Graziano Riccadonna
Andreas Hofer trentino nel secondo centenario dell’«anno Nove» con un contributo di Alberto Mosca
Trento 2008
Presentazione
Ballino, un piccolo ed accogliente paese trentino di montagna, situato sull’omonimo passo nel Comune di Fiavè, fu nel passato un centro rilevante di passaggio dei mercanti che dal Tirolo andavano al Garda per trattare i loro affari. Per questo Andreas Hofer, figlio di un mercante di San Leonardo in Passiria, conosce Ballino e vi rimane durante un periodo della sua adolescenza per fare il «famei» nell’osteria Zanini Armani. Andreas Hofer fin da giovane ha quindi l’occasione di imparare l’italiano, divenendo poi il fautore di un patriottismo regionalistico tirolese, a tal punto che rivolgendosi a noi popolo alpino del Welschtirol, Tirolo italiano, oggi Trentino, ci chiamerà «amatissimi tirolesi italiani». Nelle pagine che andrete a leggere in questa importante pubblicazione realizzata con passione dallo storico locale Graziano Riccadonna col supporto di Alberto Mosca, capirete in particolare come la storia di Andreas Hofer affermi il diritto dell’intero popolo tirolese alla propria specifica originalità, nel concerto delle diversità di ogni vallata alpina. Proprio in nome di questo forte patriottismo sostenuto da un profondo legame con la propria terra, Andreas Hofer, il comandante supremo del Tirolo, insieme alle compagnie locali di difesa dei bersaglieri tirolesi, gli Schützen o sizzeri, assume con grande fede cristiana un’unica difesa dell’intero Tirolo, oppresso dalle usurpazioni dei francesi e dei bavaresi. Non a caso, nel rispetto di tutti i cittadini, i suoi proclami sono in tedesco e in italiano. La sua capacità di integrazione con le comunità alpine del Tirolo storico, accettandone usi e regole di vita, gli consente fin da giovane di allacciare amicizie con i tirolesi italiani, fra i quali Marco Zanini, proprietario dell’osteria in Ballino dove per l’appunto Hofer, oltre ad imparare a far l’oste, perfeziona anche la lingua italiana.
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Credo che questa pubblicazione rappresenti uno strumento utile per approfondire le conoscenze di Andreas Hofer e degli avvenimenti storici locali di fine Settecento e primi Ottocento, nonché per capire l’alto significato storico - politico - sociale della difesa territoriale, dalla quale trae origine la nostra meritata «autonomia». In quest’ottica di promozione della conoscenza della storia locale rientra la scelta dell’amministrazione comunale di Fiavé di intitolare ad Andreas Hofer la piazza di Ballino. In tal modo si mantiene viva anche nel Trentino (ex Tirolo italiano) la memoria del grande difensore cristiano del Popolo Tirolese, si crea un maggior interesse in tutti noi di avvicinarci anche a questo periodo storico e si offrono ulteriori occasioni per valorizzare la nostra terra che, oltre ad essere ricca di bellezze naturali e prodotti locali, è ricca anche di storia e di fascino. A tutti auguro una buona lettura. Il Sindaco di Fiavé
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Presentazione
Andreas Hofer, Trentino, Welschtirol. Parole che emergono frequentemente nella lettura dell’interessante pubblicazione di Graziano Riccadonna. Parole ricche di significato per la Federazione Schützen del Tirolo Meridionale o Welschtirol. Una Federazione nata nel 1988, dopo che in Trentino, già da alcuni anni erano presenti le Compagnie di Mezzocorona (Kronmetz), Lavis, Telve, Vezzano e Pergine-Caldonazzo. Primo comandante provinciale fu il nostro attuale comandante Mjr. Carlo Cadrobbi, con il quale desidero condividere questo saluto. Alle Compagnie esistenti ne seguirono via via altre fino ad arrivare alle attuali 17 Compagnie federate. Non conta il numero delle Compagnie, non conta il numero degli Schützen iscritti (circa 400). Contano invece gli ideali «hoferiani» che queste persone portano con orgoglio: Dio, Patria, Famiglia. Valori veri, sinceri, genuini. Valori che vanno contro corrente in un mondo ormai orfano di cultura, di storia, la nostra storia, ma proprio per questo motivo assumono un significato rilevante, coraggioso in una società che giustamente deve essere aperta alla convivenza senza però dimenticare le proprie origini. Chi erano e chi sono gli Schützen? L’ignoranza li vede addirittura come un pericolo, in realtà i «sizzeri» hanno sempre difeso i territori trentini e tirolesi dagli attacchi napoleonici e francobavaresi. Hanno contribuito in maniera semplice, ma determinante a creare le radici trentine, a sottolineare l’autonomia di cui ancora oggi possiamo beneficiare. Attualmente siamo uomini e donne che riconoscono il passato, si confrontano con il presente, per realizzare un futuro degno per i nostri figli. Come
