Gli esordi di un politico nazionale: Flaminio Piccoli, 1945-1958

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QUADERNI DI ARCHIVIO TRENTINO

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QUADERNI DI ARCHIVIO TRENTINO

Luigi Targher

Il volume racconta i primi anni di impegno politico di Flaminio Piccoli, a partire dai giorni immediatamente successivi alla Liberazione fino alle elezioni politiche del 1958, che segnano la sua partenza per Roma e l’inizio della lunghissima militanza parlamentare (36 anni). Il periodo del «Piccoli trentino» è quello della Ricostruzione, delle durissime battaglie con i comunisti, dei difficili rapporti con i «tedeschi» dell’Alto Adige. Dalla tribuna de Il Popolo Trentino e poi de L’Adige Piccoli segue con attenzione gli avvenimenti locali, ma lo sguardo dei suoi «fondi», quasi sempre domenicali, va sempre oltre, a indagare su ciò che succede a Roma e fuori dell’Italia. La preoccupazione per la «questione comunista» è costante, incalzante, quasi ossessiva, mentre la lotta giornalistica, eminentemente politica, è serrata, senza sconti ed esclusioni di colpi. La storia del «Piccoli trentino» racchiude dunque tredici anni di densa vita politica meritevole senz’altro di ulteriori approfondimenti.

Luigi Targher (1973) si è laureato in storia contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma con una tesi su Flaminio Piccoli, dalla quale il presente volume trae spunto. Attualmente collabora con il Museo storico italiano della Guerra di Rovereto nel settore delle attività didattiche.

Gli esordi di un politico nazionale Flaminio Piccoli (1945-1958)

materiali per una biografia politica

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ISBN 978-88-7197-137-7

€ 13,00

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Il volume racconta i primi anni di impegno politico di Flaminio Piccoli, a partire dai giorni immediatamente successivi alla Liberazione fino alle elezioni politiche del 1958, che segnano la sua partenza per Roma e l’inizio della lunghissima militanza parlamentare (36 anni). Il periodo del «Piccoli trentino» è quello della Ricostruzione, delle durissime battaglie con i comunisti, dei difficili rapporti con i «tedeschi» dell’Alto Adige. Dalla tribuna de Il Popolo Trentino e poi de L’Adige Piccoli segue con attenzione gli avvenimenti locali, ma lo sguardo dei suoi «fondi», quasi sempre domenicali, va sempre oltre, a indagare su ciò che succede a Roma e fuori dell’Italia. La preoccupazione per la «questione comunista» è costante, incalzante, quasi ossessiva, mentre la lotta giornalistica, eminentemente politica, è serrata, senza sconti ed esclusioni di colpi. La storia del «Piccoli trentino» racchiude dunque tredici anni di densa vita politica meritevole senz’altro di ulteriori approfondimenti.

Luigi Targher (1973) si è laureato in storia contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma con una tesi su Flaminio Piccoli, dalla quale il presente volume trae spunto. Attualmente collabora con il Museo storico italiano della Guerra di Rovereto nel settore delle attività didattiche.

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LUIGI TARGHER

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2011


Sommario

Introduzione

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Parte Prima 1. Una breve biografia politica 2. Gli esordi di un politico nazionale

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Parte Seconda 1. La testimonianza di due politici trentini 2. Le fonti archivistiche 3. Appendice documentaria

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Riferimenti bibliografici Indice dei nomi

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Una breve biografia politica

PARTE PRIMA

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Parte Prima / Capitolo primo

Capitolo primo

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Una breve biografia politica

