Msoi thePost Numero 99

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Il Settimanale di M.S.O.I. Torino


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MSOI Torino M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Cecilia Nota, Segretario M.S.O.I. Torino

MSOI thePost MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di M.S.O.I. Torino, si propone come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulta riconoscibile nel mezzo di informazione che ne è l’espressione: MSOI thePost non è, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione. Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost 2 • MSOI the Post

N u m e r o

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REDAZIONE Direttore Editoriale Jacopo Folco Direttore Responsabile Davide Tedesco Vice Direttori Giusto Amedeo Boccheni, Pilar d’Alò Caporedattori Luca Bolzanin, Luca Imperatore, Pauline Rosa Capi Servizio Rebecca Barresi, Luca Bolzanin, Pierre Clement Mingozzi, Sarah Sabina Montaldo, Daniele Pennavaria, Leonardo Scanavino, Giulia Tempo, Martina Terraglia, Chiara Zaghi Media e Management Daniele Baldo, Guglielmo Fasana, Anna Filippucci, Vladimiro Labate, Jessica Prietto Redattori Erica Ambroggio, Elena Amici, Daniele Baldo, Lorenzo, Lorenzo Bazzano, Andrea Bertazzoni, Giusto Amedeo Boccheni, Luca Bolzanin, Davide Bonapersona, Maria Francesca Bottura, Matteo Candelari, Fabrizia Candido, Claudia Cantone, Elena Carente, Emanuele Chieppa, Giuliana Cristauro, Lucky Dalena, Alessandro Dalpasso, Francesca Maria De Matteis, Luca De Santis, Ilaria Di Donato, Sofia Ercolessi, Simone Esposito, Guglielmo Fasana, Giulia Ficuciello, Alessandro Fornaroli, Lorenzo Gilardetti, Ann-Marlen Hoolt, Luca Imperatore, Michelangelo Inverso, Vladimiro Labate, Giulia Marzinotto, Simone Massarenti, Pierre Clement Mingozzi, Efrem Moiso, Chiara Montano, Sveva Morgigni, Virginia Orsili, Daniele Pennavaria, Ivana Pesic, Barbara Polin, Sara Ponza, Jessica Prieto, Carolina Quaranta, Giacomo Robasto, Daniele Reano, Jean-Marie Reure, Clarissa Rossetti, Michele Rosso, Martina Santi, Federico Sarri, Leonardo Scanavino, Martina Scarnato, Francesca Schellino, Federica Sanna, Stella Spatafora, Lola Ferrand Stanley, Giulia Tempo, Martina Terraglia, Elisa Todesco, Francesco Tosco, Tiziano Traversa, Leonardo Veneziani, Chiara Zaghi, Francesca Maria De Matteis, Elisa Zamuner. Editing Lorenzo Aprà, Adna Camdzic, Amandine Delclos Copertine Amandine Delclos, Carolina Elisabetta Zunigà Vuoi entrare a far parte della redazione? Scrivi una mail a thepost@msoitorino.org!


EUROPA 7 Giorni in 300 Parole

BARDONECCHIA: SCOPPIA IL CASO TRA FRANCIA E ITALIA

In discussione il funzionamento della collaborazione frontaliera

Di Giuliana Cristauro

FRANCIA 3 aprile. Il ministro francese dei Conti pubblici con competenza sulle dogane, Gérald Darmanin, si è detto “dispiaciuto per il malinteso” che ha coinvolto 5 agenti della polizia doganale francese, rei di essere entrati nei locali di un centro per migranti di Bardonecchia, in provincia di Torino, al fine di operare un controllo su un presunto spacciatore. Darmanin ha fatto sapere che si recherà in Italia “il 16 aprile prossimo per vedere come migliorare le cose in futuro”. GERMANIA 3 aprile. La Procura tedesca del Land dello Schleswig-Holstein ha chiesto al Tribunale superiore dello stesso l’estradizione in Spagna di Carles Puigdemont, ex presidente separatista catalano. Alla luce del mandato d’arresto europeo spiccato da Madrid, l’organo giuridico tedesco di primo grado ha riconosciuto come “validi” i capi d’accusa formulati contro Puigdemont, tra i quali figurano “ribellione e appropriazione indebita di fondi”. Il Tribunale superiore dovrà prendere una decisione entro 60 giorni. SPAGNA 4 aprile. La polizia spagnola ha fermato a Madrid Hervè Falciani, cittadino francese ed ex dipendente della banca HSBC di Ginevra, ricercato dalla giustizia svizzera per

Nella serata di venerdì 30 marzo, alcuni agenti armati della polizia doganale transalpina hanno fatto irruzione nei locali della stazione ferroviaria di Bardonecchia, comune piemontese al confine con la Francia, dove attualmente opera l’ONG Rainbow for Africa. Gli agenti francesi accompagnavano un uomo nigeriano per effettuare un esame delle urine sospettando fosse un corriere della droga. Il campione prelevato è risultato negativo e l’uomo, che era diretto a Napoli, è stato rilasciato. Il personale operante nel centro ha denunciato un atteggiamento fortemente “intimidatorio” da parte degli agenti francesi, che non avevano avvertito la controparte italiana come da prassi. L’episodio ha suscitato le polemiche di quasi tutte le forze politiche italiane ed è divenuto un caso diplomatico. L’ambasciatore francese a Roma, Christian Masset, è stato convocato alla Farnesina dove ha fornito delle risposte “insoddisfacenti e inesatte”. Il direttore generale per l’Unione Europea Giuseppe Buccino Grimaldi ha portato all’ambasciatore la ferma protesta del Governo italiano. La Farnesina ritiene l’episodio un “grave atto, considerato del tutto al di fuori della cornice della collaborazione tra Stati” e che “mette in discussione” il funzionamento della collaborazione frontaliera.

Il ministro francese dei conti pubblici Gérald Darmanin, cui fanno capo i doganieri, ha ricordato che un accordo del 1990 rende accessibile la stazione di Bardonecchia alla dogana francese. Ma la Farnesina ha spiegato che i locali del centro non erano più a disposizione della polizia doganale francese da tempo, e proprio il 16 aprile era previsto un incontro tra i prefetti di Torino e di Chambery per discutere tecnicamente della questione. Il ministro degli Interni, Marco Minniti, ha annunciato che ogni sconfinamento francese dovrà essere autorizzato preventivamente dal Viminale, anche in casi di emergenza. In settimana, il direttore generale delle Dogane francesi, Rodolphe Gintz, sarà in Italia per tentare di “ripristinare l’accordo, ora sospeso”. Nel frattempo la Procura di Torino ha aperto un’inchiesta. Da mesi Bardonecchia e la Val di Susa sono interessate da un flusso migratorio che tenta la traversata delle Alpi per passare la frontiera. Poche settimane fa, proprio Rainbow for Africa aveva soccorso una donna nigeriana incinta e malata, respinta al confine e morta dopo un parto miracoloso all’ospedale Sant’Anna di Torino. Per un approfondimento giuridico della vicenda si rimanda all’articolo di Chiara Montano. MSOI the Post • 3


EUROPA spionaggio economico. Berna ha chiesto l’arresto e l’estradizione dell’informatico, il quale, nel 2013, consegnò una lista con 130mila clienti – potenziali evasori fiscali – a Paesi stranieri. La Spagna, che aveva in precedenza rifiutato la richiesta svizzera, ha, dunque, modificato la propria posizione sulla vicenda.

A METÀ DELLA BREXIT

Numerosi gli accordi raggiunti, ma si rischiano gravi conseguenze

Di Alessio Vernetti

GRECIA 3 aprile. Yanis Varoufakis, ex ministro delle Finanze greco, ha annunciato di voler dar vita ad un nuovo partito per “portare una speranza realistica” in Grecia e al fine di “liberarla dalla schiavitù del debito”. L’economista ha fatto sapere che il partito avrà come nome MeRA 25 e cercherà di radunare “i popoli di sinistra e il liberalismo, i verdi e le femministe”, per opporsi ai diktat di Bruxelles. UNGHERIA 4 aprile. A pochi giorni dalle elezioni in Ungheria il futuro politico del Paese, al centro di importanti tensioni con l’Unione Europea, resta incerto: il primo ministro uscente, Viktor Orban, si prepara a correre per il terzo mandato, ma non ha reso noto un vero e proprio programma elettorale. Gli sfidanti principali sono Gabor Vona, rappresentante dell’estrema destra, e il socialista Gergely Karácsony. Nonostante la crescita dell’opposizione, il partito di Orban è dato in vantaggio. A cura di Giulia Marzinotto 4 • MSOI the Post