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si esprimeva il comandante Mjr. Carlo Cadrobbi in occasione del Giubileo del 2000 «se ci togliamo il costume siamo persone semplici, che affrontano ogni giorno un necessario lavoro…». Portiamo avanti le tradizioni dei nostri antenati, dei nostri paesi. Siamo consci di rivestire un ruolo di perno tra le generazioni. Ci identifichiamo volentieri nel mito di Andreas Hofer «trentino», nel mito di chi vuole salvare e custodire gli usi, i costumi, l’autonomia della nostra terra. Chiamatela come desiderate Trentino o Welschtirol. Comunque è e rimarrà la nostra terra. La Federazione Schützen del Welschtirol
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Introduzione Se un giorno Hofer impara l’italiano Modello di convivenza nell’integrazione L’autonomia, la convivenza, l’integrazione. La nuova fase storica che si tra aprendo, non più basata sulla separatezza ma sull’integrazione, può evitare l’improvvisazione se è opportunamente storicizzata e se coinvolge tutti i protagonisti. Un referente illustre di questo nuovo modello di autonomia come vera integrazione tra gruppi, aldilà dei muri etnici e aldilà delle forzature ideologiche o di parte, può essere lo stesso Andreas Hofer. Un Andreas Hofer, beninteso, riscattato dalle letture nazionalistiche o etniche, ma riconsegnato alla storia nei suoi più genuini aspetti: uno di questi aspetti, se non quello centrale, riguarda la sua formazione e il rapporto con le popolazioni di questa regione di confine. Andreas Hofer non solo conosceva bene il Trentino e le genti di lingua italiana che l’abitavano, ma ha voluto fraternizzare e con-dividere con loro parte della sua vicenda. Quindi si tratta di un rapporto tutto da riscoprire e valorizzare, se la storia di questa regione ha ancora un senso. In questa prospettiva si pone l’iniziativa di studio patrocinata dalla Provincia autonoma di Trento di concerto con il Comune di Fiavé per approfondire la questione della formazione di Hofer, a partire dalla storia personale del giovane Andreas che impara l’italiano. La convivenza tra le popolazioni di questa Regione, basata sull’integrazione e la conoscenza e stima reciproche, è appunto la meta ideale di Hofer. Antesignano dell’autonomia regionale in senso interetnico e plurilinguistico, il comandante della sollevazione dell’«anno Nove» riesce ad unire le forze sudtirolesi con quelle trentine per un progetto di convivenza nella Regione contro tutti gli Stati, o meglio contro lo STATO centralistico e monolitico. La coscienza interetnica del giovane «Andrea barbòn» nasce nella formazione giovanile avuta in Trentino o Welschtirol, prima a Cles poi a Ballino, nodo storicamente importante della via occidentale lago di Garda-Giudicarie-
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Tirolo e sede di alcune osterie-stazioni per il cambio cavalli. La permanenza all’osteria Armani-Zanini tra il 1785 e il 1788, prima del compimento dei 21 anni, permetterà al «famei tirolés» di compiere il tradizionale periodo di apprendistato per l’azienda paterna in Passiria, il lavoro di oste e di commerciante di cavalli. Ma soprattutto farà imparare al giovane Andrea la lingua parlata nel Trentino, l’italiano: naturalmente non l’italiano forbito alla fiorentina, ma semplicemente la parlata della gente. Questo permetterà al futuro Comandante non solo di divenire amico del suo padrone, l’oste Marco Zanini, ma anche di pensare a una «nazione» tirolese unita da comuni interessi della popolazione sia di lingua tedesca che italiana e ladina. Lo storico tirolese Beda Weber nella sua opera su Andreas Hofer del 1851, riporta come egli «si recò poi nel Tirolo italiano e imparò tanto d’italiano che poté esprimersi correntemente non nella lingua scritta, ma nel dialetto popolare. E questo fatto gli procurò molta influenza presso i sudtirolesi italiani, che davano molto peso alla conoscenza della lingua da parte dei loro vicini tedeschi...». Il valore della presenza o permanenza del giovane Hofer in Trentino e segnatamente a Ballino risulta quindi direttamente proporzionale all’importanza che gli storici più avveduti, e con essi l’opinione pubblica coeva, ma anche quella attuale, ripongono nell’aspetto plurilinguistico e tollerante dell’autonomia regionale, che ha indubbiamente vissuto nella vicenda hoferiana una pagina centrale, in qualunque modo la stessa autonomia possa essere considerata o ipotizzata. Una convivenza quindi nell’ottica del compianto Alexander Langer. L’insegnamento del giovane oste, chiamato localmente barbòn, a questo punto è chiaro. La convivenza tra gruppi linguistici diversi dovrebbe essere motivo di una particolare ricchezza culturale e non produrre conflitti, ma assicurare il rispetto dei diritti di tutti, il rispetto delle minoranze e il riconoscimento delle autonomie di governo (e non la separazione della comunità). Un modello di convivenza nell’integrazione.
