Altrestorie n. 39

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anno quattordicesimo numero trentanove sett./dic. 2012

Il nuovo che verrĂ

PosteItalianeS.p.A.-Spedizioneinabbonamentopostale-D.L.353/2003(conv.inL.27/02/2004n.46) -art.1,comma1,D.C.B.Trento-Periodicoquadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1132. Direttore responsabile: Sergio Benvenuti - Distribuzione gratuita - Taxe perçue - ISSN 1720 - 6812


Nella Grecia della crisi si distribuisce cibo nelle strade

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ALTRESTORIE – Periodico quadrimestrale di informazione Periodico registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1.132 ISSN 1720-6812 Comitato di redazione: Paola Bertoldi, Giuseppe Ferrandi, Patrizia Marchesoni, Rodolfo Taiani (segretario) Direttore responsabile: Sergio Benvenuti Hanno collaborato a questo numero: Bruno Amoroso, Tommaso Baldo, Micaela Bertoldi, Silvia Bertolotti, Vincenzo Besozzi, Stefano Chemelli, Giovanna Fambri, Alberto Ianes, Paolo Malanima, Alice Manfredi, Ilaria Pagano, Francesca Rocchetti, Maurizio Scudiero, Francesca Zeni. Progetto grafico e impaginazione: Graficomp – Pergine (TN). Stampa: Publistampa – Pergine (TN) In copertina: Il monumento del toro realizzata dall’artista siciliano Arturo Di Modica e collocata presso il Bowling Green Park, nel quartiere della borsa di New York (la New York Stock Exchange) a Wall Street. La rivista, o gli arretrati, possono essere richiesti, fino a esaurimento delle copie, presso i recapiti della Fondazione Museo storico del Trentino. I lettori interessati ad acquistare o a informarsi sull’insieme della pubblicazioni della Fondazione Museo storico del Trentino possono collegarsi all’indirizzo internet http://edizionimuseostorico.it o scrivere all’indirizzo di posta elettronica editoria@museostorico.it


anno quattordicesimo numero trentanove sett./dic. 2012

Il nuovo che verrà

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La “Grande depressione”: il Trentino nella prima crisi dell’economia globale degli anni 1873-1895 di Tommaso Baldo

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I futuristi, la guerra e le lobby economiche di Maurizio Scudiero

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Dea Prosperity: Giuseppe Antonio Borgese e la crisi del 1929 di Silvia Bertolotti

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Letterati in tempo di crisi: il caso di Hermann Broch di Stefano Chemelli

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Le misure della crisi in Trentino a cura di Giovanna Fambri e Vincenzo Besozzi

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Cronaca di una crisi annunciata: interviste con Bruno Amoroso e Paolo Malanima a cura di Paola Bertoldi

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Quando la mala finanza intacca l’economia reale: ovvero, alle origini dell’ultima crisi di Alberto Ianes

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La cultura al tempo della crisi di Micaela Bertoldi

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Visitando i luoghi di internet: dove la crisi economica si legge di Alice Manfredi

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Non crisi ma crescita per BRICS e paesi emergenti di Francesca Zeni

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Infomuseo

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Edizioni Fondazione Museo storico del Trentino

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Il nuovo che verrà

“C’è crisi”. Chi non ha utilizzato ultimamente nei propri discorsi – o sentito in quelli degli altri – questa lapidaria espressione? Probabilmente nessuno. È diventata una sorta di refrain, un intercalare ricorrente per cui qualsiasi battito di ciglia o fenomeno di ogni natura viene ricondotto inevitabilmente a questa categoria superiore, che inciderebbe su ogni cosa senza lasciare alcuna via di scampo, colpendo indiscriminatamente ogni singolo individuo. Ma è proprio così? A quale crisi ci si vuol riferire? Come, quanto e da chi è percepita? Quali componenti e/o comportamenti vi contribuiscono? E come incidono sulle diverse situazioni economiche, sociali, culturali, politiche e, perché no, anche religiose? Sono domande evidentemente cui non è facile rispondere e alle quali questo numero di Altrestorie si vuole solo timidamente avvicinare. Un numero per tante ragioni complicato, che, va subito detto, è stato più difficile di altri da progettare. È presto emerso, in-

fatti, come ogni discorso sulla crisi, pur evocando scenari perlopiù economici, di fatto coinvolge una molteplicità di aspetti, che solo nella percezione del loro insieme potrebbe dare il senso reale di una difficoltà diffusa, profondamente radicata nell’ordine delle cose e fonte di continue apprensioni. Sulla base di queste scarne considerazioni si è così pensato di affrontare il tema della crisi chiedendo a quanti hanno accettato di collaborare di spiegare i meccanismi economico-finanziari che hanno condotto alla situazione attuale, di esporne i dati statistici, ma anche di attingere dal passato, o talvolta dall’esperienza personale, quelle suggestioni in grado di raccontare la crisi non solo come un periodo delimitato dal punto di vista spaziale e temporale, non solo come effetto meccanico di un processo economico, ma come una fase transitoria e complessa nella quale agisce, più chiaramente che in altre, quella naturale dialettica che guida il costante passaggio dal vecchio al nuovo (rt).

Fotogramma dal film La febbre dell’oro (The Gold Rush) diretto e interpretato da Charlie Chaplin (1925)

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La “Grande depressione”

grano ammontava a poco È possibile che vi sia stata più di un terzo rispetto alle una crisi economica menil Trentino nella prima crisi quotazioni del 1867; ciò tre popolazione, produebbe inevitabilmente pezione agricola e industriadell’economia globale santissime ricadute sulla le, nonché volume degli degli anni 1873-1895 vita di quel 40-50% della scambi internazionali conpopolazione che anche nei tinuavano ad aumentare? di Tommaso Baldo paesi più industrializzati, È possibile che nel corso di per non parlare di quella questa crisi, durata più di stragrande maggioranza vent’anni, due potenti nazioni (Stati Uniti e Germania) si siano affermate tra di paesi non industrializzati, traeva il proprio reddile massime economie mondiali e che una terza (la to direttamente dal lavoro dei campi. L’effetto della “Grande depressione” in Trentino è ben sintetizzato Russia) abbia iniziato la propria industrializzazione? È possibile perché è quanto accaduto tra il 1873 e il dal grafico sull’andamento produttivo della cereali1895, nel corso di quella che venne chiamata “Gran- coltura che troviamo all’interno di un saggio di Giode depressione” e che oggi possiamo considerare la vanni Gregorini (“L’agricoltura trentina”. In: Storia prima crisi globale dell’economia, cioè la prima crisi del Trentino: 5: L’età contemporanea 1803-1918. A di un sistema di scambi integrato a livello mondiale cura di Andrea Leonardi e Maria Garbari. Bologna: in cui il prezzo del grano argentino si rifletteva sulla Il mulino, 2003: 531-596). Se osserviamo i dati inevita del contadino siciliano e un operaio inglese con- renti agli anni 1884-1889 notiamo diminuzioni nella produzione di frumento (da quasi 70.000 a poco più sumava té prodotto in India. Fu proprio l’interconnessione economica tra diverse di 50.000 quintali), di segale (la cui produzione crolla nazioni e continenti a provocare l’aspetto più visibi- da quasi 50.000 quintali del 1884 ai 25.000 del 1888), le e destabilizzante della crisi da un punto di vista di orzo (sempre intorno ai 25.000 quintali). In aumensociale: il crollo dei prezzi dei prodotti agricoli. La to, seppur altalenante, solo la produzione di mais (da produzione agricola era enormemente cresciuta nel circa 115.000 quintali a quasi 140.000). La produziocorso dell’Ottocento, ma i costi di trasporto aveva- ne di vino sfiorò i 250.000 ettolitri nel 1875, ma già no continuato a proteggere i produttori locali dalla dall’anno successivo ebbe una notevole diminuzioconcorrenza straniera. La situazione cambiò radi- ne, rimanendo sostanzialmente stazionaria sino al calmente con l’espansione della rete ferroviaria e 1890, quando iniziò una crescita intermittente. In il miglioramento dei collegamenti intercontinentali questo caso non era solo la crisi a pesare, ma anche grazie all’introduzione di navi a vapore: in tal modo la diffusione di una malattia della vite, la fillossera, il mercato europeo divenne sbocco delle esportazio- che in Francia tra 1875 e 1889 ridusse di due terzi la ni provenienti da altre parti del mondo provocando produzione vinicola. una caduta verticale dei prezzi. Nel 1894 il prezzo del Come se tutto ciò non bastasse, alla crisi si aggiunse Istituto bacologico di Trento, primi anni del Novecento

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una catastrofe naturale di proporzioni inaudite: l’alluvione che tra il 16 e il 26 settembre 1882 sconvolse il Trentino e l’intero arco alpino orientale. I danni nel “Tirolo meridionale” (l’odierna provincia di Trento) ammontarono a 21.000.000 di fiorini austriaci; le case distrutte o danneggiate furono 300, i morti 51. La crisi globale non riguardò solo i prezzi dei prodotti agricoli. Anche la produzione industriale risentì dello squilibrio tra l’aumentata capacità produttiva e la mancanza di un mercato di massa dei beni di consumo in grado di assorbirla. Gli anni dal 1873 al 1896 furono anni di deflazione in cui il generale ribasso dei prezzi (sino al 40% in Inghilterra) provocò una riduzione del tasso di profitto. In Trentino la crisi colpì duramente l’industria serica, già segnata a metà secolo dalla diffusione della pebrina, che ne decretò l’irreversibile declino. In tal modo i filatoi attivi nel Distretto Camerale di Rovereto passarono dai 43 del 1875 ai 4 del 1893 e gli operai impiegati da 1.600 a 200. Le “gravi difficoltà” che si sommavano alla generale crisi dei prezzi consistevano, secondo l’Unione dei filatori, nella concorrenza di quei paesi privi di una legislazione che limitasse il numero giornaliero di ore lavorative e l’impiego di manodopera minorile; inoltre l’industria della seta austroungarica “non era protetta da nessun dazio contro la concorrenza forestiera e, per di più, aveva da subire questa concorrenza da parte di paesi che non avevano queste provvidenze sociali ed avevano mercedi operaie bassissime come l’Italia, la China ed il Giappone”. La salvaguardia delle produzioni agricola e industriale europea si affidò, pertanto, all’introduzione di tariffe doganali nell’ambito di una nuova divisione del lavoro a livello mondiale. Il protezionismo non toccò, invece, le transazioni finanziarie internazionali (che anzi s’intensificarono). Il mondo iniziò a dividersi nettamente tra paesi industrializzati, abbastanza potenti da proteggere tramite i dazi la propria produzione, e paesi non industrializzati, fornitori di materie prime. I primi divennero potenze egemoni su vaste aree del globo tramite una combinazione di esportazione di capitali e forza militare, i secondi, anche quando non erano esplicitamente colonie, erano condannati a un ruolo subalterno sia in economia che in politica. Ma non erano solo merci e capitali a varcare gli oceani. Le migrazioni assunsero in questa fase proporzioni sino a quel momento inedite. Tra il 1870 e il 1890 più di 10.000.000 di europei abbandonarono il vecchio continente per cercare fortuna altrove. Don Lorenzo Guetti calcolò che dal 1870 al 1888 partirono dal Trentino alla volta del continente americano quasi 24.000 trentini, 1.000 dei quali morirono e poco meno di 2.000 rimpatriarono. Tra la fine del XIX secolo e la prima guerra mondiale si è stimato

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un flusso di circa 20.000-30.000 emigranti l’anno, tra permanenti e temporanei. L’emigrazione non era, però, l’unica risposta alla miseria. La “Grande depressione” segnò anche una radicale trasformazione della politica, avviandola a diventare un fenomeno di massa. I progetti di trasformazione della società nelle sue diverse espressioni iniziarono a non riguardare più ristrette minoranze di cospiratori o di intellettuali, bensì milioni di persone organizzate in partiti e sindacati. Ne è un esempio lo sviluppo dei partiti socialisti: la prima associazione internazionale dei lavoratori fu fondata nel 1864 e la sua esistenza fu travagliata dallo scontro tra ristretti gruppi afferenti a diverse correnti di pensiero. Ognuna di esse faceva capo a uomini che avevano partecipato ai tentativi rivoluzionari del 1848, spesso operanti nella clandestinità o in esilio, quali Karl Marx, Pierre-Joseph Proudhon, Mikhail Bakunin e Giuseppe Mazzini. Disciolta nel 1876, l’Internazionale risorse nel 1889 (seconda Internazionale). Questa volta essa riuniva partiti (primo fra tutti il Partito socialdemocratico tedesco), che presentavano un’impostazione ideologica netta (il marxismo, o meglio una sua riduzione deterministica) e un crescente radicamento nelle classi lavoratrici dei rispettivi paesi. Nel corso della “Grande depressione” sorsero pratiche politiche ben diverse da quelle precedenti, adeguate alle trasformazioni sopravvenute nei processi di produzione. In sostanza i socialisti, anche quelli con un passato da cospiratori quali Friedrich Engels, Andrea Costa e Wilhelm Liebknecht, abbandonarono le ormai desuete barricate per volgersi ad altre forme d’azione, politica, quali le competizioni elettorali, l’attività sindacale, cooperativa e giornalistica, le dimostrazioni di massa e i comizi. Nacquero in tal modo strategie e organizzazioni, che non riguardavano più ristrette “avanguardie”, ma decine e centinaia di migliaia di persone. Il cambiamento di paradigma ideologico e organizzativo può essere ben rappresentato dalla figura di Andrea Costa, già cospiratore anarchico, che abbandonò i propositi di insurrezione armata per divenire il primo deputato socialista del Parlamento italiano. La creazione di strutture politiche ed economiche di massa non era, però, monopolio dei soli socialisti. Sulla spinta della crisi economica anche i piccoli proprietari cominciarono ad organizzarsi, ad esempio attraverso la creazione di Casse rurali e cooperative di consumo e produzione. In Trentino il movimento cooperativo si sviluppò nel corso dell’ultimo decennio del secolo e assunse ben presto una chiara connotazione cattolica, entrando a far parte di quel complesso di organizzazioni politiche, associazionistiche ed economiche tramite cui la Chiesa tentava di mantenere ed estendere la propria influen-


za su una società in trasformazione. Nella seconda metà del XIX secolo, infatti, una serie di eventi politici e sociali, oltre che un generale clima culturale, avevano intaccato il peso e il ruolo della Chiesa cattolica in molti paesi europei. In Germania e Francia venne varata una serie di leggi volte a limitare il ruolo del clero nell’istruzione e nella vita pubblica, mentre l’unificazione italiana comportò l’assorbimento dello Stato Pontificio attraverso un’azione militare (Breccia di Porta Pia, 20 settembre 1870). Entrata in conflitto con forme statuali che rivendicavano la propria “laicità”, vale a dire la propria assoluta sovranità in tutti i campi, la Chiesa comprese che altre possibilità di azione le erano offerte proprio dalle nuove forme di partecipazione e organizzazione delle masse, soprattutto quelle rurali. Di qui l’adozione di pratiche quali l’attività politica, giornalistica, sindacale e cooperativistica. La partecipazione di massa alla vita pubblica significò anche l’insorgere e il diffondersi d’intolleranze che assumevano una nuova virulenza. Le migrazioni e l’espansionismo coloniale incoraggiarono xenofobia, nazionalismo e razzismo; contemporaneamente l’antisemitismo trovava un vasto sostegno e forti appoggi istituzionali anche nella laica e progressista Francia (come avrebbe dimostrato il caso Alfred Dreyfus, un capitano dell’esercito francese di discendenza ebrea accusato ingiustamente nel 1894 di tradimento per attività di spionaggio in favore dei tedeschi). Persino i socialisti, che combattevano l’antisemitismo e propugnavano l’unione dei lavoratori al di sopra di tutte le frontiere, rifiutarono di condannare il colonialismo in quanto tale: ai “barbari” bisognava pur portare la “civiltà”. Essi inoltre assorbirono, soprattutto nei paesi cattolici, l’anticlericalismo che aveva connotato anche i precedenti

movimenti democratici. Ne è un esempio il romanzo Catoni il volontario, scritto da Giuseppe Garibaldi nel 1870 e pubblicato a puntate nel 1909 da Cesare Battisti sul quotidiano socialista di Trento Il popolo. In questo scritto, che narra le imprese di un giovane partecipante alle campagne garibaldine, i preti sono definiti “buffoni negromanti”, “maestri d’ogni inganno e d’ogni impostura” e ad essi sono attribuiti tutti i mali d’Italia. Nel mondo cattolico si diffuse di riflesso la convinzione che forze misteriose e ostili insidiassero l’esistenza della Chiesa stessa. Dietro ai rivolgimenti politici, alle miserie prodotte dalla modernità industriale e all’insorgere di nuove concezioni scientifiche (ad esempio l’evoluzionismo), si vide un complotto ordito da massoni, ebrei e socialisti. La paura di un complotto anticristiano (già presente nella propaganda antirisorgimentale, si pensi ai romanzi del gesuita di Ala Antonio Bresciani) spinse la Chiesa a supportare eventi quali il Congresso antimassonico internazionale, svoltosi a Trento nel settembre 1896. Per l’occasione venne edito l’opuscolo La nuova crociata, in cui possiamo trovare espressi pregiudizi e luoghi comuni destinati a una fortuna duratura: ”La Massoneria in ogni paese si è identificata coll’ebraismo. E se vi è gente senza patria è appunto la dispersa e maledetta discendenza del popolo deicida. Il coronamento dei senza patria framassoni l’han fatto in questi giorni i socialisti tedeschi e francesi […], dichiarandosi superiori ai ‘pregiudizi della patria’”. Gli anni della “Grande depressione” e i meccanismi di difesa posti in atto per affrontare e risolvere la grave crisi economica e politica indotta finirono per prefigurare così quelle scelte, ben più tragiche e dense di conseguenze, che investirono il nuovo secolo oramai alle porte.

Famiglia contadina fotografata a Povo, frazione di Trento, nel 1901 (proprietà Antonio Bernabè, provenienza famiglia Larcher Santoni)

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I futuristi, la guerra e le lobby economiche

Se mai si dovesse identificaro colmato il gap industriale, re un movimento artistico da ma anche sociale, dell’Italia associare più di altri al ruolo rispetto alle grandi potenze d’interprete di un periodo di europee. trasformazione particolarmenOra, facendo un passo indiete dilaniante, come quello di tro, andiamo a leggere tra le di Maurizio Scudiero una guerra mondiale, ebbene righe di quel primo manifesto quello è il Futurismo. parigino che tanto scandalizzò Come è noto il Futurismo fu i “benpensanti”, les bourgeois. fondato il 20 febbraio del 1909, Si legge, ad esempio, al punto quando a Parigi sulla prima pagina de Le Figaro fu 7 che “Non vi è bellezza, se non nella lotta” e quindi, pubblicato il “Manifesto di fondazione del Futuri- al punto 9, una delle frasi più incriminate: “Noi vosmo”, una sequenza di enunciati, una sorta di mani- gliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo festo programmatico, di Filippo Tommaso Marinetti, – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei figlio di un facoltoso avvocato italiano, e di vocazio- libertari, le belle idee per cui si muore…”. Non vi è ne poeta ed editore della rivista Poesia. Ma perché la dubbio che fossero parole forti, specie per il 1909, formula del manifesto e perché a Parigi? dal momento che in parte lo sono ancor oggi: tutIl manifesto programmatico fu un mezzo nuovo e tavia, in quello specifico momento e in quella situaaccattivante per far conoscere anche fuori dai ca- zione, si trattava soprattutto di una provocazione, nali culturali le idee del Futurismo. Programmatico da non prendere in “senso letterale”, ma piuttosto in quanto dichiarava “prima” quello che si sarebbe “letterario”. fatto “dopo”. Per il panorama artistico si trattò di L’idea della guerra aveva in sé una sorta di fascino un evento del tutto nuovo e rivoluzionario, proprio partenogenico: essa era, infatti, intesa come un’anaperché sottraeva la “creatività” artistica a quell’aura logia dell’azzeramento dei valori del Passato su cui si ancora bohémien dell’artista inteso come colui che sarebbe potuto in seguito costrui­re un Futuro libero coglie la sua “ispirazione” nell’atelier, opponendovi da vincoli. invece l’attitudine del tutto moderna della “proget- Insomma in poco tempo fu ben chiaro a tutti che il tualità”, cioè del concepire la creazione di un’ope- Futurismo non era solo un movimento di rinnovara d’arte non più come un evento quasi medianico mento artistico, ma piuttosto un nuovo elemento, (l’ispirazione, intesa come una “visione psichica”, attivo e propositivo, che voleva inserirsi a più titoma piuttosto come il risultato di una speculazione li nella società, per rinnovarla, svecchiandola, dal intellettuale. Questi manisuo interno. Di fatto il Fufesti (che di fatto erano dei turismo in questa sua azio“volantini”) furono consine a tutto campo divenne derati innovativi perché, anche un soggetto politimutuando la prassi della co. Una prima conferma si pubblicità, erano distribuiti può avere leggendo alcuni capillarmente a tutti, non passi dal “Primo Manifesolo agli appassionati d’arsto politico del Movimento te, ma anche per la strada, futurista”, uscito in quello ai passanti, oppure porta a stesso 1909 in vista delle porta, o ancora lanciati dal elezioni generali: “Noi fututram, dal loggione dei tearisti, avendo per unico protri, e così via. gramma politico l’orgoglio, Futurismo, dunque, come l’energia e l’espansione slancio in avanti, verso le nazionale, denunciamo al innovazioni della tecnica, paese l’incancellabile ververso una nuova era dinagogna di una possibile vitmica che tagliasse i ponti toria clericale”. “Orgoglio” con tutti i “pesi” del Passato ed “espansione nazionale” – i quali, secondo Marinetti, sono, qui, due punti che rallentavano lo sviluppo del vaticinano un’idea ben più paese – e lanciarsi in avanvasta: quella di “unità nazioti, nelle nuove scoperte nale”. Di lì a poco, Marinettecnologiche che avrebbeti tenne un epico discorso Tommaso Marinetti, “Parole in libertà” (manifesto), 1915.

