NELL’OFFERTA DEL SACRIFICIO Nel tempio di Gerusalemme, l’annuncio di Simeone riguarda «il dramma del Figlio crocifisso» e quindi «lo Stabat Mater della Vergine ai piedi della croce»; in conseguenza «Maria vive una sorta di Eucaristia anticipata, si direbbe una comunione spirituale di desiderio e di offerta, che avrà il suo compimento nell’unione col Figlio nella passione» (EE 56). Il vertice della partecipazione di Maria al mistero pasquale, di cui l’Eucaristia è l’anamnesi, è certo l’esperienza di questo mistero da parte di lei «in prima persona sotto la croce» (EE 56). L’enciclica si limita a ricordare «ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a nostro favore», cioè quando «a lei consegna il discepolo prediletto e, in lui, consegna ciascuno di noi: “Ecco tuo figlio”» (EE 57). Nel memoriale del Calvario – insiste il Papa – non manca la riattualizzazione di questa consegna, per cui vivere nell’Eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono. Significa prendere con noi – sull’esempio di Giovanni – colei che ogni volta ci viene donata come Madre. Significa assumere al tempo stesso l’impegno di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci accompagnare da lei (EE 57).

1.6. ASSIDUA ALLA FRAZIONE DEL PANE Il Papa sorvola sulla presenza di Maria nell’ultima cena, su cui tace il vangelo, quindi mancherebbe la base biblica diretta per affermare tale presenza. Tuttavia – aggiungiamo noi – la Madre di Gesù era solita andare «tutti gli anni a Gerusalemme per la


festa di Pasqua» (Lc 2,41), usanza conservata anche nell’anno in cui Cristo viene crocifisso. Infatti, come nota Laurentin, Maria era a Gerusalemme il Venerdì santo (Gv 19,25-27). Vi è da presumere che vi fosse il Giovedì. Se prese parte alla cena con coloro cui il Cristo ha detto: «Prendete e mangiate», non fu, in ogni caso, compresa tra coloro a cui si rivolgevano le parole d’istituzione: «Fate questo in memoria di me»2.

Si ha una conferma nella consuetudine ebraica di celebrare la cena pasquale da parte dell’intera famiglia, tanto che avveniva in essa l’interrogazione dei figli circa il perché del rito (Es 12,3-4.26). Anzi pare compito della madre di famiglia accendere le lampade per dare inizio alla cena pasquale. Maria è senz’altro presente nella prima comunità di Gerusalemme assidua «nella frazione del pane» (At 2,42). Il Papa s’immedesima nei sentimenti della Madre di Gesù durante le cene eucaristiche: Quel corpo dato in sacrificio e ripresentato nei segni sacramentali era lo stesso corpo concepito nel suo grembo! Ricevere l’Eucaristia doveva significare per Maria quasi un riaccogliere in grembo quel cuore che aveva battuto all’unisono col suo e un rivivere ciò che aveva sperimentato in prima persona sotto la Croce (EE 56).

Uno dei sommari degli Atti degli apostoli (2,42-47) ci offre l’atmosfera spirituale che accompagnava il rito dello spezzare il pane quando afferma che tutti «ogni giorno insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia (en agalliásei) e semplicità di cuore (kai aphelóteti)» (At 2, 46). Sono sentimenti congeniali alla spiritualità della Vergine che sperimenta ed esprime nel Magnificat (Lc 1,46-47) la gioia o giubilo che proviene dalla fede e la semplicità di cuore propria dei poveri del Signore cui essa apparteneva. Possiamo concludere con Giovanni Paolo II che «Maria è donna “eucaristica” con l’intera sua vita» (EE 53), durante la quale ella ha sperimentato un insieme di sentimenti che divengono esemplari per tutta la Chiesa: fede, canto, comunione sacrificale, gioia e semplicità di cuore…