Il 29 marzo 2017 Theresa May ha invocato l’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea, dando il via al conto alla rovescia di due anni prima di Brexit: infatti il 29 marzo 2019, alle ore 23 di Londra, il Regno Unito lascerà l’UE ed entrerà in un periodo di transizione che durerà fino al 2020. A metà strada di questo countdown, quale bilancio si può tracciare? Sul piano dell’economia, sebbene le esportazioni siano cresciute del 6%, la crescita annuale del PIL è calata dal 2,3% nel 2015 all’1,7% nel 2017, portando tanta precarietà e un conto salato da pagare. Oltre 40 milioni di euro, necessari per coprire le spese relative agli impegni già presi dal Regno Unito con Bruxelles. Ciò che preme soprattutto ai governi europei è la questione commerciale. Una volta approvati i trattati, infatti, Londra dovrà ristabilire i rapporti commerciali con i Paesi dell’Unione. Varie le ipotesi sul tavolo: mantenere un allineamento all’UE con accordi fotocopia sul modello norvegese, oppure sottoscrivere un trattato di libero scambio come quello canadese. Non piace a Bruxelles l’ipotesi che Londra possa scegliere di volta in volta, magari allineandosi alla scelta americana dei

dazi sulle importazioni dai Paesi dell’UE. E gli oltre 3 milioni di cittadini europei residenti nel Regno Unito? Manterranno i diritti acquisiti, anche se sono migliaia le richieste arrivate per avere il passaporto britannico o uno di quelli di un Paese dell’UE da parte di coloro che hanno vissuto anni in Inghilterra da cittadino europeo e viceversa. Ma il nodo più difficile da sciogliere resta quello del confine fra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord (parte del Regno Unito). Alla richiesta di Bruxelles che l’Ulster resti nel mercato unico e nell’unione doganale, Londra oppone un fermo rifiuto, forse per timore di una richiesta di riunificazione da parte di Belfast e Dublino. D’altronde, c’è già da gestire la contrarietà della Scozia, roccaforte europeista dei “remain” in cui l’indipendentismo è attivo. Theresa May dispone di una maggioranza risicata a Westminster e non è detto che le proposte di accordo con l’Unione vengano approvate: se Londra se ne andasse senza accordi vi sarebbero gravi conseguenze, pertanto Bruxelles, se non ci fosse l’approvazione da parte della House of Commons, potrebbe concedere ulteriore tempo al Regno Unito.


NORD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole

U.S.-ASEAN DIALOGUE

L’impegno statunitense nel rafforzamento delle relazioni strategiche con il Sud-est asiatico

Di Erica Ambroggio

STATI UNITI 31 marzo. Jerry Brown, governatore della California, di fronte a possibili deportazioni ha concesso la grazia a 5 ex-detenuti. Immediate le critiche del presidente Trump. 31 marzo. Trump ha accusato nuovamente Amazon e il CEO Jeff Bezos. In un tweet, il Presidente, ha dichiarato che “le Poste americane perderanno $1,5 in media per ogni pacco consegnato per conto di Amazon”. La Associeted Press ha, invece, smentito il Presidente, sostenendo che il servizio postale americano abbia “raggiunto alti tassi di crescita proprio grazie al commercio elettronico”. Il presidente Trump ha, inoltre, chiesto a Jeff Bezos, CEO anche del Washington Post, di registrare la testata come lobby. 1 aprile. Donald Trump ha accusato il Messico di non partecipare a sufficienza, o totalmente, al controllo del confine meridionale messicano con gli Stati Uniti. Il Presidente ha proseguito, sempre su Twitter, minacciando l’integrità del NAFTA, Accordo nord americano per il libero scambio, in caso di mancata costruzione di un muro di confine. Preso di mira, inoltre, il Deferred Action for Childhood Arrivals (DACA), programma per la protezione dei immigrati irregolari entrati nel territorio statunitense da mino-

“Una grande occasione per registrare l’impegno degli Stati Uniti e dei Paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico sui temi della sicurezza e della crescita economica”. In una nota del Dipartimento di Stato statunitense è stato descritto con queste parole l’importante incontro svoltosi in Malesia, nelle giornate del 2 e 3 aprile, tra i vertici dell’ASEAN e del Bureau of East Asian and Pacific Affairs statunitense. La rappresentante americana, Susan Thornton, si è recata nella città di Kuala Lumpur per partecipare e co-presiedere insieme al ministro degli esteri malese, Ramlan Ibrahim, il 31° Dialogo tra gli Stati Uniti e i membri dell’ASEAN. Il monitoraggio delle attuali intenzioni e l’evoluzione delle attività nucleare della Corea del Nord si sono affermate, fin dall’inizio dell’incontro, come la massima e comune priorità. Al centro del confronto, dunque, la necessità di proseguire con le ‘pressioni’ sul leader nordcoreano fino a una concreta realizzazione di manovre che possano essere riconducibili ad una “completa denuclearizzazione”. Inoltre, tutte le considerazioni emerse in questa occasione sembrano essere destinate ad avere un’ulteriore e più ampia risonanza, considerando che precedono il tanto discusso e

atteso incontro tra il presidente statunitense Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jongun. Tale meeting parrebbe potersi concludere con un accordo tra la due potenze che mira a essere solo l’incipit di una serie di manovre diplomatiche per risolvere l’attuale situazione di instabilità e tensione nei rapporti internazionali. Attualmente, tuttavia, la cautela sembra prevalere sull’ottimismo. Infatti, sebbene durante l’incontro sia stata accolta favorevolmente l’apertura nordcoreana nei confronti dell’amministrazione Trump, la preoccupazione per l’imprevedibilità delle scelte da parte di entrambi i leader coinvolti rimane alta. Un altro tema che ha ricoperto un ruolo centrale nel corso dell’incontro di Kuala Lumpur è stato quello delle relazioni commerciali, con particolare riferimento al U.S.-ASEAN Connect. Quest’ultimo, annunciato nel 2016 e fonte di una capillare partnership economica tra i due poli interessati, svolge un ruolo primario per quanto concerne gli scambi commerciali inerenti i settori dell’energia, delle infrastrutture, delle telecomunicazioni e dei trasporti. In relazione a tali legami, il Dialogo si è dimostrato essere un momento fondamentale per riaffermare il ruolo centrale dei partenariati strategici in corso e per auspicare un ulteriore incremento delle attività commerciali. MSOI the Post • 5


NORD AMERICA renni. 3 aprile. Annunciato l’invio di militari al confine con il Messico per arrestare il flusso di immigranti irregolari in attesa della costruzione del muro voluto dal presidente Trump. L’ambasciatore messicano ha richiesto chiarimenti. 3 aprile. Il presidente Trump ha accolto i capi di Stato di Estonia, Lettonia e Lituania alla Casa Bianca, per celebrare il centenario dell’indipendenza dalla Russia. 4 aprile. Washington ha minacciato dazi su 1.300 prodotti cinesi, spaziando dall’elettronica ai beni di consumo e colpendo circa $50 miliardi di importazioni. Si tratta della più aggressiva misura commerciale unilaterale annunciata dall’amministrazione Trump nei confronti di Pechino. La risposta del governo cinese non ha tardato ad arrivare: dazi su 106 prodotti Usa, tra i quali i semi di soia. L’entrata in vigore dei dazi, ha annunciato Pechino, dipenderà da Washington. 4 aprile. Una donna ha aperto il fuoco nella sede di YouTube in California, ferendo 3 persone prima di togliersi la vita. Conosciuta online con il nome di Nasime Sabz, lamentava la censura dei video pubblicati sul suo canale. CANADA 1 aprile. Entrata in vigore la legge con la quale l’Ontario garantirà ai dipendenti part-time, stagionali e occasionali la stessa paga oraria riservata ai dipendenti a tempo pieno. Tale normativa è giunta 3 mesi dopo l’aumento del salario minimo a 14 dollari l’ora. A cura di Jennifer Sguazzin 6 • MSOI the Post

CANADA: SI INASPRISCE LA TENSIONE CON MOSCA Il governo espelle quattro diplomatici russi

Di Martina Santi Il governo canadese ha recentemente annunciato l’espulsione di alcuni funzionari russi dal territorio canadese, come risposta ai fatti di Salisbury, in Regno Unito. Il Paese si aggiunge alla lista degli Stati che in questi giorni stanno prendendo serie misure nei confronti del Cremlino, dopo il presunto coinvolgimento di Mosca nell’avvelenamento di un ex spia russa, residente in Inghilterra. In una dichiarazione del 26 marzo scorso, la ministra degli Affari Esteri canadese Freeland ha definito inaccettabile e disonorevole la politica estera adottata da Mosca, il cui coinvolgimento nell’uso del gas nervino contro l’ex spia rappresenterebbe una gravissima violazione delle leggi internazionali contro l’uso di armi chimiche. La Ministra ha poi reso nota la decisione del governo di espellere i funzionari impiegati presso l’Ambasciata russa a Ottawa e il Consolato a Montreal. I diplomatici espulsi sarebbero stati identificati come membri dell’intelligence russa e sarebbero accusati di aver sfruttato la propria posizione all’interno dell’Ambasciata per minare la sicurezza del Paese e la sua democrazia. Le dichiarazioni della Freeland,

circa la possibile intromissione del Cremlino negli affari interni del Canada, hanno tuttavia suscitato la reazione della stampa canadese, che ha chiesto chiarimenti in merito. Il ministro della Difesa, HarjitSajjan, è intervenuto sulla questione, rispondendo che per ovvie ragioni di sicurezza nazionale non avrebbe potuto fornire maggiori informazioni, ma che la dichiarazione della ministra Freeland “si regge in piedi da sola”. Sajjan ha inoltre chiarito che con l’espulsione dei funzionari, il Canada intende unirsi ai suoi alleati nel mandare un messaggio collettivo e risoluto al Cremlino. La reazione dell’Ambasciata russa a Ottawa non ha tardato ad arrivare: la decisione del governo canadese è stata aspramente biasimata e il Paese criticato per essersi fedelmente allineato alle accuse britanniche, giudicate “prive di fondamento”. Mosca, da parte sua, insiste nel rifiutare qualunque coinvolgimento nell’episodio e ha chiesto a Londra di portare avanti indagini accurate sul gas nervino usato per intossicare le vittime, prima di avanzare delle accuse ufficiali. Intanto, si gelano i rapporti con l’Occidente, già fortemente compromessi con la crisi della Crimea del 2014 e dal più recente scandalo del Russiagate.


