Quel rosario insanguinato del beato popieluszko

Page 1

Un esempio del potere indescrivibile di una preghiera semplice, che è però “compendio del Vangelo”

Quel rosario insanguinato del beato Popieluszko

Rinnovato invito dal Santo Padre a Fatima, affinché i fedeli non abbiano “paura di parlare a Dio” e “manifestino senza vergogna i segni della fede, facendo risplendere la luce di Cristo”

E

ra il 12 maggio scorso. Benedetto XVI si trovava sulla spianata del Santuario di Fatima per la recita del santo Rosario. Ha esortato i fedeli a non aver “paura di parlare di Dio”, a “manifestare senza vergogna i segni della fede, facendo risplendere agli occhi dei contemporanei la luce di Cristo”. La sua voce era pacata, ma convinta. E convincente: “Lasciamoci attrarre dai misteri di Cristo, i misteri del Rosario di Maria – ha detto – La recita del Rosario ci consente di fissare il nostro sguardo e il nostro cuore in Gesù, come faceva sua Madre, modello insuperabile della contemplazione del Figlio. Nel meditare i Misteri Gaudiosi, Luminosi, Dolorosi e Gloriosi mentre recitiamo le ‘Ave Maria’, contempliamo l’intero mistero di Gesù, dall’Incarnazione fino alla Croce ed alla gloria della Risurrezione; contempliamo l’intima partecipazione di Maria a questo mistero e la nostra vita in Cristo oggi, che pure si presenta tessuta di momenti di gioia e di dolore, di ombre e di luce, di trepidazione e di speranza. La grazia invade il nostro cuore, suscitando il desiderio di un incisivo ed evangelico cambiamento di vita in modo da poter dire con san Paolo: ‘Per me il vivere è Cristo’ (Fil 1,21), in una comunione di vita e destino con Cristo”. Il Sommo Pontefice li ha citati uno ad uno, i Misteri. Perché? Il motivo lo si capisce dalle parole con cui mons. Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste, più o meno negli stessi giorni si rivolgeva con un proprio messaggio ai fedeli della sua diocesi: “Ispirate dai Misteri gaudiosi – ha spiegato – le famiglie sapranno cogliere l’invito a sviluppare una maggiore consapevolezza della loro vocazione di custodi della vita, diventando capaci di accoglierla e accompagnarla con dedizione e amore; di assumere con responsabilità il difficile esercizio dei compiti educativi, facendosi testimoni credibili di vita cristiana per i loro figli e per la società; di perseguire con tutte le loro forze la vocazione ad essere modelli di santità”. I Misteri luminosi “ci ricordano il grande dono del Battesimo e dell’Eucaristia”, che, “oltre a toglierci dall’impoverimento inferto all’intera umanità dal peccato originale, ci dona quella vita divina, che dobbiamo conservare e tutelare, evitando il peccato e facendo efficace esperienza di comunione con Cristo nostra forza nei Sacramenti”. Circa i Misteri dolorosi, “la sofferenza è una dimensione, che appartiene all’umanità. Possiamo cercare di limitare la sofferenza, di lottare contro di essa, ma non possiamo eliminarla… Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo”. Mons. Crepaldi ha spe-

11


cificato come il santo Rosario non sia “un tranquillizzante devozionale”, bensì una personale e vitale presa di coscienza del fatto che “il Verbo di Dio si è piegato all’esperienza del dolore e della sofferenza. Il Signore Gesù afferma di essere l’uomo dei dolori, ma anche il Dio della speranza, che, pur nella kénosi (svuotamento, abbassamento) che Lo umilia sino alla morte di Croce, offre un senso nuovo e definitivo a coloro che in Lui credono ed a Lui si affidano anche nel momento della prova, della sventura e del dolore fisico e morale. La Passione di Cristo è mistero di consolazione per ognuno di noi, perché Dio si rivela come Colui che è presente in ogni sofferenza umana e condivide ogni sopportazione, diffondendo in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore par-

tecipe di Dio, facendo così sorgere la stella della speranza”. Nell’illustrare i Misteri gloriosi, mons. Crepaldi si è concentrato sulla contemplazione della Risurrezione di Cristo, “un avvenimento reale, che ha avuto manifestazioni storicamente constatate, come attesta il Nuovo Testamento”. Parole, solo parole? Chi oggi può intenderle, in una società sorda ai richiami della fede? Nessuno, qualora si resti ottusamente chiusi al trascendente. Ma per chi si apra all’Assoluto, i doni sono indicibili. Alla tradizionale Veglia di Preghiera, che introduce la Solennità della Beata Maria Vergine di Fatima, il Santo Padre ha spiegato come “sia Maria che noi stessi non godiamo di luce propria: la riceviamo da Gesù. Da noi stessi non siamo che un misero roveto, sul quale però è scesa la gloria di Dio. A Lui dunque sia ogni gloria, a noi l’umile confessione del nostro niente e la sommessa adorazione dei segni divini”. Come, concretamente? “La priorità – ha spiegato Benedetto XVI – è rendere Dio presente in questo mondo ed aprire agli uomini l’accesso a Dio”. E, tanto per intenderci ed evitare pateracchi interreligiosi, il Santo Padre non si riferisce “a un dio qualsiasi, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; quel Dio, il cui volto riconosciamo nell’amore portato fino alla fine, in Gesù Cristo crocifisso e risorto”. In merito al Viaggio Apostolico compiuto a Fatima nel decimo anniversario di beatificazione dei pastorelli Giacinto e Francesco, il Sommo Pontefice è tornato anche il successivo 19 maggio, alla

