catechismo per tutti
Vasi sacri
L
a Messa è il memoriale della Cena Pasquale di Gesù. La cena pasquale ebraica era complessa, faceva rivivere l’esodo dall’Egitto. Gesù la trasformò, conservando due elementi: il vino, che in certi momenti era bevuto ad un’unica coppa, ed il pane, che il padre di famiglia benediceva e distribuiva ai presenti; entrambi i gesti erano un segno d’unione, di fraternità. L’agnello immolato ed arrostito – tipico della cena pasquale – fu sostituito da Gesù stesso, immolato sulla croce: il Suo corpo significato dal pane, il sangue dal vino. In tal modo Gesù perpetuava il rito antico trasformandolo radicalmente, rendendo divina, viva, spirituale ed operante la salvezza degli uomini attraverso forme e segni facilmente intuibili e praticabili da ogni cultura. I vasi sacri – come la patena, la pisside, la teca, l’ostensorio e altri analoghi – servono a contenere le Ostie, e secondo la prescrizione della Liturgia: Essi “siano di materia solida e nobile... Si preferiscano materie che non si rompono, né si deteriorano facilmente... I vasi sacri di metallo siano abitualmente dorati all’interno, se il metallo è ossidabile; se invece sono di metallo inossidabile, e più nobile che l’oro, la doratura non è necessaria”. Tuttavia “si possono fabbricare anche con altre materie, tra quelle più apprezzate nelle varie regioni, come ad esempio l’avorio o alcuni legni particolarmente duri, sempre che siano adatti all’uso sacro”. Il calice sostituisce la coppa del vino. È destinato ad accogliere, nel vino consacrato, il Corpo glorioso di Gesù. Per quanto i calici del tempo antico fossero talvolta di vetro e porcellana, facilmente frangibili, la Chiesa chiede che “i Calici e gli altri vasi destinati a contenere il Sangue del Signore abbiano la coppa fatta di materia che non assorba liquidi. La base del calice può essere fatta con materie diverse, solide e decorose”, purché sia tale da renderlo stabile. È da proscrivere il desiderio d’introdurre novità in materia, anche se è comprensibile che le forme del calice mutino secondo la sensibilità dei popoli e dei tempi. * Circa la decorazione dei vasi sacri, non è male che sia sobria; se troppo appariscente, infatti, attira l’attenzione, che va, invece, concentrata sulla presenza del Signore. * Nelle prime comunità, alla maniera giudaica e di Gesù, il pane era spezzato e distribuito. Per ragioni di praticità, nella Messa, le parti di pane azzimo sono predisposte sotto forma di “particola” (piccole parti), dette anche “ostie” (= vittime). Rimane un segno della “frazione del pane” (in latino: frangere = spezzare) quando il celebrante spezza l’ostia grande in tre parti, prima della Comunione. * Il rito ebraico probabilmente non prevedeva un vassoio per il pane; la liturgia l’introdusse per ragioni di dignità e per rendere facile la raccolta di eventuali frammenti. È la patena, un piccolo piatto, concavo almeno al centro, dello stesso materiale del calice.
27
Vasi sacri
* Calice e patena sono benedetti dal vescovo o dal sacerdote. * Per il medesimo motivo di rispetto all’Eucarestia, durante la santa Messa si stende sotto il calice il corporale di lino inamidato (così da rendere più facile raccogliere eventuali frammenti d’ostia), e si copre il calice con la palla, sempre di lino inamidato o d’altra stoffa nobile, per riparare il “Sangue di Cristo”. * Altri vasi sacri, nobili, benedetti dal vescovo sono la pisside e l’ostensorio. – La pisside (dal greco = scatola, bossolo) era in origine il cofanetto destinato a custodire i gioielli. Quando, nei primi secoli, i cristiani e gli eremiti avevano il privilegio di portare nelle loro abitazioni l’Eucarestia, è naturale che la conservassero in quelle custodie. La necessità di conservare l’Eucarestia nel tabernacolo obbligò all’uso delle pissidi liturgiche, solitamente dello stesso materiale del calice. Le pissidi, che contengono le Ostie consacrate riposte nel Tabernacolo, sono chiuse con un coperchio. – Spesso, nel tabernacolo, con la pisside è pure riposta la teca. Una piccola scatoletta rotonda montata su un piedistallo, che contiene l’“Ostia grande” consacrata nella santa Messa e conservata per essere poi esposta alla venerazione dei fedeli. Una “teca” più piccola è usata dal sacerdote per portare l’Eucarestia agli infermi. – L’ostensorio (dal latino: ostendere = mostrare) risale probabilmente al secolo XIII, quando, istituita la festa del ‘Corpus Domini’, si usò portare l’Eucaristia solennemente in processione. Nei primi secoli si preferiva nascondere l’Eucarestia e, curiosamente – ma con tanta pietà – entro il Crocifisso o nel petto delle statue di Gesù risorto o di Maria col Bambino, o di S. Giovanni Battista. Soltanto più tardi furono praticate delle finestrelle di cristallo per rendere visibile l’Ostia. Si può ricordare, a titolo di curiosità, ma insieme per comprendere la delicatezza e la grazia dell’animo cristiano, come in certe chiese, di religiosi e non, l’Eucarestia fosse conservata entro colombe di metallo prezioso, posate in piano o sospese sopra l’altare, oppure collocate su una torre. L’attuale ostensorio comprende una lunetta (due lamine a forma di mezzaluna reggenti l’Ostia), due vetri trasparenti, al centro di una raggiera di varie fogge, sostenuta da un fusto inserito su un piedistallo. Trattandosi di un’ostensione, è naturale che la pietà dei fedeli abbia desiderato di renderlo un oggetto prezioso, riccamente ornato. * Oggetti d’utilità soltanto pratica sono le ampolline, che contengono il vino e l’acqua necessari per la celebrazione eucaristica. Ordinariamente sono di vetro e contrassegnata, quella del vino, da un nastrino rosso o altro. * Esse sono collocate su un piattello e riposte sulla credenza (il tavolino a fianco dell’altare). Al vescovo, per le abluzioni è riservata una brocca di metallo ed un bacile con parte concava.