MSOI thePost Numero 72

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Il Settimanale di M.S.O.I. Torino

corte penale internazionale 2002-2017 approfondimento a pagina 19


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MSOI Torino M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Elisabetta Botta, Segretario M.S.O.I. Torino

MSOI thePost MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di M.S.O.I. Torino, si propone come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulta riconoscibile nel mezzo di informazione che ne è l’espressione: MSOI thePost non è, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione. Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost 2 • MSOI the Post

N u m e r o

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EUROPA DUDA PONE IL VETO ALLA RIFORMA DELLA CORTE SUPREMA POLACCA

Veto a sorpresa sulle due leggi controverse. Duro colpo per il PiS

Di Giuliana Cristauro Il capo dello Stato polacco Andrzej Duda ha posto il veto alla controversa riforma giudiziaria del governo nazional conservatore che detiene la maggioranza assoluta. Le leggi sulla Corte suprema e sul Consiglio nazionale, infatti, avrebbero messo a rischio l’autonomia del potere giudiziario violando così un valore costitutivo della democrazia e dei Trattati dell’Unione europea. Decidendo di porre il veto, lunedì 24 luglio, il presidente Duda ha inflitto un duro colpo al suo partito e soprattutto al leader storico del PiS (il partito di Governo) Jaraslow Kaczyński. È la prima volta dalla sua elezione nel 2015 che Duda si oppone alla politica diKaczyński, presidente di Diritto e Giustizia,che nonostante non rivesta ufficialmente alcuna funzione è considerato il vero leader del Paese. La maggioranza ultraconservatrice aveva fatto della riforma l’emblema della lotta contro quello che aveva definito un “sistema giudiziale postcomunista”. Il pacchetto di leggi era stato confezionato nell’ultima sessione parlamentare prece-

dente alla pausa estiva a dispetto delle opposizioni europeiste, del movimento giovanile e dei moniti della Commissione europea. Ma il presidente Duda ha placato le tensioni annunciando in una conferenza stampa l’intenzione di non firmare le due leggi, considerate dall’opposizione un “colpo di stato” perché giudicate incompatibili con il principio della separazione dei poteri su cui si basano le democrazie europee. Nella sua solenne allocuzione il Presidente ha criticato severamente le leggi votate dalla maggioranza asserendo che «nella Costituzione e nella tradizione giuridica polacca, il ministro della Giustizia non ha mai avuto alcun controllo sulla Corte suprema. Questa misura non è mai stata parte del programma elettorale del PiS». Infatti secondo la riforma i giudici avrebbero dovuto essere indicati dal ministro della Giustizia, che, ricoprendo anche la carica di Procuratore generale, detiene già dei superpoteri. Duda ha poi precisato che il suo ufficio si occuperà di preparare un nuovo progetto di legge nell’arco di due mesi.

Il Presidente ha anche colto l’occasione per lanciare un appello alla pace sociale rivolto alle forze di governo guidate da Kaczyński, alle opposizioni, al Comitato di difesa della democrazia e ai movimenti giovanili europeisti a seguito delle proteste che si sono protratte per ben otto giorni e che hanno coinvoltodecine di migliaia di dimostranti riuniti nelle piazze delle principali città polacche. L’appello di Duda arriva per la prima volta da quando il PiS è al governo come atto di consapevolezza nei confronti dei dimostranti. In questo arco di tempo il PiS è riuscito ad approvare una legge restrittiva sui mezzi di informazione, proporre un divieto quasi totale sulle interruzioni di gravidanza (ritirato dopo grandi proteste) e ad appoggiare una riforma della Corte Costituzionale così sbilanciata da indurre la Commissione europea a intervenire minacciando di sottrarre il diritto al voto ai politici polacchi in ambito europeo. Dietro tale intransigenza del Governo, secondo alcuni osservatori, potrebbe celarsi la figura di Kaczyński. MSOI the Post • 3


EUROPA BREX-IN

Il governo inglese detta la linea per la tutela dei diritti dei cittadini UE

Di Simone Massarenti “Una priorità”, così Jill Morris, ambasciatrice UK in Italia, ha definito la questione della tutela dei diritti dei cittadini UE già residenti nel Regno Unito. In attesa di un accordo di carattere puramente politico, il governo guidato da Theresa May sta costruendo la transizione verso la Brexit attraverso la tessitura di una fitta rete che permetta ai cittadini europei di continuare a godere dei propri diritti anche dopo il distacco di Londra dall’istituzione di Bruxelles. In una interrogazione di fronte al Comitato del Senato relativo alle questioni degli italiani all’estero la rappresentante di Downing Street ha affermato come “il Regno Unito, per i cittadini UE già residenti nel Paese, si impegnerà per far sì che essi continuino a godere dei diritti acquisiti attraverso lo status di cittadino britannico”. La regolazione di questi rapporti sarà tutelata dalla Corte Britannica e dalla legge inglese, nonché dal Trattato Internazionale UK-UE in fase di lavorazione. 4 • MSOI the Post

I cittadini che godono già della residenza permanente in Gran Bretagna continueranno a poter usufruire di tutti i servizi garantiti dallo Stato ai cittadini; mentre coloro i quali che dopo i 5 anni non abbiano ancora raggiunto la residenza permanente, verranno tutelati col cosiddetto settled status, attraverso il quale potranno continuare a svolgere le proprie attività nel Paese. Tutto ciò verrà favorito dall’accesso all’anagrafe degli italiani all’estero, cosicché le autorità britanniche possano costantemente monitorare i flussi in entrata e in uscita. Riguardo alla mobilità, i residenti permanenti potranno continuare a viaggiare liberamente, a patto che il periodo di assenza dalla Gran Bretagna non superi i due anni continuativi. Questo permetterà ai cittadini già “residenti” di non subire troppo l’onda d’urto del divorzio fra UE e UK. A tal proposito inoltre, l’ambasciatrice Morris ha rassicurato tutti circa il riconoscimento dei titoli di studio, chiarendo come “i titoli di studio acquisiti in paesi stranieri saranno riconosciuti in UK affinché tutti possano accedere in egual modo al mondo

del lavoro”. La richiesta più importante del Regno Unito è però quella relativa alle dispute fra le Corti inglesi e i cittadini stranieri residenti nel Paese: mettere nelle mani di un tribunale internazionale tutte le controversie. La domanda nasce dall’esigenza di tutelare la propria posizione giuridica, ponendo un arbitro super partes che tuteli ambedue le posizioni nel rispetto delle norme che verranno sottoscritte nel trattato fra le due istituzioni. Soddisfazione da parte del governo di Theresa May che, proseguendo sulla linea dettata già mesi orsono, si dice pronta ad una apertura totale, al fine di rendere questo biennio di transizione costruttivo. Fiducia arriva anche da Bruxelles, dove il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, critico in aprile circa la “leggerezza delle dichiarazioni della premier britannica”, si è detto felice per i passi avanti fatti, auspicando un proseguo dei negoziati volto alla realizzazione di un trattato bilaterale che tuteli gli interessi delle due istituzioni.


