IL MIRACOLO ECONOMICO NELLE GIUDICARIE Dipartimento di scienze umane e sociali
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COSTRUIRE STORIA QUADERNI
Istituto di istruzione ÂŤLorenzo GuettiÂť Tione di Trento
Il miracolo economico nelle Giudicarie una ricerca condotta su fonti primarie del territorio
Provincia autonoma di Trento
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Premessa «Lo spettacolo della ricerca, con i suoi successi e le sue traversie, raramente stanca. Il bell’e fatto, invece, provoca gelo e noia». Marc Bloch
I «Quaderni di costruire storia» costituiscono uno dei principali risultati del progetto «Costruire storia: ricerca sui curricoli del ciclo secondario». Il progetto è stato realizzato nel triennio 2003-2006 e ha coinvolto l’IPRASE, il Museo storico in Trento, il Dipartimento di scienze umane e sociali dell’Università di Trento, tre istituti scolastici della Provincia1 e molti docenti di svariati indirizzi scolastici di scuole superiori. La ricerca è stata condotta con metodi empirici e si è basata sull’analisi dei documenti elaborati dai consigli di classe e dagli insegnanti di storia per l’esame di stato del 2003 e su focus group realizzati con docenti di storia delle scuole superiori. Essa ha rilevato che nella programmazione curricolare prevale l’ottica lineare per obiettivi, centrata sull’insegnamento e sulla materia scolastica piuttosto che sui processi di apprendimento e che i docenti 1 2
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cercano di perseguire nei propri studenti abilità cognitive generali e linguistiche piuttosto che abilità operative e più squisitamente storiche. Per quanto riguarda le conoscenze, la didattica della storia è spesso strettamente connessa ai capitoli del libro di testo e, nell’insegnamento della storia contemporanea, si fa per lo più riferimento ai principali avvenimenti e snodi della storia politica nazionale ed europea mentre l’attenzione alla storia extraeuropea è scarsa e la trattazione della storia in dimensione locale è quasi del tutto assente. La lettura di libri storici non manualistici, la critica delle fonti, l’analisi dei documenti e l’attività laboratoriale, sono metodi ancora poco praticati. Si è visto, in definitiva, che la storia come «materia» scolastica stenta a staccarsi da una prassi consolidata di insegnamento per sperimentare tecniche di apprendimento più attive, che stimolino nei giovani l’emozione del conoscere e l’assimilazione di una metodologia operativa e critica. Gli esiti della ricerca qui sommariamente illustrati sono stati presentati in un seminario2: in esso è stata posta la questione della possibilità di realizzare un modello alternativo di didattica della storia cha sappia inte-
Si tratta dell’Istituto di istruzione di Tione, dell’Istituto tecnico e professionale di San Michele all’Adige, dell’Istituto tecnico industriale «Guglielmo Marconi» di Rovereto. Il seminario si è tenuto il 15 gennaio 2004 presso l’IPRASE in occasione della presentazione del rapporto di ricerca del progetto (Chiara Tamanini, «Costruire storia: ricerca sui curricoli del ciclo secondario», PAT-IPRASE, Trento 2003). Per ulteriori approfondimenti si veda nel sito <www.iprase.tn.it> la pagina dedicata a «Costruire storia».
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grare il racconto del passato con la problematizzazione del modo in cui esso è costruito. Tale questione ha colto nodi problematici e bisogni di innovazione didattica condivisi da molti docenti, tanto è vero che da essa ha preso il via un percorso di ricerca-azione che ha coinvolto un gran numero di Scuole secondarie superiori nel tentativo di realizzare una riflessione critica su alcuni aspetti centrali dell’insegnamento della storia e di realizzare pratiche didattiche innovative. La riflessione critica ha portato alla stesura condivisa di criteri di costruzione del curricolo di storia3, mentre l’innovazione didattica ha condotto alla realizzazione di percorsi didattici incentrati su un metodo di lavoro laboratoriale in grado di garantire risultati più efficaci nell’apprendimento della storia. Tale metodo mette in primo piano, infatti, la centralità degli studenti e, in particolare, la loro motivazione ad imparare tramite la costruzione di percorsi in cui siano posti nelle condizioni di riconoscere, affrontare e risolvere problemi. Gli alunni e le alunne lavorano sulle fonti e ciò permette loro di dare concretezza ai fatti storici e alle operazioni storiografiche. Poiché la documentazione più vicina e ricca è molto spesso quella territoriale, le espe-
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rienze didattiche presentate nei «Quaderni di costruire storia» mostrano che è proprio attraverso l’utilizzo di fonti locali di diverso tipo (archivistico-documentarie, iconografiche, audiovisive, paesaggistiche) che gli studenti esercitano pratiche di laboratorio in cui si costruisce in modo dinamico la conoscenza storica. Attraverso la dimensione locale della storia gli studenti riescono inoltre a cogliere in modo concreto i fili che legano vicende nazionali e internazionali e sviluppi locali. I «Quaderni di costruire storia» documentano solo alcuni dei percorsi realizzati dagli insegnanti con i propri studenti. Questi mostrano come, pur all’interno di contesti istituzionali e organizzativi talvolta complessi e vincolanti, sia possibile, attraverso un’ottica progettuale e dinamiche collaborative, lasciare spazio ad uno spirito di ricerca e innovazione. Tale spirito infatti favorisce lo sviluppo professionale dei docenti e promuove nei giovani la consapevolezza che solo la conoscenza del passato ci permette di affrontare responsabilmente le grandi sfide del presente e del futuro. Luigi Blanco Giuseppe Ferrandi Chiara Tamanini Dipartimento Scienze umane e sociali
Museo storico in Trento
IPRASE del Trentino
Il fascicolo «Criteri di costruzione del curricolo di storia» si può richiedere all’IPRASE e al Museo storico in Trento ed è scaricabile dai siti <www.iprase.tn.it> e <www.vivoscuola.it>.