I bicentenari hoferiani
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Il primo centenario dell’«anno Nove» viene a cadere in un momento di alta tensione nei rapporti tra italiani e tedeschi nell’area tirolese. Oramai si fa più palese che il dissidio interno alla Duplice monarchia, ma anche alla regione tirolese, divisa sia etnicamente che linguisticamente,
proprio allo scadere del vecchio secolo. In questo dissidio grande importanza hanno anche i simboli e i miti: uno di questi, tra i più importanti, è indubbiamente il simbolo – e relativo mito – dell’autonomia sventolata da Andreas Hofer nel mitico «anno Nove», il 1809! Nell’agosto 1909 ricorre il I centenario della sollevazione del Tirolo contro i Francesi, capeggiata da Andreas Hofer. A quella celebrazione, tenuta ad Innsbruck, interviene anche l’imperatore Francesco Giuseppe in persona. Le associazioni filo governative, supportate dai volksbundisti, sollecitano i trentini a partecipare a queste celebrazioni, facendo leva soprattutto fra gli ex militari e il popolo delle vallate. Per reazione, nell’opinione pubblica più filoitaliana l’anniversario viene visto come fumo negli occhi, col timore di strumentalizzazioni e forzature ideologiche! Addirittura, si è così ai ferri corti, che gli studenti trentini pubblicano un loro manifesto contro il centenario hoferiano, e ciò provoca la reazione della magistratura che decreta lo scioglimento dell’Associazione degli Studenti Trentini e la confisca del loro patrimonio. Il proclama s’intitola: «Al popolo trentino!» «Coll’animo profondamente scosso dal dolore e dall’indignazione noi, studenti trentini, protestiamo con tutta l’energia contro lo scioglimento della nostra società rea soltanto di aver fatto sentire, in un momento di debolezza e di opportunismo generale, una parola sincera e patriotica…» (16 settembre 1909). Ben diverso si presenta il secondo centenario, grazie al superamento ormai assodato di odi etnici e di contrapposizioni nazionalistiche (anche se rimangono ancora problemi di convivenza), all’indomani di quel «secolo breve» che è vissuto sulle guerre mondiali e sulle contrapposizioni; in tal senso il bicentenario assume certamente un sapore diverso rispetto alle celebrazioni del passato, connotate da forti contrasti. Con questa ottica, toccheranno anche il Trentino, Ballino e Cles (Val di Non), le manifestazioni che nel 2009-2010 saranno dedicate all’eroe tirolese che combatté i franco-bavaresi nel fatidico «anno Nove». Infatti il bicentenario della lotta di Andreas Hofer, morto a Mantova il 20 febbraio 1810, vedranno il coinvolgimento del santuario di San Romedio in Val di Non e del minuscolo abitato sul Passo di Ballino, sede giovanile dell’apprendistato dell’«oste barbòn».
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Andreas Hofer, comunque la si pensi, rimane un antesignano di tolleranza interetnica e di superamento dei blocchi linguistici e nazionali, come insegna la sua permanenza giovanile del ragazzo nel Welschtirol, il Trentino. La possibilità di contribuire alla conoscenza dell’identità regionale e di fornire elementi anche minimali al dibattito sull’autonomia in questa prospettiva rappresenta lo stimolo migliore per riandare alla storia dei rapporti tra le famiglie che ospitarono il famei tiroles e l’«oste barbòn» Andreas Hofer. In Trentino l’interesse per Hofer non è mai scomparso, prova ne siano le manifestazioni curate a Ballino a fasi ricorrenti dal Gruppo Culturale Fiavé-Lomaso-Bleggio di concerto con i gruppi Schützen locali e la recente iniziativa di un censita, che ha fatto dipingere sulla facciata della sua casa la famosa battaglia hoferiana del Berg Isel. Certamente anche il bicentenario dell’«anno Nove» avrà localmente un interesse diretto.
