LUGLIO 2009

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Anno I Numero 1 - Luglio 2009

Professione e Professionisti Emotività e Irrazionalità Comunicare in maniera efficace La consulenza di investimento alla luce della crisi in atto

Previdenza Lo sviluppo dei sistemi previdenziali in Europa L’offerta di previdenza complementare a 2 anni dalla riforma sul TFR

Teoria e Pratica Quanto durano le crisi nei mercati azionari? Perché occuparsi di complessità, caos e altre scienze? Affrontare i cicli economico-finanziari con l’asset allocation

Immobiliare Fondi immobiliari retail: un declino inarrestabile o una semplice parentesi di crisi?


Esistono grandi uomini Non esiste vento che fanno sentire piccoli favorevole tuttiilgli altri. Mache il vero per marinaio non grande sa dove andare. uomo è chi fa sentire tutti Seneca grandi. Charles Dickens

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psicoanalitico clientedel e crescita di sé” corsoai di 1. Corso alla di conoscenza 8 ore: “Ladel teoria caos applicata 4 ore creato in collaborazione con Schroders, tenuto da Giuseppe Orsi, mercati finanziari”. Psicoterapeuta e Antonella Buro, Psicologa.

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tenuto da Giuseppe Frascà partner della stessa società lussemburghese brokeraggio indipendente e presidente 3. Corso di di8 ore: ”La finestra di Johari: un modellodella di commissione tecnica permanente sul Private Insurance in AIPB. interazione con il cliente”. 3. “Il tratecnica: Consulente Finanziario e 4. rapporto Corso diNegoziale 10 ore: efficace “L’analisi le Candlesticks

Cliente (Percorso di sviluppo delle capacità negoziali individuali)” giapponesi e gli indicatori di mercato”. corso di 8 ore tenuto da Gianmarco Pinto, Psicologo.

5. Corso di 8 ore: “L’irrazionalità degli investitori: 4. “Le competenze psicologiche del consulente finanziario” scelte d’investimento e gestione di portafoglio nella corso di 8 ore tenuto dafinance”. Giuseppe Orsi, Psicoterapeuta e Antonella behavioural Buro, Psicologa.

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Anno I Numero 1

RUBRICHE Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Report mensile sui mercati finanziari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 Il Punto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 Scenario Macroeconomico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62 Focus sui fondamentali ENEL . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 Analisi Tecnica e Quantitativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64

PROFESSIONE E PROFESSIONISTI Emotività e Irrazionalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Comunicare in maniera efficace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 Il consulente finanziario e L’ansia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 La Figura di Gennaro sullo Sfondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 La consulenza di investimento alla luce della crisi in atto . . . . . . . . . . . 14 Il promotore finanziario e l’abbigliamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 Le retrocessioni delle SGR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 EDITORE Buro Paolo DIR. RESPONSABILE Pelosi Francesco REDAZIONE Professione Finanza Uff.Studi DenUP ISCRIZ. AL TRIBUNALE Testata giornalistica iscritta al registro stampa del tribunale della Spezia n◦ 3/09 del 12/06/2009 Per informazioni in merito a contributi, articoli ed argomenti trattati scrivere a : Myadvice@professionefinanza.com

TEORIA E PRATICA L’origine della crisi: quella formula che ci ha cambiato la vita . . . . . . 18 Quanto durano le crisi nei mercati azionari? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 Comprendere la recessione iniziata a dicembre del 2007 . . . . . . . . . . . 26 Affrontare i cicli economici-finanziari con l’asset allocation . . . . . . . . 28 L’asset allocation. La sua composizione, la valutazione del cliente e l’analisi del mercato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 Le Sicav . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 Introduzione alle opzioni: andare lunghi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 Perché occuparsi di complessità, caos e altre scienze? . . . . . . . . . . . . . . 41 Vento in poppa per i corporate bond . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

PREVIDENZA Lo sviluppo dei sistemi previdenziali in Europa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 L’offerta di previdenza complementare a 2 anni dalla riforma sul TFR 46

IMMOBILIARE Fondi immobiliari retail: un declino inarrestabile o una semplice parentesi di crisi? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

I contenuti ed i pareri espressi negli articoli devono considerarsi opinioni personali e come tali non impegnano l’editore. Il materiale consegnato o inviato dai collaboratori non viene restituito. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 688, comma 4, della L. 22 aprile 1941, n. 633 ovvero tra SIAE, AIE, e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. le riproduzioni di uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dagli aventi diritto/dall’autore.


EDITORIALE

Paolo Buro E’ nata My Advice

MyAdvice, dall’inglese la mia consulenza, è una rivista mensile on-line che nasce dall’idea di un team di professionisti che hanno sempre creduto nell’informazione e nella formazione non vincolate e piegate a esigenze di alcuni ma finalizzate ad un vero e proprio accrescimento culturale e professionale di ogni Professionista della Finanza. Credere nella divulgazione, con l’intento di colmare il vuoto informativo nel settore della formazione dei professionisti, è stato uno degli input che ha spronato chi scrive, congiuntamente al suo entourage, a pensare ad una rivista specializzata per i professionisti del mondo della finanza e annessi. MyAdvice è un giornale unico nel suo genere perché attinente alla formazione di Promotori finanziari, Consulenti, Dipendenti di banca, Assicuratori e qualsiasi altro addetto al mondo finanziario. La lacuna oggi esistente è infatti evidente dato che, non esiste nell’ambito dell’editoria italiana, una pubblicazione focalizzata su una componente importante come la formazione del professionista che opera in ambito finanziario. Infatti, la stampa attuale ci distoglie dagli aspetti fondamentali del ragionamento e dell’autonoma valutazione perché è incentrata sui temi di attualità relativi all’andamento e al funzionamento dei mercati finanziari, all’utilizzo di dati strumenti finanziari, ma non sulle caratteristiche formative che consentono agli addetti di qualificarsi professionalmente e valutare in maniera accuratasu quanto ruota attorno a questo, per noi amato, settore. La rivista, che intende essere un appuntamento mensile in grado di fornire all’utente una rete di informazioni e considerazioni il più ampia possibile, comprenderà una serie di rubriche fisse come la sezione dedicata alla Professione e Professionisti, la sezione Teoria e Pratica, la sezione Previdenza, la sezione Immobiliare e altre rubriche dedicate all’utilizzo operativo come il punto sui mercati o l’Asset Allocation che, nel corso del tempo, anche grazie ai consigli e suggerimenti di chi vorrà farlo, potranno essere implementate e consolidate. Siamo aperti a valutare con interesse tutte le considerazioni e le richieste di approfondimento di tematiche che voi lettori, che siete il vero motore di questo splendido settore, vorrete sottoporci scrivendo a MyAdvice@ProfessioneFinanza.com.

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PROFESSIONISTI

Gestione del risparmio

GESTIONE DELLE EMOZIONI

Emotività e Irrazionalità. La consapevolezza della gestione del risparmio in condizione di incertezza e di stress. Nella storia dei mercati finanziari, fin da tempi non sospetti, si contano diversi periodi storici in cui si è assistito a un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi, originato da una domanda molto elevata, spesso repentina e limitata nel tempo: in alcuni casi si tratta di vere e proprie bolle speculative, molto acute e dolorose, in altri casi si parla di mode meno violente ma altrettanto dannose. La nascita di una bolla speculativa è attribuibile a tre fattori principali. Innovazione, Speculazione e Irrazionalità. Il caso senz’altro più incredibile fu quello dei tulipani nell’Olanda del 1600, la cosiddetta ”Tulipomania o Bolla dei Tulipani”. I bulbi di tulipano, fiore introdotto in Europa nel secolo XVI, raggiunge in pochi mesi prezzi stratosferici: si pensi che il salario medio annuale ammontava all’epoca a 200-400 fiorini, mentre un bulbo raro costava circa 3.000 fiorini. La mania aveva contagiato tutti: dai nobili ai commercianti, si

firmavano contratti dappertutto, il commercio avveniva anche sulla prossima germogliatura o sui bulbi appena seminati. Ovviamente, nel giro di poco tempo e senza ragioni apparenti la tendenza si invertì: i prezzi dei tulipani crollarono repentinamente e altrettanto velocemente si diffuse il panico tra i possessori, con la volontà di vendere tutto al più presto. Molte altre ondate speculative si sono susseguite nei secoli successivi, da quella della Compagnia dei Mari del Sud nel 1700 alle ferrovie inglesi del 1800. In ogni caso la bolla che più di ogni altra ha lasciato un indelebile segno nella storia nell’economia è il crack di Wall Street del 1929. Tra le altre ondate speculative con ripercussioni a livello globale, vanno sicuramente ricordate la grande bolla immobiliare giapponese degli anni Ottanta e la bolla speculativa della new economy e da ultimo, oggi, ci ritroviamo a dover gestire una nuova crisi dei mercati finanziari e in modo particolare dei settori immobiliare e finanziario dovuto all’insorgere della bolla sul credito.

Fenomeni di questo genere avvenuti in contesti economico-sociale e tempi diversi sono accomunati da alcuni aspetti: euforia, partecipazione al mercato di nuovi soggetti precedentemente non interessati all’investimento, unanimità di consenso sulle prospettive del mercato, crollo dei prezzi. Perché molte persone, an-

che sagge, fanno errori nelle scelte relative ai loro investimenti finanziari? Investire significa operare delle scelte, decidere come allocare i propri risparmi, in un universo investibile che si può racchiudere all’interno di tre classi di investimento: strumenti di liquidità, strumenti obbligazionari e strumenti azionari. Tale

Massimo Lumiera

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PROFESSIONISTI

Gestione del risparmio

processo non standardizzabile potrebbe rivelarsi difficile e troppo spesso gli investitori cascano negli errori

comuni soprattutto durante i periodi di crisi.

L’investitore oltre ad essere indeciso, a non avere abbastanza tempo da dedicare alla valutazione degli investimenti, a mancare di esperienza e di informazioni sufficienti, spesso utilizza un approccio euristico, ovvero delle scorciatoie mentali, dimenticandosi però della ”ragione”. Quando si attiva involontariamente un’euristica (sinonimo di intuizione), si prendono decisioni in tempi relativamente brevi e in mancanza di tutte le informazioni necessarie, spesso suscettibili di un certo grado di errore e, peggio ancora, col considerare questa decisione istintiva come quelle corretta (errori cognitivi). L’economia tradizionale basa le proprie teorie sul presupposto di un ”investitore che opera nella perfetta razionalità”, l’uomo economico (homo conomicus), orientato a massimizzare il suo patrimonio totale futuro indipendentemente dalle circostanze di investimento o dalla sua attuale situazione finanziaria. Tuttavia nei mercati globali si manifestano delle situazioni poco spiegabili sotto l’ipotesi della razionalità perfetta, ovvero comportamenti degli investitori che sembrano mancare di razionalità in maniera sistematica. Le bolle dei mercati finanziari sono un esempio di tutto questo, visto che la pretesa razionalità degli investitori vacilla. La vita reale ha dimostrato tuttavia che l”’investitore razionale”, freddo e decisionista, appartiene esclusivamente ad un mondo puramente teorico e che alla base

del comportamento dell’investitore ci sono dinamiche di natura psicologica ed emotiva, tipici dell”’investitore irrazionale”. Conoscere e capire le anomalie comportamentali che influenzano l’atteggiamento e determinano gli insuccessi negli investimenti risulta un esercizio difficile. La finanza comportamentale (behavioral finance) è una nuova disciplina che si dedica allo studio del comportamento degli investitori poste di fronte a scelte di investimento in condizione di incertezza muovendo dai principi della psicologia cognitiva, e come questi influenzano il processo decisionale economico. La finanza comportamentale pone al centro dell’attenzione il comportamento umano effettivamente osservato, in quanto diverso da quello indicato dai modelli quantitativi, come possibile causa delle anomalie dei mercati. Prendendo in dovuta considerazione l’irrazionalità sistematica degli investitori e dei mercati, si propone di costruire modelli economici più realistici capaci di integrare il ruolo delle emozioni e degli errore cognitivi. Attraverso una maggiore comprensione della psicologia dell’investitore, delle esigenze e delle necessità finanziarie, essa promette pertanto di fornire predizioni più accurate e quindi cogliere migliori opportunità di investimento. L’investimento in attività finanziarie (azioni, obbligazioni) o reali (case), espone l’investito6


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Gestione del risparmio

re all’incertezza sui prezzi futuri ”rischio”, ovvero alla paura di perdere denaro operando una distinzione tra rischi ”positivi” e ”negativi” rispetto ad un certo punto di riferimento. Numerose ricerche hanno dimostra-

to che gli investitori considerano in modo asimmetrico guadagni e perdite, il che vuol dire, il dispiacere che si prova nel perdere una somma di denaro è maggiore del piacere per il guadagno della stessa somma.

Queste osservazioni sono alla basa della cosiddetta ”Prospect Theory” (Teoria del Prospetto), sviluppata da due psicologi ”Daniel Kahneman e Amos Tversky” nel 1979. Per questo lavoro Kahneman ha ricevuto il premio nobel per l’Economia nel 2002 (il Prof. Tversky è deceduto nel 1996). Questa teoria individua quattro caratteristiche distinti ve del modo in cui gli investitori valutano le scelte di investimento discostandosi in maniera sistematica da quelle previste dalla teorica quantitativa violando le regole della razionalità:

volta che si assiste ad un incremento del prezzo, si tende ad aumentare il punto di riferimento al prezzo più alto. Se successivamente il titolo comincia a perdere valore, si subisce una perdita rispetto a questo nuovo punto di riferimento, quindi subentra il rimpianto di non aver venduto il titolo al suo prezzo massimo e si inizia a sperare che il titolo possa ritornare su questi livelli per poter recuperare la perdita. Gli investitori sono generalmente avversi alle perdite e cercano di evitarle quanto più possibile, ma quando si trovano ad affrontare delle perdite, essi reagiscono assumendosi un rischio maggiore, talvolta con risultati disastrosi. È stato dimostrato che gli investitori hanno spesso la tendenza a mantenere i titoli perdenti in portafoglio più a lungo dei titoli performanti (disposition effect) per evitare il rimpianto di aver venduto il titolo in perdita . Il riflesso che porta a reagire con una maggiore propensione al rischio di fronte alle perdite è rafforzato dalla tendenza a sovrastimare la probabilità degli eventi rari e a sottostimare quella di eventi frequenti. Un’analisi troppo frequente del portafoglio potrebbe enfatizzare eccessivamente le fluttuazioni a breve termine dei mercati finanziari, portando gli investitori a perdere di vista i propri obiettivi a lungo termine, questo fenomeno è definito ”avversione alle perdite miopica”.

• gli investitori valutano i risultati degli investimenti rispetto ad un dato punto di riferimento; • gli investitori puntano ad evitare eventuali perdite rispetto a tale punto di riferimento; • di fronte a una perdita, l’atteggiamento degli investitori nei confronti del rischio cambia radicalmente; • in genere, gli investitori sovrastimano la probabilità di eventi improbabili. La maggior parte degli investitori valuta ciascun investimento rispetto a un punto di riferimento. Al momento dell’acquisto dell’azione, il punto di riferimento (ancoraggio) è rappresentato dal prezzo di acquisto, ogni

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PROFESSIONISTI

Comunicare in maniera efficace

Un altro aspetto riguarda l’attitudine a valutare il portafoglio investimenti a strati, cioè in modo indipendente e non in un contesto di portafoglio completo, che sarebbe invece la soluzione ideale, con riflessi importanti sulla percezione del rischio che cambia per ogni strato del portafoglio. Nella consapevolezza che un investitore è diverso da ogni altro, per esigenze e necessità finanziarie, per elementi di natura emotiva e caratteriale, nonché per atteggiamenti ed esperienze personali che ine-

vitabilmente influenzano le decisioni in campo finanziario, implementare una corretta pianificazione strategica di investimento oltre a richiede sicuramente una conoscenza approfondita delle dinamiche economiche e finanziarie, non può prescindere dalla conoscenza di se stessi per proteggersi contro gli errori e allo stesso tempo migliorare la performance di investimento del proprio portafoglio.

COMUNICAZIONE

Comunicare in maniera efficace nell’ottica del consulente finanziario. Gianmarco Pinto

Cosa significa davvero comunicare in maniera efficace? Alcuni indizi possiamo reperirli nell’etimologia della parola comunicare. La comunicazione (dal lat. cum = con, e munire = legare, costruire) viene intesa generalmente soprattutto come un processo di trasmissione di informazioni. In Italiano, comunicazione ha il significato semantico di ”far conoscere”, ”render noto”. In realtà comunicare significa molto di più. Il linguaggio che noi adoperiamo quotidianamente, ogni nostra espressione, non è solo la semplice risultante dei significati delle parole, generalmente definito Contenuto, ma è portatrice di altre componenti ben più importanti. Ogni professionista del settore sa benissimo che le informazioni che vengono fornite ai clienti hanno sì una funzione importante nell’ottica della chiarezza e della esaustività del messaggio, ma difficilmente fanno la differenza nel processo di ”vendita” di un prodotto. Per ragionare in termini maggiormente pratici ed utili bisogna prima di tutto ampliare e modificare la nostra definizione di comunicazione; comunicare significa in realtà trasmettere dei messaggi affinchè si possa generare una reazione desiderata dall’emittente nei confronti dell’ interlocutore. Questa tipologia di definizione si avvicina molto di più alla realtà dei fatti e ci permette di parlare in maniera oggettiva mettendo in evidenza quelli che sono i principali fattori comunicativi. Prima di tutto dobbiamo essere consapevoli della reazione che vogliamo generare nel nostro interlocutore, ovvero del nostro obiettivo. Quante volte si comunica esclusivamente per un bisogno edonistico, condendo la comunicazione con elementi che in realtà

non sono focalizzati allo scopo che si vuole raggiungere. Elementi che alla fine hanno l’unica funzione di soddisfare le esigenze esibizionistiche, narcisistiche di chi in quel momento sta comunicando. Immaginate un promotore finanziario che condisce il suo eloquio di elementi finanziari di cui l’interlocutore è assolutamente ignaro . . . che scopo hanno quelle informazioni? Ne siamo davvero consapevoli in un ottica di utilità. Essere consapevoli dell’obiettivo che si vuole raggiungere, nonostante sia un primo passaggio fondamentale e importantissimo, non basta. Bisogna chiedersi sempre: chi abbiamo di fronte? Infatti il messaggio deve essere compreso da chi sta ascoltando e questo dipende dalla scala dei valori, le credenze, la mappa del mondo del nostro interlocutore, elementi che la maggior parte delle volte ci sono oscuri, o che consideriamo non importanti. Comunicare senza accertarsi che il messaggio che abbiamo inviato sia stato compreso equivale a non comunicare affatto, anzi, è molto più dannoso.

Ma cosa comportano queste consapevolezza? Fondamentalmente ai due assiomi fondamentali della comunicazione (Watzlavich). Il primo principio della comunicazione afferma che TUTTO il comportamento è comunicazione. Quello che diciamo, come lo diciamo, quello che non diciamo, come ci vestiamo, i nostri gesti ecc. tutto trasmette un messaggio che le persone che ci circondano colgono e interpretano. Il problema fondamentale e che le persone interpretano il nostro comportamento sulla base dei loro schemi di ragionamento. Ciò ci conduce al secondo principio della comunicazione: è impossibile non comunicare, cioè la comunicazione avviene anche quando è inconscia ed inconsapevole. Ciò significa che di fronte a qualsiasi comportamento la componente comunicazionale di 8


PROFESSIONISTI

Comunicare in maniera efficace

quel gesto non ci appartiene più. Immaginate di arrivare in ritardo ad un appuntamento con un cliente, quel gesto per un cliente può significare che in realtà ve ne importi poco dell’appuntamento. Un altro cliente potrebbe pensare che siete una persona molto impegnata e quindi probabilmente molto brava nel vostro lavoro. L’una o l’altra interpretazione metteranno le persone in una diversa predisposizione psicologica nei vostri confronti che noi riusciremo, se siamo attenti e possediamo buone doti deduttive, sono nel modo in cui la persona si relazionerà nei nostri confrontiquando in realtà avevate solo bucato una ruota! Ciò ci porta al terzo assioma della comunicazione: il significato della comunicazione sta nella risposta che si riceve. Se l’obiettivo di una comunicazione è generare una reazione, il risultato che otterremo nel nostro interlocutore sarà l’unico indicatore dell’efficacia della nostra comunicazione. Questo significa che non ha nessuna importanza quello che noi crediamo di aver comunicato. Esiste un solo significato nella nostra comunicazione, ed è quello che il nostro interlocutore ha ricevuto. In pratica una volta emesso un messaggio non siamo più noi i padroni del suo effetto comunicativo. Sulla base di questi elementi come possiamo comunicare efficacemente? Comunicare significa fondamentalmente entrare in relazione con gli altri. Per entrare in relazione efficacemente con chiunque il fattore indispensabile, che purtroppo troppo spesso viene sottovalutato, è l’ascolto. Un antico detto Zen dice che Dio ci ha creato con una bocca e due orecchie, perché ascoltare è due volte più difficile di parlare. Immaginate gli scambi comunicativi che ogni giorno ci troviamo a dover affrontare, e chiediamoci: sto davvero ascoltando quello che mi stanno dicendo. Alcuni filosofi affermano che esistono fondamentalmente due tipi di persone: Quelli che ascoltano, e quelli che aspettano il loro turno per parlare. È dal momento in cui iniziamo ad ascoltare che iniziamo davvero a comunicare, in quanto ci distacchiamo da un’inutile comunicazione egocentrica che ha l’unico scopo di soddisfare le nostre esigenze, ed iniziamo a comunicare per l’altro! Mi pare necessario, a questo punto, spiegare cosa intendiamo per ascolto. Distinguiamo nettamente l’ascolto dal semplice ”sentire”. Per ascolto si intende comprendere la persona a 360◦ , ponendo massima attenzione alle 4 componenti fondamentali di ogni messaggio: Contenuto, Relazione, Appello e Rivelazione

di Sé. Il contenuto è la componente oggettiva e razionale della comunicazione. Che cosa quella persona oggettivamente mi sta dicendo? Sembra qualcosa di scontato ma in realtà in molti casi non lo è. Immaginate di parlare con un cliente che nel descrivere la sua attività vi riempe di termini tecnici, di cui ignorate completamente il significato! In queste condizioni lo scambio comunicativo non può che essere inefficace, in quanto i due comunicatori non condividono un codice comune. Condividere un codice comune di significati è una componente essenziale che non riguarda semplicemente il conoscere il significato oggettivo delle parole. Immaginate il significato che ognuno di noi attribuisce alla parola ”amicizia” oppure la percezione che i diversi clienti hanno del concetto di ”grosso investimento” e da quante componenti dipende. Un buon promotore finanziario dovrebbe essere in grado di trasmettere la stessa professionalità e gli stessi messaggi sia che il grosso investimento equivalga a un milione di euro sia che riguardi poche migliaia, in quanto ciò che conta è la percezione che ha il cliente dell’investimento che sta facendo. Dal cliente fatevi questa domanda: Oggettivamente cosa mi sta dicendo? E poi quando comunicate fatevi questa domanda: Cosa oggettivamente sto dicendo? La seconda componente su cui bisogna imparare a porre attenzione è la relazione. Come, chi ci parla, si sta ponendo nei nostri confronti? Chi sono io per lui? Come mi vede? Che relazione c’è tra noi. La componente relazionale è fondamentale in qualsiasi scambio comunicativo ed è un fattore che non nasce nel momento in cui avviene la comunicazione, ma che dipende dalle esperienze che abbiamo avuto con il nostro interlocutore. Immaginate come cambia il vostro modo di comunicare nel momento in cui iniziate pian piano a conoscere qualcuno, ad entrare in confidenza. Quello che cambia, nella vostra ed altrui comunicazione, è la percezione della relazione. Dal modo in cui una persona ci parla, dal suo tono di voce, dai gesti, dal modo in cui si rivolge a noi, emergono tanti messaggi: stima , competenza, accuse. Spesso non cogliamo o non vogliamo cogliere questi elementi. Questo risulta sempre un errore in quanto la componente relazionale va sempre esplorata. Infatti è necessario che le due persone siano sempre allineate rispetto alla percezione di relazione che hanno l’uno dell’altro. Immaginate al9


PROFESSIONISTI

L’ansia

la spiacevole sensazione di dare del tu ad una persona che continua a rivolgersi a noi con il lei! Secondo la mia percezione che relazione c’è tra noi? E secondo la percezione dell’altro? Dal cliente fatevi questa domanda: Come mi vede, con chi crede di avere a che fare? Che messaggi su di me mi stanno arrivando? e poi quando comunicate fatevi questa domanda: Con chi credo di avere a che fare? Come gli sto parlando? Che messaggi su di lui sto trasmettendo? La componente dell’appello riguarda invece l’intenzionalità insita in ogni dinamica comunicativa. Non si comunica mai per caso, è alla base di ogni comunicazione c’è sempre un’intenzionalità. Che poi questa possa essere fraintesa è una componente di cui bisogna sempre essere consapevoli e con cui bisogna imparare a convivere. D’altro canto imparare a comunicare in maniera efficace serve anche a questo scopo. Quando parliamo ad un cliente qual è l’obiettivo della nostra comunicazione? Lo stiamo informando rispetto all’esistenza di nuovi prodotti e nuove opportunità o vogliamo vendergliele? Ebbene le persone non sono stupide, è sempre buona regola evitare di nascondere troppo (come palesare eccessivamente) l’obiettivo della nostra comunicazione.. D’altro canto è molto importante chiedersi il motivo per cui le persone ci rendono partecipi di alcune informazioni. Il cliente che ci sta descrivendo dettagliatamente la sua attività lo sta facendo per dirci quant’è bravo oppure in realtà vuole essere sicuro che abbiamo la giusta soluzione per lui? Comprendere se ci troviamo nel primo o nel secondo caso comporta una bella differenza nel modo in cui moduleremo la nostra comunicazione appena il cliente avrà finito di parlare.

Perché mi sta dicendo ciò? Come devo intendere la sua comunicazione? e poi quando comunicate fatevi questa domanda: Perché sto comunicando? Cosa voglio ottenere?

Infine l’ultima componente della comunicazione: la rivelazione di sé. Quando comunichiamo ognuno di noi trasmette all’altro delle informazione fondamentali su sé stesso, sui suoi valori, motivazioni, modi di vivere, modi di fare ecc. Ci sono cliente che trasmettono insicurezza, altri invece sono i molto sicuri di sé. Esistono cliente paranoici, come quelli facilmente persuasibili. Comunichereste allo stesso modo trovandovi di fronte queste tipologie di cliente? Comprendere tali informazioni infatti è di fondamentale importanza ai fini del proprio mestiere in quanto capire con chi ho a che fare mi permette di decidere non solo cosa devo dire, ma anche come lo devo dire! La rivelazione che il mio interlocutore fa di sé influirà sul mio modo di comunicare in quanto mi permette di adattare le mie motivazioni, il mio stile comunicativo o semplicemente il mio modo di pormi a seconda di quelle che sono le esigenze del cliente. Dal cliente fatevi questa domanda: cosa mi sta dicendo di sé stesso? Che informazioni mi da di sé. e poi quando comunicate fatevi questa domanda: cosa sto dicendo di me stesso? Che informazioni do di mè? Alla luce di quello che abbiamo detto sinora, emerge come comunicare non è un qualcosa di scontato nonostante tutti lo facciamo da quanto siamo nati. Migliorare e coltivare le proprie modalità comunicative e le proprie capacità di ascolto è l’unica strada per instaurare dei rapporti funzionali e proficui, qualsiasi sia il campo di applicazione.

