Omelia su san Pio X Papa del XX secolo 21 agosto Verità e santità. Errori del Modernismo.
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gni cuore veramente cristiano e cattolico (non si può essere pienamente cristiani, se non si è cattolici) è attaccato alla tradizione apostolica fondata sulla roccia di Pietro per volere di Cristo, che disse a Simone: « Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam ». Noi innamorati (non per merito nostro, ma per grazia di Dio, giacché la fede è una grazia del Signore) della tradizione della Chiesa apostolica romana, celebriamo oggi con gioia la festa di san Pio X, un papa difensore della fede. Pio X, come abbiamo letto nella lettera di san Paolo ai Tessalonicesi, non adulò mai nessuno, non cercò mai la gloria dagli uomini, labia sua non prohibuit, non tenne mai la bocca chiusa, ma con franchezza annunciò il Vangelo di Dio. Quanti sono i suoi insegnamenti! Cercheremo di concentrarci su alcuni punti-chiave del suo pontificato e della sua vita santa. Spesso l’odio dei malvagi rivela la bontà e la virtù dei santi. Mi ricordo che, quando studiavo teologia, imperversava il modernismo. Udii tante battute poco caritatevoli e rispettose nei riguardi di Pio X, uomo – si diceva – di scarsa intelligenza (quasi a voler dire: « Noi teologi ne sappiamo ben più dei papi e dei santi »). Fu una persona semplice, un vero povero in spirito nel senso più bello della parola, un uomo d’intelligenza acuta e di buon senso contadino. La povertà in spirito non significa mancanza d’intelligenza, bensì intelligenza accompagnata da umiltà. « Ti benedico, Padre, » dice Gesù « perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agl’intelligenti e le hai rivelate ai piccoli » (Mt 11, 25), cioè a coloro che sanno abbinare l’intelligenza e l’umiltà. San Pio X, l’ultimo papa canonizzato, può essere considerato, da noi amanti della tradizione, come il nostro patrono, poiché si è opposto all’evoluzionismo
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modernista. Fu un sacerdote santo, un cuore apostolico, un uomo che voleva una sola cosa: condurre le anime a Gesù. Per tutta la sua vita egli cercò la salus animarum per doctrinam et praedicationem, la salvezza delle anime tramite la predicazione dottrinale della fede. San Pio X fu autorevole e dottrinale, pur nella sua semplicità e bontà. Sapeva infatti che l’autorità deriva da “augere”, aumentare, accrescere la vita delle anime, e che essa deriva da una vita intemerata, non da discorsi intellettuali, pieni di dubbio e di scetticismo (che oggi piacciono tanto al mondo pseudointellettuale: più dubbi si hanno, più sembra che la mente sia acuta). Invece no, cari fratelli: un dubbio è intelligente solo se è fondato su certezze, ed esistono certezze circa le quali è stolto dubitare. Animato da amore delle anime fin da quando era un semplice sacerdote, continuò su questa linea anche quando fu vescovo di Mantova (1884), patriarca di Venezia (1893) e infine pastore della Chiesa universale (1903). Egli fu fermamente convinto che la santificazione delle anime non può avvenire se non tramite un clero santo e soprattutto ortodosso. Questo non significa sminuire l’importanza della santità: ricordiamo, al riguardo, la risposta che diede Santa Teresa d’Avila. Le fu infatti chiesto se preferisse un confessore dotto o un confessore santo, ed ella rispose: « Naturalmente preferirei un padre spirituale che fosse santo e dotto nel contempo ». Però, costretta dai suoi interlocutori a scegliere fra i due, santa Teresa senza battere ciglio disse: « Preferisco un confessore dotto ». Scandalo! Perché una Santa voleva un confessore dotto anche se poco edificante nella condotta di vita? Teresa replicò che un confessore dotto ma poco santo forse avrebbe subìto le pene dell’inferno, ma, tramite una dottrina obiettivamente valida, avrebbe portato tante anime in cielo. I fedeli hanno diritto a una dottrina vera, ineccepibile, canonica, che sia regola sicura di vita. Veritas liberabit vos (Gv 8, 32) dice chiaramente Gesù, che identifica sé stesso con la verità (Gv 14, 6: Ego sum via et veritas et vita). Non si giunge alla vita se non per quella via che è Gesù. Le preoccupazioni principali di Pio X furono d’ordine religioso: emanò nuove costituzioni per i seminari onde favorire la santificazione del clero e non si stancò mai di raccomandare la Comunione frequente. All’inizio del XX secolo si faceva la comunione molto raramente. Qualche anima privilegiata poteva fare la comunione quotidiana solo con il permesso del confessore. Era una concessione del tutto eccezionale. Invece Pio X comprese il vantaggio spirituale che le anime traevano dalla mensa eucaristica. Abbassò anche l’età per la prima Comunione. È noto l’episodio di quel bambino che aveva una grande fame d’eucaristia. Il papa gli fece una sola domanda: « Dimmi: chi c’è nell’Eucaristia? ». Quel fanciullo gli rispose: « Il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, con la sua divinità e con la sua umanità ». Il papa capì che quel bambino aveva una fede che molti teologi non avevano.
