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Alexis Weissenberg. Un’eredità musicale
ALEXIs WEIssEnBERg un’EREDITÀ MusIcALE L’infanzia a Sofia, in Bulgaria e gli studi con Pantcho Wladigueroff, l’esodo forzato in Palestina per scampare alla guerra e alla deportazione, il primo tour in Sud Africa appena adolescente, poi New York e la Juillard School of Music con Olga Samaroff. Nel 1947 le vittorie al concorso di Filadelfia e al Leventritt, l’inizio di una carriera stellare, gli incontri con Arthur Schnabel, Vladimir Horowitz, Wanda Landowska, Leonard Bernstein; collaborazioni con le più grandi orchestre del
di Laura sebastiani
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mondo sotto la bacchetta di direttori illustri come George Szell, Maazel, Giulini, Abbado, Karajan, Celibidache, Ozawa. Tra i suoi partner Anne-Sophie Mutter, Pierre Amoyal, Teresa Berganza, Plácido Domingo, Montserrat Caballé, Ferruccio Furlanetto, Hermann Prey. Un aspetto meno conosciuto, quello del compositore Weissenberg, qui raccontato alla luce di nuove scoperte e di manoscritti che l’autrice dell’articolo ha esplorato di persona.
Alexis Weissenberg è un artista a tutto tondo: nessuno ignora che sia stato uno dei più grandi interpreti del Novecento, ma non molti sanno che fosse anche compositore, sebbene ritenesse la composizione “un’attività collaterale, un’ottima fonte di relax”. Sotto questo punto di vista forse non si prese troppo sul serio, non essendosi mai considerato un compositore/pianista, eppure il peso della sua eredità musicale tradisce forse un’esigenza creativa profonda anziché un semplice hobby. Fu inoltre un eccellente caricaturista: del suo spiccatissimo sense of humour sono testimonianza i numerosi e affascinanti collages esposti all’ingresso della Sala Bulgaria, presso la sede dell’Orchestra Filarmonica di Sofia. La figlia Maria, dalla morte del padre, cura la raccolta e catalogazione di tutto ciò che ha lasciato: partiture, CD, dischi, recensioni, brochures, ritagli di giornale, nastri magnetofonici, collages, foto, composizioni e pentagrammi scarabocchiati. Tutto ciò oggi fa parte di un archivio fisico a Madrid e uno digitale - www.alexisweissenberg.com - in costante aggiornamento. Cominciò a comporre quando era solo un bambino: il primo piccolo pezzo per pianoforte solo risale a quando aveva appena 9 anni, l’ultimo, la sintesi del suo estro compositivo, la Sonate en état de jazz, al 1982. Nel 1946 il giovane Weissenberg arrivò nella Grande Mela. Gli Stati Uniti, nei primi anni del dopoguerra, conoscevano un formidabile sviluppo economico cui si aggiungeva il fermento culturale multietnico conseguente ai movimenti migratori determinati dal conflitto. New York in particolare - dove già si trovavano i suoi idoli, Horowitz, Rubinstein - rappresentava l’habitat ideale per un artista emergente. Una prima sintesi del suo stile compositivo, dunque, si realizzò proprio lì, dove entrò finalmente in contatto diretto con il jazz. Aveva cominciato a conoscerlo in Bulgaria, ma la guerra rendeva difficile trovarne dischi o registrazioni. Ora invece, dopo aver ascoltato Serkin o Rubinstein al Carnegie Hall, poteva prendere il metrò, recarsi al Village, “dove nei club si suonava del jazz fenomenale”, ascoltare artisti come Oscar Peterson, Art Tatum, Ella Fitzgerald e Sarah Vaughan. Suoni e luoghi che, probabilmente, avrebbero ispirato i suoi Greenwich Village e Harlem Blues, brani compresi nella “The Manhattan Suite”. Ma all’epoca non si considerava decoroso che un pianista classico si lasciasse coinvolgere da quel mondo e così, quando gli venne proposto di incidere arrangiamenti di canzoni allora in voga, non firmò mai con il suo nome: per la casa discografica LUMEN registrò le canzoni di Charles Trenet con lo pseudonimo di Mr. Nobody; quindi, come Mr. Mystery il disco Extravagant piano, un pot-pourri di canzoni popolari e My Fair Lady, una rivisitazione pianistica del celebre Musical. Parallelamente incise per la EMI la Sonata di Liszt. Mesi dopo LUMEN ottenne il “Gran prix du disque” mentre la So
Ritratto, 1992