Dal cliente fatevi questa domanda:

GESTIONE DELLE EMOZIONI

Il consulente finanziario e L’ansia. Antonella Buro

L’ansia è una paura immotivata, senza oggetto o causa riconoscibile. Essa infatti si manifesta in situazioni che possono essere definite neutrali da un punto di vista emotivo,

situazioni cioè non particolarmente coinvolgenti per il soggetto e che in genere vengono affrontate adeguatamente dalla maggior parte delle persone. Provare ansia durante un esame o un incontro importante è normale, non è invece normale provare ansia ad esempio nel fare la spesa al supermercato, nel cenare 10


PROFESSIONISTI

L’ansia

con gli amici, nell’affrontare il solito traffico cittadino. La persona ansiosa tende a reagire in modo esagerato anche agli stress più lievi, lamenta spesso un’incapacità a rilassarsi, una difficoltà di riposare o comunque un sonno assai lieve e disturbato, tachicardia, emicrania, difficoltà digestive, vertigini, irritabilità, tremori e senso di soffocamento. Il prendere decisioni, soprattutto se definitive e/o drastiche, rappresenta per la persona ansiosa un grosso problema: tutto viene ingigantito, tutto potrebbe ritorcersi contro, tutto spaventa e preoccupa. L’ansia talvolta può diventare così incontenibile da trasformarsi in un attacco di panico,ossia uno stato di profondo terrore paralizzante che il soggetto vive improvvisamente di fronte a situazioni completamente innocue. La sensazione di un disastro imminente, tipico dell’attacco di panico, è accompagnato da sintomi fisici quali palpitazioni cardiache, sudorazione, nausea, debolezza. L’ansia però non è sempre qualcosa di negativo, un livello adeguato di ansia permette all’individuo di superare un problema, una situazione difficile. L’ansia è un’emozione L’ansia è dunque un’emozione che a seconda dell’intensità presente può inibire il comportamento, rendendo la prestazione disastrosa, o al contrario può favorire il raggiungimento di comportamenti efficienti. Questo vuol dire che bisogna imparare a utilizzare l’ansia per diventarne i padroni e non gli schiavi. Non bisogna spaventarsi davanti all’ansia, ma bisogna imparare a dominarla e nei limiti delle proprie possibilità si deve cercare di comprendere quale sia l’origine dell’ansia. Proprio riguardo all’origine dell’ansia bisogna fare qualche precisazione. L’ansia secondo la teoria psicoanalitica è causata da situazioni inconsce le cui origini si possono individuare nell’infanzia, di fronte a minacce pulsionali. Quando l’IO, ossia la parte cosciente dell’individuo, non riesce a tenere testa, alle pressioni ambientali o agli impulsi dell’ES (cioè agli impulsi inconsci che sono di natura libidica e aggressiva) o ai vincoli morali dettati dal Super-IO, si genera l’ansia. In altre parole, l’ansia è un campanello di allarme per l’individuo, che informa di un potenziale pericolo e che tradotto in parole dice: ”attenzione in te ci sono impulsi, desideri, inaccettabili per la tua integrità psichica”. I desideri di cui si parla sono desideri infantili per così dire camuffati che continuano a premere affinché vengano soddisfatti. L’ansia è il sintomo ricorrente in tutte le nevrosi, non esiste nevrosi priva d’ansia, anche se essa si manifesta in modo diverso a seconda del tipo di nevrosi. Per esempio l’ansia nella nevrosi isterica può far nascere vere forme fobiche oppure può subire un processo di conversione che

dà origine a somatizzazioni varie (disturbi della vista, disturbi digestivi, disturbi dell’equilibrio, tutti reversibili), invece l’ansia nella nevrosi ossessiva è causa di comportamenti compulsivi che spingono il soggetto a compiere in maniera quasi coatta determinati comportamenti (lavarsi le mani continuamente, raddrizzare di continuo oggetti sulla scrivania, controllare in maniera parossistica la chiusura di porte e finestre . . . ). Alcuni esercizi aiutano a dominare l’ansia Si possono consigliare esercizi volti a dominare l’ansia, per esempio, sono indicate procedure come quelle di seguito esposte: • individuare quali sono le situazioni che scatenano l’ansia (appuntamento di lavoro, ritardo proprio o altrui, ferie, traffico, folla, situazione d’esame) • esaminare gli elementi, le ragioni che giustificano il persistere dell’ansia (è un appuntamento importante?; è un compito decisivo?; è l’unica possibilità? . . . ); • esaminare gli elementi, le ragioni che rendono l’ansia ingiustificabile (è un appuntamento usuale; l’esame posso ritentarlo; non è l’unico cliente; non è la sola donna al mondo . . . ) • riesaminare la situazione ponendosi come altro da sé, utilizzando come protagonista una persona che ammiriamo e stimiamo (Cosa direbbe Giorgio di questa situazione? Cosa farebbe Giorgio al posto mio? Proverebbe ansia? Quali sarebbero le sue reazioni?) • esaminare lo storico, in passato, in una situazione simile: cosa ho fatto? Cosa ho provato? Cosa ho sbagliato? Cosa ho fatto giusto? Complessivamente che giudizio do alla mia esperienza passata? Cosa mi auguro sia simile alla volta precedente? Perché? Cosa mi auguro sia diverso rispetto alla precedente esperienza? Perché? Se ho fallito una volta fallirò sempre? Se ho vinto una volta, vuol dire che posso vincere ancora? Questo lavoro di autointerrogazione non farà sparire l’ansia come per miracolo, ma vi aiuterà a conoscere meglio le situazioni per voi a rischio di ansia e vi preparerà a gestire in maniera più adeguata l’evento grazie a una maggiore consapevolezza dei vostri limiti e delle vostre capacità.

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PROFESSIONISTI

Percezioni

COMUNICAZIONE

La Figura di Gennaro sullo Sfondo. Angelo Palazzolo

Anno 2000, facoltà di Lettere dell’Università di Perugia, il prof. Marco Milella tiene una lezione di Psicologia Generale ed intrattiene gli studenti raccontando un aneddoto che vi riporto qui di seguito, (anche se in versione riadattata). ”Siamo in un grande penitenziario dove ogni giorno una gran quantità di gente (a parte i detenuti!) entra ed esce dall’istituto: secondini, operatori sociali, cuochi, visitatori, manutentori, et al. Tra i manutentori c’è un certo Gennaro, ex carcerato con una sfilza infinita di truffe e imbrogli ma che ora sembra essersi redento. Vuole il destino che ora Gennaro lavori proprio lì, dove, non per sua scelta, aveva trascorso tanti anni. Gli addetti alla vigilanza lo tengono sotto stretta sorveglianza, pare infatti che, da quando Gennaro ha iniziato a lavorare al carcere, all’istituto si siano registrati grossi ammanchi di vario genere (anche se un effettivo inventario delle cose mancanti non è mai stato fatto). I vigilantes, dunque, lo tengono sott’occhio e ogni gio-

Figura 1: Immagine 1

Sono certo che la maggior parte di voi si è già imbattuta in queste due figure . . . ops, in queste quattro figure! Effettivamente ogni immagine porta con sé due figure e due sfondi, anche se è possibile percepire solo una figura alla volta per immagine. Il nostro cervello, infatti, non è in grado di attribuire i contorni contenuti in un’immagine contemporaneamente a due diverse figure. Nell’immagine 1, o i contorni delimitano il candelabro facendo diventare sfondo la parte bianca,

vedì sera quando Gennaro esce spingendo avanti la sua carriola piena di materiale di scarico, immancabilmente lo fermano per controllare il contenuto della carriola. Non trovano mai niente, eppure i sospetti su di lui continuano ad essere forti, così ogni giovedì sera la scenetta si ripete e Gennaro viene controllato con sempre più attenzione, finché un giorno non si presenta più al lavoro. Si scoprirà in seguito che gli autori degli innumerevoli furti erano dipendenti insospettabili che uscivano contemporaneamente a Gennaro sapendo già che i guardiani sarebbero stati tutti concentrati su di lui e che avrebbero lasciato loro via libera. Gennaro era quindi vittima di un ingiusto pregiudizio? Non proprio, visto che si era messo a smerciare nei cantieri vicini le innumerevoli carriole rubate al carcere!”. Il simpatico racconto serve ad introdurre il concetto gestaltico di Figura/Sfondo. Uno stimolo è sempre percepito per contrasto con il suo sfondo (Principio del Contrasto); di fatto non saremmo in grado di percepire alcuna figura se questa non avesse uno sfondo a metterla in primo piano. Si considerino le immagini qui sotto:

Figura 2: Immagine 2

o delimitano i due volti rendendo sfondo la parte nera. Più difficile (perché l’immagine è più complessa) è passare da una figura all’altra nell’immagine 2: una volta individuata la figura di una ragazza c’è poi bisogno di un piccolo sforzo cognitivo per vedere il volto di un’anziana donna. Vi siete chiesti cosa guida/determina la percezione di una figura anziché di un’altra? Le immagini in analisi non fanno più al caso nostro, perché il nostro cervello si è già professionalizzato a 12


PROFESSIONISTI

Percezioni

percepire tutte le figure presenti, cosicché l’unico fattore determinante rimane la volontà di percepire questa o quell’altra figura.

• il tipo dei margini tra figura/sfondo, sfondo/figura

I fattori più importanti che determinano cosa è sfondo e cosa è figura sono, secondo molti psicologi (ed in particolare secondo il danese Edgard Rubin) i seguenti:

Rubin e colleghi vogliono dar conto di come si articola la percezione visiva di immagini bi-dimensionali, mentre l’intento di questo articolo è -provare- a dar conto del comportamento dei vigilantes del carcere.

• la convessità/concavità delle parti

• la grandezza relativa delle parti nell’immagine Per far ciò mi avvalgo comunque di una ulteriore immagine:

• i loro rapporti topologici

Figura 3: Immagine 3

La stragrande maggioranza (forse meglio dire tutti?) di voi vedranno ciò che ho visto anch’io: una coppia in atteggiamento intimo. Eppure anche questa è un’immagine ambigua, nel senso che, anche in questo caso, lo sfondo è percepibile come figura. Provate a mostrare l’immagine ad un bambino (che non guardi troppa televisione!) e vi sorprenderete nello scoprire che nell’immagine si nascondono nove delfini. In questo caso non è una questione puramente graficopercettiva (come sembrerebbero indicare i quattro fattori esplicativi su citati), quanto cognitivo-percettiva. La percezione è guidata da una selezione cognitiva. Nel mondo esperienziale e vitale degli adulti la figura rilevante nell’immagine 3 è una coppia che amoreggia.

Nell’innocente mondo dei bambini questa figura non è riconosciuta o perché mai vista o perché non ritenuta saliente.

Teoricamente, qualunque immagine, anche la più semplice e chiara, racchiude in sé un’infinità di informazioni e di significati. Non riusciremmo a decodificare nulla se prendessimo in considerazione tutta l’informazione disponibile. La nostra mente ci viene in aiuto selezionando una parte dell’informazione e categorizzandola; in questo modo si sintetizza la realtà in base a dei criteri che rispecchiano la propria cultura, i propri valori, le proprie esperienze, etc. Non può essere altrimenti se non ci si vuole smarrire di fronte ”all’infinità priva di senso del divenire” (per dirla con 13


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Consulenza

Weber). La complessità della realtà viene ridotta, la sua molteplicità e varietà sintetizzata in modo da essere cognitivamente gestibile. Non bisogna però dimenticare che ogni sintesi rappresenta, per definizione, una perdita di informazione. E che a volte l’informazione persa era più rilevante di quella presa in considerazione. In alcune occasioni bisogna sforzarsi di mettere in discussione il rapporto figura/sfondo, soprattutto quando c’è la possibilità che la figura sia costruita appositamente per sfruttare questo bias mentale . . . come furbamente fa il nostro Gennaro. I vigilantes del carcere non possono controllare tutti coloro che escono dall’istituto, né, controllando una persona, la potranno mai controllare ”tutta”. Così si lasciano guidare da un doppio processo di selezione, più o meno conscio, che si rileverà non adeguato alla situazione. 1. In base alla loro esperienza pregressa (Tacit Knowledge, per usare un concetto di Polanyi), controllano Gennaro perché lo ritengono il più so-

spetto e il più portato a delinquere. Un pregiudizio che, nel caso specifico, li indurrà in errore (gli autori degli svariati furti erano infatti altri) ma che allo stesso tempo si rafforza, visto che Gennaro allegramente sottraeva innumerevoli carriole, confermando quindi di essere votato al crimine e validando l’atteggiamento di diffidenza nei suoi confronti. 2. Il secondo bias dei vigilantes consiste nel considerare le carriole come ”sfondo” e il loro contenuto come ”figura”, tralasciando il fatto che la carriola ha un valore di per sé e che può anche essere considerata come ”figura”. Le strategie mentali delle guardie sono troppo ingessate per pensare la situazione in un modo diverso, mancano di flessibilità per cambiare prospettiva e vedere altre figure. Gennaro scommette sull’atrofia cognitiva dei sui ex aguzzini e vince la partita!

PROFESSIONE

La consulenza di investimento alla luce della crisi in atto. Corrado Bei

Molto si è detto e scritto sull’attuale crisi finanziaria e sicuramente i prossimi anni saranno dedicati ad analisi più o meno approfondite e più o meno lucide sulle cause e sui relativi effetti reali e comportamentali da essa derivanti. E’ oramai quasi unanimamente accettato, sia dal mondo accademico che dai practinioneers, che la causa principe risiede nella deregulation voluta e dilagata nel mondo anglosassone a seguito dell’affermarsi della scuola delle Rational Expectations Hypothesis (Teoria delle Aspettative Razionali) i cui principali fautori sono stati Sargent, Lucas e Prescott. Tale teoria vede il mercato come un insieme di individui razionali in grado in ogni istante di tempo di scegliere il meglio nel trade off rischio rendimento, pertanto è inutile mettere paletti regolatori poiché l’unico effetto sarebbe quello di limitare la scelta ottima dell’investitore. Questa teoria ha trovato terreno fertile nella politica reaganiana dei primi anni ’80, così come in Inghilterra con la Tatcher, ma poi nel tempo ha acquisito proseliti

bipartisan, creando le basi per lo scoppio della recente crisi finanziaria. Poiché il periodo di incubazione di quest’ultima è lungo più o meno trenta anni, sarà ben difficile curare la malattia in poco tempo. Ed anche le cure poste in essere non sono né ortodosse (leggi ad esempio quantitative easing), né tantomeno è facile determinarne gli effetti di medio e lungo periodo, sia sugli equilibri finanziari che reali. Relativamente a quest’ultimo punto è recentissimo lo scontro tra due scuole di pensiero sulle blasonate pagine del Financial Times e precisamente tra lo storico dell’economia Nial Ferguson che ritiene una specie di suicidio premeditato un uso smodato delle politiche fiscali come quelle in atto e Paul Krugman, recente premio Nobel per l’economia, che invece ritiene le politiche fiscali messe in atto ancora inadeguate per ampiezza. Se si abbraccia la sempre più folta schiera di coloro che pensano che l’economista è colui che ti dirà domani perchè non è successo oggi quello che aveva previsto ieri la polemica può forse essere considerata sterile, anche alla luce del ruolo miope avuto dagli economisti in questa crisi, così sempre più accerchiati dalla loro perenne visione normativa dei problemi. 14


PROFESSIONISTI

L’abbigliamento

Ciò che più conta per il comune risparmiatore, investitore e professionista del risparmio è invece sicuramente come navigare attraverso la tempesta e uscirne vincitori nel medio/lungo periodo. Da questo punto di vista, l’arte del consulente di investimento non ne è di certo uscita facilitata e saranno sempre più necessari doti di lettura macroeconomiche e finanziarie. A tal proposito, la frequenza delle crisi del recente decennio ha mostrato tutti i limiti di una finanza basata su concetti di diversificazione più o meno markoviani di fine metà secolo scorso che vengono costantemente messi a dura prova. Nelle fasi di crisi sono sempre più evidenti i cosiddetti fenomeni di volatility break down, nei quali la correlazione media tra le diverse asset class aumenta in maniera vertiginosa rendendo inefficace ogni buona impostazione di diversificazione posta in essere. Ma viene frequentemente tradito anche l’altro baluardo posto alla base della buona consulenza, cioè la corretta valutazione della propensione al rischio del cliente. Sempre più in evidenza sono i modelli behavioural che tentano di spiegare comportanti non razionali dell’investitore, e non a caso due degli ultimi tre premi Nobel per l’economia abbracciano questo filone di studi. Se i concetti di anchoring, dissonanza cognitiva, myop loss aversion e quant’altro ci permettono di correggere meglio il tiro, il grosso limite è

comunque quello che finora non è stato proposto un modello buono per tutte le stagioni (e molto verosimilmente non sarà mai realizzato), in quanto si è in grado di normare un processo comportamentale solo quando si è verificato e rarissimamente in congiunzione con altri comportamenti paralleli. Tutto ciò comporta sempre più spesso il venir meno di relazioni causa-effetto oramai ampiamente sperimentate e più o meno prevedibili ex ante (si pensi ai recenti debasements di alcune valute, ad alcuni irrazionali movimenti di curva dei tassi, i movimenti di overshooting sui prezzi di alcune materie prime). Il rischio è di cadere nella trappola e diventare ”assistenti nel trading” piuttosto che consulenti. Pertanto, in questo momento il guanto di sfida del buon consulente non è sicuramente facile da raccogliere, ma le professionalità nel nostro Paese ci sono tutte e la buona volontà non manca. Può aiutare sicuramente focalizzarsi sul medio periodo, eliminare il rumore di fondo dall’analisi, filtrare il grado di entropia informativa che ci circonda e una analisi ponderata ma indipendente, condividendola continuamente con il cliente. Ed alla fine un articolo del Financial Times in meno, il non seguire un segnale di analisi tecnica o il non sentire qualche intervista di un esperto, paradossalmente potranno fare la differenza . . . forse.

PROFESSIONE

Il promotore finanziario e l’abbigliamento. Rossella Galli

Fra le spese che un promotore finanziario può dedurre nello svolgimento della sua attività, quelle sostenute per l’acquisto dell’abbigliamento sono sicuramente fra le più dibattute. Al riguardo troviamo due correnti di pensiero nettamente opposte. La prima ritiene che siano indeducibili in assoluto, non ravvisando alcuna inerenza di tali spese con i ricavi prodotti dal promotore, e non rientrando neanche in spese di rappresentanza ex art. 108 del Testo Unico dell’Imposte sui Redditi (D.P.R. 917/1986) in quanto sostenute per migliorare l’immagine personale del promotore e non dell’impresa. Ma d’altra parte il promotore finanziario non si identifica con la sua stessa impresa?

Altra motivazione addotta è che se si dovesse ravvisare la deducibilità di tali spese per i promotori finanziari e più in generale per gli agenti di commercio, tanto più, per analogia, queste dovrebbero risultare deducibili per un ampia categoria di professionisti quali dottori commercialisti, avvocati, medici, notai ed altri che indubbiamente lavorano molto sulla propria immagine. È vero che l’abito non fa il monaco ma ci sono alcuni status simbols, che se anche non ci aiutano a quantificare la preparazione del nostro interlocutore, ci ”rassicurano” sul grado di affermazione professionale dello stesso. Non dimentichiamo però che i professionisti sopra elencati producono reddito da lavoro autonomo, mentre gli agenti di commercio e i promotori finanziari producono redditi d’impresa, categorie ben distinte dal punto di vista fiscale e civilistico. 15


PROFESSIONISTI

L’abbigliamento

La seconda corrente di pensiero da uno spiraglio di apertura prevedendo la deducibilità delle spese sostenute per il vestiario. Per analizzare questa teoria dobbiamo necessariamente partire dal D.P.R. 917/1986 (T.U.I.R.) nel quale nessuno articolo dedicato alla determinazione del reddito d’impresa (artt.55-66) affronta chiaramente l’argomento, dunque dobbiamo procedere per interpretazione del combinato disposto di più norme. Un principio generale da tener presente nella determinazione della deducibilità di una spesa è l”’inerenza” della stessa all’attività svolta nel suo complesso come ribadito da alcune circolari e risoluzioni ministeriali. La Circolare ministeriale n. 30 del 7 Luglio 1983 osserva che ”. . . in via preliminare tutti i costi e gli oneri sono deducibili se e in quanto provvisti dei requisiti della certezza, della competenza e dell’inerenza . . . ” precisando che ”Contrariamente alla legislazione pre-riforma, secondo la quale la spesa, per essere ammessa in deduzione, doveva presentarsi nella sua individualità come condizione non generica, ma specifica, perchè il reddito si producesse, attualmente il concetto d’inerenza non è più legato ai ricavi dell’impresa, ma all’attività della stessa, con la conseguenza che si rendono detraibili tutti i costi relativi all’attivita‘ dell’impresa e riferentesi ad attivita‘ ed operazioni che concorrono a formare il reddito d’impresa”. La Risoluzione Ministeriale n. 9/1603 del 12 febbraio 1985 ribadisce, in riferimento alla predetta circolare, come in riferimento all’inerenza, ” . . . si rendono deducibili anche i costi e oneri sostenuti in proiezione futura, come le spese promozionali e comunque quelle dalle quali possono derivare ricavi in successione di tempo . . . ”, infine anche la Risoluzione Ministeriale n. 158/E del 28 ottobre 1998 ribadisce chiaramente l’ampia prospettiva dell’Amministrazione Finanziaria nell’individuare i costi inerenti all’attività svolta. Arrivati a questo punto possiamo effettivamente chiederci se possiamo essere davvero sicuri che non ci sia inerenza fra le spese sostenute per l’abbigliamento e l’attività svolta dal promotore finanziario. Molti studi di psicologia nella ricerca di mercato condotti in America hanno dimostrato che un’agente o un promotore che si è presentato per la prima volta da probabili clienti con abbigliamento e stile consono all’occasione ha ricevuto su un campione di 10 visite ben 3 contratti conclusi, 4 contatti positivi per contratti futu-

ri e 3 non interessati, d’altra parte è innegabile che in alcune attività l’immagine conti dunque bisognerebbe auspicare che anche in Italia le associazioni di categoria si impegnino a condurre studi simili che se non giustificano del tutto l’inerenza di tali spese all’attività sicuramente ne avvalorano l’ipotesi. Naturalmente il costo sostenuto per l’acquisto degli abiti deve essere congruo e coerente con l’attività svolta in generale dal promotore, in ogni caso potrebbe accadere che la deducibilità di tali spese porti ad un contenzioso con l’amministrazione finanziaria, visto che quest’ultima alla luce della recente sentenza della Cassazione n. 9497 dell’11 aprile 2008 afferma che ”tra i poteri dell’amministrazione finanziaria, ai fini dell’imposizione sul reddito, sulla base del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 articolo 9 o di norme particolari, quale quella contenuta nell’articolo 75, comma 5, dello stesso D.P.R., rientra la valutazione della congruita’ dei costi e dei ricavi esposti in bilancio e nelle dichiarazioni e la rettifica di queste ultime, anche se non ricorrono irregolarita’ nella tenuta delle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti nell’esercizio dell’impresa, con negazione della deducibilità, totale o parziale, di un costo ritenuto insussistente o sproporzionato. Gli uffici finanziari non sono, pertanto, vincolati ai valori o corrispettivi indicati in delibere sociali o contratti. In materia di imposizione del reddito d’impresa una consolidata giurisprudenza della Corte ha più in generale, riconosciuto il potere dell’amministrazione finanziaria di rettificare componenti negativi del reddito, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 39, comma 1, lettera d), anche in presenza di una contabilità regolarmente tenuta” (Corte di cassazione 30 luglio 2007, n. 11240). Per cui indubbiamente può accadere che situazioni simili siano giudicate diversamente, ma allo stesso tempo starà anche alla abilità vostra o di chi vi rappresenterà in giudizio dimostrare la correttezza del vostro operato. Indubbiamente se mai si creeranno precedenti mai si potrà ottenere il cambiamento di tendenza. Caso ben diverso, a parere di chi scrive, si ha quando contrattualmente sia previsto che il promotore finanziario nello svolgimento della sua attività debba indossare un determinato abbigliamento, se questo non viene fornito dal mandante, ma deve essere acquistato dal promotore, il costo dei vestiti, purchè conformi alle direttive ricevute per lo svolgimento dell’attività, rappresenta un costo deducibile dal reddito a tutti gli effetti rappresentando una condizione di adempimento contrattuale.

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PROFESSIONISTI

Le retrocessioni delle SGR

SGR

Le retrocessioni delle SGR alla rete di distribuzione. Paolo Buro

La nostra Italia ha sempre presentato tassi di risparmio più alti rispetto agli altri paesi sia quelli europei sia quelli al di fuori del vecchio continente e inoltre la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane hanno tradizionalmente ritratto quel lato positivo, quell’immagine sana e semplice di un paese che però possedeva un elevatissimo debito pubblico. Tutto ciò negli anni ottanta ha delineato il punto di inizio ideale per la nascita e lo sviluppo di una industria dell’asset management di standing internazionale, orientato non solo verso ritorni interessanti ma capace di formare competenze esemplari, offrendo opportunità professionali di alto livello. Ma la realtà dei fatti non è stata come ci si aspettava agli inizi degli anni ottanta: infatti la gestione del risparmio gestito non è stata capace di diventare un punto di forza dell’industria finanziaria italiana, e le poche storie di successo, non sono state sufficienti a diradare la sensazione di una bella opportunità che, invece, si è volatilizzata nel cielo. Il risparmio gestito sia quello italiano sia quello europeo è entrato in crisi già da parecchio tempo e solo negli ultimi mesi si sono intravisti spiragli di timida luce, per risollevare quel malato quasi terminale ma il problema è un altro: i nostri fondi sono troppo cari e nella maggioranza dei casi le loro performance non sono all’altezza dei costi sostenuti dai risparmiatori. Ora il punto da discutere è proprio quello di andare a risanare l’industria dell’asset management, partendo da dove? Probabilmente dai costi di distribuzione dei prodotti finanziari, poi tutte le altre proposte come la dematerializzazione dei fondi con la creazione di piattaforme telematiche ed eventuale quotazione verranno in un secondo tempo. Le SGR italiane, per far quadrare i conti, devono alzare il volume medio delle commissioni complessive, a danno del consumatore finale, ossia i risparmiatori. Ma ci siamo mai chiesti quanto incassano le società italiane di distribuzione quando collocano i prodotti finanziari? la risposta è troppo! Infatti nel 2008 i collocatori nostrani hanno incassato quasi 1,7 miliardi, ossia

il 74% dell’ammontare complessivo delle commissioni di gestione. Che cosa significa quanto detto? semplice; quando vengono collocati i prodotti finanziari, quasi tutte le commissioni che gravano sui prodotti, vengono girate nelle casse delle società di distribuzione finanziaria, mentre alle SGR rimangono gli spiccioli. In pratica alla rete di distribuzione spetta il 70% delle commissioni di gestione (nel calcolo sono esclusi le commissioni di sottoscrizioni) e alla SGR solamente il 30%. Alla fine resta dunque ben poco nelle casse delle SGR per migliorare la loro competitività sul mercato, per pagare i bravi gestori, per investimenti in studi e analisi che permettono di battere il benchmark. I collocatori italiani sono dopo la Spagna i più costosi d’Europa. Oltre confine le commissioni di retrocessioni arrivano al massimo al 50% dei costi complessivi, in Italia, invece, è solo il punto di partenza. In Europa la pratica del mercato prevede la retrocessione di un terzo delle commissioni di gestione. Le SGR più generose verso i distributori arrivano a retrocedere anche il 50% delle commissioni di gestione. In Gran Bretagna alle reti di distribuzione viene retrocesso il 51,89% delle commissioni totali incassate dalla SGR, in Svizzera il 58%. Il 70% delle commissioni di gestione retrocesse rappresenta una media. Ma c’è chi arriva a retrocedere anche il 100%, è il caso di Groupama A.M, mentre Euromobiliare A.M, Aletti Gestielle e Bipiemme Gestioni retrocedono rispettivamente l’87,69%, l’87,24% e l’83,48%. Ma se andiamo ad analizzare meglio i dati delle retrocessioni, scopriamo che il sistema distributivo dei fondi in Italia è in mano per il 90% alle banche, e le retrocessioni, a parte qualche eccezione di stampo assicurativo, vengono distribuite agli sportelli. Mentre le SGR di dimensioni minori retrocedono alle società distributori delle percentuali decisamente inferiori. In Italia Investitori SGR e Tank non retrocedono nulla, due casi probabilmente da imitare per le SGR di dimensioni maggiori. Altro esempio di bassa retrocessione è rappresentato da Gesti Re che gira alla rete in media il 18,6%, Alpi Fondi IL 20% E Nextam Partners il 21,6%.

