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TESTIMONIANZA Quando nell’autunno del 1948, a tre anni dalla fine della guerra, il mio fidanzato ed io decidemmo di sposarci, poiché il lavoro di lui esigeva che ci si stabilisse a Milano, iniziammo le ricerche per l’alloggio. La città si stava riprendendo con fatica; i pesanti bombardamenti l’avevano lasciata seminata di macerie, e trovare casa era una delle maggiori difficoltà. Ci venne fortunatamente incontro un anziano cugino di mamma che, avendo saputo delle nostre inutili ricerche, ci offrì di condividere con lui appartamento e spese. La soluzione proposta ci parve ottima, ed alla fine di quell’ottobre, di ritorno dal viaggio di nozze, il cugino ci accolse festosamente in casa sua. La casa era bella, vicinissima al Santuario di S.Maria delle Grazie, che presi subito a frequentare, come facevo in Ancona, a S. Domenico, con mia madre che era terziaria domenicana. La coabitazione con il cugino era cordiale; avevamo in comune la passione per la musica, si andava alla Scala, a volte fuori insieme. Nel complesso una vita serena e tranquilla. Circa a metà dell’anno successivo mi resi conto di essere incinta, e appena avutane la conferma, desiderammo fare partecipe il cugino della nostra gioia, e quel giorno stesso, appena tornò dall’ufficio, gli andammo incontro dandogli la bella notizia. Lo vedemmo improvvisamente irrigidirsi, impallidire, assumendo un’espressione che mai gli avevamo veduta... Rimasi impressionata. E mentre io, temendo qualcosa di grave, mi ritiravo in camera, udii che urlava contro mio marito, dicendo che ci aveva offerto la casa, convinto che non volessimo figli, che ce ne dovevamo andare al più presto perché non voleva piagnucolii di bimbi in casa sua. Da quel giorno non volle più vederci; mangiavamo ad ore diverse, in camera nostra spesso, ed era nostra particolare attenzione evitare d’incontrarlo. Le difficoltà di trovar casa non erano cambiate. Passammo la voce tra i vari conoscenti, senza smettere di sperare e pregare. In quel periodo era arrivato a S. Maria delle Grazie, trasferito da Modena, p. Emilio Jaquaniello, domenicano buon conoscente delle mie zie, una delle quali era terziaria. La sua presenza ci fu di grande conforto. Io intanto pregavo con particolare fervore la Madonna promettendoLe che se mi fosse nata una bambina le avrei dato il Suo Nome. Si avvicinava infatti l’epoca del parto, che avvenne in anticipo sul previsto, in un giorno di sciopero generale dei mezzi pubblici, per cui fui trasportata in clinica da una camionetta dell’esercito. Nacque così la mia prima bambina, che p. Emilio battezzò con il nome di Maria Rosaria. Quando tornai a casa il cugino non volle neppure vederla. Di lì a otto mesi mi trovai nuovamente in “attesa”. Alla gioia per la nuova maternità si univa l’ansia per l’inderogabile necessità di lasciare quella casa. Ora solo il cielo

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poteva aiutarci. E venne proprio dal cielo l’ispirazione. Mi affidai totalmente alla Vergine del Rosario di Pompei ed iniziai la Devozione dei Quindici Sabati. Me ne venne una serenità benefica anche per la creatura che stava crescendo in me. Nel dicembre, pochi giorni dopo il primo compleanno di Maria Rosaria, mi telefonò p. Emilio pregandomi di andare da lui perché aveva bisogno di parlarmi. Lo raggiunsi alla Chiesa delle Grazie, e lì nel chiostro mi riferì che una terziaria domenicana si era rivolta a lui per chiedergli se conosceva una famiglia di tre o quattro persone, moralmente ineccepibili, che cercava casa, per rimpiazzare un inquilino indesiderato al quale non avrebbe rinnovato il contratto d’affitto. P .Emilio aveva pensato a noi. Ci parve un sogno: il padre fissò per noi l’incontro, la nostra situazione fu compresa con umana partecipazione, e firmammo il contratto. Si compiva in quei giorni il settimo sabato della famosa Devozione dei “quindici sabati alla Madonna di Pompei”. N.G.Z.P.

