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l’a r c o b a l e n o tra poesia e scienza Jacqueline Saad | 5° FASE


SI DICE CHE L’ARCOBALENO SIA LA PARTE POSITIVA DI UN BRUTTO TEMPORALE. QUESTO NON SOLO DALL’ASPETTO FISICO MA ANCHE SENTIMENTALE. OGNI VOLTA CHE LO VEDO RIMANGO SEMPRE MERAVIGLIATA DA COSÌ TANTA BELLEZZA, E NON MI STANCO MAI DI GUARDARLO. UN FENOMENO CHE L’UOMO NON PUÒ COMANDARE. UNA VOLTA CHE APPARE NEL CIELO, UNO SI FERMA AD AMMIRARE LA SUA FORMA, I SUOI COLORI; MA NON PENSA MAI A COSA CI SIA DIETRO. FIN DA PICCOLI SI FANNO TANTE DOMANDE, MOLTE DELLE QUALI NON RICEVONO RISPOSTA, O SE LA RICEVONO QUESTA È VAGA O PENSATA PER AFFASCINARE I PIÙ PICCOLI. SPESSO PERÒ, CAPITA DI SBAGLIARE NEL DARE FALSE RISPOSTE, L’ARCOBALENO NON È FRUTTO DELLA NOSTRA FANTASIA, MA BENSÌ FIGLIO DI FENOMENI NATURALI CHE SI UNISCONO TUTTI INSIEME. ECCO PERCHÈ HO DECISO DI RISPONDERE A TUTTE QUELLE DOMANDE CHE ANCHE IO MI SONO POSTA DA PICCOLA.

Jacqueline Saad

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NATURA MERAVIGLIOSA: L'ARCOBALENO

Fra tutti i fenomeni colorati che avvengono in cielo l’arcobaleno è sicuramente uno dei più affascinanti. Quest’arco luminoso variamente colorato che attraversa il cielo ha ispirato la fantasia di poeti, filosofi e scienziati. A volte si trova scritto che la descrizione delle proprietà dell’arcobaleno è solo un semplice problema di ottica geometrica risolto da parecchi secoli; ciò non è propriamente esatto. Infatti quest’affermazione vale solo per le caratteristiche più evidenti dell’arcobaleno ma se vogliamo spiegare i particolari più fini, come la presenza di archi soprannumerari, dobbiamo ricorrere a tutto ciò che sappiamo della natura della luce chiamando in causa sia la sua natura ondulatoria che quella corpuscolare.

L'ARCOBALENO

Il fenomeno accade più frequentemente durante la stagione estiva quando i temporali si formano praticamente dal nulla. Può capitare infatti che uno splendido pomeriggio estivo si trasformi come d’incanto da soleggiato a nero come la pece; dopo di che arriva un violento acquazzone e mentre stanno scendendo le ultime gocce di pioggia ecco di nuovo apparire il Sole più brillante che mai. Questa è la situazione ottimale in cui è possibile osservare l’arcobaleno il quale appare come per magia dalla parte opposta al Sole sullo sfondo scuro delle nubi ancora cariche di pioggia. L’arcobaleno si presenta sotto forma di un arco di circonferenza in cui è possibile distinguere in sequenza i sei colori dell’iride; in particolare troviamo dall’esterno verso l’interno dell’arco il rosso, l’arancione, il giallo, il verde, il blu e il violetto. Cominciamo col notare che l’arcobaleno si presenta quando in aria sono sospese delle gocce d’acqua, o perché la pioggia è in corso, o perché sta cessando o perché qualcuno, nei paraggi, sta innaffiando con il tubo rivolto in alto Ma, indipendentemente dalle dimensioni delle gocce, l’arcobaleno si presenta sempre con le stesse caratteristiche: diametro

