3 minute read
Girl Power
La musica ha un problema con le donne, ma il GIRL POWER vincerà Quello che anche gli uomini dovrebbero dire
di Alessio Boccali
Advertisement
Vista la tematica trattata forse vi sareste aspettati un articolo scritto da una donna, ma non pensate che anche questa sia una forma di discriminazione? Andiamo per gradi. Vi tolgo subito un dubbio che potrebbe attanagliarvi: no, non sto scrivendo questo pezzo per far colpo su qualcuna o chiederle scusa. Semplicemente c’era bisogno di dire certe cose e queste cose può, e deve, dirle anche un uomo. Nella mia esperienza nel campo musicale mi è capitato di trovarmi in situazioni alquanto bizzarre, se non, a volte, addirittura vergognose. La scena musicale mondiale ha un problema serio con le donne: siano queste delle musiciste oppure delle “semplici” protagoniste delle canzoni.
Da “La donna è mobile” del “Rigoletto” sono passati quasi 170 anni, eppure non è raro scorgere all’interno di testi musicali di ogni genere un dipinto altrettanto vuoto e passivo della figura femminile. La donna cantata è spesso un mero oggetto del desiderio, bella da vedere, ma inavvicinabile perché instabile e pazza. Come se noi uomini, soprattutto quando si parla d’amore, non lo fossimo. L’unica donna sempre santificata è la mamma, ma solo perché lei è al di sopra di ogni malizia e tentazione, ha perso le vesti lascive e superficiali di donna per investirsi dell’aura purificatrice e santificatrice di madre. Ebbene, ok che come, dice la canzone, “Son tutte belle le mamme del mondo”, ma da qui a fargli perdere la loro personalità, e la loro dignità di donne è davvero esagerato. Certo, se le donne cantate sono sempre bistrattate, forse alle mamme non va proprio male; io, però, dico che è anche ora di cambiare la tendenza. Passiamo dal contenuto delle canzoni, alle interpreti di queste. Sapete quante volte ho ricevuto dei comunicati stampa in cui ho letto l’espressione “band tutta al femminile”? Davvero tante, troppe. Questa fastidiosa specifica attribuisce alle musiciste l’etichetta di “eccezione”. Come a dire: “la musica è roba da uomini, poi, oh, ci sono ‘ste 4 pischellette che fanno musica e non sono poi così male; concedete loro un ascolto o almeno guardatele…”. Sì, “guardatele”. Ecco, quello dell’aspetto fisico è un altro pregiudizio duro a morire. Ci avete mai fatto caso a quanta attenzione si faccia all’aspetto esteriore delle artiste? Qui potrebbero partire tutti i vari sermoni sulla società moderna, sull’importanza data all’apparire a discapito dell’essere nell’era dei social Gigliola Cinquetti è l’artista più giovane ad aver vinto il festival di Sanremo, all’età di 16 anni . Era il 1964 e nello stesso anno bisserà la vittoria portandosi a casa anche l’ Eurofestival
network, ecc. ecc. Sì, ok, tutto verissimo, ma come mai la stessa cura dell’aspetto fisico non viene richiesta all’uomo, che anzi, più è trasandato e più sa di vissuto e quindi è “rock”? Attenzione: nessuno sta colpevolizzando le donne che tengono al loro aspetto, che curano il loro corpo e, per fortuna, anche la loro mente. È pero doveroso affermare che per fare musica non devi essere necessariamente riconosciuta come una femme fatale. Insomma, l’importante è che alle artiste venga riconosciuta la stessa libertà espressiva e di costumi che viene riconosciuta ai colleghi maschietti. Quasi sempre eh, perché anche lì se provi a giocare un po’ di più con le identità di genere… apriti cielo! Non si deve però incorrere anche stavolta nell’errore di identificare la donna come un soggetto passivo. Sono tantissime le artiste, le donne, che quotidianamente si impegnano per sdoganare gli indegni preconcetti di cui sono vittime, e ci sono anche dei casi eclatanti che hanno fatto la storia. Andate su Google e cercate la storia di Millo Castro Zaldarriaga, che iniziò a suonare i tamburi sfidando il regime cubano che glielo vietava, oppure le lotte di Miriam Makeba, la “Mama Africa” impegnata contro l’apartheid, o, arrivando ai giorni nostri, la storia della rapper afgana Sonita Alizadeh, che ha rifiutato la barbarie del matrimonio combinato e con un brano divenuto virale sul web ha denunciato la vergognosa questione delle spose bambine. Esempi eclatanti, come dicevamo, ma che vanno accumunati per coraggio alle scelte quotidiane di tutte le donne che decidono di esibirsi su un palco non perché sono “fighe”, ma semplicemente perché “hanno un mondo nel cuore” e a, differenza del Matto di Fabrizio De André, riescono ad esprimerlo con le parole… e con la musica.