MEDIO ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole

COME SI È CONCLUSA “RAMOSCELLO D’ULIVO”?

Afrin mette in luce gli obiettivi della Turchia e una situazione sempre più difficile per i curdi

Di Anna Filippucci

EGITTO 2 aprile. Al termine dei 3 giorni di votazioni, Abdel Fattah alSisi è risultato il vincitore delle elezioni presidenziali attribuendosi più del 90% di preferenze e lasciando al proprio avversario, Moussa, solo il 2%. Il Presidente egiziano, che governerà per i prossimi 4 anni, è in carica dal 2013, quando, da generale, guidò il colpo di Stato che destituì Morsi. Abdel Fattah al-Sisi è, inoltre, sostenuto dai Paesi occidentali per la stabilità instaurata in Egitto dopo le rivoluzioni arabe iniziate nel 2011. All’interno del Paese risulterebbe essere inesistente, dunque, una vera e propria opposizione, fatta eccezione per i fanatici islamisti. 4 aprile. Irruzione della polizia egiziana negli uffici del sito web Masr al-Arabia, reo di aver diffuso un articolo del New York Times che denunciava presunte irregolarità durante le elezioni. Arrestato, inoltre, il direttore Adel Sabri. Sono diverse centinaia i portali web censurati nell’ultimo anno in Egitto, da parte delle autorità, in nome della battaglia contro le fake news. ISRAELE 3 aprile. Il primo ministro Netanyahu ha annunciato

Il 18 marzo, all’alba, Erdogan ha annunciato la caduta di Afrin, la città curda oggetto dell’operazione denominata “Ramoscello d’ulivo”. L’offensiva, intrapresa il 20 gennaio 2018 dalle forze turche, era stata presentata come mezzo per sconfiggere le forze dell’YPG, le milizie armate alleate del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, considerato dal governo come un gruppo terroristico. L’avanzata delle milizie turche nella città, insieme alla divisione Al-Hamza dell’Esercito Libero Siriano è avvenuta senza particolari ostacoli, in quanto la maggior parte dei guerriglieri dello YPG si era ritirata nei giorni precedenti. Oltre alle truppe armate, 150.000 civili si sono dati alla fuga, specialmente in seguito alla distruzione di numerose infrastrutture. Tra queste, l’ospedale: secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sarebbe stato bombardato e 10 persone sarebbero morte durante l’attacco. Il bilancio totale dell’operazione di conquista della città è di 1.400 vittime in due mesi. La situazione attuale sembra tuttavia provvisoria; in effetti, lo YPG ha annunciato che “la resistenza continuerà sino a quando ogni centimetro di Afrin sarà liberato e il popolo di Afrin potrà tornare nei suoi villaggi e nelle sue case”. Erdogan, da parte sua, teme

la creazione, alla frontiera, di un’enclave curda ed è per questo che ha annunciato di voler creare nel territorio conquistato un campo dove saranno trasferiti 170.000 rifugiati siriani. L’obiettivo è creare una sorta di “zona cuscinetto” per scongiurare una possibile espansione curda in Turchia. A sua volta, anche l’Esercito Libero Siriano considera la conquista di Afrin una vittoria; infatti, dopo mesi di pesanti sconfitte contro le truppe governative, la forza araba ribelle è infine uscita vittoriosa da un’operazione militare, non senza l’aiuto delle truppe turche. L’arrivo nella città è stato segnato da un forte simbolismo anti-curdo: i miliziani hanno abbattuto la statua del fabbro Kawa, l’eroe mitologico dei curdi, l’umile che lotta contro il tiranno. L’attitudine turca preoccupa in Europa, e il 31 marzo il presidente francese Emmanuel Macron ha espresso la sua inquietudine, proponendosi inoltre come possibile mediatore in un negoziato eventuale tra forze curde e governo turco. Erdogan non solo ha rifiutato l’offerta, ma programma di invadere un’altra città controllata dai curdi: Manbij, a nord-est di Aleppo. I Paesi parte della coalizione internazionale sono in una posizione difficile: difendere i loro alleati curdi significherebbe combattere direttamente contro le truppe turche. MSOI the Post • 7


MEDIO ORIENTE di non voler portare a termine l’accordo già firmato con l’UNHCR e che avrebbe ricollocato, nei prossimi 5 anni, 16mila richiedenti asilo in diversi Paesi occidentali. Sono circa 40.000 i profughi africani stanziati in Israele, per lo più eritrei e sudanesi, ai quali non è mai stato concesso l’asilo. Diverse migliaia, quelli che avrebbero rischiato di essere espulsi in Uganda e Ruanda, eventualità sventata grazie all’intervento della Corte Suprema. L’ONU ha chiesto a Netanyahu di riconsiderare la propria posizione su un accordo definito come “vantaggioso per tutti”. PALESTINA 2 aprile. Sale a 17 il numero dei morti a seguito della risposta violenta da parte di Tel Aviv alla manifestazione pacifista, svoltasi a Gaza il 30 marzo scorso, che aveva radunato alla frontiera migliaia di palestinesi. Durante la manifestazione, solo una frangia dei manifestanti avrebbe intentato una guerriglia con sassi e incendi di pneumatici, ma nessuno avrebbe cercato di varcare la frontiera. SIRIA 4 aprile. Si è svolto, ad Ankara, l’incontro che dovrebbe portare i Presidenti di Russia, Turchia e Iran ad un accordo trilaterale sulla Siria. Si tratta del secondo Summit dopo quello avvenuto presso la città di Sochi e spicca, come allora, l’assenza di un rappresentante siriano. Il ministro della Difesa israeliano, Lieberman, si è definito “particolarmente preoccupato” per la mancata presenza occidentale di UE, ONU e USA, in una sede decisionale inerente il futuro assetto di un Paese in guerra da ormai 8 anni. A cura di Lorenzo Gilardetti 8 • MSOI the Post

LA SINDROME DEL PRIMO DELLA CLASSE Mohammed Bin Salman fa parlare di sé.

Di Jamie Reure Il 19 marzo il Principe saudita, plenipotenziario del reame, dichiarava ai giornalisti del programma televisivo americano 60 minutes: “Solo la morte potrà impedirmi di governare”. Da lì a pochi giorni avrebbe infatti compiuto la prima visita ufficiale alla Casa Bianca. Naîves le voci, fra cui quella dell’autorevole Human Right Watch, secondo cui Mohammed Bin Salman avrebbe arrestato e imprigionato al Ritz Carlton di Rijad numerosi principi e notabili sauditi accusati di corruzione. Tacendo riguardo la guerra in Siria e sulle campagne anti-corruzione, MBS ricorda i passi che il suo regno sta compiendo verso l’uguaglianza uomo-donna e la modernizzazione. Poi passa all’Iran: se Khamenei viene paragonato a Hitler, le mire espansionistiche del Paese richiamano la Germania nazista. Il Principe aggiunge: “L’Iran non è nostro rivale”, poiché il quinto Paese musulmano per popolazione avrebbe un economia ben più debole di quella saudita. Ma una cosa è certa per il leader saudita: se Teheran si doterà di armi nucleari, Rijad la seguirà.

Invece, Trump ha accolto la delegazione del Regno esortandola a condividere la loro ricchezza attraverso investimenti negli States, quasi facendo eco all’intervista rilasciata dal Principe qualche giorno prima. La relazione lunga 80 anni con Washington e l’alleanza più durevole della storia del Medio Oriente potrebbero valere investimenti ingenti, in forma di un importante acquisto di macchinari bellici. Molti temono, però, che l’intervista e la visita ufficiale siano un modo per riabilitare agli occhi dell’opinione pubblica MBS, sotto i riflettori per la questione yemenita senza dimenticare la rottura diplomatica e la tensione diplomatica con Qatar. La risposta dell’Iran non si è fatta aspettare: “Un principiante in preda al delirio” dice Rohani del Principe, avvertendolo di non giocare a dadi con la morte. A Rijad ha destato scalpore che l’Iran oggi sieda attorno ad un tavolo assieme a Turchia e Russia per decidere il futuro della Siria. L’indiretta risposta della petromonarchia? Affermare che Israele ha diritto ad una propria terra, e incontrare negli States vari gruppi militanti pro-Israele. Fino a che punto arriverà l’Arabia per compiacere l’alleato americano?