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PARTE PRIMA
Materiali di introduzione al contesto Premessa Le classi coinvolte nell’attività di ricerca sono state introdotte al tema attraverso una ricostruzione del quadro generale relativo ai processi storici che si apprestavano a indagare. Oltre alle relazioni introduttive dei docenti e degli esperti, svolte nella forma della lezione frontale e finalizzate a far riflettere gli studenti sia sui contenuti sia sui metodi, sono stati utilizzati una serie di strumenti attraverso i quali è stato possibile tematizzare alcuni nodi problematici del «miracolo italiano» e ricostruire gli elementi di fondo del panorama sociale ed economico dell’epoca. In particolare tutti gli studenti hanno analizzato alcuni documenti filmati significativi; un gruppo si è invece dedicato allo studio di alcune pubblicazioni quali La Domenica del Corriere, Epoca, L’Espresso ecc.; un gruppo, infine, ha elaborato, con l’aiuto dei docenti, un questionario-intervista finalizzato alla raccolta di alcuni dati significativi relativi al contesto locale. In questa parte riportiamo: 1) le schede di analisi dei documenti filmati; 2) il lavoro di analisi effettuato su alcuni settimanali; 3) l’esito della ricerca sul territorio svolta attraverso il questionario-intervista.
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CAPITOLO PRIMO
Schede di analisi dei documenti filmati 1. «Volare» di Guido Chiesa* II documentario di Guido Chiesa e Giovanni De Luna è stato realizzato nel 1998 per la rete televisiva franco-tedesca Artè. Racconta gli anni del boom economico italiano attingendo a uno straordinario patrimonio archivistico costituito dai documentari della «Documento film», girati tra gli anni cinquanta e settanta da registi famosi (ma anche da autori poco conosciuti), e destinati alle sale cinematografiche.
1.1. ll tema storico Per «miracolo economico» si intende l’improvviso e tumultuoso sviluppo fatto registrare dall’economia italiana tra il 1954 e il 1956 e destinato a toccare il suo culmine nel successivo quadriennio 1958-1962. II capitalismo italiano ne uscì trasformato. All’inizio del decennio cinquanta-sessanta
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aveva ancora caratteristiche paleolitiche, alla soglia degli anni sessanta era praticamente in linea, almeno nelle sue più mature espressioni, col capitalismo francese, inglese, tedesco. Il mutamento non interessò soltanto la struttura economica del Paese: per una serie di interdipendenze strettissime rimbalzò sulle strutture sociali e demografiche, sull’assetto territoriale, sulle caratteristiche professionali della forza-lavoro sul funzionamento dei servizi pubblici, sull’organizzazione scolastica e su quella assistenziale. Il 30% degli italiani cambia allora la propria residenza anagrafica. Non fu un semplice travaso di energie lavorative dall’agricoltura all’industria; fu un vero e proprio esodo. A Torino, a Milano, in tutto il Nord industrializzato arrivarono gli emigranti: «il popolo contadino, il popolo di Dio, perché per secoli soltanto a Dio era rimasto affidato nella sua immensa solitudine e nella sua terribile miseria, era
* La presente scheda è stata tratta dal volume La scena del tempo di Giovanni De Luna, Marco Meriggi e Antonella Tarpino, Milano, Paravia, 1998, cui è allegato il documentario in VHS.
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uscito tumultuosamente dal suo ghetto ed era dilagato per il resto del Paese». Cambiarono antiche abitudini, tradizioni culturali, modi di vivere.
1.2. I «nodi» storiografici Come e stato possibile leggere attraverso i documentari il tumulto di quegli anni? Quali sono i tratti qualitativi restituitici da quella ridda di cifre e di dati statistici? Un efficace percorso interpretativo può svilupparsi lungo due direzioni, la prima rivolta al passato, la seconda al futuro. Da un lato si tratta di sottolineare le tenaci persistenze di un «lungo periodo» contadino e rurale ancora fortemente radicato nel cuore di un presente industrializzato e urbano; dall’altro i processi di formazione degli italiani del futuro, «i figli di un benessere minore» che avrebbero affollato l’universo sociale della Seconda repubblica. Lungo il primo versante, ad essere messo in primo piano è stato così l’intreccio tra modernità e arcaismo che attraversava l’intero decennio 19511961; l’Italia che scompariva nelle statistiche e negli indici della produzione sopravviveva in zone estese della mentalità e dei comportamenti collettivi, quasi che gli italiani fossero coinvolti nella «grande trasformazione» in una dimensione di
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totale inconsapevolezza. Di qui la loro attenzione più verso il passato che verso il futuro. Lungo il secondo, invece, è stato necessario registrare un incontro con la modernità caratterizzato da nuovi modelli antropologici, da mutamenti che investivano l’identità profonda degli italiani. Fu proprio allora che «sparirono le lucciole». Fu Pasolini ad accorgersene per primo, a gridare il suo rimpianto denunciando la voracità e l’ingordigia degli italiani usciti dalla «grande trasformazione», alla ricerca di una omologazione volta al raggiungimento del successo e della ricchezza personale.