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Andreas Hofer nel Trentino L’«anno Nove» Nell’anno 1809 scoppia la guerra franco-asburgica e nel medesimo tempo si innesca la miccia della sollevazione tirolese contro i franco-bavaresi, che sfrutta anche il malcontento causato dalla coscrizione militare obbligatoria. L’«anno Nove» è un anno cruciale per la storia della terra tirolese-trentina per il coinvolgimento popolare e per le conseguenze che si avranno in futuro. Il governo bavarese, guidato dal nobile Maximilian Josef Montgelas, personaggio impregnato di idee illuministiche, si distingue per il suo centralismo e per il tentativo (riuscito) di abolire le secolari autonomie regionali e locali, incontrando subito l’opposizione e la resistenza delle popolazioni tirolesi, ma anche di quelle trentine. La politica bavarese punta ad ingerirsi nelle questioni ecclesiastiche, con la nomina dei sacerdoti e l’incameramento dei benefici ad usi sociali, non risparmiando le nuove imposte e tariffe daziali. L’apice del malessere viene raggiunto nel marzo 1809, quando il giorno 3 il Governo pubblica il decreto sulla coscrizione militare obbligatoria. La scintilla della sollevazione antibavarese parte da Andreas Hofer, un oste e mercante di cavalli della Val Passiria, il quale guida l’insurrezione generale dei villaggi del Tirolo, appoggiata dai valligiani trentini della Val di Fiemme, Primiero, Valsugana, Vallagarina, Giudicarie e Val di Non. La partecipazione popolare nel Tirolo è vasta e gode di un consenso popolare diffuso, in Trentino essa è meno estesa e profonda, ma pur sempre significativa per quanto riguarda la difesa degli ideali e degli istituti autonomistici, chiaramente messi in pericolo dalla politica della Baviera e della sua alleata, la Francia di Napoleone Bonaparte. Le cause della sollevazione
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dell’«anno Nove» sono molteplici, gli storici parlano di malcontento per le tasse e la coscrizione militare, altri contrappongono motivazioni di carattere religioso ed etnico, di difesa dei costumi e dell’identità tirolese: ma certamente la difesa delle secolari autonomie regionali e locali ha giocato un grosso ruolo nella mobilitazione di vasti strati di popolazione sia di lingua tedesca che di lingua italiana. Contemporaneamente alle bande armate di Hofer si muovono le truppe austriache per riprendersi il territorio tirolese perduto, rientrando ad Innsbruck il 12 aprile e quindi a Trento il 22 aprile: da allora e fino all’autunno si susseguono i combattimenti valle per valle, centro per centro, con epicentro la valle dell’Inn, fra truppe regolari austriache, bande hoferiane o Schützen e truppe franco-bavaresi. Andreas Hofer chiama alla leva generale il paese e libera Innsbruck muovendo dal Berg Isel il 13 agosto: quindi in nome dell’imperatore Francesco II assume i pieni poteri sull’intero Tirolo emanando proclami e legiferando sulle questioni territoriali. L’illusione tirolese dura però poco: il 14 ottobre 1809 gli eserciti francese e bavarese muovono decisamente alla conquista del Tirolo meridionale e settentrionale, ed ai primi di dicembre la ribellione è definitivamente stroncata. Lo stesso Comandante Andreas Hofer viene catturato in Val Passiria insieme ai capi della resistenza, tradotto nelle carceri di Mantova e qui fucilato dopo un giudizio sommario il 20 febbraio 1810. Da quel momento inizia il mito di Andreas Hofer, considerato il padre della nostra autonomia.
