Mariologia Pa r t e I V
Maria presso i Santi Padri (parte II)
P. R o b e r t o C o g g i
MARIA PRESSO S. AMBROGIO E S. AGOSTINO S. AMBROGIO (+ 397) Può essere giustamente definito «il padre della mariologia occidentale». Ritengo che lo si possa considerare come il primo grande «innamorato di Maria». Egli attinge inesauribilmente alla Sacra Scrittura, seguendo quella linea di pensiero che da Origene passa attraverso Atanasio e i Padri Cappadoci. La verginità è al centro del suo interesse. È stato detto che «la verginità, attinta forse alla sua devozione mariana, è come il paese del suo cuore» (A. Hamman). Egli parla con entusiasmo della vita monastica e della consacrazione verginale al Signore. Sua sorella Marcellina ebbe il velo di vergine da Papa Liberio, e lo stesso Ambrogio si prese cura di molti monasteri di vergini. Maria Santissima è per lui il modello dell’assoluta perfezione per tutti i cristiani, ma soprattutto per quanti si consacrano a Dio nella verginità. È celebre il ritratto che egli fa della Vergine Maria1: «Ella era vergine non solo di corpo, ma anche di mente, e non falsò mai, con la doppiezza, la sincerità degli affetti. Umile di cuore, riflessiva, prudente, non loquace, amante dello studio divino, non riponeva la sua speranza nelle instabili ricchezze, ma nella preghiera dei poveri. Assidua nel lavoro, modesta nel parlare, cercava come giudice dei suoi pensieri non l’uomo, ma Dio. Non offendeva nessuno, era caritatevole con tutti, rispettava i più anziani, non invidiava gli uguali. Fuggiva l’ostentazione, seguiva la ragione, amava la virtù. Quando mai offese, sia pure con un solo sguardo, i genitori? Quando mai fu in disaccordo con i congiunti o disprezzò il misero? Quando mai dileggiò il debole? Quando schivò il povero, ella che era solita prendere parte a convegni umani solo quando lo richiedeva la carità e non ne scapitava il pudore? Nulla di bieco nello sguardo, nulla di arrogante nelle parole, nulla di inverecondo negli atti. Non un gesto incomposto, non un passo precipitato, non voce alterata. L’aspetto stesso della sua persona rifletteva la santità della mente ed era espressione di bontà»2.
S. Ambrogio insiste poi con estrema decisione sulla verginità di Maria nel parto: ella è la «porta chiusa» di cui ha parlato il profeta Ezechiele (44, 1 ss.). Ecco come S. Ambrogio si esprime: «Il profeta aggiunge poi di aver visto edificare, su un altissimo monte, una città con molte porte, una delle quali è chiusa; e il Signore mi disse: questa porta sarà chiusa e non si aprirà, e nessun uomo passerà per essa (...). Qual è questa porta se non Maria? E
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S. AMBROGIO, Le vergini 2, 7, PL 16, 209 (220). Chi volesse proseguire nella lettura di questa incantevole descrizione della Beata Vergine può consultare facilmente Testi Mariani del Primo Millennio 3, Città Nuova, Roma 1990, pp. 164 ss.
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perché è chiusa se non perché è vergine? Maria è dunque la porta per cui Cristo entrò da lei senza offuscarne il candore. “Questa porta, dice, sarà chiusa e non si aprirà”. Nobile porta è Maria, che era chiusa e non si aprì. Passò per essa Cristo senza aprirla (...). La verginità è la porta chiusa, il giardino cintato, la fonte sigillata»3.
A S. Ambrogio dobbiamo poi una delle più belle pagine della letteratura cristiana, quando egli descrive Maria sotto la croce: «La madre mirava con occhio pietoso le piaghe del Figlio, dal quale sapeva che sarebbe venuta la redenzione del mondo. Stava ritta, offrendo uno spettacolo non dissimile da quello di lui, mentre non temeva chi l’avesse uccisa. Il Figlio pendeva dalla croce, la madre si offriva ai persecutori. Se l’avesse fatto anche solo per essere abbattuta prima del Figlio, già sarebbe lodevole il suo affetto materno, per il quale non voleva sopravvivere al Figlio; ma se invece l’ha fatto per morire col Figlio, è perché bramava di risorgere con lui, non ignara del mistero di aver generato colui che sarebbe risorto. Sapendo inoltre che la morte del Figlio avveniva per il bene di tutti, si affrettava anche lei, se avesse semmai potuto apportare qualcosa al bene comune con la sua propria morte»4.