NORD AMERICA OBAMACARE STANDS STRONG AGAINST REPEAL The Affordable Care Act survives the conservative vote

reasonable healthcare programme. So why does president Donald President Donald J. Trump is putting Trump want to repeal it? the “electoral promises puzzle” together and as expected he’s moving The answer to this question has in towards repealing the Patient nothing to do with an actual and Protection and Affordable Care innovative healthcare programme. Act, also known as Obamacare. This In fact, the main reason for the programme was signed into law by Republicans in wanting to repeal former president Barack Obama in Obamacare is the “Balanced Budget 2010 and it quickly became the U.S. goal” of 2027. The government aims most significant regulatory overhaul to have a surplus of $9 billion starting and expansion of coverage in the from an expected $472 billion deficit in 2018. Currently, Obamacare is healthcare system. estimated at a net cost of $1.207 With Obamacare, all Americans trillion by 2025. What the government should be insured on healthcare or wants to achieve is a cut of $203 must pay a penalty of 2.5 per cent billion in “mandatory programmes”. of their income. Furthermore, firms These programmes are guaranteed by consisting of 50 or more workers law, exactly like sanitary assistance must offer healthcare programmes for the elderly and the poor. or they will be fined. On this point, Canceling Medicare and Medicaid the “Better Care Reconciliation would mean losing healthcare for Act” sponsored by the Senate approximately 105 million people would seize the existence of both throughout the United States. Obamacare measures. As far as taxes are concerned, Obama has On Tuesday, the Senate voted to increased them on “Medicare” and begin the debate on a bill to repeal pharmaceutical companies and the major provisions of the Affordable democratic reform overall increased Care Act, but hours later, Republican sanitary coverage for the poor leaders suffered a setback when their (Medicaid), as its goal was to gather most comprehensive plan to replace more families with lower income. Obamacare fell far short of the votes At first glance, it would appear as a it needed. The Tuesday night tally By Kevin Ferri

needed to reach 60 votes to overcome a parliamentary objection. Instead, it fell short of the objective as the result was 43 in favour to 57 against. The fact that the comprehensive replacement plan came up well short of even 50 votes was a sign for Republican leaders still seeking a formula to pass final health care legislation this week. Republicans were lucky enough though to reach a 51 to 50 vote to at least start the debate, with vice president Mike Pence being determinant in the vote. It provided an initial win for President Trump, who pushed and threatened senators in recent days to at least begin debating the repeal of the healthcare law. “Any senator who votes against repeal and replace is telling America that they are fine with the Obamacare nightmare.” Trump said at a rally in Youngstown, Ohio. “And I predict they’ll have a lot of problems.” Trump did not specify what those “problems” would be. He has previously made a joking reference to at least one senator, Republican Dean Heller of Nevada, losing his seat if he does not support Obamacare replacement efforts. MSOI the Post • 5


NORD AMERICA PETROLIO, GAS E INDIGENI

La Corte Suprema canadese pronta a emettere sentenza su risorse naturali in territori indigeni

Di Leonardo Veneziani Fin dai tempi delle grandi esplorazioni, le Americhe sono state spesso teatro di numerosi scontri fra i locali e gli avventori d’oltreoceano. Ancora oggi tali scontri persistono, seppur non in maniera violenta: nell’epoca moderna, spesso gli interessi dello Stato e delle popolazioni indigene, nel continente americano, non coincidono. E altrettanto frequentemente non sono minimamente conciliabili. Già dagli anni novanta, tanto in Canada quanto negli Stati Uniti, svariate sentenze in diversi gradi di giudizio sono state pronunciate sul rapporto fra interessi statali, risorse naturali e diritti delle popolazioni indigene. Non è neanche la prima volta per la Corte Suprema canadese: basti pensare al caso Tsilhqot’in Nation v British Columbia, che ha creato una giurisprudenza tuttora rispettata. In genere, il contenzioso ha riguardato lo sfruttamento di risorse naturali che si trovano in quei territori dello Stato che, ad un tempo, sono riconosciuti appartenenti alle popolazioni indigene e ai loro discendenti. Il 26 luglio 2017, la Corte Suprema canadese ha annunciato che emetterà 6 • MSOI the Post

sentenza su un caso analogo. I giudici, infatti, dovranno decidere se è stato rispettato il dovere di consultazione delle comunità indigene da parte del National Energy Board, l’ente incaricato di vigilare su aspetti internazionali e interregionali dell’approvvigionamento energetico tramite petrolio, gas, elettricità e altre fonti di energia. La Corte dovrebbe pronunciarsi su due diversi casi, entrambi riguardanti progetti di infrastrutture per il trasporto di petrolio e gas: uno da realizzarsi nella regione del Nunavut, l’altro nell’Ontario sudoccidentale. Per quanto riguarda il Nunavut, l’Inuit Hamlet of Clyde River ha contestato il via libera garantito a un consorzio di compagnie di petrolio e gas per quanto riguarda la ricerca di nuovi depositi e giacimenti nella Baia di n Baffi e nello Stretto di Davis, entrambe adiacenti a due zone in cui la popolazione Inuit si vede garantita dallo Stato la propria incolumità. In Ontario sud-occidentale, invece, la popolazione dei Chippewas del Thames First Nation ha chiamato in causa il National Energy Board e la sua decisione di concedere

all’azienda Enbridge di aumentare la portata della propria infrastruttura e pipeline, che passa proprio attraverso il territorio Chippewas. Entrambe le comunità hanno dimostrato durante il processo che, sebbene siano state ascoltate le loro ragioni dal National Energy Board, non ci fosse stata alcuna consultazione con il Ministero degli Affari Indigeni, necessaria per l’approvazione finale di entrambi i progetti. Tra i vari nodi che la sentenza della Corte Suprema del Canada dovrà sciogliere, una specifica questione sembrerebbe essere decisiva, ossia se il National Energy Board possa attivare il Crown duty to consult, se la Corona (e quindi lo Stato) possa fidarsi delle consultazioni del National Energy Board e, in caso di risposta affermativa, se tali consultazioni possano considerarsi regolari e valide ai fini dell’approvazione di entrambi i progetti. La portata di questa sentenza non si limiterà certamente ai due casi in esame, ma influenzerà in modo determinante anche tutte quelle controversie analoghe che potranno sorgere in futuro.


MEDIO ORIENTE LA SPIANATA DELLE MOSCHEE: IL LUOGO SACRO CHIUSO AI FEDELI Proteste trasformatesi in battaglie. Israele toglie i metal detector ma i controlli aumentano

Di Maria Francesca Bottura Un clima di tensione con epicentro a Gerusalemme si respira da giorni in Medio Oriente. Tensione che è nata e si è evoluta in scontri violenti dopo l’installazione di metal detector agli ingressi della Spianata delle Moschee, vietando l’ingresso ai fedeli sotto i 50 anni di età. La Spianata delle Moschee è uno dei luoghi più sacri per i fedeli, il terzo per importanza (dopo La Mecca e Medina): vi è situata la Cupola della Roccia, una costruzione che ospita la sporgenza rocciosa dove, secondo i credenti musulmani, il profeta Maometto sarebbe asceso al cielo e, in concomitanza con le credenze ebraiche, dove il patriarca Abramo avrebbe “quasi” sacrificato suo figlio Isacco. Un luogo, quello della Spianata, che riunisce tre religioni: ebraica, cristiana e musulmana. Poco più in basso rispetto alla Cupola della Roccia, si trova il Muro del Pianto, luogo di culto per gli Ebrei, mentre poco più distante è situata la Basilica del Santo Sepolcro. La zona, ricca di sacralità, dal 1967 (data che coincide con la fine della Guerra dei Sei Giorni)

è sotto il controllo di Israele.

nia, dove è rimasto coinvolto un agente di sicurezza israeliano. Una decisione, quella di aumen- L’incidente in questione sarebtare la sicurezza, che agli occhi be avvenuto in un appartamento dei fedeli palestinesi è risultato vicino all’ambasciata, dove un come un tentativo di incre- manovale, che aveva il compito mentare i poteri di Israele di sostituire il mobilio, avrebsulla Spianata. Tuttavia, la spie- be colpito, non in modo fatale, gazione ufficiale si trovereb uno degli agenti presenti. Il colbe nell’omicidio di due poliziotti po inferto avrebbe poi condotto israeliani nella Città Vecchia da alla rapida risposta dell’agente parte di alcuni assalitori palesti- e alla morte del suo assalitore e nesi (uccisi durante lo scontro). del proprietario dell’immobile, La situazione è degenerata du- deceduto per le ferite riportate. rante una preghiera di protesta, Secondo la stampa, la decisione la quale durava da una settima- presa da Israele in merito ai ferna e che si sarebbe trasformata rei controlli nella Città Vecchia in una vera propria battaglia tra sarebbe stata ricompensata dal i tremila protestanti e i cinque- rimpatrio dell’agente rimasto mila agenti in tenuta anti-som- coinvolto ad Amman. mossa. Tra i dimostranti ci La direzione di Pubblica Sicusarebbero circa quattrocento fe- rezza giordana ha poi annunriti e tre morti, immediatamen- ciato che la sparatoria avvenuta te seppelliti per evitare che ne fuori dall’ambasciata sarebbe venissero prelevati i corpi dalle nata da una lite riguardo il ritarforze dell’ordine. do di una consegna. La delicata situazione potrebbe migliorare dopo la notizia riportata dalla stampa locale, secondo cui il presidente Netanyahu avrebbe deciso di togliere i metal detector per sostituirli con telecamere “a tecnologia avanzata”. Una decisione presa dopo l’attacco avvenuto all’ambasciata ad Amman, in Giorda-

Alla Spianata delle Moschee rimarranno alcuni metal detector per almeno sei mesi, mentre quello situato presso la Porta dei Leoni (il più contestato) è già stato tolto. Nel frattempo il numero degli agenti di sicurezza aumenterà drasticamente fino all’installazione delle nuove misure.