apparente, distribuzione dei colori, ecc. Per spiegare questo fatto, come vedremo occorre studiare il percorso dei raggi solari all’interno delle singole gocce d’acqua, e vedremo che questo percorso è proprio indipendente dalle dimensioni delle gocce. Secondo un’antica leggenda alla base dell’arcobaleno è nascosta una pentola colma di monete d’oro; chi volesse cimentarsi nella ricerca della pentola con il suo prezioso contenuto rimarrà un po’ deluso; infatti per quanti sforzi uno faccia per avvicinarsi all’arcobaleno esso rimane sempre alla medesima distanza. Inoltre è impossibile osservare l’arcobaleno di profilo poiché se ci spostiamo di lato l’arcobaleno sembrerà muoversi assieme a noi. Solo una persona è riuscita ad arrivare alla base dell’arcobaleno e ad impossessarsi della mitica pentola: si tratta di Paperon de Paperoni in una storia apparsa su ‘Topolino’ negli anni ‘60. Quando si tratta di quattrini nulla riesce a fermare Zio Paperone, nemmeno le leggi della fisica! A volte esternamente all’arcobaleno ne appare un altro, decisamente meno brillante, con la

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sequenza dei colori invertita (rosso all’interno e violetto all’esterno); si tratta dell’arcobaleno secondario mentre l’arcobaleno principale si chiama arcobaleno primario. La zona compresa fra l’arcobaleno primario e quello secondario appare più buia rispetto alle zone circostanti; è la cosiddetta banda scura di Alessandro così chiamata in onore di Alessandro di Afrodisia che primo la descrisse intorno al 200 d.C. Un’altra caratteristica dell’arcobaleno sono i cosidetti archi soprannumerari, una serie di deboli bande alternativamente rosa e verdi che talvolta si possono osservare all’interno dell’arcobaleno primario. Il primo tentativo di spiegare in maniera razionale il fenomeno dell’arcobaleno fu, molto probabilmente, quello del filosofo

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Aristotele, successivamente approfondita da Teodorico, fino ad arrivare alla “Teoria dei Prismi”, sviluppata da Newton, che confermò il fenomeno dell’arcobaleno. Fondamentalmente ciò che questi grandi personaggi scoprirono è che il segreto dell’arcobaleno sta nei fenomeni di riflessione e rifrazione dei raggi di luce all’interno della singola goccia di pioggia.


LUCE RIFLESSA E LUCE RIFRATTA La cosiddetta luce visibile, cioè la luce alla quale sono sensibili i nostri occhi, è solo una frazione di tutta la radiazione emessa dal Sole. Infatti il Sole emette continuamente nello spazio luce visibile, raggi infrarossi, raggi ultravioletti, onde radio, raggi X e raggi gamma. Molte di queste radiazioni (alcune delle quali molto pericolose) non riescono ad arrivare al suolo poiché vengono bloccate dall’atmosfera che si comporta come un filtro e lascia passare solo la luce visibile, le onde radio e qualche piccola porzione di radiazione infrarossa. É utile ed istruttivo immaginare la luce visibile e qualsiasi altro tipo di radiazione come un insieme di onde. La caratteristica fondamentale di un’ onda è la lunghezza d’ onda definita come la distanza fra due creste o due ventri dell’ onda. Ciò che distingue un tipo di radiazione da un altro è la lunghezza d’ onda, mentre i colori sono la risposta del nostro apparato visivo alle diverse lunghezze d’onda della luce; il rosso corrisponde alle lunghezze d’onda più elevate, il violetto corrisponde alle lunghezze d’onda più brevi e il giallo corrisponde alle lunghezze d’onda intermedie.

La prima scomposizione della luce solare nelle sue componenti colorate la si deve ad Isaac Newton il quale costrinse un raggio di luce ad attraversare un prisma di vetro e si accorse che nella luce uscente era possibile distinguere chiaramente i sette colori dell’iride. A dire il vero Newton riuscì a distinguere solo sei componenti colorate ma il numero sei non gli piaceva e aggiunse un settimo componente, l’indaco, per arrivare a sette che gli piaceva molto di più. In realtà l’indaco non esiste, è solo una sfumatura del violetto. La scomposizione della luce avviene a causa della rifrazione, uno dei due fenomeni fisici che interessano la luce quando si propaga da un mezzo ad un altro; nel caso dell’esperimento di Newton la luce si propaga dall’aria al vetro di cui è composto il prisma. L’altro fenomeno è la riflessione.