RUSSIA E BALCANI 7 Giorni in 300 Parole ALBANIA 31 marzo. Centinaia di albanesi e kosovari hanno protestato per l’introduzione da parte del governo albanese di un nuovo pedaggio per l’utilizzo della “Strada della Nazione”, tratto di autostrada che collega i due Paesi. 13 agenti e 3 manifestanti sono rimasti feriti. Il Tribunale di Tirana ha ordinato il fermo per 11 manifestanti. ARMENIA 2 aprile. 3 armeni, 3 russi e 2 iraniani sono rimasti feriti in seguito all’esplosione di una bombola pressurizzata posta all’interno di un locale della nota catena di fast food Burger King della capitale. Tra di loro, una bambina di 8 anni, la quale si trovava in condizioni critiche, è ora fuori pericolo a seguito di un intervento chirurgico. GEORGIA 30 marzo. Il ministro dello Sviluppo regionale e delle Infrastrutture, Zurab Alavidze, si è dimesso. Il primo ministro, Giorgi Kvirikashvili, ha annunciato che a sostituirlo sarà Maia Tskitishvili, ex capo dell’amministrazione governativa. Tale notizia sembrava circolare da giorni, ma solo venerdì, l’ormai ex Ministro, ha annunciato di voler ritirarsi dall’incarico per ragioni private.

RUSSIA 2 aprile.

La

Federazione

CARCERE DURANTE LA GIORNATA DELLA LIBERTÀ Nel centenario dell’indipendenza bielorussa decine di oppositori in arresto

Di Andrea Bertazzoni Lo scorso 25 marzo, in occasione del centenario della nascita della Repubblica Popolare Bielorussa, a Minsk e in tante altre città del Paese si sono tenute manifestazioni di commemorazione e protesta. Quest’anno, per il Den Voli (“Giorno della libertà”), il governo bielorusso ha rilasciato il permesso a oppositori e attivisti di organizzare le celebrazioni e affiggere targhe commemorative. Il 25 marzo non è mai divenuto festività nazionale, in quanto, in seguito alla resa russa nei confronti degli Imperi Centrali, l’indipendenza del 1918 durò poco tempo, dal momento che già nel 1919 la Bielorussia venne presa sotto il controllo sovietico. La festa d’indipendenza ufficiale è ancora oggi il 3 luglio, giorno in cui viene commemorata la sconfitta del nazismo e che quindi rispecchia l’orientamento filorusso delle autorità di Minsk. L’approvazione da parte di Lukashenko, in carica dal 1994, aveva dunque destato stupore e trasmesso coraggio agli attivisti, che, tuttavia, già alla vigilia della manifestazione sono stati vittime di numerosi arresti. Tra le persone fermate dalle forze dell’ordine c’è anche l’ex candidato alle

presidenziali 2010 Mikola Statkevich. In totale la polizia bielorussa ha fermato circa 30 persone, intente a partecipare ai concerti, alla “Marcia per la dignità e la libertà” e a mostrare cartelloni e bandiere biancorosse, i colori della Repubblica Popolare. Non si è fatta attendere la reazione dell’Unione Europea, la quale, attraverso le parole di Maja Kocijancic, portavoce per gli affari di politiche di sicurezza, vicinato e allargamento, ha richiesto scarcerazione l’immediata delle persone arrestate in tutta la Bielorussia il 25 marzo. Kocijancic ha anche ricordato gli importanti passi in avanti intrapresi dal Paese per il riconoscimento della sovranità dei diritti fondamentali dell’uomo e il ruolo chiave di questi ultimi per i rapporti tra Bruxelles e Minsk. Ciò che è accaduto in occasione di questa ricorrenza non è tuttavia una novità: già in passato le celebrazioni erano state caratterizzate da arresti di massa e repressioni da parte delle autorità. L’anno scorso vennero fermati 500 manifestanti, la metà dei presenti. Tra questi, numerosi studenti, categoria che, a questa tornata, sembrano essere stata risparmiata. MSOI the Post • 9


RUSSIA E BALCANI Russa ha inviato una nota all’Organizzazione per la Proibizione delle armi chimiche richiedendo i risultati dell’indagine avviata sul gas nervino utilizzato per avvelenare Sergei Skripal e la figlia Yulia. Da quanto riferito dal rappresentante russo nell’Organizzazione, i dati saranno resi pubblici alla fine di questa settimana o all’inizio della prossima. 4 aprile. Vladimir Putin ha incontrato, ad Ankara, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e il presidente iraniano, Hassan Rouhani. Il meeting ha riaffermato la volontà dei tre Stati di cooperare per il sostegno al mantenimento della sovranità siriana a alla definitiva eliminazione di Daesh e di AlQaeda sul territorio. Erdogan ha voluto, inoltre, rimarcare come le milizie curde siriane ambiscano agli stessi obiettivi dei terroristi jihadisti, richiamando, perciò, all’intervento serrato anche nell’area di Afrin.

UCRAINA 31 marzo. Il governo ha ufficialmente pubblicato sulla gazzetta governativa la decisione diterminareleattivitàdicooperazione economica con la Federazione Russa per il periodo 2011-2020. Esse prevedevano la possibilità di attuare una libera circolazione dei cittadini di entrambi i Paesi, l’amplificazione del libero scambio di merci e sistemi integrati di pagamento e di protezione degli investimenti. A cura di Amedeo Amoretti 10 • MSOI the Post

MOSCA VS. TELEGRAM

L’ultima frontiera del controllo dell’informazione e dell’opposizione in Russia

Di Elisa Todesco È ormai noto che Mosca ultimamente abbia un rapporto conflittuale con diversi tra social media, blog e altre piattaforme, online o meno, che consentano un libero scambio di opinioni e un libero flusso di comunicazione fra gli utenti senza che queste possano essere monitorate dal governo. Dopo la famosa legge del 2016 che permette il controllo delle informazioni (a sua volta concesse di controllare blog e conversazioni private), risale appena al novembre scorso l’ultima norma volta a monitorare e controllare le fonti di informazione alle quali hanno accesso i cittadini russi. Infatti, secondo quanto previsto dal decreto legge di novembre, le testate che ricevono finanziamenti dall’estero possono essere bollate come agenti stranieri e, quindi, controllate. Il 20 marzo 2018 il Cremlino ha cercato di estendere il suo controllo sulla popolare applicazione Telegram. La app, sviluppata da Nikolai e Pavel Durov, due fratelli di San Pietroburgo, è un servizio di messaggistica istantanea caratterizzata dalla riservatezza garantita ai suoi utenti e dall’impossibilità di decrittare i loro messaggi, caratteristiche che l’hanno resa molto popolare in Russia, ma anche poco digesta al governo. Per questo, nel marzo scorso, alla Telegram Llc era arrivato un ultimatum da parte del

governo russo: la società si sarebbe dovuta impegnare a consegnare entro 15 giorni (scaduti mercoledì 4 aprile) le chiavi di decrittazione dei messaggi degli utenti all’FSB, i servizi segreti russi, altrimenti sarebbe stata bannata in territorio russo. La stessa richiesta era già stata inoltrata nel 2017, e quando i Durov si rifiutarono di consegnare le chiavi di lettura vennero condannati a pagare una multa di 880.000 rubli (14.000 dollari). Anche questa volta Telegram ha dichiarato di essere sul piede di guerra. Pronti a difendere il diritto alla privacy dei suoi utenti, i fratelli Durov sono pronti a schierarsi contro il Cremlino per garantire il modus operandi della loro applicazione. Per questa ragione, anziché muovere nuovamente ricorso, quest’anno Dmitry Dinze, avvocato di Telegram, ha fatto pervenire una lettera al Servizio Federale di Supervisione delle Comunicazioni, spiegando che è strutturalmente impossibile rivelare le chiavi per la struttura stessa del servizio di messaggistica. Essendo basata su criptazione end-to-end, con chiavi generate in automatico ogni tot minuti e messaggi salvati su un cloud e non in un luogo fisico, è effettivamente impossibile andare a decrittare i messaggi scambiati su Telegram. Tutto questo con buona pace dell’FSB, cui non resta che fare causa a Telegram o, effettivamente, bloccarlo, rischiando di scatenare la reazione degli utenti.


ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole

KIM SI PREPARA AI NEGOZIATI Dopo i cinesi, i sudcoreani aprono al dialogo

Di Emanuele Chieppa

CINA 2 aprile. Si inasprisce la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti. Pechino ha annunciato un aumento dei dazi del 15-25 % su 128 prodotti statunitensi e Washington ha risposto aumentando, del 25%, le tassazioni su oltre 1300 prodotti made in China. Tra i settori colpiti rientra anche quello dell’hi-tech, che ricopre il 10% delle esportazioni cinesi negli USA. 4 aprile. Pechino contrattacca imponendo dazi del 25% su 106 prodotti americani. Le esportazioni statunitensi subirebbero, così, perdite complessive pari a $50 miliardi. Le conseguenze del ping- pong commerciale tra Cina e USA si stanno riversano, inoltre, sull’andamento dei mercati finanziari. INDIA 2 aprile. Sarebbero otto le vittime degli scontri avvenuti durante le proteste della casta dei Dalit, anche detti “intoccabili”. In migliaia hanno manifestato contro la decisione della Corte Suprema di indebolire l’atto parlamentare SC/ST (Scheduled Castes and Tribes). La legge in questione renderebbe perseguibili le violenze contro la comunità più povera della società indiana. Nonostante il sistema delle caste sia stato ufficialmente abolito nel 1947, con l’indipendenza dal Regno