Hofer in Trentino
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Se alle numerose questioni politiche, strategiche, ideali, etniche e linguistiche, religiose relative ad Andreas Hofer la storiografia ha dato risposte pressoché esaurienti e complete, una domanda rimane ancora inevasa: come è potuto accadere tutto questo, come è nato il grande coinvolgimento popolare nella sollevazione dell’«anno Nove»? E soprattutto, come ha potuto Hofer costruire solide alleanze e validi rapporti per quanto attiene la parte italiana del Tirolo, cioè il Trentino, allora chiamato Welschtirol? La risposta può essere data se si tiene presente la formazione del giovane Andreas Hofer, gli anni giovanili trascorsi da orfano lontano dal suo paese della Passiria, nella parte italiana del Tirolo, a servizio presso famiglie
Andreas Hofer a Cles e nelle valli del Noce di Alberto Mosca
Andreas Hofer e le valli del Noce: una frequentazione assidua e reciprocamente affettuosa, vissuta in tre momenti diversi della vicenda umana dell’eroe dell’insurrezione tirolese del 1809. Andreas Hofer conobbe infatti Cles e la Val di Non negli anni dell’adolescenza, presidiò il Passo del Tonale, giovane caporale nella sua compagnia di Schützen, nel corso della prima invasione francese dell’agosto 1796, infine tornò da trionfatore a Cles, a Revò e nel santuario di San Romedio, nell’anno della grande lotta antibavarese. Andreas Hofer ebbe la prima occasione di conoscere le valli del Noce e in particolare la borgata di Cles durante la sua adolescenza, con ogni probabilità tra il 1780 e il 1785. E se già nel 1851 Beda Weber1 ricordava il soggiorno di Hofer nel Tirolo italiano tanto da permettergli di imparare la lingua del popolo, ovvero il dialetto, è a una lunga e autorevole tradizione che dobbiamo affidarci per avere qualche cognizione del soggiorno clesiano del patriota tirolese. Una tradizione cui si possono affiancare, come prova della familiarità che Hofer aveva con la Val di Non, gli stretti legami di amicizia che nel 1809 si dimostrarono decisivi nel creare nella terra anaune, sia in Val di Sole che in Val di Non, quella rete di conoscenze così importante nel corso della lotta armata viva nel 1809. Certo è che, al momento, non è possibile mostrare alcun documento che attesti i tempi e i modi della presenza del giovane Hofer a Cles. Tuttavia, voci importanti non mancano: prima fra tutte quella di mons. Lo1
Cfr. B. Weber, Andreas Hofer und das Jahr 1809: mit besonderer Rücksicht auf Passeiers Theilnahme am Kampfe, Innsbruck, 1852.
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renzo Dalponte, che nel 1998 così scriveva: «Andreas Hofer venne dapprima a Cles, ospite della famiglia de Miller, i cui discendenti, che oggi vivono a Vienna, confermano che il giovane garzone fu al servizio dell’azienda avita e frequentò la scuola locale». A Cles e poi a Ballino, aggiunge Dalponte, «si guadagnò la stima e l’affetto delle famiglie ospitanti»2. Contatti intensi e preziosi, che Hofer mantenne poi costantemente nel corso della propria attività commerciale e quindi nei mesi dell’insurrezione3. Un’altra voce che conferma la presenza a Cles di Hofer è quella dello storico trentino Antonio Zieger, che nel 1960 segnalava che i famigliari, «per avviarlo alla mercatura, decisero di fargli apprendere anche la lingua italiana, indispensabile per chi voleva mantenere dei rapporti commerciali con tutto il paese. Per questo motivo egli venne mandato, per iscambio, a Cles, dove rimase tutto il tempo necessario per apprendere a parlare e scrivere abbastanza correttamente l’italiano»4. Proprio allo scritto di Zieger fa riferimento anche Meinrad Pizzinini nella sua biografia di Hofer, quando scrive che «der junge Hofer erlernte das Italienische, die ‘welsche Sprache’, in Cles, Hauptort des Nonsberges»5. Del soggiorno a Cles parla anche Christoph Hartung von Hartungen6. E nel capoluogo d’Anaunia il comandante della Val Passiria ebbe modo di tornare negli anni successivi, in ben altre circostanze. La prima invasione del Principato vescovile di Trento da parte delle armate di Napoleone avvenne alla metà del 1796. Tra le numerose voci che seppero raccontare in quegli anni eventi tanto sconvolgenti, propongo quella di un padre francescano presente nel convento di Cles nel corso dei 14 anni che vanno da questa prima invasione alla fucilazione di Andreas Hofer. Si tratta di padre Giacomo Antonio del Borgo OFM, al secolo Cristoforo Fezzi, nato a Pergine Valsugana ma originario di Termenago in Val di Sole. Cfr. L. Dalponte, Andreas Hofer e il Trentino, in Andreas Hofer eroe della fede, prefazione di Franco Cardini, Rimini 1998, p. 58, ma anche L. Dalponte, Andreas Hofer e gli amatissimi tirolesi italiani, in «Il Sommolago», a. XIV n. 1, aprile 1997, p. 131. Le ricerche da me fatte non hanno finora portato al ritrovamento di tracce di questi registri. 3 Cfr. L. Dalponte, Uomini e genti trentine durante le invasioni napoleoniche, Trento, 1984, p. 53. 4 Cfr. A. Zieger, Andrea Hofer. Ricordi dell’insurrezione del 1809, in Archivio per l’Alto Adige, vol. LIV, (1960), p. 102. 5 Cfr. M. Pizzinini, Andreas Hofer: seine Zeit, sein Leben, sein Mythos. Wien 1984, p. 25. 6 Cfr. C. Hartung Von Hartungen, Andreas Hofer, da stalliere a comandante dell’insurrezione tirolese del 1809, in «Il Sommolago», a. XIV n. 1, aprile 1997, p. 140. 2
