MSOI thePost Numero 61

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Il Settimanale di M.S.O.I. Torino


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MSOI Torino M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Elisabetta Botta, Segretario M.S.O.I. Torino

MSOI thePost MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di M.S.O.I. Torino, si propone come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulta riconoscibile nel mezzo di informazione che ne è l’espressione: MSOI thePost non è, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione. Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost 2 • MSOI the Post

N u m e r o

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EUROPA 7 Giorni in 300 Parole

7 APRILE

Una panoramica dell’attacco di Stoccolma

Di Elena Amici

FRANCIA 10 aprile. Il ministra dell’Ecologia Ségolène Royal firma il decreto per la chiusura della più antica centrale nucleare francese di Fessenheim. Lo stop dovrebbe diventare esecutivo nel 2020 (esclusi possibili ritardi per motivi tecnici) quando sarà entrerà in funzione l’EPR (European Pressurized Reactor) di Flamanville. GERMANIA 11 aprile. A Dortmund esplodono tre ordigni davanti al pullman della squadra diretta allo stadio per la partita di Champions League. Nessun morto, un giocatore ferito, ricoverato in ospedale. Secondo le prime ricostruzioni della Procura, si tratterebbe di un attentato terroristico riconducibile agli estremisti jihadisti. GRECIA 12 aprile. Secondo Christine Lagarde, direttore operativo del Fondo Monetario Internazionale (FMI), le riforme della Grecia stanno procedendo nella “giusta direzione”; resta, tuttavia, ancora incerto un eventuale intervento del FMI al piano di salvataggio. ITALIA 10 aprile. La città toscana di Lucca ospita il G7 dei Ministri degli Esteri. La città, blindata dalle forze dell’ordine, accoglierà

Nel primo pomeriggio del 7 aprile, in pieno centro di Stoccolma, un camion si è schiantato sulla folla uccidendo 4 persone e ferendone almeno 15, di cui 9 in condizioni gravi. L’evento è considerato dalle autorità locali un attacco terroristico, il secondo dopo Londra, a seguire la dinamica dell’attentato a Nizza: un mezzo pesante e un individuo con nulla da perdere. Solo pochi mesi fa la Nationellt Centrum För Terrorhotbedömning, il dipartimento di sicurezza della polizia svedese, aveva presentato un rapporto evidenziando come il rischio principale per il Paese fossero attacchi di lupi solitari, radicalizzati e ispirati dalle azioni di Daesh, piuttosto che di attentati su larga scala. La radicalizzazione è sempre stata un problema in Svezia: nonostante il Paese abbia aperto le porte a numeri record di rifugiati, sono molti gli immigrati di seconda generazione che hanno deciso di lasciare l’occidente per unirsi alla campagna del sedicente Stato Islamico in Siria e in Iraq. Sono quasi 300 i foreign fighters di origine svedese che combattono in Medio Oriente, il più alto numero per tasso di popolazione in Europa. La situazione è preoccupante, ma le statistiche rivelano un’altra situazione ad alto

rischio da affrontare con urgenza. I dati indicano che si sono completamente perse le tracce di circa 12.000 uomini e donne le cui richieste di asilo o soggiorno in Svezia sono state respinte, spesso per motivi di sicurezza. Uno di questi scomparsi era il colpevole dell’attacco Rakhmat Akilov, 39enne originario dell’Uzbekistan, a cui era stato negato il permesso di soggiorno nel 2014. Akilov avrebbe dovuto essere espulso dal Paese, ma di lui si sono perse le tracce fino al pomeriggio del 7 aprile, quando è stato fermato dalla polizia con l’accusa di sospetto omicidio terrorista. Il primo ministro svedese Stefan Löfven e il capo della polizia hanno espresso la loro frustrazione per la situazione, sottolineando la difficoltà di espellere individui che non possono essere rintracciati e promettendo di implementare nuovi piani per risolvere il problema. Sempre negli ultimi giorni l’agenzia antiradicalizzazione, il Segerstedt Institute, si è trovata al centro di polemiche e accuse d’inefficienza e cattivo uso delle risorse. Rimane ora da vedere quali saranno le conseguenze dell’attentato sull’opinione pubblica svedese e sulle politiche che riguardano l’immigrazione, in particolare in luce delle elezioni generali del prossimo anno. MSOI the Post • 3


EUROPA per la prima volta un evento di rilevanza internazionale. Atteso il Segretario di Stato americano Rex Tillerson. Il tema principale al centro della discussione: terrorismo e sicurezza globale. SPAGNA 8 aprile. Per portare avanti il processo di disarmo, l’organizzazione separatista ETA (Euskadi Ta Askatasuna) ha consegnato alla polizia francese una lista di 8 luoghi dove erano nascoste delle armi. Il governo spagnolo ha accolto con freddezza la notizia: “I terroristi non possono pretendere alcun trattamento particolare da parte del governo e ancora meno sperare nell’impunità per i crimini commessi”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Juan Ignacio Zoido. SVEZIA 9 aprile. Continuano le indagini sull’attentato di venerdì scorso quando un camion ha ucciso 4 persone (due cittadini svedesi, un inglese e un belga) nella città di Stoccolma. Le autorità fanno sapere che l’autore dell’attacco era un simpatizzante del sedicente Stato Islamico, la cui richiesta d’asilo in Svezia era stata respinta nel 2014. UNGHERIA 10 aprile. Hanno occupato le strade di Budapest più di 70.000 persone per la manifestazione contro la decisione del governo conservatore di Viktor Orban di chiudere la Central European University, fondata nel 1991 nella capitale ungherese da George Soros, magnate e filantropo magiaro naturalizzato statunitense. A cura di Claudia Cantone

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UNGHERIA: FIRMATA LA LEGGE ANTI-CEU Le proteste non fermano la legge Soros

Di Giuliana Cristauro Migliaia di persone sono scese in piazza a Budapest per protestare contro il provvedimento del governo ungherese che”disciplina”la presenza e l’attività delle università straniere nel Paese. La legge sul “nuovo ordinamento dell’istruzione superiore” prevede che le università abbiano una sede nel paese d’origine e che si stipulino accordi bilaterali tra governi affinché siano riconosciuti diplomi e lauree. Molte delle clausole mirano alla chiusura della Central European University (CEU), fondata a Budapest nel 1991 dal milionario americano di origine ungherese George Soros. La legge, significativamente ribattezzata “Soros”, è divenuta il simbolo delle politiche nazional conservatrici del premier Viktor Orbán, euroscettico e ammiratore di Putin ed Erdogan, nonché espressione di una politica tesa a contrastare Soros, sponsor della “open society” ovunque nel mondo. Vestiti di blu, colore della CEU, più di 70.000 manifestanti scandivano “Fermiamo Mosca”, “FermiamoOrbán” richiamando lo slogan anti-Ue del Primo Ministro “Fermiamo Bruxelles”. Le proteste non hanno fermato l’iter esecutivo della legge, firmata dal Presidente della Repubblica Arder l’11 aprile. Con questo provvedimento la CEU dovrà chiudere entro il 2021, a meno che Budapest e Washin-

gton non trovino un accordo entro due mesi. La legge anti-CEU sarebbe l’ultima di una serie di attacchi contro le organizzazioni non governative che ricevono fondi da fonti straniere. Sempre l’11 aprile è stato approvato un provvedimento che obbliga tutte le ONG nel Paese a dichiarare ogni donazione dall’estero superiore ai 23.000 euro, così com’è avvenuto con la legge contro le reti di agenti stranieri voluta da Putin per stroncare queste organizzazioni. La Legge Soros è stata duramente criticata dalla della comunità internazionale. Human Rights Watch ha dichiarato che il Presidente Arder non avrebbe dovuto ratificarla, e vari gruppi del Parlamento europeo hanno espresso un forte dissenso. Pittella, capogruppo dell’S&D, ha dichiarato che l’Ungheria “dopo aver attaccato la stampa e creato una frattura in seno all’Europa per la questione dei migranti”, adesso “vuole silenziare uno dei centri principali internazionali del sapere e della scienza”. Jean-Claude Juncker ha dichiarato che “la Commissione europea analizzerà la legge”, e il capo dello Stato tedesco Frank Walter Steinmeier invita l’UE a far sentire la sua voce. Allo stesso modo, decine di Nobel di tutto il mondo stanno lanciando appelli per salvare la CEU dalla scure di Orbán.