12


prima udienza generale del mercoledì ad esso successiva. Lo ha fatto, per ringraziare Dio dell’occasione donatagli, ricordando come proprio a Fatima la “Bianca Signora” abbia raccomandato di recitare “il Rosario tutti i giorni. Potremmo dire che Fatima e Rosario siano quasi un sinonimo”, luogo ove la Madonna ha lasciato un messaggio “carico di speranza, incentrato sulla preghiera, sulla penitenza e sulla conversione, che si proietta oltre le minacce, i pericoli e gli orrori della storia, per invitare l’uomo ad avere fiducia nell’azione di Dio”. Dalle parole ai fatti: il Papa non esorta verso ciò ch’egli non pratichi per primo. Così, scorrendo il suo programma per le vacanze svolte – come tradizione – a Castel Gandolfo, figurano – oltre alle due visite apostoliche a Carpineto Romano e

nel Regno Unito – anche le passeggiate quotidiane in giardino, pregando il Rosario, insieme con i suoi segretari, mons. Georg Gaenswein e mons. Alfred Xuereb. Mantenendo così quanto è prassi ogni giorno, in Vaticano. Già Paolo VI parlava del santo Rosario come del “compendio di tutto il Vangelo”, espressione questa ripresa dallo stesso mons. Crepaldi, che ha così riproposto tale forma di preghiera, intendendola come occasione per “sentirsi famiglia orante”, come “richiamo profetico per tante persone indifferenti, che hanno bisogno di ritrovare le strade dello stupore”, come esperienza “che ci fa sentire popolo in cammino per le contrade della Storia, con un grande desiderio nel cuore di conoscere il nostro Dio, che si è fatto uomo per la salvezza del mondo”. Recentemente, una testimonianza importantissima ha sottolineato l’efficacia del santo Rosario nella vita di fede. Si tratta della testimonianza, affidata alla flebile voce della madre del beato Padre Jerzy Popieluszko, martirizzato dalla “furia omicida del grande mentitore, nemico di Dio ed oppressore dell’umanità, di colui che odia la verità e diffonde la menzogna”, come ha ricordato mons. Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in occasione proprio della beatificazione del sacerdote polacco: “Mio figlio don Jerzy – ha ricordato la donna – fu per tutta la vita un uomo profondamente credente. Quando era sotto le armi, recitava il Rosario, nonostante il divieto del comandante. Non lo udii mai lamentarsi del Signore. Si sforzava di accogliere i dispiaceri subiti

13


con spirito di fede, per carità verso il Signore Iddio”. Così pregava per i propri persecutori: “Egli era consapevole che il male della dittatura traeva le sue origini da Satana – ha spiegato mons. Amato – per questo esortava a vincere il male con il bene e con la grazia del Signore”. Ed ancora: “Religione, Vangelo, dignità della persona umana, libertà non erano concetti in sintonia con l’ideologia marxista. Padre Jerzy non si rassegnò a vivere in questo campo di morte e, con le sole armi spirituali della verità, della giustizia e della carità, cercò di rivendicare la libertà della sua coscienza di cittadino e di sacerdote”. Interessante notare questa sottolineatura di mons. Amato: in gioco non v’era solo il ministro di Dio, bensì la persona con i suoi diritti naturali, personali, civili e politici. Uno come tutti, uno tra tutti, uno per tutti. “Ma l’ideologia malefica non sopportava lo splendore della verità e della giustizia – ha proseguito il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi – Per questo l’inerme sacerdote fu spiato, perseguitato, catturato, torturato e, come ultimo scempio, incaprettato ed, ancora agonizzante, buttato in acqua. I suoi carnefici, che non rispettavano la vita, non rispettarono nemmeno la morte. Lo ab-

bandonarono, come si abbandona la carcassa di un animale. Fu ritrovato solo dopo dieci giorni”. Il volto orrendamente sfigurato, simile a quello flagellato ed umiliato del Crocifisso, privo ormai della bellezza e del decoro umani, ma glorioso e trionfante nella bellezza e nel decoro della fede. Se la bocca insanguinata di quella faccia martoriata sembrava ripetere le parole del Servo del Signore: “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti ed agli sputi” (Is 50,6); è pur vero che oggi il comunismo è stato distrutto, abbattuto, cancellato ed umiliato dalla Storia e dagli uomini, anche laddove ne resistano antistorici scampoli; mentre Padre Popieluszko è stato proclamato beato ed assiste, dall’alto dei Cieli, la Chiesa che ha servito sulla terra e che oggi ancora serve da Lassù. È questa la concretezza del santo Rosario, che questo coraggioso sacerdote, martire e testimone della fede, sgranava sotto le armi, rimproverato dai suoi superiori. A questo quelle preghiere sono servite. A dimostrazione di quanto non siano “semplici parole”… Mauro Faverzani

14


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.