2. MARIA È PRESENTE IN CIASCUNA DELLE NOSTRE CELEBRAZIONI EUCARISTICHE (EE 57) La presenza di Maria, che non può prescindere dalla presenza di Cristo nel rito e nel sacramento eucaristico, merita una speciale considerazione. Intendiamo per presenza non il semplice stare vicini, ma «una relazione di persona a persona… per la mediazione dei corpi». Allora la presenza sacramentale eucaristica «deve essere pensata come una presenza personale e relazionale, che passa per la mediazione di un essere qui sensibile e corporale»3. Nella celebrazione della Messa Cristo si rende presente in modo progressivo che raggiunge la perfezione nell’Eucaristia. Infatti, la molteplice presenza di Cristo (cf SC 7) si rivela in crescendo nella liturgia: a) prima di tutto nell’assemblea orante, secondo la sua promessa: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20); b) poi nella parola, perché è Cristo a parlare nella Scrittura; c) inoltre nel ministro, poiché Gesù offre se stesso mediante il ministero dei sacerdoti; d) infine nell’Eucaristia, dove Cristo è presente in modo reale per eccellenza e personalmente tutto intero, uomo-Dio. A livello ecumenico abbiamo la gioiosa sorpresa di constatare che le Chiese «confessano con gioia quella presenza reale, vivente e attiva di Cristo» di cui si parla nel Documento di Lima (1982). Questa fede è ribadita dal Gruppo di Dombes con le stesse parole: «Confessiamo unanimemente la presenza reale, viva e attiva del Cristo in questo sacramento»4. Quanto a Maria, l’enciclica puntualizza la verità consolante della presenza di lei nella celebrazione liturgica: «Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre celebrazioni eucaristiche» (EE 57). Il fondamento di tale presenza è la partecipazione della Vergine ai misteri di Cristo nella sua vita terrena: «Maria è presente nel memoriale – l’azione liturgica – perché fu presente nell’evento salvifico»5. Non per nulla «il ricordo di Maria nella celebrazione eucaristica è unanime, sin dall’antichità, nelle Chiese d’oriente e dell’occidente» (EE 57) e l’anafora romana pone i fedeli «in venerazione e in comunione in primo luogo con la gloriosa e sempre vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo». Anzi, secondo l’enciclica, la celebrazione dell’Eucaristia «implica anche ricevere continuamente» (EE 57) il dono di lei come Madre compiuto dal Figlio crocifisso. Potremmo perfino pensare che Maria può rendersi p r e s e n t e nella celebrazione eucaristica personal-


mente con il suo corpo glorioso e pneumatico, non circoscrivibile dallo spazio e dal tempo.6 Ma mentre per Gesù la presenza personale è garantita dal sacramento, non avviene allo stesso modo per Maria. La sua presenza resta vera ma misteriosa. Possiamo dire che Maria è presente non solo nel rito liturgico ma anche nella stessa Eucaristia, corpo del Signore? Risponde l’antifona medievale (sec. XIV) Ave, verum corpus natum de Maria Virgine, che attesta l’identità fondamentale tra il corpo eucaristico del Signore e quello ricevuto nel grembo di Maria. Infatti quando Berengario (†1088) propone un’interpretazione simbolica dell’Eucaristia svuotando il realismo del corpo di Cristo, il concilio romano del 1079 gli impone di sottoscrivere che il pane e il vino dopo la consacrazione sono «il vero corpo di Cristo che è nato dalla Vergine» (DS 700). Occorre precisare tuttavia che nell’Eucaristia si hanno il corpo e il sangue di Cristo non nella loro forma naturale, ma trasfigurati dalla risurrezione e in forma sacramentale. Rimane esclusa la posizione di quanti partono dalla premessa pseudo–scientifica che buona parte del sangue della madre rimane nel figlio adulto. Essi considerano l’identità in modo letterale e quindi affermano che almeno una parte del corpo o del sangue di Maria rimane nell’Eucaristia e quindi verrebbe mangiata e si dovrebbe adorare. Autori come Poza, de Vega e Zefirino di Someyre (1663) sostengono che sotto le specie eucaristiche c’è in qualche modo anche il corpo di Maria sebbene sotto differente persona. Tale sentenza di sapore fisicistico viene condannata dal s. Officio. Infatti sebbene Maria sia secondo l’espressione di Dante «la faccia ch’a Cristo più si somiglia», cioè abbia con il Figlio una molteplice somiglianza biologica, psicologica e soprattutto morale e spirituale, un’affinità-sintonia che converge nella spiritualità dei poveri di JHWH7, è da sottolineare che il patrimonio genetico derivante dalla madre si trova nel figlio come persona distinta e separata dalla madre. CONCLUSIONI VITALI «Sine dominico non possumus vivere», «Senza la celebrazione del Signore non possiamo vivere», affermava Saturnino, sacerdote e martire durante la persecuzione di Diocleziano all’inizio del IV secolo. La Chiesa vive dell’Eucaristia e non può vivere senza di essa. La parteci pazione devota e fruttuosa alla Pasqua del Signore celebrata nella liturgia si modella sulla figura di Maria «donna eucaristica». Da lei, tutta protesa verso l’Eucaristia con l’intera sua vita e caratterizzata da atteggiamenti eucaristici, impariamo l’autentico cristocen-