1.3. Un modello narrativo I documentari sono stati quindi organizzati in due grandi contenitori. Nel primo, Un passato che non passa, sono confluiti quelli che ci restituivano mestieri scomparsi, un lavoro fondato solo sulla forza fisica degli operai, in una fatica abbrutente e disumana, una cultura popolare ancora intrisa di credenze e superstizioni, paesaggi segnati dal tempo quasi immobile del mondo contadino, gli aspetti più decisamente folkloristici di quello stesso mondo. Nel secondo, L’incontro con la modernità, si sono raccolti quelli che documentavano i settori
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CAPITOLO SECONDO
Analisi dei settimanali dell’epoca In questo capitolo analizziamo il ruolo del giornale negli anni dal 1956 al 1964. Ci siamo concentrati su due giornali di diverso impianto culturale: La Domenica del Corriere, di cui abbiamo reperito le edizioni del 1962 e L’Espresso, settimanale fondato nel 1955. Gli argomenti affrontati da La Domenica del Corriere sono in gran parte frivoli: spaziano dalla pubblicità dei nuovi modelli moda-mare e per la stagione autunnale, alle nuove invenzioni di piccoli elettrodomestici atti a facilitare e abbellire la vita di tutti i giorni (i primi comfort). Vengono pubblicizzati anche vari concorsi di bellezza per la donna-tipo nell’ambiente casalingo italiano: vengono così contrapposte la figura della perfetta e virtuosa casalinga, che tutti gli uomini italiani sognano, alla figura della donna in carriera, coinvolta nella politica, istruita e che si pone così in concorrenza con l’uomo; una donna che, sfidando la tradizione e i pregiudizi sociali, si propone alle elezioni politiche del 1963. In questi articoli vengono messi in luce dei nuovi aspetti della condizione della donna in questo periodo storico: con l’avvento dell’età del progresso
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e il nuovo mito dell’industrializzazione, anche la donna trova dei nuovi spazi e dei riconoscimenti a livello sociale cominciando ad assumere un’importanza anche al di fuori dell’ambiente casalingo. Non si riesce però a capire esplicitamente se questo progresso riguardante la situazione femminile sia fittizio o reale, se effettivamente le donne vengono maggiormente riconosciute a livello sociale o se questo scrivere di loro viene proposto come un riconoscimento solo di facciata. Effettivamente, approfondendo l’aspetto politico dal punto di vista storico, risulta che lo spazio per la donna in carriera era comunque limitato. Largo spazio ne La Domenica del Corriere viene dato agli oroscopi. Il programma televisivo rientra ormai come pagina fissa all’interno dei quotidiani e si presenta così come manifestazione diretta della presenza generalizzata della televisione all’interno delle abitazioni private. Rimini comincia già nel 1962 ad essere una gettonata meta turistica, dove vengono proposte e pubblicizzate animazioni e manifestazioni ricreative (sfilate, concorsi di bellezza). All’interno delle edizioni del 1962 vengono affron-
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tate però anche tematiche meno frivole di attualità: viene presentata, in un lungo articolo, l’impresa del traforo del Monte Bianco (tenendo informato passo per passo il lettore del progressivo avanzamento dei lavori al traforo). Troviamo anche accenni riguardo alla preoccupante situazione del Vayont. Queste due «opere» sono manifestazione del progresso industriale e di infrastrutture in atto in questi anni, chiari esempi del boom economico, della modernizzazione del paese e delle sue contraddizioni. Tutte queste tematiche politiche e sociali vengono però affrontate con atteggiamento positivo, superficiale, poco critico, atto a presentare gli eventi focalizzandosi sugli aspetti prettamente progressisti e meritevoli. Un altro tipo di approccio viene attuato dal settimanale L’Espresso. L’Espresso viene fondato nel 1955, presentandosi da subito come una novità: si propone un nuovo linguaggio e svolge un ruolo chiave nella denuncia delle nuove dinamiche sociali. L’Espresso si occupa di appoggiare varie campagne, quali l’aborto e il problema della prostituzione. Viene approfondita la situazione disastrosa del Vayont (1963): il giornalista Sandro Viola si reca infatti sul posto qualche giorno dopo il disastro e documenta il ri-
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trovamento dei corpi delle vittime, la carenza dei soccorsi e, cosa nuova, pone molte domande sulla causa di tutto. Si viene a sapere così che la diga rappresentava, secondo testimonianze raccolte in loco, già all’inizio della sua costruzione un grande pericolo. Viola raccoglie testimonianze dei sopravvissuti, venendo a scoprire che già all’inizio il costone di roccia dava segni di instabilità; la frana era prevedibile e i costruttori della diga avevano trascurato le piccole frane e le scosse sismiche, che ogni giorno si ripetevano. Il giornalista sottolinea una realtà ben diversa da quella presentata subito prima del disastro, quando la diga veniva osannata come mezzo economico e come trionfo della tecnica edilizia. Il settimanale non si occupava solo di cronaca, ma anche della società e dei suoi costumi: per esempio in un articolo il giornalista sottolinea il veloce cambiamento della moda femminile. La moda tipica dei primi anni del Novecento, costituita da abiti lunghi e pesanti, viene sostituita da abiti più leggeri e più trasparenti. Di sicuro la nuova moda in voga negli anni cinquanta-sessanta ha lasciato molta perplessità, provocando anche aspre polemiche sul pudore. Inoltre si sottolinea l’aumento esponenziale delle vendite di nuovi cosmetici come il rossetto; entra nella moda il reggiseno.