NORD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole STATI UNITI 7 aprile. A Washington si è concluso l’incontro tra il presidente Trump e il capo di Stato cinese Xi Jinping, in visita in Florida. Nel corso dell’incontro, i due leader hanno fissato a 100 giorni la soglia entro cui giungere ad un progresso negli scambi commerciali tra le due nazioni. Trump ha inoltre accettato l’invito del Presidente cinese a recarsi in Cina. 7 aprile. Arriva l’appoggio del cancelliere Merkel e del primo ministro britannico May all’attacco militare degli Stati Uniti in territorio siriano. Intanto, la Russia blocca i canali di comunicazione con gli USA nello spazio aereo siriano: erano stati aperti per impedire la collisione tra gli aerei dei due Paesi. 8 aprile. Fonti del Pentagono hanno confermato lo spostamento del gruppo d’attacco navale Carl Vinson da Singapore alla penisola coreana. La decisione del presidente Trump di mobilitare le forze navali rappresenta la risposta statunitense al programma nucleare del dittatore Kim Jong-Un. 10 aprile. Confermato Neil Gorsuch come nuovo giudice della Corte Suprema americana. Dopo che il Senato ne aveva bloccato l’elezione, l’ostruzionismo del Partito Democratico è stato superato modificando le regole per la conferma della nomina del giudice. 11 aprile. Il premio Nobel per la pace, Malala Yousafzai, ha vinto il riconoscimento UN Messenger of Peace. L’attivista

STESSI PAESI, VISIONI DIVERSE

Visioni contrapposte e convergenti di Canada e Stati Uniti dopo i meeting del G7 in Italia

Di Alessandro Dalpasso

commercio del gas naturale.

In vista del G7, che riunirà i capi di Stato a Taormina il 26 e 27 maggio prossimi, si sono riuniti i Ministri degli Affari Esteri e i Ministri dell’Energia dei 7 Paesi più industrializzati al mondo, rispettivamente a Lucca e Roma.

Il Canada ha raccolto attorno a sé numerosi alleati, eccezion fatta per gli Stati Uniti, che nella revisione delle proprie politiche ambientali, si sono dimostrati l’unica nota stonata nella comunità dei Paesi del G7, intenzionata a tradurre in risultati tangibili le dichiarazioni della COP21 di Parigi.

Durante entrambi gli incontri hanno rivestito ruoli di primissimo piano gli inviati di Ottawa e Washington. A Roma è mancato un accordo e ministro delle Risorse Naturali canadese James Gordon Carr ha finito per trovarsi su posizioni diametralmente opposte rispetto a Rick Perry, suo omologo statunitense. A Lucca, invece, è stato raggiunto un consenso: le posizioni di Canada e Stati Uniti hanno trovato una convergenza, con Rex Tillerson (USA) e Chrystia Freeland (Canada) uniti in quelle che sono ora le risoluzioni finali del meeting. All’ombra del Colosseo, Carr ha reiterato la promessa di collaborare per realizzare “la transizione da un mondo che utilizza il carbone ad uno che si affida ad energie pulite”. Per individuare azioni concrete, il Ministro canadese ha citato Mission Innovation, un piano per combattere il cambiamento climatico attraverso maggiore trasparenza e sicurezza nei settori dell’estrazione e

A Lucca, Stati Uniti e Canada si sono fatti portavoce della decisione di non imporre nuove sanzioni alla Russia di Putin per il supporto dato a Bashar al-Assad, come inizialmente proposto dal Regno Unito. Il Segretario di Stato statunitense ha infatti affermato che “Mosca può essere parte del futuro del Paese [la Siria], ma deve ritirare la sua alleanza con il governo siriano, Iran e Hezbollah per giocare quel ruolo”. Il ministro degli Esteri canadese ha inoltre dichiarato: “Spero davvero che la Russia colga questa opportunità di essere dal lato giusto della storia”. Per fare questo, Putin dovrebbe rompere con il regime di Assad ed aiutare gli altri Stati della coalizione a creare le condizioni per una durevole pace nella regione. Il ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel si è detto dello stesso avviso. MSOI the Post • 5


NORD AMERICA pachistana è la più giovane vincitrice di tale riconoscimento, che le è stato consegnato presso il Palazzo di Vetro di New York direttamente dal Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres. 12 aprile. Il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, si è scusato per le sue recenti affermazioni in cui paragonava l’utilizzo di armi chimiche in Siria con l’Olocausto. “Hitler didn’t even sink to using chemical weapons”. Questo quanto affermato da Spicer, che ha accusato Assad di compiere atrocità contro il suo stesso popolo: un crimine di cui nemmeno Hitler si è macchiato. Le polemiche non hanno tardato ad arrivare contro il portavoce, criticato per aver sminuito la tragedia della Shoah.

CANADA 7 aprile. Il primo ministro Trudeau ha condannato l’attacco chimico in Siria, definito un crimine di guerra e si è, inoltre, detto al fianco di Trump, esprimendo il suo pieno appoggio al lancio di missili americani contro la base militare in Siria. 12 aprile. Malala Yousafzai è stata ricevuta da Trudeau, che l’ha nominata cittadina onoraria canadese. La giovane attivista è la sesta persona a ricevere tale riconoscimento. A cura di Martina Santi 6 • MSOI the Post

DAGLI USA ALLA COREA SI PASSA PER LA SIRIA

L’attacco alla Siria nasconde messaggi per l’Asia Di Sofia Ercolessi impedire l’uso di armi chimiche ad Assad”), volte a mettere Khan Shaykhun, Siria, 4 aprile pressione sulla potenza, è 2017: un attacco con armi probabile che l’intervento non chimiche, vietate dal diritto mirasse a schernire Mosca. internazionale, uccide più di 70 civili. Dall’insediamento di Trump, la Corea del Nord ha ripetutamente la Mar del Giappone, 5 aprile: provocato la Corea del Nord lancia un comunità internazionale con missile balistico a medio raggio, lanci dimostrativi di missili balistici, che hanno fatto senza provocare danni. sentire sempre più in pericolo Florida, 6 aprile: il presidente Giappone e Corea del Sud, degli Stati Uniti Donald alleati degli Stati Uniti. Trump, durante una cena con il suo omologo cinese Xi Jinping, L’attacco alla base siriana perciò un chiaro ordina di colpire con 59 missili sarebbe Tomahawk la base militare avvertimento alla Corea del del governo siriano da cui si Nord perché non si spinga ritiene che sia partito l’attacco troppo oltre. A riprova di questo, una portaerei americana diretta chimico. in Australia ha cambiato rotta Con un cambio di retorica verso la penisola coreana. notevole rispetto all’America solo: ordinando First della campagna elettorale, Non l’attacco missilistico viene l’operazione durante la visita giustificato come un’azione di Xi Jinping, Trump ha lanciato deterrente, in protezione un messaggio anche alla Cina, prenda posizione dei civili. In un discorso, il perché i nordcoreani, Presidente fa appello a “tutte contro momentaneamente le nazioni civili” affinché mettendo si ponga fine al massacro in da parte il “buon vicinato”. Siria”, mentre il segretario di Inoltre, Trump ha agito dove dopo un attacco Stato Tillerson non esclude di Obama, intervenire “in qualunque parte chimico di Assad nel 2013, del mondo” venga fatto del male si era limitato alla condanna verbale: di fronte all’opinione a degli innocenti. Ma siamo sicuri che fosse pubblica, può ora fregiarsi di davvero questo l’obiettivo essere “l’uomo dei fatti”. dell’attacco? A corroborare questa immagine I missili americani hanno –ma anche ad acuire le tensioni– provocato danni limitati alla c’è anche il lancio, effettuato il base siriana, che era stata 13 aprile, dell’ordigno MOAB evacuata in anticipo. I sistemi (Massive Ordnance Air Blast), potentissima bomba di difesa russi e siriani non una sono stati messi in funzione non nucleare sul nord-est L’obiettivo e, prima dell’operazione, il dell’Afghanistan. Cremlino era stato avvertito. ufficiale dell’attacco è stato Nonostante le parole dure sulla distruggere dei tunnel del locale Russia pronunciate da Tillerson gruppo affiliato al sedicente (“incompetenti, incapaci di Stato Islamico.


MEDIO ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole ALGERIA 9 aprile. L’inizio della campagna che fra tre settimane porterà il popolo algerino a votare i propri rappresentanti in Parlamento inizia in sordina, con pochissimi cartelloni elettorali affissi.