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al Politea­ ma Rossetti di fornì all’Austria il preteTrieste dove, tra le tante sto per la dichiarazione cose, affermò: “Noi nudi guerra consegnata triamo nel nostro sangue giusto un mese dopo, il nostro principale odio il 28 luglio, alla Serbia, d’Italiani del ventesimo ma fu anche l’inizio di secolo: l’odio per l’Auquella che, coinvolgendo stria!”. Quanto affermato nazione dopo nazione, da Marinetti era del tutto fu poi definita la “prima vero, come ha scritto e grande guerra”. Per l’Itaribadito qualche decenlia fu in un certo senso nio fa un attento studioso una “fortuna” che fosse di “problemi di confine”, stata l’Austria a dichiacome Claus Gatterer: l’irare guerra alla Serbia, dea d’Italia come stato perché in caso contrario unitario, come sovranità i trattati di alle­a­­­n­­za stretnazionale, è nata, infatti, ti con Austria e Germasin dal principio in quannia (la Triplice alleanza) to lotta “contro” l’Austria. l’avrebbero costretta ad Se questo era l’obiettivo entrare nel conflitto. Quinfinale, nel 1911 Marinetdi, per il momento, decise ti si “fece le ossa” con la di mantenersi neutrale, guerra italo-turca (nota e fu subito chiaro che la anche come “guerra di questione “in divenire” Libia”) che deflagrò per era se essere neutrali o via delle ambizioni coloentrare in guerra, ma a niali che spinsero l’Italia fianco della Francia. I fuad attaccare le province turisti ritenevano questa Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) ottomane del Nord-Afrineutralità una “vergogna ca. Sebbene poco rilevante, sul più vasto panorama nazionale”. S’intravvedeva, infatti, la possibilità di dello scacchiere europeo, la guerra italo-turca fu si- dare corpo a una delle prime idee di Marinetti, che gnificativa per i tanti progressi tecnologici introdotti già nel 1910, a Trento, aveva eseguito un lancio di dagli italiani. Innanzitutto il primo impiego in assolu- manifesti che incitavano all’irredentismo, e che to nella storia non solo di automobili e motociclette erano stati sequestrati, ma subito ristampati a Milama anche di aerei (in totale furono impiegati 9 veli- no con il titolo di Una prefazione irredentista di F. T. voli), usati all’inizio per scopi di ricognizione oltre le Marinetti sequestrata a Trento. La questione dei conlinee, e di lì a poco anche di vera azione di guerra. fini nazionali e della chiusura definitiva del progetto Non meno interessante, poi, sapere che per la prima risorgimentale con la “liberazione” di Trento e Trieste volta in azioni belliche fu anche usato un sistema era dunque molto sentita. di “radiotelegrafia campale militare” su larga scala, Per questo motivo, si promossero da subito una spesso con la collaborazione in loco di Guglielmo serie di manifestazioni e attacchi al governo via via Marconi. Marinetti (inviato di un giornale francese) sempre più duri. Si organizzarono continue manicolse subito le potenzialità tecnologiche di questa festazioni di piazza, definite “interventiste”, perché, guerra, cioè i contributi innovativi che grazie alla tec- appunto, chiedevano l’intervento dell’Italia contro nologia stavano cambiando profondamente le “re- l’Austria. Quasi sempre si trasformarono in autentici gole del gioco” e così intitolò la serie delle sue cor- disordini con tafferugli e arresti, e tra questi i futurispondenze “dal fronte” con Une Bataille moderne. risti in prima linea, spesso “ispirati” dagli editoriali Come è noto a Sarajevo, il 28 giugno 1914, nel di fuoco di Lacerba, il giornale dei futuristi fiorenticorso di una visita ufficiale in Bosnia, l’erede al trono ni, che da quel momento ebbe una diffusione ben d’Austria-Ungheria, arciduca Ferdinando e la moglie oltre l’ambito puramente artistico. Marinetti e i fuSofia furono uccisi da uno studente serbo, Gavrilo turisti, inoltre, colgono immediatamente, in quanto Princip. Costui era membro dell’organizzazione ul- movimento “totale” e non “chiuso” nel loro guscio tranazionalista Mlada Bosna (Giovane Bosnia), che di “faccende artistiche”, come la realtà, lo stato delle mirava all’unificazione di tutti gli “Slavi del sud” (di cose così come fino a quel momento erano state inqui il termine di jugoslavi). Questo fatto di sangue tese con lo scatenarsi della guerra fossero già entra-

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te in una profonda crisi identitaria. Lo stravolgersi di equilibri geopolitici consolidati aveva già innescato una crisi della società, anche in conseguenza degli effetti economici che lo “stato di guerra” stava introducendo anche in Italia, sebbene essa fosse ancora “alla finestra” degli eventi. Non certo alla finestra, però, stavano i futuristi, che su un numero speciale del 15 agosto del 1914 del loro giornale Lacerba uscirono con un editoriale che può essere definito un vero e proprio manifesto dell’interventismo militante: “Se la guerra presente fosse soltanto politica ed economica, noi, pur non restando indifferenti, ce ne saremmo occupati piuttosto alla lontana. Ma siccome questa è guerra non soltanto di fucili e di navi, ma anche di cultura e di civiltà, ci teniamo a prender subito posizione e a seguire gli avvenimenti con tutta l’anima. Si tratta di salvaguardare e difendere tutto quello che c’è di più italiano nel mondo, anche se non tutto cresciuto in terra nostra. Non possiamo stare zitti. Forse questa è l’ora più decisiva della storia europea dopo la fine dell’impero romano…”. Insomma una posizione netta, forte, chiara, che annuncia una lunga campagna a stampa, che vedrà crescere via via il tono della polemica contro il governo neutralista. All’attività polemica di Lacerba fa da contraltare quella “fisica” dei futuristi che prima a Milano e poi a Roma, e in seguito in altre città, avviano anche una serie di “dimostrazioni futuriste” che spesso degenerano in veri e propri disordini di piazza, ma che comunque riescono a trasmettere al pubblico dei curiosi (che via via s’ingrosserà, manifestazione dopo manifestazione) le tante motivazioni per non rimanere neutrali. Poi, accade un fatto importante. A Milano, Benito Mussolini, già redattore del giornale socialista l’Avanti!, lascia il giornale e, il 15 novembre 1914, fonda Il popolo d’Italia per dare voce all’area “interventista” del Partito socialista italiano d’ispirazione repubblicana. Fatto importante perché Mussolini sino a quel momento era stato un convinto neutralista, cioè portavoce di quell’area contadina del partito che vedeva la guerra come un’inutile strage e che al tempo stesso voleva conformarsi alle direttive (e agli interessi) sovranazionali della Seconda internazionale socialista. E queste idee, appunto, aveva promosso dalle colonne de l’Avanti! sin dai primi segnali di guerra, dopo l’attentato di Sarajevo. Cosa gli fece cambiare idea? Lo stesso motivo che convinse molti altri, in Italia e in Europa, a passare nelle file della causa “interventista”, e cioè l’invasione del Belgio da parte della Germania, ovvero di uno stato con il quale quest’ultima aveva sottoscritto una dichiarazione di neutralità assoluta, in modo tale che nessuno potesse attaccarlo. Fu un’invasione immoti-

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vata, anche da un punto di vista strategico e senza la minima provocazione. Per questo la sua eco fu tale da convincere anche i più accesi neutralisti, come appunto Mussolini, che da quel momento dalle pagine del suo nuovo giornale, ma anche fisicamente, divenne il principale alleato di Marinetti, spesso fianco a fianco alle manifestazioni di piazza, o dopo l’arresto. Alla fine, i futuristi, dopo quasi dieci mesi di polemiche e manifestazioni, riuscirono a coagulare gran parte degli ambiti culturali e dell’opinione pubblica italiana: si entrò, quindi, in guerra contro l’Austria, nel bene e nel male. Alla base agivano mobilitazioni ideali, ma anche di ordine economico, ovvero della cosidetta “economia di guerra”. Ciò emerge chiaramente da una semplice panoramica sulla situazione tra neutralisti e interventisti. Tra i primi stavano come detto i socialisti aderenti alla Seconda internazionale; quindi i “giolittiani”, cioè i sostenitori dell’idea, supportata da Giolitti, che si sarebbero potute ottenere dall’Austria le terre irredente a fronte della prolungata neutralità dell’Italia; vi era poi il “mondo cattolico” che considerava la guerra come una forma di ateismo e inoltre non voleva scontrarsi con la “cattolicissima Austria”; infine vi erano gli industriali italiani che vedevano la possibilità, rimanendo neutrali, di sostituirsi sui mercati alla Germania, troppo impegnata con la guerra (eccola l’economia di guerra!). Sull’altro fronte, quello degli “interventisti”, oltre ai futuristi era schierato gran parte dell’ambiente culturale, da D’Annunzio a Ungaretti a Tommei e così via. Vi erano poi gli “irredentisti”, che vedevano la guerra come la possibilità di chiudere il progetto risorgimentale dei Savoia; i “socialisti rivoluzionari”, capeggiati da Mussolini, che con la guerra speravano fosse possibile spazzare via tutti i privilegi e attuare la rivoluzione socialista; i “nazionalisti” veri e propri, che, a loro volta, nella guerra vedevano uno strumento per dare prestigio alla Nazione; i “liberal-conservatori”, che invece, grazie alla guerra, auspicavano una svolta autoritaria nelle istituzioni; e, infine, gli industriali dell’industria pesante che, ovviamente, avrebbero fatto ottimi affari con la produzione bellica (e rieccola l’economia di guerra che tiene il piede in due scarpe!). Non ultima vi era anche la massoneria, che dalla Rivoluzione francese in poi, vedeva sempre di buon occhio i potenziali rovesciamenti di dinastie secolari, come quella Asburgica. Quello che emerge chiaramente è che “l’economia di guerra”, ovvero gli interessi dell’industria pesante, secondo una logica trans-nazionale, sarebbe stata, comunque fosse andata a finire, la vera vincitrice. Come dire che le lobby economiche sono, da sempre, le vere governanti del mondo.


Dea Prosperity

La citazione di Giuseppe Ancientemente incisiva o chiaratonio Borgese, riportata a lato, mente esplicita: può cogliere Giuseppe Antonio Borgese è contenuta nelle ultime pagisolo, nelle ampie osservazioni ne di Atlante americano, libro di contesto, gli effetti psicologie la crisi del 1929 dalla tormentata vicenda editoco-culturali e l’impatto che tale riale, che raccoglie una scelta crisi ebbe sulle coscienze della di Silvia Bertolotti delle sue corrispondenze inviagente con la quale lo scrittore te al Corriere della Sera dagli italiano entrò in relazione. Stati Uniti. Il volume, edito senA Borgese interessa una lettura za l’autorizzazione dell’autore del tessuto sociale, la messa in dalla casa editrice Guanda nel “E poiché è sempre ottima cosa sperare, luce dei rapporti di similitudine 1936, fu immediatamente riti- è lecito esprimere la speranza che un o opposizione tra la vecchia Eurato dal commercio (circostan- giorno la violenta crisi economica scop- ropa, che gli statunitensi scrutaza che peraltro non dispiacque piata nell’autunno del 29 a Wall Street, e no come “la luna nel campo di affatto alle autorità fasciste) che ancora oggi prosegue, possa essere un telescopio, molto pittoresca e ricomparve solamente nel considerata come l’avvenimento più e incantatrice, ma piena di tratti 2007 nella collana Off The Road salutare di questi tempi: una febbre che indecifrabili”, e la civiltà ameridi Vallecchi. Alcuni degli elzevi- denunzia le tossine e che prima o poi, cana timida e forte nel medesiri erano stati precedentemen- se non ha aggredito un organismo inca- mo tempo. Lo sguardo curioso te pubblicati dall’allievo Mario pace di difesa, apre la via alle reazioni e indagatore del giornalista itaRobertazzi in La Città Assoluta guaritrici”. liano affonda tra le pieghe della e altri scritti nel 1962. fenomenologia psicologica e Borgese lasciò l’Italia nel 1931, della socio-linguistica per recue quella che doveva essere una missione straordina- perare l’ethos del cittadino americano, il suo senso ria si trasformò in un esilio volontario fino al 1947. di appartenenza alla categoria primigenia di europeo Inizialmente, l’impatto di Borgese con la società ame- e pioniere, rappresentante ora di un popolo giovane ricana non fu dei più semplici, e le “lettere dall’Ame- e in pieno cammino d’evoluzione. Nell’osservazione rica” ne sono una viva e sincera testimonianza. In At- socio-linguistica di Borgese una selezione di vocalante americano sono raccolte le prime impressioni boli ricorrenti, come formule rituali, tratteggia lo stile dello scrittore sul nuovo continente, quando ancora di vita dell’America, così come una ristretta cerchia la terra americana gli è estranea, non è entrata a far di tendenze comportamentali, di paure e ossessioni parte del suo sistema di valori, né del suo panora- ne determina lo spirito più profondo. ma estetico o affettivo. Si tratta di una sorta di diario Borgese si scontra con un contesto sociale dominasentimentale, il resoconto personale di un distacco. to dai contrasti. Esiste in America, accanto all’esaltaL’esule racconta il suo graduale adattamento, il suo zione e al culto della personalità individuale, una rete stupore, a tratti un po’ naïf, per fittissima di prescrizioni, atte a la novità di un mondo che gli provocare una condizione esisembra già totalmente proietstenziale fortemente inibita e tato in una dimensione futura. bloccata; la legge è debole in È la registrazione di un penAmerica, perché “è ancora in siero e di una sensibilità, che gran parte caotica e incandehanno come costante pietra di scente”, ma la fragilità, l’evaneparagone l’Europa. scenza legislativa è controbilanL’America che accoglie l’esule ciata dalla prescrizione di una Borgese è l’America della Granserie di leggi universali e non de depressione, del proibizioscritte e lo slancio individuale nismo e del caso Lindbergh: o l’impeto dell’autoaffermaziotuttavia, nelle corrispondenze ne sono arginati da una serie dello scrittore, la gravissima di “invisibili dighe”. La libertà è crisi economico-finanziaria che una realtà illusoria e “non esiste dal crollo della borsa di Wall sulla terra una società più conStreet sarebbe perdurata per servatrice di questa”. Lo stesso quasi un decennio, è presente proibizionismo è una perversiosolo in filigrana. Il lettore non ne interpretativa della morale, e vi trova una disamina suffinasce per Borgese da un dop-

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pio errore, in quanto è allo stesso tempo lex servile, legge di casta, e un erroneo atteggiamento generale della nazione americana nei confronti della vita e del piacere. Il paesaggio metropolitano e la lingua inglese, vale a dire l’organizzazione degli spazi e del pensiero, si concretizzano immediatamente per lo scrittore nelle più evidenti chiavi interpretative della vita dell’uomo americano. Borgese viaggia molto durante i primi anni, spinto da una curiosità che si trasforma progressivamente in ammirazione. Lo scrittore abita o soggiorna brevemente a New York, Amenia, Chicago, San Francisco, Washington e in altre località della California e del Massachusetts. Tra le sue personali esplorazioni geografiche e antropologiche campeggia protagonista, senza dubbio, la città di New York. L’urbanistica americana lo affascina in modo violento e in particolare la città di New York, uno dei suoi simboli estremi, è la “città supremamente”, la “città assoluta”. La forte spinta verticale dell’architettura delle metropoli è, agli occhi dello scrittore, non solo una necessità pratica, ma è anche “eloquenza lirica”, “espressionismo sublime”. La prima spiritualità dell’America che egli coglie è proprio il travaglio di queste enormi masse di materia che cercano un proprio senso e un proprio spazio. Il termine skyscrapers è un misto di ironia e orgoglio prometeico, e, a un primo sguardo d’insieme, queste torri moderne sono come “tanti io maiuscoli alzati sopra il caos”. La metropoli americana è piena di paradossi e peculiarità che la allontanano per spirito e conformazione stessa dalle capitali europee. Così New York, apoteo­ si dell’urbanistica occidentale, con la sua organizzazione, il suo profilo, la sua severa distribuzione delle masse, può ricordare le terre e i palazzi d’Oriente e del mondo antico, l’Egitto, la Mesopotamia, Babilonia. Anche l’alternarsi di spazio e materia generato dall’architettura, intessendo un proprio dialogo, diviene linguaggio, e concorre a creare contesti psicologico-emotivi peculiari di quell’inclinazione dell’animo e della cultura estetica ed etica che Borgese definisce americanismo; un aggettivo che certamente racchiude in sé una sottile accezione negativa, un misterioso veleno, ma che per Borgese, uomo europeo e cosmopolita, non potrebbe essere altrimenti. Una tra le pagine più intense di Atlante americano senza dubbio la incontriamo in Parallele umane. In una società che si vorrebbe edificata su di un rapporto di fiducia con il mondo esterno, il melting-pot, pare rimanere un inganno e un’illusione; il crogiolo dei popoli in America rimane un sogno ingenuo, perché le “razze si sfiorano, ma non si toccano”. New York stessa è costruita su di un sistema di rette che porta ad estrema semplificazione la pianta della città

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romana: “così come sugli interminabili marciapiedi ognuno non è che passante e le vicinanze non sono che casi. In questo passarsi accanto, in questo vivere su parallele, è tanta parte dell’anima di questa città, in cui generazioni più fiduciose sognarono di fondare una comunità perfetta”. E lo scrittore non può in proposito non ricordare il triste destino di molti immigrati italiani (notevoli le pagine dedicate a Ellis Island), e il problema della discriminazione, del caos e del vuoto legislativo che riguarda i cittadini di colore: “vige su di essi un regime oppressivo che è in contrasto con la Costituzione e coi risultati scritti della guerra civile”. Borgese non vive solo la realtà della metropoli, ma in varie occasioni viaggia in provincia. Qui gli pare di poter mettere a fuoco l’immagine, il volto dell’uomo americano. In una fase storica di depressione economica e di travaglio sociale, la più caratteristica sfumatura emotiva del cittadino di New York o dell’abitante di un villaggio californiano è data dalla costanza e dal coraggio per cui l’uomo americano, al momento opportuno, sa vestire i panni del pioniere o dell’avventuriero: ma in provincia tutto è attenuato e blando. Essa è come una “ninfa gentile”, dove regna la malinconia, l’attenzione per le piccole cose, e il senso di una vita precaria e più umile. In questi angoli appartati, lontani dai centri fragorosi e impulsivi, lo scrittore avverte in misura maggiore la nostalgia dell’Europa, la distanza che ormai lo separa geograficamente e sentimentalmente dal Vecchio mondo. Come ogni crisi epocale, anche questa riversa i suoi effetti sulle masse, e dalla nebulosa informe della disoccupazione, della miseria e della sfiducia nel sistema capitalistico, nasce il Common man, l’antagonista simbolico del super uomo di Nietzsche. Perciò l’originale e determinante incontro di Borgese con l’essenza dell’America e della sua crisi s’identifica con la sua scoperta dell’Uomo comune, l’Uomo qualunque, cellula fondante della società. Lo scrittore chiarisce quale sia questa particolare tipologia d’individuo, così lontano dagli entusiasmi e dalle esaltazioni europee, nel capitolo “Strano interludio”. La democrazia statunitense non ha un’identità compatta, e non è “una gerarchia di tre classi all’antica”. Esistono quattro principali ceti sociali: “Il forestiero all’arrivo vede prima di tutto questi edifizi giganti. Essi sono i castelli dell’alta finanza e del Business. Pure le classi finanziaria e politica, nonostante ogni debilitazione, sono forme sociali maestose. Minuscola all’estremo, in loro confronto è la terza classe, l’Intelligenza: alcune decine di migliaia, accentrate specialmente nell’East, fra cui qualche migliaio è di scrittori che si leggono fra loro.[…] La sua influenza sulla cosa pubblica è presso che nulla”. La quarta classe? Chi sono, si chiede Borgese, gli altri, i cento e più milioni di individui? “Sono gli uomini


comuni, la massa opaca, potente, e ancora inconsapevole della sua potenza […]. L’uomo comune Egli è la vera sostanza dell’America, il suo senso, il suo futuro”. Mentre Borgese precorrendo utopisticamente il suo tempo teorizza la salvezza dell’Uomo comune nella Città dell’Uomo, vale a dire in una democrazia mondiale, la crisi americana troverà la sua guarigione con una seconda guerra planetaria. Il discorso sulle conseguenze della crisi di Wall Street costituisce una tessera essenziale di quell’approccio peculiare, se pure parziale, alla civiltà americana, che s’inserisce entro la cornice critica, controversa e decisiva, rappresentata dall’antiamericanismo; un

atteggiamento dalla forte connotazione ideologica, che mescola l’ingrediente del mito europeo a quello del nazionalismo più spinto; è chiaro come Borgese, che rimane lontano dalla prospettiva fascista, colga solo il primo dei due, leggendo al contrario gli States come messaggio universalista. Borgese non è un americanista. Giunge negli Stati Uniti grazie a un’opportunità accademica, più o meno fortuita, alla quale si aggiunge solo in un secondo momento una difficile situazione politica e diplomatica che rende impossibile il suo rientro in patria. Lo scrittore scoprendo l’America fa i conti con quella che era stata la sua forma mentis, la sua opera

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precedente, i suoi ideali, i suoi capisaldi, ma anche il dualista e della ancor più folle democrazia materiasuo provincialismo e i suoi pregiudizi. lista”. Ne La Vita e il libro aveva riservato agli americani l’e- Nella profonda ferita sofferta dall’economia statupiteto di “barbari materialisti”. In più di un’occasione, nitense, nel clima di incertezza generale e nella nee alla vigilia stessa del suo viaggio oltre Atlantico, cessità di rinascita e ricostruzione, forse Borgese, in aveva ironizzato sui miliardari di New York e le dive parte anche inconsapevolmente, scorge la metafora di Hollywood. Ora riesce a guardare alla civiltà ame- della propria condizione esistenziale e all’orizzonte ricana da vicino controllando il filtro degli stereotipi, la prospettiva di eventi che coinvolgeranno l’Europa tralasciando il timore del confronto, senza l’appiatti- e il mondo intero. L’America colpita “da una febbre” mento critico del “sentito dire” e dei luoghi comuni. che denuncia le sue tossine, rappresenta lo stadio Dietro alla cortina spessa del reale, e dietro al dato culminante, la crisi, di una malattia trascurata e cooggettivo del progresso e del primato tecnologico, vata da tempo. La Nuova Atlantide è ora di fronte al Borgese, romantico viaggiatore europeo, cerca i bivio delle scelte, e coglie l’opportunità di ripensare miti, ma forse non li trova, o trova, semmai, una loro al modello di società alla quale intende aspirare. Le proiezione ideale. Il pantheon americano è dominato pagine di Borgese lasciano intravedere i segni di una da Prosperity, Opportunity e Chance, e se l’Europa ripresa, un certo ottimismo nei riguardi della presiè torbida, l’America di questi anni è povera. Pren- denza Roosevelt, la capacità di un popolo pratico, dendo le mosse da tale constatazione Borgese nella dinamico, portato a raccogliere le sfide con lo slansezione Nozze dell’America con la Povertà, tenta di cio del pioniere e la dedizione del pellegrino, di risolriflettere sui risvolti sociali della crisi attraverso l’os- levarsi. Ancora più incisivi appaiono i cambiamenti servazione di un linguaggio che si manifesta come e l’effervescenza in campo culturale. Se in Europa specchio della società. “Gli americani, se il loro cor- l’arte è un accadimento quotidiano, in America diso storico finisse oggi, se prima di sparire dovessero viene evento e il cinema, che è la più nazionale deladottare una sigla, dovrebbero adottar questa: Pro- le arti americane, ha contribuito alla formazione di sperity”. Il termine Prosperity era divenuto l’insegna, una nuova civiltà estetica, ma, al tempo stesso, selo slogan della campagna presidenziale e Roosevelt condo l’ottica di Borgese, al formarsi di un pubblico ne intendeva garantire la rinascita. che non riesce ancora a divenire società, apparenIn cosa consiste, in tale contesto, il concetto di pro- do come “una massa globale senza conversazione sperità? Chi è la dea Prosperity? Non è in realtà e senza critica”. Dall’altra si registra il dilagante sucl’italiana dea abbondanza, ma è più sobria e parsi- cesso della musica Jazz, ricercata quasi fosse una moniosa. Possiede, inoltre, due divinità sussidiarie: terapia, un’innocua valvola di sfogo alle carenze maOpportunity e Chance; Opportunità e Occasione. teriali o alla discriminazione razziale. Le impressioni Prosperity è uno stato di benessere in cui si mesco- americane di Borgese sono decisamente molto più lano autonomia e coraggio: la prosperità americana, liriche e sentimentali rispetto all’America amara di tuttavia, sembra aver perso negli ultimi decenni, se- Emilio Cecchi, e non raggiungono l’intensità e la dicondo Borgese, “la coscienza delle sue radici etiche, mensione intima di America primo amore di Mario anzi religiose” e, forse, è questo uno dei motivi della Soldati, ma paiono anticipare le sensazioni di cui sua crisi e decadenza. racconterà negli anni cinquanta Guido Piovene nel In Goliath, The march of Fascism Borgese non man- suo reportage De America. L’America è per Borgese ca di sottolineare come il disastro finanziario di Wall un eccezionale campo d’azione e un laboratorio per Street abbia favorito il sorgere dei nuovi nazionali- esperimenti culturali e politici, ma dalla raccolta di elsmi e il declino della democrazia. Per cui “col crac zeviri si coglie come lo scrittore, tentando una radiodel mercato di New York, come se una diga avesse grafia oggettiva della realtà statunitense degli anni improvvisamente ceduto, nazioni fino ad allora inac- trenta, sia sospinto da una forza poetica trasfiguratricessibili aprirono le porte al fascismo, e l’idea fasci- ce, da una nostalgia creatrice che non si arrende alla sta, se non proprio l’esercito fascista dilagò nel mon- lontananza dal Vecchio continente e traccia con la do”. Lo scrittore osserva che l’Italia, ricevuto l’ordine pazienza dello scriba la mappa di un nuovo atlante, di avere una crisi di amnesia, lasciando ai lettori il desiderio una specie di sospensione Alla figura di Giovanni Antonio Borgese e al e la curiosità di mettersi in dal giudizio razionale, finiva suo profilo intellettuale è dedicato il volume viaggio, ma soprattutto di riper credere che la sua mise- di Silvia Bertolotti, I petali dell’esilio: Giu- flettere sul fatto che “ritornata ria non fosse altro che “una seppe Antonio Borgese dal mito europeo sui suoi passi, come un sole conseguenza della catastrofe all’utopia americana 1931-1949 di prossima boreale, l’America ritroverà la americana e un castigo […] uscita nella collana di pubblicazioni della frontiera; e questa frontiera della folle economia indivi- Fondazione Museo storico del Trentino. sarà l’Europa”.