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Analisi dei settimanali dell’epoca In questo capitolo analizziamo il ruolo del giornale negli anni dal 1956 al 1964. Ci siamo concentrati su due giornali di diverso impianto culturale: La Domenica del Corriere, di cui abbiamo reperito le edizioni del 1962 e L’Espresso, settimanale fondato nel 1955. Gli argomenti affrontati da La Domenica del Corriere sono in gran parte frivoli: spaziano dalla pubblicità dei nuovi modelli moda-mare e per la stagione autunnale, alle nuove invenzioni di piccoli elettrodomestici atti a facilitare e abbellire la vita di tutti i giorni (i primi comfort). Vengono pubblicizzati anche vari concorsi di bellezza per la donna-tipo nell’ambiente casalingo italiano: vengono così contrapposte la figura della perfetta e virtuosa casalinga, che tutti gli uomini italiani sognano, alla figura della donna in carriera, coinvolta nella politica, istruita e che si pone così in concorrenza con l’uomo; una donna che, sfidando la tradizione e i pregiudizi sociali, si propone alle elezioni politiche del 1963. In questi articoli vengono messi in luce dei nuovi aspetti della condizione della donna in questo periodo storico: con l’avvento dell’età del progresso
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e il nuovo mito dell’industrializzazione, anche la donna trova dei nuovi spazi e dei riconoscimenti a livello sociale cominciando ad assumere un’importanza anche al di fuori dell’ambiente casalingo. Non si riesce però a capire esplicitamente se questo progresso riguardante la situazione femminile sia fittizio o reale, se effettivamente le donne vengono maggiormente riconosciute a livello sociale o se questo scrivere di loro viene proposto come un riconoscimento solo di facciata. Effettivamente, approfondendo l’aspetto politico dal punto di vista storico, risulta che lo spazio per la donna in carriera era comunque limitato. Largo spazio ne La Domenica del Corriere viene dato agli oroscopi. Il programma televisivo rientra ormai come pagina fissa all’interno dei quotidiani e si presenta così come manifestazione diretta della presenza generalizzata della televisione all’interno delle abitazioni private. Rimini comincia già nel 1962 ad essere una gettonata meta turistica, dove vengono proposte e pubblicizzate animazioni e manifestazioni ricreative (sfilate, concorsi di bellezza). All’interno delle edizioni del 1962 vengono affron-
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tate però anche tematiche meno frivole di attualità: viene presentata, in un lungo articolo, l’impresa del traforo del Monte Bianco (tenendo informato passo per passo il lettore del progressivo avanzamento dei lavori al traforo). Troviamo anche accenni riguardo alla preoccupante situazione del Vayont. Queste due «opere» sono manifestazione del progresso industriale e di infrastrutture in atto in questi anni, chiari esempi del boom economico, della modernizzazione del paese e delle sue contraddizioni. Tutte queste tematiche politiche e sociali vengono però affrontate con atteggiamento positivo, superficiale, poco critico, atto a presentare gli eventi focalizzandosi sugli aspetti prettamente progressisti e meritevoli. Un altro tipo di approccio viene attuato dal settimanale L’Espresso. L’Espresso viene fondato nel 1955, presentandosi da subito come una novità: si propone un nuovo linguaggio e svolge un ruolo chiave nella denuncia delle nuove dinamiche sociali. L’Espresso si occupa di appoggiare varie campagne, quali l’aborto e il problema della prostituzione. Viene approfondita la situazione disastrosa del Vayont (1963): il giornalista Sandro Viola si reca infatti sul posto qualche giorno dopo il disastro e documenta il ri-
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trovamento dei corpi delle vittime, la carenza dei soccorsi e, cosa nuova, pone molte domande sulla causa di tutto. Si viene a sapere così che la diga rappresentava, secondo testimonianze raccolte in loco, già all’inizio della sua costruzione un grande pericolo. Viola raccoglie testimonianze dei sopravvissuti, venendo a scoprire che già all’inizio il costone di roccia dava segni di instabilità; la frana era prevedibile e i costruttori della diga avevano trascurato le piccole frane e le scosse sismiche, che ogni giorno si ripetevano. Il giornalista sottolinea una realtà ben diversa da quella presentata subito prima del disastro, quando la diga veniva osannata come mezzo economico e come trionfo della tecnica edilizia. Il settimanale non si occupava solo di cronaca, ma anche della società e dei suoi costumi: per esempio in un articolo il giornalista sottolinea il veloce cambiamento della moda femminile. La moda tipica dei primi anni del Novecento, costituita da abiti lunghi e pesanti, viene sostituita da abiti più leggeri e più trasparenti. Di sicuro la nuova moda in voga negli anni cinquanta-sessanta ha lasciato molta perplessità, provocando anche aspre polemiche sul pudore. Inoltre si sottolinea l’aumento esponenziale delle vendite di nuovi cosmetici come il rossetto; entra nella moda il reggiseno.