LA RISPOSTA DI AL-SISI AGLI ATTACCHI CONTRO I COPTI

Come un attentato può rivelarsi ancora più pericoloso

ARABIA SAUDITA 9 aprile. Le autorità di Ryad danno il via alla costruzione di una “città del divertimento” di 334 km2. EGITTO 9 aprile. Il presidente al-Sisi dichiara l’entrata in vigore dello stato d’emergenza per i prossimi tre mesi dopo gli attentati rivendicati dall’ISIS. Tali attacchi hanno mietuto più di 40 vittime fra i fedeli di due chiese copte nelle città di Alessandria e di Tanta IRAN 7 aprile. La prima maratona nella storia di Teheran ha riscosso grande successo. Fugati i dubbi sulla partecipazione femminile: è stato permesso anche alle donne di correre una mezza maratona, con determinati obblighi vestimentari. 12 aprile. Sebbene abbia deciso di non candidarsi, l’ex presidente Ahmadinejad registra il proprio nome fra i competitors per la carica suprema dello Stato, affermando di “farlo per un amico politico” (le elezioni si terranno il 19 maggio). IRAQ 12 aprile. Si concludono le negoziazioni fra governo e curdi in merito alla ricostruzione della città di Mosul, distrutta in gran parte durante gli scontri contro le forze dell’ISIS.

Di Lucky Dalena Mentre i cristiani di tutto il mondo celebravano la pace scambiandosi rametti di ulivo, in Egitto avevano luogo due tra i più feroci attacchi terroristici degli ultimi anni ai danni della comunità copta. Il primo attacco è avvenuto alle porte della cattedrale di S. Marco ad Alessandria, durante le celebrazioni liturgiche alla presenza del Papa Tawadros II (il patriarca copto). Poco dopo è stata colpita una chiesa nella città di Tanta. Entrambi gli attentati sono stati reclamati dal sedicente Stato Islamico, e sono solo il culmine di numerose precedenti minacce e attacchi ai cristiani copti, costringendo numerosi membri della comunità a fuggire dalle zone del Monte Sinai per paura di ritorsioni. Secondo alcuni esperti, il problema principale è stato la mancanza di sicurezza: com’è stato possibile permettere l’ingresso in chiesa a un individuo con un oggetto che poteva essere una bomba? Essendo la comunità copta soggetta a minacce, perché non erano presenti

forze di sicurezza in misura cautelativa, soprattutto in occasione della Domenica delle Palme? La risposta all’interrogativo è arrivata dopo poche ore, come risultato di una riunione tra il presidente al-Sisi e il Consiglio di Difesa Nazionale. al-Sisi, già accusato da numerose ONG e organizzazioni di una violazione sistematica dei diritti umani, ha dichiarato lo stato di emergenza per la durata di tre mesi, ma senza chiarire le condizioni e i poteri straordinari che assumerà il governo. A seguito della dichiarazione il Presidente ha accusato i mass media, colpevoli di aver diffuso le sanguinose immagini dell’attacco e di contribuire a fomentare il panico. Il rischio che si pone ora, in una delicata situazione politica per l’Egitto, è che la minaccia terroristica e il proposito di proteggere la comunità copta (circa il 10% della popolazione) diventino una scusa perché il governo agisca indisturbato contro la maggioranza con politiche che, forse ancor più del terrorismo stesso, non rispettano i diritti fondamentali della popolazione egiziana. MSOI the Post • 7


MEDIO ORIENTE LIBANO 11 aprile. Il 4° giorno di una protesta scoppiata nel campo di Ain al-Hilweh porta il numero dei morti a 6 e dei feriti a 35 LIBIA 12 aprile. Secondo un documento dell’IOM (International Organization of Migration) in Libia esisterebbero dei veri e propri “mercati di schiavi a cielo aperto”, ove migranti sub sahariani vengono venduti e comprati, per poi essere utilizzati come forza lavoro o schiavi sessuali. PALESTINA 8 aprile. Migliaia di impiegati dell’Autorità Palestinese manifestano nelle strade di Ghaza a seguito di un taglio del 30% sui loro stipendi decretato dal primo ministro Hamdalla SIRIA 7 aprile. 59 missili americani Thomawak colpiscono la base aerea di Shayrat controllata dall’esercito regolare siriano. Il lancio sarebbe avvenuto a seguito dell’utilizzo di armi chimiche da parte del regime del Assad, come rappresaglia. 8 aprile. Gli attivisti e le associazioni per i diritti dell’uomo condannano l’evacuazione dell’enclave ribelle di Homs, supportata dai Russi. Le 2.500 persone chiamate in causa sarebbero state “costrette a lasciare le loro case”. TURCHIA 8 aprile. Erdogan convoca centinaia di migliaia di supporter ad un convegno di grande importanza per il referendum costituzionale del 16 aprile, che vorrebbe implementare i poteri del Presidente. A cura di Jean-Marie Reure 8 • MSOI the Post

ITALIA, EGITTO E REGENI

Quando un caso è più grande di un singolo uomo

Di Martina Terraglia

e Libia.

Una serie di e-mail anonime ricevute dal quotidiano La Repubblica porta alla luce nuovi dettagli sul caso Regeni, descrivendo con dovizia di particolari le torture a cui è stato sottoposto il ricercatore italiano. Ricapitoliamo i fatti.

Sul piano internazionale, il caso Regeni ha messo in evidenza le numerose violazioni dei diritti umani compiute dal governo al-Sisi. Il Parlamento Europeo ha approvato una mozione per condannare le torture inflitte a Regeni. Un report pubblicato nel 2016 da Amnesty International ha riscontrato 34.000 casi di dissidenti arrestati dal governo, ma le cifre potrebbero essere più alte. Anche organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti degli accademici nel mondo si sono espresse contro l’Egitto. L’Academic Freedom Monitor riporta 32 attacchi confermati contro accademici egiziani e internazionali, includendo omicidi, sparizioni, licenziamenti, arresti, persecuzioni penali e restrizione della mobilità. Il Committee on Academic Freedom ha indirizzato una lettera al presidente al-Sisi chiedendo di revocare la legge approvata nel novembre 2016, definita da Al-Jazeera come un tentativo di “eradicare la società civile” dal Paese, in quanto istituisce un comitato di controllo sull’operato delle ONG straniere o organizzazioni locali che ricevano fondi stranieri.

Giulio Regeni, dottorando del Girton College di Cambridge, è in Egitto per una ricerca sui sindacati indipendenti. Il 25 gennaio 2016 scompare: il suo corpo viene ritrovato nudo e con segni di tortura il 3 febbraio. Il governo egiziano inizialmente individua i colpevoli in una gang. Alcuni ufficiali egiziani confermano la detenzione di Regeni:ifortisospetti ricaduti sulle autorità egiziane incrinano i rapporti con l’Italia, che nell’aprile 2016 ritira l’Ambasciatore. Cosa possiamo dire oggi? I rapporti tra Italia e Egitto non sembrano essere migliorati: un nuovo Ambasciatore è stato nominato, ma non sarà di stanza al Cairo. I rapporti tra Italia ed Egitto vanno oltre gli accordi bilaterali. Infatti, mentre l’Italia in Libia stringe accordi con al-Sarraj, l’Egitto appoggia Khalil Hafter, strenuo oppositore della presenza italiana e UN nel Paese. La mancata risoluzione del caso Regeni potrebbe rappresentare un ostacolo nello sviluppo delle relazioni diplomatiche tra Italia

Eppure, l’Egitto di al-Sisi continua a dichiararsi innocente rispetto a tutte le accuse.


RUSSIA E BALCANI 7 Giorni in 300 Parole GEORGIA 9 aprile. Nella provincia separatista della Sud Ossezia si sono tenute le elezioni presidenziali. Il vincitore, con il 54% dei voti, è Anatoly Bibilov, presidente del Parlamento, che ha sconfitto l’ex presidente ed ex capo del KGB locale Leonid Tibilov, sostenuto da Mosca per un secondo mandato. La Georgia ha bollato queste elezioni come illegali. KOSOVO 7 aprile. Il presidente Hashim Thaçi ha ritirato la proposta di legge ordinaria che prevedeva la trasformazione della Kosovo Security Force in un esercito regolare. Tuttavia, ha annunciato che il Kosovo si doterà presto di un esercito, ma che ciò avverrà attraverso delle modifiche costituzionali e con il consenso della minoranza serba. MONTENEGRO 11 aprile. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha autorizzato l’ingresso del Montenegro nella NATO. L’ufficialità arriverà in occasione dell’incontro dell’Alleanza atlantica del prossimo mese a Bruxelles. RUSSIA 11 aprile. 8 membri di cellule estremistiche sono stati arrestati per collegamenti con l’attentato alla metropolitana di San Pietroburgo. È stato, invece, identificato come autore della strage il 22enne kirghiso con nazionalità russa Akbardzhan Dzhalilov, che, secondo fonti turche, sarebbe giunto in Turchia nel 2015 e l’anno dopo espulso. 11 aprile. In seguito ai recenti colloqui tra Mosca e Minsk, il

PUTIN RIMANE AL FIANCO DI ASSAD Mosca rimane il principale alleato di Damasco, quali conseguenze nei rapporti con gli Usa?