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San Pio X modificò la recita del Breviario e ripristinò il canto gregoriano, e questa fu una riforma che promosse una grande tradizione di bellezza, di semplicità e di essenziale solennità. Ma il merito maggiore fu la sua energica lotta ad tuendam catholicam fidem, per difendere la fede cattolica. Per questo il Signore lo chiamò al pontificato. Già il suo illustre predecessore Leone XIII (Gioachino Pecci, 1878-1903) s’era reso conto che la teologia settecentesca e in parte anche quella ottocentesca erano alquanto disastrate, poiché attingevano un po’ di qua, un po’ di là. Che cosa fece papa Leone XIII? Scrisse l’enciclica Aeterni Patris (1879) che ristabiliva nelle scuole ecclesiastiche lo studio di san Tommaso d’Aquino come base della filosofia cristiana; a tale scopo promosse l’edizione critica delle opere dell’Aquinate, essendosi reso conto di quanto grande, perfetta e umile nel contempo fosse la sintesi tomista di fede e ragione. Questo è il privilegio di Tommaso, senza diminuire la gloria di altri dottori della Chiesa: aver saputo sposare perfettamente nel suo sistema ragione e fede. Generalmente si tende a essere o troppo razionalisti o troppo fideisti. Invece la dottrina tomista, grazie alla sua limpidezza sul piano sia filosofico che teologico, costituisce un esempio di perfetto equilibrio fra le due sfere. San Pio X, accusato di essere un retrogrado, aveva capito benissimo la differenza tra laicità e laicismo. Una certa laicità, una certa autonomia dei valori puramente umani è cosa santa e vera. Omne verum a quocumque dicatur a Spiritu sancto est dice sant’Ambrogio, cioè « ogni verità da chiunque sia detta viene dallo Spirito santo ». San Pio X si rendeva conto che il mondo moderno aspirava giustamente a una certa laicità dei valori naturali, una laicità che però non comportasse un vero e proprio divorzio dalla fede e dalla vita di grazia, come invece hanno miseramente preteso molti tentativi di laicizzazione. Già Leone XIII aveva promosso gli studi tomistici, ben sapendo che per San Tommaso l’amore per Gesù Cristo redentore presuppone l’amore per il creato, in armonia con l’amore soprannaturale, tanto è vero che egli stimava molto i valori naturali e razionali, oggetto della filosofia. Miei cari, la crisi del mondo odierno è una crisi di pensiero prima ancora che di fede, è una crisi di
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filosofia prima ancora che di teologia. San Tommaso capì che una dottrina rispettosa di Dio è anzitutto una dottrina rispettosa della realtà, limpida e umile sottomissione intellettuale alla realtà delle cose. Kant (1724-1804), fin nella sua Critica della ragion pura pretende di dettar legge alla natura. Invece l’atteggiamento di ogni sano pensatore cristiano è esattamente il contrario: è l’Essere che detta legge al nostro pensiero. San Pio X non disse: « Solo san Tommaso ha ragione », ma disse: « approviamo le tesi tomiste, sono tesi buone e sicure», senza escludere la validità di altre scuole (la scuola scotista, per esempio, quella agostiniana e via dicendo). Allora c’era rispetto per il pluralismo. Egli promosse gli studi tomisti senza imporre nulla agli altri teologi che, sempre nell’ambito dell’ortodossia, seguivano strade diverse. Il suo scopo fu quello di illuminare la Chiesa con una dottrina che sapesse limpidamente abbinare ragione e fede. San Pio X non si limitò a raccomandare le tesi filosofiche dell’Aquinate (le famose XXIV tesi) per aiutare i teologi nelle loro ricerche, ma scrisse due documenti stupendi, uno suo, uno del S. Uffizio (ma approvato da lui). Sono l’enciclica Pascendi dominici gregis (1907) e il decreto del S. Uffizio dal significativo titolo Lamentorum (è l’elenco dei deplorevoli errori del modernismo). Che cosa s’intende per modernismo? San Pio X riesce a portare chiarezza in mezzo a una confusione intellettuale piuttosto notevole. Quali sono le caratteristiche del modernismo e qual è la sua pericolosità? Jacques Maritain ebbe a dire in una sua opera parole