nata di Liszt venne menzionata solo come “importante”. Solo successivamente avrebbe svelato di essere stato lui il “colpevole”, col rischio di perdere la sua verginità musicale. Ne parla, in maniera anche piuttosto divertita, nel film I like music prodotto nel 2000 da Mando Bernardinello e Osvaldo Tritten per la RTSI. Non credo nel collocare musica di generi diversi in cassetti diversi. C’è un’unità in tutta la musica, che ha come obiettivo finale semplicemente quello di raggiungere qualcun altro e dargli piacere. Che si tratti di musica classica, romantica, jazz o di ciò che oggi chiamiamo musica moderna, i mezzi possono essere diversi, ma il fine rimane lo stesso. Certamente non trovo un linguaggio superiore all’altro quando si tratta di grande musica classica o jazz. Si sono inevitabilmente influenzati a vicenda, come diverse forme di musica hanno sempre fatto. L’influenza jazz nella musica di Ravel, per esempio, è enorme. Penso che tutti i compositori del XX secolo siano stati influenzati dal jazz - certamente lo era Rachmaninoff. […] La libertà di espressione nel jazz, la meravigliosa opportunità di improvvisare e prendere per quanto possibile un’idea di base, corrisponde in un certo modo a ciò che gli artisti al tempo di Mozart hanno fatto con le cadenze nei suoi concerti per pianoforte (Alexis Weissenberg). Se da un lato i club del Village ispirarono gli arrangiamenti delle canzoni di Gershwin, Trenet, Aznavour ecc., dall’altro, lo sfavillio delle luci di Broadway confluiva direttamente nella sua passione per il teatro e il musical. La Fugue, registrata tra il Dicembre 1978 e il Gennaio 1979 presso lo Studio Pathé Marconi EMI e prodotta per l’etichetta discografica Columbia, è una commedia musicale su libretto di Francis Lacombrade e Bernard Broca, di cui Weissenberg curò le musiche; egli fu subito attirato dalla trama: “Il testo emana una specie di magia che per me era evidentissima. Mi attirano le cose esoteriche e sognanti. In questa commedia tutto è irreale e nello stesso tempo spontaneo e potentissimo”. La Fugue (dove “fugue” sta sia per fuga musicale che per fuga amorosa, di una coppia), percorrendo più di cento anni e quattro epoche diverse, dalla fine dell’Ottocento al futuro, narra
di tre sorelle in cerca dell’uomo ideale, di una storia d’amore, di un computer e di un bambino “non ancora nato”. Stilisticamente l’opera mostra in maniera molto evidente l’amore di Weissenberg per il jazz misto a richiami classici, che si fonde con la lirica colta: è impossibile non notare infatti come l’esordio dell’intero musical sia chiaramente ispirato alla Fuga in Do minore del Primo Libro del Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach e come, in tutta l’opera, l’intervallo di seconda sia una costante. Pare però che il lavoro non fu molto apprezzato dal pubblico della prima. Ciò che invece ebbe un buon successo fu la stessa opera riproposta in una versione tedesca dal titolo Nostalgie di cui venne prodotto un CD per l’etichetta discografica Arkadia (1992). Ed è un musical anche quello recentemente scoperto, per caso, dalla figlia Maria, Death beat, mentre digitalizzava i nastri magnetofonici più fragili del suo catalogo. In uno di questi c’è la voce di John Wells, il librettista, che dice: “Questo è un musical basato su un romanzo di Agatha Christie”. Maria racconta anche di aver trovato un carteggio tra John, il padre e la Christie, dove quest’ultima permetteva loro di prendersi ogni libertà. La trama è quella di Poirot si annoia, ma nella versione teatrale il detective assume un ruolo marginale: “il personaggio cardine è la sorella della segretaria di Poirot che si occupa di una casa di studenti a Londra dove avvengono cose strane, furti, accanimento su oggetti vari. Anche omicidi”. È rilevante inoltre constatare che il musical presenta diverse melodie che, riprese e sviluppate, confluiscono sia ne La Fugue che in Nostalgie: esso infatti, nonostante avesse riunito un bel cast (lo scenografo era Sean Kenny) è rimasto inedito. Commissionatagli da Cyprien Katsaris, un progetto non altrettanto oneroso ma certo ugualmente ambizioso è quello della Sonate en état de jazz che, assieme a La Fugue, costituisce l’acme compositivo di Alexis Weissenberg: in queste due opere, le più tarde, sono evidenti le elaborazioni di elementi melodici e armonici già presenti nelle sue composizioni giovanili, ai quali una creatività più matura ed esperta infonde nuova vita. Della Sonata lo stesso autore scrisse: una Sonata “in Stato di jazz” (così come una persona in stato di intossicazione, di isteria, di infatuazione amorosa, o di grazia) non è in uno stato normale. Lo choc subito, le