Una breve biografia politica

1. La nascita dei dorotei e le scintille di Firenze

Nelle elezioni politiche del 25 maggio 1958 Piccoli ottiene oltre 27.000 preferenze e risulta il primo degli eletti nella nuova squadra dei deputati trentini a Roma. Alla fine degli anni cinquanta del Novecento, il tema caldo della politica italiana è l’allargamento della base democratica dello Stato; si discute, in altre parole, della possibilità di includere nell’area governativa il Partito socialista italiano, impegnato in un faticoso processo di revisione ideologica e di presa di distanza dal Partito comunista italiano. L’esito delle elezioni del 1953 e la mancata attribuzione del premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale costringevano, infatti, la Democrazia cristiana a governare solo grazie a imbarazzanti accordi con frange monarchiche e neofasciste. Il governo che nasce dalle elezioni politiche del 1958 è il bicolore DC-PSDI, guidato dal democristiano Amintore Fanfani. Il politico aretino, che ricopre la carica di segretario del partito e ha tenuto per sé anche il dicastero degli Esteri, si distingue per metodi centralistici e per una politica piuttosto arrembante sul terreno delle riforme; è un modo di procedere che piace poco alle correnti moderate della DC e che riscuote aspre critiche nel suo elettorato conservatore. Da questa storia nasce quella dei «dorotei», sorti nel Consiglio nazionale del marzo 1959, dopo che alcuni esponenti di primo piano (Rumor, Colombo, Taviani) si erano riuniti nel convento di Santa Dorotea, sul colle del Gianicolo: il loro intento è quello di stoppare l’azione di Amintore Fanfani e riportare la politica di governo su binari decisamente più prudenti. In un sol colpo Fanfani perde le cariche di Presidente del Consiglio e di segretario di partito, sostituito rispettivamente da Antonio Segni e da Aldo Moro. Flaminio Piccoli s’avvicina alla corrente dei «dorotei» e il Congresso nazionale di Firenze dell’ottobre successivo segna il suo battesimo del fuoco. In quell’occasione si presenta come deputato di Trento, attacca duramente 15


Parte Prima / Capitolo primo

Fanfani, reo, con le sue «tumultuose azioni», di aver diviso il partito e di aver creato un’atmosfera da Assemblea Costituente; Piccoli conclude il suo intervento in un clima da «corrida», tra applausi, fischi, grida tra gli esponenti delle diverse correnti1.

2. L’apertura a sinistra e i primi incarichi nel partito Il lungo e travagliato corso che porterà il Partito socialista italiano a entrare nell’area di governo vede Piccoli in costante posizione di «guardia». Piccoli predica prudenza, invita a procedere per gradi nell’alleanza con i socialisti, e se la linea seguita è, in questo caso, tipicamente «dorotea», è altresì vero che il politico trentino ascolta qui gli umori della base DC, attestata in netta maggioranza su posizioni conservatrici. Nel Consiglio nazionale DC del febbraio 1961 si astiene sulla mozione che approva le prime giunte di centrosinistra in Italia (Milano, Genova, le cosiddette «giunte difficili»). In preparazione del Congresso nazionale di Napoli (gennaio 1962) dirà a Trento che «il problema dell’incontro con nuove forze politiche, rimaste finora ancorate a posizioni di totale opposizione, pone i quesiti delle garanzie, del programma, della linea politica interna e internazionale»2. All’indomani dell’assise democristiana di Napoli nasce il IV governo Fanfani (21 febbraio 1962), un tripartito formato da DC, PSDI e PRI, che gode del voto di astensione del PSI. Con il IV governo Fanfani si è soliti individuare la fase «mitica», propulsiva del centrosinistra: è con questo governo che si giunge alla nazionalizzazione dell’industria elettrica, alla cedolare d’acconto sui profitti azionari, alla scuola media unica, a un serio e robusto progetto di legge urbanistica che però non avrà realizzazione. I modi di procedere di Fanfani, frenetici, danno fastidio a parecchi settori della società italiana; fanno arricciare il naso a vasti settori della Confindustria, oltre a creare preoccupazioni e malumori tra i «dorotei»; aggiungiamo che Togliatti in Parlamento, il 5 marzo, annuncia un’opposizione morbida e costruttiva e che Malagodi, sul versante liberale, predica un futuro di marxismo e di miseria. I socialisti sono ancora impegnati, talvolta, in giunte di sinistra con il PCI e non avendo assunto, a livello nazionale, incarichi di governo (ma così aveva 1 Roma, Archivio storico dell’Istituto Luigi Sturzo, Fondo Democrazia cristiana, Congressi nazionali, scatola 8, fasc. 1. 2 Flaminio Piccoli, «Il Partito al Congresso». Il Popolo. Roma, 1 dicembre 1961: 3.