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MEDIO ORIENTE IL NUOVO IRAQ HA BISOGNO DELL’IRAN L’ultimo accordo militare e le relazioni tra i due Paesi

Di Sofia Ercolessi A quasi 30 anni dalla fine della sanguinosa guerra tra Iraq e Iran, i due Paesi hanno firmato domenica 23 luglio un nuovo accordo di cooperazione militare. La forma è quella del memorandum of understanding: un documento non vincolante, ma garanzia di una comune volontà tra le parti. In questo caso, riportano i media di Stato iraniani, l’accordo è per un’estensione della cooperazione contro il terrorismo e l’estremismo, che troverà spazio anche negli ambiti della sicurezza di frontiera e del supporto logistico, tecnico e militare. Una collaborazione ad ampio spettro, quindi. Non è un caso che un’intesa di questo tipo sia stata raggiunta pochi giorni dopo la riconquista di Mosul da parte delle forze governative irachene, fatto che ha determinato la sconfitta militare del gruppo IS in Iraq. Il Paese si trova ora in una situazione molto precaria: numerose milizie armate contendono il potere al governo legittimo, il quale deve far fronte ai problemi della ricostruzione, tra cui una corruzione endemica, la gestione degli sfollati e la necessità di un piano a lungo termine contro l’estremismo. Di grande rilevanza sarà la que8 • MSOI the Post

stione delle minoranze, in particolare del popolo curdo, che gode già di una certa autonomia e ha annunciato un referendum per l’indipendenza a Settembre. Nel siglare l’accordo, l’Iran ha infatti sottolineato l’importanza della coesione tra i vari gruppi ed etnie presenti in Iraq, la cui frammentazione avrebbe permesso al gruppo Daesh di penetrare nel Paese. Se è vero che il fattore etnico-religioso ha avuto grande rilevanza in tutte le guerre recenti in Iraq, l’Iran ha particolarmente a cuore la coesione etnica del suo “vicino” per due fondamentali ragioni: la prima è il generico interesse a confinare con un Paese stabile, piuttosto che lacerato da divisioni settarie. La seconda è che l’esempio iracheno avrà un’influenza sui quattro milioni di curdi che vivono nel nord-ovest dell’Iran, e potrebbe accendere rivendicazioni indipendentiste. Il messaggio iraniano è quindi chiaro: cooperazione e supporto militari comportano delle garanzie politiche. L’accordo, in ogni caso, si inserisce in un quadro di relazioni piuttosto solide tra i due Paesi. I tempi della sanguinosissima guerra reciproca e del gelo diplomatico sono ormai lontani,

nonostante restino alcuni punti di contrasto. Le relazioni erano già migliorate dopo l’invasione americana dell’Iraq nel 2003 e la caduta di Saddam Hussein, che aveva portato all’instaurazione di un governo sciita, per poi consolidarsi dopo il ritiro definitivo delle truppe americane, nel 2011. Più di recente, nel febbraio di quest’anno, i due Paesi hanno siglato un accordo di cooperazione energetica, che prevede il transito del greggio iracheno in Iran, la creazione di giacimenti comuni nelle zone di confine e la lavorazione in Iran di parte degli idrocarburi iracheni. Sembra quindi che la ricostruzione dell’Iraq subirà una notevole influenza iraniana. Questo, probabilmente, sarà motivo di preoccupazione per gli Stati Uniti: gli analisti concordano nel prevedere una reazione di disapprovazione al memorandum militare, soprattutto alla luce della posizione assunta nei confronti dell’Iran dal presidente Donald Trump. Forte critico dell’accordo sul nucleare, nel suo primo viaggio in Medio Oriente il Presidente aveva duramente descritto la potenza mediorientale come forza destabilizzante della regione.


RUSSIA E BALCANI IL GASDOTTO CHE DIVIDE L’EUROPA

Il progetto del nuovo gasdotto Nordstream 2 attrae pareri discordanti e solleva dubbi

Di Giulia Bazzano La Gazprom è pronta a raddoppiare la fornitura di gas alla Germania con un nuovo gasdotto, il Nordstream 2. Le ripercussioni della politica energetica di Mosca per l’Europa continuano a creare tensioni sulla scena politica internazionale, tanto che la notizia ha avuto eco anche oltreoceano. Gli Stati Uniti hanno infatti espresso il loro scetticismo, ribadendo ancora una volta la loro contrarietà al sempre più forte peso economico di Mosca. Per la Germania, Nordstream 2 ridurrà i costi dell’energia senza penalizzare altri Paesi. Per Washington invece, questa è semplicemente l’ennesima mossa del Cremlino per rafforzare la dipendenza dell’Europa nei suoi confronti in quanto il gasdotto creerebbe un forte legame energetico e commerciale tra Berlino e Mosca. Oltre agli Stati Uniti, sono state espresse perplessità e contrarietà all’interno dell’Europa, che più volte ha visto vere e proprie lotte senza esclusione di colpi per l’approvvigionamento energetico. Tra i contrari troviamo la Polonia, gli stati Baltici e parte della Commissione Europea. Secondo il parere di questi ultimi, il Nordstream 2 rappre-

senterebbe un vantaggio solo per la Germania, andando a penalizzare l’Europa orientale. Attorno a Nordstream 2, inoltre, ruotano i più svariati interessi economici: è appoggiato da diverse compagnie petrolifere, come l’anglo-olandese Shell o la francese Engie. Tuttavia, il progetto va chiaramente in direzione opposta all’obiettivo fissato dalla Commissione Europea di diversificare le fonti di energia in modo da garantire a tutti uguali possibilità di approvvigionamento. Infatti, la Gazprom si è dichiarata più volte pronta a scatenare una “guerra energetica”, seguendo motivazioni politiche e privando del gas determinati Paesi, costringendoli a scendere a compromessi. Ad oggi, la Russia rappresenta il 34 per cento delle importazioni di gas in Europa (raggiungendo anche percentuali più elevate per alcuni Paesi): alla luce di questo dato, l’obiettivo della diversificazione sembra più che mai lontano. Essendo la Gazprom anche di proprietà dello stato russo, un altro interrogativo riguarda il ruolo dell’Ucraina in quanto luogo di passaggio dei principali flussi di gas che dalla Russia arrivano nel vecchio continente. Infatti, Nordstream 2 permetterebbe di aggirare i gasdotti ucraini, privandola ancora una volta del

suo fabbisogno energetico e riaprendo negoziazioni in una posizione di vantaggio per Mosca. Dato l’equilibrio precario della regione e l’alta tensione tra le due Nazioni, l’ennesima discordia in campo energetico potrebbe creare ulteriori divergenze. Il sostegno tedesco al nuovo gasdotto potrebbe significare un cambiamento di posizione nello scenario geopolitico? La partecipazione della Germania a questo progetto implica inevitabilmente un tacito assenso alle eventuali complicazioni che ci sarebbero per Kiev. Da Berlino ribadiscono che l’impegno a fianco dell’Ucraina non cambierà, e che si sta semplicemente cercando di raggiungere risultati vantaggiosi per i cittadini e per le aziende tedesche. Va ricordato che due dei cinque maggiori investitori nel progetto del gasdotto sono tedeschi. Se l’Europa vuole attuare dei cambiamenti a livello energetico, deve però garantire che non ci siano disuguaglianze ed esclusioni dalla fornitura energetica. Utilizzare il rifornimento di gas come mezzo di scambio politico non è una strategia adeguata, specialmente oggi, con un Europa scossa da tensioni e cambiamenti, che deve dar prova della propria unità e stabilità. MSOI the Post • 9