molto attuali: «Il modernismo giustamente fulminato da san Pio X all’inizio del XX secolo sta al neomodernismo attuale [allusione a una corrente di pensiero degli anni Sessanta] come un innocente raffreddore sta a una polmonite letale ». Questo ci dà l’idea della pericolosità del modernismo. Dobbiamo dire che Pio X è stato un profeta, perché ha saputo prevedere con la sua chiaroveggenza soprannaturale i tempi dell’anticristo, della confusione diabolica di oggi, anche se gli effetti devastanti del movimento erano solo all’inizio e la “polmonite letale” dei nostri giorni era ancora di là da venire. Da che cosa è caratterizzato il modernismo? Solo per sommi capi, si tratta di una tendenza di pensiero soggettivista. Grosso modo, si può dire che i modernisti, non contenti delle filosofie del passato, aspirano al cambiamento ad ogni costo, anche a costo di uscire dal sentiero della verità. Una falsa idea di progresso, dove non si sa in che direzione progredire, un po’ come il cieco del quale parla il Vangelo, che cade nella fossa. Nella vita spirituale occorre fare attenzione a dove si mettono i
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piedi, si deve progredire, certo, ma nella vera fede. Cari fratelli, il soggettivismo e il superbo “non serviam!” (Gen. 2-20), nei confronti di Dio Creatore porta poi alla ribellione a Dio Redentore. Se uno non ama la creazione non può essere cristiano, e la sua fede è solo un atto di superbia, con il quale pretende di regolare la realtà sul suo pensiero e di scrutare gli imperscrutabili misteri della fede. Vedete la modestia dei modernisti? Vogliono far dipendere l’essere dalle loro idee. Se la religione è un fenomeno puramente soggettivo, è evidente che non esiste una rivelazione soprannaturale. Se non c’è nulla al di fuori del nostro io che pensa i suoi pensieri (che umiltà!), allora anche la pretesa rivelazione non è altro che la voce del proprio io che parla a sé stesso. Questo è un soliloquio che l’io conduce con sé stesso, al di qua della rivelazione soprannaturale, e che nega l’obiettività del soprannaturale. Se poi si ritiene la propria mente il vertice del sapere, è chiaro che si finisce con il cadere nel progressismo evoluzionista, per cui si considerano gli apostoli come menti rozze, immerse nella mitologia. È mancanza di umiltà ritenere che gli apostoli non sapessero come orientarsi nella fede, mentre noi uomini maturi, noi sì che sappiamo che cosa è la fede cattolica! Secondo la mentalità modernista, in origine c’era una fede immatura, arcaica, piena di miti; poi, poco alla volta, con lo sviluppo della cultura sono venuti fuori dei contenuti sempre nuovi. Le novità vanno sempre rispettate, anche se sono in contraddizione con la tradizione. Pensate quale è il programma modernista! Tutti questi errori (fenomenismo, naturalismo ed evoluzionismo storicistico) furono fulminati dal supremo magistero di Pio X. Cari fratelli, che dire? Come orientarci? Pio X rimane un faro sulla strada di ogni buon cattolico. Quando mi si obietta: « Pio X, vissuto un’ottantina d’anni fa, ha detto cose che andavano bene all’inizio del secolo », rispondo che la fede, se è veramente tale, non cambia nel tempo. Bisogna decidersi: la verità o discende dall’alto (e allora viene da Dio ed è eterna), o viene dalle nostre meschine elucubrazioni (e allora è soggetta alle vicissitudini della storia). Facciamo la nostra scelta! Non lasciamoci impressionare da quelli che dicono che siamo all’antica, che non abbiamo capito nulla, che non siamo aggiornati, che siamo reazionari. Pensiamo piuttosto alla lettera di san Paolo che dice: « Predichiamo il vangelo cercando di piacere non agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo pronunciato parole di adulazione [...] e neppure abbiamo cercato la gloria umana né da voi né da altri » (1Ts 2, 4-6). Non c’è gloria maggiore che quella di portare a Dio le anime dei fratelli, nell’unica, vera, cattolica fede. Così sia. Liberamente tratto da un’omelia di P. Tyn op
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