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Una breve biografia politica

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Parte Prima / Capitolo secondo

Capitolo secondo

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Gli esordi di un politico nazionale

Gli esordi di un politico nazionale

La vicenda biografica di Flaminio Piccoli è segnata da un particolare piuttosto significativo: Piccoli nasce il 28 dicembre del 1915 a Kirchbichl, un paesino del Tirolo austriaco, dove la famiglia era stata trasferita dopo l’entrata in guerra dell’Italia nel maggio 1915 per allontanare la popolazione civile dalla «prima linea» di combattimento1. Mentre la guerra chiedeva il suo tributo di sangue a tanti soldati trentini mandati a combattere sui campi della lontana Galizia, Flaminio Piccoli affrontò i suoi primissimi anni di vita in mezzo agli stenti e alla miseria tanto che, a causa dello stato di denutrizione in cui si trovava, poté muovere i primi passi solo all’età di tre anni, ossia al suo rientro a Trento alla fine delle ostilità. Negli anni del Fascismo Flaminio Piccoli compie la propria formazione nelle fila della Juventus, un’associazione d’ispirazione cattolica di studenti medi sorta nel 1919 dall’Associazione degli universitari cattolici trentini (AUCT)2. Nella Juventus e nell’AUCT si «faranno le ossa» i giovani della futura classe dirigente democratico-cristiana del Trentino e, in quel contesto, la guida religiosa del delegato arcivescovile don Oreste Rauzi e dell’assistente don

1 Il forzato esodo verso l’Austria interessò circa 70.000 trentini; a questi s’aggiungano coloro che si trovavano ancora sul territorio durante la rapida avanzata italiana dei primi giorni di guerra. Circa 35.000 trentini (ad esempio, gli abitanti di Brentonico o quelli di taluni paesini della Vallarsa) vennero trasferiti nelle province del Regno e la loro sorte non fu affatto più fortunata dei loro «colleghi» d’Austria. Strano e crudele destino quello dei profughi trentini, stranieri e «traditori» al di là del Brennero, altamente sospetti e «austriacanti» nel «Belpaese». Sui trentini nella Grande guerra, confronta Laboratorio di storia 2003. Sul tema dei profughi, confronta anche Zadra – Leoni 1981. 2 Per maggiori informazioni sulla Juventus confronta Piccoli – Vadagnini 1989.

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Parte Prima / Capitolo secondo