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Letterati in tempo di crisi

La prima metà del NovePolifonie conoscitive consencento, caratterizzata da due tono di cogliere una totalità, il caso di Hermann Broch conflitti mondiali, ha portato che con linguaggio contemmolti scrittori verso l’esilio: poraneo definiremmo come una lontananza non solo fiuna specie di globalizzazione di Stefano Chemelli sica, ma di fatto una sorta di della parola attraverso il rooccultamento forzato dell’omanzo, luogo simbolico nel pera, destinata, nella migliore quale s’incontrano scienza delle ipotesi, a prendere luce e letteratura. Quella parola, in un tempo distante dalla però, dirà Broch “è determiloro esistenza. nata dalla convinzione che la È il caso del viennese Herriserva autonoma e intangimann Broch. Costui, nato nel bile della creazione poetica 1886, conoscerà da vicino risiede nello stato irrazionale l’avvento del nazismo aupiù profondo, in quella regiostriaco che lo imprigionò per ne davvero panica dell’espeun breve periodo, costrinrienza vissuta, degli accadigendolo nel 1938 a emigrare menti oscuri e onirici, dove dapprima in Inghilterra e sucl’uomo, orientato solo dai cessivamente negli Stati Unisuoi stati affettivi primari, dalti, dove morirà nel 1951. le sue attitudini infantili, dai Hermann Broch si laurea nel suoi ricordi, dai suoi deside1907 in ingegneria tessile e ri erotici, subisce una deriva lavora nell’industria del padre animale e fuori dal tempo”. a Teesdorf. I suoi interessi lo In un’epoca di decadenza e porteranno, però, nel 1927 di “disgregazione”, di “vuoto a dedicarsi a tempo pieno a di valori”, di crisi economica una singolare attività di roe sociale, e soprattutto spirimanziere, poeta e saggista, tuale, come può crescere un con profondo interesse per nuovo ethos? la filosofia e la matematica. Lo sguardo di Broch ha una Broch è l’esempio emblemavisione esistenziale capace tico dello scrittore novecendi abbracciare per intero il tesco portatore di un’ossestempo di un’Europa, che ha siva autoriflessione sul prodisgregato inesorabilmente prio pensiero e sulla propria il patrimonio della tradizioesistenza: ne fa fede, solo per ne, ciò che viene e rimane citare un esempio, la pubblinel tramando del passato, cazione di una peculiare Autobiografia psichica (Bo- il “valore” come argine all’”orrore”, mentre resta il logna, Il capitello del sole, 2002), che ce lo restituisce quotidiano realismo pragmatico a dare un significon una straordinaria capacità d’introspezione. Tra il cato alla vita nel superamento dell’utopia. Il “secolo 1928 e il 1931 si colloca la scrittura del suo capola- breve” non è che la conclusione di un ciclo secolare voro: Die Schlafwandler (I sonnambuli), una trilogia distruttivo, avviatosi con i valori dell’universalità mesu tre tempi: Pasenow o il romanticismo, Esch o l’a- dievale, per giungere sino ai decenni novecenteschi narchia, Huguenau o il realismo: 1888, 1903, 1918, della guerra all’umanità, dove decadenza e dittatura come epoche che indicano “gli stadi terminali dei prendono il sopravvento. vecchi valori europei” attraverso il dispiegamento La fine del secolo XIX rappresenta per Broch “l’epo“degli elementi onirici”. ca disperatamente priva di stile” e Vienna è centro di Il racconto, costellato da saggi di riflessione, costitui- un vuoto che è europeo: “L’atmosfera apocalittica insce una forma nuova del romanzo, un modo diverso combeva su tutto il mondo, con più frenesia in Gerdi praticare la letteratura: il romanzo ‘gnoseologico’ mania, mentre quasi impalpabile era nell’epicentro (Broch scrive che l’opera letteraria è un atto di “im- del tramonto, ovvero in Austria, giacché a regnare pazienza gnoseo­logica”) affianca il romanzo psico- nell’occhio del tifone è sempre il vuoto, e il silenlogico, così come Broch lo intende, affermando la zio che lo accompagna: se altrove c’era ovunque nascita del romanzo ‘polistorico’. tensione e inquietudine, lì non si perdeva certo la

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Otto Dix, Pragerstrasse, 1920

quiete perché già da cent’anni dominava comunque un’atmosfera di congedo, e se altrove si cercavano nuovi mezzi per sventare la sciagura incombente, l’Austria invece si accontentava dei mezzi offerti dal conservatorismo e dalla conservazione perché non valeva più la pena di tentare esperimenti nuovi: si trattava soltanto di procrastinare la fine inevitabile… E a Vienna, al tempo della sua ultima e fantomatica fioritura, risultò più chiaro che in qualsiasi altro luogo, e in qualsiasi altra epoca, che cosa significhi celare la miseria sotto una patina di ricchezza… E in quanto capitale del Kitsch, Vienna divenne anche la capitale del vuoto di valori della propria epoca”. John W. Boyer e Carl E. Schorske (due autori di eccezione) offrono altri studi rilevanti sull’epoca che Broch affronta nel grande saggio intitolato Hofmannsthal und seine Zeit (Hofmannsthal e il suo tempo), mirabile sintesi della temperie tra il 1860 e il 1930 in un’esperienza di scrittura che è anche autobiografica e capace di acuta autoanalisi. L’evocazione dei grandi spiriti (Broch è sicuramente uno di essi) può servire a parare una minaccia incombente, un pericolo. Broch vi ricorre con la figura di Virgilio per mitigare la bestiale concretezza del nazismo, ormai prossimo a coinvolgerlo in prima persona, tra Hitler e l’Anschluss, trasfigurando la morte di Virgilio nella propria, mentre l’immaginazione preparatoria di un congedo diventa motore di un’opera Der Tod des Virgil (La morte di Virgilio, 1945), originalissima quanto impervia. La morte di Virgilio racconta le ultime diciotto ore di vita del poeta romano, dal suo arrivo nel porto di Brindisi fino alla morte. La notte incipiente fa da sfondo a questa esperienza cruciale della vita che incon-

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tra la morte. Broch introduce la tecnica della simultaneità delle rappresentazioni, porta il presente a irradiarsi in più direzioni, opponendo una resistenza a ogni formula riduzionistica, combattendo quella che lui chiama la disgregazione dei valori di un tempo vuoto. Egli ha percorso con sagacia ogni sentiero volto a contrastare lo “sfacelo dei valori”, ha creato una forma strutturale e stilistica che ha saputo mutare a tal punto – come ha affermato Mittner – da riconoscere a fatica un vero e saldo centro psichico, e le pagine autobiografiche, solo di recente accesso, confermano la profezia del germanista, tra le pieghe intime della complessa personalità di Broch. La tensione che crea tra realismo e simbolismo, nella varietà dei toni con una incredibile varietà rinnovata di situazioni e allusioni intrecciate, contraddistinguono la diversità dei temi dei quattro grandi romanzi (Die Schlafwandler, Die Schuldlosen, Der Versucher, Der Tod des Vergil) e sono davvero, come sosteneva Hannah Arendt, riferendosi in particolar modo alla Morte di Virgilio, opere che gettano un ponte sull’abisso di spazio vuoto tra il “non più” e il “non ancora”; il tramite eletto tra Proust e Kafka per lei è proprio Broch. Se si pensa a Gli incolpevoli ci insinuiamo nell’interstizio sottile dell’indifferenza paralizzante, di personaggi inabili a prendere posizione, amorfi a un contesto che prepara il terreno alla tragedia nazista e alla sua catastrofe: l’indifferenza politica – dirà Broch – prepara all’indifferenza etica e alla perversione etica. La colpa ha quasi una connotazione metafisica, si edifica dall’indifferenza. Sortilegio, lo straordinario affresco del romanzo della montagna, con pagine ineguagliate dedicate alla natura, nella quale si manifesta minacciosa la corrotta presenza dell’uomo, avranno ben tre versioni diverse, lavoro


delle conoscenze. Conseguire la simultaneità significa porsi nella posizione di ascolto dei diversi fenomeni, con un senso musicale che Broch nel Virgilio porta verso una concezione spaziale del linguaggio, della memoria, del ricordo, con respiro amplissimo, polifonico. Nella polifonia c’è anche il tema della selva, della materia multiforme e simultanea, delle voci della gente e dei singoli, dei suoni. È una scrittura che si alimenta di elementi mistici, con una propria spazialità, con un linguaggio che investe la memoria e il suo mistero, il desiderio di esprimere valori universali in direzione di una comunità parlante nella sua molteplice conoscenza possibile. La parola poetica porta alla coscienza della parola, alla sua conoscenza, a una memoria profetica. La molteplicità delle voci, la grande memoria collettiva, con una lingua che dice più di quello che leggiamo, soprattutto nei momenti di crisi, dove la transizione apre le porte al nuovo, trasferendo con energia e potenza creativa ciò che è stato già pronunciato, corroborano l’etica e l’esperienza della parola letteraria, conducono Hermann Broch, nel respiro sinfonico dialogante di una comunità, verso la costellazione del divino.

George Grosz

panico dell’autore sino agli ultimi giorni della sua vita, rimasto incompiuto ma egualmente monumentale. È come se la crisi personale e di un’epoca sia ricaduta anche sul romanzo, trasformandolo e disgregandolo nello specchio delle allusioni (la terza parte dei Sonnambuli è eloquente al proposito e nelle stesse opere teatrali di Broch la scienza economica diviene l’assoluta protagonista di un realismo esasperato che porta alla frantumazione e alla ricomposizione degli elementi e delle funzioni in una prospettiva sempre parziale, sospesa). Nelle età di transizione sorge uno “spazio vuoto”, una sorta di “terra di nessuno”, la disgregazione dei valori nasce in un processo di allontanamento dall’unitarietà della realtà rappresentata anche dal romanzo, nell’affermazione del frammento che si fa opera lirica, poetica e speculativa, con la poesia e la scienza chiamate a ridisegnare una nuova totalità, una nuova conoscenza. È l’affermazione e la ricerca di una inedita unità di misura del mondo che ridà significato ai valori, che contrasta il poderoso processo di secolarizzazione di un’umanità svilita, nel tentativo di superare la morte attraverso la simultaneità

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Le misure della crisi in Trentino

Dall’autunno del 2008, con lo Nell’area dell’euro l’Italia è fra scoppio della grave crisi finani Paesi con seri problemi di soziaria negli Stati Uniti, il mondo stenibilità del debito sovrano è entrato in un periodo difficile e con la necessità di adottare che si è caratterizzato per un politiche di bilancio finalizzate a cura di Giovanna Fambri impoverimento generalizzato. ad assicurare la solvibilità e la e Vincenzo Besozzi La crisi finanziaria è diventata riduzione del debito, nonchè rinel 2009 crisi economica, con i forme strutturali per aumentare relativi riflessi anche sull’occula competitività del Paese. pazione e sul benessere delle L’Italia è in chiara recessione, famiglie; successivamente si è per la seconda volta dal 2007, registrata una breve ripresa con un nuovo rallenta- con una caduta del PIL stimata al 2,1% nel 2012 (la mento nel 2011. stima preliminare dell’ISTAT, diffusa il 14 gennaio Attualmente il contesto dell’economia mondiale è in 2013, indica una riduzione pari al 2,2% del PIL itacrescita, dopo una fase di indebolimento nel 2012, liano nel 2012), in arretramento anche nel 2013 e in e dovrebbe tornare a ritmi di incremento sostenuti, lieve ripresa solo nel 2014. L’Italia ha visto il proprio soprattutto nell’area del Sud-est asiatico, in primis la PIL ridursi di circa il 7% rispetto al 2007. Le caratCina. Le economie emergenti guidano questa nuo- teristiche della crisi italiana sono simili a quelle che va ripresa che stenta a rafforzarsi, per motivi diversi, si riscontrano in diversi paesi europei. La domanda nell’area americana e in quella dell’euro. interna è fragile e in contrazione; la domanda estera L’America è in ripresa, sostenuta da politiche espan- fornisce l’apporto positivo al PIL. sive, ma con l’incognita nell’evoluzione dovuta ai Il Trentino risente pesantemente del contesto italiano problemi del debito sovrano. L’Europa, soprattutto e internazionale e l’uscita dalla crisi è vincolata alla l’area dell’euro, è tornata in recessione per gli squili- sua evoluzione. Nel 2012 il PIL trentino è stimato in bri fra gli Stati e per le conseguenti politiche restrit- arretramento, anche se con un’intensità meno martive che hanno come priorità la riduzione dei debiti cata di quella dell’Italia; nel 2013 si stima una crescisovrani. Nel 2013 la ripresa rimane fragile e caratte- ta del PIL molto contenuta (inferiore al mezzo punto rizzata da ampia eterogeneità fra aree e paesi. L’eco- percentuale) che dovrebbe consolidarsi nel 2014. nomia dovrebbe rafforzarsi nel 2014. Nel 2014 si prevede che il PIL torni a una crescita La prima crisi economica (2009) ha comportato un brusco crollo degli scambi commerciali internazionali che hanno determinato un arretramento del PIL mondiale; la seconda crisi economica (2011/2012) è stata causata dall’instabilità nei mercati finanziari, nata dall’importanza dei debiti sovrani soprattutto nell’area dell’euro, che hanno causato una caduta della domanda interna (consumi e investimenti) come conseguenza delle politiche di bilancio restrittive. In questa seconda crisi è la domanda estera che fornisce il contributo positivo al PIL. PIL per alcuni Paesi e aree di interesse per il Trentino (variazioni percentuali rispetto all’anno precedente)

Mondo

2007 5,4

2009 -0,6

2011 3,9

2012 3,2

2013 3,5

Cina

14,2

9,2

9,3

7,8

8,2

Stati Uniti

1,9

-3,0

1,8

2,3

2,0

Area Euro

3,0

-4,4

1,4

-0,4

-0,2

Germania

3,4

-5,1

3,1

0,9

0,6

Francia

2,3

-3,2

1,7

0,2

0,3

Italia

1,7

-5,5

0,4

-2,1

-1,0

Elaborazione Servizio statistica della Provincia autonoma di Trento su dati FMI, World Economic Outlook Update, gennaio 2013

18


(1) Fatturato delle imprese trentine per mercato di vendita del prodotto (variazioni percentuali rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente)

30

20

10

0 1 tr 2006

1 tr 2007

1tr 2008

1tr 2009

1tr 2010

1tr 2011

1tr 2012

-10

-20

-30 Totale

estero

nazionale

provinciale

Elaborazione Servizio statistica della Provincia autonoma di Trento su dati della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento, Indagine sulla congiuntura in provincia di Trento

tra l’1,5% e l’1,8%. L’economia provinciale dalla fine del 2011 sta vivendo un nuovo periodo di difficoltà che questa volta colpisce soprattutto le imprese che producono e operano sul mercato locale e nazionale. Fino all’estate del 2011 l’economia trentina, dopo il significativo arretramento del 2009, sembrava aver trovato una ripresa, sostenuta dalla domanda estera che andava irrobustendosi. Dall’autunno in poi si è interrotto il trend positivo e dal quarto trimestre 2011 si è avuto un andamento chiaramente rallentato. In Trentino, in modo simile all’Italia, la domanda interna risulta molto fragile e la domanda estera rimane il principale sostegno per l’economia provinciale. Il grafico (1) evidenzia l’andamento del fatturato del sistema produttivo per mercati di vendita del prodotto, dal quale si rileva la pesante crisi del 2009 e la ripresa del 2010/2011, guidata dalla domanda estera che controbilancia la debolezza della domanda interna, soprattutto locale. Nel 2012 la domanda estera perde la sua forza trainante e l’impresa trentina torna in recessione. Le due crisi economiche, entrambe importate in Trentino, sono il risultato di cause diverse. La prima, quella del 2009, è scaturita dal grave problema finanziario degli Stati Uniti, dai cosiddetti “titoli tossici”; la seconda nel 2011/2012, invece, è stata la conseguenza delle turbolenze sui mercati finanziari, soprattutto nell’area dell’euro. Il problema della sostenibilità del debito sovrano in alcuni Paesi dell’area dell’euro, tra

i quali l’Italia, ha portato alla necessità di adottare politiche di bilancio restrittive ma anche depressive dell’economia reale. Il Trentino ha subito entrambe le crisi. Nella prima crisi del 2009, l’economia provinciale ha sopportato meglio di altri territori gli effetti della recessione mondiale, grazie sia alla particolare composizione del sistema produttivo, caratterizzato da una minore incidenza delle grandi imprese manifatturiere rispetto ad altre realtà nazionali ed europee e da un minor grado di apertura verso il mercato estero, sia alla manovra anticrisi straordinaria adottata dalla Provincia autonoma. Tale manovra ha introdotto misure a favore delle famiglie, quali interventi di sostegno al reddito e all’occupazione e di contrasto alla povertà. Per il sistema produttivo, invece, si è realizzata una manovra straordinaria per i lavori pubblici e l’edilizia residenziale privata, nello specifico per le ristrutturazioni. Inoltre, sono state predisposte azioni per facilitare l’accesso al credito e il finanziamento alle imprese nonché per la competitività del sistema produttivo. Con il ritorno in recessione la manovra provinciale si è trasformata da misure straordinarie congiunturali in misure strutturali, ripensando e aggiornando un insieme di politiche, tra le quali anche una revisione profonda dell’organizzazione e delle modalità di offerta dei servizi pubblici, processo peraltro ancora in corso di realizzazione.