conseguenze, le palpitazioni, l’eccesso di entusiasmo, l’ubriacatura del cervello, le impongono una logica cubista, che può apparir lucida solo in una certa dimensione di follia. Ho contaminato con il jazz una composizione costruita su basi classiche. A parte i riferimenti espliciti (il titolo del musical del ’92 e la presenza di una canzone della Fugue che si chiama appunto Nostalgie), che si tratti di lavori giovanili o maturi, che si tratti degli arrangiamenti di canzoni di Gershwin, o di lavori più complessi come la Sonata e i musical, il clima emotivo ricorrente è quello della nostalgia, non intesa assolutamente come qualcosa di triste o di malato ma piuttosto qualcosa di “prezioso e fragile”. Non è tristezza, isolamento o solitudine ma la capacità di far “aleggiare una nuvola su una melodia, una sensazione che ti prende alla gola ed è commovente”. Dallo stile piuttosto classico dei primi pezzi scritti quando era solo un bambino in Bulgaria, si arriva presto, negli anni newyorkesi, alla codifica di un vero e proprio linguaggio compositivo, una scrittura estremamente organica che dal jazz filtrava le origini più profonde, dal suo paese natale, la nostalgia dell’animo slavo e dal repertorio pianistico tardoromantico, in particolare Rachmaninoff, il virtuosismo. Weissenberg, dunque, è il prodotto di una sintesi culturale e, come il jazz, figlio della migrazione: “Non c’è spiegazione: il jazz o ti piace o non ti piace. È un linguaggio che mi è piaciuto enormemente”. In lui la figura dell’interprete e della del compositore si fondono in maniera indissolubile: non sarebbe esistito il Weissenberg pianista senza quella creatività “a tutto tondo” che ne fa uno dei maggiori artisti del nostro tempo.
ALEXIS WEISSENBERG Piano Works Schott Music revisione a cura di Lev Vinocour ED 22923 (formato cartaceo, € 32,00) Q48116 (formato digitale, € 24,99) Pubblicazione: Luglio 2018, pp. 104 Q uesta prima edizione delle composizioni di Alexis Weissenberg comprende tutte le opere per pianoforte ad eccezione di quelle scritte per due pianoforti, gli arrangiamenti di varie canzoni, le opere teatrali e la Romanza per pianoforte e violino (pubblicata recentemente dalla stessa casa editrice). Sono una ventina i brani che vanno a costituire il primo libro delle composizioni di Alexis Weissenberg: ai brani più classici e alle melodie più innocenti che risalgono alla sua infanzia come Etude in La maggiore e Albumblatt composti nel 1940, si affiancano lavori più impegnativi e dallo stile più evoluto (e dai titoli anche più espliciti) come Oh, Bach, Dear Bach! Forgive Me!, dedicato a Vladimir Horowitz ed in cui l’austerità del contrappunto è costantemente contaminata dalle sonorità che Weissenberg era solito ascoltare nei jazz club, An Overheard Telephone Conversation… una conversazione telefonica disturbata la cui scrittura violenta e al limite della nevrosi si fa affine all’action painting del pittore statunitense.
ALEXIS WEISSENBERG mr. nobody Sei arrangiamenti di canzoni di Charles Trenet Muse Press LLC revisione a cura di Marc-André Hamelin MP-00701, $ 27,00 Pubblicazione: Dicembre 2018, pp. XIV+56 I ncorniciati dalla suggestiva copertina, un collage di Weissenberg, questi 6 arrangiamenti di canzoni di Trenet appaiono in duplice versione: quella che Hamelin ha ricavato e riscritto dalle registrazioni anonime di Weissenberg per la LUMEN (Mr. Nobody plays Trenet) che già circolavano negli anni ’50 e quella originale del manoscritto. La nostalgia seducente di En Avril à Paris e Coin de rue, il ritmo di fox-trot della famosissima Boum!, solo per citarne alcune, evocano pienamente la poeticità dei testi dell’autore francese e la sofficità del suo timbro.
ALEXIS WEISSENBERG romance (for violin and piano) Schott Music revisione a cura di Wolfgang Birtel VLB 218 (formato cartaceo, € 12,50) VLB 218 Q49381 (formato digitale, € 9,99) Pubblicazione: Gennaio 2019, pp. 16 L a Romanza per violino e pianoforte può essere considerata una rarità, una malinconica “Song Without Words”, semplice e di grande effetto. Fu scritta nel 1943 quando Alexis era solo un bambino e si trovava a Gerusalemme, città in cui era stato costretto a rifugiarsi con la madre dopo il loro internamento come discendenti degli ebrei. Questa prima edizione si basa sul manoscritto originale. Le modifiche editoriali sono state contrassegnate tra parentesi.