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CAPITOLO TERZO
Il questionario-intervista Il questionario qui di seguito riprodotto, relativo al periodo degli anni 1958-1964, è stato distribuito a un campione di ottanta persone di diversa fascia sociale ed età e residente nel comprensorio delle Giudicarie, esteso da Madonna di Campiglio a Storo, da San Lorenzo in Banale a Fiav. Il questionario si è rivelato uno strumento di lavoro importante che ha permesso l’acquisizione di una serie significativa di informazioni sulle modalità di espressione del «miracolo economico italiano» nel nostro territorio. Esso è composto da domande riguardanti diversi ambiti: abitudini alimentari, composizione della famiglia, attività ricreative, lavoro, istruzione. Per gli intervistati non è sempre stato semplice rispondere in maniera precisa a tali domande, essendo esse riferite ad un periodo della loro vita molto circoscritto e ormai lontano nel tempo. Si è vista in ogni caso una partecipe collaborazione da parte di tutti gli intervistati, che in alcuni casi hanno dato un apporto significativo
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anche al recupero di materiali e documenti utilizzati poi nel lavoro di elaborazione e analisi dei dati. Ciò ci ha aiutato ad avere una completa visione della situazione degli anni di nostro interesse, contribuendo a darne un’interpretazione maggiormente fondata. Una volta raccolti, i dati sono stati raggruppati in un’unica tabella e suddivisi in sezioni per argomento. Le sezioni, che qui di seguito vengono riportate, sono: 1. dati anagrafici; 2. struttura familiare; 3. istruzione e cultura; 4. attività politica; 5. mobilità; 6. informazione; 7. tempo libero. Ciascun ambito è stato analizzato da un singolo studente che si è preoccupato di effettuare la traduzione di tutti i dati in rapporti percentuali. Grazie a ciò è stato possibile creare una serie di grafici con relative tabelle che permettono una lettura più immediata dei risultati ottenuti. I grafici più significativi sono stati poi confrontati e interpretati; sono corredati da un’analisi introduttiva che guida alla lettura dei dati.
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1. Dati anagrafici degli intervistati Gli intervistati sono stati 76, la maggioranza dei quali di sesso femminile (60%); in minoranza invece sono i maschi con il 40%. Un altro dato da considerare con attenzione è l’età degli intervistati: la maggioranza aveva un’età compresa tra i 25 ed i 50 anni (75%). Il 22% aveva un’età superiore ai 50 anni. Il 75% degli intervistati possedeva il diploma di licenza elementare. Solamente il 4% aveva ottenuto una laurea. Gli intervistati erano residenti principalmente in Valle del Chiese (38%); «fuori comprensorio» risiedeva il 18%. Solamente il 12% del campione era residente in Valle Rendena.
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Diploma di scuola media
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Diploma di maturità
Laurea
Diplomi Professionali
Residenza
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Valle del Chiese Valle Rendena Busa di Tione Giudicarie esteriori Fuori Comprensorio
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Valle del Chiese
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Valle Rendena
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Busa di Tione
Giudicarie esteriori
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Fuori Comprensorio
PARTE SECONDA
Approfondimenti tematici
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CAPITOLO PRIMO
Economia e lavoro 1. La situazione economica e sociale in Nel 1946-1947, mentre l’inflazione continua la sua corsa, viene adottata una politica economica Italia
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1.1 1941-1950 Nei primi due anni di guerra la produzione industriale cresce. Per finanziarla, il governo ricorre all’aumento delle imposte. A partire dal 1942 la produzione industriale comincia a diminuire a causa delle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e del dissesto delle reti di trasporto, provocato dai bombardamenti alleati. Nel 1945 la produzione industriale risulta caduta al 29%, rispetto al 100 del 1938. Contemporaneamente si manifestano drammatiche tendenze inflazionistiche. Al termine del conflitto, la disoccupazione e l’inflazione si presentano come i principali problemi economici, insieme con le devastazioni subite da strutture produttive, abitazioni, vie e reti di comunicazione. I settori industriali più danneggiati sono il meccanico e il siderurgico.
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di ispirazione liberistica. Vengono progressivamente meno i controlli sul corso dei cambi, sulle importazioni e sul mercato dei beni di prima necessità. Ci si sforza di frenare la spesa pubblica mentre viene favorito il credito alle imprese. In vista dell’obiettivo prioritario del contenimento dell’inflazione, il movimento operaio e sindacale accetta lo sbocco dei licenziamenti. L’inflazione però non si arresta. Nell’agosto 1947 il governatore della Banca d’Italia Luigi Einaudi attua una restrizione del credito e una svalutazione della moneta. Conta così di ottenere il rientro dei capitali dall’estero, la riduzione delle importazioni, l’aumento delle esportazioni, il calo dei prezzi. La forte stretta creditizia determina però un brusco aumento della disoccupazione, che nel 1948 giunge a toccare quasi il 20% della forza lavoro. L’economia entra in una fase di depressione che dura fino al 1950.