Vittorio Pisoni sarà per loro un punto di riferimento fondamentale. Nella Juventus e nell’AUCT si realizza inoltre, nelle forme peculiari di tante altre esperienze cattoliche in Italia, l’antifascismo dei fondatori della Democrazia cristiana trentina: lo studio e la conoscenza del pensiero sociale cristiano, sulla scia di influenze estere, soprattutto francesi, porta alla esaltazione della persona umana proprio nel momento in cui il Fascismo è impegnato a proporre l’«icona» dell’«uomo nuovo». La «diversità» cattolica non si esprime in opposizione esplicita e manifesta al regime fascista, ma instilla nei propri giovani i semi della distinzione, nel senso, poi più compiuto, di una vera e propria alterità tra l’essere cattolici e l’essere fascisti. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale Piccoli, da come si può apprendere dalla scheda informativa sul suo conto per le elezioni politiche del 19583, si trova dapprima, col grado di capitano degli alpini, sul fronte francese, poi in Albania nel corso del 1940-1941, in Montenegro nel 1941-1942 (dove si guadagnerà una medaglia d’argento al valor civile nel tentativo di salvare due uomini del suo battaglione che si erano gettati in un torrente per trovare sollievo dal caldo soffocante), nel 1942-1943 nella zona d’occupazione in Francia, dopo l’8 settembre prigioniero e poi fuggiasco da un treno, che doveva portarlo in un campo di concentramento, con ritorno a Trento. Flaminio Piccoli, ricordando la nascita della Democrazia cristiana, scrive: «Nei giorni convulsi della Liberazione ci ritrovammo insieme e intorno a pochi vecchi ‹Popolari›, per fondare il Partito democratico cristiano. Per la verità, dopo l’8 settembre 1943, ognuno di noi aveva vissuto una ‹avventura› democratico cristiana. Fatto prigioniero dai tedeschi, io, nella prigionia, avevo fatto parte di un ‹esecutivo› di ufficiali prigionieri, che avevano fondato una sezione ‹democratico cristiana›»4. Di Piccoli ricorderemo il profondo e virulento anticomunismo, incessante e instancabile, ma egli fu pure convinto antifascista e di tanto in tanto lo sottolineava nella sua febbrile attività giornalistica: per esempio sul quotidiano L’Adige del 21 maggio 1961, polemizzando con le cieche apologie della Resistenza, citava «coloro che hanno disertato le adunanze, che si sono tenuti da parte negli anni del regime, che hanno lottato contro il nazionalismo pagano, che hanno pagato con sofferenze, con carriere ridotte e oscure…». Prima di passare ai giorni della Liberazione piace allora riportare un ampio passo di 3 Roma, Archivio storico dell’Istituto Luigi Sturzo, Fondo Partito della Democrazia cristiana trentina, Comitato provinciale di Trento (ora custodito a Trento presso l’Archivio diocesano), Serie VIII (carteggio e atti), B. (Comitato provinciale 1945-1982), 17 («Schede informative elezioni 1958»). 4 Testimonianza di Flaminio Piccoli in Andreatta 1989: 21.

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La testimonianza di due politici trentini

PARTE SECONDA

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Parte Seconda / Capitolo primo

Capitolo primo

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La testimonianza di due politici trentini

La testimonianza di due politici trentini

Fra le tante fonti utili per tratteggiare un profilo di Flaminio Piccoli vi sono sicuramente anche le testimonianze personali di quanti hanno avuto occasione di conoscere il politico trentino e di confrontarsi con lui nella cosiddetta arena della lotta politica. Fra gli innumerevoli personaggi che avrebbero potuto offrire un ricordo o una ricostruzione si è deciso di rivolgersi a due osservatori di diverso schieramento: Renato Ballardini e Giorgio Grigolli. L’uno per la sua attività all’interno del Partito socialista e l’altro per la comunanza di ideali legati alla militanza all’interno del medesimo partito, la Democrazia cristiana. Ad entrambi gli interlocutori è stata sottoposta una sorta di «scaletta» indicativa (precisando che avevano comunque piena libertà di «movimento»), con domande e spunti contestuali alle loro diverse esperienze e carriere politiche. Renato Ballardini ha risposto con un elaborato scritto dopo un primo e piacevole incontro nel suo studio legale di Riva del Garda; Giorgio Grigolli, anch’egli in forma scritta, ha risposto punto su punto ad alcune domande che erano nate in precedenti chiacchierate. Le testimonianze sono state rilasciate nel novembre del 2010. A Renato Ballardini e a Giorgio Grigolli va un sentito grazie per la disponibilità e la gentilezza con cui hanno accettato di collaborare.

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Parte Seconda / Capitolo primo