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La legge che regola il fenomeno della riflessione è molto semplice: l’angolo di riflessione è uguale all’angolo di incidenza. La luce rimanente penetra nel vetro e subisce una deviazione tanto più grande quanto più piccola è lunghezza d’onda; di conseguenza la componente rossa è quella che viene deviata di meno mentre la componente violetta è quella che subisce la massima deviazione. Questo fenomeno si chiama rifrazione ed è causato dalla minore velocità di propagazione della luce nel vetro rispetto a quella nell’aria. Un raggio di luce che passa dall’aria al vetro viene ritardato in corrispondenza della superficie di separazione; se colpisce la superficie obliquamente la variazione di velocità da luogo ad una variazione di direzione. La legge che lega l’angolo di incidenza a quello di rifrazione fu scoperta da Willebrord Snell nel 1621. Se il fascio di luce incidente è formato da luce bianca, composta da tutti i colori dello spettro, nel fascio di luce rifratta si distinguono tanti raggi di diverso colore. Se invece il raggio incidente è monocromatico, cioè costituito da luce di un solo colore, e quindi di una particolare lunghezza d’onda, il raggio rifratto è unico. Si osserva che il raggio rifratto è sempre nel piano individuato dal raggio incidente e dalla normale alla superficie di rifrazione. Inoltre al variare dell’angolo di incidenza, si può verificare che il rapporto tra il seno dell’angolo i di incidenza e il seno dell’angolo r di rifrazione è costante, cioè : sin i / sin r = n12 dove la costante n12, che dipende dalle proprietà dei due mezzi in cui la luce si propaga, prende il nome di Indice di Rifrazione Relativo, del secondo mezzo rispetto al primo. Possiamo scrivere anche : sin i/ sin r = v1/v2 dove v1 è la velocità della luce del primo mezzo, in cui si propaga il raggio incidente; e v2 quella nel secondo, in cui viaggia il raggio rifratto. Confrontando le due equazioni scritte si ottiene che l’indice di rifrazione relativo, rappresenta il rapporto tra le due velocità. Definiamo quindi l’indice di rifrazione: rapporto tra la velocità c della luce nel vuoto e la velocità d della luce nel mezzo. n= c/v cioè l’indice di rifrazione del mezzo rispetto al vuoto.

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Nel nostro caso il secondo mezzo (l’acqua), è otticamente più denso o più rifrangente del primo mezzo (l’aria); possiamo allora affermare che un raggio luminoso, che passa da un mezzo meno rifrangente a un mezzo più rifrangente, si avvicina alla retta normale alla superficie di separazione tra i due mezzi, mentre un raggio luminoso che parte da un mezzo più rifrangente a un mezzo meno rifrangente si allontana dalla normale. Se consideriamo due mezzi trasparenti 1 e 2, gli indici di rifrazione sono: n1= c/v1 e

n2= c/v2

La legge di Snell della rifrazione della luce: se n1 e n2 sono gli indici di rifrazione assoluti dei mezzi in cui si propagano, rispettivamente, il raggio di luce incidente e quello rifratto, tra i seni degli angoli i di incidenza e r di rifrazione, vale la relazione n1 sin i = n2 sin r

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LA SPIEGAZIONE DELL’ ARCOBALENO

Ora siamo in grado di comprendere quello che sta dietro alla magia dell’arcobaleno poiché ciò che abbiamo visto accadere in corrispondenza della superficie di separazione fra aria e vetro nell’esperimento di Newton può benissimo applicarsi anche alla superficie di separazione fra l’aria e una goccia di pioggia. Vediamo che cosa succede all’interno della singola goccia d’acqua.