Scrive il Toniolo: «Con questo scorcio Ambrogio supera di gran lunga tutta la tradizione greca; non c’è più la spada del dubbio che trafigge la Vergine alla morte del Figlio: c’è una donna che sa chi è colui che muore e sa perché lo ha generato; sa che morendo egli salva e risorgerà glorioso, e vuole precederlo nella morte, o almeno accompagnarlo per risuscitare subito con lui; vuole condividerne la causa fino al martirio. È la madre del Redentore che inaugura i tempi nuovi con il suo mistero pasquale»5. Un altro punto caratteristico di S. Ambrogio è il parallelismo Maria-Chiesa, su cui insisterà molto il Concilio Vaticano II. Scrive, fra l’altro, il nostro Autore: «Ben a ragione Maria è sposa, ma vergine, perché essa è l’immagine della Chiesa, che è senza macchia, ma anche sposa. Ci ha concepiti verginalmente dallo Spirito e verginalmente ci dà alla luce, senza un lamento»6.
Questo passo di S. Ambrogio è uno dei pochissimi citati dal Concilio con l’esplicita indicazione dell’autore; leggiamo infatti nella Lumen Gentium: «La Madre di Dio è figura della Chiesa, come già insegnava sant’Ambrogio, nell’ordine cioè della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo» (n. 63).
S. AMBROGIO, L’educazione della vergine, 52-58, PL 16, 319-321. ibid.., 49, PL 16, 318. 5 E. TONIOLO, l. cit., p. 1072. 6 S. AMBROGIO, Commento a S. Luca 2, 7, PL 14, 1555. 3 4
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S. AGOSTINO (+ 430) Il più grande fra i Padri dell’Occidente, e forse il più grande fra i dottori cristiani in assoluto, presenta una dottrina mariologica perfetta, raccogliendo il meglio della tradizione precedente, e offrendo anche certe intuizioni sul mistero della Vergine Maria che appaiono di una profondità unica, e che saranno accolte dal Concilio Vaticano II. Non per nulla egli è il Padre più citato dal Concilio, il quale attinge da lui soprattutto la tendenza a collocare la Beata Vergine Maria nel contesto del mistero di Cristo e della Chiesa. Ella si trova al centro di un misterioso piano di Dio, ed è una pura grazia del Signore donata a Cristo e all’umanità. Secondo S. Agostino la maternità divina di Maria e la sua verginità prima del parto, nel parto e dopo il parto appartengono ai dati della fede. Egli sostiene in particolare che Maria emise un vero e proprio voto di verginità prima dell’Annunciazione, tesi che diventerà patrimonio comune della tradizione occidentale. Egli poi ha espressioni entusiastiche di lode riguardo alla santità personale di Maria, della quale, «per l’onore che si deve al Signore non voglio che si faccia alcuna questione quando si tratta di peccati»7.
Ma questa totale esclusione del peccato si estende anche al peccato originale? La questione è molto interessante, e va inquadrata in un ambito più ampio. L’eretico Pelagio aveva sostenuto la perfetta santità di Maria, ma in quanto era mosso a ciò dalla sua negazione del peccato originale e dal suo ottimismo riguardo alle possibilità della natura umana, anche se abbandonata alle sue sole forze. Maria sarebbe un caso di perfetta santità, che però sarebbe accessibile a tutti. S. Agostino risponde con particolare acume che il caso di Maria è un’eccezione, che ha come spiegazione un intervento particolare della grazia di Dio8. Ma il vescovo pelagiano Giuliano di Eclano portò il conflitto su un punto più delicato: non più l’assenza dei peccati attuali, bensì quella del peccato originale, trasmesso per generazione, secondo S. Agostino. In questo modo, dice Giuliano, «tu consegni Maria al diavolo per la condizione della sua nascita»9. Qui il vescovo di Ippona, fa notare il Laurentin10, «non ebbe la stessa padronanza che aveva avuto nel conflitto precedente, e se la cavò con un testo equivoco, in cui si può vedere chiaramente, in definitiva, il progredire delle due esigenze della Tradizione [santità piena di Maria e trasmissione ereditaria del peccato originale], ma in cui tutti gli autori seguenti vedranno per lunghi secoli la negazione del privilegio dell’Immacolata Concezione». Ecco il testo: S. AGOSTINO, La natura e la grazia 42, PL 44, 267. Cf. ibid.. 9 È S. Agostino stesso che riferisce questa obiezione a lui rivolta, nell’Opera incompiuta contro Giuliano 4, 122, PL 45, 1417. 10 R. LAURENTIN, La Vergine Maria, cit., pp. 74-75. 7 8
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«Quanto a Maria, noi non la consegniamo affatto in potere del diavolo in conseguenza della sua nascita; tutt’altro, poiché sosteniamo che questa conseguenza viene cancellata dalla grazia della rinascita»11.