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1.2. 1950-1960 Negli anni cinquanta l’Italia cambia volto e si trasforma da Paese prevalentemente agricolo in Paese industriale. Il prodotto interno lordo cresce a un tasso medio annuo, in termini reali, del 5,3%. Cambiano gli equilibri fra i tre grandi settori economici. All’inizio del decennio l’agricoltura era ancora il settore con il numero maggiore di addetti con una percentuale del 23,5% nel 1951, nel 1963 scende al 15,7%, mentre l’industria nel 1963 sale dal 33,7% al 43,8%: alla fine del decennio l’industria è in testa, seguita dal settore terziario. Anche il livello di disoccupazione diminuisce: dal 10,3% del 1950 al 3% del 1962, un livello che può essere considerato di piena occupazione. 1.3. L’emigrazione di massa La crescita è ancora una volta concentrata nel «triangolo industriale», e perciò l’afflusso verso le grandi città del Nord-ovest assume ritmi rapidissimi. Tra il 1951 e il 1961 la popolazione di Milano aumenta del 24,1%, quella di Torino addirittura del 42,6%. Nello stesso periodo, le regioni del Meridione
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perdono ben 1.772.396 di abitanti, in buona parte forza lavoro nelle età più produttive, che si indirizzano per circa la metà verso il nord Italia, e per un’ altra metà verso i paesi più industrializzati dell’Europa nord-occidentale: dapprima Francia, poi Belgio, Germania e Svizzera. In conseguenza di questo imponente flusso migratorio si determinano un considerevole afflusso di denaro sotto forma di rimesse dall’estero e dal Nord, un’elevata offerta di manodopera e la riduzione del potere contrattuale dei lavoratori occupati, che mantiene tendenzialmente bassi i salari . I movimenti migratori mutano gli equilibri demografici anche all’interno di molte regioni: allo spostamento delle zone montane, alpine come appenniniche, corrisponde un aumento della popolazione nelle aree urbane, che si rivelano in larga parte incapaci di approntare servizi adeguati alle nuove necessità Le città maggiori inoltre conoscono una crescita edilizia disordinata e in gran parte incontrollata.
1.4. L’andamento industriale Dopo la prima guerra mondiale i mercati italiani si erano trovati in difficoltà a penetrare nei mercati come l’America Latina e i Paesi Arabi,
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CAPITOLO SECONDO
Flussi migratori dalle valli Giudicarie 1. Introduzione La distribuzione sul suolo nazionale della popolazione subì uno sconvolgimento notevole nel ventennio che va dal 1951 al 1971. Il fenomeno di emigrazione più massiccia si ebbe tra il 1955 e il 1963, con un breve blocco avvenuto intorno alla metà degli anni sessanta, con una ripresa molto forte negli anni che vanno dal 1967 al 1971. Durante tutto questo arco di tempo, circa 9.140.000 italiani furono interessati dal fenomeno della migrazione interregionale. L’emigrazione vide per lo più interessata tutta quella massa di gente che si trasferiva dalle campagne nelle città; questo passaggio migratorio provocò un crollo della percentuale degli occupati nel settore agricolo soprattutto nel nord del Paese, percentuale che crollò dal 25% del 1951 al 13% del 1964. Le mete preferite della migrazione interna furono quelle aree definite come «il triangolo industriale», ma non solo queste; vi fu infatti un
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massiccio afflusso in alcune città del nord come Mestre, Padova, Verona, Bergamo, Brescia, Varese e Ivrea, che conobbero in quegli anni un rapido ed intenso sviluppo. Al centro l’emigrazione dalle campagne fu quasi pari a quella che si verificò nel nord (la percentuale di occupati scese dal 44,3% al 23,3%) e si diresse per lo più verso le città più grosse di quelle stesse regioni. Al sud la situazione era diversa; il deflusso migratorio fu più lento di quello avvenuto al nord e al centro (56,7% di occupati nel 1951, 37,1% nel 1964), ma ebbe dei risvolti più drammatici; gli emigranti provenivano prevalentemente dalle zone rurali più povere e il numero di piccoli proprietari che lasciò quelle terre fu maggiore di quello dei braccianti. Le speranze di una vita migliore da parte degli emigranti meridionali si dirigevano anche verso due principali direzioni: il cuore dell’industria dell’Europa del nord e in particolare la Germania
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occidentale e le grandi città del nord Italia. La Germania sostituì la Svizzera come meta preferita per l’emigrazione e nel 1963 questi paesi raccoglievano l’86% degli emigranti italiani in nord Europa. Per quanto riguarda le città del nord Italia, quella che assorbì il maggior flusso migratorio fu Torino, che divenne la terza città più meridionale dopo Napoli e Palermo. Per quanto riguarda invece i paesi stranieri, è impossibile non citare gli emigranti che si erano diretti nella Germania occidentale; infatti nel 1963, gli operai italiani che vivevano in Germania erano 297.000 con una presenza del 37% nel settore dell’edilizia, ma, a differenza degli emigranti nel nord Italia, gli italiani in Germania e Svizzera consideravano la loro presenza temporanea pensando di non rimanervi più di un anno. Questi italiani erano costretti a sopportare le più grandi sofferenze, lavoravano per dieci mesi all’anno per ore e ore e con una componente di discriminazione molto forte; emblematica è la scritta che si leggeva all’entrata di un parco in Svizzera: «Vietato l’ingresso ai cani e agli italiani». Dunque il fenomeno migratorio degli anni cinquanta-sessanta era espressione di un miglioramento delle condizioni di vita e delle ambizioni degli italiani, che tuttavia non mancò di avere al suo interno