RUSSIA E BALCANI IL PREZZO DEL SILENZIO

Nuovi appartamenti gratuiti a Baku per i giornalisti azeri

Di Elisa Todesco Era il 22 luglio 1875, quando in Azerbaijan apparve Akinchi, il primo quotidiano pubblicato in azero, la lingua ufficiale dell’Azerbaijan. La storia dell’Akinchi deve essere collegata al fermento economico e sociale che investì Baku nella seconda metà XIX secolo. Questo risveglio portò gli intellettuali dell’epoca ad attivarsi per donare all’Azerbaijan quello che ancora mancava: un apparato di stampa nazionale. Fu in particolare Hasanaby Zardabi, grande giornalista azero, ad agire: riuscì a ottenere il permesso dallo Zar di Russia di pubblicare un giornale, l’Akinchi appunto, che vide la luce fra il 22 luglio 1875 e il 29 settembre 1877, quando ne venne impedita la pubblicazione dal governo zarista. L’Akinchi rappresenta quindi il simbolo dell’indipendenza culturale e della libertà resa possibile dalla stampa e dal lavoro dei giornalisti. Date queste premesse, sembra più che naturale che l’Azerbaijan voglia ricordare questi pionieri della libertà di espressione accessibile a tutti, ed è quello che è stato fatto: nel 2010 è stata istituita la Giornata Nazionale della Stampa, celebrata annualmente il 22 luglio. E il 22 luglio 2017 non 10 • MSOI the Post

ha fatto eccezione: anche quest’anno il Presidente Aliyev ha celebrato la Giornata Nazionale della Stampa, elogiando il lavoro dei giornalisti azeri (“Il giornalismo azero si sta sviluppando e gioca un grande e positivo ruolo nella società [...] I giornalisti sono i miei aiutati”), e ribadendo il clima favorevole per la stampa in Azerbaijan (“Tutte le libertà, inclusa la libertà di parola sono rispettate in Azerbaijan”). Anzi, il Presidente è stato talmente contento dell’operato dei giornalisti nazionali da venire concretamente incontro ai loro bisogni: 255 fortunati reporter hanno ricevuto in dono uno dei nuovissimi appartamenti costruiti appositamente a Baku e dotati di tutti i comfort, compresa connessione internet ultraveloce. L’edificio, inaugurato proprio il 22 luglio, è stato costruito con fondi statali, ed è la seconda costruzione adibita a fornire abitazioni ai giornalisti. Se l’offerta di un appartamento è stata accolta positivamente da molti giornalisti (lo stipendio medio di un giornalista a Baku si aggira sui 300$ al mese, mentre per un appartamento sono necessari almeno 30.00050.000$) perché offrendo loro una casa li si rende davvero liberi di esercitare la professione, ci sono state molte critiche sia a livello nazio-

nale, sia internazionale. Già negli scorsi anni molti organismi internazionali (Freedom House, Reporters without Borders, Institute for Reporters’ Freedom and Safety) avevano criticato molto pesantemente l’idea di libertà di stampa presente in Azerbaijan, animata spesso dalla chiusura di giornali e blog ostili al governo e dall’arresto di giornalisti indipendenti, ultimo dei quali occorso proprio il 22 luglio. Dato che, tutt’oggi, l’Azerbaijan figura al 162esimo posto su 188 per libertà di stampa, l’offrire degli appartamenti gratuitamente ai giornalisti viene visto quindi come un modo per premiare i giornalisti fedeli al regime o per corrompere quelli più critici. “Come può un giornalista che riceve un appartamento dallo stato criticare le sue politiche non effettive?” commenta Aytan Farhadova. Dello stesso avviso anche Ricardo Gutiérrez, Segretario Generale dell’European Federation of Journalists, per il quale “I giornalisti ai quali sono stati dati degli appartamenti gratuitamente dal governo cadranno automaticamente sotto il controllo del governo. Non potranno pertanto essere considerati ancora giornalisti indipendenti”.


ORIENTE AUSTRALIA E AMERICA LATINA

Il COALAR, a sedici anni dalla sua introduzione

Di Luca De Santis

strategico elaborato dal COALAR. Questo documento, che ha valenza trimestrale, include piani annuali rivolti alle aziende e ne definisce le modalità di implementazione. Il piano, soggetto a revisioni almeno una volta ogni tre anni, dà inoltre attuazione alle direttive del Ministero degli Affari Esteri, garantisce la qualità di programmi e servizi forniti e monitora le spese dello stesso Consiglio.

I rapporti bilaterali tra Australia e America Latina sono regolati dal Council on Australia Latin America Relations (COALAR). Istituito dal governo australiano nel 2001, il Consiglio ha lo scopo di migliorare le relazioni economiche, politiche e sociali tra e due aree geopolitiche. Tra gli obiettivi principali per il futuro, figura in primis lo sviluppo di un legame più forte nei settori prioritari dell’istruzione, del turismo Quanto alle relazioni bilaterali, e della promozione culturale – come il principale obiettivo è quello di rafforzare i legami culturali e si legge nel Charter of COALAR. commerciali tra Australia e America Il Consiglio implementa – nell’ambito Latina. Le attività del Consiglio sono di un bilancio precedentemente pertanto incentrate sull’istituzione di approvato – piani strategici e partnership commerciali bilaterali, commerciali; attua le direttive ma anche sulla collaborazione emesse di volta in volta dai ministri nell’istruzione e nella ricerca, nel e monitora le spese del Consiglio settore del turismo e in ambito stesso. Il Consiglio è un organo sportivo. consultivo e non ha poteri esecutivi. Le elevate competenze sviluppate Nell’ambito della propria funzione dall’Australia nel settore delle e nel rispetto dei vincoli di bilancio, infrastrutture e dei servizi facilitano il Consiglio si pone l’obiettivo la nascita di partnership in questi di consultarsi quanto più sovente campi. Si tratta infatti di settori possibile con organizzazioni, imprese soggetti a una domanda crescente in e dipartimenti governativi interessati America Latina, che con lo sviluppo all’estensione delle relazioni tra della classe media assiste alla richiesta di assistenza sanitaria di più alto Australia e America Latina. livello; assume parallelamente Il Ministero degli Affari Esteri ha un’importanza sempre maggiore la il compito di approvare il piano tutela dell’ambiente.