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TEORIA E PRATICA

L’origine della crisi

CRISI FINANZIARIA

L’origine della crisi: quella formula che ci ha cambiato la vita. Jonathan Figoli

Non più tardi di un un anno fa erano in molti coloro che avrebbero scommesso sulla vittoria del premio Nobel per David X. Li vero genio della matematica. Erano già diversi, infatti, gli economisti finanziari, compresi alcuni analisti di Wall Street (i cosiddetti quant), che avevano già ricevuto il Nobel in economia e il lavoro di Li sulla quantificazione del rischio ha avuto un impatto superiore, e più rapido, rispetto ai vari contributi alla materia dei precedenti Nobel. Ma il fato, si sa, è imprevedibile e mentre oggi banchieri, politici, autorità di regolamentazione e investitori sono speranzosi e cercano di auto convincersi che gli effetti della più grande crisi finanziaria dalla Depressione in poi siano superati, Li probabilmente può dirsi contento di avere ancora un lavoro nel mondo della finanza. La storia di Li non parte da lontano nato nella Cina rurale intorno alla metà degli anni Sessanta si rivela da subito bravissimo a scuola e dopo la laurea in Economia all’università di Nankai, un Mba all’università di Lavai in Québec e un master in Scienze attuariali e un dottorato di ricerca in Statistica, entrambi presso l’università di Waterloo in Ontario approda nel 1997 alla Canadian Imperiai Bank of Commerce, e si sposta in Barclays Capital, dove nel 2004 fu incaricato di ricostituire la squadra di analisti quantitativi. Ma la data chiave di questa vicenda rimane il 2000 anno in cui David X. Li, mentre lavorava in JPMorgan Chase, pubblicò nel Journal of Fixed Income uno studio dal titolo ”Sulla Correlazione d’insolvenza: un approccio basato sulla funzione copula” (in statistica, una copula viene usata per rimettere in relazione il comportamento di due o più variabili) il cui contributo centrale era dato da questa, tutto sommato corta, serie di caratteri: Pr [Ta <1,Tb <1] = φ2 (φ−1 (Fa (1)),φ−1 (Fb (1)),y)

dove ci si propone di calcolare la probabilità di insolvenza congiunta ovvero la possibilità che due par-

tecipanti qualsiasi del fondo (A e B) siano entrambi insolventi. Il contributo di David X. Li è di sicuro valore tanto che per cinque anni questa formula, nota come funzione di copula gaussiana, è apparsa come un notevole progresso, un pezzo di teoria finanziaria che permetteva di trasformare la realtà e i suoi rischi altamente complessi in un modello si accurato ma che faceva della semplicità il suo punto di forza. Il problema è nato quando gli investitori hanno deciso di utilizzare questa formula e sfruttarla come un metodo veloce e facile per valutare i rischi di ogni forma di investimento. L’applicazione della formula di copula gaussiana ha reso possibile, infatti, ai trader la vendita di enormi quantità di nuovi titoli, provocando un’espansione senza precedenti dei mercati finanziari. L’utilizzo di questo metodo si è ben presto esteso a macchia d’olio ed è stato ben presto fatto proprio e utilizzato da tutti i soggetti finanziari, dagli investitori in obbligazioni (bond) alle banche di Wall Street, passando per le agenzie di rating e coinvolgendo le stesse autorità di regolamentazione, radicandosi così profondamente che le preoccupazioni sui suoi limiti sono state ignorate alla grande. Ma qual’era il concetto intrinseco di questo modello? Facciamo un passo indietro partiamo dalla considerazione che gli investitori amano la scommessa e il rischio che questa comporta, purché possano dargli un prezzo. Quello che odiano è l’incertezza, il non sapere quantificare quanto sia grande. Di conseguenza, gli investitori in obbligazioni e le società di erogazione di mutui vogliono misurare nella maniera più esatta possibile la Correlazione del rischio, per darle un prezzo. Prima dell’avvento dei modelli quantitativi, come quello di Li, l’unico momento in cui si investiva con relativa tranquillità nei fondi con componenti legate all’incertezza (come i mutui e la loro probabilità di rimborso) era quando non esisteva alcun rischio o, meglio, quando vi era una garanzia implicita delle obbligazioni da parte delle agenzie semi-pubbliche come le cosiddette Fannie Mae e Freddie Mac. David X. Li si è dedicato, nei suoi studi, ad analiz18


TEORIA E PRATICA

L’origine della crisi

zare proprio questo problema: quello di determinare la Correlazione ovvero il modo in cui gli eventi più disparati sono strettamente collegati tra loro e l’ha risolto con una formula matematica semplice ed elegante, una formula che presto sarebbe diventata onnipresente nel mondo della finanza internazionale. Per meglio comprendere il concetto della Correlazione, pensate a qualcosa di semplice, come una ragazzina delle elementari: chiamiamola Arianna. La probabilità che quest’anno nasca un fratellino ad Arianna è pari al 5 per cento circa, la possibilità che veda un suo compagno cadere dalla sedia è pari al 5 per cento circa, il rischio che prenda i pidocchi è pari al 5 per cento circa, e la probabilità che ottenga la parte della protagonista nella recita della propria scuola è pari al 5 per cento circa. Se gli investitori stessero trattando titoli basati sulla possibilità che una di queste cose capiti ad Arianna, data la medesima probabilità di accadimento, starebbero tutti trattando (più o meno) allo stesso prezzo. Ma se considerassimo due bimbe invece di una, non solo Arianna ma anche la sua compagna di banco, Denise, occorre fare delle considerazioni fondamentali. Se i genitori di Denise fanno nascere un maschietto, quali sono le possibilità che anche i genitori di Arianna diano alla luce un bambino? Ancora circa il 5 percento: la Correlazione qui è vicina allo zero perché i due casi sono indipendenti l’uno dall’altro. Ma se Denise vede cadere un compagno dalla sedia, le possibilità che alla scena assista anche Arianna, sua compagna di banco, sono molto più alte, dal 5% si passa quantomeno ad un 50 per cento: la Correlazione è probabilmente salita intorno allo 0,5. Se Denise prende i pidocchi, quante possibilità esistono che anche Arianna ne sia interessata? Molto alta (sono sedute una accanto all’altra) e potrebbero anche arrivare fino al 95 per cento, il che significa che la Correlazione è vicina a 1. E se, infine, Denise ottiene la parte da protagonista nella recita scolastica, la possibilità che la ottenga anche Arianna scendono a zero, il che significa che la Correlazione è negativa: -1. Se gli investitori stessero commerciando in titoli basati sulla possibilità che le cose accadano sia a Denise sia ad Arianna, i prezzi sarebbero molto diversi tra loro, visto che le Correlazioni sulle varie ipotesi cambiano notevolmente. Ma la Correlazione non è una scienza perfettamente esatta. Misurare solo le probabilità iniziali del 5% significa raccogliere grandi quantità

di dati disparati e sottoporli a tutta una serie di analisi statistiche e, quindi, di errore. Cercare di determinare la probabilità condizionata, ovvero la possibilità che Arianna prenda i pidocchi da Denise, è ancora più difficile, visto che la frequenza di quel tipo di dati è molto rara. A causa, quindi, della scarsità di dati storici, è probabile che gli errori siano molto più grandi. Pensate al mondo dei mutui, qual è la possibilità che il valore di una certa casa diminuisca? Si può guardare alla storia passata dei prezzi degli immobili per farsi un’idea, ma sicuramente anche la situazione macroeconomica del paese gioca un ruolo importante. E qual è la possibilità che se una casa in uno Stato perde valore, lo perda anche una casa simile in un altro Stato? La valutazione della correlazione risulta molto più difficile. David X. Li, di fatto, escogitò un modo ingegnoso, e fino ad allora mai considerato, di misurare la Correlazione d’insolvenza senza nemmeno valutare (ed anche guardare) tutta la mole esistente di dati storici sull’ insolvenza. Utilizzò, in modo più veloce e immediato, i dati esistenti sul mercato tenendo in considerazione principalmente i prezzi di strumenti finanziari che oggi sono stati sulla bocca di tutti gli economisti: i CDS, Credit Default Swap (letteralmente da tradursi con ”scambio di flussi sui rischi di credito”). Per comprendere meglio il perché del loro utilizzo consideriamo il fatto che l’investitore al giorno d’oggi ha due scelte: può prestare denaro in maniera diretta al debitore acquistandone un’obbligazione, oppure può vendere i CDS, vere e proprie assicurazioni contro quegli stessi debitori nel caso diventassero insolventi. In entrambi i casi il nostro investitore, da un lato percepirà un flusso regolare di introiti dato dai pagamenti di interessi o dai pagamenti del premio assicurativo e, dall’altro, se il debitore diventasse insolvente l’investitore perderebbe un sacco di soldi. I ritorni sono pressoché identici per entrambe le strategie, ma, siccome per ogni singolo debitore può essere venduto un numero illimitato di CDS e la disponibilità di swap non è limitata come quella delle obbligazioni, ne è derivato il fatto che il mercato dei CDS è riuscito a crescere in maniera estremamente rapida. Nonostante fossero uno strumento relativamente giovane quando venne pubblicato lo studio di Li, diedero presto luogo ad un mercato più grande e più liquido rispetto a quello delle obbligazioni sulle quali erano 19


TEORIA E PRATICA

L’origine della crisi

basati. La filosofia principale era data dal fatto che se il prezzo di un Credit default swap si fosse alzato, avrebbe significato un aumento del rischio d’insolvenza. La scoperta di Li fu questa: invece di aspettare di avere messo assieme un numero sufficiente di dati storici sull’insolvenza si poteva usare lo storico dei prezzi del mercato dei CDS! È difficile costruire un modello storico per prevedere i comportamenti di Arianna o di Denise, ma chiunque può vedere se il prezzo dei Credit default swap su Denise tende a muoversi nella stessa direzione di quello dei CDS su Arianna. E se lo fa, allora c’è una forte correlazione tra i rischi d’insolvenza di Arianna e di Denise. Il Modello si è sviluppato perché le agenzie di rating e gli investitori si sentivano decisamente molto sicuri con le tranche a tripla A perché credevano che in nessun modo centinaia di proprietari immobiliari sarebbero stati insolventi tutti insieme nello stesso momento. Una persona può ammalarsi, un’altra perdere il lavoro, ma queste sono disgrazie individuali che non incidono sui conti pubblici nel loro complesso: tutti gli altri stanno ancora pagando puntualmente i propri

contributi. Il modello comincia a entrare in crisi se si riflette sul fatto che non tutte le disgrazie sono individuali. Se i prezzi delle case nella tua zona crollano e tu perdi un po’ del valore del tuo capitale complessivo, ci sono buone possibilità che anche i tuoi vicini perdano una parte di questo valore. Se andiamo oltre ed arriviamo al risultato di essere insolvente sul mutuo, c’è una probabilità alta che anche loro non siano in grado di pagare. Negli scorsi anni, poi, era facile ignorare gli avvertimenti di altri economisti più avveduti. Le banche non li tenevano in considerazione perché i manager non capivano le discipline statistiche e, soprattutto, stavano facendo troppi soldi (e troppo in fretta) per fermarsi. L’analisi della ”genesi” della crisi termina qua! Ma nel prossimo numero di MyAdvice cercheremo di analizzare come il problema della valutazione del fattore di rischio delle obbligazioni sui mutui ipotecari e della corretta valutazione della correlazione all’interno dei mercati abbia portato, tramite il cosiddetto ”tranching” delle banche, ad una ripercussione della crisi a livello mondiale. Ah, la strada di David X. Li per la vittoria del premio Nobel si è fatta molto difficile.

Ind I. Us Dj Industrial USD

[1900−01−01/2009−06−29]

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giu 292009

DJ Industrial - Periodo (1900-2009) - Perdita Max 89,19%

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TEORIA E PRATICA

Crisi finanziaria

MERCATI AZIONARI

Quanto durano le crisi nei mercati azionari? Paolo Buro

I mercati finanziari come molte attività connesse alla sfera umana , alla natura, allo stesso cosmo sono legati a fenomeni che si alternano ad intervalli più o meno regolari. La ciclicità di un determinato evento è parte integrante della manifestazione dell’ evento stesso, in virtù , proprio, dell’alternarsi di queste espressioni ricorrenti. Se non esistesse la regolare periodicità dell’inverno e della primavera, non avrebbero ragione di esistere l’estate e l’autunno, ossia le stagioni stesse. Inoltre, basta pensare alle stretta correlazione di regolarità tra le fasi lunari e l’ andamento delle maree sulla terra. Questo significa che esiste uno stretto collegamento tra la periodicità di un determinato evento e la genesi di un altro evento periodico, ossia all’interno di un fenomeno che si ripete in modo ricorrente esistono altre manifestazioni regolari. I fenomeni ciclici, e non solo, accadono secondo un ordine ben prestabilito che separa il passato dal futuro in un rapporto causa ed effetto. Gli stessi processi fisiologici umani sono scanditi dai cosiddetti cicli circadiani, esempio l’alternanza dei ritmi sonno-veglia che regolano il nostro organismo. Ogni evento segue il suo corso con una ciclicità più o meno regolare : il giorno e la notte, la luce e il buio, l’inverno e l’estate, l’espansione e la contrazione dell’economia, l’euforia e il panico nei mercati finanziari. Anche i dispositivi di misura fabbricati dall’uomo per misurare il tempo funzionano in modo ciclico e periodico. La lancetta dei secondi dell’orologio torna dopo 60 secondi allo stesso punto, così la stessa cosa per la lancetta dei minuti, quella delle ore invece lo fa ogni mezza giornata. Il modo con il quale misuriamo meccanicamente il tempo è esattamente periodico perché ad intervalli regolari si torna sempre con precisione al punto di partenza. Giovanbattista Vico famoso filosofo affermava che in natura il concetto di ciclicità è evidente: la luna, il sole, le stagioni, le maree, si ripetono da miliardi di anni e sempre con lo stesso ritmo che si può affermare essere costante. Se si volesse disquisire sulla ciclicità degli eventi, si potrebbe obiettare se esista veramente una ciclicità degli eventi oppure non sia solo il bisogno dell’uomo di voler controllare ogni cosa e di ridurre tutto alla ragione. Di sicuro la periodica ciclicità racchiude, da parte di chi osserva il fenomeno, una razionalizzazione degli eventi in questione, e certamente

la logica umana cerca sempre un ordine di causa/effetto nei fenomeni che si presentano. In economia, il ciclo economico è costituito da oscillazioni più o meno ampie e regolari attorno ad un trend. Le fluttuazioni economiche sono caratterizzate dall’alternarsi di fasi di espansione e di recessione. Infatti ad un periodo di espansione dell’economia si alterna sempre un periodo di minore crescita o di depressione e viceversa, in modo che la dinamica appena descritta sia tipo oscillatorio attorno ad un valore definito medio. Ad un ciclo solitamente è associato un trend, che caratterizza la fase in questione per un determinato periodo di tempo. I mercati finanziari, catalizzatori di emozioni umane come la paura, la rabbia, l’ avidità, costituiscono un esempio della ciclicità dei prezzi degli asset azionari. Infatti quando la domanda per un determinato titolo prevale sull’offerta, allora il prezzo di quel asset intraprende un trend costantemente al rialzo (mercato bull); mentre in altri momenti in cui la pressione delle vendite si impone sugli acquisti, allora i prezzi delle attività finanziarie sono destinati a seguire un andamento decrescente (mercato bear). Esistono, poi situazioni estreme, che sfuggono al controllo della razionalità umana. L’euforia e il panico in borsa sono espressioni di un’ eccessiva irrazionalità da parte dell’intero sistema finanziario. Ma si sa, gli eccessi sono destinati in qualche modo a terminare e l’irrazionalità presente sul mercato in un determinato momento può venire in qualche modo interrotta in maniera brusca e repentina. I mercati finanziari sono come elastici, più li tiri, più accumulano energia al loro interno, che verrà prima o poi dispersa violentemente nell’ intero sistema, con la conseguenza che milioni di investitori, nei momenti di forti cadute dei mercati, perdono la testa e allo stesso tempo anche tantissimi soldi. Mentre quegli operatori che hanno imparato dalla storia dei mercati finanziari e usano la razionalità, lasciando da parte l’emotività, possono ottenere guadagni mentre il mercato è in panne. Può sembrare una banalità, ma molte volte, si è portati a pensare, che una determinata tendenza al rialzo oppure al ribasso possa perdurare per un tempo relativamente lungo, anzi quasi all’infinito. Certo è che la psiche umana tende ,comunque, ad abituarsi alla persistenza di un determinato movimento, e fa, comunque 21


TEORIA E PRATICA

Crisi finanziaria

fatica, quasi si impigrisce, a pensare al contrario di quello, che sta invece succedendo in quel momento in un determinato contesto. Basti pensare ai momenti di grande euforia, che talune volte serpeggiano sui mercati azionari e la maggior parte di noi, pensa che ad ogni rialzo, seguirà un rialzo ancora più grande, quasi senza fine. E comunque sappiamo sempre a posteriori, come è andata a finire. Ma il mercato non è fatto solo di rialzi. Infatti quando il panico prende il sopravvento sulla razionalità degli operatori, allora in maniera irrazionale si pensa, che tutto il mercato continuerà a crollare per mesi se non per anni. La storia è piena di insegnamenti, dai bulbi di tulipani, alla bolla del Mississippi, ai titoli tecnologici della new economy. Ma i mercati finanziari piegano l’ignoranza e l’avidità. Nei mercati, come nella vita , tutto ha un inizio, ha una sua persistenza nel tempo, più o meno regolare, e tutto ha un fine e questa alternarsi di fasi di espansione e di contrazione, ci dimostra , che nessuna forza è destinata a perdurare nel tempo. I mercati sono ciclici ed è proprio nella loro ciclicità temporale, che si può capire il loro comportamento e allo stesso tempo nella loro dinamicità storica, si possono avanzare ipotesi sulle loro dinamiche future. Intendiamoci di sicuro non c’è niente, le previsioni vengono fatte dai maghi, mentre noi ci basiamo sulla storia e soprattutto sulla statistica. E comunque non si possono fare previsioni attendibili, valutando una sola serie di dati, ma delle valutazioni serie e attendibili si possono costruire solo dopo aver verificato una molteplicità di fattori e di dati. Solo dall’interpolazione di questi fattori, è possibile formulare , in termini probabilistici, una serie di scenari futuri. Giunti a questo punto della trattazione, qualcuno potrebbe chiedersi, se i mercati finanziari hanno una rappresentatività ciclica, allora i prezzi che si manifestano nei mercati non seguono un andamento casuale, come invece sostiene la Random Walk Theory ?. Ma facciamo un piccolo passo indietro e spieghiamo brevemente la suddetta teoria. La Random Walk Theory sostiene che l’evoluzione dei prezzi non sia prevedibile e che non vi sia modo di trarre vantaggio dalla divulgazione delle informazioni perché i mercati le incorporano troppo velocemente diventando sempre più efficienti. La RWT identifica nel prezzo noto in un dato momento il limite ultimo della conoscenza degli operatori, al di là del quale è impossibile fare previsioni e l’unica strategia che consigliano e il ”BUY & HOLD”.

L’autore in questione ha una sua idea, tutta sua, condivisibile o meno, in merito al movimento dei prezzi nei mercati finanziari. Il prezzo che si forma nei mercati finanziari non è spiegabile da una sola teoria, da un’unica formula che circoscriva il tutto al puro caso. Tutto ciò potrebbe andare bene per l’ interpretazione di un fenomeno fisico, ma la realtà dei mercati finanziari è molto più complessa. I mercati azionari sono in primis costituiti da essere umani, che interagendo tra loro, determinano il consenso o meno sul prezzo delle azioni. Questa interazione tra gli uomini muove il mercato prima verso l’una e poi verso l’altra direzione, in una successione ricorrente e ripetitiva. I prezzi delle azioni non seguono un andamento di tipo browiano, cioè non sono indipendenti dalle variazioni precedenti, non hanno un andamento casuale, non seguano una distribuzione di tipo gaussiana ma l’andamento dei prezzi su un mercato finanziario è dato dall’interazione di milioni di operatori, i quali operano (vivono in gruppo) in condizione di incertezza, di razionalità limitata e anche di visione limitata del futuro. L’interazione dei partecipanti al mercato è funzione di uno scopo comune (fine egoistico), ossia il guadagno, ma per raggiungere tale obiettivo comune, ognuno ha bisogno degli altri (fine collaborativo). Ma ciascun partecipante al mercato è solo, e cercherà nella sua individualità di battere gli altri partecipanti (fine competivo). Questa interazione fra fini egoistici e modalità di collaborazione fra i partecipanti determina le regole del mercato. L’interazione fra i partecipanti con le loro paure, incertezze, avidità determina delle configurazioni (definite patterns) di tipo sociale (consenso verso una direzione o dissenso) che si esprime poi come configurazioni visibili dell’attività sociale dei partecipanti. Ma torniamo alla storia dei mercati finanziari, che cosa ci ha lasciato?, ma soprattutto che cosa ci ha insegnato ? E’ possibile formulare ipotesi o previsioni future mentre in questo momento sui mercati finanziari corre l’incertezza e la paura? La risposta non è così semplice e non si può generalizzare, confrontando semplicemente tra loro le crisi passate, per poi formulare delle previsioni. Il passato è passato, non torna più, ma comunque a noi, studiosi del passato, rimangono la storia dei comportamenti economici degli individui, quelli invece sono sempre simili, indipendentemente dal contesto storico, politico, economico e sociale. A livello macro l’agire economico 22


TEORIA E PRATICA

Crisi finanziaria

degli individui non è solo funzione delle proprie motivazioni interne ma anche degli input provenienti dall’esterno, ossia prendiamo decisioni anche in relazione a quel mondo che è fuori da noi, che non possiamo controllare. La pressione dei mass media, delle credenze, della paure, delle incertezze , ci portano a fare quello che singolarmente non avremmo nemmeno pensato di fare. In particolare, in condizioni di incertezza, se il singolo individuo è indeciso a prendere una determinata decisione, ma il gruppo preso come riferimento, ha intrapreso una certa direzione, molto probabilmente, l’individuo in questione seguirà il gruppo (istinto del gregge). Questo significa che l’uomo sotto la spinta di un evento destabilizzante si comporterà sempre allo stesso modo, facendo quasi sempre gli stessi errori, ossia secondo un rapporto causa ed effetto. Se avessimo modo di poter guardare come in un film il comportamento degli individui durante le fasi critiche, positive o negative, di un mercato finanziario, ci accorgeremo, che il loro modus agendi rimane immutabile nel corso dei decenni se non nei secoli. Ma, comunque, ciò che è successo nel passato, non è detto che nel futuro, si debba ripetere con la stessa entità e frequenza e periodicità. Nel corso di quasi un secolo i mercati finanziari hanno vissuto una grande moltitudine di accadimenti, dalla grande depressione che colpì tutte le economie mondiali, allo shock petrolifero del 1973, alla crisi russa del 1998, alla bolla legata ai titoli della new economy, fino ad arrivare ai giorni nostri con lo scoppio

della bolla legata ai mutui subprime. Ogni crisi dei mercati azionari è diversa dalle altre ma sembra comunque che esistono delle linee comune a quasi tutti i momenti estremamente negativi, che hanno colpito il sistema finanziario. In linea di massima possiamo dire che se la crisi trova origine da uno shock esterno ai mercati, esempio le guerre, condizioni climatiche estreme, attentati, allora probabilmente il sistema stesso riuscirà ad assorbire l’eccesso negativo in un tempo considerevolmente breve e lo shock in questione, se lo si guarda a posteriori, sembrerà un evento di breve entità. Basta pensare alla crisi russa dell’estate del 1998, quando la Russia svalutò il rublo e richiese una moratoria per i suoi debiti, e gli operatori si indirizzarono all’unisono verso asset di qualità, scatenando in questo modo una crisi dei mercati azionati, che provocò pesanti cadute alle borse e il fallimento del famoso hedge fund Lctm. Se si esamina attentamente la tabella n◦ 1, si può notare come lo S&P 500 (indice che abbiamo preso come punto di riferimento per le nostre statistiche) dal 17 di luglio del 1998 (massimo 1186 punti) al 31 agosto dello stesso anno (minimo a 957) lasciò sul terreno il 19,3% . Dal minimo 957 punti, l’indice americano impiego 2,6 mesi per riportarsi ai livelli del 17 luglio. Mentre il tempo necessario totale per lo S&P 500 per tornare dal massimo del 17 luglio ad un uguale livello fu di 4,3 mesi. Una crisi quella del agosto del 1998 di breve durata ma che comunque che provocò in poco tempo una caduta generale dei mercati azionari di tutto il mondo.

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TEORIA E PRATICA Massimo

Crisi finanziaria Minimo

Recupero dal minimo

Recupero

Data

Indice

Data

Indice

Rend. (%)

Data

Indice

Mesi

Rend. (%)

in Mesi fra massimi

06-Set-29 05-Mar-37 15-Set-39 29-Mag-46 15-Giu-48 02-Ago-56 12-Dic-61 09-Feb-66 29-Nov-68 11-Gen-73 28-Nov-80 25-Ago-87 16-Lug-90 17-Lug-98 24-Mar-00

31,83 18,62 13,06 19,25 17,06 49,74 72,64 94,06 108,37 120,24 140,52 336,77 368,95 1186,75 1527,46

08-Lug-32 31-Mar-38 28-Apr-42 19-Mag-47 13-Giu-49 22-Ott-57 26-Giu-62 07-Ott-66 26-Mag-70 30-Ott-74 12-Ago-82 04-Dic-87 11-Ott-90 31-Ago-98 09-Ott-02

4,41 8,50 7,47 13,77 13,55 38,98 52,32 73,20 69,29 74,31 102,42 223,92 295,46 957,28 776,76

-86% -54% -43% -28% -21% -22% -28% -22% -36% -38% -27% -34% -20% -19% -49%

25-Nov-54 11-Giu-46 21-Dic-44 20-Nov-50 14-Mar-50 27-Nov-58 06-Nov-63 07-Lug-67 09-Mag-72 19-Set-80 06-Gen-83 28-Set-89 16-Apr-91 26-Gen-99 30-Mag-07

34,22 18,65 13,11 19,93 17,25 51,90 72,81 91,69 104,74 129,25 145,27 348,60 387,62 1252,31 1530

254,3 101 29,6 38,8 5,5 11 5,2 7,7 9,3 69,5 2,6 19,8 4 2,6 56,4

676% 119% 76% 45% 27% 33% 39% 25% 51% 74% 42% 56% 31% 31% 97%

304,9 110 62 52 19,1 26,1 21 15 39,7 91,4 23,5 23 7 4,3 87,4

Prendiamo un altro caso di shock dei mercati azionari ma l’evento in questione questa volta è esterno ai mercati stessi, una guerra, la quale porta instabilità e grande incertezza futura sia sui mercati azionari sia sull’andamento dell’ economia. Nella guerra del golfo che scoppiò nell’agosto del 1990 , il mercato dal suo massimo (16 luglio, l’indice S&P 500 valeva 368,95) indietreggiò del 19,9% (come nella crisi russa del 1998) . Tale crisi durò poco meno di tre mesi e il mercato dal suo minimo (11 ottobre 1990) recuperò il terreno perso nel giro di 4 mesi, mentre ci vollero 7 mesi tra un massimo e l’altro. Se invece si prende in esame la grande crisi, cioè quella del 1929, si evince che l’indice S&P 500 perse in 34,5 mesi dal suo massimo ( 31,83 punti) l’86%, mentre ci vollero la bellezza di 304 mesi per tornare ai massimi del 6 settembre del 1929 quando l’indice valeva 31,83. Nel nostro studio sul mercato azionario americano, rappresentato dall’indice Standard & Poor’s 500 , abbiamo suddiviso 80 anni di storia in due grandi tendenze, quella caratterizzata da una persistenza al ribasso del mercato (mercato orso) e quella in cui la dinamica

dei prezzi trova un significativo rialzo. In questi quasi 80 anni (dal 1929 fino ad oggi) di storia del mercato americano, si sono alternate 16 fasi di mercato orso e 16 di quelle toro. Dalle nostre statistiche si evidenzia che la durata dei bear market ha una media di 14,8 mesi, mentre se non si considera il 1929, la durata media scende a 13,5 mesi. Questo significa che un mercato bear dura mediamente più di un anno con discese del mercato del 35% ( se non si considera il 1929, 31,6%). Come si può notare dalla tabella, la durata più lunga di un mercato orso e la rispettiva discesa, è quella rappresentata dal grande crollo del 29. Ma possiamo dire, che eventi di quella di portata sia in termini di durata e di discesa, difficilmente a livello sistemico ( quindi di mercato, non di singolo titolo) si possano riprodurre. Mentre le fasi bull durano di più di quelle orso. Infatti i mercati toro hanno una durata media di 44, 4 mesi, quasi 4 anni (mentre se si esclude il 1929, la durata scende a 43,6). In termini di rivalutazione, durante il mercato toro, l’indice SP ha guadagnato in media il 126,5% (se si esclude il 1929, 113%). Il mercato, quindi arretra mediamente del 35%, per poi rivalutarsi del 126

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TEORIA E PRATICA

Crisi finanziaria

Mercati Orsi dal 1929

Mercati Tori dal 1929

Mercato Orso (anni)

Durata (mesi)

Discesa S&P (%)

Mercato Toro (anni)

Durata (mesi)

Rivalutazione S&P 500 (%)

1929 1937 1938 1939 1946 1948 1956 1961 1966 1968 1973 1980 1987 1990 1998 2000 2007 MEDIA (16 Bear Market)

34,5 13 6,5 31,8 11,8 12,1 14,8 6,5 8 18,1 21 20,7 3,4 2,9 1,5 30,9 ?

-86,1% -54,4% -22,4% -42,8% -28,5% -20,6% -21,6% -28,0% -22,2% -36,1% -48,2% -27,1% -33,5% -19,9% -19,3% -49,1% ?

56 7,5 5 49,7 13,1 86,9 50,4 44,1 26,1 32 74,5 61 31,3 94 19 60,8 ?