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Marco Zanini il Cursus Honorum dell’oste
Marco Zanini La biografia di Marco Zanini, oste a Ballino e traficante di professione, nonché uno dei capi della sollevazione dell’«anno Nove», è importante anche per poter comprendere i motivi della presenza di Hofer a Ballino, come suo «famei». Marco Zanini nella presentazione di Sigismondo Moll del 1810 si dice avere 60 anni. In realtà è nato a Fiavé probabilmente il 13 febbraio1753 da Giovanni Zanini e Domenica Calvetti da Limone. Nel 1774 si sposa in prime nozze con Maria Festi di Giovanni di Fiavé: è il 15 giugno, il matrimonio viene celebrato nella chiesa di San Zenone dal pievano Paolo Tabarelli de Fatis da Terlago, segno di un matrimonio di un certo rispetto. Dal primo letto avrà due figli, Giovanni e Lodovico, come compare dal testamento del padre di Marco, Giovanni1. Si sposa poi in seconde nozze il 15 giugno 1782 con Elisabetta Nulli2, figlia di un ricco possidente di Cavrasto, non si sa se dalle seconde nozze abbia avuto figli e quanti, in quanto compare secondo il Moll semplicemente coniugato con figli. Deve aver frequentato con profitto qualche scuola dopo le elementari di Maria Teresa, magari i primi anni delle scuole di grammatica, in quanto è citato come letterato e in possesso di una grafia abbastanza rifinita. Cfr. il testamento di Giovanni filius quondam Giovanni Zanini Cot di Fiavé, 3 marzo 1780, in rogiti del notaio Innocenzo Lodovico Levri, busta IV (1779-86) in AST. 2 Cfr. l’atto notorio o accordo siglato da Giovanni Francesco Levri tra Elisabetta Nulli e il marito Marco Zanini, 21 dicembre 1783, in archivio personale. Cfr. pure la carta dotale o notta de mobili di Elisabetta figlia del signor Paolo Nulli di Cavrasto, andata in sposa a Marco Zanini di Fiavé, 14 giugno 1782, in rogiti notaio Giovanni Francesco Levri, busta III (1782-91). 1
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Muore il 5 febbraio 1835, a 83 anni, per «palpitazione di cuore»3. Marco Zanini compare per la prima volta nei documenti nell’anno 1778, il 22 ottobre, nella questione del bestiame sui pascoli comunitari che contrappone la Comunità locale ai fratelli Fruner di Ballino4. Alla Regola di Fiavé, convocata nel luogo solito, la piazza antistante la canonica5, compare con i capifamiglia anche il giovane Marco Zanini (ha solo 25 anni), ma per ultimo: evidentemente è appena entrato nella vita comunitaria, divenendo capofamiglia dopo il matrimonio Festi. La Regola del 1778 è importante perché affronta la spinosa questione dei diritti comunitari, calpestati (alla lettera) dalle bestie dei Fruner e quindi reclamati in base agli articoli 72 e 75, che il notaio cita espressamente dell’atto di citazione. Anzi, il bestiame «colpevole» è pignorato per condannare in modo esemplare l’«abuso». Da questo momento fino alla vecchiaia il nome di Marco Zanini compare numerose volte negli incarichi delle comunità di Fiavé e di Ballino, oppure negli affari privati, prima come oste e poi come traficante, commerciante. Poco dopo la prima uscita ufficiale, nel 1779, il 16 ottobre, Marco Zanini non ancora trentenne è già Procuratore Speciale della comunità in occasione dell’accensione di un censo (o di un prestito) da Paolo Noli di Cavrasto, per la somma di troni 1.500 a favore della Vicinia di Fiavé. Marco è presente nella casa Brocchetti di Cavrasto quale «legatario», cioè rappresentante della villa di Fiavé, come sostituto del padre Giovanni, evidentemente impossibilitato: «Qui personalmente costituiti li magnifici Bortolamio Armani console di Fiavé, Giuseppe Festi Colan, e Marco Zanini sostituto di Giovan Zanini di lui padre, legatari di detta villa, e consiglieri giurati, e come Procuratori Speciali, da essa all’infrascritto effetto ordinati, e costituiti, come da Procura da esser registrata nel fine del presente istromento, li quali facendo in nome della suddetta Vicinia, per libero etc. anno dato, trasferito, e venduto al domino Paolo Noli abitante in Cavrasto, qui presente, stipulante, e comprante, le ragioni d’esigere l’annuo interesse in ragione del 6 per cento, 3
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Come compare dall’archivio pievano di Lomaso, anno 1835, sezione «Morti». In rogiti notaio Giovanni Francesco Levri, busta II (AST). Per le modalità con cui si svolge l’assemblea dei vicini o Regola, cfr. In publica regola, Comune di Fiavé-Gruppo Culturale Fiavé-Lomaso-Bleggio, 1995.