Sono sempre più spesso australiane, inoltre, le imprese che si occupano della gestione integrata e sostenibile dell’energia, dell’acqua, dell’agricoltura e dell’attività mineraria, coordinando servizi e investimenti legati a ognuno di questi settori. Il rafforzamento dei collegamenti nell’istruzione e nella ricerca, nella cultura e nel turismo – nella visione del COALAR – permette di migliorare anche le relazioni politicodiplomatiche tra i Paesi coinvolti. Tra le attività chiave sviluppate dal piano triennale più recente figura in primis la collaborazione tra istituti d’istruzione e formazione latino-americani e australiani. Si è inoltre implementata la cooperazione biunivoca nel settore agricolo, energetico ed estrattivo in Paesi esterni alle due aree, in cui però Australia e America Latina affrontano sfide comuni. Uno degli ultimi obiettivi a cui si è rivolto il Consiglio riguarda il miglioramento dei collegamenti aerei tra l’una e l’altra zona – nell’intenzione di promuovere legami e scambi interculturali. A questo fine è inoltre in corso un processo che semplificherà la concessione di visti a chi si reca in queste aree geopolitiche. MSOI the Post • 11


ORIENTE BANGKOK: TRAFFICO DI VITE UMANE

Il processo sullo human trafficking tailandese si conclude in una serie di condanne

Di Carolina Quaranta Mercoledì 19 luglio, la Corte di giustizia di Bangkok ha condannato oltre 60 persone in quello che è stato uno dei più grandi processi in materia di dirittiumani della storia del Paese; i giudici hanno impiegato oltre 12 ore per giungere al verdetto finale. Tra i condannati anche alcuni a ufficiali della polizi della provincia e un ex generale dell’esercito, Manas Kongpan, che dovrà scontare una pena di 27 anni per traffico di esseri umani e partecipazione ad affari transnazionaliilleciti. La condanna riguarda il traffico di migranti Rohingya provenienti da Myanmar e Bangladesh – un mercato tristemente prospero per i trafficanti, che chiedono ingenti somme per aiutare i rifugiati ad oltrepassare i confini. Il generale Kongpan era stato arrestato nel 2015: la Tailandia, con questo atto, aveva iniziato ad esplicitarela volontà di bloccare il traffico di vite umane attraverso il Paese. Nonostante ciò, è da ricordare come il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti abbia inserito la Tailandia all’interno di una lista di monitoraggio Tier2 nel rapporto del2017 sul traffico di esseri umani. Così facendo, il Di12 • MSOI the Post

partimento di Stato americano ha accusato la Tailandia di non aver fatto abbastanza per affrontare ili traffico di esseri uman – non avendo peraltro condannato i funzionari “complici nei crimini legati king allo human traffic ”. Queste affermazioni sono state accolte dal governo tailandese che, seppur malvolentieri, ha ammesso che gli sforzi compiuti per fermare i traffici illeciti non sono stati sufficienti e che la lotta contro crimini di questo genere è tutt’altro che conclusa.

al confine malese, abbandonati in quelle che erano delle vere e proprie fosse comuni; i corpi delle vittime rinvenute erano per la maggior parte appartenenti alla minoranza Rohingya, notoriamente perseguitata in Myanmar. Indagini più approfondite rivelarono che si trattava di migranti in ostaggio, tenuti bloccati fino a che non si fosse pagato il loro riscatto; tale scoperta portò a oltre 100 arresti e all’avvio del processo appena concluso.

La condanna ad alcuni dei più alti rappresentanti dello Stato è in ogni caso un evento rilevante per la nazione, di solito restia a presentare accuse nei confronti delle proprie autorità. Oggi la Tailandia è controllata dal Consiglio Nazionale per la Pace e l’Ordine (NCPO), un’unità militare di cui fa parte anche il primo ministro Prayuth Chan-ocha. Questi, alla luce delle condanne, ha dichiarato pubblicamente chei cittadini tailandesi “non dovrebbero etichettare tutto l’apparato militare come criminale; sono infatti molte e diverse le persone coinvolte in questa rete idi traffico di esseri uman ”. Ma questa storia nasconde alcuni retroscena. Era il 2015 quando vennero scoperti più di 30 corpi vicino

Oltre a Kongpan è stato condannato un ex capo di amministrazione nella provincia meridionale di Satun, Patchuban Angchotipan (“Ko-Tong”), che dovrà scontare 75 anni di carcere. Nell’elenco anche alcuni ex politici locali come Bannakong Pongphol, condannato a 78 anni. Alcuni tra gli imputati sono stati processati anche per crimini transnazionali, sequestro di persona, stupro e in totale le accuse sono state di tredici tipologie differenti – tutte però legate al traffico di vite umane. Il ricercatore Sunai Phasuk, che collabora con Human Rights Watch, ha rivelato all’agenzia di stampa Reuters che “alcuni criminali potrebbero ricevere la pena di morte”.


AFRICA DAL G20 IL VIA LIBERA AL ‘PIANO MERKEL’ PER L’AFRICA Il Cancelliere punta ad essere l’artefice della “svolta” per il continente nero

Di Simone Esposito Sfruttando la piattaforma offerta dalla presidenza del G20, la Germania ha svelato un piano per l’Africa che punti ad incentivare il commercio e la crescita del continente per prevenire il problema delle migrazioni verso l’Europa. Una proposta del Ministro dello Sviluppo tedesco si prepara a riscrivere il rapporto di dipendenza del Paese – e possibilmente dell’intero G20 – con l’Africa. Il cosiddetto “Piano Marshall con l’Africa” farebbe parte di una più ampia strategia per incentivare gli investimenti del settore privato e promuovere lo sviluppo del continente africano. Il piano tedesco fa diretto riferimento al Piano Marshall, il programma di aiuti che favorì il processo di industrializzazione in Europa stimolando contemporaneamente l’economia statunitense attraverso l’apertura di nuovi mercati alle esportazioni americane. Le implicazioni per la Germania sono chiare: presentare gli investimenti in Africa come una “vittoria economica” sia per la Germania che per i suoi partner africani, una vittoria che possa fermare il flusso di migranti attraverso il Mediterraneo e allo stesso

tempo rappresentare il coronamento della presidenza tedesca del G20, sottolineando la leadership competente del Cancelliere tedesco in vista delle prossime elezioni. Formalmente il ‘Piano Merkel’ consiste, da un lato, in 300 milioni di euro di aiuti pubblici allo sviluppo destinati a Paesi che si impegnano a rispettare i diritti umani, nella lotta alla corruzione e salvaguardare lo stato di diritto; dall’altro, nei cosiddetti “Compact with Africa”, contratti su base individuale che puntino a promuovere le riforme all’interno dei Paesi africani, creando così un clima economico più favorevole per attirare maggiori investimenti privati, “precondizione essenziale per una crescita forte ma sostenibile”. Pur rilanciando la narrativa sviluppista, il governo tedesco non ha sottovalutato le opportunità di business offerte dalle crescenti economie africane. L’interesse per il mercato africano della Germania, divenuta nei primi anni 2000 il principale esportatore europeo verso l’Africa sub-sahariana, è in costante crescita. Il Piano rappresenterebbe dunque un tentativo di dare un ulteriore slancio alla presenza tedesca in Africa, che oggi ammonta

a meno del 2% dell’intero commercio estero tedesco. Tuttavia, gli esperti internazionali dubitano che la strategia del Cancelliere possa avere successo nel tenere sotto controllo l’afflusso di migranti. È ingenuo pensare che le condizioni di vita in Africa possano migliorare solo se ci saranno maggiori investimenti del settore privato, secondo Oxfam Germany, che aggiunge come “l’evidenza empirica dimostri il contributo positivo della migrazione allo sviluppo”. “Il Piano Marshall con l’Africa” esibisce inoltre il limite etico di ignorare come questa partnership potrà essere stretta anche con despoti colpevoli di crimini contro l’umanità, che potrebbero utilizzare quei milioni per aumentare la repressione piuttosto che per migliorare le condizioni della popolazione. Resta dunque da vedere quale sarà l’effetto tangibile che questa nuova iniziativa potrà sortire nel lungo termine. Una cosa è certa: se nonostante tutto l’operazione si dimostrerà efficacie, la Merkel potrà lasciarsi alle spalle un risultato strabiliante, così come fu per il Generale Marshall con l’Europa del dopoguerra. MSOI the Post • 13


AFRICA ANCORA FORTI TENSIONI IN COSTA D’AVORIO Gli scontri a fuoco ad Abidjan e l’attesa per i grandi eventi

Di Chiara Zaghi Mercoledì 20 luglio sono scoppiati due scontri a fuoco ad Abidjan, ex capitale e città più popolosa della Costa D’Avorio. Gli attacchi si sono scatenati intorno alle 21.30 locali, nel quartiere Cocody, che ospita la scuola di polizia e le sedi della gendarmeria nazionale. Poco più tardi, nei pressi di un altro punto nevralgico per le forze di polizia, il quartiere di Yopougon, sono state registrate altre sparatorie. Il clima teso in cui si trova il Paese da anni sembrava poter prendere una svolta decisiva e positiva grazie al nuovo governo e alla presenza dell’ONU sul territorio. Le forze delle Nazioni Unite, infatti, hanno lasciato il Paese nel giugno del 2017, dopo 13 anni in Costa D’Avorio per fronteggiare la crisi e il conflitto civile scoppiato nel 2002. L’obiettivo dei Caschi Blu era quello di garantire il cessate il fuoco tra il nord, caduto in mano ai ribelli, e il sud del paese di prevalenza filo-governativa. L’armistizio firmato nel 2007 non è però stato mantenuto e le elezioni del presidente Alassane Ouattara hanno creato un’ondata di scontri