Di Giulia Bazzano Gli avvenimenti della scorsa settimana nell’ambito del conflitto siriano hanno avuto immediate conseguenze nell’atteggiamento della Russia. L’appoggio del Cremlino ad Assad è sempre apparso solido, sia sul tavolo dei negoziati sia sul campo, e la risposta al raid missilistico americano alla base aerea di alShayrat non si è fatta attendere. Il 7 aprile una nave da guerra russa si è diretta verso i cacciatorpedinieri americani utilizzati nel bombardamento e la Russia ha successivamente sospeso l’intesa con gli Stati Uniti sulla sicurezza dei voli. Per il momento, il portavoce del Cremlino Peskov non ha confermato se alla luce dei recenti avvenimenti Mosca aumenterà la sua presenza militare in Siria. “Solo il presidente Putin può disporre l’aumento delle truppe russe in Siria”, ha dichiarato alla TASS. Tuttavia, il ministero della Difesa russo ha annunciato dei piani di rafforzamento delle difese aeree siriane per proteggere meglio le infrastrutture del Paese. Mosca intende quindi continuare a difendere il suo alleato in questo momento particolarmente delicato. L’attacco con armi chimiche del 4 aprile compiuto dal governo di Damasco al villaggio di Khan

Sheikhoun e la conseguente risposta americana hanno infatti spaccato in due l’opinione pubblica e la comunità internazionale. Come affermato dal presidente Putin, il principale obiettivo di Mosca è quello di non far vacillare la collaborazione internazionale nella lotta al Daesh. La linea di Mosca sembra quindi prevedere il mantenimento di un ruolo saldo a fianco di Siria e Iran. Resta l’incognita di come evolveranno i rapporti con gli Stati Uniti, anche alla luce della notizia di ulteriori bombardamenti con armamenti chimici e bombe a grappolo da parte delle forze governative siriane, riportata lunedì 10 aprile dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). Putin ha affermato che l’attacco statunitense alla base aerea siriana porterà “danni considerevoli” alle relazioni tra Russia e Stati Uniti ed è da considerarsi “un atto di aggressione contro uno Stato sovrano”, chiedendo poi una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell’ONU “per discutere la situazione”. Parole di condanna sono arrivate anche da parte del ministro degli Esteri russo Lavrov che ha definito l’attacco americano in Siria un “atto di aggressione con un pretesto inventato” che “ricorda il 2003”.

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RUSSIA E BALCANI ministro delle Finanze Anton Siluanov ha annunciato che la Russia sta considerando la possibilità di concedere alla Bielorussia un prestito di 1 miliardo di dollari. L’agenzia di stampa russa TASS riferisce i fondi sarebbero destinati a sostenere il bilancio dello Stato e la bilancia dei pagamenti bielorussa. SERBIA 11 aprile. Per l’8° giorno migliaia di cittadini serbi sono scesi in piazza contro il premier e presidente Aleksandar Vučić. Le proteste, iniziate dopo la sua vittoria alle elezioni del 2 aprile, sono indirizzate contro la “dittatura” del premier, fatta di controllo sui media e di brogli elettorali. Ai manifestanti, che chiedono le dimissioni del governo, dei membri della Commissione elettorale e della direzione della TV pubblica, si sono aggiunti anche i sindacati di polizia e i rappresentanti dell’esercito, che rivendicano migliori condizioni di lavoro e un aumento dei salari. UCRAINA 10 aprile. Valeria Gontareva si è dimessa dal suo ruolo di governatrice della Banca centrale ucraina. Gontareva, in carica dal 2014, ha assicurato di aver portato a termine tutte le riforme necessarie, nonostante le molte pressioni esercitate dagli oligarchi. Durante il suo mandato, la Governatrice ha dovuto affrontare il crollo della moneta e la crescita dell’inflazione in un Paese vicino al default. A cura di Vladimiro Labate

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LA DESOLAZIONE DEI TESTIMONI DI GEOVA IN RUSSIA

Storia in divenire: spie per il KGB, estremisti per Putin

Di Elisa Todesco La vita dei Testimoni di Geova non è mai stata semplice e in alcune zone del mondo come la Russia non lo è ancora. Ma perché sono considerati una minaccia dal governo russo? Per rispondere a questa domanda bisogna fare un passo indietro. I Testimoni di Geova sono un’organizzazione teocratica che si propone di vivificare il cristianesimo così com’era nel I sec. d.C., predicando la separazione dal mondo (rifiutando quindi anche la vita politica), e l’astensione dall’uso di armi e dall’adesione a corpi militari. Basandosi sulla lettura letterale della Bibbia, il loro credo non riconosce la Trinità, e ciò ha determinato che la Chiesa Cattolica e altre confessioni non abbiano mai accettato i Testimoni di Geova come cristiani. Per queste ragioni i Testimoni di Geova sono stati spesso perseguitati, e già nell’U.R.S.S. furono incarcerati dal KGB perché considerati spie occidentali. Questa precedente persecuzione fa sì che agli occhi degli ultimi fedeli rimasti in

Russia (circa 175.000) le recenti azioni di Putin rappresentino un doloroso dèjá vu. A partire dal 2007 sono iniziati controlli a tappeto e vessazioni contro questa associazione religiosa, perché, come dice lo storico Garrett Fagan: “Loro non si interessano della politica, ma questo stesso disinteressamento viene considerato politicamente sospetto”. Tuttavia, negli ultimi mesi, la situazione si è ulteriormente inasprita, fino a quando il 5 aprile la Corte Suprema ha dichiarato l’organizzazione illegale perché “estremista”. Le ragioni sono molteplici, ma Putin desidera aumentare il suo potere personale avvicinandosi sempre più alla Chiesa Russa Ortodossa, eliminando le organizzazioni che potrebbero rappresentare un ostacolo. Infatti: “la persecuzione dei Testimoni di Geova è strettamente legata alla rinascita di una nuova visione nazionalistica, dove va bene tutto ciò che è interno allo stato, ma tutto ciò che se ne discosta deve essere distrutto”, dice Kristina Arriaga de Bucholz, Commissario per la Libertà Religiosa Internazionale.


ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole AFGHANISTAN 12 aprile. Il sedicente Stato Islamico rivendica l’attentato kamikaze al Ministero della Difesa di Kabul. Il bilancio è di almeno 5 vittime, tra cui due membri delle forze di sicurezza afghane, e diversi feriti. L’obiettivo andrebbe identificato con un posto di blocco vicino al quartier generale. BANGALDESH 12 aprile. 3 estremisti jihadisti sono stati giustiziati. I 3 uomini erano stati condannati a morte in quanto responsabili dell’attentato ad un tempio musulmano che nel 2004 aveva ucciso 3 persone e ferito l’allora Ambasciatore britannico. CINA 12 aprile. Il presidente Xi Jinping invita il presidente degli Stati Uniti Trump ad una risoluzione pacifica che abbia come obiettivo la denuclearizzazione della Corea del Nord, al fine di salvaguardare pace e stabilità.