Ballino, isola etnica tedesca? Microstoria e macrostoria Ballino, isola etnica? Una particolarità che possiede l’antico villaggio, utile da segnalare per illustrare l’ambiente in cui vive la sua giovinezza Andreas Hofer, è quella di avere le caratteristiche tipiche di un’isola etnica tedesca o tedescofona Infatti, pur essendo molto distante dalle classiche isole etniche del Trentino (Val dei Mocheni, Lavarone, Luserna, alta Val di Non), Ballino è interessato in modo particolare dalla presenza di una popolazione che in buona parte ha un’origine etnica tedesca, anche se poi con l’andare dei secoli ha perduto i suoi connotati originari. Nel caso di Ballino non si tratta, come nelle altre isole etniche classiche, di popolazione indigena derivante da migrazioni alto medioevali, bensì di una penetrazione etnica legata alla peste del Seicento: subito dopo la ondata di peste del 1630, che proprio a Ballino compie numerosi vuoti lasciando spazio per una massiccia immigrazione. Il notaio dell’epoca Vigilio Armani1 afferma che la peste «seviit» per mettere in luce la particolare violenza della peste che in paese compie una vera strage. È un fatto documentato2 che molti cognomi scompaiono a Ballino proprio in questo periodo: altri diminuiscono fortemente, come le famiglie Seia, che prima del 1630 erano una ventina, mentre dopo tale data sono ridotte a tre o quattro. E proprio dopo il 1630 cominciano ad apparire in paese i cognomi tedeschi Prugner, Andermark, e altri provenienti dal Perginese o dal Tirolo; e specialmente Fruner, per merito del capostipite Cristoforo, che vi si insedia con la famiglia proveniente da Vignola (Perginese) negli 1 2
Nei suoi atti notarili, buste relative all’anno 1630 e succ. (AST). Cfr. Lorenzo Chiocchetti, La peste del 1630 a Fiavé e a Ballino, in «Studi Trentini di Scienze Storiche», LVIII, 1979, n. 3, pp. 409-414.
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anni immediatamente successivi alla peste. Il figlio Giovanni3 darà luogo alla numerosa discendenza dei Fruner di Ballino fino ai giorni nostri, in quanto dai suoi otto figli hanno origine in questo torno di tempo, mentre Hofer è acquartierato a Ballino, le varie stirpi Fruner dei Stefeni, Remiti, Cornai, Pastori. Tutti abitano nella parte sud del paese, perché la parte nord continua ad essere abitata dai Seia superstiti, che cedono però una parte delle loro case agli Armani, ramo di Fiavé, e più tardi, nel 1818, ai Berti di Canal Tenno. L’arrivo degli Armani in Ballino è direttamente collegabile alla permanenza di Hofer. Oltre all’immigrazione delle famiglie Fruner, si nota nei matrimoni documentati presso gli archivi pievani e parrocchiali una forte ricorrenza di cognomi tedesco-tirolesi, in parte tuttora presenti in famiglie di Ballino, come Schaffelhofer e altri, in parte scomparsi, il che porta a considerare il carattere del tutto particolare del paese, dove tra l’altro si conservano tradizioni peculiari sia rispetto alle Giudicarie che all’Alto Garda. Ma manca, per farne un’isola etnica vera e propria, l’elemento fondamentale che è la parlata, segno della compiuta fusione avvenuta allora, fra il Seicento e il Settecento, fra l’elemento indigeno e l’elemento immigrato.
Macrostoria e microstoria Le invasioni francesi irrompono come una mazzata sulla tranquilla vita delle comunità e dei villaggi, quindi anche sull’economia tradizionale. Il legame tra macrostoria e microstoria si fa più evidente se prendiamo in considerazione uno «spaccato» di vita paesana, come quello di Ballino e dintorni, all’epoca delle invasioni francesi e della lotta franco-tirolese. E sempre, l’operato di Marco Zanini balza agli onori della cronaca, ora come semplice teste, ora come fidejussore o consigliere nelle travagliate vicende che vedono la comunità locale tartassata da tasse o angherie a causa della guerra in corso. Così nel 1797, il 12 settembre, Marco Zanini patrocina la fidejussione da parte del fratello Carlo verso la comunità di Fiavé, per poter accendere un prestito per far fronte alle indennità da versare all’esercito austriaco acquartierato in zona.