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(2) Fatturato, produzione e ordinativi delle imprese trentine (variazioni percentuali rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente) 15,0

10,0

5,0

0,0 1tr 2011

3tr 2011

1tr 2012

3tr 2012

-5,0

-10,0

-15,0 fatturato

produzione

ordinativi

Elaborazione Servizio statistica della Provincia autonoma di Trento su dati della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento, Indagine sulla congiuntura in provincia di Trento

Nell’ultimo anno l’economia trentina è in contrazione, con valori negativi nel fatturato, produzione e ordinativi, dopo la ripresa del 2010/2011 (2). Conferme di questa difficile situazione si hanno anche dall’andamento dei consumi energetici. Il settore manifatturiero presenta, pur nel peggioramento del 2012, l’andamento migliore perché sostenuto dalla domanda estera; gli altri settori, invece, soffrono in maniera diversa la crisi. Le esportazioni delle imprese trentine sono quasi esclusivamente effettuate dal settore manifatturiero, in media circa il 95%. Il Trentino ha recuperato le pesanti perdite subite nel 2009 (-19,1% rispetto al 2008) già all’inizio del 2011. Nel 2011 le esportazioni trentine rilevano un incremento pari all’11% rispetto al 2010 e al 6,5% rispetto al 2007. Il 2012 è iniziato positivamente ma, in seguito a un rallentamento degli scambi internazionali, le esportazioni del Trentino hanno chiaramente ridotto la propria dinamica (3). Nel primi nove mesi del 2012 le esportazioni sono,

20

infatti, cresciute del 3%, fermandosi nel terzo trimestre del 2012 (0,3% rispetto al terzo trimestre del 2011). Esportazioni delle imprese trentine per i principali mercati (variazioni percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente)

2011 Totale esportazioni di cui: Germania di cui: Stati Uniti di cui: Francia

11,1 16,7 12,7 17,5

gennaioterzo settembre trimestre 2012 2012 3,0 0,3 -5,7 -12,6 5,4 7,8 -1,1 -2,8

Elaborazione Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ISTAT

Le esportazioni delle imprese trentine si rivolgono prioritariamente ancora ai paesi dell’Unione europea. Le esportazioni comunitarie sono, infatti, pari al 65%; di particolare importanza sono la Germania e la Francia. Questi due Paesi rappresentano circa il


(3) Esportazioni ed importazioni delle imprese trentine (variazioni percentuali rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente) 40

30

20

10

0 1tr 2006

1tr 2007

1tr 2008

1tr 2009

1tr 2010

1tr 2011

1tr 2012

-10

-20

-30

-40

-50 esportazioni

importazioni

Elaborazione Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ISTAT

30% delle esportazioni annuali del Trentino, con la Germania che incide per circa il 20%. Il terzo partner per le esportazioni trentine sono gli Stati Uniti. Le imprese trentine iniziano a diversificare i mercati di esportazione e di conseguenza assumono consistenza anche le economie emergenti. Brasile, Russia, India e Cina (i cosiddetti BRIC) hanno triplicato, nel giro di pochi anni, la loro importanza, rappresentando nel 2011 il 6,3% delle esportazioni trentine. Il settore delle costruzioni permane in profonda difficoltà, che le crisi del 2009 e del 2011/2012 hanno solo acuito. Il settore è da diversi anni in una crisi strutturale che necessita di un ripensamento del modo di costruire. In questo contesto le misure anticongiun-

turali dell’Amministrazione provinciale hanno ridato ossigeno solo momentaneamente al settore. Le misure adottate dalla Provincia nel 2009 hanno, infatti, portato a variazioni in aumento prima nella produzione e poi nel fatturato e medesimo comportamento si è rilevato anche nel 2012, seppur con minor intensità e senza riuscire a riportare in positivo il settore. In mancanza di misure pubbliche il comparto sarebbe in costante contrazione. Anche le ore lavorate in edilizia, la cassa integrazione e le compravendite immobiliari confermano l’andamento negativo. Il commercio al dettaglio subisce la debolezza della domanda delle famiglie che, di fronte all’incertezza e alle prospettive negative del mercato del lavoro,

Proposte di lettura a cura della Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino Aldo Giannulli, 2012: la grande crisi, Ponte delle Grazie, Firenze, 2012. Il triennio 2012-2014 si prospetta come un crocevia di eventi epocali. Non solo siamo ancora dentro la crisi, ma essa potrebbe intensificarsi gravemente. Fra le cause, la fragilità economica legata al debito USA ma anche di alcuni paesi europei, con la scadenza di titoli di Stato e obbligazioni per un totale di circa ventimila miliardi; la guerra valutaria e commerciale fra Occidente e Cina; la crisi dell’Unione Europea con il rischio di una sua scissione, ed eventi politici di grande portata: le elezioni presidenziali in USA, Francia e Russia, il cambio della dirigenza cinese, la nomina del nuovo governatore della BCE e, nella nostra piccola Italia, la possibilità strisciante di varie forme di secessione. Grazie al rigoroso supporto di dati per lo più ignoti al pubblico, Aldo Giannuli ricostruisce gli scenari che da questo complesso puzzle di avvenimenti potrebbero sorgere negli anni a venire.

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rinviano le decisioni di spesa. Ritornano a crescere i depositi delle famiglie nelle modalità più facilmente spendibili in previsione di possibili urgenze non programmabili. In questo periodo il turismo ha confermato la sua importanza per l’economia trentina ed è stato fonte di soddisfazione. Il 2012 è stato positivo con un incremento delle presenze rispetto al 2011 pari all’1,3%. Questa performance è il risultato di ottimi andamenti delle presenze straniere e del rallentamento delle presenze italiane. L’anno 2012 si è caratterizzato per la scelta di vacanze in esercizi meno strutturati. Gli esercizi turistici complementari, quali ad esempio agritur, bed&breakfast, campeggi e rifugi, hanno registrato ottimi risultati. La stagione estiva appena conclusa è stata positiva, con un incremento delle presenze nel complesso degli esercizi turistici pari a circa il 2%.

Il turismo nella stagione estiva 2012 e nell’anno 2012 (variazioni percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente)

Presenze negli esercizi turistici (*) di cui: presenze straniere Presenze negli esercizi alberghieri di cui: presenze straniere

stagione estiva 2012

2012

1,9

1,3

3,2

5,8

1,2

0,4

3,8

6,8

(*) Si considerano gli esercizi alberghieri e gli esercizi complementari (ostelli per la gioventù, campeggi, colonie, campeggi mobili, alloggi agrituristici, rifugi alpini, foresterie, case per ferie, alloggi gestiti in forma imprenditoriale, affittacamere e bed&breakfast). Elaborazione Servizio statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ISTAT/Servizio statistica

I servizi alle imprese hanno reagito alle crisi in maniera migliore rispetto agli altri comparti del sistema produttivo trentino e nel periodo gennaio-settembre 2012 si attestano su valori simili a quelli del 2011. Solo nel terzo trimestre 2012 si registrano andamenti negativi più contenuti rispetto al complesso dell’economia. Il mercato provinciale rimane in crescita anche nel terzo trimestre, seppur con variazioni positive prossime allo zero. A rendere più complicato questo periodo vi è anche il problema della disponibilità e dell’accesso al credito. Nella prima crisi le imprese si sono ritrovate con una riduzione repentina di finanziamento e a costi crescenti, a volte non sostenibili. Nella seconda crisi, invece, le imprese hanno condizioni sulla concessione di finanziamenti più restrittive e con la richiesta di maggiori garanzie dovute ai bilanci in perdita o per la presenza di evidenti difficoltà. Le banche rilevano un aumento significativo dei crediti in sofferenza e un deterioramento nella qualità del credito, con prospettive estremamente incerte. In questa situazione le banche irrigidiscono le condizioni per l’accesso al credito e le imprese si trovano a non avere sufficienti finanziamenti per sostenere la propria attività. Le crisi nell’economia si riflettono con ritardo anche nel mercato del lavoro. Nel 2013, pertanto, si prevede un peggioramento. Fino ad ora il mercato del lavoro trentino ha mostrato una buona tenuta complessiva però con segnali di difficoltà sempre più evidenti. In questo periodo, comunque, il Trentino ha aumentato i propri occupati. Dal 2007 al 2011 gli occupati sono aumentati del 3,4%, raggiungendo oltre 231.000 unità. Nel periodo l’occupazione maschile è cresciuta meno dell’1% mentre quella femminile è aumenta di oltre il 7%. Il 57% degli occupati sono uomini.

I negozi “Compro oro” si moltiplicano nelle città impoverite dalla crisi economica

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Nello stesso periodo aumenta anche la disoccupazione. Il tasso di disoccupazione nel 2011 è pari al 4,5%, in crescita dal 2007 (2,9%). A conferma dell’incremento dell’occupazione femminile in maniera più marcata rispetto a quella maschile si ha una crescita diversa dei tassi di disoccupazione per genere. Il tasso di disoccupazione maschile era pari nel 2007 all’1,8%, nel 2011 al 4,0%; quello femminile era pari nel 2007 al 4,4%, nel 2011 al 5,1%. Nel 2012 il tasso di disoccupazione è peggiorato e nel terzo trimestre 2012 ha raggiunto il 5,8% (4,7% quello maschile e 7,2% quello femminile). La situazione più preoccupante è quella dei giovani: il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è, infatti, più del triplo di quello complessivo. Nel 2011 era pari al 14,7%. Dal 2007 è cresciuto di poco più di cinque punti percentuali. Le difficoltà per i giovani sono simili a quelle degli occupati nel complesso, con condizioni relative peggiori per gli uomini. Mentre nel 2007 il tasso di disoccupazione maschile era pari al 7,9% e quello femminile era pari all’11,5%, nel 2011 tali tassi per genere sono pressoché uguali (14,3% per gli uomini, 14,5% per le donne). Anche questo tasso nel 2012 è peggiorato e nel terzo trimestre 2012 ha raggiunto il 16,5%. Il mercato del lavoro: occupazione e disoccupazione

Tasso di occupazione (15-64 anni) Tasso di disoccupazione (15 anni e più) Tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni)

2007

2011

terzo trimestre 2012

66,3

66,1

66,6

2,9

4,5

5,8

8,9

14,5

16,5

La qualità della vita delle famiglie

2007

2012

Persone di 14 anni e più che giudicano molto o abbastanza soddisfacente la propria situazione economica

64,2

63,8

Famiglie che giudicano assolutamente insufficienti le risorse economiche complessive negli ultimi 12 mesi

2,4

2,8

Famiglie che giudicano molto peggiorata la loro situazione economica rispetto all’anno precedente

5,3

8,4

Persone di 14 anni e più che hanno svolto attività gratuita per associazioni di volontariato negli ultimi 12 mesi

20,8

22,5

Persone di 14 anni e più che hanno donato fondi ad una associazione negli ultimi 12 mesi

30,7

29,5

Elaborazione Servizio statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ISTAT/Servizio statistica

Elaborazione Servizio statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ISTAT/Servizio statistica

Le famiglie, in questo complesso ed incerto contesto, pur rilevando condizioni economiche di tranquillità iniziano a mostrare segnali di sofferenza e si attengono a comportamenti di consumo molto prudenti, posticipando le decisioni di spesa non necessarie. Le persone giudicano la propria situazione economica in modo positivo. La percezione di peggioramento nella propria situazione economica è rimasta più o meno stabile rispetto al 2007 (4 decimi di punto). In Trentino la maggioranza della popolazione con più di 14 anni giudica la propria situazione economica abbastanza o molto soddisfacente (63,8%).

I dati rilevano una situazione soddisfacente, anche se nell’ultimo anno s’iniziano a intravedere dei segnali di difficoltà, con una percentuale di oltre l’8% di famiglie che percepiscono la propria condizione economica in peggioramento, in aumento rispetto al 2007 di circa 3 punti percentuali. Le persone in Trentino, comunque, continuano con la stessa costanza a dedicare parte del proprio tempo libero ad attività di volontariato e risultano in aumento rispetto al 2007 di circa 2 punti percentuali. Anche le persone che fanno una donazione in denaro sono circa il 30% e nel periodo si confermano sostanzialmente stabili.

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Cronaca di una crisi annunciata

Bruno Amoroso si è laureato in Paolo Malanima è professore economia all’Università La Saordinario di storia economica pienza di Roma, sotto la guida presso l’Università Magna Gradi Federico Caffè. Negli anni dal interviste con Bruno Amoroso ecia di Catanzaro e dal 2002 di1970 al 1972 è stato ricercatorige l’Istituto di Studi sulle Soe Paolo Malanima re e docente all’Università di cietà del Mediterraneo ISSM Copenhagen. Dal 1972 al 2007 del Consiglio Nazionale delle a cura di Paola Bertoldi ha insegnato all’Università di Ricerche. Dopo gli studi presso Roskilde, in Danimarca, dove la Scuola Normale Superiore ha ricoperto la cattedra Jean di Pisa e presso l’Università di Monnet, presso la quale è proPisa, dove si è laureato in stofessore emeriria moderna, ha to. È docente insegnato nella all’International stessa universiUniversity di tà e, negli anni Hanoi, nel Vietsuccessivi, ha nam, ed è stato tenuto lezioni in visiting profesnumerosi altri sor in vari ateatenei fra cui nei, tra cui l’UBari, Firenze, niversità della Pavia, AmsterCalabria, la Sadam, Venezia, pienza di Roma, Napoli, Girona, l’Atılım ÜniverLUISS di Roma, sitesi di AnkaCollège de ra e l’Università France e altri. di Bari. È presiFra i suoi attuali dente del Cencampi di ricerca tro studi Federico Caffè dell’Università di Roskilde ed ci sono la storia dell’economia italiana nel lungo peè condirettore della rivista italo-canadese Intercultu- riodo dal X secolo all’avvio dell’industrializzazione e re. È membro del consiglio di amministrazione del la storia dei consumi di energia nelle economie preForum Euroméditerranéen des Instituts de Sciences industriali e contemporanee. È membro dei comitati Économiques (FEMISE) e coordinatore del comita- di direzione di riviste come Società e storia, Rivista to scientifico della Fondazione per l’internazionaliz- di storia economica, Investigaciones de Historia Ecozazione dell’impresa sociale. Fa parte, inoltre, del nomica. Dal 2001, inoltre, è anche presidente della comitato scientifico Freedom, Legality and Rights in European Graduate School for Training in Economic Europe Network (FLARE), la rete internazionale per and Social historical Research (ESTER) con sede a la lotta alla criminalità e alla corruzione; è membro Nimega, poi a Rotterdam (dal 2004), poi Groningen ed esperto di DIESIS (Bruxelles) organizzazione no (dal 2005), infine Utrecht (dal 2010). profit dedicata allo sviluppo dell’economia sociale, È fra i componenti dell’Advisory Board del Posthunelle forme cooperative, di impresa sociale, e di im- mus Centre (di cui fanno parte tutti i professori di presa autogestita dai lavoratori, attraverso attività di storia economica e sociale dei Paesi Bassi). Ha infine supporto, consulenza e valutazione dei progetti. È vinto il “Premio Capalbio” per la Storia Economica decano della Facoltà di Mondiality, all’Università del nel 2005. È autore di numerosissime pubblicazioni, Bene comune (Bruxelles-Roskilde-Roma), fondata solo per ricordare le ultime possiamo citare: L’ecoda Riccardo Petrella; è membro del comitato scien- nomia italiana. Dalla crescita medievale alla crescitifico del progetto WISE dell’Unione europea ed è ta contemporanea, Il Mulino, 2002; Uomini, risorse, stato direttore del Progetto Mediterraneo promosso tecniche nell’economia europea dal X al XIX secodal CNEL (1991-2001). Tra i suoi ultimi libri possiamo lo, Mondadori, 2003; Energy Consumption in Italy in citare Per il bene comune: dallo stato del benesse- the 19th and 20th Centuries, Issm-Cnr, 2006; Rapre alla società del benessere (2010); Euro in bilico porto sulle economie del Mediterraneo 2009 (a cura (2011); Il “mezzogiorno” d’Europa: il Sud Italia, la di), Il Mulino, 2009; Rapporto sulle economie del Germania dell’Est e la Polonia Orientale nel conte- Mediterraneo 2010 (a cura di) Il Mulino, 2010; Eusto europeo (2011); L’Europa oltre l’Euro (2012, con ropäische Wirtschaftsgeschichte 10.-19. Jarhundert, Jesper Jespersen). Böhlau, 2010.

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Bruno Amoroso: “Raramente l’equità e la giustizia prevalgono sugli interessi costituiti” L’attuale crisi è qualcosa che si poteva prevedere, oppure si è trattato di un evento i cui fattori molteplici globali lo hanno reso in qualche modo imprevedibile e conseguentemente incontrastabile? Quanto è fondata l’accusa rivolta agli economisti in genere di non aver lanciato l’allarme tempestivamente su quanto si stava preparando? La crisi finanziaria – “la più grande ondata di crimine finanziario organizzato della storia umana”, secondo le parole di James K. Galbraith – è stata preparata nel corso di tre decenni durante i quali la Globalizzazione ha avuto il tempo di organizzarsi dispiegando tutti i suoi effetti con l’imposizione del “pensiero unico” fino al “potere unico” dell’ultimo decennio. Tra gli economisti, e non solo, è prevalsa la corsa a farsi “consiglieri del principe” sostituendo e riscrivendo i libri di testo sotto dettatura del pensiero neoliberista. Tuttavia, le analisi critiche per comprendere quanto è accaduto non sono mancate: dai contributi premonitori di James K. Galbraith (Lo Stato Predatore) a quelli di Paul Krugman e Joseph E. Stiglitz. In Italia le persone e i movimenti che potevano denunciare e interpretare queste tendenze hanno scelto la via opportunistica dell’”inserimento” e dell’”integrazione”, trasformando il piano di apartheid globale della Globalizzazione in un’opportunità per arricchirsi nel “villaggio globale”, e interpretando i fenomeni reali della “destabilizzazione politica” e “marginalizzazione economica” come “globalizzazione dal basso” e “globalizzazione del welfare”. Si è cioè pensato di poter predicare il pacifismo portando la guerra altrove, di combattere la speculazione e il crimine “tassandoli” per ricavarne parte del dividendo, di poter costruire la “città ideale” dentro le nicchie di un contesto in sfacelo. Si sente spesso sostenere che quella che stiamo vivendo rappresenti non una delle tante crisi cicliche vissute in passato, ma una crisi “sistemica o strutturale”, che può essere superata solo adottando soluzioni estranee al contesto al cui interno è maturata. È d’accordo con questa interpretazione e se sì quali azioni si sentirebbe di proporre? La crisi attuale è una crisi economica e sociale provocata dal successo della nuova struttura del processo di accumulazione capitalistico, che si è dato a partire dagli anni settanta con la Globalizzazione. Il cuore del processo è la finanza, cioè la trasfigurazione da un sistema basato sul profitto capitalistico a quello basato sull’esproprio dei redditi e la rapina delle ricchezze materiali e intellettuali. La crisi in corso non ha nulla di ciclico, diversamente dalle crisi econo-

miche del capitalismo industriale, e troverà il suo punto di approdo in un potere assoluto coincidente con l’impoverimento di gran parte dei cittadini. Per questo l’uscita dagli effetti della crisi può avvenire solo con l’uscita dal capitalismo che oggi è quello della speculazione finanziaria e della rapina di Stato. Quale ruolo hanno giocato i mercati finanziari nella costruzione dell’attuale situazione economica? In che misura sono stati causa della crisi e potrebbero contribuire a sanarla? I mercati finanziari sono le “fabbriche” che hanno sostituito quelle del fordismo industriale, la culla della rapina e dell’esproprio. Questo percorso di “finanziarizzazione” delle economie capitalistiche inizia negli anni ottanta con la modifica della legge bancaria negli Stati Uniti (Reagan), poi negli anni novanta con l’introduzione di nuove regole per la finanza che hanno consentito la produzione dei derivati e titoli tossici (Clinton), il tutto con il consolidarsi di un potere unico finanziario-militare illustrato ampiamente da James K. Galbraith. L’Europa ha seguito per imitazione le stesse politiche con le “direttive europee”, passivamente recepite anche in

George Grosz, Il capitalista

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Otto Dix, La grande ville, 1927-1928

Italia, che hanno introdotto la banca “universale” e la liberalizzazione dei mercati finanziari. In Italia questo percorso è stato segnato dalla biografia di Mario Draghi, che bene illustra i conflitti d’interessi e le collusioni tra mondo politico e poteri finanziari. Negli anni ottanta è direttore per l’Italia della Banca Mondiale, negli anni novanta diventa direttore generale al Tesoro e privatizza il sistema bancario, introduce il Testo Unico del 1993 sulle banche che recepisce tutte le direttive europee, comprese quelle ben note sui derivati speculativi. Poi lascia la mano per andare a dirigere la Goldman Sachs e contribuire così a mettere a punto la “grande truffa” che esplode nel 2008, di cui non era a conoscenza come responsabile della sorveglianza in quanto Governatore della Banca d’Italia. Nel mentre la “sinistra” è distratta dalla difesa dell’”autonomia”

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della Banca d’Italia, dalla denuncia sul conflitto d’interessi di Berlusconi contro il quale, in ogni caso, non fa nulla. Che ruolo potrebbe rivestire l’Unione europea in questo particolare passaggio storico-economico? L’euro può offrire uno scudo contro la crisi? L’euro doveva essere lo scudo, ma la sua gestione è stata affidata a chi ha messo in moto la crisi (inutile ripetere i nomi delle persone e organizzazioni) ed è quindi divenuto la camicia di forza che impedisce agli Stati e alla stessa UE di reagire e di difendersi. Il ruolo dell’Europa è possibile se negli Stati nazionali si manifestano forze popolari che si facciano carico di riprendere il percorso di “pace” e “cooperazione” che fu alla base dell’idea di Europa nel primo dopoguerra, e poi fatto deragliare prima dalla “guerra fredda” e successivamente, negli anni novanta, dalla


scelta di fare del progetto europeo un piano di “competitività” e di “guerra”. Una ricostruzione dell’Europa a partire dai popoli e dagli Stati deve assumere una forma confederale tra le quattro grandi mesoregioni europee (Paesi nordici, Europea centrale, Europa mediterranea, e Europa occidentale). Uscire dal guscio asfissiante del dominio dell’Europa occidentale e dell’alleanza atlantica è la premessa per queste nuove politiche. Una delle affermazioni ricorrenti è che bisogna tagliare la spesa pubblica per creare le condizioni di base utili a contrastare e superare la crisi. Quanto è condivisibile una simile posizione? L’attuale crisi economica costringerà a sacrificare l’attuale modello di stato sociale? La spesa pubblica non c’entra con la crisi e invece di guardare al deficit dello Stato e al debito estero si dovrebbe guardare all’occupazione e al deficit della bilancia dei pagamenti come ho spiegato nel mio libro L’Europa oltre l’euro. La spesa pubblica aumenta in situazioni di crisi in ragione degli stabilizzatori automatici che hanno il compito di evitare forti conseguenze sociali, ed è per questo che Keynes raccomandava al governo: “Occupatevi dell’occupazione e questa si prenderà cura del bilancio dello Stato”. Chi vuole gli stabilizzatori sociali – cioè il welfare – non intende risolvere la crisi ma scaricarne i costi in modo irresponsabile sui cittadini più deboli e i lavoratori, cioè sul 99% delle persone. Cosa ha comportato e cosa comporterà per l’Europa lo spostamento del baricentro mondiale fuori dall’Occidente industrializzato? Significa che l’Europa deve ripensarsi e ritrovare il suo spirito di pace e di cooperazione con le nuove aree mondiali emergenti, lasciandosi alle spalle i vecchi mercati ricchi dell’Occidente. Insistere sul modello della guerra e della competitività significa condannarsi al suicidio e alla marginalità sia verso l’Occidente che verso l’Oriente. La cooperazione con le nuove aree in crescita non si ottiene con la competitività ma con rapporti diretti e di cooperazione tra Stati, cioè sullo scambio reale di capacità e di beni e con la messa in comune delle risorse disponibili. Nel dibattito pubblico spesso si attribuisce la colpa dell’attuale stato di cose, almeno in Italia, a una classe dirigente incolta, poco lungimirante e fautrice di ripetute scelte sbagliate. Condivide questa posizione e se sì come ritiene si possano conciliare fra loro due ambiti apparentemente così distanti quali istanza politica e azione tecnico-scientifica? La classe dirigente (politica e imprenditoriale) che abbiamo è quella che è sopravvissuta alla guerra condotta contro il sistema italiano dagli anni cinquanta in poi dagli Stati Uniti, Francia e Germania, e che continua oggi. Questa guerra è stata vinta finora

prima con l’eliminazione fisica dei personaggi scomodi (Mattei, Olivetti ecc.), poi con la distruzione del sistema politico italiano negli anni novanta e ancora oggi. La corruzione, esistente è la causa di questi sviluppi e di come, attraverso i fiumi di denaro riversati sui politici e sulle istituzioni, se ne è ottenuto il silenzio e la collusione alla realizzazione dei piani di costruzione del consenso su un progetto italiano ed europeo squilibrato. La reazione popolare degli ultimi anni, e espressa dalle ultime elezioni, dimostra che il limite della sopportazione è stato raggiunto, ma anche il fallimento di questi piani di destabilizzazione politica e di marginalizzazione economica del paese. Fra gli effetti della lunga crisi che stiamo vivendo vi è anche l’aumento considerevole di giovani senza lavoro, costretti a vivere in condizioni di precarietà e a fare i conti con un futuro dai contorni molto incerti. In che modo tutto ciò potrà influire sulla nostra futura società? A chi avanzava riserve critiche sulle forme dell’integrazione europea si rispondeva che queste volevano far “sprofondare” l’Italia nel Mediterraneo. Ebbene, è proprio l’adesione acritica alle strategie della Globalizzazione e dell’UE che sta facendo sprofondare l’Italia nel “sottosviluppo”. Ma l’Italia è un paese forte e le reazioni sociali e politiche che si annunciano lo dimostrano. Il successo di queste tendenza è anche la sola speranza offerta ai nostri giovani. Dal suo punto di vista quando ritiene si possa immaginare un’inversione di tendenza dell’attuale dinamica recessiva? E quando ciò dovesse accadere, passato il peggio, che insegnamenti potremmo e dovremmo trarne da quanto accaduto? Questa crisi si fermerà quando i 4/5 della popolazione saranno ridotti in condizioni di povertà e marginalizzazione. Un percorso avviato ma che richiede tempo. La “ripresa” sarà una stabilizzazione e istituzionalizzazione della povertà e della dipendenza politica del paese dai centri finanziari. Che questo possa avvenire in forma “pacifica” è da dimostrare. La vera ripresa ci può essere solo se il 99% degli esclusi riprende il controllo sulla macchina del potere politico ed economico. Le forme in cui questo avverrà, se avverrà, non saranno indolori per le vecchie classi dirigenti e per questo si oppongono con tutti gli strumenti a disposizione. La forza obiettiva di questo cambiamento dipende dal fatto che l’alternativa a una vera ripresa è lo scenario dell’implosione dell’Europa sul modello iugoslavo, a noi ben noto. La preferenza per una soluzione, anche europea, negoziata e con un cambio di indirizzo dovrebbe apparire ovvia e di buon senso, oltre che più giusta. Ma raramente l’equità e la giustizia prevalgono sugli interessi costituiti.