COREA DEL NORD 9 aprile. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump annuncia l’invio di forze navali in Corea del Nord. Il gruppo d’attacco navale Carl Vinson rappresenta la risposta degli Stati Uniti all’affermazione del Ministro degli Esteri nordcoreano, che aveva ricordato la validità del programma nucleare dopo l’azione americana in Siria. 11 aprile. Il presidente coreano Kim Jong-un afferma di volersi

AUSTRALIA: IL DEVASTANTE CICLONE DEBBIE

La tempesta colpisce soprattutto lo Stato del Queensland

Di Luca De Santis L’apice del ciclone Debbie si è avuto il 31 marzo, ma le piogge torrenziali continuano a travolgere l’Australia. Gli allagamenti hanno spinto le autorità a evacuare più di 25.000 persone nello Stato del New South Wales. La tempesta si è abbattuta sulla costa nord-orientale, con venti fino a 220 km l’ora e precipitazioni fino a 500mm. Ora la perturbazione si dirige verso l’interno e le inondazioni continuano: circa 63.000 tra case e negozi sono senza elettricità e occorrerà più di una settimana prima che in certe aree venga ripristinata. Il ciclone Debbie, che è stato classificato di intensità 4 su una scala di 5, il 31 marzo ha raggiunto la città di Bowen dopo essere passato sulle isole turistiche Withsunday e Hamilton. Se fosse giunto sulla costa durante la notte avrebbe comportato maggiori rischi di inondazioni e alluvioni a causa delle alte maree. Una turista è rimasta uccisa in un incidente stradale dovuto al maltempo, mentre il governo del Queensland ha chiuso più di 2.000 scuole. Elicotteri militari, aerei e barche hanno riportato sulla terraferma centinaia di turisti intrappolati nei resort sulle isole, dove decine di migliaia di persone sono ancora

senza elettricità. Solo nella giornata del 6 aprile, i soccorsi hanno salvato due pescatori e svariati automobilisti rimasti bloccati nelle acque alluvionali. I residenti, usciti dalle proprie abitazioni dopo il passaggio del ciclone, si sono trovati davanti tetti rovesciati, strade bloccate da alberi abbattuti dai venti e battelli incagliati fra gli scogli. Vi sono forti timori anche per l’impatto di Debbie sulla grande Barriera Corallina. Molte comunità sono tuttora isolate, impossibili da contattare e il numero di vittime potrebbe salire man mano che le attività di soccorso raggiungono le aree più sperdute. Le piantagioni di canna da zucchero, cruciali per l’economia locale, sono state in gran parte rase al suolo e i coltivatori dovranno ora valutare l’estensione dei danni permanenti. Il ciclone è stato dichiarato una catastrofe dall’Insurance Council of Australia, che rappresenta le società di assicurazioni. Il Council ha inoltre avvertito che, pur non essendoci ancora una stima dei danni, precedenti cicloni tropicali sono costati miliardi di dollari. Intanto a Lismore, a nord dello stato del New South Wales, lo State Emergency Service ha consigliato ai residenti di evacuare la zona, dal momento che si prevede la peggiore alluvione degli ultimi 20 anni.

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ORIENTE opporre agli “imprudenti atti aggressivi” intrapresi da parte degli Stati Uniti con l’utilizzo di qualsiasi mezzo, giustificando la possibilità di un attacco nucleare in quanto risposta preventiva e di autodifesa a qualsiasi segno di aggressione. FILIPPINE 10 aprile. Il presidente filippino Rodrigo Duterte rinuncia alle isole del Mar Cinese Meridionale in nome dell’amicizia con la Cina. Il Presidente aveva precedentemente ordinato di militarizzare la zona al fine di preservare l’equilibrio geopolitico.

GIAPPONE 10 aprile. Il ministro degli Esteri giapponese Kishida incontra il segretario di Stato statunitense Rex Tillerson. I due convengono nel sollecitare Cina e Corea del Sud ad adoperarsi per frenare il progetto nucleare della Corea del Nord. Kishida ha, inoltre, dichiarato l’appoggio agli Stati Uniti nella lotta all’uso di armi chimiche nella guerra in Siria. A cura di Virginia Orsili

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ASSE TOKYO-WASHINGTON

Migliora il coordinamento Abe-Trump sulle problematiche asiatiche e mediorientali

Di Tiziano Traversa Sono in fase di rafforzamento le relazioni tra il presidente statunitense Donald Trump e il premier nipponico Shinzo Abe, nell’ambito di un migliore coordinamento tra Stati Uniti e Giappone. Questa svolta “amichevole” ha sorpreso molti analisti internazionali, dal momento che Trump aveva più volte espresso pareri negativi sul governo di Abe durante la propria campagna elettorale. Ciò nonostante, il Premier giapponese ha già compiuto due visite negli Stati Uniti, a novembre e a febbraio. Durante questi incontri i due leader hanno discusso principalmente di economia e difesa. Dal punto di vista commerciale, vi è da entrambe le parti l’interesse ad incrementare gli scambi: Tokyo è interessata a favorire le importazioni statunitensi, mentre Trump si è dichiarato pronto a sostenere finanziariamente alcune spese militari del Giappone. Con un accordo bilaterale, Trump spera di ripristinare almeno in parte l’influenza detenuta a lungo da Washington nell’area asiatica, contenendo così l’espansionismo cinese. Inoltre, in queste settimane le posizioni della Corea del Nord sono al centro dei dibattiti Washington-Tokyo. Il 6 aprile, poco prima della visi-

ta di Xi Jinping negli Stati Uniti, Trump e Abe si sono scambiati una lunga telefonata. Durante la conversazione hanno messo a fuoco l’attuale situazione politica di Pyongyang, concordando sull’importanza del ruolo giocato dalla Cina nel contenere i piani missilistici nordcoreani. Dal canto suo, il Presidente statunitense ha chiarito in modo inequivocabile che Washington tenterà ogni strategia per distogliere Pyongyang dai propri progetti sul nucleare. Pechino, certo, gioca un ruolo strategico e riveste una centralità sempre maggiore in Asia, ma Giappone e Stati Uniti dovranno fare leva su di un altro partner fondamentale. Stando a quanto dichiarato da Abe ai media giapponesi, infatti, i due leader hanno concordato sulla necessità di mantenere una stretta collaborazione con la Corea del Sud per limitare la minaccia nordcoreana. Inoltre, subito dopo il raid statunitense in Siria, Abe ha appoggiato la rapida risposta militare di Trump di fronte ai crimini di guerra compiuti dal regime siriano. Il leader giapponese ha infatti dichiarato di aver garantito agli Stati Uniti il sostegno di Tokyo per quanto concerne la proliferazione e l’uso delle armi chimiche.


AFRICA 7 Giorni in 300 Parole ERITREA 13 aprile. La Commissione per i Confini di Eritrea ed Etiopia (EEBC) ha ufficialmente comunicato la sua decisione per la demarcazione dei confini tra i due Stati. A seguito del comunicato però, le tensioni tra i due Paesi sono rimaste alte e l’Unione Europea, preoccupata per quanto riguarda i possibili risvolti di queste tensioni sulla politica dei migranti, ha offerto il suo sostegno nel processo. NIGERIA 12 aprile. Il governo nigeriano ha dichiarato di aver sventato i piani del gruppo terroristico di Boko-Haram diretti al compimento di attentati alle ambasciate di USA e Gran Bretagna. 13 aprile. Il governo nigeriano afferma di proseguire i negoziati con Boko-Haram per il rilascio delle studentesse di Chibok rapite nel 2014. Di 300 ragazze rapite, 195 risultano essere ancora nelle mani dei terroristi. SENEGAL 13 aprile. Nel villaggio di Medina Gounass, nel sud est-del Paese, durante un ritiro spirituale di musulmani, un incendio scoppiato improvvisamente ha causato 20 vittime. Le fiamme, come riportato dal porta voce del governo, si sarebbero innalzate nel villaggio a causa del forte vento che ha interessato la regione nei giorni scorsi. Ogni anno nel villaggio accorrono fedeli dal Senegal e da altri Paesi africani.