322,2% 1,2% 23,0% 157,7% 23,9% 267,1% 86,4% 79,8% 48,0% 73,5% 125,6% 228,8% 64,8% 301,7% 59,6% 101,5% ?

14,8

-35,0%

1932 1938 1939 1942 1947 1949 1957 1962 1966 1970 1974 1982 1987 1990 1998 2002 2009 MEDIA (16 Bull Market)

44,4

126,5% Fonte: professionefinanza.com.

Ind I. Us SP 500 USD

[1960−01−04/2009−06−29]

1000

500

200

100

50

gen 041960

gen 021964

gen 021968

gen 031972

gen 021976

gen 021980

gen 031984

gen 041988

gen 021992

gen 021996

gen 032000

gen 022004

gen 022008

S&P 500 - Periodo (1960-2009) - Perdita Max 56,78%

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TEORIA E PRATICA

Recessione

ANALISI

Comprendere la recessione iniziata a dicembre del 2007. Kendal Cole

Il 1◦ dicembre 2008 il NBER (L’ente Nazionale per la ricerca economica, ndr) annunciò che negli Stati Uniti la recessione era iniziata a dicembre 2007) . Il NBER ha descritto le 5 serie mensili che erano state seguite (1) il numero degli assunti (2) i redditi personali reali al netto dei trasferimenti (3) le vendite

Data

Impiego BP (%)

Redditi pers.reali (%)

del settore manifatturiero e del commercio all’ingrosso (4) la produzione industriale e (5) le stime sull’occupazione basate sui sondaggi alle famiglie. Quest’ultima misura non è inclusa delle loro ricerche precedenti ma generalmente è simile al numero degli impieghi delle buste paga. Ecco i dati espressi in percentuale a dicembre 2007, la data in cui il NBER ha notato il picco dei cicli economici precedenti.

Prod. industr. (%)

Vendite (%)

Stime sull’occupazione (%)

settembre 2007 99,6 100,1 99,6 101,0 99,9 ottobre 2007 99,8 100,1 99,1 101,7 99,7 novembre 2007 99,9 100,0 99,7 101,1 100,3 dicembre 2007 (PICCO NBER) 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 gennaio 2008 99,9 99,7 99,9 100,5 100,0 febbraio 2008 99,8 99,6 99,6 99,1 99,9 marzo 2008 99,8 99,6 99,3 99,1 99,8 aprile 2008 99,6 99,3 98,8 100,2 100,0 maggio 2008 99,5 99,1 98,5 99,9 99,8 giugno 2008 99,4 98,7 98,2 99,7 99,6 luglio 2008 99,3 98,5 98,2 98,8 99,5 agosto 2008 99,2 98,7 97,2 97,5 99,3 settembre 2008 99,0 98,4 93,2 95,3 99,1 ottobre 2008 98,7 98,8 94,5 95,5 98,9 novembre 2008 98,3 99,3 93,2 93,3 98,5 dicembre 2008 97,8 99,1 91,1 92,6 98,0 gennaio 2009 97,2 98,5 89,2 91,6 97,1 febbraio 2009 96,7 97,8 88,3 91,9 96,9 marzo 2009 96,2 97,3 86,8 NA 96,3 aprile 2009 95,8 NA 86,4 NA 96,4 Fonte: Dipartimento del commercio, Ente delle statistiche sul lavoro, Board della Federal Reserve e calcoli dell’autore, tutti i dati sono espressi in percentuale dei valori di dicembre 2007.

Il NBER definisce la recessione come una riduzione significativa dell’attività economica che contagia tutta l’economia per una durata superiore a qualche mese, e questi dati indicano una recessione economica. Tutti e cinque gli indicatori sono scesi per più di qualche mese, con il picco tra settembre 2007 (il reddito

personale reale) e aprile 2008 (stime sull’occupazione per nucleo famigliare). Ora che sappiamo che la recessione è iniziata, la questione che si pone è quando finirà. Continuerò ad aggiornare questa tabella con i dati: rispetto al dato più recente (aprile 2009) la recessione continua. 26


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Recessione

Nota: il comitato del NBER ha deciso di destagionalizzare il reddito personale al netto degli trasferimenti usando il deflatore del PIL; poiché questo dato viene pubblicato ogni trimestre, interpoleranno i dati per avere dati mensili. Forse è soltanto una mia impressione (probabilmente sbagliata), ma scorrendo i dati del NBER sull’ultima recessione mi è sembrato che abbiano usato il deflatore PCE mensile, lo stesso che uso io.

Questi due deflatori di solito si devono muovere insieme. In ogni caso, io continuo a usare il deflatore PCE (dato che è pubblicato mensilmente e disponibile con i dati relativi al reddito personale) il che potrebbe significare che i dati relativi al reddito personale in questa tabella potrebbero essere leggermente diversi da quelli usati dal NBER.

FTSE/Mib 40837

Rend.(%)

12621

19675

26729

33783

Ultima settimana 3, 25 Ultimo mese 1, 99 Ultimo anno 0, 04 Anno precedente −49, 38 1 anno −32, 76 2 anni −53, 53 3 anni −46, 75 4 anni −40, 38 5 anni −30, 45 ●

Lug−06

Feb−07

Set−07

Apr−08

Nov−08

Rilevamento del 01/07/09 Lug−09

Perdita Max (a 3 anni) -71,55% dal 18/05/2007 al 09/03/2009

12621

19675

26729

33783

40837

Lug−06

Feb−07

Set−07

Apr−08

Nov−08

Lug−09

Guadagno Max (a 3 anni) 26,09% dal 18/07/2006 al 18/05/2007

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Asset allocation

ASSET ALLOCATION

Affrontare i cicli economici-finanziari con l’asset allocation. Daniele Bussola

L’asset allocation consiste nella scelta delle attività (asset) nelle quali ripartire il capitale al fine di massimizzare, dato un certo livello di rischio, il rendimento atteso. In un corretto piano d’investimento non esiste una sola asset allocation, bensì due: strategica e tattica. Asset Allocation Strategica Una volta stabiliti gli obiettivi da raggiungere e la tempistica l’asset allocation strategica è la ripartizione delle disponibilità, iniziali e successive, tra i vari asset tenendo conto anche di una corretta diversificazione geografica e settoriale. Rappresenta la definizione delle linee guida dell’investimento. Da sottolineare che stiamo parlando di una visione globale di lungo periodo. Lungo periodo all’interno del quale vi so-

no sicuramente obiettivi/esigenze con scadenze più o meno lunghe. Fare una corretta pianificazione finanziaria consente anche di affrontare meglio gli imprevisti che dovessero presentarsi (esigenze non preventivate/bili, diminuzione o aumento delle disponibilità, . . . ). Da più studi è stato dimostrato che il 90% del rendimento di lungo periodo di un portafoglio è dato proprio dall’asset allocation strategica. Asset Allocation Tattica Consiste nella variazione, entro un determinato range, della composizione del portafoglio al fine di sfruttare le previsioni di breve periodo per adeguarsi alle fasi dei cicli economici e di conseguenza ai cambiamenti dei mercati finanziari. Con l’asset allocation tattica si utilizza l’orologio degli investimenti:

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TEORIA E PRATICA

Asset allocation

L’orologio è utile per anticipare i momenti favorevoli dei mercati e per evitare, o quantomeno limitare, i danni nei momenti di rallentamento o recessione

che normalmente si verificano dopo i periodi di forte crescita economica.

In una fase di pieno sviluppo, quando l’economia corre troppo e le autorità restringono progressivamente le condizioni monetarie per evitare effetti di surriscaldamento, i tassi più elevati fermano l’acquisto dei beni di elevato valore unitario. In tale contesto il settore dei beni ciclici, che fino a quel momento era il più avvantaggiato, inizia a sentire il contraccolpo e i settori più performanti diventano quelli di materie prime e tecnologia. Infatti l’industria di trasformazione si pone problemi di produttività ed efficienza di conseguenza investe in tecnologia (software, automazione, comunicazione, ecc.). Questo contesto economico suggerisce investimenti in materie prime o aziende legate a queste e in quelle collegate alla tecnologia.

fase si esaurisce si registra un forte declino del tasso di sviluppo. Gli economisti non temono più l’inflazione ma la recessione. Questa è la situazione nella quale ci troviamo da un po’ di tempo. I tassi d’interesse vengono progressivamente tagliati per dare ossigeno all’economia. In uno scenario così delicato è favorito il mercato obbligazionario e i settori meno influenzati dal rallentamento sono ancora una volta i beni di consumo non ciclici (alimentari, tabacco, bevande, cura della persona, farmaci) e le utilities (acqua, gas ed elettricità). Anche i titoli bancari sarebbero utili in tale situazione, ma in questo particolare contesto economico finanziario il loro impiego deve essere valutato con maggiore attenzione. Nel momento in cui si preveda, o sia già in atto, una ripresa economica è senz’altro consigliabile esporsi maggiormente verso le azioni e più in particolare aumentare il peso in portafoglio dei titoli/settori più legati ai consumi. A far ripartire l’economia sarà la ritrovata fiducia dei consumatori e di questo ne beneficeranno maggiormente i beni di consumo, soprattutto quelli ciclici come casalinghi, abbigliamento, calzature, arredamento, editoria, pubblicità, media e tv.

Come sempre dopo una fase di forte sviluppo vi è quella del rallentamento. I tassi progressivamente più elevati raggiungono lo scopo di frenare l’economia. Il tasso di crescita rimane positivo ma inferiore ai livelli precedenti mentre i tassi rimangono alti perciò, in una simile condizione, meglio rimanere liquidi e puntare, per quanto riguarda le azioni, su settori difensivi come alimentari, tabacco e farmaceutico. Quando questa

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Asset allocation

PRIVATE BANKING

L’asset allocation. La sua composizione, la valutazione del cliente e l’analisi del mercato. Vincenzo Polimeno, 1

L’attività di private banking, si presenta non univoca, variegata e multiforme; nonostante ciò i suoi contenuti possono essere ricondotti all’interno di due componenti, una tipicamente relazionale e l’altra più prettamente tecnica, che si intersecano allo scopo di realizzare, per ogni affluent o HNWI, una gestione il più possibile mirata e soddisfacente del suo patrimonio. Il combinarsi di queste due componenti trova la sua espressione più evidente e rilevante nell’ambito del processo di asset allocation, nel quale si dispiega, appunto, una serie di fasi tecniche e relazionali che rappresentano l’essenza operativa del private banking e che, pertanto, meritano di essere tratteggiate nelle loro linee essenziali. In linea di principio, con il termine asset allocation si designa una serie di interventi, posti tipicamente in essere da un intermediario finanziario, finalizzati a ripartire nel modo più opportuno tra varie classi di attività le risorse finanziarie dell’investitore. In realtà, si tratta di un vero processo integrato che, per ciascun cliente, si prefigge di ottenere la migliore composizione di un portafoglio, identificando un asset mix ottimale con riferimento a uno specifico orizzonte di investimento, e cercando di replicare/superare un benchmark, che si configura come il rendimento realizzato da un ”portafoglio ombra”. Il concetto di asset allocation, peraltro, non si presenta univoco, bensì contrassegnato da varie gradazioni o livelli. Tra questi, i più noti sono l’asset allocation strategica, relativa alle scelte di medio e lungo periodo nella composizione del portafoglio, e l’asset allocation tattica che, nelle varie fasi congiunturali, si sostanzia in quel complesso di scelte di breve periodo che consentono di individuare le migliori opportunità di investimento. Non è comunque possibile disegnare un modello oggettivo di asset allocation avente validità generale; esso, viceversa, dovrà essere adattato con flessibilità alle caratteristiche della clientela servita e alle sue esi-

genze finanziarie. È quindi evidente che, in un’attività come il private banking, nella quale prevale un approccio focalizzato su clienti di elevato standing, le scelte compiute in termini di asset allocation presentano un profilo peculiare e risultano variabili in relazione alle molteplici necessità degli affluent. In primo luogo, infatti, le decisioni alla base del processo di asset allocation scaturiranno dall’interazione tra valutazione degli obiettivi e del profilo del cliente e principi di investimento seguiti dall’intermediario finanziario, consentendo in tal modo di pervenire a un’idonea strutturazione del portafoglio della clientela. Nel realizzare questo processo secondo le linee guida individuate, bisogna peraltro prestare particolare attenzione a monitorare l’evolversi delle condizioni di mercato e dei bisogni del cliente e ad attuare, conseguentemente, coerenti interventi di restructing del portafoglio. In altre parole, risulterebbe estremamente pericoloso per un private banker ritenere che il proprio compito principale consista semplicemente nel realizzare, una tantum, investimenti tailor made alla luce dell’analisi del cliente. Infatti, poiché l’attività di private banking ha un prevalente contenuto relazionale, è possibile affermare che proprio la percezione di modifiche nei bisogni del cliente, nonché naturalmente nelle condizioni di mercato, rappresenta uno dei compiti primari di un private banker. Del resto è evidente che, se le scelte di asset allocation vengono effettuate cercando di realizzare la miglior combinazione tra situazione dei mercati, attuale e attesa, e bisogni del cliente, la semplice modifica di una sola di queste variabili altera la validità del processo di investimento impostato e richiede opportuni riaggiustamenti. Come evidenziato nella Figura 1, le decisioni di asset allocation vengono assunte nell’ambito di un processo-tipo, continuamente reiterato per evitare che la mancata considerazione di un mutamento di una variabile chiave possa tradursi, nel tempo, nella strutturazione di un portafoglio privo della sua originale natura tailor made.

1 vincenzo.polimeno@professionefinanza.com

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TEORIA E PRATICA

Asset allocation

Figura 1: Le decisioni di asset allocation: ciclicità del processo Le riflessioni fin qui svolte consentono di precisare che la costruzione di un portafoglio deve procedere lungo due binari paralleli i quali, tuttavia, presentano frequenti interrelazioni (Figura 2). Il primo binario identifica il complesso processo di valutazione del cliente, di individuare i suoi obiettivi manifesti e latenti, attuali e prospettici, e la conseguente strutturazione di un investment profile. Il secondo binario, invece, riguarda

la strategia di investimento del private banker e la connessa asset allocation che, tuttavia, non viene formulata in modo astratto o teorico, bensì tenendo in preminente conto l’investment profile del cliente e pervenendo, per questa via, alla costruzione del portafoglio tailor made e all’identificazione e pubblicizzazione del benchmark di riferimento.

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TEORIA E PRATICA

Asset allocation

Figura 2: Il processo di costruzione del portafoglio Quest’ultimo consente di evitare che il cliente nutra aspettative di rendimento eccessive rispetto al livello di rischio che intende sopportare e, nel contempo, costituisce un costante elemento di raffronto nello svolgimento dell’attività del gestore tecnico. In tal senso, un ruolo cruciale è svolto dalla misurazione della performance che fornisce al cliente e al gestore elementi in grado di indurre modifiche, rispettivamente, nel proprio investment profile e nelle modalità di gestione attuate. Tutte le attività di ricerca, studio, relazione con il cliente e gestione tecnica richiamate in precedenza, adeguatamente ordinate in modo sequenziale, vengono a comporre il processo di asset allocation in senso lato; in altre parole esse possono essere ”esplose” e articolate in una serie di fasi che, maturando e susseguendosi a livelli gerarchici successivi, danno vita a un processo integrato di investimento del private banking che assume una struttura top down. La formalizzazione degli stadi del processo di asset allocation, esemplicata nella Figura 3, assume un rilievo strategico assoluto, in quanto consente all’intermediario finanziario di controllare ex ante il profilo rischio-rendimento del portafoglio da predisporre per

la clientela e di misurare ex post il contributo all’extra rendimento di ogni fase. I diversi stadi in cui si articola il processo si prestano, ciascuno, a una sintetica disamina che mette in luce l’ampiezza e la complessità dei contenuti dell’attività di asset allocation. La prima fase del processo in esame ha finalità di approfondimento della conoscenza della situazione personale del cliente; di questo si valuteranno, con idonea documentazione e incontri di durata variabile, entità e composizione delle attività, delle passività e della ricchezza netta. La raccolta di informazioni, oltre a porsi come antecedente logico dell’attività di gestione della relazione, consente di acquisire alcuni elementi di giudizio importanti per orientare le fasi successive. Essa, infatti, evidenzia con immediatezza il grado di consapevolezza finanziaria del cliente e, quindi, aiuta il gestore della relazione a tararsi, anche a livello di terminologia tecnica utilizzata, sul livello di conoscenza e comprensione dell’affluent. Informazioni preziose possono poi essere ottenute valutando, per ogni cliente, il rapporto esistente tra stock di consumo e di investimento; tale ratio permette di desumere indirettamente lo standard di vita che il cliente intende mantenere e che è destinato a influenzare le scelte di portafoglio da compiere.

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TEORIA E PRATICA

Asset allocation

Figura 3: Il processo di asset allocation Infine, un’analisi ”storica” della composizione del portafoglio e delle decisioni di investimento assunte può essere sintomatica, seppure solo in prima approssimazione, del grado di propensione al rischio dell’affluent. La seconda e terza fase, rispettivamente ”valutazione delle esigenze del cliente” e ”misurazione della propensione al rischio e delle aspettative del cliente”, richiedono particolare attenzione e impegno per il ge-

store della relazione. Infatti, il suo compito non consiste semplicemente nell’ascoltare e recepire quanto affermato dal cliente, ma anche nel rilevare l’esistenza di eventuali incongruenze tra quanto manifesta il cliente e le sue concrete modalità di comportamento. Queste fasi vengono svolte mediante incontri con il cliente, durante i quali il relationship manager si avvale spesso di questionari ad hoc e/o di strumenti informa33


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Asset allocation

tici che tendono a razionalizzare, mediante l’utilizzo di opportuni modelli, le informazioni fornite. Uno degli aspetti salienti che devono essere appurati riguarda la misurazione del cosiddetto holding period, cioè dell’orizzonte temporale di investimento del cliente. Esso risulta cruciale in quanto è uno degli elementi più importanti di cui devono disporre i gestori tecnici per impostare strategie parziale o accentuata immunizzazione del portafoglio, per stabilirne la composizione più idonea e per impostare strategie di mantenimento/crescita del valore reale del patrimonio. Anche se la misurazione dell’orizzonte di investimento non si presenta agevole, un rapporto duraturo con il cliente consente di evidenziare eventuali sfasamenti tra investment horizon manifestato e scelte di investimento compiute. È quindi possibile affermare che dallo studio del binomio holding period - risk tolerance del cliente scaturiscono informazioni probanti per impostare la selezione degli strumenti da inserire in portafoglio e le modalità di gestione che è più opportuno attuare dopo averne definito la struttura; è importante peraltro, per evitare disillusioni non agevoli da gestire sotto il profilo relazionale, che le aspettative in termini di rendimento del cliente siano coerenti e fasate con l’holding period preferito, nonché con il livello di rischio che egli si dichiara disposto ad assumere. Se l’orizzonte di investimento costituisce il principale paradigma di riferimento delle scelte di investimento, nondimeno altri fattori, quali ad esempio il profilo di liquidità e quello fiscale e legale dell’investitore, possono influire sulla composizione del portafoglio. Un elemento di rilievo che deve emergere dalle citate fasi del processo di asset allocation riguarda quindi, in primo luogo, l’apprezzamento delle esigenze di liquidità del cliente, connesse anche alla sua propensione all’investimento in beni di consumo, monitorata nella fase precedente. Il fabbisogno di liquidità non condiziona in modo diretto le scelte di composizione del portafoglio che, come si è precisato, dipendono dall’holding period, anche se è evidente che tanto più esso è elevato quanto più il gestore propenderà per investimenti agevolmente smobilizzabili. Al mutare delle condizioni di mercato, naturalmente, il portafoglio dovrà essere oggetto di frequenti ribilanciamenti, attuati tenendo anche conto di eventuali variazioni nella propensione alla liquidità del cliente. Particolare attenzione dovrà essere prestata al caso in cui il cliente dovesse manifestare bisogni di liquidità improvvisi e di rilevanza quantitativa rimarchevole al fine di evitare

che, a seguito di consistenti operazioni di smobilizzo, l’incidenza sul totale del portafoglio della componente illiquida, come ad esempio gli immobili, diventi eccessiva e non conforme agli esborsi associati allo stile di vita del cliente. In ogni caso, la struttura del portafoglio dovrà sempre essere dipendente, in prima battuta, dall’orizzonte di investimento del cliente; le esigenze di liquidità, invece, dovranno essere monitorate e apprezzate nel loro ammontare nelle fasi di periodico riaggiustamento e soddisfatte al loro manifestarsi attingendo, soprattutto, alla porzione di portafoglio che comprende investimenti in strumenti del mercato monetario. Un secondo profilo di analisi che deve essere valutato in questa fase riguarda la posizione del cliente, considerata sotto l’aspetto fiscale e legale, che, a sua volta, può avere riflessi sulle scelte di investimento. Il relationship manager deve quindi indagare l’effettiva situazione fiscale del cliente in quanto essa contribuisce a definire il quadro degli elementi da considerare per effettuare un’ asset allocation mirata e consapevole. La variabile fiscale, ad esempio, può rendere più appetibili alcune forme di investimento rispetto ad altre e può costituire un’ulteriore discriminante di cui tener conto nella scelta tra classi di attività per altri versi equivalenti. Analogamente, il private banker deve appurare se, da un punto di vista legale, gli investimenti finanziari e immobiliari del cliente sono liberi o gravati da vincoli quali, ad esempio, pegni o ipoteche a fronte di finanziamenti ricevuti. In quest’ultimo caso, infatti, ne discenderebbe l’impossibilità di procedere a operazioni di smobilizzo e, quindi, di conferire al portafoglio una struttura complessivamente equilibrata sotto il profilo della liquidità. Parallelamente alle analisi compiute sulla situazione del cliente, sulle sue esigenze e sulle sue aspettative, dovranno essere condotti studi più tecnici tesi ad esaminare nel dettaglio la situazione dei mercati finanziari, la loro evoluzione prospettica e le conseguenti opportunità di investimento. In altre parole, risulta fondamentale disporre in ogni momento di un quadro aggiornato delle condizioni in cui versano i mercati finanziari a partire dal quale formulare, con opportuni modelli econometrici, scenari di previsione fondati su aspettative aventi un livello di attendibilità elevato. Si tratta di compiti che tradizionalmente vengono affidati a staff composti da ”strategist”, analisti tecnici ed economisti che non solo monitorano e si sforzano di prevedere l’andamento dei tassi di interesse e la configurazione della curva 34


TEORIA E PRATICA

Asset allocation

dei rendimenti di mercato, ma studiano anche le caratteristiche intrinseche delle diverse classi di attività, sintetizzate attraverso l’elaborazione di indicatori di volatilità/rischiosità. Questa analisi rischio-rendimento diventa un input assai prezioso per il gestore, che viene così messo in condizione di prevedere, a fronte di differenti scenari di mercato, le potenziali conseguenze associate all’inserimento nel portafoglio di una specifica attività finanziaria. La costruzione di un portafoglio deve originare proprio dai risultati sia dell’indagine condotta sui bisogni e le attese del cliente sia di quella focalizzata sullo studio delle dinamiche dei mercati finanziari e delle attività in essi negoziate; l’individuazione della migliore correlazione tra queste variabili, ricercata nella fase di ottimiz-

zazione, può porre le basi per strutturare un portafoglio tailor made e, nel contempo, teso a sfruttare le opportunità offerte dal mercato. Nel cercare di perseguire tale obiettivo, il private banker ha spesso il supporto di modelli informatici di ottimizzazione che effettuano una prima strutturazione del portafoglio alla luce dei risultati delle analisi di mercato e di clientela compiute in precedenza. L’output del modello, peraltro, va correttamente inteso come una prima fase di assistenza e di supporto al portfolio manager; tale output dovrà essere ulteriormente affinato, perfezionato e verificato con il cliente nello svolgimento della fase di asset allocation strategica e non dovrebbe mai essere ribaltato automaticamente in immediate transazioni di acquisto sul mercato.

Rendimenti annuali (FTSE/Mib) 20 %

10 %

Rendimento (%)

0 %

2009 2008 2007 2006 2005

−10 %

−20 %

−30 %

0,04 −49,38 −6,95 16,05 15,46

−40 %

−50 % 2005

2006

2007

2008

2009

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TEORIA E PRATICA

Le opzioni

DERIVATI

Introduzione alle opzioni: andare lunghi Roberto Polidori

L’opzione è il diritto (ma non l’obbligo) di acquistare o vendere una determinata attività sottostante (un’azione, una valuta, un indice, un future su indice, una commodity etc.) a un determinato prezzo prefissato e ad una determinata scadenza (o entro una determinata scadenza) contro pagamento (o ricezione) di una cera quantità di denaro chiamato premio. Il contratto, quindi, prevede un’eventuale acquisto (o vendita futura) di una prestabilita quantità di una data merce a un prezzo predeterminato già al momento della sua conclusione. Un’opzione si definisce call quando si tratta di un diritto di acquistare, put quando si tratta di un diritto di vendere. Il prezzo prefissato al quale acquistate o vendere il sottostante è lo strike price o prezzo d’esercizio, la scadenza è l’expiration day, e per le opzioni standardizzate italiane o americane è sempre un terzo venerdì del mese. Un’opzione si definisce europea se esercitabile solo a scadenza, americana se esercitabile durante tutta la sua vita. Le opzioni su azioni tradate sul mercato IDEM italiano sono americane Apriamo la piattaforma operativa che il broker ci mette a disposizione e vediamo che in data 13/05/2009, alle 10:21, l’opzione call su Fiat scadenza Luglio 2009 e strike 7,80 non ha ancora battuto alcun prezzo. Cosa significa? Innanitutto diciamo che esiste il primo prezzo in denaro (in acquisto) pari a 0,8190 e il primo prezzo in lettera (in vendita) pari a 0,8540 con quantità inserite dal market maker (Borsa Italiana S.p.a) secondo i regolamenti di borsa che tutti possono ricavare dal

sito ufficiale di Borsa Italiana alla sezione derivati. Dobbiamo prima di tutto dire che Borsa Italiana S.p.A. ci dice che ogni opzione sul titolo Fiat controlla 500 azioni Fiat. Non è un dettaglio perché il lotto di azioni controllato dalle opzioni varia da azione ad azione (un’opzione Unicredit controlla, per esempio, 1000 azioni Unicredit). Bene, comprare l’opzione Fiat (il tutto è semplificato con il simbolo Fiat Luglio 09 7,80 Call) significa quindi spendere 500*0,85=425 Euro, cui bisogna aggiungere 5 Euro che i broker prendono in commissioni per la transazione. Siamo infatti sicuri che inserendo un ordine limitato a 0,85 diventiamo il primo denaro molto vicino alla lettera e l’ordine viene sicuramente eseguito. Spendiamo in tutto 430 Euro. Ma cosa abbiamo comprato? Abbiamo comprato il diritto di acquistare 500 Fiat al prezzo di 7,80 Euro entro il 17 Luglio 2009. Se il 17 Luglio 2009 Fiat vale 9 Euro noi possiamo ipoteticamente esercitare il nostro diritto e comprare 500 azioni Fiat a 7,80 anche se sul mercato le stesse azioni valgono 9 Euro. Guadagnamo quindi (9 - 7,80)*500= 600 Euro, cui bisogna togliere 50 Euro circa per le spese di esercizio e 430 Euro di investimento iniziale. Si vincono, quindi, 120 Euro circa. Molto più semplicemente possiamo rivendere sul mercato, con soli 5 Euro aggiuntivi di commissioni, la stessa call che abbiamo comprato (trattandosi di opzione americana) e guadagnamo in totale 165 Euro circa. Chi acquista una semplice call, quindi, è rialzista (o bullish), ma per avere un rientro positivo non deve solo sperare che il titolo salga, ma che salga sopra il punto di pareggio (o break-even point), che, nella fattispecie, equivale a 8,67 euro comprensivi di commissioni (10 Euro).