nella goccia; la luce rimanente riesce a penetrare, subisce una rifrazione e viene deviata (ricordiamo che la deviazione è tanto più alta quanto piu bassa è la lunghezza d’onda). Quando colpisce la parete opposta dell’interno della goccia viene di nuovo parzialmente trasmessa (raggi classe 2) e parzialmente riflessa. Alla successiva superficie di separazione la luce riflessa si divide ancora in una componente riflessa VEDIAMO DI SPIEGARE COSA AVVIENE e in una trasmessa (raggi di classe 3) e il processo ALL’INTERNO DI OGNI SINGOLA GOCCIA continua all’infinito. Si rammenti che ogni volta che la luce colpisce la superficie di separazione fra aria ed acqua della goccia essa viene in parte riflessa ed in parte rifratta. Il raggio di luce che colpisce la goccia viene parzialmente riflesso (raggi di classe 1) e non entra

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I raggi di classe 3 danno origine all’arcobaleno primario, quelli di classe 4 danno origine all’arcobaleno secondario. È quindi possibile la formazione di arcobaleni di ordine superiore al secondo anche se sono molto difficili da osservare a causa della loro debolezza.


PERCHÈ TROVIAMO IL ROSSO ALL’ESTERNO DELL’ARCO MENTRE IL VIOLETTO LO TROVIAMO ALL’INTERNO?

La luce del Sole subisce una prima scomposizione (cioè viene rifratta) quando penetra nella goccia, poi viene riflessa dalla parete opposta dopo di che, subendo un’ulteriore scomposizione, fuoriesce dalla goccia e arriva agli occhi dell’osservatore il quale deve, per forza di cose, trovarsi con il Sole alle spalle. Applicando le leggi della riflessione e della rifrazione scopriamo che, rispetto alla direzione di penetrazione nella goccia, la componente rossa della luce è quella che subisce la massima deflessione mentre la componente violetta è quella che viene deviata di meno.

PERCHÈ NON È POSSIBILE OSSERVARE L’ARCOBALENO DI PROFILO NE TANTOMENO AVVICINARVISI?

Assumendo che la goccia d’acqua sia perfettamente sferica, Newton scoprì che la deviazione delle componenti colorate rispetto alla direzione di penetrazione dipende solamente dalla distanza fra la direzione della luce incidente e la linea parallela ad essa che passa per il centro della goccia; questa distanza si chiama parametro di impatto. Inoltre Newton scoprì che la massima intensità luminosa della luce che fuoriesce dalla goccia che dà luogo all’arcobaleno primario si ha per un particolare valore del parametro di impatto cui corrisponde una deflessione della luce rossa di circa 42 gradi e una deflessione della luce violetta di circa 40 gradi. Le gocce d’acqua che soddisfano a questa condizione si trovano lungo un arco di circonferenza con il centro nel cosiddetto punto antisolare, il punto situato a 180 gradi dal Sole e quindi mai visibile dell’osservatore. Di conseguenza ogni osservatore vede il proprio arcobaleno poiché quando cambia la posizione dell’osservatore cambiano anche le gocce d’acqua che soddisfano la condizione di massima intensità luminosa.

PERCHE L’ARCOBALENO PRIMARIO E PIU LUMINOSO DELL’ ARCOBALENO SECONDARIO?

Dopo ogni interazione con la superficie interna della goccia la luce riflessa che rimane all’interno della goccia stessa si indebolisce sempre di più; questo è il motivo per cui l’arcobaleno primario è più luminoso di quello secondario e quello secondario è più luminoso di quelli di ordine superiore. L’arcobaleno secondario si forma a partire da quella luce che fuoriesce dalla goccia dopo avere subito due riflessioni interne anziché una sola. La sequenza dei colori appare invertita (rosso all’interno e violetto all’esterno dell’arco) poiché la sequenza cambia fra una riflessione e l’altra (come si può facilmente verificare applicando le leggi della riflessione). Gli angoli di deflessione della luce sono quindi più grandi di quelli che corrispondono all’arcobaleno primario e questo è il motivo per cui l’arcobaleno secondario appare esternamente a quello primario. Infine la maggiore differenza fra gli angoli di deflessione del rosso e del violetto dell’arcobaleno secondario rispetto a quello primario spiega come mai l’arcobaleno secondario appare più largo dell’arcobaleno primario. La banda scura di Alessandro si forma poiché la luce che fuoriesce dalla goccia d’acqua con angoli di deflessione compresi fra quelli dell’arcobaleno primario e quello secondario è molto scarsa.