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con circa 3000 morti. Una risoluzione delle Nazioni Unite ha così autorizzato l’invio di 6900 peacekeeper per arginare l’aumento delle ostilità. La situazione del Paese è stata definita da Alichatou Mindaoudou, rappresentante speciale del Segretario Generale dell’ONU, positiva grazie ai “grandi progressi ottenuti in Costa d’Avorio per la pace, la stabilità e il benessere economico” nonostante alcune proteste diffuse nel Paese. Nel 2014, inoltre, la Banca Africana per lo Sviluppo, spinta dai risultati positivi e di stabilità che il Paese stava raggiungendo, era tornata nella sua sede originaria dopo essersi trasferita a Tunisi durante la guerra civile. Sembra, però, che il Costa D’Avorio non abbia del tutto superato le proprie criticità. Le ultime settimane infatti, sono state segnate da scontri tra civili e contro la polizia, tra cui spicca un incidente che a metà luglio scorso ha causato la morte di tre soldati nel campo militare di Korhogo. Il Paese, inoltre, ospita, da venerdì 21 luglio fino a fine mese, l’8a edizione dei Giochi della Francofonia, festival sportivo e culturale che dal

1987 coinvolge tutti gli Stati membri dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia. L’evento era da tempo atteso ed è stato costruito un villaggio olimpico fornito di case prefabbricate che ospitano i 4000 atleti provenienti da più di 80 paesi. Robert Beugré Mambé, Ministro ivoriano incaricato di seguire il programma e lo svolgimento dei Giochi sportivi, ha annunciato: “La sicurezza degli atleti e degli spettatori è la nostra maggiore preoccupazione, ma è garantita”. La sicurezza è, infatti, un tema che il Governo dovrà affrontare e rafforzare anche in vista della Coppa della Nazioni Africane che il paese ospiterà nel 2021. La situazione politica del Paese è confusa tanto quanto le proteste e gli scontri che avvengono in piazza. Il presidente ivoriano ha infatti da poco apportato alcuni cambiamenti alle nomine del Governo, concedendo la propria fiducia a Hamed Bakayoko, ex Ministro dell’Interno, che si occuperà del Ministero della Difesa e del Bilancio, ed a Amadou Gon Coulibaly, eletto Primo Ministro.


SUD AMERICA DIALOGO DI PACE TRA COLOMBIA E ENL

Si apre il terzo ciclo di negoziazioni tra il governo colombiano e l’esercito di liberazione nazionale

A cura di Sveva Morgigni

vi”.

Il governo della Colombia e l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) hanno iniziato questo lunedì il terzo ciclo di colloqui di pace in Ecuador, in attesa di un cessate il fuoco bilaterale, un passo fondamentale nella trattativa. Questa iniziativa rappresenta il punto più alto di un percorso complicato fatto di scontri e discussioni, che ora prospettano pace e fiducia per i cittadini colombiani.

Il presidente colombiano Juan Manuel Santos e l’ELN, il secondo più grande movimento di guerriglia del Paese, stanno cercando di porre fine al conflitto che dura da più di mezzo secolo, conflitto che ha causato 220.000 morti, 60.000 dispersi e 7.000.000 di sfollati. L’ELN, che conta circa 2.000 combattenti ed è considerato un’organizzazione terroristica dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, è accusato di molteplici reati: sequestro di persona, omicidio, estorsione e attacchi alle infrastrutture petrolifere ed energetiche in Colombia. Nonostante ciò, il gruppo ribelle spera di raggiungere un accordo sul cessate il fuoco e spera che il relativo annuncio coincida con la visita di Papa Francesco in Colombia.

La fase pubblica delle negoziazioni, di cui l’Ecuador è garante insieme al Brasile, Cuba, Cile, Norvegia e Venezuela, è stata avviata l’8 febbraio a Quito, dopo quasi 4 anni di trattative riservate. Di recente, le autorità colombiane e María Fernanda Espinosa, ministra degli Esteri dell’Ecuadorhanno annunciato che il 30 giugno 2017 si è conclusa la seconda tornata di colloqui. Queste le parole della Ministra: “Esprimiamo profonda soddisfazione per i progressi dei colloqui di pace.Oggi termina il secondo ciclo dei colloqui che riprenderanno il 24 luglio a Quito. I progressi sono stati significati-

Il Comandante Pablo Beltrán, il capo della delegazione di pace dell’ELN, ha infatti detto che l’invito al dialogo del presidente Juan Manuel Santos e il desiderio della maggior parte del popolo colombiano, è ciò che “ci incoraggia a sviluppare una soluzione politicache può essere raggiunta soltanto unendo

le forze di coloro che desiderano la pace”. Beltrán prosegue dicendo che “al tavolo di Quito si affrontano due visioni di pace, quella del regime colombiano che è una visione di pacificazione e la nostra che è una visione di pace con cambiamenti e giustizia sociale”per raggiungere la quale è necessario“tracciare dei nobili propositi nazionali a lungo termine”. Le parti cercano di realizzare un accordo simile a quello raggiunto dal Governo con le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC), che hanno deposto le armi per porre fine al più antico conflitto latinoamericano. “Questo processo è molto importante per il nostro Paese, (...) dopo tanti decenni di violenza, spero di poter raggiungere la democrazia”, ​​ha detto Restrep, negoziatore capo del governo. Beltrán ha poi sottolineato che il raggiungimento di una pace in Colombia aiuterà anche l’Ecuador, che ha subito le devastazioni della guerra, e ha osservato che questo processo richiede il supporto politico e diplomatico per poter essere raggiunto nel più breve tempo possibile. MSOI the Post • 15


SUD AMERICA LA LEGGE DI MADURO

Il Venezuela si avvicina al voto che deciderà l’Assemblea Costituente

A cura di Daniele Pennavaria Dopo mesi di proteste il Venezuela è alle porte di un fine settimana sicuramente decisivo per la stabilità del Paese. Il 30 luglio, infatti, si svolgeranno le elezioni che definiranno la composizione dell’Assemblea Costituente voluta da Maduro per la stesura di un nuovo testo costituzionale che non debba passare per forza dall’Assemblea Nazionale. Fin da subito sono state organizzate manifestazioni e proteste che hanno paralizzato alcune delle principali città venezolane, ma l’imminenza della votazione ha spinto i leader dell’opposizione, che vedono la decisione di modificare la costituzione come un tentativo di golpe, a riunirsi in un ‘Tavolo per l’Unità Democratica’ (MUD) e a convocare l’ennesimo sciopero generale. L’obiettivo è di fermare il Paese nei giorni di mercoledì e giovedì, concludendola protesta il venerdì con un’enorme marcia a Caracas, a soli due giorni dalle elezioni. Non mancano poi le pressioni internazionali che, in vista del voto del 30 luglio, lasciano un’inco16 • MSOI the Post

gnita sul supporto che riceverà il Venezuela nel caso in cui la votazione non venisse revocata all’ultimo momento e si avviasse realmente il processo di una Costituente. Molti paesi, così come il blocco del MercoSur hanno espresso apertamente il loro disaccordo e si sono schierati contro la linea di Maduro. Proprio dall’organizzazione regionale di libero scambio arriva uno dei messaggi più forti, supportato dai quattro membri pieni del blocco: Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Con le parole del vicecancelliere argentino Guillermo Raimondi: “la richiesta è che il Venezuela si astenga dal convocare questa elezione perché sarebbe un passo in una direzione desiderabile, ovvero quella del dialogo tra le parti in conflitto”. Sempre da Brasile e Argentina arrivano poi dichiarazioni che sottolineano la dura critica alla scelta di Maduro, ma anche la fiducia che si possa tornare a una situazione di democrazia. Il presidente brasliano Michel Temer, riprendendo il documento del MercoSur, ha sottolineato che “nella nostra regione abbiamo conquistato la democrazia con grande sacrificio,