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TEORIA E PRATICA

Le opzioni

Figura 1: Long call Questo è il grafico profitti/perdite relativo all’acquisto dell’opzione call (long call d’ora in poi). Disegneremo il grafico a scadenza per ogni strategia in modo tale da definire bene il rischio in relazione al profitto e cercare di capire se il gioco (rischio) vale la candela (profitto potenziale). La domanda che un potenziale acquirente della call in questione si pone è questa: ”il titolo Fiat ha le potenzialità per superare 8,67 a scadenza?”. La risposta è si. Il titolo Fiat è, infatti, particolarmente volatile. Se la volatilità storica di un valore mobiliare misura la variazione percentuale annuale potenziale dell’entità in esame (in aumento o in ribasso rispetto ad un valore medio) e la volatilità storica a 256 giorni di Fiat alle 10,20 del 13/05/2009 era pari al 71%, possiamo dire che la volatilità storica a 65 giorni (numero di giorni che mancano alla scadenza dell’opzione acquistata) è pari al 31% circa. Cercherò di dare una spiegazione semplice di come si calcolano le volatilità. Per ora dovrete fidarvi di quanto dico. Ciò significa che, sulla base di dati osservati, Fiat ha ottime possibilità di muoversi tanto velocemente da poter far registrare un incremento del 12% in 65 giorni. Dovrebbe passare infatti da 7,73 (valutazione di Fiat nel momento in cui l’opzione è stata comprata) a 8,67 in 65 giorni per arrivare al break-even point o punto di pareggio dal quale ogni ulteriore aumento di Fiat ci fa guadagnare.

nito mi danno la ghiotta opportunità di introdurre altre proprietà importanti delle opzioni. L’opzione comprata è leggermente out of the money: un’opzione out of the money è un’opzione call il cui prezzo d’esercizio è più alto del prezzo del titolo al momento dell’acquisto. Questo significa che l’esercizio immediato della call al momento dell’acquisto non conviene: dovrei infatti comprare a 7,80 500 azioni Fiat che valgono in questo momento 7,73 Euro. Perderei quindi (7,80-7,73)*500= 35 Euro cui devo aggiungere 10 Euro di commissioni e 50 Euro relative alle spese di esercizio. E’ chiaro che chi acquista un’opzione call acquista solo valore tempo: acquista cioè la probabilità che l’opzione diventi in the money prima della scadenza e lo diventi così tanto da poter recuperare le spese sotenute per l’acquisto della call. L’acquirente, insomma, conta sulla volatilità dell’azione per ottenere un guadagno. Un’altra definizione di opzione call out the money potrebbe essere la seguente: un’opzione call e è out of the money se il suo valore è zero nell’ipotesi che, a scadenza, il titolo sottostante rimanga invariato. La figura 2 introduce il discorso sull’opzione put. Il book fornisce i prezzi denaro e lettera dell’opzione Fiat 7.80 Luglio 09 Put. Per essere sicuri di acquistare la put prescelta in data 13/05/09 alle 10.21 con Fiat a 7,735 bisogna impostre l’ordine d’acquisto a 0,91 spendendo 0,91*500=455 Euro cui bisogna aggiungere 5 Euro di commissioni.

La definizione di long call e l’esempio pratico for-

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TEORIA E PRATICA

Le opzioni

Figura 2: Long Put Immaginiamo che a scadenza l’azione Fiat scenda a 6 Euro. Se noi esercitiamo il nostro diritto a scadenza (17 Luglio 2009), secondo la definizione di opzione put, noi possiamo vendere a 7,80 500 azioni Fiat che sul mercato valgono 6. Ciò significa che possiamo acquistare al prezzo di mercato 500 Fiat spendendo 500*6 = 3.000 Euro e rivenderle a 7,80*500=3.900 Euro a chi si è impegnato ad acquistarle a quel prezzo contro nostro esercizio. Se noi abbiamo acquistato l’opzione put, infatti, dall’altra parte del mercato c’è chi ha venduto quest’opzione. Per fare questo dobbia-

mo restituire l’opzione put acquistata, il che significa un guadagno pari a 3.900 - 3.000 - 455 - 50=395 Euro. E’ molto più veloce e conveniente vendere la put acquistata piuttosto che imboccare la strada dell’esercizio a scadenza. Questa put a 6 euro rende (7,80-6)*500 = 900 euro cui bisogna sottrarre 10 euro di commissioni (5 per operazione) e 455 euro per l’acquisto della put a 0,91. In tutto il guadagno di 435 euro con Fiat a 6 euro a scadenza.

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Sicav

STRUMENTI

Le Sicav Mirko Serra

In questo breve articolo andremo a evidenziare le principali differenze tra Sicav e fondi comuni e il particolare trattamento fiscale cui sono sottoposte le Sicav. Le SICAV sono strumenti che nascono all’inizio degli anni ’70 in paesi come la Francia e soprattutto il Lussemburgo, mentre in Italia vengono formalmente introdotte nell’ordinamento solo all’inizio degli anni ’90, precisamente con il D. Lgs. N. 84/1992. Il termine S.I.C.A.V. è un acronimo che sta per Società d’Investimento a Capitale Variabile e, così come stabilito dall’art. 1 del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (c.d. Tuf - Testo unico della finanza) è classificata tra gli Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio: queste società hanno come unico oggetto quello di investire i capitali raccolti mediante l’offerta al pubblico delle proprie azioni, il cui valore è dato dal patrimonio netto diviso per il loro numero; inoltre, data la loro particolare natura (che li rende identici nel funzionamento ai fondi comuni di investimento, l’altra categoria appartenente all’insieme degli OICR) sono le uniche società di capitali nei quali agli azionisti è consentito entrare o uscire in qualsiasi momento (da qui la terminologia usata di capitale variabile): questo implica che il capitale sociale non è un valore nominale che esiste solo sulla carta, ma è pari al patrimonio netto della sicav stessa. In quanto Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (O.I.C.R.) sono sottoposte a vigilanza da parte della Banca d’Italia e da parte della Consob. La Banca d’Italia inoltre, è anche l’autorità di vigilanza che rilascia l’autorizzazione per la costituzione della Sicav, dopo aver sentito il parere della Consob; il capitale minimo per la costituzione di una sicav è pari ad un milione di Euro. A differenza di quanto accade con i fondi comuni di investimento, dove i sottoscrittori acquistano delle ”quote” del fondo e acquisiscono in questa maniera lo status di partecipanti, nelle Sicav i sottoscrittori comprano delle azioni, diventando così dei veri e propri azionisti. In questo modo, gli azionisti (sottoscrittori) delle sicav ogni anno possono intervenire all’assemblea degli azionisti e, proporzionalmente al numero di azioni che ognuno possiede, influire sulle scelte di gestione

della Sicav stessa. Essere azionisti di una Sicav, non implica necessariamente avere effettuato un investimento dei propri risparmi in titoli azionari: il patrimonio netto della sicav infatti è determinato dal valore complessivo degli strumenti finanziari nei quali il ”gestore” ha investito il capitale raccolto presso gli azionisti-sottoscrittori: questi strumenti finanziari possono essere anche di natura obbligazionaria (si parlerà in questo caso di comparto obbligazionario) o anche di natura monetaria (pronti contro termine, obbligazioni con duration inferiore o uguale a 6 mesi, ecc..); in questi casi, l’essere azionisti di un comparto di una sicav che investe in strumenti di natura monetaria, implica investire i propri risparmi con un profilo di rischio pari a coloro che sottoscrivono fondi di liquidità, piuttosto che BOT o piuttosto ancora che pronti contro termine. Altro elemento presente nelle sicav è il fatto che spesso, un comparto di una sicav può avere diverse”classi” di azioni: ogni classe si distingue per un diverso profilo commissionale, ad esempio una classe di azioni potrebbe prevedere la presenza di commissioni di entrata e/o uscita (le c.d. entry e/o exit fee) e una minore commissione di gestione (le c.d. management fee), mentre un’altra classe di azioni potrebbe prevedere l’assenza di costi d’entrata e/o di uscita (in questo caso questa tipologia viene spesso chiamata no-load) ma una costo di gestione superiore rispetto a quello della classe che prevede l’applicazione di commissioni di entrata e/o di uscita; molte sicav poi, creano spesso classi di azioni riservate agli investitori istituzionali (banche, compagnie di assicurazione, fondi pensione, ecc..), con profili commissionali specifici solo per quella categoria di investitori. La maggior parte delle Sicav commercializzate in Italia sono di diritto estero con le sedi prevalentemente in Lussemburgo o in Irlanda, laddove le legislazioni vigenti consentono un più agevole e snello iter costitutivo. Questa caratterizzazione di strumento armonizzato (per i fondi non armonizzati il discorso è leggermente diverso) non di diritto italiano, conferisce alle sicav un’importante caratteristica: il valore dell’azione pubblicato giornalmente (o più di rado settimanalmente), quello che in termine tecnico-finanziario viene chiamato N.A.V. (Net Asset Value), è al lordo dell’imposta 39


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Sicav

fiscale sul capital gain, pari al 12,50%. Questo costituisce un importante vantaggio competitivo rispetto invece agli analoghi fondi comuni di diritto italiano. Innanzitutto perché se non si tiene conto di questo elemento quando si fanno dei confronti tra le performance di una sicav e quelle di un fondo comune appartenente alla stessa categoria, in caso di rendimenti positivi, le performance delle sicav appaiono migliori poiché sono al lordo dell’imposizione fiscale. In secondo luogo perché questo meccanismo dà un vantaggio agli azionisti di una sicav rispetto ai partecipanti ad un fondo comune: infatti le ritenute derivanti dai guadagni che dovranno essere versate all’erario nel momento in cui il sottoscrittore richiede il rimborso delle proprie azioni (qualora vi sia una plusvalenza naturalmente) possono essere reinvestite procurando un ulteriore guadagno; i fondi comuni di diritto italiano invece accantonano immediatamente (per poi versare successivamente all’erario) le ritenute sulle plusvalenze realizzate. Ai fondi comuni di diritto italiano si applica cioè il principio della tassazione ”per competenza” per cui vengono tassate in ogni caso le plusvalenze maturate, anche se non ancora effettivamente incassate; ai fondi di diritto estero, viene invece applicato il principio della tassazione ”per cassa” ovvero solo al momento dell’effettivo realizzo della plusvalenza. Sempre a proposito della parte fiscale inerente le Sicav, queste sono sottoposte - in Italia - ad un regime fiscale alquanto anomalo. Prima di vedere nel dettaglio di cosa si tratta, è bene

però fare una premessa: il fisco italiano, per quanto concerne i contribuenti che decidono di adottare il regime fiscale amministrato, distingue i redditi generati dagli investimenti finanziari in 2 categorie. Queste 2 categorie sono i redditi diversi e i redditi di capitale; i primi sono tipicamente le plusvalenze derivanti dalla compravendita di titoli, mentre invece i secondi sono le cedole riscosse dall’investimento in obbligazioni, i dividendi pagati dai titoli azionari, i disaggi di emissione sui prestiti obbligazionari, . . . . Le minusvalenze da capital gain sono quindi considerate redditi diversi e restano a disposizione per compensare le eventuali plusvalenze - derivanti ad esempio dall’investimento in singoli titoli azionari - per i successivi quattro anni; i redditi di capitale invece, sono tassati sempre e comunque. Dunque, nel caso delle sicav di diritto estero, le plusvalenze sono considerate dal fisco italiano come redditi da capitale (e come tali sempre soggetti alla trattenuta del 12,50% al momento del realizzo della plusvalenza), mentre le minusvalenze maturate dall’investimento in una sicav sono considerati redditi diversi: queste ultime quindi possono essere utilizzate ad esempio per compensare eventuali plusvalenze maturate nell’investimento in singoli titoli, ma non per quelle maturate dall’investimento in altri comparti della sicav. Restiamo quindi in attesa di una riforma della tassazione degli strumenti finanziari che vada ad incidere anche su queste anomalie eliminandole e che renda più omogeneo il trattamento dei fondi di diritto italiano con quelli di diritto estero.

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LA TEORIA DEL CAOS

Perché occuparsi di complessità, caos e altre scienze? Introduzione a un innovativo e pratico viaggio formativo ”La teoria del Caos applicata ai mercati finanziari - Comprendere quello che le altre scienze non avevano chiarito” Nicola Antonucci

Il futuro non è più quello di una volta Arthur C. Clarke

Genesi: il peccato originale La scienza è nata per prevedere il futuro e controllarlo. Anche l’astrologia, la lettura dei tarocchi e delle mani . . . Questa intima esigenza umana fatica però ancora a trovare un metodo capace di donare serenità di fronte all’imprevedibilità della natura. Gli operatori finanziari conoscono molto bene quest’esigenza e la conseguente frustrazione, ma oggigiorno (meglio: da 20 anni . . . ) possono affrancarsi da tali sofferenze. Come? Innanzitutto, accettando l’umile studio delle scienze moderne e la conseguente bonifica di quanto imparato finora (come emerge dall’ultimo libro del padre dei frattali 2 . Quali discipline scientifiche? Ecco la Bussola degli Investitori: • NORD: Teoria della Complessità/Caos (TdC), per comprendere che è dannoso cercare di prevedere, ma che si può invece cavalcare con criteri oggettivi • SUD: Teoria dei Giochi (TdG), per comprendere che è dannoso voler decidere con criteri razionali e coerenti, ma che si possono invece ottenere risultati molto migliori accettando le strategie miste e il consapevole mix di decisioni contrastanti • EST: le Scienze Cognitive (SC), per comprendere che Pico della Mirandola aveva torto: il nostro libero arbitrio è poca cosa rispetto ai condizionamenti mass mediatici e memetici (inoculamento di memi, ossia virus mentali) • OVEST: Una moderna Etica della Conoscenza, per comprendere che non possiamo essere responsabili delle conseguenze (spesso imprevedibili in contesti complessi), né delle intenzioni

(spesso distorte da memi esterni), ma che siamo assolutamente responsabili nel non esercitare l’umiltà dello studio e dell’aggiornamento scientifico (di noi stessi, anzitutto!) La Finanza Scientifica, infatti, si fonda sul principio che è assolutamente inutile, se non addirittura pericoloso, affrontare la finanza senza prima conoscere bene se stessi! La presunzione di poter conoscere il futuro dei sistemi complessi è, scientificamente, una violazione delle leggi di natura, un ”peccato mortale”. Per convivere meglio con tale irresistibile tentazione peccaminosa, occorre tornare al XVII secolo quando Blaise Pascal e Pierre de Fermat aiutarono un disperato giocatore di dadi con l’invenzione del calcolo delle probabilità e del primo esempio (improprio) di ”attrattore”- probabilistico in questo caso. Il giocatore imparò a non affidarsi più a superstizioni e fiuto personale, ma a comprendere che i dadi sono attratti da uno specifico comportamento: mostrare le sei facce un numero equo di volte - soltanto, però, se i dadi non sono truccati e se si effettuano un gran numero di lanci. In realtà, i dadi sono sempre ”truccati” in natura (quando mai si hanno tutte le facce esattamente identiche?) e, prima di effettuare il gran numero di lanci necessario si può anche perdere tutto. Stesso discorso vale per roulette, giochi di carte, la finanza . . . Ma, nei sistemi complessi e caotici, anche i calcolo probabilistico non serve, perché in certe situazioni è scientificamente impossibile prevedere alcunché! E’ difficile rinunciare a questo peccato originale della presunzione predittiva ... Da Prometeo all’Ubriaco Dalle divinità capaci di prevedere il futuro (e quindi di aiutarci, come il mitologico titano Prometeo) alla comprensione dei comportamenti imprevedibili, seppur probabilistici (come il ”random walk”, la camminata casuale dell’ubriaco), i fisici e gli economisti hanno imparato ad accettare il passaggio dalla prevedibilità deterministica dei fenomeni (approccio laplaciano dal XVIII al XX secolo) a una prevedibilità probabilistica (XX secolo: fisica quantistica). Eppure, tutti prova-

2 B.Mandelbrot Il disordine dei mercati, Einaudi, 2005

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vano ancora un vero orrore difronte al vero nemico irriducibile delle scienze, ossia le turbolenze (il caos), tanto da seppellire per 60 anni la geniale intuizione di J-H.Poincaré, che già nel 1908 comprese ciò che oggi chiamiamo Teoria della Complessità. Solo negli anni ’70 s’iniziò a capire che il caos e le turbolenze hanno anch’esse delle leggi, un ordine, un senso; in pratica, hanno anch’essi degli attrattori - caotici o strani, questa volta. Analogamente al giocatore di dadi del XVII secolo, anche noi abbiamo nuove discipline scientifiche in grado di aiutarci a comprendere verso cosa sono attratti certi fenomeni. I fenomeni meteorologici attirano il nostro interesse nel weekend, ma i fenomeni finanziari . . . tutti i giorni! Per affrontare il Caos e la sua superiore imprevedibilità, non basta più il calcolo delle probabilità, ma occorre il computer. Ecco perché solo a partire dagli anni ’60 gli scienziati hanno potuto vedere ciò che Poincaré aveva compreso, 60 anni prima. Vediamo alcune conseguenze di questa rivoluzione scientifica per il nostro ambito finanziario: 1. Toro e Orso incatenati. Il paradigma della prevedibilità cerca ancora oggigiorno di rispondere, con ”formule da Nobel”, a tante domande in merito a come gestire la volatilità dei portafogli (Markowitz: cos’è il rischio?), la volatilità delle azioni (Modigliani-Miller: quanto vale un’azione?), la volatilità delle opzioni (Black-Scholes: quanto vale il rischio?), e in merito al CAPM (Capital Asset Pricing Model di Sharpe: quanto vale un’attività?) 2. Toro e Orso s-catenati. La realtà mostra, al contrario, che non c’è formula, modello o Premio Nobel che tenga a bada Tori e Orsi: i disordini dei mercati sbeffeggiano il paradigma matematico-finanziario ancora in auge, ma ormai al suo crepuscolo: dal lunedì nero del 1987 alla Crisi delle Tigri Orientali del 1998, dal fallimento del LTCM (1998, hedge fund dei ”Nobel” Scholes e Merton) ai contraccolpi finanziari globali scaturiti da una qualsiasi Monica Lewinsky, fino all’attuale ”crisi globale ai cubo” innescata da titoli ”costruiti” su montagne di mutui sulla base di ineccepibili modelli matematici! L’Apocalissi: L’avvento della vita artificiale. L’operatore finanziario non può più permettersi di immaginare il mercato azionario come il prodotto di interazioni esclusivamente umane, laddove la psicologia umana è un meccanismo determinante. Molto più decisiva è diventata la psi-

cologia dei computers. Cosa vuole dire, e quale futuro per l’Investitore Umano? Un battito d’ali di farfalla E’ essenziale comprendere, innanzitutto, il moderno paradigma scientifico della Teoria della Complessità e del Caos (TdC) che ci introduce a: 1. nuovi concetti con i quali imparare a convivere: imprevedibilità, segnali deboli, sensibilità alle condizioni iniziali, emersione delle proprietà di un fenomeno, Effetto Farfalla. In poche parole: è la rivincita del piccolo e umile soldato capace con un gesto anche emotivo (quasi-razionale direbbe la TdG) di sovvertire l’esito di una battaglia. Lo scopo della TdC è fornire le cognizioni e gli strumenti per cercare, individuare e sfruttare piccoli eventi, nascosti, che generano grandi cambiamenti. 2. nuovi occhiali da utilizzare per vedere la vera realtà complessa in maniera semplificata: diagrammi di stato, processi iterativi, tomografie assiali. In parole semplici: è la rivincita del corpo sulla mente. Occorre vedere, toccare, sentire la realtà nei suoi più deboli segnali, anziché presumere di modellare astrattamente tutto a tavolino. Lo scopo della TdC è fornire, insieme a innovative tecnologie, nuove modalità per vedere l’ordine e la logica sottostante le turbolenze, ossia gli attrattori caotici. Sfogliamo la margherita: Compro, non compro La TdC da sola, però, non può insegnarci a decidere malgrado tutti i nuovi concetti e occhiali accennati sopra. Ad aiutarci a decidere interviene la Teoria dei Giochi; essa ha lo scopo di indicare i comportamenti migliori per effettuare decisioni ottimali, e per tale scopo ci fornisce il calcolatore più paradossale: ”dadi speciali”. Il premio Nobel 1994 John Nash ci ha insegnato ad utilizzare questi ”dadi speciali” nelle ottimali Strategie Miste, necessarie per impostare criteri e processi decisionali, anche probabilistici, che siano sostenibili e vincenti. La Rana Bollita Ma la conoscenza degli attrattori dei fenomeni caotici, capaci di permetterci di visualizzare la logica sottostante la volatile volatilità dei titoli azionari, e il sapiente comportamento stabilito dalle matematiche strategie miste, capaci di assicuraci decisioni ottimali, si scontrano ancora con un limite: noi stessi, ossia le nostre 42


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peculiari e limitate prestazioni cognitive. Le scienze cognitive (anni ’80) e la memetica (anni ’70, dal genio di Richard Dawkins) ci hanno illuminato sui nostri veri limiti decisionali (Perché la rana (e non solo lei . . . ) arriva a farsi bollire mentre decide cosa fare?). Il nostro libero arbitrio, necessario per dare seguito pratico alle conoscenze e alle decisioni supportate dalle precedenti discipline, risulta essere un miraggio, qualcosa che c’è e non c’è . . . . Ciascuno di noi è un po’ Io e un po’ Automa . . . E allora, utilizziamo le nostre divine doti quando siamo nello stato ”d’Io”, e utilizziamo automi molto più efficaci e veloci di noi, ossia i computer, quando siamo nello stato ”d’Automa”! Per dirla tutta: non possiamo più fare a meno dell’alleanza con l’Intelligenza Artificiale, se vogliamo cavalcare i fenomeni caotici nei ristretti ’intervalli di prevedibilità’ tra un attrattore e l’altro, nel rispetto dei nostri ormai noti limiti cognitivi. Il futuro non è più quello di una volta Come orientarsi allora in un futuro sempre più incerto, mutevole, dinamico e caotico senza una adeguata Bussola? Quali Nord, Sud, Oriente e Occidente per il l’Investitore Scientifico? Seguono alcune preliminari applicazioni dei concetti scientifici appena esposti all’operatività borsistica. Cavalcare il Toro (o l’Orso) Per quanto anticipato, il fenomeno borsistico (caotico, quindi imprevedibile) consente una sola strategia: cavalcare, surfare o veleggiare, qualsiasi metafora va bene purché si rinunci a prevedere l’esito delle innumerevoli biforcazioni di un sistema complesso o caotico. Le biforcazioni rappresentano diversi scenari che, in corrispondenza degli attrattori, possono presentarsi in modo assolutamente imprevedibile, e sono determinati da impercettibili variazioni delle condizioni iniziali. Metodo ideale: non pensare quando si decide L’Orgoglio, ne ha rovinati più lui del petrolio! Le Scienze Cognitive e la Memetica ci aiutano a impostare strategie operative sostenibili, tenendo conto dei principali nemici degli operatori finanziari: i memi (virus mentali), i mass-media, la Contrary Opinion e soprattutto . . . l’amico-che-sa! Orgoglio e Vanità potenziano questi nemici perché ci convincono di essere più liberi, autonomi e decisionisti di quanto in realtà siamo, anziché aiutarci ad accettare i limiti del nostro millantato libero arbitrio. La fissazione su tale ideale è la vera causa di errori e sofferenze.

Antidoto ideale: l’umiltà Dilemmi e catatonie - le schizofrenie dell’investitore Abbiamo quindi compreso che gli attrattori ci indicano le situazioni nevralgiche di un titolo finanziario, in corrispondenza delle quali il titolo opta per uno degli scenari previsti dalle biforcazioni; queste si presentano sempre più fitte e ravvicinate quanto più il fenomeno evolve da complesso a caotico. I memi e altre forme di condizionamento culturale e psicologico ci impediscono spesso di decidere correttamente in base a quanto abbiamo appreso. La Teoria dei Giochi, occupandosi proprio di affrontare e risolvere i dilemmi, trova nelle biforcazioni la sfida più avanzata. La sfida più drammatica degli investitori è: evitare di . . . non decidere (catatonia), poiché, anche inconsapevolmente, non si può non decidere - tutto è decisione. Strumento ideale: ”dadi speciali”, per le valutazioni probabilistiche delle decisioni ottimali (TdG) Io, Automa o . . . Matrix? Dilemmi operativi in corrispondenza di possibili scenari provocano oscillazioni tra decisionismo senza esitazioni (stato ”d’Io”, o catatonia agitata) ed esitazioni senza decisioni (stato ”d’Automa” o catatonia stuporosa). Proprio nello stato ”d’Automa” abbiamo bisogno di validi supporti informatici per superare le lacune cognitive, di autonomia e di libero arbitrio. Una chance per l’avanzata della Vita Artificiale? Tranquilli, è già in atto e già molto sviluppata . . . Strumento ideale: il software - qualsiasi, purchè funzioni E’ giunto il momento per gli Investitori Scientifici, con il supporto dell’Analisi Fisica Azionaria (AFA) R , di comprendere meglio e prima di altri l’avvento della Vita Artificiale, e diventare quindi consapevoli della necessità di allearci ad essa, per superare i nostri limiti e per cogliere gli aspetti emergenti dei fenomeni complessi e caotici, senza i quali la borsa sembra solo una casuale roulette, oppure, all’opposto, una barchetta sballottata da pochi e onnipotenti manovratori. Alle moderne scienze l’arduo compito di scortarci in un innovativo e pratico viaggio formativo ”La teoria del Caos applicata ai mercati finanziari - Comprendere quello che le altre scienze non avevano chiarito” (Corso on-line certificato EFPA). 43


TEORIA E PRATICA

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Glossario Attrattori

ente geometrico che evidenza graficamente le ricorrenze di un fenomeno, quali il livello al quale si stabilizzano i lanci di una moneta, di un dado o della pallina della roulette, oppure l’area intorno alla quale un sistema complesso oscilla in modo apparentemente casuale (tipico dei titoli azionari). Gli attrattori possono assumere connotazioni quali caotici, strani, a seconda di alcuni aspetti, secondari ai fini di quest’articolo.

Biforcazione

momento o situazione dai quali due possibili scenari possono scaturire, senza alcuna possibilità di prevedere quale opzione verrà determinata dalle impercettibili variazioni delle condizioni iniziali. Le biforcazioni sbocciano in corrispondenza degli attrattori, in seguito alla concomitante impennata della volatilità (e crollo dell’inerzia).

Catatonia

forma di schizofrenia caratterizzata da uno stallo delle attività mentali con due modalità opposte: catatonia stuporosa (assenza totale di comunicazione e attività); catatonia agitata (eccesso di attività, per non pensare e quindi decidere - tipica di alcuni managers).

Condizioni Iniziali

insieme dei valori delle variabili più significative di un fenomeno, presenti all’inizio di un’evoluzione. I sistemi deterministici (prevedibili) sono insensibili alle CI (meglio: ne risentono in maniera proporzionale). I sistemi caotici sono invece molto sensibili alle CI, ossia reagiscono sproporzionatamente a piccole loro variazioni (”Effetto Farfalla”)

Contrary Opinion

un tipico esempio di diffusione di un meme che uniforma il pensiero e il comportamento della massa degli investitori. Il principio della CI si basa sulla constatazione storica che ”la Massa ha sempre torto”, e allora occorre agire al contrario dell’opinione diffusa tra la Massa (ovvia difficoltà: stabilire qual è la Massa e quando un’opinione è molto diffus . . . )

Deterministico

modello matematico, o approccio allo studio, di un fenomeno del quale si suppone la prevedibilità, date alcune e ben note condizioni iniziali. Detto anche approccio laplaciano, dal fisico Laplace, esso suppone che piccole variazioni delle condizioni iniziali influenzano in modo prevedibile i risultati (il contrario, quindi, del paradigma complesso de ”l’effetto farfalla’’).

Frattali

la ”geometria della natura” inventata da B.Mandelbrot nel 1975, basata su dimensioni spaziali frazionali e non solo intere. Le dimensioni frazionali (per es. 2,34) permettono alla Natura di ottimizzare i rapporti tra dimensioni diverse, ossia ottenere immense superfici in spazi ridotti (per es. il sistema degli alveoli polmonari, oppure il fogliame della felce).

Memi

termine coniato da Richard Dawkins nel 1976. Il meme rappresenta una unità di replicazione culturale, ossia l’equivalente mentale dei virus biologici. I memi trasportano e inoculano idee e pensieri che riconfigurano le menti nelle quali si sono installate, per meglio propagarsi ad altre menti e diffondersi. La Memetica è la disciplina che studia i memi, applicando gli stessi criteri e metodologia dell’epidemiologia.

Strategie

il termine è utilizzato nella Teoria dei Giochi col significato di combinazione di comportamenti. Le strategie possono essere pure, ossia predeterminate secondo un qualsiasi articolato criterio, oppure miste, ossia indeterminate ma distribuite con probabilità note (per es. tirando dadi speciali con numerose facce, oppure sfruttando le nostre emotività, irrazionalità, reazioni istintive . . . )

Volatilità

la bestia nera dei traders e il vero obiettivo di comprensione e visualizzazione dell’Analisi Fisica Azionaria (AFA) R , a differenza della tradizionale Analisi Tecnica. La volatilità è molto volatile, e non può essere quindi sclerotizzata in un coefficiente definito per ciascun titolo, ma occorre imparare a seguirne fisicamente l’evoluzione tra i suoi valori massimi (in corrispondenza degli attrattori caotici del titolo) e i suoi valori minimi (negli interregni tra attrattori).

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PREVIDENZA

Sistemi pensionistici

REPORT

Lo sviluppo dei sistemi previdenziali in Europa. Jonathan Figoli

invecchiamento meno sostenuto.