trismo che deve caratterizzare la nostra esistenza spirituale. Maria è paragonata dalla tradizione cristiana alla luna, un satellite che ruota attorno al sole che è Cristo, da cui riceve la luce e la adatta alla nostra condizione di fragilità8 . In realtà ella è una donna che ricorda e medita continuamente «tutte le cose» riguardanti il Figlio (Lc 2,19.52), compreso il mistero dell’Eucaristia. Alla scuola di Maria si vince l’abitudine e il convenzionalismo nel trattare l’eucaristia e ci s’inabissa nella spiritualità dei poveri del Signore. Stefano De Fiores

In genere gli esegeti e gli stessi mariologi non compiono tale lettura eucaristica dei brani biblici mariani, probabilmente perché sembra allontanarsi dall’esegesi del testo per compiere una «lectio divina» che giustifica un’interpretazione unitaria e vitale della Bibbia partendo da un mistero celebrato e vissuto. Un esempio di lettura eucaristica degli eventi evangelici mariani si trova in G. CROCETTI, Maria e l’Eucaristia nella Chiesa, 15-115. 2 R. LAURENTIN, La Vergine Maria. Mariologia post-conciliare, Roma 19835, 238, nota 6. Egli aggiunge che «il tema della presenza della Vergine alla cena, caro a certi mariologi, ma incerto, può essere vantaggiosamente sostituito da quello della sua presenza alla frazione del pane della comunità primitiva». 3 B. SESBOÜE, Pour une théologie oecuménique, Cerf, Paris 1990, quatrième section: L’Eucharistie, 217-218. 4 GROUPE DES DOMBES, Vers une même foi eucharistique? Accord entre catholique et protestant, Taizé 1972, § 17. 5 GIOVANNI PAOLO II, All’Angelus, 12.2.1984. 6 Cf la tesi di A. PIZZARELLI, La presenza di Maria nella vita della Chiesa. Saggio d’interpretazione pneumatologica, Cinisello Balsamo 1990. Inoltre: S. DE FIORES, «La presenza di Maria nella vita della Chiesa alla luce dell’enciclica “Redemptoris Mater”», in Mar 51 (1989) 110-144. Pio XII aveva messo in guardia dall’omologare la presenza eucaristica con una presenza ubiquistica del corpo glorioso e pneumatico di Cristo: «Malamente dunque qualcuno spiegherebbe questa forma di presenza, immaginando il corpo di Cristo glorioso di natura “pneumatica” onnipresente» (Enc. Humani generis, AAS 42 [1950] 578). Il passo è citato da Paolo VI, Enc. Mysterium fidei, AAS 57 (1965) 753-774. Nell’Eucaristia non sopravviene il corpo di Cristo, ma il pane e il vino sono trasformati nel corpo e nel sangue di lui nella loro condizione gloriosa. 7 S. DE FIORES, «Maria, “la faccia ch’a Cristo più si somiglia”», in ISTITUTO INTERNAZIONALE DI RICERCA SUL VOLTO DI CRISTO (ed.), Il volto dei volti Cristo, Gorle 1997, 166182. 8 «Maria non è il sole che col fulgore dei suoi raggi ci potrebbe abbagliare perché siamo deboli. È invece bella come la luna, che riceve la luce dal sole e la tempera per adattarla alla nostra debole vista» (S. LUIGI MARIADI MONTFORT, Trattato della vera devozione a Maria, n. 85). 1


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