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Paolo Malanima: “Il termine ‘crisi’ viene spesso utilizzato in maniera impropria” La crisi odierna viene spesso indicata come “sistemica o strutturale”. Che valore ha da un punto di vista storico questa definizione? Va fatta una premessa. Io cercherei anzitutto di chiarire che cosa intendiamo quando si parla di crisi. Il termine “crisi” viene spesso utilizzato in maniera impropria. È bene specificare che in economia si parla di crisi quando il prodotto interno lordo di un paese (cioè l’indicatore fondamentale della capacità produttiva) diminuisce, con conseguente aumento della disoccupazione e chiusura di numerose imprese. In qualche caso si usa il concetto di crisi anche quando il tasso di crescita del PIL cala. Quindi non abbiamo, in questo caso, una diminuzione del PIL, ma del tasso di crescita. Se si guarda al mondo attuale (dati Eurostat) si può dire che molti paesi europei vivono un momento di crisi perché il PIL si è ridotto: l’Italia nel 2012 ha avuto una diminuzione del PIL del 2,2%. Oggi si parla di una crisi sistemica o strutturale, ma se noi adottiamo una prospettiva più ampia e guardiamo gli ultimi anni, a livello globale non c’è stata crisi perché il PIL è cresciuto al tasso del 4%. La crisi ha, in realtà, interessato alcuni paesi, quelli che chiamiamo avanzati. Ci sono, tuttavia, altri stati che si trovano ad un grado di sviluppo inferiore, come la Cina, l’India e il Brasile, che sono cresciuti a tassi molto elevati. Ciò ha comportato, nel 2012, una crescita del PIL mondiale del 4%. Si tratta di un tasso di crescita elevato, appena inferiore a quello degli anni cinquanta e sessanta (era il 5%). A quell’epoca i paesi avanzati crescevano molto, mentre tanti paesi poveri non crescevano. Adesso, viceversa, la situazione è quella di paesi un tempo arretrati che stanno crescendo con tassi molto elevati, mentre invece i paesi che un tempo erano avanzati stanno risentendo di una crisi forte; il caso dell’Italia è uno degli esempi più chiari di crisi economica. In base alla sua attività di ricerca e studio che opinione si è costruito dell’attuale crisi? E soprattutto quali potranno essere i suoi effetti più duraturi sulla società italiana futura? Molti paesi del mondo, il cui livello di sviluppo è assai inferiore a quello dell’Europa occidentale e degli USA, si stanno rapidamente industrializzando: la Cina è un caso particolarmente evidente. Ha, infatti, un tasso di crescita molto forte, che, negli ultimi anni, è stato di poco inferiore al 10% all’anno. I paesi avanzati fanno fatica a competere con queste realtà emergenti che si stanno arricchendo. Questa situazione è destinata a durare. Anche queste nazioni

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meno sviluppate col tempo avranno tassi di crescita più bassi di quello che registrano attualmente. Il processo di convergenza durerà comunque ancora a lungo. Non dobbiamo dimenticare che mentre in Italia il PIL pro capite è oggi di circa 23.000 euro, in Cina è di 6.000. Prima che paesi come la Cina o l’India arrivino ai livelli dell’Italia passeranno degli anni; probabilmente qualche decennio. Secondo lei, nei periodi di crisi economica, si possono riconoscere delle reazioni “tipiche” in grado di influire sull’assetto socio-economico e socio-politico di un territorio, oppure ogni crisi ha registrato risposte diverse? Una tipica costante è questa: i paesi in difficoltà cercano anzitutto di aumentare l’efficienza del proprio sistema economico (alcuni lo hanno fatto e ci sono riusciti, come è il caso della Germania) e questo fa sì che resistano meglio ai cambiamenti internazionali di cui abbiamo parlato. In secondo luogo, in momenti di crisi ci sono dei comportamenti di politica economica che possono stimolare l’economia o sostenere la domanda interna e favorire l’espansione; è il caso degli investimenti pubblici per esempio. Questo è però difficile in questo momento perché investimenti di questo tipo hanno riflessi sui conti pubblici e quindi possono aumentare il deficit . Probabilmente adesso bisognerebbe adottare delle politiche economiche espansive a livello europeo piuttosto che all’interno dei singoli stati, che sono già fortemente indebitati e quindi difficilmente possono permettersi di stimolare la domanda con investimenti nei settori pubblici, come è spesso consuetudine. Quindi, aumento dell’efficienza e interventi di politica economica volti a sostenere la domanda sono risposte tipiche nei momenti di crisi. Un sistema politico più coeso riesce meglio a compiere queste trasformazioni rispetto a una realtà dove i conflitti sono forti e prendere decisioni nel campo della politica economica diventa difficile. Io penso che in questo momento, caratterizzato da situazioni di crisi comuni a tutta Europa (pur con differenze nei vari paesi), dovrebbe essere l’Unione europea ad adottare delle politiche di tipo espansivo per rilanciare le economie dei vari paesi. L’UE fino ad oggi ha insistito sul riequilibrio dei conti pubblici e sulla diminuzione dell’indebitamento, ma questo in molti paesi, e in Italia in particolare, ha significato una riduzione della domanda interna e ha avuto quindi effetti negativi. Quanto è importante e come va considerato il fattore “psicologico” nella percezione della crisi? E quale ruolo possono giocare in questo i mezzi di comunicazione di massa e soprattutto internet? Hanno certamente un peso notevole perché la psicologia in economia è una variabile importante. La


diffusione di un clima di allarme può essere ingigantita dai mezzi di comunicazione di massa e avere dei riflessi negativi sull’economia e sul contesto sociale. Detto in altre parole, l’impressione che viene suggerita e alimentata è quella di una crisi drammatica. Si tratta di un quadro probabilmente più pessimista di quello che è in realtà. Quindi l’elemento psicologico nell’attuale situazione svolge in effetti un ruolo di primo piano nella percezione della situazione economica da parte dei cittadini. Secondo alcune teorie la crisi va letta in chiave positiva. In questo periodo viene spesso citata un’affermazione attribuita ad Albert Einstein: “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”. Lei cosa ne pensa? Io penso che questo sia vero. Un economista come Schumpeter ha ripetuto tante volte un concetto simile e cioè che nei momenti di crisi si elimina il vecchio per fare posto al nuovo. In questa sorta di competizione riescono a resistere gli organismi che sono più attivi e che sono capaci di aumentare la propria efficienza. La crisi comporta una specie di selezione naturale nella vita economica. Le innovazioni spesso vengono introdotte nei momenti di crisi per cercare di superarla. Quindi mi sento d’accordo con questa frase, che anche gli economisti hanno spesso espresso con parole simili a quelle attribuite ad Albert Einstein. Nel suo volume L’economia italiana: dalla crescita medioevale alla crescita contemporanea, edito ormai da più di dieci anni, lei ha analizzato e presentato le basi concrete dello sviluppo economico italiano nell’arco di un millennio, parlando di risorse naturali, popolazione, produzione agricole e industriali. In questo lungo percorso ha incrociato altre crisi o momenti di passaggio che hanno saputo più di altri incidere sulla crescita del paese? Prima della Rivoluzione Industriale il problema era quello di un basso sviluppo tecnologico, in presenza di elevati tassi di crescita della popolazione. Si verificavano, di conseguenza, quelli che si chiamano “rendimenti decrescenti”: un incremento della popolazione cui non corrispondeva un miglioramento delle

risorse naturali. Ciò provocava un peggioramento delle condizioni di vita. Una situazione simile si è verificata anche in Italia: abbiamo avuto per molti secoli una popolazione intorno ai dieci milioni di abitanti. Nel Settecento la popolazione ha iniziato ad aumentare considerevolmente. La conseguenza è stata un abbassamento del tenore di vita e del reddito procapite per un lungo periodo. In Italia un’epoca di crisi si verificò in conseguenza dell’aumento della popolazione, che passò dai tredici milioni del 1700 ai ventisei milioni del 1861. La penisola raddoppiò i suoi abitanti nel giro di poco più di un secolo. Al tempo stesso, però, le tecniche non permisero di raddoppiare la capacità produttiva; certo, ci furono alcuni miglioramenti, ma la crescita moderna dell’economia italiana è iniziata di fatto negli ultimi decenni dell’Ottocento; in particolare dopo il 1880, quando furono introdotte innovazioni tecniche e risorse energetiche nuove (carbone, petrolio, elettricità). Nel suo ruolo di direttore dell’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo come interpreta, nell’attuale crisi, la funzione presente e futura dei paesi che si affacciano su questa importante area di transito e comunicazione fra culture e religioni diverse? Il Mediterraneo è un’area interessante del mondo, abitata da circa mezzo miliardo di persone, che ha avuto una caratteristica particolare, ovvero quella di avere molto vicini l’uno all’altro sviluppo e sottosviluppo. C’erano alcuni paesi, quelli della sponda nord del Mediterraneo (Italia, Francia, Portogallo) che crescevano a ritmi intensi e altri, della riva sud o est che crescevano meno o rimanevano fermi. Avevamo perciò una grande divergenza economica fra nord da una parte e sud, est e ovest del Mediterraneo, dall’altra. In questi ultimi anni le cose sono un po’ cambiate perché la crisi che ha investito i paesi del nord non ha interessato nella stessa maniera i paesi del sud o dell’est, che invece hanno continuato a crescere. Si sta verificando una vera e propria convergenza economica, ovvero una diminuzione dei divari di sviluppo all’interno di quest’area del mondo. In pratica, accade nel Mediterraneo quello che abbiamo visto prima a livello mondiale su più ampia scala. Ci sono paesi arretrati che stanno ora crescendo e, viceversa, ci sono paesi ricchi che sono rimasti fermi nell’ultimo decennio.

Proposte di lettura a cura della Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino John Kennet Galbraith, Il grande crollo, Rizzoli, Milano, 2009. Il pericolo che un crollo delle borse trascini il pianeta in una crisi senza precedenti è purtroppo costantemente presente in un’economia sempre più globale. Per tali motivi il libro di Galbraith, scritto nel 1954 e riguardante i fatti del crollo della borsa negli Stati Uniti nel 1929, si rivela un testo drammaticamente profetico.

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Quando la mala finanza intacca l’economia reale

La crisi attuale, nata come fidi migliaia di miliardi di dollari, nanziaria, ma che ha finito per finendo per contagiare, come intaccare l’economia reale, sarà accennato, l’economia reale. La ricordata come quella dei mutui ragione sta nella natura di questi ovvero: alle origini subprime statunitensi. Si tratta mutui. Essi vengono accordati dell’ultima crisi di una crisi di fiducia, anche se a chi non ha accesso al circuito sembra strano che la scienza tribancario tradizionale, a soggetdi Alberto Ianes ste, cioè l’economia, possa esti considerati “non bancabili”, sere permeata, e influenzata, da poiché già in passato non hanquesto sentimento molto umano restituito il dovuto, o perché no, poco calcolato e poco fredmancano del patrimonio capace do. È bastata una percezione didi supportarli. Le condizioni praversa dei creditori nei confronti dei debitori perché il ticate ai destinatari dei subprime sono più gravose meccanismo si inceppasse: si è passati da una tota- di quelle applicate normalmente. Qui si sarebbe dole, euforica fiducia verso chi chiedeva credito a una vuto insinuare un primo, legittimo dubbio, ma non completa, generalizzata sfiducia su tutto e su tutti. è accaduto: difficile pensare che un debitore magNegli anni novanta e fino allo scoppio della cosiddet- giormente a rischio possa restituire più di quanto ta bolla, nel 2008, chi aveva soldi nutriva un diffuso ragionevolmente possa fare un contraente normale. senso di ottimismo nei confronti del prossimo: con- Perciò, si potrebbe obiettare a posteriori, gli elemencedeva prestiti a chiunque, a prescindere dal livello ti che prefiguravano una crisi c’erano tutti, e pure i di rischio. A un certo punto c’è stata un’inversione di presupposti che annunciavano il default e lo scoppio tendenza e l’ottimismo più sfrenato ha ceduto il pas- della bolla. Cos’è, allora, che ha permesso una così so a un improvviso, nervosissimo pessimismo: gli elettrizzante effervescenza nell’uso, e nell’abuso, di investitori hanno chiuso i rubinetti del credito, nuovi questi strumenti finanziari, al punto da ipotizzarne la prestiti sono stati concessi solo a debitori giudicati loro sostenibilità? La parola chiave è cartolarizzazioaffidabili, e in ogni caso a un tasso d’interesse molto ne, ovvero una pratica che trasforma i crediti erogati elevato. In alcuni casi si è preferito tenere i contanti in titoli liberamente negoziabili sul mercato. I prestiti sotto il materasso, rinunciando a far girare il denaro, concessi non vengono così iscritti a bilancio dell’istiprivando cioè l’economia di qualsiasi possibilità di tuto creditizio o della banca che li ha accordati, sino crescita. La stretta sul credito ha innescato un circo- al loro completo ammortamento, bensì prendono la lo vizioso, che ha significato meno investimenti, falli- forma di prodotti derivati perfettamente contendibili, menti, perdita di posti di lavoro, più disoccupazione, cioè vendibili e acquistabili da altri investitori che se contrazione della domanda, prospettive di crescita li scambiano come si scambiano altri titoli. A queste ridotte al lumicino, che si sono tramutate, ben pre- condizioni, la banca erogante agisce apparentemensto, in vera e propria recessione. te in sicurezza: incassa subito il valore del credito Ma andiamo con ordine: guardiamo alla genesi e erogato, più una commissione per l’operazione, da allo svolgersi della crisi del 2008. Essa è scaturita parte dell’investitore che ne ha acquistato il titolo. dagli Stati Uniti e ha il suo focolaio di partenza in Su quest’ultimo ricade anche il rischio dell’eventuale uno specifico mercato finanziario, quello dei mutui mancato pagamento del prestito da parte del debisubprime, che riguardava solo il 15% del mercato tore, mentre la banca da cui esso è scaturito ne esce dei mutui americani, ma che ha trascinato nel vorsgravata. Neanche in quetice negativo numerosi intermediari fisto caso, però, si nanziari di tutto il mondo, cochiude il cerstringendoli a perdite chio: l’investitore, a sua volta,

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può ricollocare il titolo sul mercato e cederlo a un terzo e questi, nuovamente, può disporne come crede: può conservarlo ricavandone un interesse o cederlo, realizzando il valore corrispettivo. Ha così avvio una sorta di catena di sant’Antonio dove si fa fatica a intravvedere la fine: il titolo passa di mano in mano svariate volte, facendo saltare il rapporto diretto e personale che normalmente intercorre fra creditore e debitore. La decisione da parte di un acquirente di rendere negoziabile o meno un titolo dipende dall’aspettativa di guadagno influenzata da due parametri: il beneficio derivante dall’interesse corrisposto sul credito trasformato in titolo, o per contro la convenienza a cederlo quando il prezzo di vendita è superiore a quello sostenuto per l’acquisto. In questo caso, l’aspettativa è che il suo valore non cresca ulteriormente e che anzi la sua quotazione sia prossima al ribasso. Un mix di condizioni favorevoli, come l’esplosione del mercato immobiliare, letteralmente pompato da una certa facilità nell’accesso al credito in seguito alla cartolarizzazione, la conseguente lievitazione dei prezzi delle abitazioni, la prospettiva del facile guadagno, hanno innescato un meccanismo di proliferazione dei titoli, buoni per tutti i palati: vari per composizione di rendimento e per livello di rischio. Sotteso a questo marchingegno finanziario c’è stato infine il miraggio di un sogno irresistibile per un numero crescente di persone a basso reddito. Con la cartolarizzazione, chiunque avrebbe potuto aprire un mutuo e realizzare finalmente il sogno di una vita: possedere una casa di proprietà, specie coloro che non avrebbero mai ottenuto credito dal circuito bancario tradizionale. Accanto all’acquisto della prima casa, si sono comperati a credito pure i mobili, gli elettrodomestici e l’auto. Anche l’istruzione è stata finanziata in questo modo. A un certo punto è sembrato che tutti avessero di che avvantaggiarsi: le imprese edili che vendevano più case, la banca erogatrice del mutuo che realizzava un introito certo

e trasferiva il rischio sugli operatori finanziari, questi che vi realizzavano un guadagno o incassando un interesse o il valore del titolo venduto, gli stessi poveri cristi che inseguivano il desiderio di una vita. I mutui subprime hanno marciato allegri e spediti: a beneficarne, apparentemente, poveri, immigrati, lavoratori precari, persone in difficoltà, che si sono indebitati perché spinti, perché convinti, perché è sembrato possibile e bello. Perché le partite di credito che si aprivano sembrava potessero non chiudersi mai. Perché il debitore, a un certo punto, non ha più saputo chi fosse il suo creditore: si è sentito sollevato dalla responsabilità personale in ordine al pagamento del proprio debito. Tra la fine degli anni novanta e la vigilia dello scoppio della bolla immobiliare, quasi un milione e mezzo di americani si sono fatti casa. La pratica è stata fatta passare come democratizzazione della finanza, come avviene con il microcredito, si è dimostrata invece molto pericolosa e dannosa. A un certo punto, qualcosa è andato storto. Le aspettative, gli umori degli investitori sono cambiati improvvisamente. La fiducia è saltata e l’inguaribile ottimismo si è rovesciato nel suo contrario. La percezione che qualche debitore non fosse in grado di onorare le rate del mutuo – e qualcuno non riuscì a pagarle per davvero – è bastata per indurre un numero nutrito di creditori a disfarsi (o a cercare di farlo) dei propri titoli di credito. Inevitabile l’effetto contagio e la corsa di molti speculatori a chiudere simultaneamente le proprie posizioni creditorie in cambio di moneta, aspettando tempi migliori. Il risultato è stata la presenza di titoli che hanno perso liquidità, titoli dei quali tutti si sono voluti liberare e che nessuno ha più voluto acquistare. Si è trattato, in altri termini, di titoli che non avevano più mercato. Il mercato finanziario, e quello reale, si sono così inceppati. Il blocco della compravendita di titoli di credito non ha più soddisfatto le preferenze degli investitori. Questi hanno tenuto per sé la moneta, non

Proposte di lettura a cura della Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino Giulio Sapelli, La crisi economica mondiale, Bollati Boringhieri, Torino, 2008. Perché l’attuale crisi economica? Da dove inizia: dall’industria o dalla finanza? Il passaggio dal profitto alla rendita finanziaria ha provocato la caduta degli investimenti industriali e la conseguente ascesa dei prezzi delle materie prime, a fronte della crescita dei paesi emergenti. Un ruolo assai negativo lo hanno svolto le cosiddette stock options, ossia quelle quote elevatissime degli stipendi dei top manager collegate al valore delle azioni. Ciò ha provocato un incentivo a far crescere con spericolate manovre finanziarie il valore di tali azioni con irrazionali rialzi borsistici e con rischiosissime vendite degli stessi debiti attraverso veicoli finanziari senza trasparenza. Questo libro, mentre spiega in modo chiaro che cosa è accaduto e sta accadendo, è una meditazione morale sull’economia, che rifugge da ogni intonazione populistica, valorizzando l’analisi e la riflessione scientifiche.

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l’hanno investita né fatta girare, facendo crollare il credito a favore di imprese, governi, famiglie, con ricadute negative sull’economia reale. Oltre due milioni di statunitensi sono stati espropriati della loro casa, incapaci di rispettare gli impegni presi. La globalizzazione ha fatto il resto, la crisi dei mutui subprime si è abbattuta come una slavina sulla finanza e sull’economia di tutto il mondo. Ha colpito investitori e speculatori che alla cieca hanno acquistato, assumendosene il rischio, titoli di credito, dietro i quali – spacchettati – si celavano i mutui degli “inadempienti per definizione”, di coloro ai quali era stato concesso un mutuo pur non avendone possibilità, perché non prime ma subprime borrowers, cioè debitori meno sicuri. Da finanziaria la crisi è diventata drammaticamente reale, ha mietuto le sue vittime, assunto il volto tragico della riduzione della domanda, della chiusura di fabbriche, di fallimenti di aziende, della disoccupazione infinita, del crescente numero di disperati. In tutto il mondo. In questa vicenda i colpevoli sono più di uno, ma c’è chi ha nome e cognome. Si chiama genericamente banca, alla quale ciascuno accosterà la specificazione che più gli aggrada, quella di Lehman Brothers o altra. Si tratta, a ben vedere, di un particolare tipo di banca. Quella che ha smesso di fare il mestiere dell’intermediario e si è data alla speculazione finanziaria. Il male va dunque ricercato nella finanziarizzazione dell’economia, cioè nella finanza per la finanza. Nella finanza che si struttura in mercato finanziario. Bisogna tornare all’epistemologia di questa funzione, alla sua natura più autentica. È necessario, in altri termini, rivedere il rapporto che intercorre tra finanza ed economia reale, tra creditore e debitore, tra chi anticipa denaro e chi ne promette la restituzione, dopo averlo spe-

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so, investito e possibilmente fatto fruttare. La cartolarizzazione ha rescisso questo rapporto, lo ha reso liquido: ha reso più difficile capire chi ha prestato denaro e a chi. Nel normale svolgersi della relazione economica il rapporto che intercorre fra creditore e debitore deve essere personale e diretto: inizia con un’anticipazione e si conclude con la completa restituzione del dovuto, con un’apertura e una chiusura, con un inizio e una fine. Ciò che intercorre tra i due non è una “cosa” ma una “relazione”, che consiste in un’apertura di credito in favore di una sua chiusura. Su questo è necessario fare chiarezza, il fine della finanza deve coincidere con la fine: non è ammissibile vivere nell’illusione suscitata dalla cartolarizzazione che i debiti si possano anche non pagare e che i conti non si chiudano mai. Come direbbe Keynes, la solvibilità tra debitore e creditore diventa allora una responsabilità condivisa, come lo è il matrimonio, nel bene e nel male. Altrimenti è il caos, come hanno dimostrato la cartolarizzazione e questa crisi, dove a rispondere, alla fine, sono tutti ma anche nessuno. Ecco allora che cosa bisogna fare: ripristinare il legame diretto fra debitore e creditore. Favorire, sempre, una linea di finanziamento in vista di un suo pagamento certo: questo il modo normale, e sano, di concedere credito. E questo l’unico modo affinché la finanza torni ad essere quello che dovrebbe essere, un servizio all’economia e allo sviluppo. Come è accaduto con le precedenti, anche questa crisi verrà superata; naturalmente non è dato di sapere quando, né come e nemmeno a che prezzo. Intanto limitiamoci a fare tesoro degli errori e degli orrori, per capirli e non ripeterli.