Il cammino intrapreso dalle Coree verso una insperata normalizzazione dei rapporti negli ultimi mesi ha mostrato sviluppi positivi. Tra tanti, le scuse offerte dal generale Kim Yong-chol alla stampa sudcoreana, che si era recata in a Pyongyang per seguire un concerto di musica K-pop e a cui era stato vietato di prendere parte al concerto. Il Generale è lo stesso che, nel 2010, fu responsabile dell’affondamento di un’imbarcazione della marina militare sudcoreana, in cui morirono 46 persone. Secondo la stampa occidentale, l’avvenimento avrebbe un particolare significato diplomatico, per il fatto che proprio un ufficiale di alto rango sia stato scelto per trasmettere le scuse direttamente ai giornalisti. La Corea del Nord, infatti, non ha mai prima d’ora, fatto ammenda per qualcosa, fosse anche in via ufficiosa. Il presidente sudcoreano Moon Jae-in incontrerà, entro la fine di aprile, il leader nordcoreano. Un evento diplomatico analogo non si verificava dal 2007 e il primo incontro di questo tipo risale al 2000, quando a Pyongyang il padre dell’attuale Leader Supremo, Kim Jong-Il, ricevette il presidente Kim DaeJung, colui che diede il via al decennio della Sunshine Policy, nel 1998-2008, e che

portò notevoli miglioramenti nei rapporti tra i due Paesi, tra cui anche progetti concreti come la riunificazione della ferrovia e la creazione di una località turistica condivisa. La Sunshine policy venne però affossata dopo le elezioni sudcoreane del 2008: salì al potere Lee Myung-bak, che intraprese una politica più rigida nei confronti della controparte del Nord. Questa scelta fu probabilmente motivata dalla continuazione delle attività militari ostili da parte della Corea del Nord. Il Summit di fine aprile e le evoluzioni successive, che potrebbero portare persino ad un incontro con il presidente Trump, lasciano quindi ben sperare. Kim, recentemente, ha fatto visita al vertice del governo cinese Xi Jinping. Secondo gli esperti, l’incontro servirebbe al leader nordcoreano per consolidare la dignità contrattuale e diplomatica nazionale, in vista del possibile summit con Donald Trump. Non è difficile immaginare che il programma nucleare servirà da moneta di scambio pernegoziarelapropriasovranità alla Corea del Nord, che, sottoposta a sanzioni stringenti, probabilmente desidera allentare la presa da parte della comunità internazionale per dare respiro alla propria economia. MSOI the Post • 11


ORIENTE Unito, i crimini commessi contro i Dalit non si sono mai arrestati; solo nel 2016 ne sarebbero stati registrati più di 40mila.

GUERRA DEI DAZI TRA CINA E USA

La Repubblica Popolare reagisce alla politica di Trump

MALESIA 30 marzo. Sventato attacco cibernetico alla Bank Negara Malaysia. Gli hacker avrebbero inviato alla banca centrale false richieste di ottenimento del codice SWIFT, utilizzato per i trasferimenti di denaro. Secondo quanto dichiarato, non vi sarebbero state ripercussioni sul funzionamento del sistema bancario malese. NUOVA ZELANDA 3 aprile. Il governo neozelandese ha varato una legge che permetterà, ai cittadini precedentemente incriminati per essere omosessuali, di ottenere la cancellazione ufficiale delle accuse. L’omosessualità è stata considerata un crimine fino al 1986. VIETNAM 1 aprile. Sembrano essersi calmate le acque del Mar Cinese Meridionale. L’incontro ufficiale, avvenuto ad Hanoi, tra il ministro degli esteri cinese, Wang Yi, e il ministro degli esteri vietnamita, Phạm Bình Minh, ha dato il via ad una cooperazione pacifica tra i due Paesi nella gestione delle dispute. Entrambe le parti avrebbero concordato nell’evitare di adottare misure unilaterali e nel procedere nel rispetto del diritto internazionale. La Cina rivendica il 90% delle isole dell’area, alcune delle quali sarebbero pretese anche da Filippine, Brunei, Taiwan, Malaysia e Vietnam. La zona, oltre ad essere in una posizione geograficamente strategica, in termini di difesa e commercio, risulta ricca di petrolio e riserve di gas. A cura di Gaia Airulo 12 • MSOI the Post

Di Alessandro Fornaroli Lunedì 2 aprile, Trump ha firmato un documento che prevede una tassazione per alcuni prodotti esportati in Cina. Tale manovra è stata giustificata dal tycoon come reazione all’hackeraggio di proprietà intellettuali appartenenti a industrie americane da parte di alcune aziende cinesi. Attualmente, il provvedimento, inserito nella sezione 301 del Trade Act del ’76, non ha ancora avuto applicazione pratica. Il segretario del Tesoro Steven Munchin ha dichiarato che la sua esecuzione dipenderà dalle trattative tra i due Paesi. Il rappresentante statunitense dei commercianti, Robert Lighthizer, ha invece spiegato come il borderò degli elementi su cui saranno imposti i dazi, dal valore complessivo di 50 miliardi di dollari, sia stato calcolato da un algoritmo creato appositamente per minimizzare il danno degli esportatori americani e massimizzare quello dei consumatori cinesi. La Repubblica Popolare si è recentemente impegnata nel tentativo di affermare lo yuan

come moneta internazionale, prezzando i barili di greggio con la propria valuta. E non è rimasta passiva. Il Governo di Xi avrebbe infatti chiesto l’applicazione di tariffe extra a più di 120 prodotti americani, tra cui vino, maiale e noccioline. Adrian Brown, reporter di Al Jazeera, spiega come la manovra da 3 miliardi di dollari sarebbe stata giustificata dal Partito Comunista quale lo strumento per salvaguardare il bilancio dalle perdite causate da Trump. Se alcuni pensano che un aumento del prezzo della carne suina inciderà significativamente sul portafoglio dei cittadini cinesi, altri sottolineano quanto rilievo abbia la possibilità di importare ancora liberamente prodotti primari come la soia. Il CCP ha inoltre dichiarato che i suoi dazi, a differenza di quelli della controparte, rientrano perfettamente nel regolamento della WTO. In questo clima di tensione bilaterale, il deteriorarsi del legame economico USA-Cina potrebbe indurre gli States ad avvicinarsi ad altri continenti come l’Europa e il Giappone, siglando con loro nuovi accordi commerciali.


AFRICA 7 Giorni in 300 Parole CAMERUN 2 aprile. 12 turisti europei e 6 camerunesi sono stati liberati dopo essere stati sequestrati e tenuti in ostaggio da un gruppo di “terroristi secessionisti” della zona anglofona del Paese, emarginata e sottosviluppata rispetto alla più estesa zona francofona. Il principale movimento secessionista Ambazonian Defence Force (ADF) ha negato ogni legame con l’episodio. Nel mese di marzo, un ingegnere tunisino veniva ucciso nella stessa regione.

ETIOPIA 2 aprile. Il neo primo ministro, Abiye Ahmed, ha conquistato politici e cittadini presenti ad Addis Abeba e radunatisi per ascoltare il suo discorso di insediamento. Tra i principali obiettivi, spiccano la volontà di riconciliare le comunità Oromo e Somali e la ricerca di un dialogo con l’Eritrea.

MOZAMBICO 4 aprile. La città di Quelimane, è stata colpita da una malattia di origine ancora sconosciuta e che trova nei bambini i principali bersagli e veicoli di contagio. I sintomi, del tutto simili a quelli

CHI ERA WINNIE MANDELA? Una vita tra lotte sociali e scandali

Di Guglielmo Fasana Winnie Mandela è morta il 2 aprile scorso, all’età di 81 anni. Com’era legittimo aspettarsi, la sua scomparsa ha generato in Sud Africa un diffuso sentimento di lutto, malgrado il fatto che il suo nome sia stato accostato nel corso degli anni a numerose vicende giudiziarie. A dispetto di tutto ciò, nel cuore e nella mente dei cittadini sudafricani, resterà sempre il simbolo della lotta all’Apartheid; d’altro canto, come sarebbe possibile il contrario, quando suo marito è stato Nelson Mandela, che all’emancipazione dei neri ha dedicato l’intera vita? Secondo un articolo uscito sul New York Times, Winnie è stata una donna “affascinante, intelligente, complessa, fiera ed eloquente” e a suo tempo furono proprio queste le qualità che spinsero Nelson a lasciare la sua prima moglie per cominciare un percorso con lei. Potrà sembrare cosa ovvia, ma il rischio derivante dal fatto di aver sposato uno degli uomini più influenti della fine del XX secolo è proprio quello di essere relegati in secondo piano, o, per lo meno, di brillare della sua luce riflessa. Infatti, durante i suoi anni di lotta in parallelo con il marito, Winnie ha sempre insistito pubblicamente affinché il suo ruolo venisse considerato separatamente da quello dello sposo. Per certi versi così è stato. Winnie Mandela aveva infatti acquisito, durante i lunghi anni di prigionia di Nelson, lo status

di “madre della nazione”, riconoscimento che ha tuttavia faticato a mantenere anche negli anni successivi alla liberazione del marito. “Io non sono un prodotto di Mandela” ha affermato con decisione nel corso di un’intervista. Piuttosto, ciò che più contraddistingue il suo attivismo – segnato dalla dura condanna degli afrikaner e dell’uomo bianco – è frutto della sua esperienza nelle periferie e nelle carceri di Johannesburg. Una visione incompatibile con quella di Nelson, che si è sempre adoperato per superare le tensioni e favorire la riconciliazione. L’immagine di Winnie è stata in seguito offuscata dall’allegazione di aver promosso atti di violenza nei confronti dei traditori della causa. Secondo alcuni, questo tipo di atteggiamento sarebbe valso tra l’altro ad avvicinare le giovani generazioni cresciute nelle townships degradate. Nel 1991, al culmine della lotta politica per la fine dell’oppressione razziale, Winnie è stata condannata con l’accusa di aver ordinato il rapimento di 4 ragazzi, uno dei quali venne poi ucciso dal capo della sicurezza di Winnie. Quale che sia stato il metodo, talvolta poco trasparente, che le ha permesso di compiere la propria opera, è innegabile che il ruolo di Winnie Mandela nel superamento dell’Apartheid sia stato fondamentale. Lo scorso 3 aprile, il governo ha annunciato 10 giorni di lutto nazionale. MSOI the Post • 13