I sistemi pensionistici dell’Europa occidentale stanno presentando delle evoluzioni continue e considerevoli. Le riforme attuate nell’ultima decade sono frutto della considerazione che le popolazioni europee hanno intrapreso un processo di allungamento delle aspettative di vita che non può essere sostenuto, a livello economico, dall’ammontare riconosciuto dalla pensione pubblica. In tutti i Paesi, difatti, il rapporto fra gli impiegati ed i pensionati si sposterà a favore di questi ultimi, portando a situazioni insostenibili nel medio e lungo termine.

Quasi tutti i Paesi hanno riformato i loro sistemi pubblici intraprendendo la direzione di aumentare l’età anagrafica prevista per l’ottenimento in modo da allungare l’età lavorativa a discapito del periodo pensionistico. Alcuni Paesi come la Svezia, l’Austria e l’Italia hanno poi stabilito un forte collegamento fra l’ammontare dei contributi versati ed i benefici pensionistici ottenibili. Hanno introdotto un sistema di calcolo in cui i contributi versati dai diversi lavoratori sono contabilizzati e il beneficio pensionistico dipende proprio dalla somma accumulata.

Ciò che sorprende, analizzando i sistemi pensionistici europei, riguarda il fatto di come le politiche pensionistiche dei vari Paesi siano basate su principi fondamentali molto differenti fra loro anche se riportabili a due sistemi principali.

Tuttavia, malgrado queste riforme, in Europa occidentale le pensioni pubbliche sono oggi ancora molto generose in quanto la logica del ”diritto acquisito mai più perduto” porta alla piena applicazione della riforma molto avanti nel tempo (in Italia, ad esempio, i primi lavoratori ad andare in pensione col pieno sistema contributivo saranno coloro che matureranno i requisiti dopo il 2030).

I sistemi Bismarckiani, adottati principalmente in Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia e Spagna, si basano sul principio che le pensioni pubbliche debbano fornire benefici economici finalizzati al mantenimento di un tenore di vita assimilabile a quello che la persona presentava negli anni lavorativi immediatamente precedenti l’entrata in pensione. In opposizione a questi, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito, utilizzano sistemi di Beveridgean il cui scopo principale è quello di contrastare la povertà nella fase pensionistica indipendentemente dal tenore di vita dell’età lavorativa. Modelli misti possono essere trovati nei Paesi scandinavi e in Svizzera. I sistemi Bismarckian sono quelli che comportano una maggiore fuoriuscita di denaro dai conti pubblici e, quindi, sono quelli nei quali le varie riforme si sono fatte sentire maggiormente. Un altro fattore che ha determinato differenze sostanziali nelle riforme pensionistiche è dato dalla prospettiva sulla crescita demografica che risulta ampiamente differente da Paese a Paese. Mentre la Spagna, l’Italia, il Portogallo, la Grecia e la Germania devono fare fronte a una società in rapido invecchiamento, le popolazioni della Svizzera, dei Paesi Bassi, del Regno Unito, dell’Irlanda e della Scandinavia presentano un

Queste riforme hanno avuto il principale scopo di ridurre i benefici ottenibili dal pilastro pubblico incoraggiando il ricorso a misure professionali di gestione del risparmio a fini pensionistici. Sono stati di fatto introdotti ”pilastri pensionistici” con lo scopo di alleggerire la pensione pubblica e sottolineare maggiormente lo spostamento da una pensione basata sul concetto di beneficio a programmi pensionistici calcolati sul contributo. La portata e la profondità di questo processo di riforme variano in modo significativo nei vari Paesi d’ Europa, e, alcuni di questi hanno pensato di far gestire le somme accantonate a gestori finanziari professionali non solo per i contributi versati alle forme di previdenza complementare ma anche per quelli propri del primo pilastro. È il caso della Finlandia dove una parte di pensioni pubbliche è versata in un fondo i cui contributi sono gestiti da aziende private. In Danimarca i contributi al sistema pensionistico sono gestiti da un’agenzia indipendente che investe direttamente i soldi nei mercati finanziari mentre la pensione pubblica svedese vede, per una parte dei contributi obbligatori, la possibilità del lavoratore di 45


PREVIDENZA

Dopo il TRF

scegliere il fondo di investimento in cui investire. Anche in Portogallo una recente riforma ha previsto la possibilità di versare contributi supplementari volontari, oltre ai contributi previdenziali obbligatori, che sono destinati all’investimento in un fondo destinato a questi investimenti con finalità previdenziali. Di fatto si è puntato molto a favorire e agevolare i versamenti volontari alle forme di previdenza complementare: alla significativa deducibilità prevista per i contributi italiani il Belgio ha risposto con schemi professionali che puntano ad incoraggiare la gli investimenti previdenziali su una base settoriale. Anche in altri Paesi nuovi programmi previdenziali hanno visto svilupparsi in modo significativo in questi anni. Il ”PERCO” francese, un piano occupazionale

introdotto nel 2003, ha visto crescere i suoi attivi da 77 milioni a 1,4 miliardi di euro entro tre anni. In Germania i partecipanti al terzo pilastro voluto dalla riforma Riester sono aumentati da 4,2 a 10,7 milioni di euro, mentre l’equivalente austriaco ha attirato quasi un milione di aderenti. La popolarità di questi nuovi piani previdenziali dimostra la crescente volontà dei lavoratori di risparmiare su base individuale. La tendenza, dunque, è quella di non affidarsi esclusivamente alla pensione pubblica per avere garantito un adeguato tenore di vita nella fase pensionistica e sempre più cittadini europei hanno la lungimiranza di programmarsi il futuro cosa che dovrebbero imparare anche molti nostri concittadini che ”vivono alla giornata”.

PREVIDENZA COMPLEMENTARE

L’offerta di previdenza complementare a 2 anni dalla riforma sul TFR. Alessandro Gallo

Sono trascorsi 2 anni dall’ultima riforma italiana della previdenza complementare incentrata sulla portabilità del TFR. Quali risultati ha prodotto? Si è diffusa la necessaria sensibilizzazione dell’esigenza d’integrazione pensionistica? Sono aumentate le adesioni al sistema complementare? Il sistema d’offerta è riuscito a cavalcare il dibattito sviluppato nel semestre di silenzio-assenso? l’80% dei lavoratori Italiani non ha sottoscritto alcuna forma di previdenza complementare Secondo i dati della Commissione di Vigilanza (COVIP) gli iscritti alle forme di previdenza complementare sono passati da 3.184.224 a fine 2006 a 4.902.712 a marzo 2009. L’ultimo rapporto annuale ISTAT indica in 23.408.234 i lavoratori Italiani, l’80% dei quali non ha sottoscritto alcuna forma di previdenza complementare. L’incontrovertibilità di questi numeri, riguardanti la principale minaccia al tenore di vita delle nuove generazioni di lavoratori, si scontra con il silenzio delle istituzioni pubbliche, dei media e degli operatori di mercato.

Fra le difficoltà che limitano l’affermazione delle nuove soluzioni di previdenza complementare ci sono l’inadeguatezza delle informazioni realmente disponibili ai cittadini e il disorientamento prevalente in molti settori della società. Benché il tema delle pensioni sia d’assoluta attualità, il livello d’informazione dei cittadini è estremamente basso e non permette la trasformazione della generica consapevolezza dei problemi in comportamenti coerenti di previdenza complementare. Tranne i più anziani e prossimi al pensionamento, la maggior parte non sa come funziona l’attuale sistema e non conosce la propria posizione pensionistica: a quale età potrà andare in pensione e con quale regime di calcolo (retributivo o contributivo). La cosa più grave è che i cittadini non hanno idea del livello di copertura che potranno attendersi secondo le regole attuali: per esempio i lavoratori che oggi hanno meno di 50 anni pensano di ricevere una pensione superiore al 70% del loro reddito. In base alle più recenti previsioni della Ragioneria Generale dello Stato invece un lavoratore dipendente del settore privato che nel 2007 avrebbe ottenuto una pensione pari al 70,3% dell’ultima retribuzione, nel 2040 vedrà ridotta tale percentuale al 52,8%, a parità di requisiti contributivi. Nel caso di un lavoratore autonomo, la riduzione dei tassi di sostituzione è assai più consistente per via della più bassa aliquota di 46


IMMOBILIARE

Fondi immobiliari

computo prevista nel sistema contributivo. Il tasso di sostituzione si dimezza passando dal 69,3% del 2007 al 32,8% del 2040. Accanto al rischio primario di squilibrio a lungo termine del sistema pensionistico esiste quindi una minaccia più immediata d’inadeguatezza delle prestazioni e di frustrazione delle attese per le prossime generazioni di pensionati. Per prevenire questa minaccia le istituzioni di governo, le forze sociali e le imprese hanno il dovere di parlare chiaro agli Italiani, mettendo in atto una vasta strategia dell’informazione. La ritirata dello Stato di per sé non comporta l’affermazione del ruolo degli istituti operanti nella società e nel mercato. Nella percezione degli Italiani c’è un ”vuoto di sussidiarietà”, un’inadeguata attendibilità di ruolo previdenziale delle istituzioni private e intermedie fra i cittadini e lo Stato. La riforma del 2007 ha portato ad una crescita delle adesioni a fondi negoziali o di categoria quasi doppia rispetto a quelle dei fondi aperti proposti dagli intermediari assicurativi e finanziari. Le imprese assicurative e finanziarie non possono pensare di sviluppare la previdenza complementare con una semplice logica d’offerta di prodotti: devono intraprendere forti strategie di posizionamento sui bisogni specifici della previdenza. Se la domanda di soluzioni di previdenza complementare è ancora largamente latente, l’esigenza d’informazione e consulenza è invece molto avvertita: gli Italiani non hanno un’idea precisa della propria posizione pensionistica, di quanto riceveranno al momento della pensione, delle caratteristiche

dei fondi pensione, delle agevolazioni fiscali previste per gli aderenti, delle possibili strategie alternative alla previdenza complementare utilizzabili per colmare il gap, della possibilità di pianificare il tenore di vita della propria vecchiaia. E’, infatti, necessario fare i conti col cambiamento dell’idea di vecchiaia e del modo in cui i cittadini affrontano la prospettiva del pensionamento. E’ del tutto superata l’idea di quiescenza basata sulla separazione rigida, tipica della società industriale, tra la fase attiva della vita umana e una fase meramente residuale. Oggi andare in pensione significa affrontare una fase che rappresenta quasi un terzo dell’intera vita umana, caratterizzata dal mantenimento delle capacità psicofisiche e dalle esigenze di valorizzazione personale. Si ravvisa una miopia dell’offerta assicurativa e finanziaria concentrata sugli stock di capitale e poco interessata ai flussi di risparmio annuali utili per la costruzione di un piano di pianificazione previdenziale. In un contesto gravato da una forte crisi di fiducia nei confronti di intermediari e mercati, l’offerta di un servizio di pianificazione previdenziale può rappresentare uno strumento di fidelizzazione della clientela nel medio-lungo termine. Ma gli Italiani non hanno o non ritengono di avere punti di riferimento autorevoli e competenti su tutti gli aspetti della previdenza, a cui rivolgersi per analizzare e pianificare le proprie scelte previdenziali. Informare i cittadini e diffondere questi servizi, per creare una cultura della previdenza complementare, è un compito comune delle istituzioni, delle forze sociali e delle imprese.

REPORT

Fondi immobiliari retail: un declino inarrestabile o una semplice parentesi di crisi? Alessio Iotti

Il fascino del veicolo di investimento collettivo del risparmio nel comparto del real estate sembra esaurirsi a tipologie di fondo specifiche, non trovando il vasto consenso della platea degli investitori. Può apparire paradossale, ma per i piccoli risparmiatori, gli stessi per i quali era stato concepito lo strumento, consentendo loro di detenere di fatto partecipazioni in portafogli di immobili prestigiosi e di grandissime dimensioni, non è scoccata la scintilla attrattiva.

Risulta difficilmente comprensibile come uno strumento di investimento fortemente diffuso nel comparto mobiliare abbia stentato così tanto nel settore del real estate, all’interno del quale è stato partorito un prodotto di finanza in grado di coniugare l’esigenze del mattone all’investimento di natura finanziaria. Le motivazioni alla base di questo fenomeno possono essere ricondotte a spiegazioni di natura culturale, è risaputo che in Italia l’investimento immobiliare diretto costituisce una consuetudine del piccolo e del grande risparmiatore, e se dà un lato i grandi investitori, casse di previdenza, fondi pensioni si sono arresi, ammettendo la necessità

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IMMOBILIARE

Fondi immobiliari

e i pregi del fondo immobiliare, non è così per gli investitori retail, ancora diffidenti e poco propensi ad abbandonare la fisicità dell’investimento diretto nel buon vecchio mattone. Complice una scarsa trasparenza dello strumento e l’inadeguata efficienza informativa in merito, i volumi di vendita dei fondi immobiliari retail in Borsa risultano essere irrisori, attestando la scarsa liquidità dello strumento di investimento e consequenzialmente il maggior rischio dello stesso. Come se ciò non bastasse il significativo sconto sul nat asset value, raggiungendo soglie talvolta pari al 60%, deprime la possibilità di ricorre al mercato per lo smobilizzo dell’investimento immobiliare, possibile solo ad un prezzo scontato, dall’altro lato induce i potenziali sottoscrittori a non investire in fase di costituzione iniziale del fondo, ma in seguito, beneficiando di una quotazione a sconto. Una esplicitazione approfondita delle ragioni alla base dello sconto sul nav, occuperebbe pagine intere e fiumi di inchiostro, questa non è la sede opportuna per cimentarsi nell’opera. Chiari i sintomi del malato, ciò che ha trasformato queste difficoltà in un lento declino ed al probabile passaggio a miglior vita concerne gli episodi di cronaca recente. Eclatante il caso del fondo immobiliare gestito da Bnl o meglio Bnp Paris, denominato Portfoglio Crescita, primo strumento di investimento collettivo del risparmio quotato a giungere a scadenza, sul quale erano puntati i riflettori degli investitori e dell’intera opinione pubblica, il cui management si è clamorosamente dimenticato di richiedere il così detto periodo di grazia, ovvero la proroga della durata del fondo di ulteriori 36 mesi per consentire alla stessa Sgr di cedere gli asset in portafoglio limitando, almeno idealmente, la possibilità di incorrere in circostanze di mercato sfavorevoli per procedere con una operazione di dismissione del portafoglio beni. Episodio senza ombra di dubbio imbarazzante, che ha generato sicuramente un caso, degno di diffondere un sentiment di sfiducia nel mercato. Il risultato per ora è ancora accettabile, gli immobili sono stati ce-

duti con uno sconto ridotto al 10% circa, rispetto alla valutazione dell’esperto indipendente, ma il pacchetto più corposo sarà dismesso mediante asta immobiliare ed è facilmente intuibile, in un mercato praticamente ingessato, l’abbattimento delle performance finali del fondo immobiliare che avevano goduto del momento particolarmente propizio del real estate tricolore. Non è tutto, sono molti gli operatori che puntano il dito sulle valutazioni redatte dagli esperti indipendenti, le cui opinioni sono tecnicamente insindacabili, in quanto non esistono criteri valutativi univoci, ne consegue la reale possibilità di insorgere di pareri difformi, ma tutti più che legittimati. Questo aspetto è fonte di aleatorietà dei risultati finali ed i piccoli risparmiatori non dispongono di elementi di rassicurazione a differenza degli investitori qualificati per i quali è lecito supporre determinate conoscenze e competenze del settore. Da quanto illustrato si evince una componente pregiudiziale eccessivamente gravosa per il piccolo investitore ed è quindi comprensibile la sua diffidenza, dall’altro lato lo scarso incentivo delle Sgr ad offrire al mercato prodotti per i quali la domanda scarseggia e che prevedono una complessità gestionale considerevole, si pensi solo agli adempimenti legati alla quotazione in Borsa, alla laboriosità procedurale e documentale tipica dei fondi immobiliari retail, derivante da una normativa a tutela dei suddetti sottoscrittori particolarmente stringente, al fine di evitare incresciose circostanze di sfruttamento del vantaggio informativo. Da quanto asserito non ci si stupisce se il numero di fondi retail fa registrare addirittura una crescita negativa, contrariamente al comparto in generale, segno tangibile della fine di una stagione, un declino lento probabilmente inarrestabile, senza una revisione della normativa, un provvedimento inevitabile se si vuol consentire lo sviluppo di un prodotto di finanza immobiliare nel terreno fertile della penisola tricolore, patria dell’investimento immobiliare.

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MERCATI IN DIRETTA

Mercati finanziari

Report mensile Vincenzo Polimeno

Vi segnalo che a breve pubblicherò un libro, edito dall’amico Paolo Buro, sui derivati strumenti odiati dai risparmiatori. Questo libro dal titolo: Capire i derivati guida consapevole al risparmiatore vorrà essere un vademecum per come non incorrere in errore e riuscire a guadagnare con questi strumenti anche in periodi di cosiddette vacche magre. Per info potete contattarmi al mio indirizzo mail: enzopolimeno@alice.it Nell’ultimo periodo le principali piazze azionarie internazionali si sono prese una pausa rispetto al movimento di recupero che aveva caratterizzato i mercati negli ultimi tre mesi. Una battuta d’arresto che non mi ha sorpreso visto che le quotazioni azionarie avevano corso troppo raggiungendo livelli che forse non avevano ancora trovato conferma nei dati di congiuntura economica e tanto meno nelle stime di crescita della Banca Mondiale che ha di recente rivisto al ribasso le previsioni sul Pil delle economie più industrializzate (che nell’anno 2009 dovrebbe segnare una frenata del 2,9%). Fanalino di coda del Vecchio Continente è risultata Milano (-5,14%). Poco distanti Londra (-2,58%), Francoforte (-2,40%) e Parigi (-2,26%). In controtendenza Madrid che è avanzata del 3,42% (è della settimana scorsa la notizia che il governo spagnolo ha costituito un fondo di 9 mld di euro destinato al sostegno degli istituti di credito in difficoltà). A livello settoriale in territorio positivo il comparto delle auto, delle telecomunicazioni, dell’health care e delle risorse di base. Non hanno convinto invece il settore dei chimici, dei media e delle assicurazioni. Fra i titoli giuda da segnalare Ericsson (+16,04% dopo che la società ha ribadito che nessuna modifica delle strategie verrà intrapresa dopo le dimissioni del Ceo Carl Henric Svanberg), Banco Santander (+12,72%), Anglo American (+12% sulla scia della proposta di fusione giunta dalla concorrente Xtrata) ed ArcelorMittal (+11,85% dopo che il top manager ha sottolineato come il livello globale della domanda di acciaio dovrebbe crollare quest’anno tra il 10% ed il 15% a/a). Segno meno invece per Ing Groep (-11,42% nonostante Goldman Sachs abbia introdotto il titolo del colosso finanziario olandese nella sua ”buy List”), Intesa San Paolo (-10,83%), BG Group (-9,23% sulla scia del giudizio negativo di Ing), e Deutsche Bank (-8,55%). A Piazza Affari protagonisti assoluti Ansaldo (+9,09% che si è aggiudicata una commessa da 149

mln di euro in Arabia Saudita), Impregilo (+8,23% che benefica del contratto siglato dalla controllata Ecorodovias per concessioni autostradali in Brasile), Mediolanum (+6,30%), Lottomatica (+5,68%) e Stm (+4,18% nonostante le voci secondo le quali Areva sarebbe intenzionato a cedere l’11% di azioni Stm in suo possesso dopo che Finmeccanica alcuni giorni fa aveva dichiarato di voler cedere il proprio 3,2% entro l’anno). In rosso invece Unipol (-16,09% è del 25 Giugno la notizia dell’approvazione da parte della CONSOB del l’OPA promossa dal Unipol Gruppo sull’intero ammontare del prestito obbligazionario subordinato), Banco Popolare (-15,79% sembra che Saviotti, il nuovo Marchionne come da me rinominato, sia andato in letargo), Banca Mps (-14,65%), Mondadori (- 13,32%) e Fiat (-11,89%). Ad influenzare i corsi azionari del settore bancario milanese la decisione di Moody’s di porre sotto osservazione la maggior parte degli istituti bancari. Wall Street ha invece chiuso in positivo il periodo di riferimento con l’S&P 500 a +3,75%. Hanno sofferto il comparto dei minerari e quello dell’health care mentre gli acquisti hanno premiato il settore del real estate. Fra i titoli guida occhi puntati su Microsoft (+18,84%), Alcoa (+15,24%), Bank of America (+11,56%) e Helwett Packard (+9,02%). Con segno meno invece General Electric (-10,69%), DuPont (-10,59%), Procter & Gamble (-4,68%) e Boeing (-3,77%). Il periodo di analisi è terminato con un risultato positivo anche per il Nikkei che ha realizzato un +4,80% grazie alla buona performance realizzata da Meidensha (+55,44%), Sumitomo (+31,64%) e Kawasaki (+30,58%); hanno mostrato debolezza invece Nippon Paper (-14,13%) e Credit Saison (-11,87%). Per quanto riguarda i Paesi Emergenti non ha mostrato alcuna incertezza la piazza finanziaria di Shanghai (che è salita del +12,07%) seguita da quella indiana (che è avanzata del 3,11%). A favorire le due piazze anche l’indicazione della Banca Mondiale che ha sottolineato come le economie di Cina ed India abbiano contribuito in maniera determinante sulla stima di crescita del Pil dei paesi in via di sviluppo atteso in rialzo del 4,4% (del 2,5% escludendo i due paesi). Di tenore decisamente opposto la borsa russa che ha subito uno scivolone del 6,92%. Poco mosse invece la piazza messicana (+0,19%), quella argentina (+1,19%) e quella brasiliana (+1,37%). 49


MERCATI IN DIRETTA

Mercati finanziari

Sul fronte obbligazionario, nell’area euro è proseguita la discesa dei tassi a breve termine con l’euribor a 3 mesi che ha raggiunto nuovi livelli all’1,14%. Per quanto riguarda i tassi con scadenze a medio/lungo termine i tassi si sono mantenuti pressoché stabili in Italia (al 4,41%) mentre in leggera discesa in Germania (al 3,42%) con il differenziale Btp/Bund tornato in area 100 bp. Negli Stati Uniti la curva dei rendimenti ha mostrato una maggiore pendenza con tassi a breve calati allo 0,6% (dall’0,66% di un mese fa) e con quelli a lunga in risalita al 3,54% (dal 3,45%). Sul versante corporate da segnalare la risalita del differenziale sui governativi in particolare modo per il comparto dei media così come il costo della protezione dal rischio di insolvenza (CDS) che è si risalito dai minimi di un mese fa. Infine lo spread fra i titoli governativi Paesi emergenti rispetto al Treasury Usa si è portato a 441 dai 460 di trenta giorni fa (valori che non si vedevano dall’ottobre 2008).

do tra l’altro un valore che mancava dal 1◦ dicembre 2008 (a 0,8401): a dare forza alla valuta di Sua Maestà ha contribuito la diffusione di diversi indicatori macro che hanno alimentato la convinzione che il peggio della crisi possa essere alle spalle. Intanto nell’ultima riunione di politica monetaria la BoE ha deciso all’unanimità di lasciare i tassi di interesse costanti allo 0,5% e di mantenere il piano di acquisto degli asset a 125 mld.

Eur/Chf Nelle ultime quattro settimane la moneta di Eurolandia ha esteso i guadagni contro il franco svizzero portandosi a 1,534; intanto nell’ultima riunione la SNB ha confermato le misure adottate per il riacquisto dei bond e per impedire alla valuta di apprezzarsi, rinnovando poi la politica di tassi d’interesse prossimi allo zero. Intanto le ultime stime dell’istituto centrale mostrano una contrazione dell’economia elvetica compresa tra il 2,5 e il 3% quest’anno.

Eur/Usd

Analisi mercati delle materie prime

Durante il periodo di riferimento il biglietto verde ha ripiegato nei confronti della moneta unica risentendo della decisione della Banca Centrale Russa di ridurre le quote di riserve investite in Treasury (a favore dei bond emessi dal Fondo Monetario) e della richiesta dei Paesi BRIC di un sistema monetario maggiormente diversificato (riportando al centro la questione dell’idoneità del dollaro a ricoprire il ruolo di valuta di di riserva). Intanto mercoledì scorso nell’ultima riunione la Fed ha dichiarato che la recessione si sta attenuando segnalando tra l’altro meno preoccupazioni per i rischi di deflazione; l’istituto guidato da Bernanke ha poi affermato che proseguirà con i suoi programmi di riacquisto degli asset senza però fornire indicazioni sul possibile abbandono della politica monetaria accomodante.

A fine maggio terminavamo con l’indice Crb ”in volata” (+13%) sulla scia dei progressi messi a segno dalla totalità delle principali commodities. Durante l’ultimo mese il progresso a cui abbiamo assistito è stato notevolmente più contenuto a causa delle incertezze sull’effettiva solidità della ripresa e nonostante il nuovo exploit dei metalli non ferrosi e del petrolio. Petrolio che, ancora una volta, ha accelerato il passo, complice la debolezza del biglietto verde, la chiusura per incendi di alcune raffinerie e le preoccupazioni per l’intensificarsi degli attacchi in Nigeria dove l’Eni ha dichiarato lo stato di forza maggiore sulle consegne di Brass ed Agip e Chevron sono state costrette ad interrompere la produzione per almeno 133.000 barili al giorno. Nel dettaglio sia il Brent che il Wti sono saliti in prossimità dei 70 $/barile con performance in entrambi i casi superiori al 13%. Ancora in tenuta il natural gas che dopo il -11% scontato ad aprile e l’accentuata inversione di tendenza di maggio (+16%), nel mese di giugno ha guadagnato ancora terreno (vicino ai 4 $/million BTU).

Eur/Yen Nell’ultimo mese la moneta unica è finita nuovamente sotto pressione nei confronti dello yen toccando un minimo che non vedevamo dallo scorso 22 maggio. L’incertezza sulle prospettive di ripresa economica e la minore propensione al rischio sui mercati azionari da parte degli investitori stanno riportando un certo appeal sulla divisa asiatica.

Eur/Gbp In linea con il mese precedente la sterlina britannica ha proseguito il rimbalzo nei confronti dell’euro centran-

Contrastate, invece, le quotazioni dei metalli preziosi: debole l’oro (tornato sotto i 940 $/oncia nonostante la tenuta della domanda per investimento) e l’argento (scivolato sui 15 $/oncia) mentre ancora in tenuta il palladio (che ha continuato a guadagnare terreno salendo sopra i 235 $/barile) e il platino (in movimento sopra quota 1.170 $/oncia grazie alla spinta della domanda per investimento e dei consumi cinesi 50


MERCATI IN DIRETTA

Mercati finanziari

in gioielleria e nonostante l’andamento del settore dell’auto, dove il metallo è impiegato per la produzione di marmitte catalitiche). Passando ai coloniali, poco consistenti gli acquisti sulla soia le cui quotazioni si muovono in prossimità dei 1.200 cent $/bushel nonostante la persistente siccità in Sud America, il taglio delle stime sul raccolto argentino e la cancellazione di alcuni cargo da parte della Cina; in lieve guadagno anche lo zucchero (in movimento appena sopra i 16 cent $/libbra) sui massimi triennali su voci di acquisti commerciali (perdurano infatti le indiscrezioni che vedono l’India intenzionata ad importare quantitativi prossimi ai 3 milioni di tonnellate). Forte la contrazione del caffè sceso sui 115 cent $/libbra dopo che a maggio aveva rimbalzato a ridosso dei 140 cent $/libbra sui massimi da oltre 8 mesi. Ancora in caduta libera il cacao che ha sfondato al ribasso quota 1.550 cent $/bushel dopo che l’International Cocoa Organization ha previsto un tracollo della domanda e un conseguente surplus di offerta. Ancora buona la performance dei principali metalli non ferrosi: capolista il nickel salito sopra i 15.500 $/tonnellata

(+21% circa), seguito a ruota dall’alluminio che dopo le flessioni degli ultimi mesi (per l’eccesso di capacità produttiva e di scorte nei magazzini del Lme) ha invertito la rotta riportandosi sopra i 1.660 $/tonnellata nonostante l’attuale forte surplus di offerta presente nei magazzini. Probabilmente alla base del rialzo dei prezzi le stime di Citigroup secondo cui la produzione mondiale nel 2009 calerà del 5%, la discesa più forte degli ultimi trent’anni. In volata anche il rame, in movimento attorno ai 5.000 $/tonnellata beneficiando della diminuzione delle scorte di catodi nei magazzini del Lme e dei dati sull’importazione cinese del metallo che nel mese di maggio hanno aggiornato il record per il quarto mese consecutivo. Con il passare delle settimane sembra sempre più probabile tuttavia una prossima flessione dei prezzi visto che vanno aumentando i fattori potenzialmente rialzisti come il consueto ribasso stagionale dei prezzi e il perdurare della scarsa domanda al consumo.