La cultura al tempo della crisi

Ragionare sul senso della innovazione, di applicazione Cultura, in tempo di crisi ecodelle conoscenze e delle nuove nomica, costringe a riflettere scoperte sul piano tecnologico innanzitutto sul significato di e, di conseguenza, nell’attività di Micaela Bertoldi crisi dell’economia e successiindustriale e dell’impresa in gevamente obbliga a interrogarsi nere. Tali studi, tuttavia, sono su che cosa significhi la parola stati sostanzialmente ignorati Cultura, per lo meno su quali dalle politiche di governo degli siano gli aspetti di rilievo che ultimi venti anni, oppure stradel termine cultura si vogliavolti e usati per la promozione no indagare. Crisi economica di iniziative di aggressione al Senza presumere di entrare approfonditamente nella territorio e all’ambiente, mettendo in risalto ciò che disciplina definita come “Economia”, la prima con- ci sarebbe da guadagnare se…, sempre in senso del siderazione che mi viene da fare è che oggi tutti ne tutto venale. Non importava cioè il risvolto di vero parlano come se ne fossero esperti, che tutti ne per- investimento in risorsa umana: parola, questa, spescepiscono il peso trasmesso mediaticamente nella so utilizzata perché di moda, subito piegata alla ridumiriade di parole spese sull’argomento, tutti subisco- zione dell’uomo in potenziale procacciatore di guano effettivamente i contraccolpi negativi della crisi di dagno. Gli eventi, specie se mega, costosissimi e liquidità e di sbocchi che sono il risultato della cosid- bruciati in poche ore, hanno fatto la parte del leone; detta Economia del Paese e della crisi globale. a essi nelle politiche del Governo, ma anche di molti In realtà, delle questioni economiche vengono trat- Enti locali, ha fatto da contraltare il costante attacco tati solo gli aspetti connessi con la finanza, con lo all’istruzione diffusa, la riduzione di risorse per la forspread, con le grandi speculazioni dei bond e dei mazione, il taglio dei fondi pubblici ai Teatri, agli enti titoli spazzatura, con le Banche e il loro ruolo non lirici, la chiusura di musei, l’abbandono di bibliotecerto neutro. In realtà non viene preso in carico l’e- che, l’assenza di protezione e cura dei beni monulemento centrale che costituisce l’ossatura dell’eco- mentali e archeologici, le distruzioni di reperti abnomia di un Paese: l’attività produttiva, manifatturie- bandonati all’offesa del tempo come a Pompei e in ra, riproduttiva, l’occupazione (cioè la possibilità di mille altri siti, l’insulto al territorio e alla natura dei lavoro per giovani, uomini e donne che permetta a paesaggi, con costruzioni di new town anziché ricotutti rispetto e dignità) attraverso le quali si forma la struzione dei centri storici dopo i terremoti, nuova ricchezza di un territorio. Che è ricchezza umana, di cementificazione anziché ristrutturazione di abitati… merci, di qualità di vita. e via dicendo. Mala tempora currunt! La questione Tutto è invece ricondotto alla disponibilità di denaro, dei mancati investimenti finanziari in ricerca, univerall’indebitamento dello Stato, alle manovre di Borsa, sità e cultura non può e non deve essere contrastata ai differenziali tra la realtà dell’Italia e quella di altri solo sul versante finanziario; va invece capita in tutto Paesi, ma anche alla corruzione, agli interessi di spe- il portato di conseguenze nel tempo, analizzando il culatori e dei diversi manovratori. In questo quadro, retroterra ideologico da cui deriva e comprendendoparlare di Cultura non può che significare porsi la do- ne la pericolosità. L’economicismo, comunque premanda: quanto c’entra la cultura con il contesto ge- sente nella rivendicazione di maggiori soldi da destinerale? C’è domanda di cultura? A chi interessa pro- nare alla cultura, non porta a niente se non si riesce muovere cultura? Che cosa s’intende? Quale la sua a fare emergere la denuncia dell’impostazione sbanatura: grandi eventi da promuovere per “giocare” e gliata da cui deriva la condizione attuale, nella quale assicurare guadagni attraverso la pubblicità e ricadu- chi governa, di fronte alla crisi internazionale, subito te di tipo turistico-alberghiero-commerciale, oppure si affretta a tagliare proprio in questi settori e chi ne promozione diffusa di spunti di creatività che svilup- subisce i contraccolpi pratici (perdita di lavoro, aspino curiosità, competenze e innovazione? È diven- senza di contributi per i progetti sia prodotti dagli tato di moda il parlare di Cultura come fattore econo- Enti locali, sia da mondi associativi e professionali) mico. Molti studi e ricerche assai seri hanno messo denuncia i tagli e rivendica sostegni economici. Tale in luce il potenziale anche economico di un investi- rivendicazione, pur necessaria, non basta a invertire mento in Cultura, per le ricadute in termini di forma- la tendenza e a diffondere la percezione della gravità zione generalizzata e di crescita delle conoscenze di delle conseguenze che in prospettiva segneranno un popolo, basi indispensabili per educare i ragazzi l’intera società. Dal canto suo ogni Ente pubblico doal valore dello studio, delle competenze artistiche, vrebbe invece fare un grande sforzo per proporre della ricerca scientifica, nella consapevolezza che iniziative culturali distribuite sui territori, con accesquesti sono elementi da cui scaturisce la capacità di so libero o poco costoso, rinunciando a effetti spe-

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George Grosz, Scena di strada a Berlino,1930

ciali, risparmiando sulla carta patinata e sugli aspetti di corollario non indispensabili. Nel contempo sarebbe necessaria un’opera di informazione (comunicazione che forma) rivolta a tutti per mantenere viva l’attenzione e la partecipazione all’offerta culturale, poiché la prima vittima di una stagione di crisi economica è data dalla rinuncia a fruire di offerte culturali da parte degli spettatori stessi, che sono stati educati a percepire i fatti culturali come un lusso che certifica l’appartenenza ad un ceto sociale (status symbol) e non una necessità. Per cui, di fronte alle difficoltà connesse con il bilancio familiare, tendono a sacrificare proprio questi aspetti, magari per non rinunciare alla passione dei cellulari o anche alla tentazione dei gratta e vinci. Ciò che serve, a mio avviso, è una riflessione generale sui presupposti stessi che devono fare da fondamento a una politica culturale. Sull’onda delle suggestioni mediatiche, per via delle strizzatine d’occhio nei confronti di una facile (apparente) redditività di programmi turistico-culturali, fatti per richiamare pubblico da ogni dove, anche tra i promotori culturali si sono andate smarrendo le coordinate di base. Per cui la principale risorsa (e vanto) dell’Italia – la sua storia, le produzioni d’arte, la letteratura, il paesaggio e la natura dei luoghi – sono passate in secondo piano. Si è imposta una certa esterofilia, si è rimasti imprigionati in un falso dibattito, divisi tra due antinomie sempre ricorrenti: popolare o classico, tradizionale o innovativo, spettacolare o formativo, come se fossero elementi destinati ad essere sempre contrapposti e senza sintesi. Personalmente ritengo che l’impegno culturale degli operatori e dei fruitori di cultura debba svolgersi proprio su questo piano, riflettendo sulla conciliabilità o meno (e fino a dove) di tali presunte antinomie, per rispondere a una domanda generale di senso: a che cosa serve la Cultura? Preso atto del necessario contenimento delle spese e della riduzione delle risorse a bilancio (anche nella nostra realtà) ci si dovrebbe concentrare su una sfida metodologica incentrata sulla volontà/capacità di modificare i rapporti intercorrenti tra istituzioni e realtà private, volontarie, associazionistiche. E ciò a partire dal pieno coinvolgimento di istituti, agenzie, enti esistenti sul territorio, di natura pubblica o sociale a partecipazione pubblica. Si tratta cioè di passare dall’assegnazione di risorse statali o degli Enti Locali ai soggetti culturali e ai privati tese a valorizzare tutti i soggetti operanti in ambito culturale,

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alla effettiva capacità di organizzazione di una rete di collaborazioni, partendo dal piano della programmazione comune di almeno un evento (fin dall’ideazione dello stesso), con definizione partecipata dei contenuti, dei percorsi di coinvolgimento della popolazione dei territori cittadini e provinciali, creando osmosi tra una realtà e l’altra, tra un quartiere e l’altro, tra le associazioni, tra gli enti. In definitiva: sperimentando nella pratica un percorso innovativo di ricerca-azione in cui ogni soggetto apporti un suo contributo, con idee e tipologie di lavoro corrispondenti all’ambito in cui opera – teatrale, musicale, artistico, classico, contemporaneo ecc. – e con i mezzi che gli sono propri. Gli apporti della società dovrebbero così animare i territori, portando alla effettiva auto-formazione culturale dei cittadini residenti, mettendo anche in dialogo culture di diversa origine, tradizione e provenienza, facendo emergere e magari sostenendo il nascere di nuove professionalità. Le realtà culturali e le persone di buona volontà sarebbero chiamate a esercitarsi in un agone civico dentro il quale fare confluire sia la critica all’inadeguatezza dell’attuale contesto cultural-mediatico, ma anche la forza propositiva della loro creatività Si potrebbero proporre iniziative itineranti nei vari quartieri, nei paesi delle valli, finalizzate a interpellare luoghi storici e non-luoghi, ovvero parti marginali delle periferie, in modo da richiamarli a nuova funzione e nuova vita. La sfida giocosa dovrebbe puntare a reinventare i luoghi, rivestendoli con opere d’arte, con proposte di letture, con incontri con esperti culturali, con studiosi e artisti, con spunti poetici, musicali, teatrali: tutti di passaggio, non definitivi o permanenti, ma capaci di fare intravedere ovunque le diverse possibilità normalmente oscurate alla vista dall’assuefazione dominante ai centri commerciali, al consumismo diffuso. Per recuperare il primato dell’incontro tra persone e del dialogo tra idee e culture. In questa logica risulterebbe molto facile rispondere alla domanda di fondo: a che serve la cultura? A che serve, se non a elevare il livello generale dell’opinione pubblica, a rendere più consapevoli, e quindi responsabili, della realtà che ci circonda e del futuro che vogliamo costruire? Una cultura che sia diffusa, in tutti gli ambiti e a tutte le età, non basata su momenti episodici, su eventi spettacolari, bensì nutrimento costante, fatto di libri, di poesia, di musica e di teatro, in cui immedesimarsi per uscire poi rigenerati.


Visitando i luoghi di internet

Se si cerca la parola crisi con vento online è un’altra categoGoogle si trovano quasi 59 miria che può servire per orientarlioni di risultati; se si cerca crisi. Per esempio, si può parlare sis cambiando le impostazioni di crisi sul web per informare: dove la crisi economica della lingua, il totale sale ragè questo il caso della maggior si legge giungendo i 521 milioni. Ma, parte degli articoli. Oppure per si dirà, una crisi può riguardadenunciare una certa situadi Alice Manfredi re più o meno qualsiasi cosa zione: la maggior parte delle e non solo l’economia. Vero. vignette derivano da questa inPerò crisi economica raggiuntenzione, anche se non va certo ge gli 8 milioni e mezzo di risulescluso il desiderio di divertire. tati, mentre con economic crisis si arriva a 298 milio- Si può scrivere un tweet o un commento anche per ni. Un altro dato. In un articolo pubblicato nell’agosto lasciare una testimonianza personale, per dare o cerscorso su Al Jazeera online, gli autori si cimentano care consolazione. con una ricerca dedicata a come gli utenti abbiano Azioni diverse avvengono di solito in “luoghi” diversi reagito alla crisi su internet e di come e dove ne ab- di internet. È evidente che parlare di “luoghi” qui è biano parlato. Ebbene, per farlo sono stati conside- del tutto improprio. Ma si tratta di una metafora per rati 25 milioni di riferimenti rilevanti a parole come le diverse aree di interazione presenti online; aree salvataggio, recessione, crisi finanziaria, stimolo, che se fossero offline, verrebbero percepite come debito (Mohammed Haddad, Aamir Masood, Online media differenti. Quali sono dunque questi luoghi? community reacts to financial crisis, www.aljazee- Per comodità e necessità di sintesi se ne possono ra.com). Addentrarsi in questo sistema per capire considerare cinque, che però non sono esaustivi: come sia stata e sia tuttora narrata la crisi è faccen- siti d’informazione, forum, blog, Facebook e Twitter. da complessa. Non aiuta l’idea diffusa e intuitiva che Chiaramente i confini non sono netti – come semla comunicazione sia la semplice trasmissione di un pre quando si parla di internet – anzi la caratteristica messaggio da un mittente a un destinatario. Non propria del mezzo è che gli stessi contenuti possoaiutano i modelli tradizionali avanzati dalle scienze no essere presenti in più aree con rimandi continui della comunicazione, a partire da quello matematico dall’una all’altra. Nonostante queste precisazioni, la di Shannon e Weaver. Per capirci qualcosa bisogna distinzione tra luoghi è forse la più utile per fare chiaprocedere con pazienza e con un po’ di spirito di rezza. Del resto, è lo stesso parametro che gli autori esplorazione. dell’articolo Online community reacts to financial criSi può iniziare osservando che i messaggi sulla crisi sis utilizzano per analizzare, attraverso la piattaforma in internet sono veicolati attraverso diversi linguaggi. Crimson Hexagon’s Foresight, i 25 milioni di riferiTre sono i principali: video, immagine e testo scritto. menti alla crisi che costituiscono il loro campione. La presenza di video sul tema “crisi economica” è I risultati sono a dir poco interessanti. Sarebbe afpiuttosto ridotta e quel che si trova è, spesso, una frettato credere che il punto nodale di questi discorsi copia di contenuti nati per altri media, non conce- siano i siti di news. Niente di più sbagliato. È invece piti per il web. Di più sono le immagini. Ci sono le Twitter il luogo privilegiato: ben il 66% dei riferimenti vignette con il loro intento di alleggerire i toni o di viene, infatti, da qui; il 2% da Facebook, l’11% dai stigmatizzare determinati comportamenti. E ci sono forum, il 10% dai blog e solo un ulteriore 10% dai le immagini-simbolo, del tutto simili a quelle che po- siti di informazione. Questi dati, inoltre, smentiscono polano la carta stampata: ad esempio, il broker in l’idea che social network diversi siano in realtà simili maniche di camicia con le mani nei capelli, oppure il e utilizzati allo stesso modo. grafico con linee spezzate e tendenti verso il basso. Una nota interessante, menzionata dagli autori, riMa il linguaggio più diffuso su internet, per dare in- guarda la composizione di genere di quel 66% che formazioni sulla crisi o per chiederne, è, senza dub- utilizza Twitter per parlare di crisi: il 72% sono uobio, il testo scritto. Si conferma insomma una ten- mini, mentre solo il restante 28% donne. E questo denza trasversale nel web. Qualunque valutazione si nonostante, secondo Ignite Social Media, il 60% dia del mezzo, è indubbio che internet ha riportato in degli utenti di Twitter siano donne. Insomma pare primo piano il testo scritto come strumento di comu- che a parlare di crisi online siano soprattutto uomini, nicazione, al pari o più dell’audiovisivo. In linea con rispecchiando forse in questo una minor presenza questa tendenza, il testo – sotto forma di articolo, femminile negli incarichi e negli ambiti professionali post, commento o tweet – è la modalità più utilizzata legati direttamente all’economia e alla finanza. per parlare di crisi in quest’ambito. Tornando ai diversi luoghi in cui si dibatte di crisi su Il tipo di azione che emerge da un determinato inter- internet, è evidente che la narrazione che un uten-

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te generico ne può cogliere dipende proprio dalle aree di interazione che frequenta. Alcuni utilizzatori tendono, per esempio, a farne un uso per così dire “tradizionale”, applicando in questo nuovo spazio abitudini formatesi maneggiando altri media. Queste persone tenderanno a leggere le notizie sui siti di informazione online, seguendo al massimo qualche link a una pagina esterna. Difficilmente leggeranno o scriveranno tweet sull’argomento. È anche vero però che l’utente medio di internet sta diventando sempre più eclettico e disponibile a rimodulare i propri schemi di apprendimento e partecipazione. Seguiamo dunque un ipotetico utente medio alle prese con la narrazione della crisi su internet. Siti di informazione Il nostro utente probabilmente consulterà le versioni online di alcune testate giornalistiche. Mezzi di informazione che ricalcano in gran parte il modello di comunicazione della versione offline, televisiva o cartacea che sia. Rispetto a quest’ultima, l’edizione internet “libera” – cioè non a pagamento – in genere perde in termini di approfondimento, guadagnando invece in multimedialità: è arricchita, infatti, da collegamenti a video, fotografie, altri siti. In questo luogo si parla di solito di crisi economica in un’ottica di informazione giornalistica. Questa intenzione non è però l’unica nell’eventualità in cui sia prevista la possibilità di commentare le notizie. In questo caso si trovano anche testimonianze personali e il sito d’informazione assume anche le caratteristiche del forum. Blog I blog non sono in cima alla lista degli spazi più segnati dalla presenza di narrazioni sulla crisi, ma sono comunque molto utilizzati e hanno caratteri peculiari che li rendono un caso interessante. Due esempi. Il blog <http://www.isoladeicassintegrati.com> ha una storia degna di un romanzo, che, peraltro, è stato scritto. Nel 2010 un gruppo di operai dell’azienda chimica “Vinyls” di Porto Torres, in cassa integrazione dall’agosto 2009, occupano l’ex carcere sull’isola dell’Asinara, dando vita per protesta ad una sorta di reality show: “L’isola dei Cassintegrati”, appunto, ed è evidente a quale modello fanno riferimento. In un primo periodo i media nazionali se ne

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disinteressano. Poi però due giovani – di cui uno figlio di uno degli operai coinvolti – aprono una pagina Facebook dedicata a questo tragico reality e il gruppo, in breve, raccoglie 50.000 iscritti in continua crescita. A questo punto gli operai e i due giovani autori della pagina – Marco Nurru e Michele Azzu – hanno l’attenzione dei media nazionali. Fondano quindi un blog, promosso anche attraverso altre iniziative di comunicazione come il mail bombing. Da collettore di articoli altrui, diventa in breve fonte di informazione e dopo la vicenda “Vinyls” si occupa di altre aziende in crisi e altre proteste. Il blog “L’isola dei Cassintegrati” caratterizzato anche da una buona struttura ed estetica accattivante, diventa in breve una voce di riferimento nella narrazione di questa faccia della crisi in Italia. Diverso per contenuti e per punto di vista, ma ugualmente autorevole, è un altro blog considerato punto di riferimento per questo tema. È il blog di Bimbo Alieno (<http://bimboalieno.altervista.org>). Bimbo Alieno è una sorta di avatar di un operatore dei mercati finanziari che l’ha creato con l’intento, come lui stesso scrive, di offrire uno sguardo “privo di sovrastrutture e condizionamenti, come farebbe un bambino. Di più: un bambino che non é italiano, né anglosassone o latino, né caucasico, né afro-americano o caraibico. È talmente al di fuori di qualsiasi forma di schieramento da essere alieno”. Bimbo Alieno non solo scrive sul blog, ma anche su Twitter, su Facebook e recentemente ha concesso anche qualche intervista. L’intento dell’Alieno era insomma quello di apparire come una voce fuori dagli schemi, ma in realtà è stato ben presto percepito sul web come un punto di vista ben posizionato. Brillante e acuto ma, in qualche modo, anche lui “di parte”. E “la parte” in questione è il mondo della finanza, degli investitori e degli operatori. Se ne sono accorti gli organizzatori del “Blogfest”, il festival di Riva del Garda dedicato a internet e ai social network. Nel 2012 il fondatore di Bimbo Alieno è stato chiamato a confrontarsi in un vivace dibattito sulla crisi economica proprio con Marco Nurru e Michele Azzu, i due gestori dell’Isola dei Cassintegrati – blog. In generale i blog in cui si parla di crisi sono luoghi in cui si tende a fare informazione, e, infatti, è ancora in corso il dibattito sulla necessità o meno che siano registrati come testate


giornalistiche, con tutti i vincoli che ne seguono. Ma lo si fa a partire da un punto di vista particolare e spesso dichiarato, tanto è vero che sovente è costituito dalla voce stessa dei blogger, i nuovi eroi del mondo del web. I forum Come è facile immaginare sono uno dei luoghi in cui si parla di più di crisi. E questo avviene sia nei forum generici che in quelli appositamente creati per questo tema. Ciò che li accomuna, oltre alle modalità di aggiornamento, è il tono. In quest’ambito non si punta all’informazione ma è comune piuttosto la testimonianza personale, e, spesso, purtroppo quella che potremmo definire richiesta o offerta di consolazione. Si parla molto, infatti, di disoccupazione, fallimenti di aziende, ricerca di lavoro e delle difficoltà legate a questi fenomeni. Facebook e – soprattutto – Twitter Come si è già ricordato i social network sono il luogo dove più si parla di crisi, con un indiscutibile primato, in questa speciale classifica, di Twitter – che si accaparra il 66% dei riferimenti secondo l’articolo di Al Jazeera. Con post molto brevi, di centoquaranta caratteri al massimo, tutti parlano di crisi e gli opinion leaders mettono in rete notizie, i loro commenti e le valutazioni. Twitter è il luogo dove coesistono e sono molto presenti tutte le azioni fin qui individuate: informare, denunciare, lasciare una testimonianza. Non è però, per definizione, il luogo dell’approfondimento, ma quello che lancia spunti di riflessione, temi di analisi, provocazioni. È evidente che qui diventa fondamentale per ogni utente costruire un proprio affidabile elenco di voci da seguire, e in diversi articoli online e offline si trovano suggerimenti e inviti in questo senso. Piccola storia della crisi su internet È praticamente impossibile seguire l’evoluzione cronologica dei riferimenti alla crisi su internet. E questo non solo per la quantità di materiali e per la complessità della struttura nel suo insieme, ma anche perché, in internet, tutti i documenti rimangono raggiungibili, presenti, collegati gli uni agli altri da riferimenti e legami di ogni tipo. Il rischio è quello di non riuscire più a percepire l’evoluzione degli eventi; quando un certo argomento veniva trattato da più persone e quando un altro; quale sia la causa e quale l’effetto. Detto questo, alcune cose si possono dedurre. Anzitutto, l’evoluzione della crisi sembra influenzare la quantità e il tipo di ricerche realizzate dagli utenti. È ciò che si evidenzia ancora una volta in un passaggio dell’articolo di Al Jazeera. Gli autori fanno riferimento al settembre del 2008 quando Bank of America acquistò Marrill Linch: in quei giorni la ricerca su internet della parola bailout (salvataggio) aumentò in modo vertiginoso. Ma è cambiata sicuramente nel