Continua il Laurentin: «Anche qui, l’apparente difensore della Vergine (Giuliano) è un eretico. Egli propone un attributo vero sotto una luce falsa: l’Immacolata Concezione non è per lui un privilegio unico, e neppure un effetto particolare della grazia divina, bensì la sorte comune di tutti i cristiani. Agostino ha ragione di opporgli il dominio universale del peccato originale e la necessità della grazia per vincere il peccato. Affermando il carattere unico del privilegio mariano, e il carattere di preservazione per mezzo della grazia del Redentore, che ne è l’essenza stessa, la definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione sarà infinitamente più vicina ad Agostino che al suo avversario». «Tuttavia, per essere stata presentata in maniera prematura e caricaturale dagli eretici, e aver subìto per questo fatto l’opposizione di S. Agostino, l’idea della concezione senza peccato di Maria sarà, per lunghi secoli, sospetta in Occidente. Così i Latini, sinora all’avanguardia, resteranno in ritardo sui Greci, presso i quali la progressiva scoperta della santità originale di Maria continuerà sino ai secoli VIIIIX»12. Un punto in un certo modo nuovo e originale di S. Agostino è quello della maternità spirituale di Maria nei nostri riguardi. Egli scrive: «Maria è stata l’unica donna a essere insieme madre e vergine, tanto nello spirito quanto nel corpo. Spiritualmente però non fu madre del nostro capo, cioè del nostro Salvatore, dal quale piuttosto ebbe la vita, come l’hanno tutti coloro che credono in lui; anche lei è una di questi, ai quali si applica giustamente il nome di figli dello sposo (cf. Mt 9, 15). È invece senza alcun dubbio madre delle sue membra, nel senso che ha cooperato mediante l’amore a far sì che nella Chiesa nascessero i fedeli, che formano le membra di quel capo»13.
Quest’ultima frase è citata nella Lumen Gentium al n. 53. Notiamo come Maria Santissima, agli occhi di S. Agostino, cooperi alla salvezza maternamente mediante l’amore, mentre la Chiesa coopera, anch’essa maternamente, sul piano sacramentale. S. AGOSTINO, Opera incompiuta contro Giuliano, cit., 1419. Non è questo l’unico caso in cui il fatto che qualche prerogativa mariana fosse difesa da eretici ha ritardato il suo accoglimento ufficiale nella Chiesa. Sentiamo ancora il Laurentin: «Oltre al fatto che la sana reazione contro i culti pagani creava un clima sfavorevole alla valorizzazione delle grandezze di Maria, i più portati a celebrare i suoi privilegi furono coloro che erano i meno sensibili alla loro contropartita dogmatica: i manichei, dispregiatori del matrimonio, erano più disposti degli altri a difendere la verginità di Maria dopo il suo parto; i doceti, negatori della realtà del corpo di Cristo, a difendere la sua verginità in partu; i pellegrini, campioni abusivi dei poteri naturali dell’uomo, a mettere in evidenza la sua perfetta santità; mentre gli spiriti ancora sedotti dai culti pagani erano portati a valutare il titolo di Theotókos. Non diremo che gli eretici furono i promotori dei privilegi di Maria, bensì che furono gli spauracchi che ne tennero lontani: infatti i loro principi erronei (o le loro affermazioni esplicite) proiettavano su Maria una falsa luce. Non era facile operare un discernimento tra queste caricature e le prime affermazioni autentiche degli attributi di Maria. Coloro che davano la caccia all’errore sotto tutte le sue forme erano tentati di considerare in blocco le prime formulazioni del dogma come dei rami di un albero cattivo che bisognava sradicare» (op. cit., pp. 70-71). 13 S. AGOSTINO, La santa verginità 6, 6, PG 40, 399. 11 12
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