Per suggerimenti e chiarimenti scrivete a vincenzo.polimeno@professionefinanza.com

Il Punto Andrea Modena

Trimestre fantastico per tutti gli indici borsistici mondiali, con recuperi vicino ai 50 punti percentuali, a scapito delle obbligazioni governative di medio lungo termine che, dopo essere state prese d’assalto durante la fase più acuta della crisi, hanno lasciato sul terreno tra il 5% ed il 15%. Re dei listini azionari i mercati emergenti che dai minimi di fine 2008 hanno guadagnato più dell’80%. Prezzi delle materie prime in fortissimo rialzo confermano, se non altro, la voglia di ripresa che si è diffusa tra gli operatori. L’euro ha continuato a rafforzarsi nei confronti delle altre principali valute e diventa

ora probabile una fase di rallentamento nella forza del suo apprezzamento. Perde per contro di forza il ribasso del dollaro contro le valute dei maggiori partner commerciali. Cosa aspettarsi ora? Ragionevolmente una pausa di riflessione generalizzata ed un aggiustamento dei portafogli da parte degli investitori, con conseguente fase laterale della maggior parte dei mercati. Se proprio dobbiamo aspettarci delle sorprese dai mercati azionari nel periodo estivo, non crediamo potranno essere positive.

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MERCATI IN DIRETTA

Corporate bond

ANALISI

Vento in poppa per i corporate bond. Schroders Italy

TITOLI DI STATO: ALLARME BOLLA

Dopo un 2008 da record, gli interessi sui Titoli di Stato sono ora ai minimi storici, offrendo agli investitori niente di più che la preservazione del capitale sul lungo periodo. Il mercato obbligazionario governativo sta subendo la pressione di un concorso di fattori, primo fra tutti la crescita delle emissioni statali, tanto da far parlare di una potenziale bolla. «Il rischio c’è,- spiega Jamie Stuttard, responsabile del reddito fisso per l’Europa e il Regno Unito di Schroders - ed è reso ancora più evidente dal fatto che neanche le azioni straordinarie di quantitative easing sono riuscite a risollevare le sorti del settore governativo. Nonostante l’acquisto diretto di Titoli di Stato per miliardi di dollari da parte delle principali Banche Centrali, e nonostante il proseguimento delle misure espansive di politica monetaria, la musica non è cambiata. Neanche il permanere dell’avversione al rischio da parte degli investitori - la stessa che aveva dato via al flight-to-quality dell’anno scorso e al conseguente periodo d’oro dei governativi - ha protetto le obbligazioni statali da un drastico calo dei prezzi». Gli investitori obbligazionari, orfani dei

Titoli di Stato, sono così incentivati a cercare valide alternative altrove. In particolare, sul mercato del credito, dove si stanno aprendo nuove interessanti opportunità di acquisto. Da cogliere al volo.

LA RISCOSSA DEI CORPORATE Rendimenti elevati e prezzi più che convenienti. Il mercato delle obbligazioni societarie non ha mai avuto tanto fascino agli occhi degli investitori. È dai tempi della Grande Depressione che non si verificava un ampliamento degli spread come quello attuale. Se nell’estate del 2007 l’investimento in obbligazioni corporate avrebbe dato un rendimento di ben poco superiore a quello di un titolo governativo, il primo trimestre del 2009 è stato testimone di una netta inversione di tendenza. Il mercato del credito sta infatti prezzando in modo così negativo le notizie sulla recessione, e le aspettative sui tassi di fallimento delle aziende, da offrire rendimenti record a prezzi estremamente contenuti, ritornati ai livelli della Grande Depressione. Se si accetta l’idea che, per quanto drammatica sia questa crisi, non è una riedizione di quella del ’29, allora tali livelli di spread sono insostenibili. Il pessimismo è tale da 52


MERCATI IN DIRETTA

Corporate bond

aver abbattuto anche le quotazioni delle aziende solide e finanziariamente stabili, le cui valutazioni risultano ora fortemente scontate rispetto ai reali fondamentali, creando ottime opportunità di acquisto. La recessione inevitabilmente porterà molte aziende verso il default, ma non tutte falliranno. Se gli anni ’30, nonostante le enormi difficoltà, furono comunque testimoni della capacità di molte imprese di restare a galla durante la crisi burrascosa, questo risultato è a maggior ragione possibile oggi, soprattutto se si considera il supporto strategico che gli interventi delle Banche Centrali stanno dando al mercato del credito. La capacità di selezionare solo i titoli di qualità diventa però cruciale, se si vuole beneficiare delle Irripetibili opportunità offerte dal settore. L’IMPORTANZA DELLA SELEZIONE «Investire in obbligazioni corporate può rivelarsi particolarmente redditizio, a patto di essere in grado di capire quali società sopravviveranno alla recessione commenta Adam Cordery, gestore di Schroder ISF EURO Corporate Bond - Di fronte alla contrazione generalizzata dei prezzi, districarsi nel mercato del credito diventa difficile. La sfida sta nell’individuare le emissioni di elevata qualità, in modo da guadagnare dal futuro rialzo delle quotazioni una volta che i mercati si riprenderanno, diversificando fra numerosi emittenti e procedendo con la massima cautela nella costruzione del portafoglio». Ecco perché investire attraverso un fondo può rivelarsi la scelta più appropriata. Schroders è presente su questo mercato con un prodotto, Schroder ISF EURO Corporate Bond, che è risultato nel primo quartile a 3 e 6 mesi e a 1, 3 e 5 anni (dati al 31 marzo 2009). Mettere la qualità al primo posto è l’approccio che ha

permesso a Schroders di non essere esposto a nessuno dei titoli coinvolti nella bufera del 2008 come AIG, Lehman Bros, Bear Sterns o i subprime americani. C’E’ ANCORA SPAZIO? Vista l’attuale appetibilità del mercato corporate, non c’è da stupirsi se la domanda di obbligazioni societarie ha ricominciato a crescere, migliorandone le quotazioni. Il recente restringimento degli spread non deve però preoccupare. Secondo Cordery «nonostante il continuo afflusso di capitale, non sussistono segnali che lascino presagire una bolla su questo mercato. Anzi, le emissioni corporate hanno ancora note voli spazi di crescita. Basta guardare l’entità degli spread: talmente ampia da attrarre ancora elevati livelli di domanda. E da rendere l’investimento in corporate quasi una scelta obbligata per chi ancora detiene liquidità e titoli governativi. Senza contare gli operatori istituzionali, che, pur essendo già ampiamente presenti su questo mercato, continueranno la loro allocazione in cerca di fonti di redditività superiori alle obbligazioni statali». Va anche considerato che l’ultima bolla obbligazionaria è scoppiata abbastanza di recente, nell’estate 2007, quando gli spread dei corporate rispetto ai governativi e alla liquidità si erano ridotti in modo significativo. Una bolla di entità tale da rendere irrazionale il timore di una nuova a breve. «Quanto all’aumento delle attese inflazionistiche sul lungo termine - aggiunge il gestore di Schroder ISF EURO Corporate Bond - l’inflazione costituirà un problema più per le obbligazioni governative che per quelle societarie: i maggiori rendimenti dei corporate consentiranno infatti di contrastarla più facilmente».

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MERCATI IN DIRETTA

Enel

Focus sui fondamentali Claudio Guerrini

Enel La Pagella

Dati societari Azioni in circolazione Capitalizzazione

9.403,36 (mln) 33.805,07 (mln.)

Redditività Solidità Crescita Rischio

Profilo Societario Enel è la più grande azienda elettrica d’Italia e la seconda utility quotata d’Europa per capacità installata. Enel è un operatore integrato, attivo nella produzione, distribuzione e vendita di elettricità e gas. A seguito dell’acquisizione della compagnia elettrica spagnola Endesa, Enel è ora presente in 22 paesi, con una potenza di circa 83.300 MW e serve circa 49 milioni di clienti nell’elettricità e nel gas. Quotata dal 1999 alla Borsa di Milano, Enel è la società italiana con il più alto numero di azionisti, circa 1,3 milioni tra retail e istituzionali nel 2008. Enel è anche il secondo operatore nel mercato del gas naturale in Italia, con circa 2,6 milioni di clienti e una quota di mercato del 10% circa in termini di volume. Analisi titolo Enel

Le azioni Enel fanno parte del paniere FTSE Mib e rientrano nel segmento Blue Chips. Enel mostra una rischiosità inferiore a quella del mercato (beta minore di 1) riflettendo la presenza in un settore poco correlato al ciclo economico e la diversificazione geografica delle attività. Negli ultimi 3 anni il titolo Enel ha registrato una performance negativa (-41,7%) in linea con il -42,6% dell’indice FTSE Mib: l’andamento del triennio è stato caratterizzato da una iniziale fase di rialzo con un doppio massimo a giugno e dicembre 2007 (+20% circa rispetto all’inizio del periodo), successivamente il titolo è stato influenzato dalla crisi dei mercati con i prezzi che sono scesi fino ai minimi del marzo 2009 ad un ritmo più contenuto rispetto a quello dei principali indici, anche la successiva ripresa è stata però più lenta della media del mercato. Ultimi sviluppi: con l’aumento di capitale partito nel mese di giugno sono state emesse 3216 milioni di al prezzo di 2,48 euro; ciò comporterà una riduzione del debito di circa 8 miliardi di Euro ma anche una notevole diluizione degli utili per azione e dei dividendi futuri. 54


MERCATI IN DIRETTA

Enel

Dati Finanziari

Totale Ricavi Margine operativo lordo Ebitda margin Margine operativo netto Ebit Margin Risultato Ante Imposte Ebt Margin Risultato Netto E-Margin

PFN (Cassa) Patrimonio Netto Capitale Investito ROE ROCE

2006

var (%)

2007

var (%)

2008

31 Dic 2006

2006 vs 2007

31 Dic 2007

2007 vs 2008

31 Dic 2008

38513 8282 21,504 5819 15,11 5168 13,42 3101 8,05

13,40% 21,02%

43673 10023 22,95 6990 16,01 6215 14,23 4213 9,65

40,10% 42,85%

61184 14318 23,402 9541 15,59 6619 10,82 6034 9,86

2006

var (%)

2007

var (%)

2008

31 Dic 2006

2006 vs 2007

31 Dic 2007

2007 vs 2008

31 Dic 2008

11690 19025 33348 16,30 17,449

377,25% 25,04% 147,39%

55791 23789 82500 17,71 8,473

-10,44% 10,53% -4,03%

49967 26295 79172 22,95 12,051

20,12% 20,26% 35,86%

36,49% 6,50% 43,22%

Commento ai dati di bilancio Nel triennio 2006-2008 Enel ha mostrato una crescita del fatturato del 58,9% (determinata in gran parte dall’acquisizione e dal consolidamento della spagnola Endesa) mentre il margine operativo lordo ha avuto un progresso del 72,9% grazie a margini rialzo di circa due punti; il risultato operativo è salito oltre quota 9,5 miliardi di Euro (+64%) mentre l’utile ha superato i 6 miliardi. La redditività del capitale migliora a livello di ROE (passato dal 16,3% al 22,9%) mentre il ROI scende dal 17,4% al 12,1%. L’indebitamento finanziario netto ha risentito delle acquisizioni effettuate con un debt to equity passato da 0,61 a 1,90. Ultimi sviluppi: la trimestrale al 31-03-2009 ha evidenziato una lieve diminuzione dei ricavi (-1,5%) mentre risultanto in netto aumento sia il margine operativo lordo (+14,1%) che il risultato operativo (+25,7%) e l’utile netto raddoppia a 1908 milioni di Euro. Comparables Società

P/E

P/PN

Dividend Yield (%)

Enel Eon Edf Rwe

5,3 28,5 18,9 9,1

1,27 1,39 2,80 2,48

10,8% 5,87% 3,59% 7,59%

Commento: Enel risulta a sconto rispetto ai principali comparables a livello europeo sia dal punto di vista dei multipli sull’utile netto che sul patrimonio netto mentre offre un rendimento da dividendi più generoso (destinato però a ridursi in futuro sia per l’effetto diluizione dell’aumento di capitale che per le nuove politiche di distribuzione annunciate dal management). 55


MERCATI IN DIRETTA

Enel

Plus e minus Punti di forza: la posizione competitiva (principale produttore in Italia e Spagna) in un business con forti barriere all’entrata. Punti di debolezza: debito elevato ma in diminuzione già a partire dall’anno in corso grazie a dismissioni ed aumento di capitale. La nostra analisi Nell’applicazione del metodo dei flussi di cassa scontati e dell’Economic Value Added per mezzo del software Step 2.0 di Evaluation.it (www.evaluation.it) si sono ipotizzati: • una riduzione dei ricavi nel biennio 2009-2010 (che vedrà la riduzione delle tariffe elettriche e la cessione di attività non strategiche) ed una crescita al 1% negli anni successivi; • margini sulle vendite in diminuzione di circa 1,5 nel periodo 2009-2011; • un stabilità degli altri parametri determinanti la redditività operativa con un ROI di lungo periodo del 9,8%; Infine si prevede un tax rate al 35% su tutto il periodo di previsione, un costo del debito medio del 5,5% ed un payout del 80% nell’esercizio in corso in riduzione al 60% a partire dal 2010. I risultati del modello convergono su un valore per azione di circa 4,5 che tende a crescere (ridursi) di 0,5 per ogni punto in più (in meno) del margine sulle vendite come mostrato nella figura seguente.

56


MERCATI IN DIRETTA

Macroeconomia

Dati Macroeconomici Dati di consenso USA(%)

Area Euro(%)

Giappone(%)

1,7 1,5 12

0,4 1,1 7,5

0,7 -0,4 -0,1

Crescita PIL a 12 mesi Inflazione a 12 mesi Crescita utili a 12 mesi

Tassi di interesse lordi

Titoli di stato a 12 mesi Titoli di stato a 10 anni Corporate Bond a 10 anni

USA(%)

Area Euro(%)

Giappone(%)

0,2 3,55 6,4

0,65 4 5,85

0,19 1,45 2,1

Principali dati macroeconomici (USA)

PIL (A/A) Produzione Industriale (A/A) Spesa per consumi (A/A) Vendite al dettaglio (A/A) Spesa per costruzioni (A/A) Ordini beni durevoli (A/A) Vendite auto (A/A) Export (A/A) Import (A/A) Indice prezzi al consumo (A/A) Indice prezzi alla produzione (A/A) Quantità di moneta M2 Tasso disoccupazione (A/A) Variazione salariati non agricoli (A/A) ISM Manifatturiero ISM Servizi Fiducia consumatori ECRI Leading indicators

Ultimo

Trend

-5,5% -13,7% -1,42% -10,75% -10,74% -23,2% -30,68% -21,78% -30,74% -1,1% -4,7% 9,05% 9,4% -3,9% 42,8 44 54,9 111,95

RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIALZO RIALZO RIBASSO RIALZO RIALZO RIALZO RIALZO

57


MERCATI IN DIRETTA

Macroeconomia

Principali dati macroeconomici (AREA EURO, se non specificato)

PIL (A/A) Produzione Industriale (A/A) Spesa per consumi (A/A) Export (A/A) Import (A/A) Indice prezzi al consumo (A/A) Indice prezzi alla produzione (A/A) Quantità di moneta M3 Tasso disoccupazione (A/A) Fiducia consumatori Fiducia affari PMI Manifatturiero PMI Servizi IFO (Germania) ZEW (Germania)

Ultimo

Trend

-4,8% -20,68% -0,6% -17,8% -15,2% -0,0% -4,6% 4,9% 9,2% -31 -69,3 42,4 44,5 85,9 42,7

RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIALZO RIALZO RIBASSO RIALZO RIALZO

Principali dati macroeconomici (Giappone)

PIL (A/A) Produzione Industriale (A/A) Spesa per consumi (A/A) Vendite al dettaglio (A/A) Export (A/A) Import (A/A) Indice prezzi al consumo (A/A) Indice prezzi alla produzione (A/A) Quantità di moneta M3 Tasso disoccupazione (A/A) PMI Manifatturiero Fiducia consumatori Fiducia affari Leading Index

Ultimo

Trend

-8,8% -30,7% -1,3% -2,9% -40,5% -37,9% -1,1% -5,4% 1,8% 5% 46,6 28,4 34,1 76,5

RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIBASSO RIALZO RIALZO RIALZO RIALZO RIALZO

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MERCATI IN DIRETTA

Macroeconomia

Guida agli indicatori macroeconomici Ogni settimana vengono rilasciati decine di dati , statistiche e previsioni sull’economia mondiale. Gli indicatori macroeconomici possono avere un enorme impatto sui mercati finanziari. Questa guida si propone di fornire un supporto semplice ma efficace all’interpretazione ed all’uso dei dati macroeconomici più importanti. In linea generale possiamo distinguere tra indicatori anticipatori, coincidenti e ritardati, ovvero indicatori che tendono ad anticipare il futuro andamento dell’attività economica, che la riflettono in quanto tale e che sono invece in ritardo rispetto ad essa. Di seguito gli indicatori più significativi che, se seguiti con attenzione, possono portare un importante valore aggiunto alle scelte di investimento. PIL (GDP)

E’ l’indicatore macroeconomico coincidente più importante e riflette le condizioni economiche di un paese nel suo complesso. Misura il valore di mercato di tutti i beni e servizi prodotti da una nazione in un determinato periodo di tempo. La formula di calcolo del PIL è la seguente: PIL= Consumi+Investimenti+Spesa Pubblica+Export-Import. Quando si fanno confronti tra i PIL di anni diversi, è necessario distinguere le variazioni dovute a cambiamenti dei prezzi dalle variazioni dovute a cambiamenti nelle quantità prodotte. A questo fine, ha senso confrontare i PIL tenendo conto della variazione dei prezzi intervenuta tramite il cosiddetto ”deflattore del PIL”.

Produzione Industriale

Rappresenta il valore dei beni prodotti dalle aziende manifatturiere, quali le aziende industriali, estrattive ed utilities. E’ un indicatore coincidente che segnala normalmente crescita o flessione nell’intera attività economica. Un periodo prolungato di crescita nella produzione industriale porta solitamente ad un utilizzo elevato dei principali fattori della produzione (capitale e lavoro) e come ulteriore conseguenza un probabile un aumento dell’inflazione.

Spesa per consumi

Rappresenta il valore della spesa privata per l’acquisto di beni e servizi compresa la spesa per interessi (esclusi mutui) e la spesa per l’ottenimento di servizi dallo stato. E’ un indicatore coincidente, oltre ad essere una delle componenti del PIL insieme agli investimenti. Un costante e forte incremento nel tempo della spesa per consumi determina normalmente spinte inflazionistiche.

Vendite al dettaglio

Rappresenta il valore delle vendite effettuate dai dettaglianti, ed è rilevata tramite indagini a campione. E’ uno degli indicatori coincidenti più importanti poiché riflette l’andamento dell’attività economica nella sua parte più importante ovvero quella dei consumi privati. Forti variazioni delle vendite al dettaglio rispetto ai dati attesi (consensus) possono portare a rivedere le aspettative di inflazione.

Spesa per costruzioni

Rappresenta la spesa per nuove costruzioni pubbliche e private ed è rilavato tramite indagini a campione. E’ un indicatore anticipatore e viene spesso usato per stimare l’andamento dei consumi in generale. A tassi di interesse relativamente bassi le persone sono ovviamente invogliate ad acquistare immobili, mentre la domanda rallenta verso i periodi di picco.

Ordini di beni durevoli

Rappresenta il valore nuovi ordini ricevuti dalle imprese per beni capitali con una vita di almeno 3 anni, quali auto, autocarri, impianti, . . . E’ un indicatore anticipatore in quanto incorpora informazioni sulla domanda futura nel suo complesso, segnalando segnali di fiducia nello sviluppo futuro dell’attività economica.

Vendite di Auto

Rappresenta il valore delle vendite di autoveicoli ed è un sottoinsieme dell’indice delle vendite al dettaglio. In situazioni normali ne conferma l’andamento e le conseguenze suddette.

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MERCATI IN DIRETTA

Macroeconomia

Bilancia Commerciale (Export-Import)

Rappresenta l’andamento dell’attività economica di un paese rispetto al resto del mondo e considera tutti i beni e servizi scambiati con le altre economie.La bilancia commerciale è in attivo, quando il valore delle esportazioni supera quello delle importazioni, con conseguente incremento del PIL, o in passivo, quando il valore delle importazioni supera il valore delle esportazioni, con conseguente diminuzione del PIL. Il saldo della bilancia commerciale ha inoltre un forte impatto sull’andamento della valuta dell’economia considerata.

Indice dei prezzi al consumo (CPI)

E’ il principale indicatore di inflazione, considerato specialmente al netto delle componenti più volatili quali cibo ed energia (CPI core). E’ un indicatore ritardato rispetto all’andamento dell’attività economica, da seguire per confermare o meno le aspettative sulle decisioni future di politica monetaria: inflazione in crescita porterà ad un restringimento della politica monetaria, inflazione in diminuzione ad un suo allentamento.

Indice dei prezzi alla produzione(PPI)

Rappresenta la misura dei prezzi dei prodotti al momento della produzione. Come per l’indice CPI, anche il PPI ha la sua maggior valenza a livello core (esclusi cibo ed energia) . E’ utilizzato principalmente per stimare il futuro andamento dell’inflazione a livello di prezzi al consumo e quindi estremamente importante per gli investitori.

Indici di occupazione/disoccupazione

Rappresentano nel loro complesso il livello di impiego del sistema economico, riflettendone tra l’altro le capacità future di spesa. Sono pertanto indicatori ritardati rispetto all’andamento dell’economia. Normalmente i momenti di ripresa dell’attività economica avvengono in coincidenza con i livelli massimi di disoccupazione e, viceversa, i picchi dell’attività economica sono seguiti da forti aumenti nel livello di disoccupazione.

Indice ISM (o PMI)

Rappresenta i risultati delle indagini svolte presso i responsabili degli acquisti delle industrie, sia manifatturiere che di servizi. Pur essendo rappresentativo anche dello stato dell’economia, è soprattutto un ottimo l’indicatore anticipatore di espansione/recessione dell’ attività economica: rilevazioni sopra 50 indicano espansione e tra 42 e 50 rallentamento sotto 42 recessione.

Indici di fiducia

Sono rilevazioni su campioni rappresentativi dell’insieme dei consumatori (Consumer confidence index) o degli imprenditori (Business confidence index), finalizzati a rilevare lo stato di salute e le aspettative future del campione stesso. Sono di conseguenza rappresentativi non solo dello stato dell’economia (indici coincidenti), ma anche delle aspettative future (indici anticipatori) riguardo ad essa da parte di consumatori ed imprenditori .

60


MERCATI IN DIRETTA

Macroeconomia

Tassi di interesse

Rappresentano il costo del denaro a diverse scadenze temporali (yield curve) e a seconda della qualità dei prenditori di fondi sul mercato (yield spread). L’analisi dei tassi di interesse e la loro evoluzione dai due diversi punti di vista risulta di primaria importanza nelle scelte di investimento. La struttura dei tassi per scadenza indica contemporaneamente come operano le autorità monetarie nel perseguire le politiche economiche e come cambiano le aspettative degli investitori riguardo al quadro economico ed alle stesse politiche delle banche centrali. Nella situazione di ”curva normale” i tassi a lungo termine sono maggiori dei tassi a breve, rappresentando il premio per il tempo dell’investimento richiesto dall’investitore per non poter usufruire a breve della disponibilità delle somme impiegate. Nella situazione di ”curva invertita”, più brevi come lasso temporale delle situazioni di ”curva normale” crescente, si prevede che dovranno intervenire manovre restrittive al fine di calmierare l’attività economica e quindi un processo inflazionistico indesiderato. Quanto allo Yield spread, esso rappresenta il premio richiesto dagli investitori per prestare denaro ad emittenti via via meno affidabili. Lo Yield spread tende a restringersi in condizioni economiche di crescita stabile e si allarga, anche notevolmente, nei momenti di rallentamento o recessione a causa dell’aumento delle probabilità di fallimento degli emittenti.

Quantità di moneta

E’ l’ammontare di moneta in circolazione in un sistema economico. Viene pubblicato in diversi aggregati: • M0 (o base monetaria): comprende la moneta legale, ossia le banconote e le monete metalliche che per legge devono essere accettate in pagamento, e le attività finanziarie convertibili in moneta legale. • M1: M0 più tutte le altre attività finanziarie che come la moneta possono fungere da mezzo di pagamento (depositi in conto corrente). • M2: M1 più tutte le altre attività finanziarie che, come la moneta, hanno elevata liquidità e valore certo in qualsiasi momento futuro (depositi bancari e d’altro tipo). • M3: M2 più tutte le altre attività finanziarie che come la moneta possono fungere da riserva di valore (ad esempio i titoli a reddito fisso con scadenza a breve termine). L’ andamento della quantità di moneta presente nel sistema è un buon indicatore del futuro andamento dell’attività economica, di conseguenza lo si considera uno dei principali indicatori anticipatori. Infine, la valutazione della quantità di moneta da immettere o sottrarre al sistema da parte delle banche centrali, è fondamentale per mantenere sotto controllo l’inflazione.

Indice CRB

E’costituito da 23 materie prime. Il peso delle diverse materie prime nell’indice è il seguente: • 23% Softs coloniali • 18% Energy (combustibili) • 18% Grains (grani) • 17% Precious Metals (Gold, Platinum, and Silver) • 12% Industriali (Rame, Cotone) • 12% Livestock - (carni) Il suo andamento, estremamente positivo nei periodi di forte espansione, va tenuto sotto controllo in relazione alle aspettative di inflazione. Può essere considerato, nel suo utilizzo più semplice, un indicatore coincidente dell’attività economica. 61


MERCATI IN DIRETTA

Macroeconomia

Scenario Macroeconomico Mondo Lo scenario globale rimane estremamente debole, anche se gli indicatori anticipatori segnalano un rallentamento del declino. Dopo un pessimo ultimo trimestre 2008 anche il primo trimestre del 2009 si è rivelato uno dei peggiori degli ultimi 60 anni. La caduta dei prezzi delle attività reali e finanziarie insieme, ha costretto le maggiori istituzioni bancarie a continue ricapitalizzazioni e i consumatori a contrarre pesantemente la spesa. Sebbene negli ultimi mesi l’indice PMI globale abbia continuato a crescere dopo i minimi di novembre, rimane comunque al di sotto del livello di espansione in ogni sottocategoria. Grazie al protrarsi del basso livello dei tassi e delle misure straordinarie di tutte le banche centrali, tutte le maggiori istituzioni prevedono l’inizio della ripresa verso la fine dell’anno in corso con una crescita comunque estremamente bassa del Pil anche nel 2010.

ormai per il secondo anno consecutivo, confermano il forte rallentamento nell’attività economica Nessuna pressione inflazionistica e mercato del lavoro ancora estremamente debole. Anche per il vecchio continente si prevede una graduale ripresa a partire da fine anno, ma un 2010 probabilmente ancora a crescita vicina allo zero.

Giappone Crollo del Pil giapponese all’ultima rilevazione,con una diminuzione del 4,4% T/T: è il quarto trimestre consecutivo di contrazione dell’attività economica. Sono diminuite tutte le voci principali: consumi, investimenti ed export cosi bassi non si vedevano da parecchi decenni. Il livello dei prezzi continua a diminuire, scendendo nuovamente in terreno negativo. E’ probabile che anche il Giappone stia toccando l’apice della crisi e che nel 2010 possa vedersi un Pil in ripresa intorno allo 0,5%.

Usa Continua a contrarsi l’attività economica negli Stati Uniti, anche se in modo meno pronunciato. Si prevede che le misure di politica fiscale e monetarie messe in atto dalla Fed possano rendersi visibili alla fine dell’anno, ma probabilmente non basteranno se insieme al loro effetto non si stabilizzerà anche il mercato immobiliare. Nessun problema dl fronte dei prezzi, che anzi segnalano deflazione nell’ultimo periodo segnando un -0,7% all’ultima rilevazione. Restano deboli consumi ed investimenti anche se vanno via via stabilizzandosi la spesa per consumi e gli indici di fiducia. Le ultime proiezioni danno una crescita del Pil nel 2010 tra l’1 ed il 2%.