tempo anche l’immissione di contenuti – post, articoli, fotografie, video, tweet – che fanno riferimento alla crisi. Per capirlo basta un piccolo esperimento, che non ha certo carattere di scientificità ma è in grado di restituire una tendenza. Con Google è possibile impostare la ricerca definendo un intervallo di tempo, cioè indicando in che periodo devono essere stati inseriti i risultati che appaiono. Con sei intervalli corrispondenti agli anni dal 2007 al 2012 e cercando prima “crisi economica” e poi “economic crisis”, si ottengono risultati interessanti. Dal 2007 al 2010 l’immissione di contenuti attinenti ai termini “crisi economica” è aumentata, passando dai 48.000 del 2007 ai 337.000 del 2010, con livelli intermedi nel 2008 e nel 2009. Nel 2011 cala andando a 215.000 per balzare a 419.000 nel 2012. Ciò significa che gli utenti scriventi su internet in italiano hanno continuato a incrementare in questo periodo temporale i loro riferimenti alla crisi economica, con però un evidente calo d’interesse nel 2011. Se si fa riferimento invece ai risultati in inglese – cercando dunque economic crisis – la tendenza non è la stessa. In continuo aumento dal 2007 al 2012 (passiamo da 2,1 milioni a 63 milioni), non conosce però una perdita d’interesse nel 2011, tutt’altro: se per il 2010 ci sono 9 milioni di riferimenti, per il 2011 si passa a 22 milioni. Naturalmente questi dati vanno presi con le pinze e andrebbero attentamente analizzati per sottrarre i riferimenti non rilevanti e considerare un “fisiologico” aumento degli utilizzatori della rete. Anche così ridimensionati, restano però indicativi. Se non altro se ne può dedurre che lo scorso anno è stato un anno di crisi su internet, nel senso che molto se ne è parlato. Inoltre gli scriventi in italiano sembrano essersene interessati meno nel 2011 rispetto alle tendenze precedenti; così non è per gli interventi in lingua inglese in netta crescita in quell’anno. Staremo a vedere cosa accadrà nel 2013. Numero di risultati per anno La ricerca è stata condotta utilizzando il motore di ricerca Google; Gli anni di riferimento sono stati impostati come intervalli dal 1 gennaio al 31 dicembre; i risultati sono il numero di riferimenti immessi su internet nell’intervallo considerato Anno di Risultati per Risultati per riferimento “crisi economica” “economic crisis” 2007 48 mila 2,1 milioni 2008 115 mila 5,2 milioni 2009 235 mila 6,7 milioni 2010 337 mila 9,0 milioni 2011 215 mila 22,0 milioni 2012 419 mila 63,0 milioni le cifre sono approssimate.

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Non crisi ma crescita per BRICS e paesi emergenti

Negli ultimi anni titoli di libri, riviVietnam – costringe a ridefiniste e giornali richiamano sempre re gli immaginari che da decenni più di frequente la presenza di una guidano la nostra interpretazione pervasiva e duratura crisi econodel mondo, intrisa del concetto mica, che rende difficile immagidi “Terzo Mondo” identificato dunare il futuro e costringe a vivere rante la Guerra Fredda. Negli anni di Francesca Zeni un presente privo di prospettive. cinquanta al “Primo” e al “SeconL’economia stagnante si accompado” Mondo si aggiunse un “Terzo” gna in Europa a un clima di “milleMondo, costituito da paesi di nuonarismo”, che descrive il va indipendenza che avefallimento di un modello vano tra loro in comune sociale ed economico: i problemi dello sviluppo la fine del capitalismo e economico e della poverdell’economia di mercatà. Alla lettura in chiave to. Ma se le economie dei Est-Ovest proposta dalle paesi europei non cresuperpotenze dell’epoca, scono o crescono molto si affiancò la linea di inlentamente, la ricchezterpretazione attraverso za complessiva prodotta un asse Nord-Sud, che sul pianeta continua ad plasmò immaginari e dieaumentare. Negli ultimi de vita a un modo di osdieci anni la produzione servare il mondo ancora foto di Francesca Bottari mondiale ha raddoppiato utilizzato, ma che deve i suoi volumi, 250 milioni di persone sono uscite dal- cedere il passo a una nuova realtà fatta di potenze la povertà, il capitalismo – dato per sconfitto nel Vec- economiche che stanno superando la ricchezza prochio continente – ha vissuto un’enorme espansio- dotta dagli attori che si erano imposti del corso del ne, conquistando i mercati immensi dei cosiddetti XX secolo. BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, e ini- La rapida crescita economica delle nuove potenze – ziando a entrare nei mercati degli N11, i Next Eleven. si prevede che nel 2029 l’economia cinese supererà Se osserviamo le trasformazioni mondiali evitando il quella americana – determina un incremento della filtro eurocentrico risulta evidente che il pianeta sta ricchezza complessiva dei diversi paesi, che non corvivendo una fase di passaggio, una ridefinizione de- risponde, però, a una modifica efficace del reddito gli equilibri politici ed economici che pone al centro pro capite, a un’equa redistribuzione delle risorse e dello sviluppo alcuni paesi in rapida ascesa, paesi all’aumento esponenziale dei diritti degli abitanti di che non si riconoscono nell’idea “occidentale” di cri- BRICS e N11. I paesi “emergenti” sono tra loro estresi globale. mamente eterogenei, dal punto di vista politico, soL’acronimo BRIC, senza la S di Sudafrica aggiunta ciale, demografico, ambientale. Alcuni sono ricchi di più tardi per contenere un attore del continente afri- materie prime, altri esportano manufatti; alcuni concano ed essere più rappresentativi a livello mondia- tinuano a conoscere un forte aumento della popolale, è stato coniato nel 2001 da Jim O’Neill, economi- zione, altri hanno crescite demografiche contenute; sta di Goldman Sachs, che ha descritto i “mattoni” alcuni si stanno aprendo alla tutela dei diritti dei lavodi un nuovo ordine internazionale, identificati attra- ratori, altri utilizzano lo sfruttamento della forza lavoverso l’analisi di indicatori micro e macroeconomici. ro per avere prezzi più competitivi sui mercati interI BRICS, che rappresentano il 40% della popolazio- nazionali; in alcuni paesi ci sono governi democratine mondiale e producono attualmente il 20% del- ci, in altri le decisioni vengono prese da una classe la ricchezza complessiva del pianeta, in pochi anni dirigente non eletta; alcuni hanno libertà di stampa e sono diventati un soggetto politico, e dal 2009 orga- di espressione, altri hanno un accesso limitato all’innizzano vertici attraverso cui porre le basi per riven- formazione. dicazioni comuni, prima tra tutte essere riconosciuti La velocità con cui questi paesi stanno crescendo e all’interno delle organizzazioni internazionali come stanno conquistando peso in ambito internazionale Fondo monetario internazionale, Banca mondiale e rischia di portare all’estremo alcune contraddizioni Organizzazione delle Nazioni Unite. interne. Le sfide sociali e ambientali che si presenLa crescita dei BRICS e l’ascesa dei Next Eleven – tano sulle diverse agende sono impegnative, ma al Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Messico, Ni- contempo la crescita economica, se ben guidata, geria, Pakistan, Filippine, Turchia, Corea del Sud e può contribuire al miglioramento degli standard di

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vita delle popolazioni che vi abitano. Alcuni paesi tra i BRICS hanno, ad esempio, iniziato a riflettere sui rischi ambientali di uno sviluppo non controllato, e hanno iniziato a investire sulle risorse rinnovabili. La crescita economica può corrispondere ad una crescita sociale: la classe media dei paesi “emergenti” sta divenendo sempre più ampia, inizia in alcuni casi a far nascere mercati interni interessanti quanto quelli esteri, ma la popolazione può iniziare a essere composta non solo da consumatori potenziali, ma da cittadini che pongono istanze di crescita sociale e di riconoscimento dei diritti ai propri governi. In questo senso vanno i tentativi di alcune organizzazioni locali – che trovano spesso come partner internazionali ONG, associazioni ma anche imprenditori e attori del mondo profit – che stanno costruendo progetti per sopperire alla mancanza di un welfare state sviluppato, per contribuire a garantire la tutela dei diritti fondamentali, quali l’accesso all’acqua, al sistema sanitario, all’istruzione scolastica. Tali progetti, detti di “impact investing”, possono essere uno dei settori in cui si incontrano le istanze delle popolazioni dei paesi “emergenti” e quelle di attori dei paesi “occidentali” in crisi economica, ma con stati sociali più sviluppati e ricchezze più equamente distribuite. Se i

protagonisti della scena economica sono ormai altri, i paesi della vecchia Europa possono cercare di porsi come interlocutori sul tema dei diritti e dello sviluppo della società civile, temi che necessitano di rimanere al centro di tutte le agende internazionali, anche se ogni paese dovrà immaginare nuove modalità per garantirne efficacemente la tutela. La riflessione sui BRICS e sui paesi emergenti ha permesso al Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale di stimolare il dibattito sulla necessità di superare una visione del mondo anacronistica e spesso ancora eurocentrica, aprendosi invece alla lettura del ruolo rivestito dalle nuove potenze per delineare possibili modalità con cui il Vecchio continente può relazionarsi ad esse. In molti si chiedono se ha ancora senso cooperare con paesi a forte crescita, come Brasile, Cina o India. Nell’interazione con i BRICS possono diventare protagonisti attori nuovi, legati a mondi non tradizionalmente connessi con la cooperazione internazionale, e gli attori tradizionali possono unirsi ad essi per disegnare nuovi scenari di progettazione e di intervento. Il futuro è ancora da scrivere, ed avere chiavi di lettura per comprendere la complessità del presente è il primo passo per affrontare i cambiamenti in atto con creatività ed impegno.

Terzo mondo: genesi di una definizione La definizione di “terzo mondo” fu coniata nel 1952 da Alfred Sauvy, che si ispirò al “terzo Stato” della rivoluzione francese per identificare i paesi non allineati ai due blocchi. Nella conferenza di Bandung del 1955 venne rafforzata la volontà dei paesi di recente indipendenza di poter scegliere nuovi modelli di sviluppo. Ma nel tempo il concetto di “terzo mondo” è diventato sinonimo di paesi meno sviluppati, anche perché in epoca post-coloniale la speranza di poter scegliere autonomamente la propria via verso lo sviluppo è stata fortemente disillusa. Il riferimento a “terzo mondo”, cui si fa riferimento nell’articolo, riguarda quest’ultima accezione, pur nella consapevolezza della molteplicità di significati attribuiti al termine in questione. Il Centro per la formazione alla solidarietà internazionale Il Centro per la formazione alla solidarietà internazionale si occupa dal 2008 di formazione, ricerca ed educazione. Attraverso corsi, seminari e pubblicazioni il CFSI cerca di essere un laboratorio permanente di sviluppo della coscienza critica per i soggetti impegnati nella cooperazione e nella solidarietà internazionale. Il percorso su “BRICS e paesi emergenti”, inserito nella linea di lavoro “Testi e ConTesti in evoluzione”, ha l’obiettivo di indagare, tra il 2013 e il 2014, un contesto non tradizionale per il mondo della solidarietà internazionale ma di importanza crescente nel panorama internazionale, con

paesi estremamente disomogenei tra loro, impegnati in un’accelerata crescita economica, attraversati da profonde tensioni sociali, sollecitati sul fronte del rispetto dei diritti umani. Il 2013 è dedicato all’approfondimento dei contesti di Sudafrica, India e Turchia. Per informazioni sui corsi e iscrizioni: www.tcic.eu, info@tcic.eu. Il CFSI è nato dall’impegno di Provincia autonoma di Trento, Federazione trentina della cooperazione, Fondazione Opera Campana dei Caduti e Università degli studi di Trento. Partner del CFSI sono Centro OCSE-LEED per lo sviluppo locale e Forum trentino per la pace e i diritti umani. foto di Francesca Bottari

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Trentino Italia storie pop a Lavarone Ultimo appuntamento a Lavarone con la rassegna cinematografica, organizzata nell’ambito del progetto “Trentino Italia storie pop”: venerdì 7 settembre è stato proposto il film di Daniele Vicari “Il mio paese” (113’, 2006).

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Un convegno in ricordo dell’8 settembre 1943

Sabato 8 settembre l’ANPI del Trentino, in collaborazione con la Fondazione Museo storico del Una mostra su donne e coopera- Trentino, l’Associazione ANED e l’Associazione Divisione Acqui, zione hanno organizzato il convegno “8 settembre 1943: i primi caduti della Resistenza”, che si è tenuto presso la Caserma Pizzolato di Trento. Per la Fondazione Museo storico del Trentino sono intervenuti il direttore Giuseppe Ferrandi, con la relazione dal titolo “La nascita del CLN di Trento e l’inizio della resistenza partigiana” e Lorenzo Gardumi, che ha parlato de “La resistenza dei militari all’estero Il 7 settembre, presso l’ex Caseifi- e dei militari italiani internati nei cio sociale di Caldonazzo, è stata lager tedeschi”. inaugurata la mostra “Storie di genere: l’altra metà della CooperaI trekking di Forte Cadine zione”, ideata dal Centro sulla storia dell’economia cooperativa, Fonda- Domenica 9 settembre si è tenuto zione Museo storico del Trentino e il secondo appuntamento con i dall’Associazione Donne in coope- “Trekking di Forte Cadine”, prorazione e curata da Paola Antolini e posti dall’APT Trento, Monte BonAlberto Ianes. Un lungo percorso done e Valle dei Laghi e dalla Fondocumentario e fotografico alla dazione Museo storico del Trenscoperta della presenza femminile tino per tutti i fine settimana di nella cooperazione trentina. settembre. L’escursione ha riguarNell’ambito della mostra, il 18 set- dato la Fortezza militare Casteler tembre all’Auditorium dell’Istituto de la Groa. comprensivo di Vigolo Vattaro, è La domenica successiva è stata stato proiettato un documentario percorsa una parte del Sentiero con le testimonianze di presidenti, di San Vili, che da Trento porta a lavoratrici e socie che hanno rac- Madonna di Campiglio. Domenica contano la loro esperienza di donne 23 settembre, infine, è stata la nella cooperazione. Ha partecipato volta del Giro del Sorasas, sopra il gruppo vocale Just Melody diretto l’abitato di Cadine. dalla maestra Rosella Martinelli. Ogni trekking si è concluso con

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una visita guidata al Forte di Cadine e una degustazione di prodotti tipici locali. Una mostra sull’emigrazione e tre incontri di approfondimento La mostra “Storie di emigrazione”, curata da Valentina Galasso e Patrizia Marchesoni, è stata aperta nelle Sale di Palazzo Thun a Trento il 14 settembre. Il percorso espositivo, disponibile fino al 4 ottobre, ha documentato i risultati di alcuni dei principali progetti di ricerca svolti negli ultimi anni all’interno del Centro di documentazione sulla storia dell’emigrazione trentina, nato nel 2004 come settore tematico della Fondazione Museo storico del Trentino. All’interno della mostra sono stati organizzati dei momenti di approfondimento con alcuni ricercatori che hanno presentano i percorsi e gli esiti dei propri studi. Il 14 settembre Mattia Pelli ha parlato di “Partenze, arrivi e ritorni: 30 anni di emigrazione trentina in Svizzera (1946-1975)”; il 21 settembre Renzo Tommasi ha affrontato il tema de “L’emigrazione trentina in Australia”; il 25 settembre, infine, si è parlato de “Le fonti locali per lo studio dell’emigrazione trentina: gli archivi dei comuni di Ala e Avio” assieme a Fabio Bertolissi.

Una mostra fotografica sul quartiere di San Giuseppe a Trento In occasione della tradizionale Festa di Via Veneto a Trento, che sabato 15 settembre ha animato la via cittadina con mercatini, scam-


bio di libri usati, laboratori e prove sportive, la Fondazione Museo storico del Trentino ha proposto una mostra fotografica sui Casoni e il quartiere di San Giuseppe, curata da Elena Tonezzer. L’officina dell’autonomia È iniziato lunedì 17 settembre il ricco programma della seconda edizione de “L’officina dell’autonomia”, iniziativa promossa dalla Fondazione Museo storico del Trentino per stimolare il dibattito sull’autonomia e per dare la possibilità ai partecipanti di poter esprimere la propria opinione sul tema. Il primo forum si è tenuto, appunto, il 17 settembre presso il Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme a Cavalese e il tema affrontato è stato “Giovani/Territorio: l’esperienza di ‘Fiemme piace’”. L’incontro è stato condotto da Francesca Re. Il 19 settembre, invece, presso lo Spazio History Lab della Fondazione Museo storico del Trentino, Francesca Merz ha moderato i vari relatori sul tema “Autonomia/Autonomie: discipline e studiosi a confronto”. Il giorno successivo, il 20 settembre, nuovamente a Cavalese, si è svolta la discussione attorno a “Alpi/Scenari: la regione alpina come laboratorio di idee e di governo”; Valentina Bergonzi ha svolto il ruolo di moderatrice dei diversi interventi. Ad Alice Manfredi invece, è spettato il compito di condurre la discussione attorno al tema “Rappresentanza/partecipazione: rappresentare l’autonomia: comunità e istituzioni locali”, tenutasi il 24 settembre a Trento presso gli spazi della Fondazione. Il forum conclusivo si è svolto il 26 settembre a Cavalese e, oltre alle conduttrici dei 4 incontri precedenti, sono intervenuti Giuseppe Zorzi, scario della Magnifica Comunità di Fiemme e Lorenzo Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento. All’interno de

“L’officina dell’autonomia” sono state presentate anche alcune recenti novità editoriali prodotte dalla Fondazione: “Il Pacchetto: dalla commissione dei 19 alla seconda autonomia del TrentinoAlto Adige” di Mauro Marcantoni e Giorgio Postal (19 settembre); “Bruno Kessler” di Gianni Faustini (24 settembre); “Renato Ballardini” di Mauro Marcantoni (25 settembre); “Giorgio Grigolli: autobiografia a più voci” a cura di Giuseppe Ferrandi e Marco Giovannella (25 settembre). Infine, tutti gli interessati hanno potuto partecipare a “L’officina dell’autonomia” tramite l’installazione multimediale “Specchio/rifletto” che ha permesso di misurare le proprie conoscenze sulla storia dell’autonomia rispondendo a un divertente test. L’installazione è stata disponibile sia a Cavalese (Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme) che a Trento (Le Gallerie). Reading contro la guerra

Don Bosco di Pergine è stato proposto il documentario di Rocco Serafini “Oltre le mura”. A tu per tu con il farmacista Sabato 22 settembre a Brentonico si è tenuto l’ultimo appuntamento nell’ambito dell’iniziativa “A tu per tu con il farmacista: laboratori aperti per apprendere come preparare creme, pomate e sciroppi”, organizzata dall’Associazione giovani farmacisti Trentino Alto Adige/Südtirol con il sostegno del Comune di Brentonico e la collaborazione della Fondazione Museo storico del Trentino. Nel corso dell’incontro sono state presentate e realizzate insieme ai partecipanti alcune semplici preparazioni. Monologo sulla ritirata di Russia Sabato 29 settembre le Gallerie di Piedicastello hanno ospitato il monologo scritto e interpretato da Alfonso Masi “Non tutti tornarono”. Tratto dalla sterminata memorialistica dei superstiti, il testo ha ripercorso la vicenda esemplare di un alpino che ha partecipato alla ritirata di Russia, arrivando gradualmente a rifiutare gli ideali fascisti e a ripudiare la guerra. Lo spettacolo è stato accompagnato dalla musica del coro ANA di Trento.

Il 18 settembre, in occasione degli ultimi giorni di apertura della mostra “Ritorno sul Don (19411943): la guerra degli italiani in Unione Sovietica” presso Le Gallerie di Piedicastello, la Fondazione Museo storico del Trentino ha proposto il reading/spettacolo “Ogni volta: ombre nere in tempo di pace”. Otto lettori, diretti da Maura Pettorruso, si sono cimenOTTOBRE tati nella lettura di alcuni brani tratti da testi di Simone Cristicchi, Ryszard Kapuscinski, William Langewiesche, Erich Maria RemarTrentino Italia storie pop a Brenque, Mario Rigoni Stern, Helga tonico Schneider, Gino Strada. La rassegna di proiezioni cinematografiche – organizzata all’interno Un documentario sull’ex manicodel progetto biennale “Trentino mio di Pergine Valsugana Italia storie pop”, che nei mesi Nell’ambito degli appuntamenti scorsi ha già riguardato le bibliorealizzati dal Tavolo di lavoro sulla teche di Ala e di Lavarone, il 4 storia e le sorti dell’ex Ospedale ottobre ha iniziato il suo terzo ciclo psichiatrico di Pergine Valsugana, di programmazione a Brentonico. mercoledì 19 settembre al Teatro Ogni giovedì alle ore 17.00 sono

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stati proiettati documentari e fiction incentrati su quattro temi principali: “Il Risorgimento”, “Storie di emigrazione”, “La Grande Guerra”, “Dalla Resistenza alla Repubblica Italiana”, “Uomini e territorio”, “Uomini e industria”. Il ciclo è stato curato da Daniela Cecchin della Fondazione Museo storico del Trentino e si è concluso il 17 gennaio 2013.

Libri in cantina La Fondazione Museo storico del Trentino è stata presente con le proprie pubblicazioni alla decima edizione di “Libri in cantina”, mostra nazionale della piccola e media editoria che si è tenuta il 6 e 7 ottobre nelle sale del Castello di San Salvatore a Susegana (Treviso).

zato la tavola rotonda “Il Trentino e le sue streghe: ricostruire la storia e confrontarsi con il presente”. Sono intervenuti Fernanda Alfieri (FBK Trento), Tommaso Dossi, Elisa Bellè e Annalisa Murgia (Università di Trento).