1. Renato Ballardini Piccoli era un uomo onesto. Non ricordo che fossero circolate su di lui dicerie di affarismi o speculazioni private favorite dai suoi incarichi pubblici. Ma soprattutto la sua onestà consisteva nella fedele interpretazione della cultura dominante nella nostra provincia. Era una cultura ispirata ai valori cristiano-cattolici che si erano disseminati nei secoli del principato vescovile. La moderazione caratterizzava il modo di pensare delle nostre popolazioni ed era quindi facile che si convertisse in moderatismo, inteso come inclinazione a conservare l’esistente. Piccoli godeva della stima della maggioranza dei trentini ed egli ne era il fedele interprete. In questa sua coerente identificazione con il popolo trentino ed anche con le gerarchie ecclesiastiche risiedeva la sua fondamentale onestà politica. Ed anche la sua autorevolezza. Piccoli era certamente un politico molto autorevole. Non autoritario, ma fortemente autorevole sì. All’interno del suo partito e, al di là di esso, del suo mondo non aveva avversari di un qualche rilievo. Prima attraverso il giornale, poi nell’impegno politico fino ai più alti livelli, la sua parola era molto importante, spesso decisiva. Era un pragmatico. Non ricordo di lui idee, progetti, o proposte dotate di un carattere innovativo. Elaborava con grande sapienza l’esistente. Per cogliere questo suo essenziale aspetto viene spontaneo paragonarlo a Bruno Kessler, che invece fondò il suo carisma nella ricerca ed elaborazione di idee nuove come l’università e la legislazione urbanistica. Piccoli ebbe un ruolo importante negli anni del primo Statuto di autonomia. La personalità dominante fu il presidente della Regione Odorizzi, ma Piccoli ne fu il solido sostegno politico. Costruirono insieme il primo apparato della nostra autoRenato Ballardini ha introdotto la sua testimonianza con una breve scheda autobiografica: «Sono nato nel 1927 a Riva del Garda. Mio padre, Remo, era stato un seguace di Cesare Battisti e con lui, da irredentista, nella prima guerra mondiale si arruolò nell’esercito italiano. Conobbe a Sirmione mia madre e nel 1918 si sposarono e avviarono la gestione di una trattoria a Riva. Quando io stavo per nascere mio padre trascorse un mese nella prigione di Rovereto, colpevole di avere sfamato un «sovversivo». Nonostante questi precedenti familiari fui un disciplinato militante delle organizzazioni giovanili fasciste. Finché non scoppiò la seconda guerra mondiale, quando con altri studenti del Liceo Maffei di Riva cominciammo a nutrire convinzioni critiche verso il regime. Nel 1943 organizzammo clandestinamente la resistenza armata all’occupazione nazista ma l’infiltrazione di una spia portò alla strage del 28 giugno 1944 che stroncò il nostro progetto. Al mio posto fu catturato mio padre che nell’ottobre successivo morì. Io vagabondai fino all’aprile del 1945 sulle nostre montagne. Finita la guerra mi restò la passione per la politica e divenni socialista. Nel 1958 fui eletto deputato alla Camera ove tornai per altre quattro legislature fino al 1979. Fui anche al Parlamento Europeo, in Consiglio Regionale oltre che consigliere comunale a Riva del Garda per trent’anni. Quindi questo mio costante e intenso impegno politico mi fornì più occasioni per conoscere Flaminio Piccoli».

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Parte Seconda / Capitolo secondo

Capitolo secondo

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Le fonti archivistiche

Le fonti archivistiche

L’occuparsi di un personaggio pubblico qual è stato Flaminio Piccoli porta il ricercatore a operare su due piani. La costruzione di una biografia politica richiede la conoscenza, almeno sommaria, delle tappe fondamentali che hanno caratterizzato l’esistenza privata del personaggio di cui ci si occupa: la data di nascita, il contesto familiare, gli studi compiuti, le amicizie, le figure di riferimento, gli spostamenti e i viaggi, le passioni e le credenze, fino ad arrivare alla data di morte. Ogni biografia cerca quindi di ricostruire i momenti di un’esistenza privata, per poi inserirla nel contesto di uno spazio in cui essa si è dipanata e confrontata. Si tratta di un’operazione complessa, potenzialmente infinita, dato che la sintesi sarà tanto più accurata e completa quanto più si studino i contesti e le esistenze con le quali il «nostro» si è confrontato. Il luogo da cui non si può prescindere per lo studio di Flaminio Piccoli è l’Archivio storico dell’Istituto Luigi Sturzo, che ha sede in Roma: l’archivio ospita il fondo archivistico di Flaminio Piccoli, ormai completamente ordinato in circa 460 buste, e copre gli anni che vanno dal 1960 fino al 2000. È un fondo da cui non si può prescindere ma che non può certo essere esaustivo, come indicano i suoi stessi limiti cronologici: il fondo archivistico ripercorre le tappe del «Piccoli romano» e le varie serie in cui è suddiviso corrispondono ai diversi incarichi e ruoli rivestiti da Piccoli nel corso della sua carriera politica. Basterà questo primo approccio al fondo archivistico di Flaminio Piccoli per capire che studiare la figura del politico trentino obbliga a entrare nella storia della Democrazia cristiana nazionale: e, in una sorta di inevitabile effetto domino, lo studio del partito porta giocoforza a misurarsi con le vicende della cosiddetta Prima repubblica, dato che di essa e per tutta la sua durata il partito dello scudo crociato ne è stato il perno. Il sottoscritto ha compiuto un discreto spoglio delle carte contenute nel 111