AFRICA della malaria, si manifestano sotto forma di ipertermia, mal di testa e dolori articolari. Dai primi esami medici sui soggetti colpiti, si esclude si tratti di malaria. SOMALIA 3 aprile. Il Paese sta vivendo la più grande crisi politica dall’insediamento del governo. Il presidente del Parlamento, Mohamed Osman Jawari, più volte accusato di abuso di potere e di ostruzionismo alle riforme costituzionali, non accoglie l’invito alle dimissioni. In quello che si delinea sempre di più come un gioco di forza tra il Presidente del Parlamento ed il primo ministro, Ali Hassan Khaire, Jawari riesce, tuttavia, a superare due mozioni di sfiducia.

SUDAFRICA 4 aprile. L’ex presidente Zuma ha pagato il tributo per Winnie Madikizela-Mandela, moglie di Nelson Mandela e attivista nella lotta all’apartheid, scomparsa lunedì 2 aprile. Il Presidente la ricorda come “una madre, una leader ed una persona speciale”. ZAMBIA 4 aprile. Il governo ha ritirato il personale militare impiegato per ripulire la capitale ed altre città dal colera, che in 7 mesi ha ucciso più di 80 persone. Dopo il dimezzamento del numero di nuovi casi è stato possibile riaprire scuole e mercati. A cura di Federica De Lollis

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IL RISVEGLIO ECONOMICO DELL’AFRICA Grazie alla ZLEC il commercio intra-africano aumenterà del 22% entro il 2022

Di Jessica Prieto Il trattato firmato il 21 marzo a Kigali, capitale del Rwanda, da 44 Paesi africani ambisce ad un ruolo di rilevanza nella determinazione del futuro del continente. Per la prima volta i Paesi appartenenti all’Unione Africana, senza alcuna pressione da parte di attori economici internazionali come il Fondo Monetario Internazionale o la Banca Mondiale, hanno deciso di creare una zona di libero scambio continentale, cosiddetta ZLEC (Zone de Llibre-Échange Continentale). Il progetto, le cui trattative sono iniziate nel 2012, prevede la soppressione immediata delle barriere tariffarie sul 90% delle merci di scambio tra i Paesi africani, mentre il restante 10% dei dazi sui prodotti sensibili verrà eliminato in un secondo momento. Secondo l’ultimo libro degli economisti Nora Dihel e Arti Grover Goswani, intitolato The Unexplored Potential Trade in Services in Africa, l’eliminazione delle barriere economiche permetterà lo sviluppo della manifattura locale e di importanti servizi come quelli del trasporto, della comunicazione e della sanità, che sono considerati i principali motori di sviluppo. Inoltre, con la creazione della ZLEC l’Africa potrà ingrandire la sua economia di export e ridurre la dipendenza dalle

importazioni dei propri partner economici, in primis Cina e USA. Così, mentre colossi dell’economia mondiale, come gli Stati Uniti di Trump, minacciano il mondo con l’imposizione di un nuovo protezionismo, un’importante lezione di collaborazione e solidarietà arriva da quello che conosciamo come il “Terzo Mondo”. Durante la conferenza, il presidente dell’Unione Africana, Moussa Faki, ha commentato l’accordo come “una nuova tappa nella marcia verso l’integrazione”, mentre il presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, ha parlato di “un’occasione enorme per l’Africa, un continente che è stato diviso 134 anni fa dalla Conferenza di Berlino e che finalmente ha deciso di unirsi”. Tuttavia, nonostante le grandi speranze che la maggior parte dei Paesi africani nutre attorno al progetto, vi sono alcune significative assenze. Tra coloro che hanno deciso di non sottoscrivere il trattato, infatti, si possono annoverare Burundi, Uganda, Benin, Namibia, Eritrea, Sierra Leone e soprattutto Nigeria e Sud Africa, i Paesi che trainano l’economia del continente. Ciononostante, l’accordo rappresenta un vento di speranza tra le mille barriere che troppo spesso vengono alzate piuttosto che abbattute.


AMERICA LATINA 7 Giorni in 300 Parole ARGENTINA 2 aprile. L’ONG Avivi ha denunciato una serie di abusi su minori all’interno del Club Atlético River Plate, una delle squadre di calcio più famosa del Paese. Secondo le testimonianze di un ex giocatore, gli abusi sarebbero avvenuti a Buenos Aires, dove lui e altri ragazzi avrebbero ricevuto denaro in cambio di prestazioni sessuali. BOLIVIA 3 aprile. Una giuria civile statunitense, in Florida, ha dichiarato l’ex presidente boliviano, Gonzalo Sanchez de Lozada, ed il suo ex ministro della Difesa, Carlos Sanchez Berzaín, colpevoli della morte di diversi civili, avvenute durante la repressione di alcune proteste nel 2003. Il processo, richiesto da 9 familiari delle vittime, condannerebbe al risarcimento di $10 milioni

BRASILE 5 aprile. Il Tribunale Federale Supremo brasiliano ha respinto la richiesta di habeas corpus, dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva. La sofferta decisione ha richiesto circa 10 ore di discussione tra i giudici della Corte; la giuria, composta da 11 magistrati, vedeva contrapporsi 5 voti a favore della libertà di Lula e 5 altri a favore dell’esecuzione della pena. Decisivo è stato il voto

PERU’: IL NEO PRESIDENTE NOMINA LA SQUADRA DI MINISTRI Dopo la nomina di Villanueva a Primo Ministro, presentati i membri della squadra di Governo

Di Riccardo Gemma Dopo appena una decina di giorni dalla nomina a Presidente della Repubblica, Martin Vizcarra ha presentato i membri della nuova squadra di Ministri del Governo peruviano. Vizcarra, che è subentrato il 23 marzo al predecessore Pedro Pablo Kuczynski dopo le pesanti accuse di corruzione, ha giurato di fronte al Congresso e con esso anche César Villanueva, che prende ora in mano le redini del Paese in qualità di Primo Ministro. Si tratta essenzialmente di un governo tecnico, che trova un solido appoggio anche tra i partiti dell’opposizione: in generale, i nuovi Ministri sono figure poco conosciute nel mondo della politica, una scelta questa in controtendenza al Governo precedente, che lo stesso Vizcarra ha etichettato come “di lusso”. La nomina arriva in un momento delicato in cui più che mai è necessario dare un segnale ai cittadini ancora scossi dalle accuse a Kuczynski e la sua conseguente rinuncia all’incarico. Da qui la scelta di Ministri tecnici, in buona parte cresciuti professionalmente in aziende private o nel settore pubblico, ma appunto volti poco noti nell’ambiente politico. L’economista David Tuesta, già direttore della Corporazione Andina per lo Sviluppo, nonché professionista dalla lunga esperienza nel settore bancario, è stato incaricato Ministro

dell’Economia e della Finanza. Di grande importanza è stata la nomina di Francisco Ismodes a Ministro dell’Energia e delle Miniere: Ismodes vanta un’esperienza di oltre vent’anni nel settore minerario, un bagaglio indispensabile in un Paese che deve molto del suo recente sviluppo alla produzione di rame e argento. Il nome più discusso compare alla voce Ministro della Giustizia: il posto è stato assegnato a Salvador Heresi, fondatore e segretario generale del partito Peruanos por el Kambio, lo stesso partito che aveva in precedenza sostenuto proprio l’elezione di Kuczynski. A capo del Ministero degli Esteri è stato invece assegnato Néstor Popolizio, uomo dalla lunga carriera nella diplomazia in cui ha ricoperto il ruolo di ambasciatore in Colombia e Portogallo, oltre ad avere rappresentato il Perù di fronte alle Nazioni Unite. Proprio la politica estera sarà il terreno su cui si giocherà una delle prime sfide che questo nuovo Governo si impegna ad affrontare pronunciando il giuramento: il 13 e 14 aprile si terrà a Lima l’VIII Summit delle Americhe, occasione importante per discutere del futuro del Paese e delle relazioni con le altre Nazioni. Al Summit parteciperanno i rappresentanti di una trentina di Stati del continente americano, mentre è stato ritirato l’invito al presidente venezuelano Maduro. MSOI the Post • 15