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I MECCANISMI DI FORMAZIONE DELL’

ARCOBALENO

Osserviamo ora che l’arcobaleno ha la forma di un arco di circonferenza e che il centro della circonferenza si trova su una retta e congiunge il sole con l’occhio dell’osservatore. Si noti anche che l’arcobaleno si trova sempre dalla parte opposta al sole rispetto all’osservatore, come in figura. Per spiegare questo consideriamo i raggi solari come SG o S’O; G come generica goccia d’acqua disegnata non in scala con il resto della figura. La retta SG è parallela alla retta S’O e si suppone che, data la grande distanza, il sole possa giacere sia sulla prima retta che sulla seconda, poichè due parallele si incontrano all’infinito: quindi il sole è rappresentabile sia col punto S che col punto S’. Quando i raggi solari paralleli ad SG, incontrano le innumerevoli gocce della nube, attraversandole, questi subiscono qualche riflessione interna ed

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emergono dalle gocce, formando un angolo acuto col raggio incidente SG; poichè questo angolo è acuto i raggi tornano verso l’osservatore e la goccia responsabile di questa deviazione, si trova, verso l’osservatore, dalla parte opposta al sole. PERCHE’ L’ARCOBALENO HA LA FORMA DI UN CERCHIO? Tutti i raggi come OG formano colla direzione del sole (S’OS”) lo stesso angolo δ e pertanto giacciono sulla superficie di un cono che ha per asse la retta S’O S” e per apertura δ : poiché la sezione retta di un cono è un cerchio, anche l’arcobaleno è circolare (A - A’ - A” in figura) ed il centro di questo cerchio (S”) deve giacere sull’asse del cono, cioè sulla retta S’OS” , come si è detto sopra, e quindi sotto l’orizzonte. L’angolo di deviazione è pari a 41,83°.


PERCHE’ PROPRIO UN ANGOLO DI 42° ? Poiché le gocce sono sferiche, ed i raggi solari incidono sulla intera loro superficie che è ricurva, i raggi dovrebbero venir deviati anche in altre direzioni; anzi, in tutte le direzioni all’interno di un certo cono. Così infatti avviene, ma l’occhio percepisce solo i raggi con quel certo angolo, come detto sopra, giacenti nel piano SGO .

PERCHE L’ARCOBALENO APPARE COME UNA onde, o radiazioni, di diversa lunghezza d’onda, FASCIA DI DIMENSIONI E LARGHEZZA BEN vengono deviate più o meno quando attraversaDEFINITE? no un mezzo trasparente, come le nostre gocce, per cui il raggio di Cartesio non è unico quando I fascetti di raggi solari che vengono deviati for- emerge dalla goccia, ma vi sono infiniti raggi mando un angolo δ di 41,83° emergono dalla più o meno deviati che formano, per così dire, goccia ancora come fascetti paralleli, e sono det- una serie infinita di arcobaleni concentrici, che si ti “raggi di Cartesio” in ricordo del fisico e filoso- susseguono con una successione di colori come fo francese che si occupò per primo di questo quelli prima elencati, con tutte le sfumature inproblema; l’energia del fascio non viene “spar- termedie. pagliata” ed il nostro occhio percepisce in quella direzione una maggiore brillanza, cioè un punto Il fatto che l’arcobaleno presenti l’orlo esterno dell’arcobaleno. rosso e l’interno viola è dovuto al fatto che, per il colore rosso l’angolo δ è maggiore e quindi Tutti gli altri fascetti emergono con un diverso “l’arcobaleno rosso” appare più ampio degli altri; angolo, ma non sono paralleli: o sono divergenti il contrario per l’altro estremo dello ”spettro”6, o sono convergenti (ma in questo caso divengo- quello che ci dà la sensazione di viola, che prono presto divergenti, appena superato il punto duce una deviazione δ minore e mostra un arcodi convergenza) e la loro energia viene rapida- baleno più piccolo, all’interno di quelli degli altri mente “sparpagliata” divenendo troppo debole colori. La successione di questi archi di diverso per essere percepita. colore è appunto la cosiddetta “iride”. PERCHÉ L ’ARCOBALENO E COMPOSTO DI ANELLI COLORATI CONCENTRICIE E PERCHÉ QUESTI COLORI SONO DISPOSTI SECONDO UN ORDINE FISSO? Tutti sanno che la luce bianca, in particolare quella solare, è formata da un miscuglio di onde di diversa lunghezza, che danno al nostro occhio la sensazione dei colori “puri” che vanno dal viola al blu, verde, giallo, arancio e rosso. Queste