per questo non permetteremo passi indietro”. Sulla stessa linea, il cancelliere argentino Jorge Faurie ha dichiarato: “è inconcepibile come, arrivati a questo punto, si discuta su quando ci sia democrazia e quando non ci sia democrazia. La democrazia in Venezuela non sta funzionando, ma non significa che non possa tornare a funzionare”. Una voce più lontana ma non trascurabile è poi quella che giunge dagli USA che minacciano di imporre sanzioni economiche nel caso in cui Maduro vada avanti con le elezioni. Essendo gli Statu Uniti il principale partner economico della Repubblica Bolivariana, una loro azione in tal senso potrebbe influenzare se non la decisione di revocare le elezioni quantomeno il periodo ad esse successivo. Nonostante tutte le pressioni interne ed esternea cui si trova sottoposto il governo venezolano, al momento non sembra che Maduro farà passi indietro riguardo alla nuova Costituente. Rimane solo da attendere il risultato delle elezioni della prossima domenica e le reazioni che scatenerà.


ECONOMIA SNAPCHAT: È GIÀ GIUNTA LA SUA ORA?

Fortissimo sell-off del social network dopo la quotazione in Borsa

Di Edoardo Pignocco Oramai non sorprende neanche più. Il crollo in borsa di Snapchat è l’ennesima conferma di quanto possa essere crudele, in quanto altamente competitivo, il settore hi-tech. Questo mercato richiede, più di altri, un costante impegno e propensione all’innovamento. Pena il fallimento. Inoltre, è molto facile che l’innovazione venga “copiata”, se non adeguatamente protetta. Se Snapchat aveva fatto scalpore e registrato un boom di iscrizioni alla piattaforma social era grazie a due innovazioni: le foto che potevano scomparire dopo pochi secondi e le stories. La storia della nascita di Snapchat è alquanto bizzarra ed è proprio legata a questi due elementi carichi di novità. I due fondatori, Evan Spiegel e Bobby Murphy, studenti alla Stanford University, hanno sempre avuto un sogno nel cassetto: creare un social network alternativo a Facebook. Tuttavia, il loro primo esperimento è risultato alquanto fallimentare. Poi, la svolta: un loro amico, un giorno, racconta loro di quanto si fosse pentito di aver inviato una foto ad una ragazza. Ed è da quel momento che nasce l’idea Snapchat, fino poi alla sua realizzazione. Non è un caso, dunque, che Mark

Zuckerberg, fondatore e AD di Facebook, se sia innamorato. Facebook, Instagram, WhatsApp non avevano nulla della novità Snapchat. Zuckerberg, dunque, tenta l’acquisizione. Mette sul piatto la cifra monstre di 3 miliardi di dollari. E non è l’unico a provarci. Tuttavia, Spiegel e Murphy la ritengono un’offerta inadeguata, in base alle potenzialità che Snapchat può offrire agli user. Allora, Zuckerberg inizia ad attivare gradualmente su tutte le sue piattaforme le stories di breve durata, copiandole da Snapchat. Intanto, arriva la quotazione in borsa. Morgan Stanley e Goldman Sachs sono le banche capogruppo che dirigono l’IPO. Gli analisti la valutano 25 milioni, nonostante un buco in bilancio da mezzo miliardo e la copiatura dell’idea. Ma non importa, perché è una startup, farà tantissimi utili. Così dicono gli analisti. È subito boom al listing, svoltosi a marzo 2017. Ma poco dopo, come da copione, la storia si ripete. Gli analisti incominciano a capire che Snapchat non potrà più essere un social network esclusivo. Ha perso, infatti, il suo elemento distintivo e, per di più, senza corrispettivo alcuno. L’offerta miliardaria di Zuckerberg, infatti, era stata rispedita al mittente. I

due

fondatori,

Spiegel

e

Murphy, hanno avuto il grande merito di introdurre nel mercato una novità che ha riscontrato molto successo, ma, forse, non sono riusciti a gestirla nel migliore dei modi. Ovvio che con il senno di poi si cambierebbero tante scelte, ma com’è possibile che Zuckerberg abbia copiato le stories? Brevetti? Knowhow? Un modo legale per proteggere le proprie idee ci deve pur essere... E ora? Snapchat ha perso moltissimi punti percentuali e bruciato più di 2 miliardi di dollari di capitalizzazione borsistica. Se il fantasmino bianco non troverà il modo di innovare profondamente il suo modello di business e di escogitare altre innovazioni in grado di fronteggiare l’impero Zuckerberg, la sua sopravvivenza potrebbe essere seriamente in pericolo. Doverosa è una parentesi sul valore dato agli analisti. Ogni volta sembra che la lezione non venga mai appresa. Eppure, i primi anni Duemila non sono passati inosservati, sotto questo punto di vista. Come molti studiosi suggeriscono, sarebbero necessari dei correttivi che tengano conto di possibili rallentamenti e ostacoli di percorso. Ma chi sarà a rimetterci veramente? Ovviamente il piccolo investitore che ha già visto perdere il 22% sui suoi risparmi. MSOI the Post • 17


ECONOMIA IL MARE SALATO DELLE TASSE

Le polemiche alla luce della tassa sugli affitti brevi

Di Martina Unali Le vacanze sono sinonimo di relax, catarsi ed evasione dalla frenesia quotidiana. Ma non sempre è così, o meglio, non per tutti. Si prospettano, infatti, giornate di fuoco - e non solo per il caldo - per i villeggianti e per gli host. A quanto pare, solamente una piccola parte degli “intermediari immobiliari” ha obbedito alle prescrizioni di legge, ossia effettuare nelle casse dell’Erario, entro il 17 luglio, il versamento della ritenuta del 21% sugli affitti turistici i cui contratti siano stati stipulati a partire dal 1° giugno 2017 e versati ai clienti (i locatori, cioè proprietari, sublocatori e comodatari) nel corso del mese di giugno. Detto ciò, siamo già a ridosso della prossima scadenza del 16 di agosto, per quanto riguarda la competenza del mese di luglio. Per chi non ne fosse a conoscenza, tale percentuale deve essere applicata sui contratti di locazione breve (ossia di durata non superiore a 30 giorni) stipulati da privati che affittano abitazioni al di fuori di attività d’impresa. L’esempio piùemblematicoèAirbnb,ilportale online che permette l’incontro tra domanda di persone in cerca di un alloggio o di una camera per brevi periodi, con l’offerta di privati che dispongono di uno spazio extra da affittare. Gli 18 • MSOI the Post

incaricati a trattenere suddetto importo sono gli intermediari, comprese le agenzie immobiliari e i portali online. Ma quale sarà la sorte per tutti coloro che non hanno adempiuto all’obbligo cogente? Analizziamo la situazione da due punti di vista, rispettivamente dall’intermediario incaricato e dal proprietario. Per quanto riguarda il soggetto mediatore, la ritenuta va effettuata nel momento in cui viene operato il versamento dell’affitto al locatore con modello F24 telematico. I soggetti che non l’hanno effettuata, ormai, non hanno più tempo per richiederne il rimborso ai clienti-locatori, e questo comporterebbe il rischio di un accertamento (entro il 31 dicembre 2023), dal quale potranno difendersi solo invocando l’oggettiva incertezza normativa. Lo stesso discorso vale se si considerano i pagamenti del mese di luglio e la relativa ritenuta più volte menzionata. L’importo della sanzione, per aver omesso di operare la ritenuta, risulterebbe pari al 20% dell’importo più gli interessi legali. Tale penalità, tuttavia, potrebbe essere di importo superiore, e precisamente del 30 per cento, nella fattispecie in cui oltre a non averla operata, non si sia provveduto al relativo versamento.

