Una fede astratta macch il realismo ha sede nella parola di dio

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“Le norme obiettive sono accessibili anche ai non credenti – dice il Papa – ma la ragione da sola non basta”

Una fede astratta? Macché, il realismo ha sede nella Parola di Dio!

Ruolo della fede – prosegue il Pontefice – è quello di “aiutare nel purificare e gettare luce sull'applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi”

e la società oggi è debole, è perché è impregnata di relativismo. È troppo spesso incapace di distinguere cosa sia valore e cosa non lo sia, nei casi più estremi anche incapace di valutare l'esistenza stessa di valori intangibili o di una morale naturale nell'uomo in quanto uomo. Il che presenta un drammatico rovescio della medaglia: espone cioè pericolosamente al possibile ritorno di nuove ideologie, tutt'altro che scomparse. I nuovi “mostri”, in grado di ubriacare le menti ed annientare il pensiero, assumono diversi nomi: ecologismo, scientismo, materialismo, psicologismo, terzomondismo, pauperismo, genderismo, economicismo, narcisismo... Ma tutti, tutti sono riconducibili ultimativamente ad un solo, tremendo «nemico»: il “riduzionismo”, che traduce la complessità del reale in semplici formule chimiche, le istituzioni – a partire da quella prioritaria, la famiglia – in banali “contratti sociali”, la fede in una mitologia credulona, i doveri ed i diritti in opzioni negoziabili, le culture in opinioni. L'unica regola consisterebbe, al massimo, nel cercar di rendere le conclusioni coerenti con le premesse, indipendentemente dalla loro fondatezza. Tutto qui. Da ciò deriva il rifiuto di applicare quel principio di “precauzione”, altrimenti sbandierato oltre misura (come nel caso, discutibilissimo, degli ogm), anche sulla ricerca riguardante le cellule staminali embrionali, finanziata caparbiamente e contro ogni evidenza scientifica da molti Stati. Da ciò deriva il rifiuto di adeguare la legge 194 sull'aborto alle nuove certezze mediche in campo neonatale, laddove consentono di salvare un bambino già alla 22ma settimana e non più alla 24ma, com’era un tempo. Uno sguardo che voglia essere autenticamente umano, allora, non può prescindere dalla dimensione del cuore. E questo ben lo evidenzia Papa Benedetto XVI nell'enciclica “Spe salvi”, laddove parla anzi di un cuore “allargato e poi ripulito”, l’unico in grado di confrontarsi con l'immensità del Creato, di vivere la dimensione grande della “purificazione”. Il dato di partenza, insomma, dev'essere uno solo, come lo stesso Pontefice ha ben espresso il 6 ottobre del 2008, intervenendo in Vaticano all'inizio della prima Congregazione Generale del Sinodo dei Vescovi su “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”: “Solo la Parola di Dio – ha precisato – è fondamento di tutta la realtà”. Affermando “in aeternum, Domine, Verbum Tuum constitutum est in coelo... firmasti terram et permanet”, si afferma al contempo pro-

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prio questa solidità della Parola, vera realtà, su cui basare la propria vita. Ce lo dice il Libro dei Salmi: cieli e terra son destinati a passare, non invece la Parola di Dio. Per essere veramente realisti, occorre far conto su questo. Esser realisti non significa toccar con mano: si può toccar con mano l’amore di una madre per il figlio? L’amore tra due coniugi? Il semplice senso di bellezza, che proviamo di fronte all’opera d’arte? Eppure, non sarebbe irrealistico – e disumano – non ammetterne l’esistenza? Questo sarebbe lo sguardo limitato di chi costruisce la casa della propria vita esclusivamente sul successo, sulla carriera, sul denaro, in un parola sulla sabbia, destinata un giorno a svanire. Molto meglio costruire piuttosto la casa della propria vita sulla roccia, stabile come il Cielo,

ovvero riconoscere nel Verbo divino il fondamento di tutto. Questo è sano realismo! In occasione della beatificazione del Card. John Henry Newman, il Santo Padre ha evidenziato come uomini e donne siano stati “creati ad immagine e somiglianza di Dio, per conoscere la Verità, per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l'adempimento delle più profonde aspirazioni umane”. Rifiutare una concezione relativistica del mondo vuol dire allora non solo riconoscere l'esistenza di una Verità, ma significa implicitamente anche denunciare l'errore. Se esiste il vero, vuol dire che esiste anche il falso: “Coloro che vivono della e nella Verità riconoscono istintivamente ciò che è falso e, proprio perché falso, è nemico della bellezza e della bontà, che accompagna lo splendore della Verità, Veritatis splendor”. La via della coscienza che lo stesso Card. Newman visse sulla propria pelle, abbandonando l'anglicanesimo per abbracciare e divenire figlio del Cattolicesimo, pagando per questo anche un pesante costo personale, fu “tutt'altro che una via della soggettività, che afferma sé stessa”: fu “invece una via dell'obbedienza alla Verità oggettiva”, superando lo stesso soggettivismo evangelico a favore dell'oggettività del dogma, proprio come legame alla Verità. “Quella Verità”, che ultimativamente “è nient'altro che Gesù Cristo”, come ha felicemente ed esaustivamente spiegato il regnante Pontefice, Verità tanto potente da render capaci di sacrificare per essa anche affetti, amicizie e

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ponendo finanche a rischio la propria stessa vita, ha un diretto collegamento col rapporto federagione. “La via della coscienza non è chiusura nel proprio «io» – ha proseguito Benedetto XVI – ma è apertura, conversione ed obbedienza a Colui che è Via, Verità e Vita”. Nella Westminster Hall di Londra, in occasione del discorso ai parlamentari ed alle autorità, ancora il Papa ha ricordato come “la tradizione cattolica” sostenga “che le norme obiettive, che governano il retto agire, sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della Rivelazione”. Per questo, possono “essere conosciute dai non credenti”, sia pur a fatica. Ciò non significa però che la ragione, da sola, possa bastare. Tutt'altro: la fede, anzi, interviene “per aiutare nel purificare e gettare luce sull'appli-

cazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi. Il mondo della secolarità razionale ed il mondo del credo religioso hanno bisogno l'uno dell'altro e non dovrebbero aver timore di entrare in un profondo e continuo dialogo per il bene della nostra civiltà”. In tutto questo, una dimensione rilevante assume l’ambito che, del sociale, fa il proprio terreno quotidiano di confronto: quello della politica, nel senso ampio, nobile e bello del termine, come gestione condivisa della cosa pubblica, come costruzione e realizzazione dell’umana avventura, della casa di tutti. Ha scritto in merito mons. Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste, Presidente della Commissione “Caritas in veritate” del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) e Presidente dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuan” sulla Dottrina Sociale della Chiesa: “La politica ha bisogno di uomini di fede, di credenti impegnati in essa, affinché la stessa ragione politica possa ampliarsi verso quanto attende l'uomo nella sua totalità e trascendenza”. Ed ancora: “Il cattolico impegnato in politica dovrebbe essere guidato da un sano realismo cristiano. La verità è la realtà. Il bene non è altro che la realtà, in quanto desiderabile. Il cattolico si attenga a questa realtà e vedrà che spesso le cose non sono come le ideologie le presentano”. Un realismo decisamente con i piedi ben piantati per terra… Mauro Faverzani

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