Parte Seconda / Capitolo secondo

fondo archivistico di Flaminio Piccoli: uno spoglio parziale, fermatosi all’anno 1982, data in cui Piccoli conclude la sua seconda esperienza alla segreteria nazionale del partito. Un’operazione di tal fatta, anche se parziale, anche se superficiale, permette di compiere un «viaggio», di costruire una «storia» non solo di Piccoli ma, in qualche modo, delle vicende che hanno caratterizzato la Prima repubblica. Ricordo di essermi confrontato su questo tema con Giampaolo Andreatta, uomo della DC trentina, un esponente della corrente dei «giovani» negli anni cinquanta, che ben ha conosciuto Flaminio Piccoli. Arrivammo alla conclusione che studiare il fondo archivistico di Piccoli comportava sì un viaggio nella storia della DC e quindi della Repubblica, ma che non bisognava dimenticare, e quindi evidenziare, l’angolo di osservazione in cui ci si poneva: ovvero la storia che si leggeva e si raccontava veniva traguardata attraverso la lente d’ingrandimento di Piccoli, ovvero attraverso le sue carte e i suoi riferimenti; e quindi era quella Storia? Convenimmo nel dire che era la Storia detta da uno che l’ha fatta, percepita al modo di come l’ha fatta: era quindi la «sua» storia, la storia di Piccoli, una storia nelle storie, un tassello per definire quella che può essere la verità storica. L’archivio storico dell’Istituto Luigi Sturzo ospita naturalmente tantissimi altri fondi: in quello della DC (Congressi nazionali) è possibile rintracciare la trascrizione del discorso che Piccoli tenne nel congresso nazionale di Firenze del 1959, intervento vulcanico con duro attacco all’ex segretario Fanfani: questo intervento segna, in qualche modo, l’ingresso del leader trentino nell’agone dei grandi giochi della politica nazionale. Nella serie «Segreteria politica e uffici centrali» si può invece rinvenire la documentazione prodotta da Piccoli durante le sue due segreterie nazionali e quindi i contatti con altri leader di partito e con svariati personaggi di rilievo della vita nazionale. All’Istituto Sturzo si trova l’archivio del Gruppo Parlamentare DC alla Camera dei deputati: qui sono contenuti i verbali delle sedute del direttivo e di varie riunioni: Piccoli è stato capogruppo dei deputati DC per ben 6 anni (19721978), in momenti caldissimi sia per il partito che per lo Stato. Numerosissimi sono i fondi personali degli uomini politici democristiani: vi è quello monumentale di Giulio Andreotti (3.500 buste), personaggio ancora in vita e di lunghissima esperienza ministeriale: personaggio più che discusso e indiscusso protagonista di tanti passaggi della storia repubblicana. Vale anche qui lo stesso discorso fatto per il fondo archivistico di Piccoli: le carte sono le «sue» e saranno anche il frutto di un’ attenta selezione, essendo Andreotti ancora in vita. Il valore di quelle carte è quindi «relativo» (ma lo stesso si può dire per ogni tipo di documento prodotto) ma innegabile e certo non trascurabile: i riferimenti a Piccoli non saranno pochi. 112


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