IL TRIONFO DEL ROSARIO Ero ancora bambina quando mi hanno insegnato la devozione al Rosario e con questa sono andata avanti tutta la vita; nelle prove - infatti - ho risolto così molti dei miei problemi. Sposandomi avevo desiderato avere un figlio che avesse la vocazione al sacerdozio. Il figlio è nato, Franco, ma mongoloide. Anche se con un immenso dolore l’ho accettato come un dono di Dio, con l’aiuto di mio marito e degli altri figli nati dopo. Non bastava, però, accettarlo, ho sentito che dovevo trattarlo come un ragazzo normale e così è stato anche con gli altri handicappati a cui ho deciso di dedicarmi. Per mandarlo a scuola, dalla provincia, ci siamo trasferiti ad Ancona, il 24.10.1954, ma con grande delusione abbiamo constatato che anche in città non c’era nessuna struttura adeguata. Aggrappandomi all’Eucarestia, offrivo il mio dolore alla Mamma Celeste, facendo così la volontà di Dio. La notte del 3.7.1956 sogno la Madonna del

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Duomo che mi dice: “Tu devi far aprire un Istituto”. Le rispondo che essendo una semplice mamma non ne ero capace, allora mi risponde: “Ti aiuterò io, però devi recitare il S. Rosario” e mi indica un sacerdote alto, magro, che non avevo mai visto. La mattina seguente racconto il sogno alla maestra Romagnoli, che veniva a casa per aiutare Franco ad imparare a leggere e scrivere, e lei mi consiglia di parlare con il suo parroco che allora era Don Carlo Rabbini della parrocchia del SS. Sacramento. Vado e come lo vedo riconosco in lui il sacerdote del sogno, ne parlo con lui e si impegna a riferirlo a S.E. Mons. Arcivescovo Bignamini. L’Arcivescovo mi consiglia di rivolgermi all’ispettore Fucili, il quale mi incarica di trovare un certo numero di bambini handicappati per poter formare una classe differenziale. Anche se con grande difficoltà - perché ero da poco ad Ancona e molti genitori non gradivano far conoscere la propria situazione - ne ho trovati sedici. Mi presento allora al provveditore Rocco Fedele per esporre la mia richiesta, ma mi viene risposto che non ci sono insegnanti specializzate... con fede continuo a recitare il S. Rosario. Per un “caso” si presenta al Provveditore l’insegnante Chiodini di Bologna, specializzata e disoccupata: era la persona che faceva al caso nostro. Il 7 ottobre 1956 si è aperta la prima classe differenziale presso la Scuola elementare Mazzini di Ancona: era proprio il giorno della Madonna del S. Rosario. In seguito è nata l’A.N.F.F.A.S., l’associazione delle famiglie dei ragazzi handicappati: l’Arcivescovo Bignamini si è interessato per far aprire l’Istituto di Falconara che ora porta il suo nome. Così grazie alla Madonna, all’Arcivescovo

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Mons. Bignamini, a Don Carlo Rabbini e a tanti altri che ci hanno aiutato, si è realizzato il nostro desiderio. Franco si è inserito bene, grazie anche alla parrocchia del S. Cuore, tenuta dai Servi di Maria, i quali lo hanno accolto e trattato normalmente. Un particolare grazie alla signora Raggetti Violanna della “Casa della Bontà” che ha sempre seguito questi cari ragazzi con tanto amorevole affetto, grazie ancora a tanti anconitani che seguono... il mio Franco da farlo sentire come gli altri. Immensa è la mia gratitudine e riconoscenza a Dio ed alla Vergine S.S. del Rosario. Oliva Carmela

PELLEGRINAGGIO A LOURDES: “voglio rendere testimonianza” Nel luglio 1998 con i Padri Domenicani sono andata in pellegrinaggio a Lourdes; doveva venire con me una mia vicina di casa che da 35 anni è malata... ha subito tre interventi chirurgici superati abbastanza bene, ma proprio in quei giorni aveva dolori atroci in tutta la persona: dolori che da tempo la tormentavano senza trovarne alcun rimedio... tanto che stava pensando di farla finita perché così non ne poteva più. A Lourdes ho ricordato molto questa mia amica che si era tanto raccomandata alle mie preghiere. Appena tornata a casa le ho mandato subito per mezzo di mio marito una bottiglietta di acqua benedetta presa alla fonte di Lourdes assieme alle immaginette con le preghiere. Lei con tanta fede ha ricevuto questi miei doni e si è messa a pregare. Man mano si è ripresa senza più medicine, era arrivata a pesare ben “39” chili, ed oggi è tornata a fare una vita normale, guida la macchina ed accudisce alla famiglia. Ringraziamo la B. Vergine e a tutti voglio dire “non lasciate la preghiera del S. Rosario”.

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