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DIMOSTRIAMO IL VALORE DELL’ ANGOLO DI 41,82° Il raggio di Cartesio è l’unico che concorre a formare l’arcobaleno e per esso l’angolo di deviazione δ è pari a circa 41,83° . Si veda la fig. 3b. In essa si considerano due raggi incidenti SB’ ed SB” , scelti in modo da rientrare entrambi nel “raggio di Cartesio”; infatti, eseguiti i calcoli come sopra indicato, si riscontra che i due raggi rifratti B’D e B”D incidono in un punto D che è il medesimo per i due raggi (l’angolo G’CD = δ / 2 risulta lo stesso in entrambi i casi): per α’ = 56° , si ha β’ = 38,4575° , γ’ = 103,085° e δ’/ 2 = 20,9149° ; per α” = 62,7° , si ha β” = 41,8075°, γ” = 96,3850° ed ancora δ”/ 2 = 20,9149°. Dunque i due raggi rifratti incidono in uno stesso punto (D) ed il valore δ = 41,8299° vale per entrambi i raggi; è questo il valore che si voleva dimostrare.

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CONCLUSIONI L’ arcobaleno si presta a stimolare una riflessione sul metodo scientifico. Vogliamo sostenere che la verità scientifica, cioè l a conoscenza della natura, si raggiunge meglio col porre le domande corrette che non cercando le risposte esatte. Infatti, in base a quanto detto sopra, sappiamo che l’arcobaleno è una sensazione, creata nel nostro occhio da certi fenomeni ottici che si svolgono all’interno delle gocce d’acqua L’arcobaleno non è un oggetto, ma un’impressione creata da certi raggi solari deviati in un certo modo dalle gocce di pioggia. In un certo senso, simile ad un’illusione ottica. Ebbene, se qualcuno chiede: “Di che colore è l’arcobaleno?”, pone una domanda senza risposta. Questa domanda è scorretta poiché presuppone che l’arcobaleno sia un oggetto dotato di certi colori, una specie di striscia di cartone dipinto, distesa per aria. Non si può rispondere a questa domanda . La domanda corretta da porre è invece: “Qual’è il fenomeno per cui, in certe condizioni, il nostro occhio ha la sensazione di vedere in cielo una fascia più chiara, con quella certa forma e quei certi colori?” A questa domanda è possibile rispondere: “Il fenomeno è dovuto alla deviazione e dispersione dei raggi solari che si verificano in certe condizioni nelle gocce di pioggia … ecc. ecc.” A domanda corretta può seguire una risposta corretta.

BIBLIOGRAFIA: • FISICA 2 di Antonio Caforio e Aldo Ferilli • LIBRO DI FISICA di Andrea De Capua • L’ARCOBALENO CON GEOGEBRA • MECCANISMI DI FORMAZIONE DELL’ARCOBALENO di http://www.funsci.com/ • Natura meravigliosa: L’arcobaleno di Marco Marchetti

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