Altro adempimento posto a carico dell’intermediario (o eventualmente del rappresentante fiscale, nel caso in cui l’intermediario non sia residente nel territorio dello Stato) è la comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate, entro il 30 giugno 2018, dei dati di ogni contratto stipulato dal 1° giugno 2017. La conservazione delle copie dei contratti deve essere di cinque anni successivi a quello della dichiarazione effettuata dai locatori. L’intermediario deve occuparsi anche delle trattenute e dei relativi pagamenti dell’imposta o i contributi di soggiorno al Comune. Dalla parte opposta, il locatore non ha alcun dovere rispetto alla ritenuta; ciò significa che egli non incorre in nessuna sanzione nel caso in cui il soggetto intermediario la abbia omessa. Va però ricordato che il locatore può scegliere di saldare i conti con l’Amministrazione Finanziaria, per le “locazioni brevi”, semplicemente indicando la scelta per la “cedolare” secca nella prossima dichiarazione dei redditi: la cedolare, infatti, corrisponde esattamente alla ritenuta del 21% che viene operata dall’intermediario. Insomma, anche quest’anno gli adempimenti non vanno in vacanza!


DIRITTO INTERNAZIONALE ED EUROPEO LA COUR PENALE INTERNATIONALE FETE SES 15 ANS

Le départ des festivités impose un moment de réflexion. Même pour ce jeune Tribunal

Par Pierre Clément Mingozzi Le 17 juillet 1998, lors d’une conférence à Rome, 120 États ont adopté un traité, connu désormais sous le nom de Statut de Rome de la Cour pénale internationale (CPI en français, ICC en anglais). Cette journée a été immédiatement reconnue comme historique car en effet, pour la première fois, de nombreux Etats avaient décidé de donner à une Cour pénale un véritable esprit «international». La juridiction pénale est traditionnellement une prérogative exclusive de l’Etat-nation : cette Cour, en revanche, est caractérisée par la volonté de poursuivre les auteurs des crimes les plus graves, notamment les crimes de guerre, les crimes contre l’humanité, le génocide et le crime d’agression (bien que ce dernier soit toujours en voie de ratification) à l’échelle internationale. Sans doute, elle est redevable à d’autres Tribunaux à caractère international le Tribunal militaire international (TMI), le Tribunal pénal international pour l’ex-Yougoslavie (TPIY), le Tribunal pénal international pour le Rwanda (TPIR) mais avec deux grandes différences à la base : son caractère complémentaire –donc elle peut exercer sa compétence lorsque l’Etat n’a pas la volonté ou la compétence pour

le faire–, et le fait qu’elle est indépendante avec une propre personnalité juridique et une structure permanente. Bien qu’adoptée en 1998, il a fallu attendre jusqu’en 2002 pour que la Convention soit finalement en vigueur établissant formellement la CPI. Par ailleurs, le processus de ratification conduit par les Etats a été caractérisé par ralentissements et difficultés car ce moment fondamental du droit international a le rôle de charnière entre la volonté des Etats et l’effective action du traité. Finalement, le 1er juillet 2002, suite à la ratification de 60 Etats, le traité est entré en vigueur. En 15 ans d’activité la Cour a été objet et porteuse de grandes espérances mais aussi de fortes critiques. Si d’une part, la volonté d’atteindre la paix et la justice universelle par le biais d’un Tribunal international a eu un rôle propulsif dans la création de cette Cour, d’autre part son action de plus en plus a été affectée par des soupçons. D’abord le problème des «grands absents» : les Etats Unis, la Russie et la Chine par exemple, ne font pas toujours partie du Statut de Rome ; Israël non plus ; en outre la critique persistante de « partialité ». Celle-ci porte sur le fait qu’en 15 ans d’activité la Cour n’a jugé que des Africains, tout cela amenant

l’Union Africaine (UA) à entamer un processus de retrait collectif du Statut de Rome. En 2016 les manifestations de cette volonté ont pris de l’ampleur lorsque l’Afrique du Sud, la Gambie et le Burundi ont annoncé leur retrait de la Cour pénale internationale. Néanmoins, des signaux d’espérance sont apparus. En fait, l’Afrique du Sud, grâce à la vigoureuse action menée par plusieurs Organisations non gouvernementales et à l’influence de la société civile, a décidé en dernier ressort d’arrêter son départ du Statut de Rome. La situation est bien tendue. L’établissement d’une véritable justice internationale symbolisée par la Cour pénale internationale représente un des plus grands efforts et succès de la communauté internationale. Des énormes progrès ont eu lieu dans tous les domaines afin de pouvoir empêcher l’impunité des auteurs des plus graves crimes internationaux. En tout cas, il faut retenir que ce sont les Etats eux-mêmes qui ont le devoir de poursuivre au préalable ce genre de crimes : il appartient toujours à eux la responsabilité (et le devoir) de faire en sort que ces crimes ne puissent plus se reproduire à l’avenir. MSOI the Post • 19


DIRITTO INTERNAZIONALE ED EUROPEO SEEKING A LEGAL RESPONSE TO MIGRATORY CRISIS From SAR Operations to Administrative Detention: some Considerations on the Need for a Modern European Standard

By Luca Imperatore At the beginning of the month, the Italian Government threatened to close national ports to ships carrying migrants previously rescued at sea. Weeks later, it became clear that this operation mainly aimed to claim respect of Council of the EU decisions 1523/2015 and 1601/2015, relating to migrants relocation. The menace hit the headlines of many international newspapers despite the lack of concrete enforcement probabilities. However, it contributed in raising awareness on the paramount issue of migratory crisis and regulation, which still constitutes a major challenge for contemporary international, European, and domestic law. From an international law perspective, States enjoy the sovereign prerogative of deciding whether to allow an alien to enter their national territory. Except from the general burden of rescuing or retrieving persons in distress and delivering them to a place of safety, the so-called SAR Operations (worded differently both in 1974 Convention for the Safety of Life at Sea, and in 1979 Convention on Maritime Search and Rescue), there is no specific reference to the obligation of allowing a foreign ship to enter a national port. 20 • MSOI the Post

Nonetheless, it would be hasty to exclude any legal consequences for such an act: in fact, the State might incur in the violation of fundamental rights: e.g. those granted by the European Convention on Human Rights (especially under articles 1, 2, 3, and 4 Prot. 4). Moreover, this undifferentiated measure may affect refugees and asylum-seekers as well, entailing a violation of non-refoulement principle (art. 33, 1951 Geneva Convention on Refugees), and, if it happens within the territorial waters of the State, it may constitute a breach of Directive 2013/32/UE grating international protection. Despite the aforementioned measure, though, there is still no international standard on the matter, leaving to States any final regulatory decision. The problem of migratory management does not conclude with the allowance of disembarking but extends to the collocation of persons, pending their identification. In the last few years, many have claimed the necessity for a momentum to reshape administrative detention in the light of its exceptionality and potentially harmful consequences. The Council of Europe’s European Committee on Legal Cooperation is currently consulting on European rules on the Conditions for the Ad-

ministrative Detention of Migrants. A new codification is in order, in particular if considering the fact that the currently inforce European Prison Rules (EPR, 2006) do not contain any specific provision relating to immigrants detention. There is, for instance, a large gap when trying to apply the definition of ‘detention area’ to transit zones, ships, and airports. Modern draft Rules should include UNHCR’s Guidelines on the individualised, necessary and proportionate character of detention, as well as considering all feasible alternatives facing conditions of migrants in particular vulnerability. Latins would have said nihil sub sole novum (nothing new under the sun). Indeed, migration cannot be consideredanything completely new in history of humankind; nevertheless, new phenomena require new responses able to grant adequate solutions. Under the clear complexity of contemporary challenges, international and European law are asked to provide a legal response to the so-called migratory crisis throughout the development of new standards of conduct and the adoption of legal instruments for the harmonisation of national practices.


MSOI the Post • 21


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