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Giovanni era nato nel 1676 e morirà nel 1758.
Hofer in Val di Ledro
Andreas Hofer durante la sua permanenza – a quanto sembra triennale – in Ballino, ha occasione di frequentare anche i centri e le vallate vicine, spesso per gare di tiro con la locale compagnia di Svizzeri, cui appare come aggregato. In una di queste frequentazioni, il giovane Barbòn si reca al poligono di tiro del Casino di Bersaglio della compagnia di Val de Leder, posto fra Pieve e Bezzecca, ora scomparso1. Nell’agosto 1788 si svolgeva in Val de Leder un’importante rassegna di sizzeri trentini, che si radunavano dalle varie parti e compagnie del Trentino per dare luogo a tornei e gare di tiro al bersaglio presso il locale Casino di bersaglio (ce n’erano tre in tutta la valle). Le gare di tiro al bersaglio si svolgevano di regola a gruppi, naturalmente provenienti dalla stessa compagnia. Dalla zona del Bleggio e del Lomaso erano presenti diversi di questi gruppi di tiratori scelti, forse una ventina: quindi doveva trattarsi numericamente di una sessantina di Schützen. Fra questi gruppi di tiratori scelti compare la compagnia formata da Zanini, comandante, Calliari e Hofer. Sicuramente doveva trattarsi dell’oste e futuro comandante della compagnia lomasina di Schützen, Marco Zanini, che allora aveva 35 anni (essendo nato nel 1753), che guidava la compagnia 1
Testimonianza resami dal dottor De Guelmi Marco di Concei, allora presidente onorario Schützen Compagnia Val de Leder, durante la serata storica a Pieve di Ledro, 5 giugno 1997, organizzata dagli Schützen de Val de Leder. Il De Guelmi dichiarava di aver veduto una ventina d’anni prima una serie di documenti manoscritti, riferentisi al Casino di Bersaglio o poligono di tiro della compagnia di Val de Leder. Tali documenti si riferivano alle gare di tiro al bersaglio, ma sono andati totalmente perduti in un «trasferimento» degli uffici comunali di Bezzecca.
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La colpa dell’oste per la commissione napoleonica
«ZANINI MARCO di anni 60, da Fiavé nelle Giudicarie, ammogliato con figli, fà lo scrittore; essendo costui oste in Balino molti anni sono ebbe per stalliere l’Andrea Hoffer; miserabile, e caduto in povertà, era fanatico per questo suo Hoffer, ma d’indole non cattiva; era capitano d’una Compagnia, diportamento attuale quieto, luogo d’attuale dimora Fiavé, non pericoloso»1. Questo giudizio, molto preciso e circostanziato su un personaggio piuttosto importante per il nostro studio su Hofer, l’oste di Ballino Marco Zanini, viene espresso il 29 agosto 1810 dal Presidente della Commissione amministrativa, il barone Sigismondo Moll, al consigliere di stato nonché prefetto del dipartimento Alto Adige, Antonio Smancini. L’istituzione di un’apposita Commissione amministrativa con compiti anche politici per la gestione del neonato dipartimento Alto Adige, sostanzialmente la regione atesina comprendente oltre al Trentino l’intera Valle dell’Adige fino alla conca bolzanina e parte del Burgraviato di Merano, rientra tra le prime misure adottate dal governo italico: e tra le prime misure figura un’energica azione di controllo e verifica della situazione «politica» dei vari distretti. Con decreto 28 maggio 1810 Napoleone Bonaparte sancisce la riunione al Regno d’Italia del Tirolo Meridionale, con la denominazione «Alto Adige»: ma già nella pace di Schõnbrunn del 14 ottobre 1809 i destini tirolesi era1
In «Atti relativi alla Regia Commissione Amministrativa del Dipartimento Alto Adige», 1810, 15 giugno-31 agosto, busta 121, Fondo Sigismondo Moll, Biblioteca Civica Tartarotti Rovereto.
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Indice
Presentazioni
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Introduzione
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Andreas Hofer nel Trentino
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Andreas Hofer a Cles e nelle valli del Noce (di Alberto Mosca)
21
Marco Zanini. Il cursus honorum dell’oste
31
Ballino, isola etnica tedesca? Microstoria e macrostoria
37
Le osterie nella sollevazione tirolese
43
Hofer in Val di Ledro
49
Il capitano Marco Zanini
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La colpa dell’oste per la commissione napoleonica
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Riferimenti bibliografici
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