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dei risvolti drammatici. L’emigrazione italiana negli Stati Uniti assumeva caratteristiche distinte rispetto a quella che era diretta verso altre destinazioni. Tale situazione era dovuta alla Mc Carran-Walter Law entrata in vigore nel 1952. Questa legge si basava su un sistema a quote come quello delle leggi emanate nel 1920 e fissava una quota d’immigrazione annuale. Il 50% di tale quota era riservata a quegli emigrati che trovavano la motivazione del loro emigrare nel bisogno di lavoro. Era data preferenza ai lavoratori stranieri altamente qualificati (I preferenza); gli altri posti erano suddivisi tra i genitori di cittadini americani richiamati da questi ultimi (II preferenza). Veniva però ammesso anche un certo numero di immigrati «fuori quota», che dovevano essere «garantiti» da uno o più cittadini americani per ottenere l’alloggio e il lavoro. La concessione del visto era strettamente legata alle ideologie politiche di ciascun individuo; l’immigrato era comunque soggetto ad un severo regime di controlli polizieschi. Dal 1950 gli Stati Uniti diminuirono maggiormente l’ingresso agli individui pericolosi per l’ordine pubblico. Gli ultimi posti disponibili per entrare in territorio americano erano occupati per lo più da con-
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CAPITOLO TERZO
La politica in alcuni Comuni giudicariesi negli anni del miracolo economico 1. Introduzione In questa sezione si indaga sulle tendenze politiche degli abitanti delle Giudicarie durante gli anni del «miracolo economico». Sono stati presi in considerazione, perciò, i risultati (raccolti negli archivi dei comuni di Vigo Rendena, Bondo, Roncone e Castel Condino) delle elezioni regionali del 1956, 1960, 1964 e di quelle politiche del 1958 e del 1963. Nell’analisi dei dati delle elezioni politiche si tenga presente che, per facilitarne la lettura, si è proceduto a fare una media fra le percentuali di Camera e Senato per quanto riguarda i dati nazionali, mentre per quelli dei singoli paesi si è presa in considerazione solo la Camera, visto che al Senato vigeva il sistema uninominale e, quindi, non tutti i partiti presentavano il loro candidato. Un’altra annotazione riguarda la scarsa attendibilità che alcuni dei dati presentati paiono mostrare; infatti le discrepanze registrate nel numero dei votanti nelle varie tornate elettorali sono trop-
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po elevate per essere ricollegate ad un fisiologico calo (o aumento) dell’affluenza alle urne. Un’ultima piccola osservazione riguarda le elezioni regionali. Come tutti sanno, questo tipo di consultazioni sono ormai state sostituite dalle elezioni provinciali, attraverso il risultato delle quali viene poi formato il consiglio regionale. Negli anni cinquanta-sessanta, invece, in base allo Statuto di autonomia, accadeva l’esatto contrario.
1.1. Elezioni regionali In verità, su questi dati non c’è molto da dire, essi parlano da soli: la D.C., probabilmente per la forte influenza che la Chiesa ancora aveva nei piccoli centri, si conferma nelle varie consultazioni il primo partito, mostrando un numero elevato di voti rispetto agli altri partiti. Al secondo posto si può notare con un numero discreto di preferenze il P.S.D.I. seguito, a seconda del paese e dell’anno, dal P.S.I. o dal P.L.I. o dal P.P.T.T. Il consistente flusso di voti da un partito all’altro,
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che si può facilmente notare, può essere dovuto ai vari candidati che nelle diverse tornate scendevano in campo: non bisogna, infatti, dimenticare che, trattandosi di elezioni regionali, era più facile che gli elettori esprimessero la preferenza non tanto al partito al quale, a livello nazionale, si sentivano legati, ma alla persona (poteva esserci, ad esempio, un candidato all’interno del paese che, quindi, indipendentemente dal partito, catalizzava su di sé i voti di tutti i suoi paesani). Interessante da notare lo scarso risultato, ad eccezione del comune di Roncone, ottenuto dal P.C.I., in netta controtendenza rispetto ai dati delle politiche. Ma questo è, come già detto, il probabile frutto della ancora forte influenza della religione che mal si conciliava con gli ideali comunisti.
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1.2. Elezioni nazionali Prima di considerare i risultati dei singoli paesi, è necessario tracciare un quadro generale della situazione nazionale. Come si può facilmente vedere, nelle elezioni del 1958 la D.C., con la percentuale del 42%, si presentava come il primo partito italiano con il 20% di vantaggio rispetto al secondo partito: il P.C.I.
