12 giugno Referendum sulla fecondazione artificiale: Associazioni e Movimenti cattolici aderiscono al suggerimento del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana S.E. Cardinale Camillo Ruini, e si mobilitano per l’astensione nel referendum sulla procreazione assistita.
NE’ [ S I ] NE’ [ N O ] non andare a votare per non peggiorare la situazione
I
l prossimo 12 giugno si terrà un referendum popolare nel quale gli italiani dovranno prendere posizione riguardo la vigente legge sulla fecondazione artificiale. Questa legge (n. 40/2003, promulgata il 19 febbraio 2004), è stata varata per riempire il vuoto legislativo e regolamentare la fecondazione assistita in modo da provocare il minor danno possibile. Partendo dal presupposto che proibire per legge la fecondazione assistita, pur essendo l’unica soluzione moralmente valida, fosse una scelta praticamente impossibile, se non proprio inaccettabile per uno Stato “laico”, ma d’altra parte ritenendo ingiusto autorizzare la fecondazione assistita senza riserve, si è ripiegato su una terza soluzione, presentandola come “moderata” in quanto intermedia tra quella ottimale e quella “pessimale”: ossia non proibire la fecondazione assistita né permetterla del tutto, ma autorizzarla solo in parte stabilendo numerose e precise limitazioni nell’accesso e nell’uso. Con questo compromesso, si sperava di accontentare un po’ tutti: sia i cattolici, che ottenevano di limitare la fecondazione assistita ai casi di sterilità incurabile, nell’àmbito della famiglia e assicurando una certa tutela del concepito in provetta; sia i laicisti, che ottenevano l’autorizzazione della fecondazione assistita omologa (ossia interna alla coppia, anche se solo convivente); si credeva anche d’isolare gli “opposti estremismi” di coloro che volevano o una totale proibizione o una totale autorizzazione della fecondazione assistita. Com’era da temere, questa soluzione compromissoria non ha accontentato nessuno; ma fra le reazioni suscitate dobbiamo segnalare una netta differenza. Da una parte, infatti, il mondo
22
cattolico ha sostanzialmente accettato la legge e si è rassegnato a vedere autorizzata la fecondazione assistita omologa. Dall’altra, invece, il fronte laicista ha sostanzialmente rifiutato la legge e non si è rassegnato a veder vietata la fecondazione assistita eterologa e la sperimentazione genetica; anzi, si è approfittato del cedimento e della rassegnazione della controparte per rilanciare le proprie pretese, promuovendo un referendum popolare che potrebbe peggiorare la situazione rendendo le norme più permissive. I laicisti pretendono di abolire molte delle restrizioni imposte, in modo da legalizzare anche molte pratiche ora vietate, come la fecondazione assistita eterologa e la creazione, conservazione in frigo e sperimentazione di embrioni soprannumerari, abolendo insomma ogni tutela del concepito. Queste crescenti pretese ci fanno capire che il fronte laicista mira ad ottenere la totale liberalizzazione della fecondazione assistita. Ma preferisce arrivarci gradualmente, mediante una serie di compromessi sempre più permissivi; in questo modo evita di provocare fratture e reazioni popolari che potrebbero diventare controproducenti. Stando così la situazione, si profila la scelta fra tre alternative possibili: o peggiorare la vigente legge votando SI al referendum, o infine mantenerla così com’è votando NO, oppure rifiutarsi di pronunciarsi non andando a votare. L’Episcopato ha esortato gli italiani a scegliere la soluzione del non andare a votare. Effettivamente, non andare a votare sembra più prudente che votare NO. Essendo infatti prevedibile che un gran numero di cittadini benpensanti si disinteresseranno del referendum, com’è avvenuto altre volte, c’è il rischio che a votare si presentino soprattutto i progressisti interessati a peggiorare la legge, e che quindi vinca una maggioranza compatta di SI, mentre
23
gli italiani che difendono la vita si dividano tra il NO e il non-voto. Se così accadesse, la maggioranza (relativa) dei votanti potrebbe prendere la decisione sbagliata imponendola alla maggioranza (assoluta) degli italiani. C’è però anche un motivo di principio che spinge a preferire la soluzione dell’astensione. Se gli italiani, soprattutto cattolici, andassero a votare in massa per il NO, questo voto potrebbe essere interpretato come una conferma (o, peggio, un’approvazione) popolare della legge vigente. Una tale soluzione sarebbe inaccettabile, in quanto la legge vigente è «gravemente ingiusta», come ha ribadito Mons. Carlo Caffarra (discorso di Verona, 8-2-2003), ed approvarla o difenderla sarebbe moralmente illecito, sia pure col pretesto di evitare un male maggiore. Se così avvenisse, l’opinione pubblica crederebbe che il mondo cattolico consideri ormai la fecondazione assistita come una pratica moralmente lecita in quanto legalmente autorizzabile, sia pure entro certi limiti. Ma, in questo modo, il misero e momentaneo risultato di evitare un peggioramento della situazione legislativa verrebbe pagato col prezzo, davvero troppo alto, di causare un pubblico cedimento della coscienza, anche cattolica, di fronte ad una pratica di per sé iniqua. Invece, astenersi non significa approvare o confermare col voto la legge vigente, non equivale ad accettare la “fecondazione minimale” come “male minore” pur di evitare la “fecondazione massimale”, ma significa semplicemente rifiutarsi di modificare la legge peggiorandola. Si obietterà che questa è una scelta di ripiego, un “gran rifiuto” che non propone alcuna alternativa positiva. Ma quando il gioco viene gestito dai progressisti e le alternative vengono decise da loro, il rifiuto a modificare la situazione è l’unica scelta concretamente valida. Come ieri i benpensanti non hanno potuto promuovere una buona legge sulla fecondazione assistita, così oggi essi non hanno a disposizione un buon referendum che renda la legge meno permissiva.