COMUNE DI BRENTONICO

Tavola rotonda

Il Trentino e le sue streghe: ricostruire la storia e confrontarsi con il presente

Fondazione Museo storico del Trentino insieme al Comitato organizzatore Mondiali Fiemme 2013. La storia di una valle e della Magnifica comunità di Fiemme, le origini nordiche dello sci, l’età delle esplorazioni, l’uso dello sci durante il primo conflitto mondiale e poi, ancora, la storia delle competizioni e l’attenzione all’evoluzione tecnica delle specialità nordiche sono l’oggetto di un’esposizione che si sviluppa in modo innovativo e coinvolgente tra la Galleria bianca, il piazzale nord e la Galleria nera in tutti i suoi 300 metri di lunghezza. La mostra rimarrà aperta fino al 30 giugno 2013.

Il muro di Nannetti Sempre nell’ambito del secondo ciclo di appuntamenti organizzati dal Tavolo di lavoro sull’ex Ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana, mercoledì 10 ottobre, in occasione della giornata mondiale della salute mentale, è stato presentato il libro di Paolo Miorandi “Il muro di Nannetti”: la storia di un internato nel manicomio di Volterra, dimenticato dal mondo, che ha trasformato in un libro il muro della propria prigione. La serata è stata presentata da Valerio Fontanari, referente per il “Tavolo ex OP”.

Il Trentino e le sue streghe Il 12 ottobre a Brentonico si è tenuta un’altra iniziativa nell’ambito del progetto “Trentino Italia storie pop”: la Fondazione Museo storico del Trentino, la Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, il Comune e la Biblioteca di Brentonico hanno organiz-

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Giornata dei musei del Tirolo stoRassegna di film d’animazione rico Fra le iniziative del progetto “TrenL’edizione 2012 della Giornata dei tino Italia storie pop” è inclusa musei del Tirolo storico si è svolta anche una rassegna di otto serate il 17 ottobre 2012 a Hall in Tirol: di proiezioni d’animazione che nel quest’anno il confronto si è tenuto corso del biennio 2012-2013 viene sul difficile tema della psichiatria proposta nelle quattro biblioteche e dei crimini dell’eutanasia comche partecipano al progetto: quelle messi durante il nazismo. Per la di Ala, di Brentonico, di Lavarone Fondazione Museo storico del e della Fondazione Museo storico Trentino ha partecipato Rodolfo del Trentino (Trento). Sono state Taiani con la relazione “Storia e previste otto sezioni, tutte aperte storie della psichiatria ed eutanada omaggi agli autori Bruno Bozsia nell’area del Tirolo storico dal zetto, Cristina Lastrego e Fran1830 ai giorni nostri”. cesco Testa: “Risorgimento”, “Seconda guerra mondiale”, Ski past “Ritratto satirico dell’Italia del conGiovedì 18 ottobre, presso le Gal- sumismo”, “Politica e società conlerie di Piedicastello a Trento, è temporanea”, “Il Trentino nell’anistata inaugurata la mostra “Ski mazione”, “Marco Pavone”, “Poepast: storie nordiche in Fiemme sia della cultura italiana dell’anie nel mondo”, organizzata dalla mazione”, “Miscellanea”. La rasse-


gna è iniziata giovedì 18 ottobre ed è proseguita settimanalmente fino al 13 dicembre presso il Caffè letterario “Bookique” a Trento. Il ciclo è stato curato da Marco Pellitteri. Milano Book Fair

mente si svolge nella cittadina di Chiari, ha visto la presenza della Fondazione Museo storico del Trentino con le proprie pubblicazioni. Tre giorni di dibattiti, presentazioni di libri, appuntamenti artistici e musicali, assieme ai grandi nomi della cultura nazionale.

visione quale veicolo di storia e formazione. All’incontro è intervenuto anche Franco Panizza, assessore alla cultura, rapporti europei e cooperazione della Provincia autonoma di Trento.

L’Archivio della scrittura popolare fra parole e musica Dal 26 al 29 ottobre 2012 la Fondazione Museo storico del Trentino ha presentato le proprie pubblicazioni alla fiera internazionale del libro “Milano Book Fair”.

Memoria digitale e ricerca storica

NOVEMBRE Conferenza su Cesare Lombroso L’8 novembre presso l’Istituto “Marie Curie” di Pergine Valsugana, Casimira Grandi (Università di Trento) ha presentato la serata dal titolo “Cesare Lombroso e l’omosessualità”. Sono intervenuti Lucia Rodler (Libera Università di lingue e comunicazione di Milano) ed Enrico Oliari (infermiere e giornalista). Lo stesso Istituto, il 27 novembre, ha ospitato l’incontro informativo “Il parco ex O.P.: stato attuale e prospettive: alberi ed edifici storici del manicomio di Pergine”, a cui hanno partecipato Marina Taffara, vicesindaco di Pergine e assessore all’ambiente e parchi urbani, Carmelo Anderle, dottore forestale, Fabrizio Fronza del Servizio della natura e valorizzazione ambientale della Provincia autonoma di Trento. Entrambi gli appuntamenti rientravano nelle iniziative organizzate dal Tavolo di lavoro sull’ex ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana.

Sabato 10 novembre si è tenuta la versione autunnale de “Il fiume che non c’è”, la tradizionale festa del borgo di San Martino a Trento. Per l’occasione anche la Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino ha aperto le sue porte per presentare l’Archivio della scrittura popolare, formato da centinaia di diari, memorie e lettere di trentini. L’incontro ha previsto letture e riflessioni del curatore dell’archivio, lo storico Quinto Antonelli, accompagnato dal violoncellista Francesco Ciech.

All’interno del progetto “Trentino Italia storie pop”, il 15 novembre la Fondazione Museo storico del Trentino ha proposto la tavola rotonda sul tema “Memoria digitale e ricerca storica: esperienze e prospettive”. Per discutere sul ruolo delle tecnologie digitali come strumento di informazione e archiviazione storica sono state coinvolte alcune persone che da tempo si dedicano al rapporto tra tecnologia e ricerca, sia a livello nazionale che locale: Giulio De Petra, Serge Noiret, Michael Rech. L’incontro è stato moderato da Maurizio Teli della Fondazione <ahref.

Un confronto tra Rai Storia e History Lab

La Fondazione Museo storico del Trentino, il 14 novembre presso le Gallerie di Piedicastello, ha organizzato l’incontro “Storie in tv: i percorsi di Rai Storia e di History Lab” a cui, oltre al direttore della Fondazione Giuseppe Ferrandi, hanno partecipato Silvia CalanLa rassegna della microeditoria a drelli (direttrice di Rai Educational) Chiari e Giuseppe Giannotti, (responsaDal 9 all’11 novembre la Rassegna bile del Canale Rai Storia), condella microeditoria, che annual- frontandosi sul ruolo della tele-

Convegno sulle comunità di Fassa, Fiemme e Primiero Il 16 novembre si è tenuto a Tesero il convegno “Communitas vallis: origini e fondamenti giuridici delle istituzioni comunitarie in Fassa, Fiemme e Primiero”, organizzato

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dalla Fondazione Museo storico del Trentino, dal Comun general de Fascia, dalla Comunità territoriale della Val di Fiemme e dalla Comunità di Primiero. Moderatore dell’incontro è stato Rodolfo Taiani della Fondazione Museo storico del Trentino. Mostra sulla storia nei fumetti

rico del Trentino. Erano presenti Lorenzo Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento, Birgit Oberkofler, segretario generale del GECT “Euregio TiroloAlto Adige-Trentino”, Luigi Blanco dell’Università di Trento, Rolf Steiniger dell’Universitá di Innsbruck, Francesco Palermo dell’Università di Verona, Andrea Di Michele dell’Archivio provinciale di Bolzano, lo storico Carlo Romeo e Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino.

Due giornate di studio sull’insegnamento della storia

Il 19 novembre, nella Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino, è stata inaugurata la mostra “La storia disegnata: vicende italiane e trentine nei fumetti dal 1945 a oggi”, organizzata nell’ambito del progetto “Trentino Italia storie pop” e curata da Nicola Spagnolli. L’intento dell’esposizione, non è ricostruire la storia d’Italia attraverso il fumetto ma dare un quadro di come il fumetto italiano, soprattutto il cosiddetto “fumetto di realtà”, si è confrontato con la storia, la cronaca e la ricostruzione storica dell’Italia dall’Unità ad oggi. Convegno sull’autonomia Le Gallerie di Piedicastello, il 21 novembre, hanno ospitato il convegno “40 anni di autonomia: dal pacchetto all’Euregio”, organizzato da Euregio Tirolo-Alto AdigeTrentino e Fondazione Museo sto-

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DICEMBRE Convegno sull’emigrazione italiana Il Centro di documentazione sulla storia dell’emigrazione trentina della Fondazione Museo storico del Trentino, con il sostegno del Servizio emigrazione della Provincia autonoma di Trento, ha promosso il convegno “Paesani: microcosmi dell’emigrazione italiana”, svoltosi il 6 dicembre alle Gallerie di Piedicastello. Il convegno ha preso spunto dalle numerose ricerche di carattere locale sulle migrazioni italiane apparse negli ultimi anni in tutto il Paese per raccontare con passione di dettaglio le particolarità di tante storie migratorie. Per la Fondazione erano presenti Patrizia Marchesoni, Mattia Pelli e Valentina Galasso.

L’IPRASE, l’Università degli studi di Trento e la Fondazione Museo storico del Trentino hanno promosso due giornate di studio dal titolo “La storia attraversa i confini: esperienze e prospettive per l’insegnamento della storia”, che si sono tenute il 23 e 24 novembre all’Università di Trento, presso Mostra fotografica di Fabio Bucil Dipartimento di Sociologia e ciarelli ricerca sociale. Il convegno ha inteso promuovere una riflessione approfondita e aggiornata sulla didattica della storia nelle aree di confine, con riferimento al metodo e agli strumenti didattici, nonché un confronto tra sperimentazioni e buone pratiche di insegnamento.

Pisa Book Festival Il Pisa Book Festival, che dal 23 al 25 novembre ha animato le sale del Palazzo dei Congressi di Pisa, ha visto la presenza anche della Fondazione Museo storico del Trentino con i propri prodotti editoriali.

“Evidence”, la mostra personale del fotoreporter Fabio Bucciarelli, è stata inaugurata il 6 dicembre alle Gallerie di Piedicastello: 70 fotografie realizzate in Iran, Birmania, Sud Sudan, Libia e Siria, un excursus sui conflitti che hanno attanagliato il mondo durante gli ultimi anni. All’inaugurazione, assieme al fotografo, erano presenti Raffaele Crocco, direttore dell’”Atlante


delle guerre” e Giuseppe Ferrandi, sull’ex ospedale psichiatrico di direttore della Fondazione Museo Pergine Valsugana ha proposto la storico del Trentino. conferenza “Ammissioni e dimissioni dall’ospedale psichiatrico prima della riforma 180”. Moderati da Giorgio Maria Ferlini, già diretPiù libri più liberi tore dell’ex ospedale psichiatrico di Pergine, hanno presentato le loro relazioni Maria Luisa Drigo, psichiatra e psicoterapeuta e Piera Janeselli, assistente sociale.

A dieci anni dalla scomparsa di Giuseppe Mattei

Con il patrocinio della Presidenza del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento

Le pubblicazioni della Fondazione Museo storico del Trentino erano presenti all’undicesima edizione di “Più libri più liberi”, la fiera nazionale della piccola e media editoria.

In ricordo di Giuseppe Mattei (1926 – 2002)

o

isce intorno a un di lavoro, costituito del Comune di essorato alla rsi soggetti che pati nei decenni storia dell’ex chiatrico di Pergine.

L’ospedale psichiatrico prima delle legge 180 Comune di Pergine

Assessorato alla cultura

one alla comunità delle ricerche dai singoli l Tavolo, bilancio lizzato fino ad oggi. a nuova stagione lla storia della

rellata di Carlo Girardi: s.d., (part.) nte Teresa, s.d., (part.)

(Casimira Grandi)

Piero Badaloni alle Gallerie presenta un suo libro Il 19 dicembre le Gallerie di Piedicastello hanno ospitato la presentazione del volume di Piero Badaloni “Una memoria squilibrata” (Editori internazionali riuniti, 2012), dedicato alle vittime innocenti del regime franchista. Il giornalista ha dialogato assieme a Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino e alla giornalista Fausta Slanzi.

In breve

voro

GINE MIO A PER IL MANICO 2012 02 1882 20

IUSURA DALLA CH STORIA. 10 | 2°ciclo 130 ANNI DI OP Tavolo ex enti con il appuntam

19 settembre 1882: inaugurazione ufficiale del “Manicomio provinciale tirolese di Pergine” 1905: conclusione dei primi interventi di ampliamento marzo 1916: conversione temporanea del manicomio in ospedale militare. I pazienti sono trasferiti in diversi altri istituti dell’Impero luglio 1927: inaugurazione del padiglione “Osservazione” 1929: inaugurazione del padiglione “Valdagni” ed estensione al Trentino, dal primo luglio, della legge italiana sui manicomi del 14 febbraio 1904, n. 36 e del rispettivo regolamento del 16 agosto 1909, n. 615 26 maggio 1940: trasferimento di 299 pazienti di lingua tedesca dall’ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana a quello di Zwiefalten in Germania 1949: apertura di un nuovo reparto per malate croniche tranquille a Maso Martini 1959: organizzazione, a Maso Martini, di un padiglione per lavoratori denominato “Ferretti” 1966: inaugurazione del padiglione “Benedetti” 1968: promulgazione della cosiddetta legge Mariotti, n. 436 del 18 marzo, che introduce anche l’istituzione dei Centri o servizi di igiene mentale 1978: promulgazione della cosiddetta legge Basaglia, n. 180 del 13 maggio, che decreta la chiusura dei manicomi novembre 2002: chiusura ufficiale dell’ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana

foto Ed. Paoli - Archivio L. Dellai

La Fondazione Museo storico del Trentino, in collaborazione con Cgil, Cisl e Uil del Trentino e LaResS Laboratorio relazioni sindacali, ha organizzato l’incontro pubblico “In ricordo di Giuseppe Mattei (1926-2002)”, figura di rilievo del movimento sindacale trentino, legata in particolare agli anni delle lotte operaie della seconda metà degli anni sessanta e della prima metà degli anni settanta che lo videro al centro di una Lunedì 10 dicembre, in occasione stagione di grandi trasformazioni della giornata internazionale dei politiche e sociali. L’incontro si è diritti umani, il Tavolo di lavoro tenuto il 13 dicembre presso la Fondazione Museo storico del Trentino Tel. 0461 230482 – info@museostorico.it

Disegni Carlo Girardi | Publistampa 09.2012

ul territorio azione e oggetti are e illustrare manicomio. bblici, iniziative rtistico-espressive. dattici per e nuove generazioni di conservazione a locale. del padiglione delle pella mortuaria) ine come luoghi memoria psichiatrico esidi museali di e e valorizzazione.

La cultura della memoria è fatta anche di pudore. � Da non confondere con il silenzio.

Sala Rosa della Regione TrentinoAlto Adige e ha affidato ad alcuni testimoni della vita politica e sindacale trentina e milanese, che hanno condiviso un tratto di strada assieme a Giuseppe Mattei, il compito di tratteggiare la formazione e le esperienze di una vita dedicata al mondo del lavoro, fatta di impegno, coraggio, grande senso della giustizia soprattutto nei confronti delle categorie di lavoratori più deboli e sfruttati.

Le iniziative che il Tavolo mette in programma per la memoria dell’ex ospedale psichiatrico vogliono essere un ricordo e una testimonianza non solo della storia di Pergine, ma soprattutto delle persone ospitate: chi con sofferenze psichiche, chi rinchiuso perché socialmente pericoloso, tutti sofferenti di una segregazione e privati di cure e risposte di cui avrebbero avuto diritto e bisogno. Ci poniamo, però, una domanda: noi che vogliamo fare memoria e dare testimonianza della sofferenza di tante persone la cui vita è stata segnata dall’esperienza dell’ospedale psichiatrico, sofferenza per la malattia, sofferenza per la segregazione e la violenza gratuita, sapremo farlo in punta di piedi, nel rispetto delle loro vite e con il pensiero rivolto all’oggi e al domani, affinché la psichiatria sia sempre più libera dalla violenza? Valerio Fontanari

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EDIZIONI

NOVITÀ Alberto Ianes, Una Cassa di ricordi, di passione, lotta e varia umanità: la Cassa rurale di Trento e la sua città (1951-2009), pp. 253.

Si parte dalla storia delle quattro Casse che hanno dato vita alla Rurale di Trento, si passa per la «Grande storia» e si tratteggia uno spaccato di società e di città, la Trento degli anni cinquanta, sessanta, settanta e ottanta, alle prese con la sfida della modernità. Si parla di boom, urbanistica, sociologia, sessantotto, Drive in e ancora di figure, più o meno note, di politici, giornalisti, sindacalisti, studenti, prostitute, preti e fotografi, che hanno calcato la scena di Trento e del Trentino in più di cinquant’anni di storia. Il tutto è impreziosito da oltre 200 immagini.

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Peio, una storia d’acqua, regia di Lorenzo Pevarello, DVD, 60’ È l’acqua la protagonista di questo documentario, nelle sue molteplici valenze: la nascita del termalismo, la costruzione delle centrali idroelettriche, lo sviluppo delle strutture ricettive alberghiere. Lungo il filo dei ricordi, venticinque persone ripercorrono i mutamenti che, nell’arco di pochi decenni, hanno investito la piccola comunità alpina di Peio e trasformato radicalmente i valori e i ritmi di vita del passato.

Osservatorio Cara città (a cura di), Da tante storie una storia: confronto tra archivi ed esperienze di donne per una storia viva, pp. 140, € 13,00

Michael Gehler und Günther Pallaver, Universität und Nationalismus: Innsbruck 1904 und der Sturm auf die italienische Rechtsfakultät, pp. 328, € 20,00 Versione tedesca del libro già edito dalla Fondazione Museo storico del Trentino nel 2010 e che raccoglie gli atti di un convegno tenutosi ad Innsbruck nel 2004. Vi si ricostruscono le vicende che si svolsero attorno alla controversa istituzione a Innsbruck di una facoltà di giurisprudenza con i corsi tenuti in lingua italiana.

Il volume raccoglie gli interventi e le riflessioni emerse nel corso dell’omonimo convegno, organizzato dall’associazione Osservatorio Cara Città in collaborazione con la Fondazione Museo storico del Trentino, che ha avuto luogo a Rovereto il 26 novembre 2011. Si tratta di un confronto stimolante che, partendo dall’esperienza di


Rovereto, affronta esperienze di archiviazione e di conservazione della memoria femminile in contesti assai diversi dell’arco alpino (Trento, Bolzano, Piemonte, Ticino), per poi addentrarsi in un vivace raffronto tra differenti approcci possibili per comporre la memoria femminile. Sono inoltre riportati, a titolo di esempio, materiali raccolti dall’Archivio Donne Rovereto. Il volume contiene anche un DVD con un’antologia delle videointerviste rivolte a protagoniste e testimoni della storia delle donne in Trentino. Paola Rosà e Antonio Senter (regia di), Un ingegnere in cucina: dal Trentino al sud del mondo il fuoco pulito di Dale Andreatta, DVD, 96’, € 8,00

Metà della popolazione mondiale cucina bruciando legna o carbone e il fumo dei fornelli inefficienti causa la morte di oltre due milioni e mezzo di persone l’anno. Per salvare vite umane, ridurre inquinamento e deforestazione e aiutare miliardi di donne nei paesi in via di sviluppo, una comunità di ingegneri, artigiani, designer, e operatori di ONG si ritrova negli Stati Uniti a scambiarsi esperienze e competenze. Al Centro di ricerca Aprovecho in Oregon e alla conferenza Ethos di Seattle arrivano da Ohio e Germania, da Illinois e Uganda. Dale è uno di loro. Nato in Ohio da genitori entrambi figli di trentini emigrati a inizio Novecento, l’ingegnere Dale Andreat-

ta è appassionato di applicazioni pratiche. Tre filmati (“Il raduno di Seattle”, “Perfect fire” e “Nella terra degli avi”) ne raccontano il lavoro e la passione, seguendolo da Seattle all’Oregon al Wyoming, fino a un suo viaggio in Trentino. J. Glenn Gray, Guerrieri, Considerazioni sull’uomo in battaglia, traduzione e note critiche di Enrico Maria Massucci, pp. 288, € 15,00 A quindici anni circa dalla conclusione del secondo conflitto mondiale, J. Glenn Gray, filosofo del Colorado College, rilegge il diario che lo accompagnò durante quella fatale vicenda personale e collettiva. Riflessioni, che vanno oltre la «banale» finalità rievocativa e aprono scenari di spessore filosofico sull’individuo nella congiuntura-limite della guerra, consentono all’Autore di mettere a fuoco anche le tante, inquietanti implicazioni del conflitto armato, per investire i dilemmi tragici della condizione del guerriero: la solitudine e il cameratismo, la libertà di scelta, il rapporto con la morte, l’eros e l’amore, l’enigma del nemico, il difficile rapporto con i civili. Un volume che dalle memorie e dalla formazione personali attinge interrogazioni globali sulla condizione umana.

P R E S E N TA Z I O N I 24 settembre 2012, Trento Il volume dedicato a “Bruno Kessler”, scritto da Gianni Faustini, è stato presentato presso la sede di via T. Gar della Fondazione Museo storico del Trentino. Erano presenti l’autore e lo storico Vincenzo Calì. 25 settembre 2012, Trento Lo storico Lorenzo Gardumi, assieme agli autori Mauro Marcantoni e Milena Di Camillo, ha presentato il volume “Renato Ballardini”. All’incontro, presso la sede della Fondazione Museo storico del Trentino di via T. Gar, ha partecipato lo stesso Ballardini. Lo stesso giorno il giornalista Franco De Battaglia ha discusso con Giuseppe Ferrandi e Marco Giovanella, curatori del volume “Giorgio Grigolli: autobiografia a più voci”. 13 novembre 2012, Trento La Fondazione Museo storico del Trentino ha ospitato la presentazione del volume “Le sponde della memoria: il ruolo dell’oblio nel panorama mediale contemporaneo”, curato da Leonardo Gandini, Daniela Cecchin e Matteo Gentilini. Assieme ai curatori ha partecipato anche il regista Daniele Vicari. 22 dicembre 2012, Cogolo (TN) 26 dicembre 2012, Celentino di Peio (TN) L’Associazione culturale Linum e l’Ecomuseo della Valle di Peio hanno organizzato la proiezione del documentario di Lorenzo Pevarello “Peio: una storia d’acqua” che ripercorre la nascita del termalismo, la costruzione delle centrali idroelettriche e dei primi impianti invernali di risalita, lo sviluppo delle strutture ricettive alberghiere.

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