AMERICA LATINA espresso dalla presidente del Tribunale, Carmen Lucia. GUATEMALA 1 aprile. L’ex dittatore guatemalteco, José Efraín Ríos Montt, è morto, all’età di 91 anni a causa di un infarto. Nel 2013 era stato condannato ad 80 anni di carcere per lo sterminio di 1.741 indigeni Maya, massacrati dall’esercito negli anni della sua dittatura; la Corte costituzionale aveva, tuttavia, annullato la sentenza per errori procedurali e Riòs Montt avrebbe dovuto affrontare un nuovo processo. 1 aprile. Dopo l’annuncio del presidente Jimmy Morales, l’esercito guatemalteco si è ritirato dalle strade del Paese dopo 18 anni; la presenza dei militari nelle città e nei comuni era stata voluta dall’ex presidente Alfonso Portillo per contrastare l’alto numero di omicidi. I soldati rimossi verranno riorganizzati in squadre speciali e spostati ai confini del Guatemala. V E N E Z U E L A 4 aprile. La visita di alcuni rappresentanti dell’opposizione al presidente francese, Emmanuel Macron, ha scatenato diverse reazioni da parte del governo venezuelano. Romain Nadal, l’ambasciatore francese a Caracas, ha ricevuto una nota di protesta, nella quale il gesto di Macron viene definito “ostile” e si richiede alla Francia di rispettare la sovranità nazionale del Paese. Più tardi, il presidente del Venezuela Nicolás Maduro ha definito il governo francese “razzista”. A cura di Elisa Zamuner

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ALVARADO Vs. ALVARADO

Il candidato della sinistra vince la sfida per la presidenza in Costa Rica

Di Davide Mina Dopo le presidenziali del 4 febbraio, nelle quali nessuno aveva raggiunto la soglia del 40%, il 1° aprile si è tenuto in Costa Rica il ballottaggio tra Fabricio Alvarado e Carlos Alvarado. Carlos, leader del Partido de Acción Ciudadana (PAC), progressista, laicista, socialdemocratico, ha vinto con il 60% dei voti, contro il 39% di Fabricio, leader del Partido de Restauración Nacional (PRN), d’ispirazione cristiano-evangelica. Tra i due candidati non si possono negare elementi di somiglianza: Fabricio è cantante, predicatore evangelico ed ex-giornalista, e Carlos è stato cantante in una band rock e oggi romanziere. Nonostante ciò, gli elementi che li distinguono sono molto forti e si sono potuti osservare nel corso di una campagna elettorale incentrata su temi economico-morali, ovvero la lotta alla corruzione e i diritti delle minoranze sessuali. Fabricio ha fondato la sua campagna sull’indignazione a seguito dell’introduzione dell’educazione sessuale come materia scolastica a partire dal 2018. Lo scorso dicembre a San José, la capitale del Paese, si è tenuta una “Marcia della vita” con cui esponenti delle chiese cattolica ed evangelica hanno denun-

ciato la paura e la convinzione che venissero introdotte delle “guide sessuali” con l’intento di propagandare una “ideologia di genere”. Il governo del PAC è stato accusato di voler promuovere le relazioni LGTB+ fin dalle scuole primarie. Il 18 maggio 2018 il Governo ha interrogato la Corte Interamericana dei Diritti Umani per sapere se la Convenzione Americana tuteli il diritto all’identità sessuale e le coppie di fatto. La Corte ha decretato che tutti gli istituti riferiti alla famiglia tradizionale debbano essere ammessi anche per le famiglie non eterosessuali, riconoscendo quindi il diritto alla rettificazione del sesso. Questi diritti sono stati perciò riconosciuti nell’Ordinamento senza passare per il Parlamento. Le chiese evangeliche in Costa Rica sono una realtà in rapida ascesa. Per questa ragione, la riconferma di PAC come partito di Governo ha stupito alcuni analisti. D’altronde, anche se campagna del predicatore evangelico si è rivelata fallimentare alle urne, non è stata priva di ogni effetto: ha permesso al candidato di passare dal 2% delle preferenze registrate nei sondaggi del novembre 2017 al 39% dei voti nel ballottaggio di domenica 1° aprile.


ECONOMIA LA CINA SFIDA IL PETRODOLLARO

Debutta a Shangai il petro-yuan, il future cinese sul petrolio

Di Alberto Mirimin La ‘guerra economica’ che da qualche mese sta caratterizzando i rapporti fra Stati Uniti e Cina pare portare dietro di sé un’infinita serie di strascichi. Lo scorso 26 marzo, infatti, ha debuttato sullo Shangai International Energy Exchange, divisione della Borsa di Shangai, il primo mercato di scambi di future sul petrolio in Yuan (unità monetaria della Repubblica Popolare Cinese), perciò denominato ‘petro-yuan’. Il debutto di questi future ha prodotto notevoli risultati: dopo la prima ora dall’apertura dei mercati, i future scambiati ammontavano già a 23.000, per un valore superiore a 10 miliardi di yuan (circa 1,5 miliardi di dollari). Il contratto più attivo, quello con scadenza a settembre, ha aperto a 440,4 yuan al barile, rispetto al prezzo di riferimento di 416 yuan, ed è salito nei primi minuti di contrattazione fino ad un massimo di 447,1 yuan, facendo rilevare una crescita superiore al 7%. Lo stesso contratto, ha poi chiuso la giornata a 429,9 yuan, comunque in rialzo del 3,3% rispetto al prezzo iniziale. Certamente, il lancio del pe-

tro-yuan ha destato molta curiosità fra gli stessi investitori cinesi, dimostrata dal fatto che si sono contate circa 150 istituzioni attive nel Paese. Ma non solo, i dati hanno confermato anche l’interesse degli investitori occidentali verso questi nuovi contratti, con 19 broker stranieri che si sono registrati per partecipare allo scambio. Per capire il perché della strategia economica cinese, è necessario sottolineare che i dati statistici riferiti allo scorso anno hanno ufficializzato il primo posto della Cina nella classifica degli importatori di petrolio. Perciò, dietro alla mossa del governo di Xi Jinping si riscontra facilmente la volontà di internazionalizzare lo Yuan per aumentare la propria rilevanza economica a livello globale e ridurre la dipendenza dalle valute estere. L’idea, infatti, non è solo quella di contrastare il dominio del dollaro, ma anche di scuotere il duopolio mondiale degli attuali barometri di riferimento: il Wti, quotato a New York, e il Brent, a Londra, a oggi riferimenti del commercio mondiale che determinano i prezzi internazionali. Più concretamente, quindi, l’obiettivo della Cina, considerata l’attuale situazione

di dipendenza dalle importazioni di greggio, è poter ottenere un maggior potere di determinazione dei prezzi della materia prima cruciale. In vista di questi obiettivi, gli analisti internazionali hanno concordato nell’affermare che sarà necessario molto tempo per poter anche solo scalfire il duopolio consolidato Wti-Brent, a patto comunque di riuscirci. Infatti, pur ammettendo la rilevanza di questo debutto, essi hanno all’unanimità messo in luce la difficoltà di tale impresa, definendola una scommessa, ostacolata ancora di più dal fatto che le ore di commercio di Shanghai non corrispondono alle ore diurne in Occidente. Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, ha commentato la questione, affermando che “Lo scenario mondiale è cambiato, ora gli Stati Uniti sono il primo produttore e la Cina il primo importatore ed è la Cina che ha più bisogno di prezzi trasparenti ed efficienza informatica. Il future in yuan è un tentativo, ma non dobbiamo dimenticare che ce ne sono stati vari nella storia degli ultimi anni e il dominio del Wti non è stato scalfito”.

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ECONOMIA IN SVEZIA L’UTILIZZO DEI CONTANTI È IL PIÙ BASSO IN EUROPA, MA NON SENZA RISCHI Il paese scandinavo potrebbe abolire la circolazione del contante già nel 2023

Di Giacomo Robasto È noto che i Paesi scandinavi siano generalmente molto all’avanguardia quanto all’utilizzo delle nuove tecnologie nella vita di tutti i giorni. Tuttavia, tra di essi, è degna di nota la Svezia, dove molte innovazioni stanno radicalmente entrando nella vita quotidiana della popolazione, sradicando così le vecchie abitudini, come i pagamenti in contanti. Negli altri Paesi membri dell’Unione Europea, il contante rappresenta ancora lo strumento di pagamento privilegiato. Infatti, nel 2017, circa il 79% dei pagamenti al dettaglio sono stati realizzati in contante, mentre le carte di credito e altri strumenti elettronici hanno contribuito solo al 19% delle transazioni. La Svezia, dall’altra parte, ha intrapreso con decisione la via verso una società ‘cashless’. Basti pensare che l’anno scorso, a Stoccolma, monete e banconote sono state utilizzate solo per l’12% dei pagamenti totali, e che persino in molte chiese le offerte vengono corrisposte con carte di credito e smartphone. Inoltre, il contante in circolazione è sceso al livello più basso dal 1990, con un crollo di ben il 40% rispetto 18 • MSOI the Post

al picco del 2007. La diminuzione di denaro contante dell’ultimo biennio è stata la maggiore mai registrata nella storia del Regno scandinavo. Probabilmente, il Paese che per primo nel 1661 adottò le banconote in Europa ha fatto troppo per eliminarle, tanto che la stessa Banca centrale svedese è in allarme per la volatilizzazione quasi assoluta del contante in alcune zone del Paese, in particolare quelle più remote del Nord. La Riksbank, la Banca centrale svedese, teme che il rapido addio al contante porti alla scomparsa delle stesse infrastrutture necessarie all’utilizzo di banconote e monete, rendendo di fatto parte del Paese impossibilitata a utilizzare il denaro liquido. Ciò implica che il Paese stia per ritrovarsi in una situazione in cui i mezzi pubblici di pagamento sono controllati da commercianti privati, e questo può diventare un problema, in particolare in situazioni di crisi. Per esempio, in caso di catastrofe naturale o tecnologica, avere intere regioni completamente sprovviste di denaro sotto forma cartacea o metallica può rappresentare un problema serio, perché renderebbe