SOMALIA

L’AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE PUO’ SALVARE IL LAGO CIAD

La sua scomparsa è l’origine dei problemi nella zona del Sahel

Di Sabrina Di Dio A partire da settembre 2015, i Paesi membri dell’ONU si sono impegnati nel perseguimento di 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs). È stata ribadita l’importanza dell’interdipendenza fra questi goals: povertà, cambiamenti climatici, terrorismo e migrazioni sono tutti fenomeni connessi fra di loro, e per dimostrarlo è stata esaminata la situazione del Sahel. Il Sahel, che si estende appena sotto il deserto del Sahara e attraversa l’Africa dal Mar Rosso all’Oceano Atlantico, è la zona del mondo maggiormente sottoposta a stress climatici e degrado delle terre. Il lago del Ciad si trova all’interno di quest’area, al confine con Ciad, Camerun, Niger, Nigeria. Negli ultimi 50 anni le dimensioni del bacino idrico si sono ridotte del 90%. A causa della desertificazione, molti contadini non hanno più potuto condurre la loro attività e sono dovuti migrare verso i centri urbani. Solitamente si recano a Lagos, capitale nigeriana nota per le sue sterminate baraccopoli. Altrimenti, attraversano il Mediterraneo, rischiando di perdere la vita nel viaggio. Un’altra

possibilità

è

che

i

contadini si uniscano a cellule terroristiche, come quella di Boko Haram. L’organizzazione retribuisce i suoi soldati con 500 euro al mese e nasce proprio in prossimità del lago Ciad con lo scopo di impadronirsene e di controllare l’unica fonte idrica della zona. L’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile ha elaborato un piano per risolvere il problema alla radice. La zona del Sahel si sta prosciugando perché le precipitazioni sono spesso violente e concentrate in pochi giorni: il terreno arido non è in grado di assorbire l’acqua. Sarebbe sufficiente scavare piccoli solchi profondi 20 cm lungo i pendii del lago, e nel giro di qualche mese il deserto potrebbe rifiorire. Restituendo fertilità alle terre saheliane, gli agricoltori potrebbero tornare alle loro attività, e verrebbero disinnescate tutte le motivazioni che li portavano a legarsi alla criminalità o a migrare. Infine, grazie alla vegetazione capace di assorbire anidride carbonica e di attutire in parte l’effetto delle radiazioni solari, in questo modo si otterrebbe una riduzione delle temperature nell’area e quindi si eliminerebbe la fonte stessa dei problemi del Sahel, ovvero il cambiamento climatico.

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AFRICA 9 aprile. Nella capitale di Mogadiscio, un attentato terroristico ha causato la morte di 15 persone. L’attacco, subito rivendicato dai miliziani di al-Shabaab con un comunicato radio, sarebbe stato diretto verso il nuovo capo militare somalo Mohamed Irfid. L’attentatore avrebbe tentato di colpire il convoglio militare sul quale viaggiava il generale, avendo fallito, avrebbe preso di mira un Minibus di linea.

SUDAFRICA 12 aprile. A Johannesburg, la capitale del Paese, sono scesi in piazza decine di migliaia di manifestanti chiedendo le dimissioni del presidente Zuma, proprio nel giorno del suo 75° compleanno. Il Presidente, eletto nel 2009, è da mesi assediato dalle proteste che chiedono le sue dimissioni a causa degli scandali e delle accuse di corruzione mosse verso di lui in più occasioni. A cura di Francesco Tosco

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USA: LE PRIME NOMINE DELLA CASA BIANCA IN AFRICA

Le scelte di Trump definiscono le priorità americane per il Continente

Di Simone Esposito

presso l’Atlantic Council.

Si continua a speculare circa le politiche del nuovo Presidente statunitense in Africa.

Si prevede che il ritmo delle nomine possa rallentare ulteriormente lo sviluppo di una politica coerente nella regione. Dall’insediamento di Trump, l’amministrazione ha intrapreso poche iniziative di alto profilo in Africa, tuttavia, il focus sulla lotta al terrorismo indica come “l’Africa sia destinata ad occupare una posizione di primo piano”, scrive Pham in un report.

Le possibili nomine dei ruoli chiave nel continente sembrerebbero delineare un approccio che privilegi la sicurezza, in linea con il fermo impegno di Trump nella lotta al terrorismo. Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale alla Casa Bianca Herbert Raymond McMaster avrebbe infatti scelto Rudolph Atallah, ex Direttore del Pentagono per l’anti-terrorismo in Africa e Tenente Colonnello della U.S. Air Force, come Principale Assistente per l’Africa al National Security Council (NSC). A Robin Townley, già scelto dall’allora capo dell’NSC Michael Flynn, era stata negata la security clearance dalla CIA. Viene così confermata la tendenza ad optare per militari di carriera per le posizioni chiave di politica estera. Nessuna decisione circa l’Assistente del Segretario di Stato per gli Affari Africani. I nomi più gettonati sono quelli di Jeff Krilla, vice-presidente per gli affari governativi a Kosmos Energy, e Charles Snyder, un ufficiale dell’esercito in pensione. I trascorsi militari dei due potrebbero rivelarsi un vantaggio rispetto a Peter Pham, direttore dell’Africa Center

Lo scorso 30 marzo, il Pentagono aveva annunciato la revisione delle regole di ingaggio per le forze americane che in Africa orientale combattono contro alShabaab, legato ad al-Qaeda. La Casa Bianca ha presentato una proposta di bilancio che prevede un aumento di 54 miliardi di dollari per le spese militari. I fondi arriveranno da tagli al Dipartimento di Stato e agli aiuti esteri. Resta da vedere se Trump vorrà minare il supporto del Congresso alle politiche di sviluppo e di promozione della democrazia nel continente, un caposaldo delle ultime tre amministrazioni. L’approccio che gli Stati Uniti vorranno adottare potrebbe avere una considerevole influenza nel determinare l’immediato futuro dell’Africa.


SUD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole ARGENTINA 6 aprile. Convocato a Buenos Aires il primo sciopero generale della centrale sindacale CGT contro la politica economica del presidente Mauricio Macrì. BRASILE 11 aprile. Luiz Inácio Lula da Silva annuncia la sua candidatura presidenziale per le elezioni dell’ottobre 2018, poche ore dopo aver ricevuto un’accusa di corruzione, in seguito alle confessioni dell’imprenditore Marcelo Odebrecht, condannato a 19 anni di reclusione, nel caso Lava Jato. COLOMBIA 10 aprile. I militanti delle FARC hanno ucciso un soldato durante un attacco nel sudest del Paese, contravvenendo all’accordo di pace firmato con il governo a novembre. Altri quattro soldati sono rimasti feriti nell’attacco. 8 aprile. Il presidente Juan Manuel Santos, dopo la tragedia di Mocoa che ha lasciato più di 300 morti e 8.000 sfollati, dopo una visita al comune, dichiara di avviare un programma di ricostruzione e aiuti alle vittime: finora 4.668 famiglie sono state assistite in 7 rifugi, dove sono state distribuite 82 tonnellate di cibo e 70 tonnellate di acqua, per fronteggiare i danni all’acquedotto. CUBA 10 aprile. In visita il relatore speciale delle Nazioni Unite, Maria Grazia Giammarinaro, per compiere indagini sul traffico di persone, in seguito a 52 cause per sfruttamento della prostituzione e 90 per corruzione di minori nel 2015, collegati al traffico di esseri umani.

Lenín Moreno

alla guida dell’Ecuador

Il successore di Correa afferma la sua legittimità tra proteste e accuse di brogli

Di Daniele Pennavaria Dopo il ballottaggio dello scorso 2 aprile, al quale si era arrivati con un testa a testa nei sondaggi, è scoppiato il caso della vittoria di Moreno, sfavorito dagli exit poll ma confermato dai risultati ufficiali. L’avversario Guillermo Lasso ha fomentato le proteste dei suoi elettori, riunitisi a Quito e nelle principali città del paese. Le manifestazioni, guidate dallo sconfitto candidato vicepresidente Andrés Páez, sono continuate anche durante questa settimana, interessando in particolare la sede del Consiglio Elettorale Nazionale (CNE). Il CNE era peraltro già stato scenario di proteste e bersaglio delle critiche dell’opposizione per la sospetta lentezza delle comunicazioni e dei conteggi durante il primo turno elettorale, ed è stato il primo luogo in cui i sostenitori dell’opposizione si sono raggruppati in seguito alla pubblicazione dei risultati ufficiali. Cedatos, il centro statistico che dava Lasso vincitore, è stato messo sotto inchiesta per aver tentato di manipolare i risultati. Già prima del ballottaggio era stato accusato da Rosana Alvarado, presidente

dell’Assemblea Nazionale, di aver favorito il candidato dell’opposizione attraverso la falsificazione dei dati. Rafael Correa, presidente in carica fino all’insediamento del successore, si è espresso duramente contro Cedatos e i media, che secondo lui avrebbero assecondato un disegno orchestrato dall’opposizione. Spinto dalle proteste, il Consiglio Elettorale ha proceduto a un riconteggio dei voti, confermando i risultati del primo spoglio. Lasso ha apertamente criticato la legittimità del ballottaggio, arrivando ad affermare che anche se avesse voluto accettarne l’esito, non avrebbe potuto perché “un democratico non può rendersi complice di una frode”. Mentre parte del Paese rimaneva bloccata tra manifestazioni contro e a sostegno di Moreno, il presidente eletto ha iniziato a dare forma al suo governo. La prima dichiarazione, per scacciare i sospetti che sia un burattino di Correa, è stata di voler progredire rispetto alla precedente amministrazione. Per il momento, la principale sfida per la nuova Presidenza è di riuscire a portare avanti la “revolución ciudadana” assieme alla necessità di ridurre la spesa sociale.