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(22%). Più indietro si trovavano i socialisti del P.S.I. (14%), seguiti dall’M.S.I. (4,40%) e dal P.S.D.I. (4,40%). Tutti gli altri partiti, compresi quelli monarchici, non superavano il 3%, ad eccezione del P.L.I. Nelle elezioni del 1963 si assiste, però, ad una variazione abbastanza sensibile delle percentuali ottenute dai singoli partiti, anche se ciò non va a rivoluzionare l’ordine di importanza di questi ultimi. Ad esempio la D.C. si riconferma sempre il primo partito, ma perde circa il 4-6% delle preferenze, a vantaggio dei comunisti del P.C.I. che salgono al 25%. Stabile invece il P.S.I., mentre in sensibile crescita si presenta il P.L.I. (dal 3,70% fino al 7%), il P.S.D.I. (con un aumento che sfiora il 2%) e l’M.S.I. (+1% circa). I partiti monarchici perdono, invece, molti voti: 1-2%. Chiarita la situazione a livello nazionale, si può passare ai dati dei paesi giudicariesi presi in esame. Partendo da Vigo Rendena salta subito all’occhio, per quanto riguarda le consultazioni del 1958, che, al di là della supremazia della D.C., il P.C.I. e il P.S.I. avevano uno scarso seguito, a vantaggio di partiti che a livello nazionale venivano considerati «minori» come l’M.S.I. e il P.S.D.I. Nel 1963,
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CAPITOLO QUARTO
Aspetti di vita quotidiana giudicariese 1. Svago e tempo libero Il quadro generale tra gli anni cinquanta e sessanta è chiaro: il benessere derivante dal boom economico si diffonde anche nella realtà trentina consentendo di investire denaro non più esclusivamente in esigenze primarie, ma anche in svaghi e beni secondari. Numerose sono le foto che mostrano famiglie in vacanza, non solo in località nazionali, ma persino oltreoceano. Si registra un enorme incremento di auto e moto private affiancato dallo sviluppo di mezzi e servizi pubblici: le scuole acquistano strumenti musicali, addirittura elettrici; le bande si distinguono con divise proprie e l’oratorio dà la possibilità di intrattenersi col cineforum.
L’importanza delle cerimonie viene esaltata con sfarzosi pasti ed ingenti spese. Orologi, TV ed indumenti alla moda conquistano la quotidianità trentina, mentre nella musica italiana forte si fa sentire l’influenza dei ritmi americani. Nel 1958 Modugno trionfa al festival di San Remo con «Nel blu dipinto di blu»; il suo muoversi sul palco riprende il mito di Elvis Presley che esplode quell’anno nel nostro Paese. In questo capitolo presentiamo una serie di documenti che attestano le trasformazioni in atto nella società giudicariese, che la inseriscono nel boom economico italiano nonostante il permanere di tradizioni e costumi legati al passato.
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2. I documenti: momenti di vita famigliare I bambini sono soggetti prediletti delle fotografie. Per i neonati câ&#x20AC;&#x2122;è il passeggino. I piĂš grandi sono ritratti con il loro peluche.
Foto 1. Nel passeggino
Foto 2. Il peluche
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Indice generale Premessa Introduzione metodologico-didattica PARTE PRIMA Materiali di introduzione al contesto CAPITOLO PRIMO – Schede di analisi dei documenti filmati 1. «Volare» di Guido Chiesa 2. «Il sorpasso» di Dino Risi CAPITOLO SECONDO – Analisi dei settimanali dell’epoca La Domenica del Corriere L’Espresso CAPITOLO TERZO – Il questionario-intervista 1. Dati anagrafici degli intervistati 2. Struttura familiare 3. Lavoro 4. Attività politica 5. Mobilità 6. Informazione 7. Tempo libero
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PARTE SECONDA Approfondimenti tematici CAPITOLO PRIMO – Economia e lavoro 1. La situazione economica e sociale in Italia 2. I documenti: lo sfruttamento idroelettrico nella valle del Chiese 3. I documenti: lo sviluppo delle aziende tionesi negli anni sessanta 4. I documenti: edilizia e sviluppo urbanistico nelle Giudicarie esteriori
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CAPITOLO SECONDO – Flussi migratori dalle valli Giudicarie 103 1. Introduzione 103 2. I documenti 106 CAPITOLO TERZO – La politica in alcuni Comuni giudicariesi negli anni del miracolo economico 2. I documenti: dati elettorali nazionali e comunali delle elezioni politiche del 1958 e 1963 3. Simboli dei principali partiti politici degli anni cinquanta e sessanta CAPITOLO QUARTO – Aspetti di vita quotidiana giudicariese 1. Svago e tempo libero 2. I documenti: momenti di vita famigliare 3. I documenti: attività lavorative e vita di paese 4. I documenti: le cerimonie religiose 5. I documenti: musica, libri, televisione 6. I documenti: vacanze e gite «fuori porta» 7. La scuola del boom economico 8. I documenti: la scuola elementare: fotografie 9. Mobilità, trasporti e motorizzazione 10. Documenti: le automobili 11. I documenti: le motociclette 12. I documenti: il trasporto pubblico
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APPENDICE Questionario-intervista
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Scheda di descrizione e analisi dei documenti
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Scheda di riepilogo dei documenti raccolti
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Il progetto di sperimentazione di didattica della storia realizzato negli anni scolastici 2004-2005 e 2005-2006 presso l’Istituto di istruzione «Lorenzo Guetti» di Tione ha avuto come oggetto d’indagine l’arco storico compreso tra gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso. Si tratta di un periodo caratterizzato da importanti trasformazioni economiche, sociali e culturali, per indicare il quale i contemporanei prima e gli storici poi hanno parlato di «miracolo economico». Nella realizzazione del progetto si è tentato di ricostruire alcuni degli aspetti più significativi di questo periodo. La prospettiva assunta è stata quella del laboratorio storico inteso come metodo didattico basato sulla ricerca diretta delle fonti e delle informazioni e sulla loro interpretazione attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla storiografia. In questa ottica si è dato particolare valore alla dimensione locale della storia, intesa esclusivamente come espressione particolare di movimenti, processi ed eventi di portata più ampia (nazionale e internazionale).
ISBN 978-88-7197-089-9 E 5,00
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