Area Euro Piena recessione nell’area Euro con una domanda esterna estremamente debole appesantita da una domanda interna frenata dalle condizioni finanziarie e da una fiducia che, pur crescendo, non porta ancora benefici concreti. Tassi di interesse in continua discesa ed operazioni straordinarie della BCE si spera possano portare ulteriori benefici nei mercati finanziari che, non dimentichiamo, sono stati la fonte primaria della crisi. Prezzi del mercato immobiliare estremamente deboli

Mercati Emergenti Crisi profonda in Russia con un Pil in diminuzione del 9,5% T/T nel primo trimestre 2009, dovuto alla contemporanea fortissima diminuzione sia dei consumi sia degli investimenti. La ripresa dei prezzi delle materie prime fa ben sperare per una fine dell’anno migliore, anche se il livello di inflazione rimane oltre il 13% nell’ultima rilevazione. Nell’Area asiatica la minor crescita del Pil del primo trimestre 2009 è da imputarsi soprattutto al crollo dell’export dovuto alla recessione globale. Gli stimoli di politica economica del governo cinese hanno dato abbastanza supporto ai consumi che rimangono relativamente stabili, nonostante la debolezza del mercato del lavoro. La relativa stabilità dei prezzi nell’ultimo periodo, fanno ben sperare nella possibilità di continuare nella politica monetaria espansiva, che riporterebbe ben presto l’economia cinese sui livelli degli anni scorsi. Più debole la situazione in America Latina, dove Messico ed Argentina segnano il passo e lo fanno con un livello di inflazione non del tutto sotto controllo. Debolezza anche in Brasile con un calo della produzione industriale del 15% ed un’inflazione superiore al 6%, anche se in diminuzione.

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MERCATI IN DIRETTA

Performance dei mercati

S&P500

DJ EStoxx50

Nikkey225

MSCI Em.Mkts

Bund

Oro

EUR/USD

Dollar Index

CRB

Tnote 10Y

Petrolio WTI

Rame

CRB

Tnote 10Y

Petrolio WTI

Rame

Andamento dei mercati − 2009 (%)

−10

0

10

20

30

40

50

60

−6

−4

−2

0

2

4

6

Andamento dei mercati − Giugno (%)

S&P500

DJ EStoxx50

Nikkey225

S&P500 DJ Eurostoxx 50 Nikkey 225 MSCI Emerg.Markets Bund Oro Eur/Usd Dollar Index CRB Tnotes 10Y Petrolio WTI Rame

MSCI Em.Mkts

Bund

Oro

EUR/USD

Dollar Index

Variazione Ultimo Mese(%) -0,43 -2,98 4,63 -1,57 1,4 -5,28 -0,6 1,02 -1,22 -1,77 4,53 3,25

Variazione YTD(%) 1,81 -2,04 10,76 34,48 -2,71 5,17 1,56 -1,26 9,14 -7,96 55,03 56,59

63


MERCATI IN DIRETTA

Analisi tecnica

Stochastic Oscillator

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

S&P500

CDO, CUP 50

0

-50

-100 I. US S&P 500, Support Resistance

November

December

2009

February

March

April

1100 1090 1080 1070 1060 1050 1040 1030 1020 1010 1000 990 980 970 960 950 940 930 920 910 900 890 880 870 860 850 840 830 820 810 800 790 780 770 760 750 740 730 720 710 700 690 680 670 660 650 640 May

June

Continua la fase laterale di breve periodo per l’indice americano tra 880 e 950. Non ancora certo uno storno dai livelli in essere, anche se la chiusura non brillante del mese appena trascorso, complici deboli dati macro, ci fa propendere per un indebolimento nel periodo estivo, con target a probabili tra 840 e 810. Il movimento ribassista sarà confermato solo da chiusure al di sotto di area 880. Viceversa una ripresa dei corsi troverà conferme con chiusura settimanale al di sopra di 950.

July

Created in MetaStock from Equis International

Stochastic Oscillator

90 80 70 60 50 40 30 20 10

CDO, CUP

20 15 10 5 0 -5 -10 -15 -20

DJ EURO STOXX (Price EUR), Support Resistance

260 255 250 245 240 235 230 225 220 215 210 205 200 195 190 185

DJ Eurostoxx Fase laterale anche per l’indice europeo tra area 215 e area 235, con il momentum di medio termine che si sta indebolendo. Difficile dire ad oggi l’evoluzione del prossimo periodo, anche se riteniamo più probabile uno storno nel prossimo periodo, confermato solo dalla rottura di quota 215, con target tra 200 e 205. Ripresa dei corsi solo con chiusura settimanale al di sopra di 235.

180 175 170 165 160 24

1 8 15 22 5 12 December 2009

19

26

2 9 16 February

23

2 9 March

16

23

30 6 14 20 April

27 4 11 May

18

25

1 8 June

15

22

29 6 July

13

Created in MetaStock from Equis International

64


MERCATI IN DIRETTA

Analisi tecnica

Stochastic Oscillator

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 1000

CDO, CUP

500

0

-500 I. TOKYO NIKKEI 225, Support Resistance

29 13 2009

19

26

2 9 16 February

23

2 9 March

16

23

30 6 April

13

20

27

7 May

1040 1030 1020 1010 1000 990 980 970 960 950 940 930 920 910 900 890 880 870 860 850 840 830 820 810 800 790 780 770 760 750 740 730 720 710 700 690 680 x10 18

25

1 8 June

15

22

29 6 July

Nikkey 225 L’indice giapponese ha arrestato la sua corsa sul primo target previsto appena sopra quota 10100. La formazione di una divergenza di breve periodo ci fa propendere per una fase laterale che ci accompagnerà per il prossimo periodo, essendo ancora buono il momentum di medio termine. Il supporto di breve da monitorare con attenzione è posto a 9500 e la sua eventuale decisa rottura potrà riportare i corsi in area 9000 prima ed eventualmente 8500 in un momento successivo.

13

Created in MetaStock from Equis International

Stochastic Oscillator

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

MSCI Emerg.Markets

CDO, CUP 50 0 -50 -100 -150 -200 MSCI EMERGING MARKETS, Support Resistance

850

800

750

700

650

600

550

500

Fermato in area 800 all’inizio del mese di giugno, l’indice dei mercati emergenti ha subito una flessione di oltre il 10%, per poi riportarsi verso quota 770. Il peggioramento del momentum di medio periodo ci porta a ritenere probabile una fase laterale compresa tra 720 e 800. Nuovi movimenti direzionali di una certa valenza, dunque solo alla rottura dei target suddetti. Rintracciamenti possono essere comunque considerati, almeno per ora, opportunità di acquisto.

450

October

November

December

2009

February

March

April

May

June

July

Created in MetaStock from Equis International

65


MERCATI IN DIRETTA

Analisi tecnica

Stochastic Oscillator

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

CDO, CUP

4.5 4.0 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 0.0 -0.5 -1.0 -1.5 -2.0 -2.5 128.0 127.5 127.0 126.5 126.0 125.5 125.0 124.5 124.0 123.5 123.0 122.5 122.0 121.5 121.0 120.5 120.0 119.5 119.0 118.5 118.0 117.5 117.0 116.5 116.0 115.5 115.0 114.5 114.0 113.5 113.0 112.5 112.0 111.5 111.0 110.5 110.0 109.5 109.0 108.5

BUND (EUREX), Support Resistance

June

July

August

September

November

2009

February March

April

May

June

Bund Repentino il rimbalzo del decennale tedesco sul supporto segnalato in area 117,5 e corsi che ritornano verso la resistenza in area 121,5. La struttura dei prezzi e l’ipercomprato di breve ci portano a propendere per una fase laterale nelle prossime settimane tra 121,5 e 117,5. La rottura invece di 121,5 potrà riportare i corsi in area 123,5 dove è probabile che comunque prevarranno le vendite.

July

Created in MetaStock from Equis International

Stochastic Oscillator

90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

CDO, CUP

8 7 6 5 4 3 2 1 0 -1 -2 -3 -4

US 10YR NOTE (CBT), Support Resistance

June

July

August

September

November

2009

February

132.5 132.0 131.5 131.0 130.5 130.0 129.5 129.0 128.5 128.0 127.5 127.0 126.5 126.0 125.5 125.0 124.5 124.0 123.5 123.0 122.5 122.0 121.5 121.0 120.5 120.0 119.5 119.0 118.5 118.0 117.5 117.0 116.5 116.0 115.5 115.0 114.5 114.0 113.5 113.0 112.5 112.0 111.5 111.0 110.5 110.0 109.5 April

May

June

Tnotes 10Y Il forte movimento ribassista del decennale americano, ha trovato supporto in area 114, appena sotto il target previsto a 115, ed ora tenta una reazione che, se confermata dalla rottura di 117, potrà riportarlo verso quota 120,5. In caso di prosecuzione ribassista, i target principali sono 113 e 111,5 ; lo scenario ribassista dovrà essere confermato dalla ripresa dei corsi delle materie prime.

July

Created in MetaStock from Equis International

66


MERCATI IN DIRETTA

Analisi tecnica

Stochastic Oscillator

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

CDO, CUP

20

CRB

10 0 -10 -20 -30 CRB, Support Resistance 315 310 305 300 295 290 285 280 275 270 265 260 255 250 245 240 235 230 225 220

Breve pausa di riflessione dell’indice delle materie prime che, sfiorato il target a 65 punti ha rintracciato trovando supporto sul massimo precedente in area 245. La buona impostazione del momentum di medio periodo può far propendere per la prosecuzione del rialzo fino al prossimo target posto a 285. Il ribasso di breve può continuare invece alla rottura di 245 ed in tal caso il supporto principale lo si trova in area 230.

215 210 205 200 195 November

December

2009

February

March

April

May

June

July

Created in MetaStock from Equis International

Stochastic Oscillator

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

Oro

CDO, CUP 50

0

-50

-100 ORO LONDRA CHIUSURA, Support Resistance

1010 1000 990 980 970 960 950 940 930 920 910 900 890 880 870 860 850 840 830 820 810 800 790 780 770 760 750 740

Ancora lateralità di medio periodo per il metallo giallo, che nemmeno questa volta è riuscito a rompere la resistenza dei 1000 $ l’oncia. Nel breve la eventuale continuazione del ribasso confermata dalla rottura di 920 riporterà i corsi in area 870 supporto del quale auspichiamo la tenuta; in alternativa verrebbe confermato il doppio massimo con primo target a 750. Per ora quest’ultimo scenario ci pare tuttavia poco probabile a causa della struttura debole del dollar index.

730 720 710 700 690 June

July

August

September

November

2009

February

April

May

June

July

Created in MetaStock from Equis International

67


MERCATI IN DIRETTA

Analisi tecnica

Stochastic Oscillator

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

CDO, CUP

30 20 10

Rame

0 -10 -20 -30 -40 -50 HG COPPER (COMEX), Support Resistance

265 260 255 250 245 240 235 230 225 220 215 210 205 200 195 190 185 180 175 170 165 160

Raggiunto il target del movimento intermedio iniziato a gennaio per il rame che ha trovato una forte resistenza in area 245. Probabile periodo di incertezza nelle prossime settimane che potranno sfociare in un ribasso, data la divergenza che si sta formando sugli oscillatori di breve termine. Monitorare con attenzione area 210 prima e area 191 successivamente.

155 150 145 140 135 130 125 120 115 November

December

2009

February

March

April

May

June

July

Created in MetaStock from Equis International

Stochastic Oscillator

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

CDO, CUP

10

Petrolio WTI

5 0 -5 -10

WTI (NYMEX), Support Resistance

75

70

65

60

55

50

45

Non sembra volersi arrestare il trend positivo di medio periodo del petrolio del quale conferiamo a oggi il target finale a 78$ al barile, vista la buona impostazione del momentum di breve periodo e la non forte tensione degli indicatori di breve. In caso di rottura di 66 si potrebbe assistere ad uno storno con obiettivo 58 prima ed eventualmente 54 in un momento successivo.

40

35

24

1 8 15 December

22

5 12 2009

19

26

2 9 16 February

23

2 9 March

16

23

30 6 14 20 April

27 4 11 May

18

26 1 8 June

15

22

29 6 July

13

Created in MetaStock from Equis International

68


MERCATI IN DIRETTA

Analisi tecnica

Stochastic Oscillator

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

CDO, CUP

0.10 0.05

Eur/Usd

0.00 -0.05 -0.10 EURO-DOLLARO USA, Support Resistance

1.49 1.48 1.47 1.46 1.45 1.44 1.43 1.42 1.41 1.40 1.39 1.38 1.37 1.36 1.35 1.34 1.33 1.32 1.31

Si è arrestato in area 1,42 il cross euro dollaro. Più difficile ora la prosecuzione del trend rialzista, se non dopo una fase di lateralità, confermata dall’indebolimento del momentum di medio periodo e l’ipercomprato di breve. In caso di prosecuzione rialzista rimane confermato il target a 1,45, mentre il supporto principale rimane in area 1,365.

1.30 1.29 1.28 1.27 1.26 1.25 1.24 1.23 October

November

December

2009

February

March

April

May

June

July

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Stochastic Oscillator

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

CDO, CUP

0.05

0.00

-0.05

EURO-FRANCO SVIZ, Support Resistance

October

November

December

2009

February

March

April

1.615 1.610 1.605 1.600 1.595 1.590 1.585 1.580 1.575 1.570 1.565 1.560 1.555 1.550 1.545 1.540 1.535 1.530 1.525 1.520 1.515 1.510 1.505 1.500 1.495 1.490 1.485 1.480 1.475 1.470 1.465 1.460 1.455 1.450 1.445 1.440 1.435 May

June

Eur/Chf Fase di congestione per il cross in esame, chiusa tra 1,50 e 1,54 dal mese di febbraio. Vedremo nelle prossime settimane se si sarà trattato di una pausa di accumulazione, per una nuova gamba del rialzo iniziato a marzo e se quindi il cross riuscirà a rompere la parte superiore del canale suddetto.In tal caso l’area 1,6 sarà il prossimo target. In caso di negatività al si sotto di 1,5, ad oggi meno probabile, il target principale è posto a 1,55.

July

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69


MERCATI IN DIRETTA

Analisi tecnica

Stochastic Oscillator

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

Eur/Yen

CDO, CUP 5 0 -5 -10 -15 -20 EURO-YEN GIAPPON, Support Resistance 160

155

150

145

140

135

130

125

120

Il cross euro yen ha raggiunto quota 140 nel mese appena trascorso e la struttura rialzista rimane intatta, anche se un po’ più debole.nella forza. In caso di mancato superamento dei massimi raggiunti, probabile una fase di assestamento che per non intaccare la struttura rialzista di medio termine dovrà permettere al cross di non oltrepassare quota 125 al ribasso. Soglie critiche di breve area 133 e 128,5 successivamente.

115

110 October

November

December

2009

February

March

April

May

June

July

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Stochastic Oscillator

90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

CDO, CUP

2 1 0 -1 -2 -3 -4 -5

DOLLAR INDEX, Support Resistance

90.5 90.0 89.5 89.0 88.5 88.0 87.5 87.0 86.5 86.0 85.5 85.0 84.5 84.0 83.5 83.0 82.5 82.0 81.5 81.0

Dollar Index Fase laterale per il dollar index tra 78,5 e 81,5, che potrà proseguire anche nelle prossime settimane. Poco probabile ci appare la possibilità della prosecuzione del ribasso al di sotto di 78,5 dato il miglioramento del momentum di medio periodo. In caso di ripresa del trend rialzista di breve periodo delle quotazioni, il primo target è posto a 83,5.

80.5 80.0 79.5 79.0 78.5 78.0 77.5 24

1 8 15 22 December

5 12 2009

19

26

2 9 16 February

23

2 9 March

16

23

30 6 April

13

20

27

4 11 May

18

25

1 8 June

15

22

29 6 July

13

Created in MetaStock from Equis International

70


MERCATI IN DIRETTA

Analisi tecnica

CDO, CUP

35 30 25 20 15 10 5 0 -5 -10 -15

MARKET VOLATILITY, Support Resistance

95

VIX

90 85 80 75 70 65 60 55 50 45 40

Il forte ribasso della volatilità ha permesso al mercato americano di mantenersi fino ad ora in un trend estremamente positivo. Il momentum di breve e medio termine fanno propendere per una continuazione del trend ribassista in atto, anche se con minore forza.

35 30 25 20 15 10 5 M

A

M

J

J

A

S

O

N

D

2008

M

A

M

J

J

A

S

O

N

D

2009

M

A

M

J

J

A

S

Created in MetaStock from Equis International

CDO, CUP

30 25 20 15 10 5 0 -5 -10

DAX VOLATILITY, Support Resistance

VDax

75

70

65

60

55

50

45

40

35

30

Situazione più delicata per l’indice europeo che sta modificando la sua struttura di medio termine in modo più marcato. Occorrerà monitorare l’indice con attenzione nelle prossime settimane anche se la situazione potrà rimanere di relativa tranquillità fino a quota 35.

25

20

15

10

2007

M

A

M

J

J

A

S

O

N

D

2008

M

A

M

J

J

A

S

O

N

D

2009

M

A

M

J

J

A

S

Created in MetaStock from Equis International

Definizione: Il Vix ed il Vdax sono detti ”indicatori di Paura” dei mercati ed esprimono l’andamento della volatilità implicita delle opzioni sullo lS&P500 e sul Dax. Nel dettaglio misura le aspettative di volatilità del mercato nei prossimi 30 giorni. Un valore alto degli indici corrisponde a mercati volatili e perciò a maggiori costi di copertura tramite opzioni e viceversa. Importante da monitorare sono anche i rispettivi trend ed i punti di svolta.

71


MERCATI IN DIRETTA

A2A Alleanza Ansaldo Atlantia Autogrill Banca MPS Banca PopMilano Banco Popolare Bulgari Buzzi Unicem

Giu(%)

2009(%)

-3,20 -6,46 9,42 -4,82 -8,81 -6,42 -11,29 -10,59 -3,12 -4,00

-2,91 -6,37 38,84 25,87 30,61 2,4 6,13 20,36 17,96 4,95

CIR Campari ENEL ENI FIAT Finmeccanica Fondiaria-Sai Generali Geox Impregilo

FTSE/Mib Giu(%)

2009(%)

3,83 1,88 -9,16 -2,71 -3,89 -0,69 -3,04 -7,96 -10,00 9,14

50,10 28,49 -10,33 11,82 90,17 -17,85 -2,08 -8,03 18,74 25,83

Intesa Sanpaolo Italcementi Lottomatica Luxottica Mediaset Mediobanca Mediolanum Mondadori Parmalat Pirelli & C

Giu(%)

2009(%)

-10,00 -1,09 -4,25 1,92 -5,84 -1,16 6,44 -12,27 -2.77 -13,70

-5,36 11,13 -5,11 34,27 7,58 17,85 26,67 -19,04 35,89 13,83

Giu(%)

2009(%)

Prysmian Saipem Snam Rete Gas Stmicroelectronics Telecom Italia Tenaris Terna Ubi Banca Unicredit Unipol

3,18 -5,40 1.54 1,23 -1,60 -12,03 -8,48 -6.69 -4,27 -10,75

9,17 44,86 -6,25 33,46 2,28 24,18 -2,10 -3,89 49,85 -27,12

MN

Finanz.

FTSE/Mib − Giugno 2009 (%) −14

−7 ENI

0 TEN

7

IT

IPG

14

MS

CIR STM

Media

Costruzioni

BZU

Energy

Tech

CPR

SPM

MB

UCG

UNI

ISP

BMPS

PLT

F

Alimentari

Auto

PMI

Banche

UBI

SRG STS

GEO

PC BUL

TIT A2A

BP

Utility

ENEL

FSA

MED

TRN

LTO

AGL

FNC

LUX

Industriali Assicurativi

G

Servizi

AL ATL

PRY

FTSE/Mib − Anno 2009 (%) −90

−45 ENI

0 TEN

45

IT

IPG

90

MS

MN

Finanz.

CIR STM

BZU

Media

Costruzioni

Energy

Tech

CPR

SPM

MB

UCG

UNI

ISP

BMPS

PLT

F

Alimentari

Auto

PMI

UBI

Banche

SRG STS

GEO

PC BUL

ENEL

FSA

TIT A2A

BP

MED

Utility TRN

LTO

AGL

FNC

LUX

Industriali G PRY

Assicurativi

Servizi

AL ATL

72


MERCATI IN DIRETTA

Analisi quantitativa

Analisi quantitativa (FTSE/Mib) Analisi Ciclica I mercati si muovono ciclicamente; i cicli di maggiore utilizzo sono il ciclo di lungo termine (tipicamente 4-5 anni per l’azionario), il ciclo intermedio (2-3 ogni anno) ed il ciclo di breve (7-10 ogni anno). Rilevare la posizione dei vari cicli e rappresentarli in un modo grafico di immediata fruibilità, permette di avere un riferimento assoluto della fase attuale di mercato. Se da un lato questi cicli non determinano l’azione dei prezzi, dall’altro è vero che la infuenzano notevolmente. Il monitoraggio di questi cicli, riveste importanza fondamentale ed aggiunge informazioni rilevanti all’analisi globale dei mercati. I grafici sottostanti riportanto la posizione ciclica rappresentata da un orologio virtuale dove il ciclo di lungo termine è rappresentato in rosso, quello intermedio in azzurro ed in verde quello di breve. E’

importante la posizione, la direzione e la fase, ossia le relazioni di ciascuno rispetto all’altro. Quando assumono posizioni e/o direzioni coincidenti il segnale viene rafforzato e l’influenza sull’azione dei prezzi diviene più marcata. Quando sono contrastati è più probabile avere un’azione di lateralità che di direzionalità dei mercati.

parta dai titoli contenuti nell’indice, ci offre informazioni continue sullo stato e sull’andamento del trend globale. L’immagine seguente riporta la qualità del trend per i tre cicli, e vengono rappresentati graficamente con un angolo compreso fra +45 (max trend positivo) e -45 (max trend negativo).

Analisi del Momentum Analisi del Trend Rilevare il trend da un indice (es. Mibtel) non permette di avere la visione di quello che è la qualità del trend stesso. Se da un lato siamo in grado di capire se il trend ad esempio intermedio è impostato al rialzo (indicazione logica, si o no), nulla sappiamo del suo eventuale stato e delle variazioni rispetto al suo recente passato, in molti casi importanti per capire l’evoluzione del quadro generale. Soltanto un’analisi di tipo bottom-up, ossia che

L’analisi del momentum dei titoli componenti il mercato ci offre un’importante elemento per capire la predisposizione degli stessi a confermare o meno l’impostazione in atto. L’indicatore riporta per i tre cicli, un indicatore (fra 0 e 100) che evidenzia la predisposizione positiva al rialzo dei titoli sottostanti. Da considerare in particolare i valori inferiori a 25 che confermano la tendenza ribassista ed i valori maggiori di 75 per quella rialzista.

Rendimenti settimanali (FTSE/Mib) 1,44 % 1,06 %

0%

Rendimento (%) 1 - 5 Giugno 8 - 12 Giugno 15 - 19 Giugno 22 - 26 Giugno

−2,67 %

1, 44 1, 06 −5, 08 −2, 67

−5,08 % week1

week2

week3

week4

73


MERCATI IN DIRETTA

Analisi quantitativa

Ind SP/Mib

[2009−02−02 01:00:00/2009−07−01 02:00:00] +

+

+

+

Last 19443.1797

M1 :19108.822 M2 :19453.703 20000

M3 :19760.163 MOR :20618.340 +

+

MOR :18407.490 +

+ + +

18000

+

+ +

+

16000

+ +

14000

+ 12000

2000

1000

0

−1000

−2000

−3000

feb 022009

feb 092009

feb 162009

feb 232009

mar 022009

mar 092009

mar 162009

mar 232009

mar 302009

Breve Termine Laterale

apr 062009

apr 202009

apr 272009

Medio Termine Laterale

mag 112009 mag 182009 mag 252009

giu 012009

giu 082009

giu 152009

giu 222009

giu 292009

Lungo Termine Laterale

Previsione: FTSE/Mib

Potete seguire giornalmente l’evoluzione di questi indicatori tramite il Market Outlook di DenUP, che tratta oltre 50 mercati, fra aree, paesi, settori, stili e bond. Le informazioni presenti in questo periodico sono state redatte con la massima perizia possibile in ragione dello stato dell’arte delle conoscenze e delle tecnologie. Il presente documento non è da considerarsi esaustivo ma ha solo scopi informativi. La pubblicazione del presente documento non costituisce attività di sollecitazione del pubblico risparmio. Le informazioni ed ogni altro parere nel presente documento sono riferiti alla data di redazione del medesimo e possono essere soggetti a modifiche. Chi scrive non deve essere ritenuto responsabile per eventuali danni, derivanti anche da imprecisioni e/o errori, che possano derivare all’utente e/o a terzi dall’uso dei dati contenuti nel presente documento. 74


Capitolo 3. Cenni sul contratto di agenzia 3.1. Stabilità dell’incarico 3.2. Obbligo di promuovere i contratti 3.3. Diritto di esclusiva 3.4. Provvigioni 3.5. Patto di non concorrenza 3.6. Patto di prova 3.7. Scioglimento del contratto di agenzia 3.7.1. Risoluzione senza preavviso 3.8. Indennità di cessazione del rapporto 3.9. Indennità suppletiva di clientela 3.10. Star del credere 3.11. Fallimento del mandante 3.12. Cenni sulla nullità e annullabilità del contratto

INDICE Capitolo 1. Aspetti giuridici 1.1 Il promotore finanziario 1.2. Albo dei promotori finanziari 1.2.1. Requisiti di onorabilità 1.2.2. Requisiti professionali 1.3. Esame di idoneità professionale 1.4. Iscrizione all’albo 1.5. Cancellazione dall’albo 1.6 Incompatibilità 1.7. Obblighi del promotore finanziario 1.8. Documenti da conservare 1.9. Statuto del promotore finanziario 1.10. Privacy 1.11. Adempimenti in materia di antiriciclaggio 1.12. Provvedimenti sanzionatori Capitolo 2. Cenni sull’organizzazione 2.1. Contratto di lavoro subordinato 2.2. Contratto di mandato 2.3. Contratto di agenzia 2.4. Agenzia delle entrate 2.5. Dichiarazione inizio attività 2.6. Attribuzione del numero di partita Iva e del conto fiscale 2.7. Iscrizione nel Registro delle Imprese 2.8. Diritto annuale 2.9. Codice ATECO 2.10. Studio di settore

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Capitolo 4. Aspetti contabili 4.1. Sul regime contabile 4.1.1. Il regime ordinari 4.1.2. Il regime semplificato 4.1.3. Il regime fiscale dei minimi 4.1.4. Il regime per le nuove iniziative produttive 4.2. Sui libri contabili e registri fiscali obbligatori 4.2.1. Libro giornale 4.2.2. Libro inventari 4.2.3. Libro beni ammortizzabili 4.2.4. Registro fatture emesse 4.2.5. Registro fatture acquisti Capitolo 5. Aspetti fiscali 5.1. Reddito d’impresa 5.1.1. Competenza 5.1.2. Inerenza 5.1.3. Imputazione al conto economico 5.2. Componenti positivi di reddito 5.2.1. Provvigioni 5.2.2. Incentivi alla vendita 5.2.3. Rimborsi spese 5.2.4. Stock option 5.2.5. Indennità sostitutiva del preavviso e indennità suppletiva di clientela 5.2.6. Indennità di fine rapporto 5.2.7. Cessione del portafoglio clienti 5.3. Componenti negativi di reddito 5.3.1. L’autovettura 5.3.2. Schede carburanti 5.3.3. Pedaggi autostradali 5.3.4. Manutenzione e riparazione auto 5.3.5. Spese varie di gestione dell’auto

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5.3.6. Spese per il vestiario 5.3.7. Beni strumentali 5.3.8. Ammortamento 5.3.9. Corsi e aggiornamento professionale 5.3.10. Spese di rappresentanza e pubblicità 5.3.11. Alberghi e ristoranti 5.3.12. Telefono e cellulare 5.3.13. Omaggi 5.3.14. Utilizzo locali 5.3.15 Spese varie 5.3.16. Dismissione di beni Capitolo 6. L’imposizione 6.1. Ritenute fiscali 6.1.1. Soggetti obbligati ad operare le ritenute 6.1.2. Base imponibile della ritenuta 6.1.3. Misura della ritenuta d’acconto 6.1.4. Provvigioni escluse da ritenute 6.1.5. Effettuazione della ritenuta 6.1.6. Versamento e certificazione della ritenuta 6.2. IRPEF 6.3. IRAP 6.3.1. Ricorsi irap 6.4. Imposta sul valore aggiunto 6.4.1. Tipologie di operazioni IVA 6.4.2. Soggetti passivi 6.4.3. Detraibilità Iva 6.5. ICI 6.6. Imposta di registro 6.7. Imposta di bollo 6.8. Dichiarazione unificata Capitolo 7. Aspetti previdenziali 7.1 . Inps 7.2. Inps e promotori finanziari 7.2.1. Iscrizione 7.2.2. Contributi 7.2.3. Quando e come versare i contributi 7.2.4. Riscatto praticantato 7.3. INAIL 7.4. Enasarco 7.4.1. Contribuzione ENASARCO 7.4.2. Contribuzione volontaria 7.4.3. Prestazioni previdenziali erogate 7.4.4. Prestazioni previdenziali integrative

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