24
Dato quindi che nessuno dei referendum proposti è moralmente accettabile, l’unica soluzione sta nel rifiutare le false alternative che ci vengono proposte, senza cadere nella trappola di scegliere il “male minore” nell’illusione di prevenire un ulteriore peggioramento minacciato dai laicisti. Astenersi al referendum, però, non basta; nella migliore delle ipotesi, si eviterà di peggiorare la situazione, ma non si potrà certo risolverla, lasciando in vigore una legge oggettivamente immorale che apre le porte ad ogni sopruso. Ci sembra invece ben più importante che il mondo cattolico, smettendo di adeguarsi alla strategia messa in atto dai laicisti, sviluppi una propria controffensiva in difesa della vita. In realtà, la sola vera soluzione è quella di attenuare il permissivismo della legge vigente modificandola mediante correzioni restrittive tali, da ottenere la massima proibizione possibile della fecondazione assistita: correzioni che potrebbero essere votate in Parlamento. I cattolici devono ripetere oggi per la legge sulla fecondazione assistita quello che l’Episcopato diceva ieri per la legge sull’aborto: «rientra nell’impegno più propriamente politico dei cristiani operare per un superamento della legge attuale, moralmente inaccettabile, con norme totalmente rispettose del diritto alla vita» (C.E.I., Istruzione pastorale su La comunità cristiana e l’accoglienza della vita umana nascente, § 51). Auguriamoci che i cittadini italiani, rifiutando ogni peggioramento della legge, arrestino questa spirale del cedimento e pongano le premesse della riscossa in difesa della vita. Guido Vignelli Dirigente Associazione Famiglia Domani
25
È proprio vero che le cellule staminali prelevate dagli embrioni curano molte malattie? Innanzitutto vediamo che cosa sono le cellule staminali.
Le staminali sono cellule capostipite, cioè sono quelle cellule che stanno all’origine delle più di 200 linee di cellule che compongono il nostro organismo (cellule ematiche, epatiche, nervose, muscolari …). Quando una staminale si riproduce darà vita ad un’altra staminale e a una cellula differenziata. Inoltre, le staminali possiedono una preziosa proprietà, una certa plasticità, cioè possono differenziarsi dando vita anche a cellule diverse da quelle del tessuto da cui sono state prelevate (ad esempio cellule staminali presenti nel sangue sono state prelevate, moltiplicate e trasferite in altre zone del corpo, come il fegato, l’intestino e la cute e hanno curato questi tessuti). Arriviamo ora al dubbio iniziale.
Le staminali prelevate dagli embrioni curano molte malattie? 1. Nessun ricercatore ha mai dimostrato scientificamente che le staminali prelevate da embrioni curino malattie come l’Alzheimer, il Parkinson, il diabete, le cardiopatie, i tumori: la comunità scientifica non conosce documenti e prove in proposito. 2. Piuttosto è stato dimostrato il contrario: staminali prelevate da embrioni di topo e immesse in topi adulti hanno ingenerato tumori. Che le staminali prelevate da embrioni aumentino notevolmente il rischio della comparsa di tumori è noto almeno dal 2000 grazie ad uno studio di G. Vogel (pubblicato in “Science” 2000 (287), pp. 1418-1419). L’insorgenza dei tumori è dovuta al fatto che le staminali embrionali, potendo dare vita a tutte le linee cellulari, possono moltiplicarsi in modo incontrollato e quindi anche dare vita a cellule maligne. Queste constatazioni hanno indotto i grandi centri di ricerca statunitensi e italiani a orientare le proprie indagini sulle cellule staminali presenti nel corpo adulto (cioè in ognuno di noi, nel cordone ombelicale o nell’organismo allo stadio fetale). Così è stato scoperto che ognuno di noi ha in sé delle riserve di staminali, soprattutto nell’adipe, nel bulbo olfattifero e nel midollo osseo. Perciò, facciamo il caso che mi venga l’infarto al miocardio. Per riparare la lesione prodottasi, i medici individuano nella mia coscia delle cellule staminali di tessuto muscolare (mioblasti), le iniettano nel cuore, e queste staminali, una volta trasferite, si specializzeranno come cellule del miocardio e ripareranno la lesione. In questo caso non dovrò fare nessuna terapia anti-rigetto perché le staminali che mi sono state iniettate provenivano sempre da me stesso. Inoltre, non c’è il rischio dell’insorgenza di tumori, perché le staminali trasferite erano parzialmente differenziate. Quindi la strada più promettente e di fatto già applicata in molti centri ospedalieri italiani è quella che fa uso di cellule staminali prelevate da adulto, in genere dal paziente stesso. Ma allora concludo con una domanda: perché alcuni continuano a dire in modo martellante che è necessario usare le staminali prelevate dagli embrioni? È solo ignoranza? Oppure c’è molta malafede per interessi economici (vendita dei brevetti per la proliferazione delle staminali embrionali) e politici (far risorgere alcuni gruppi politici)? Giorgio Maria Carbone op
Docente di bioetica nella Facoltà di Teologia dell’Emilia-Romagna
26