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SUD AMERICA HAITI 12 aprile. Da un’inchiesta dell’agenzia di stampa AP, emerge un rapporto segreto delle Nazioni Unite che rivela che 134 Caschi Blu dello Sri Lanka erano coinvolti in un giro di prostituzione minorile ad Haiti; a fronte delle prove evidenti non è avvenuto , tuttavia, alcun arresto. MESSICO 10 aprile. Proteste della tribù Tohono O’odham, stanziata al confine con gli USA, in opposizione al muro voluto da Trump e al piano di sfruttamento di 66 ettari di saline in una zona ecologica. Nonostante il Ministero dell’Ambiente si sia mostrato contrario, l’autorizzazione alla fine è passata.

VENEZUELA 12 aprile. Manifestazioni contro il governo Maduro e scontri con la Guardia Nazionale dilagano in 5 Stati del Paese. Il bilancio è di 200 feriti nelle proteste degli ultimi giorni, in particolare il 6 aprile intorno all’Università di Valencia (Carabobo) e il 9 aprile a Caracas, in cui gli uffici del leader “antichavista” Henrique Capriles, sono stati incendiati. A Barquisimeto, capitale dello stato di Lara, ci sono stati 2 morti. A cura di Giulia Botta 16 • MSOI the Post

LA PRIMERA HUELGA CONTRA MACRI Lo sciopero ha immobilizzato Buenos Aires durante il Foro di Davos

Di Sara Ponza L’Argentina si trova a vivere un nuovo periodo di instabilità sociale. Si è spezzata la tregua tra il governo argentino e i sindacati peronisti: non sono più soltanto i calciatori delle serie minori a scendere in piazza, ma anche i maestri delle scuole e i grandi settori dell’impiego pubblico. La lampante dimostrazione della situazione precaria si è manifestata il 6 aprile, giornata in cui la capitale argentina ha vissuto contrasti quasi paradossali: mentre il presidente Mauricio Macri inaugurava l’edizione regionale del Foro Economico Mondiale, la metropoli di Buenos Aires appariva deserta e silenziosa, stonando con gli applausi a Macri e ancor di più con il rumore delle cariche della polizia che sgomberava i posti di blocco eretti dai manifestanti. Non si è trattato soltanto di una protesta causata dalle inevitabili conseguenze sociali della revoca di quasi tutte le sovvenzioni pubbliche, garantite dai precedenti governi Kirchner (l’annullamento del sussidio per l’energia elettrica, ad esempio, ha portato all’aumento del 500% dei costi delle bollette), ma di una vera e propria rottura politica tra i sindacati

peronisti e il Presidente, il primo capo di Stato argentino non peronista dai tempi del socialista Raúl Alfonsìn (19831989). Inutili gli sforzi compiuti fino ad oggi da Macri per ingraziarsi gli esponenti dei sindacati, dalle trattative con i deputati e senatori peronisti alle relazioni politiche con Hugo Moyano, capo del potentissimo sindacato dei camionisti. Il clima politico, inoltre, è stato ravvivato dalle imminenti elezioni legislative di ottobre e dalla conseguente lotta interna nell’opposizione macrista. Benché il settore imprenditoriale sia ancora dalla parte del governo, la politica di riduzione della spesa ha duramente colpito la classe medio-bassa metropolitana, determinante per l’elezione di Macri alle ultime presidenziali. La situazione è aggravata dall’aumento della povertà, confermato dagli istituti di statistica: le stime sono di 13 milioni di poveri in un paese che conta 42 milioni di abitanti. È inoltre preoccupante l’aumento generale dei prezzi, tanto è vero che l’inflazione è tornata ai livelli del 2002, anno successivo alla peggior crisi economica della storia argentina.


ECONOMIA UNA SECONDA VITA PER LA PLASTICA Troppo preziosa per diventare un rifiuto

Di Ivana Pesic Parlando di marine litter si fa riferimento a qualunque materiale solido persistente di origine antropica, che viene scaricato accidentalmente o deliberatamente in mare o lungo le coste. Si tratta di uno dei più tristi fenomeni di alterazione dell’ecosistema: secondo uno studio pubblicato sulla rivista Science, se l’attuale tasso di immissione di rifiuti rimanesse costante, entro il 2050 il peso della plastica marina in mare eguaglierà quello della biomassa della fauna ittica. È proprio di plastica, infatti, ad essere composto il 95% della marine litter. Tra le cause principali, la cattiva gestione dei rifiuti urbani da parte dei Comuni, a cui si aggiungono l’abbandono consapevole da parte dei cittadini e le attività produttive, tra cui la pesca, responsabile da sola del 46% dei rifiuti monitorati. Questo, uno tra i tanti motivi a rendere cruciale il ruolo di una buona raccolta differenziata, di un pronto sviluppo della filiera del riciclo e una puntuale sensibilizzazione dei cittadini. L’Unione Europea ha stilato una lista di obiettivi, la cui adozione potrebbe portare, grazie all’aumento del riciclo

dei rifiuti e del packaging e alla diminuzione delle discariche, ad un taglio del 35% della marine litter, nonché ad un taglio dei costi di circa 168 milioni di euro all’anno. Infine, si potrebbero creare nel settore 867 mila posti di lavoro in più - di cui 190 mila solo in Italia entro il 2030. Cifre da non sottovalutare. Nello specifico, se nei Comuni si aumentasse il riciclo dei rifiuti, secondo la ricerca Althesys del 2014, in dieci anni i vantaggi per la collettività si tradurrebbero in oltre 7 milioni di tonnellate di CO2 in meno nell’aria, 3.3 milioni di tonnellate di imballaggi recuperati, una sensibile riduzione del ricorso alle discariche (nel 2015 lo 0,8%), 668 milioni di euro di fatturato derivante dalla vendita di materia prima recuperata, e, infine, un indotto industriale stimato in 3 miliardi di euro. Come affermato da Rossella Muroni, presidente di Legambiente, l’Italia sta vivendo un nuovo protagonismo in questo settore, ma, “per garantire la crescita e lo sviluppo di questo settore innovativo, è necessario offrire una prospettiva certa, attraverso un quadro normativo chiaro e trasparente e controlli per promuovere l’innovazione, riconoscendo il valore della

materia prima seconda come bene prezioso per il mercato e non più come materiale di scarto”. Non pochi sono gli incentivi volti a favorire una positiva evoluzione in tale direzione: Corepla, oltre a mettere a disposizione delle aziende trasformatrici materie prime e seconde di qualità a costi inferiori rispetto al vergine (fattore di competitività), nel 2016 ha riconosciuto ai Comuni 279 milioni di euro a copertura dei maggiori costi di raccolta differenziata. Tuttavia, sebbene nel 2016 i risultati della raccolta siano stati promettenti (960.000 tonnellate, con un incremento del 6,9% rispetto al 2015), “solo” 550 mila sono state le tonnellate riciclate da Corepla. Se lo 0,8% del totale è finito in discarica, le rimanenti 400 tonnellate sono state devolute a recupero energetico. Dovrà, quindi, essere pensata anche una soluzione a tale situazione, in quanto pare insensato che in seguito ad operazioni costose quali raccolta e selezione, tali moli di materia vengano bruciate. Tanto varrebbe termovalorizzarla prima, oppure, favorirne il riciclo, magari stanziando gli stessi incentivi finora destinati proprio ai termovalorizzatori. MSOI the Post • 17


ECONOMIA LA LETTERA AGLI INVESTITORI DI LARRY FINK

Le minacce e le opportunità del futuro: longevità, educazione finanziaria e big data