impossibili i pagamenti anche per gli acquisti indispensabili alla sopravvivenza. Nel Paese si sta, perciò, assistendo a una sorta di rivoluzione, che rischia tuttavia di lasciare qualche vittima a terra. In primo luogo, le persone anziane, che per ragioni di digital divide non hanno accesso alle app di pagamento; in secondo luogo, i giovanissimi, che a meno di non avere una carta di credito, non possono usare la loro paghetta; da ultimo, i poveri che, in genere, vivono di contanti. Senza poi dimenticare che tutti possono essere vittime di attacchi informatici che potrebbero compromettere la tracciabilità delle transazioni in qualunque momento. La strada verso una società senza contanti, visti i numerosi vantaggi che essa apporta, sembra ormai quasi segnata, almeno in Svezia. Bisogna, però, tenere in conto che, soprattutto nei Paesi emergenti, l’utilizzo del contante è in continua crescita e che in diversi Paesi di recente ingresso nell’Eurozona (Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia) il contante prevale nettamente. Dunque, vi sono ancora alcuni motivi per continuare a usare le care vecchie monete, almeno nel futuro prossimo.


DIRITTO INTERNAZIONALE ED EUROPEO BLITZ FRANCESE A BARDONECCHIA: UN’ANALISI GIURIDICA Profili giuridici e implicazioni territoriali

Di Chiara Montano La procura di Torino ha aperto un fascicolo di indagine per chiarire i fatti che si sono svolti a Bardonecchia lo scorso venerdì 30 marzo. Questi i reati ipotizzati: abuso in atti di ufficio, violenza privata, violazione di domicilio e, forse, anche perquisizione illegale. Cinque agenti frontalieri francesi, in missione antidroga, hanno fatto irruzione nei locali della ONG Rainbow4Africa, al fine di effettuare un test delle urine ad un migrante sospettato di traffico di stupefacenti. Il procedimento al momento è a carico di ignoti, poiché non si conoscono le generalità degli agenti francesi responsabili dell’irruzione. In seguito alla richiesta di chiarimenti da parte del Governo italiano, le autorità francesi hanno risposto che i controlli si sono svolti nel rispetto della normativa vigente. Le norme europee e gli accordi tra Italia e Francia prevedono, in effetti, che gli agenti francesi possano operare sul territorio italiano, nelle zone di frontiera, ma nel rispetto di determinate procedure e specifici limiti e condizioni. Secondo il parere giuridico dell’ASGI, le norme applicabili alla vicenda sono l’Accordo di Chambery del 1997, il Trattato di Prüm del 2005, ratificato e reso esecutivo dall’Italia con la

legge n. 85/2009 e l’Accordo tra Italia e Francia in materia di cooperazione bilaterale per l’esecuzione di operazioni congiunte di polizia del 2012, ratificato e reso esecutivo con la legge n. 25/15. L’insieme di queste norme è volto a stabilire l’istituzione di appositi uffici o punti di contatto, nonché a disciplinare lo svolgimento delle attività congiunte, sempre con il coordinamento tra le forze di polizia. Ai sensi dell’art. 3 dell’Accordo in materia di cooperazione di polizia del 2012, gli agenti francesi che partecipano ai pattugliamenti e alle altre operazioni congiunte di polizia sul territorio italiano devono operare sotto il controllo e, generalmente, in presenza di agenti italiani. Non risulta, però, che nella vicenda di Bardonecchia si sia verificato alcun coordinamento con le autorità italiane. L’Accordo di Chambery stabilisce che i funzionari di collegamento possano svolgere indagini comuni in accordo con le autorità competenti, ma in nessun caso possano eseguire personalmente operazioni di polizia. Ancora, il Trattato di Prüm stabilisce che i funzionari stranieri siano vincolati alle istruzioni dell’autorità competente dello Stato di accoglienza. Un’ipotesi di emergenza, prevista dall’art. 41 della Convenzione di Schengen del 1985, in cui

gli agenti francesi avrebbero potuto intervenire senza la previa autorizzazione dell’Italia, è costituita dall’inseguimento di un soggetto colto in flagranza di commissione di un reato grave, come il traffico di stupefacenti. Non risulta, tuttavia, che questo presupposto si sia verificato durante la vicenda in questione. Inoltre, in applicazione dello stesso articolo, gli agenti francesi avrebbero dovuto avvertire le autorità italiane competenti, non disponendo del diritto di fermo sul territorio italiano. Sempre l’art. 41 vieta agli agenti l’ingresso nei domicili e nei luoghi non accessibili al pubblico. Il Sindaco di Bardonecchia e il Presidente dell’ONG hanno chiarito che i locali della stazione di Bardonecchia in cui è avvenuto il blitz non sono aperti al pubblico. Infine, possiamo constatare un’ulteriore violazione nel prelevamento coattivo di materiale biologico di un indagato che, stando all’art. 349 c.p.p., non può avvenire senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. In ultima analisi, anche il professor Edoardo Greppi, nel commentare la vicenda, ha sostenuto che, in linea di principio, per effettuare l’irruzione gli agenti francesi avrebbero dovuto disporre dell’autorizzazione dello Stato territoriale.

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DIRITTO INTERNAZIONALE ED EUROPEO CHI HA PAURA DI ESSERE…RICORDATO? Il diritto all’oblio e le responsabilità di Google

Di Stella Spatafora Il diritto all’oblio si collega al tema del ricordo nella sua accezione negativa; può essere pertanto designato come un diritto a essere dimenticati e comporta una valutazione di ciò che si può conservare e ciò che può essere cancellato. D’altra parte, la trasmissione e la condivisione della conoscenza è da sempre una peculiarità molto sentita nella storia dell’umanità, dai racconti orali fino all’era digitale di oggi. Internet ha indubbiamente ampliato e facilitato la reperibilità delle informazioni, rendendone l’accesso rapido e immediato a milioni di persone, contribuendo a una democratizzazione dell’accesso alla conoscenza. Quando si parla di circolazione e accesso alle informazioni online, è fondamentale chiamare in causa il motore di ricerca, di cui Google è un importante esempio. Esso non è autore immediato di contenuti sul web (non è infatti il motore di ricerca a creare le informazioni), ma è lo strumento che permette di reperire facilmente quei contenuti. Esso può tuttavia incappare automaticamente e inconsapevolmente in pagine che potrebbero contenere informazioni personali. Pertanto, il fatto che l’utente in internet possa facilmente risalire in informazioni personali risulta una 20 • MSOI the Post

questione giuridica contorta e ambigua per via delle responsabilità che potrebbero sorgere dalla circolazione di tali dati. Con la facilitazione che i motori di ricerca hanno consentito alla divulgazione dei dati si accentua la contrapposizione tra diritto all’oblio e diritto di cronaca. Il primo si collega al diritto alla deindicizzazione dei propri dati sul web (eliminazione del link dal motore di ricerca collegato a una determinata pagina contenente quei dati); all’opposto, il diritto di cronaca comprime un diritto di privacy, giustificato però da un interesse pubblico e collettivo. A fronte di ciò, è opportuno cogliere un bilanciamento anche in termini di responsabilità per far fronte al “diritto di un soggetto di non vedere pubblicate alcune notizie, già legittimamente pubblicate” dando spazio al diritto all’oblio. La responsabilità circa la divulgazione di dati personali sul web è stata a lungo attribuita alla pagina web di quel determinato contenuto e non al motore di ricerca. La sentenza Google Spain-Mario Costeja Gonzalez (13 maggio 2014, C132/12) ha segnato una rilevante svolta poiché, da quel momento, i motori di ricerca sono diventati soggetti chiamati a rispondere del diritto all’oblio dei cittadini.

Nel caso di specie il sig. Mario Costeja González, cittadino spagnolo, si è posto contro Google Spain e Google Inc. per il fatto che, digitando il proprio nome nel motore di ricerca Google, vi comparivano link verso due pagine del quotidiano La Vanguardia, risalenti al 1998, in cui si annunciava una vendita all’asta di immobili pignorati al Sig. Costeja González. Attraverso tale sentenza, la CGUE ha creato un diritto di occultare taluni dati personali in modo che non figurassero più nei link del motore di ricerca, assecondando così il diritto all’oblio. A partire dal 30 maggio 2014 è infatti possibile, mediante la compilazione di un apposito modulo online, richiedere a Google di eliminare alcuni link a partire dal nome di una persona. Il caso sopracitato ha indubbiamente creato importanti responsabilità in capo a Google; è però importante sottolineare che nessuno può costringere a dimenticare. Il diritto all’oblio deve perciò essere interpretato come un diritto a rendere più difficile il reperimento delle informazioni attraverso la rimozione del link interessato dal motore di ricerca. Non si può dimenticare, ma ricordare con ragionevolezza è possibile.


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