Di Edoardo Pignocco Prima di enucleare il contenuto della lettera, è opportuno chiarire fin da subito chi è Larry Fink. Laurence Fink è il passato, il presente e, probabilmente, il futuro del colosso americano dell’asset management Blackrock, società numero uno al mondo per quanto riguarda la gestione del capitale raccolto. 5100 miliardi di dollari in gestione. Una responsabilità enorme per il Chief Executive r Office e Chairman Larry Fink, che deve affrontare ogni giorno tante sfide, fra le quali di fondamentale importanza è la previsione degli andamenti futuri. È da sottolineare come Fink sia uno dei pochi superstiti della crisi finanziaria del 2008, insieme a Jamie Dimon, leader di JP Morgan & Chase, a dimostrazione della forza di questo personaggio. Chi avesse letto il libro “Too Big To Fail” di Andrew Ross Sorkin si potrebbe accorgere di come Fink sia sempre presente dietro la trama principale delle banche d’investimento, nonostante le difficoltà generali a gestire il tracollo finanziario. Nell’ultima lettera agli investitori di Blackrock, Fink si è soffermato molto, a proposito del futuro, sulla maggiore longe18 • MSOI the Post

vità del genere umano. Infatti, secondo l’Institute Max Planck e l’Università della California, il 50% dei bambini con più di dieci anni potrebbero superare i cento anni di vita, grazie alle migliori condizioni di vita rispetto a quelle passate. Per tale ragione, l’AD di Blackrock ha intravisto enormi potenziali vantaggi, fra cui l’aumento dei consumi e, di conseguenza, l’incremento del potere di spesa globale. Tuttavia, questo fatto presenta anche delle minacce, come il dover lavorare più a lungo; fenomeno, fra l’altro, a cui si sta già assistendo. In relazione a questo tema, sono due gli aspetti cruciali individuati da Fink: il passaggio da una pensione tradizionale (previdenziale) a integrativa; la sostituzione del personale in favore dei big data. Per quanto concerne il primo punto, secondo Fink, è fondamentale un’adeguata educazione finanziaria, senza la quale non si sarebbe pronti a tale cambiamento. Infatti, si passa da contributi gestiti dal datore di lavoro al controllo individuale della propria pensione. E, di conseguenza, con che criteri di scelta avverrebbe l’allocazione dei risparmi? Non è un caso che anche in Italia, tramite le figu-

re di Banca d’Italia e Consob, si stia cercando di promuovere sempre più l’importanza del ruolo della finanza nella società odierna. Basti tenere conto che, per legge, se una persona priva di cultura finanziaria volesse comprare un derivato “esotico”, la banca in questione è obbligata a rifiutarsi di accettare la richiesta del cliente, al fine di salvaguardare i suoi risparmi. Anche se questo spesso non avviene (vedasi il caso delle quattro banche fallite). Negli Stati Uniti, invece, il tema della finanza è molto più sentito, rispetto all’Italia, dal momento che il 40% circa dei cittadini statunitensi possiede delle azioni. In relazione al secondo punto, la questione concerne il dibattito classico “uomo versus robot”, che non verrà approfondito in tale sede. Più interessante è, semmai, il fatto che poco prima di scrivere queste parole, Fink abbia licenziato decine di money management, sostituiti dall’intelligenza artificiale dei big data. Il motivo? I clienti diventano sempre più esigenti sul rendimento e sul prezzo delle commissioni applicate. Di conseguenza, il taglio si rivelato, secondo il numero uno di Blackrock, necessario, con un risparmio in bilancio di ben 30 milioni di dollari.


ONE ARCTIC

The SIOI international youth simulation of the Arctic Council

La SIOI, in partnership con la missione diplomatica degli Stati Uniti d’America in Italia, ha il piacere di presentare la prima simulazione giovanile del Consiglio Artico, che avrà luogo a Roma dal 2 al 5 maggio presso la SIOI e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Il Consiglio Artico, nato nel 1996, è un forum internazionale che mira a sviluppare la cooperazione e l’interazione tra gli Stati della regione artica, le comunità indigene e le organizzazioni internazionali su alcuni dei più controversi temi, come lo sviluppo sostenibile e la protezione ambientale. La centralità dei temi e l’importanza di questi nelle attuali agende politiche spingono non solo gli stati della regione, ma anche stati non artici e organizzazioni internazionali a farne parte come membri osservatori.

La simulazione si articola in più fasi, che riflettono la struttura del Consiglio Artico. Al primo livello troviamo i working groups. Essi sono divisi per tema (ad esempio: la gestione dei rifiuti pericolosi, le condizioni di vita delle popolazioni indigeni, lo sfruttamento sostenibile dell’oceano) e sono composti da un delegato per ogni Paese dell’artico (più i delegati delle popolazioni indigene e di altri membri osservatori). Il compito dei working groups è produrre un report che includa anche raccomandazioni di policy. Questi documenti passeranno poi l al Senior Arctic Officia (SAO), la seconda fase della simulazione, durante il quale quattro membri della stessa delegazione dovranno lavorare insieme per rappresentare gli interessi del proprio Stato o organizzazione. La fase finale è il ministerial meeting, durante il quale ogni

delegazione nominerà al proprio interno uno speaker che farà le veci del Ministro degli Esteri del Paese rappresentato oppure, nel caso dei membri non statuali, farà da rappresentante. La particolarità di One Arctic rispetto al classico Model United Nations sta dunque nella possibilità dei partecipanti di svolgere più di un ruolo, riuscendo tra negoziati e dibattiti a formulare proposte che mirino ad accrescere la consapevolezza dell’importanza strategica e della vulnerabilità della regione e promuovano un utilizzo efficiente e sicuro delle risorse artiche, il tutto riuscendo a comporre i vari interessi in gioco. Solo chi dimostrerà le proprie capacità oratorie, di mediazione e di leadership verrà premiato come Best Delegate. Per maggiori informazioni il sito romunsioi.org è a vostra disposizione. Follow the Arctic Fox!

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LA SIOI SULL’ARTICO Cronache da Arkhangelsk

Di Andrea Alesiani Dal 27 marzo al 2 aprile ho avuto l’opportunità di rappresentare la SIOI al forum internazionale Arctic: Made in Russia tenutosi nella regione di Arkhangelsk, nella parte occidentale dell’Artico russo. L’evento, alla sua terza edizione, ha riunito circa 160 studenti e giovani professionisti russi insieme a una ventina di giovani provenienti in larga parte da Paesi artici o da Paesi osservatori, come l’Italia. Obiettivo: da un lato sensibilizzazione, dall’altro ricerca di talenti. Il forum si svolgeva in un vero e proprio campo artico, a più di 30 chilometri dalla città di Arkhangelsk (che a sua volta è a 22 ore di treno da Mosca). Parte della giornata era dedicata a incontri e lezioni con ospiti d’eccezione. Tra Ministri, “eroi dell’Unione Sovietica”, rappresentanti di Gazprom ed esploratori polari, nessun tema è stato tralasciato: dallo sviluppo del settore energetico alla sostenibilità e la protezione dei popoli 20 • MSOI the Post

indigeni (cui alcuni partecipanti appartenevano). Il fulcro del forum era però una competizione fra le squadre, una sorta di Hackathon con l’obiettivo di realizzare un progetto multidisciplinare e complesso che avesse al centro lo sviluppo delle principali zone strategiche (core zones) dell’Artico Russo. In palio, per il gruppo vincitore, delle prestigiose opportunità di lavoro presso ministeri o grandi imprese del settore artico. A rendere il tutto più complesso, per gli stranieri non russofoni, c’era la barriera linguistica: solo una piccolissima porzione dei partecipanti russi parlava inglese e le nostre possibilità di comunicazione e comprensione durante il lavoro del gruppo erano estremamente ridotte, essendo sempre costretti a passare per un interprete. Dopo 5 giorni (e nottate) di lavoro, i progetti – frutto della collaborazione fra ingegneri, esperti di ambiente, oceanologi,

economisti e giuristi – hanno visto la luce e sono stati presentati di fronte a una giuria d’eccezione. Il nostro progetto si è aggiudicato il secondo posto e il voto del governatore della regione di Arkhangelsk. Tutti i partecipanti internazionali, il cui lavoro è stato lodato unanimemente, sono inoltre stati premiati con il diritto a pubblicare un articolo a titolo individuale in un journal russo e con l’invito ufficiale a un prestigioso forum internazionale che si terrà a Sochi ad ottobre e ospiterà giovani da 150 Paesi. Interagire con gli internazionalisti russi mi ha fatto capire quanto ancora oggi questo tipo di attività sia rara (o comunque insufficiente) e quanto sia importante che si continui a promuovere questo tipo di iniziative, malgrado la complessità della situazione geopolitica. Invito caldamente i colleghi di MSOI a candidarsi per la quarta edizione dell’evento: decisamente un forum “diverso”. Ne vale assolutamente la pena.


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