Città Autografica Disegno e progetto per un dialogo tra generazioni
Esposizione di opere originali realizzate da progettisti esponenti emergenti dell’architettura italiana. Obiettivo della iniziativa è porre una riflessione critica sulla città e sulla evoluzione della sua immagine nella condizione contemporanea. Gli studi selezionati sono stati invitati a fornire una lettura dell’organismo urbano con gli strumenti propri del progetto di architettura attraverso la redazione di un elaborato originale autografo in grado di sintetizzare un personale punto di vista sulle molteplici tematiche che attraversano l’universo contemporaneo. L’esposizione, nel proporre un quadro seppur parziale di un profilo generazionale pone le premesse per una riflessione sulla evoluzione dell’organismo città sollecitando un dibattito sulle tematiche connesse al disegno e alla rappresentazione come luogo del pensiero progettuale con, al centro, la posizione della generazione oggetto di indagine. Esposta in occasione della seconda edizione del workshop Il Territorio oltre lo Stretto l’esposizione prosegue in un viaggio itinerante in grado di toccare più sedi del territorio nazionale.
AtelierMap_Siracusa Bodàr Bottega d’Architettura_ Messina B2A_Cosenza c.a.c.p. studio / cecilia anselmi carlo prati_Roma For(m)a-b_Reggio Calabria Olaf Gipser Architects_Amsterdam Iotti+Pavarani_Reggio Emilia Raffaella Laezza_Trieste Lina Malfona_Roma MDU Architetti_Prato Medir Architetti_Roma Menegatti/Nencini_Roma Moduloquattro Architetti Associati_Messina Monestiroli/Ferrari_Milano Nàbito Arquitectura_Barcelona Neostudio_Genova Scape_Roma
Dettaglio elaborati 1.
Studio: Titolo: Dimensioni e tecnica:
AtelierMap_Siracusa Città autobiografica 420x30 - tecnica mista
2.
Bodàr Bottega d’Architettura_ Messina Morfogenesi di un paesaggio 100x60 china su lucido
3.
B2A_Cosenza Alla fine della strada trovi un’altra città cm 100x70 china ed acrilico su carta
4.
c.a.c.p. studio / cecilia anselmi carlo prati_Roma Re(f)use TBX Comic cm 120x40 comix
5.
For(m)a-b_Reggio Calabria “Postproduzione” cm 160x80 tecnica mista
6.
Olaf Gipser Architects_Amsterdam La città e la sua produzione di natura cm 42x50 stampa su carta 1/1
7.
Iotti+Pavarani_Reggio Emilia “Dietro le quinte” cm 50x70 tecnica mista
8.
Raffaella Laezza_Trieste Tav1 sx: “Multireligious urban science at peace” Tav2 dx: “Germinazioni” N°2 cm 100x100 tecnica mista su forex
9.
Lina Malfona_Roma Racconti planimetrici Paratassi di tracciati urbani N°2 cm 50x70 china su cartoncino schoeller
10.
Studio: Titolo: Dimensioni e tecnica:
MDU Architetti_Prato mediterranea 70x35 tecnica mista su lucido
11.
Medir Architetti_Roma SSC 2011 Sovrascrittura di città 30x30 collage
12.
Menegatti/Nencini_Roma Disegno 1: Città Autografica Disegno 2: Zero 50x70 digitale su cartoncino con tecnica manuale e tecnica a china 50x70 china su cartoncino
13.
Moduloquattro Architetti Associati_Messina Paesaggio vs simulacro 120x80 tecnica mista su cartoncino
14.
Monestiroli/Ferrari_Milano La città e la natura cm 100x70 tecnica mista
15.
Nàbito Arquitectura_Barcelona Lotus Blossum 90x45 stampa su carta 1/1
16.
Neostudio_Genova The Entire City 70x70 collage
17.
Scape_Roma “Agx-000” 100x100 immagine digitale su plexiglass 1/1
+ n° 17 cartigli con titolo e testo relativo all’elaborato esposto in mostra formati 30x30 , 30x45, 30x60 + n°17 tavole descrittive dell’attività progettuale degli studi invitati formato 30x90
+ n°1 manifesto formato 30x90
Totale sviluppo lineare elaborati Totale tavole studi
ml 19.72 ml 5.40
Totale senza spazi
ml 24.8
Totale superficie
ml 40 ca
Manifesto cm 30x90
17 Cartigli con testo relativo agli elaborati esposti in mostra 30x30, 30x45, 30x60
17 Tavole curricula studi cm 30x90
ELABORATI
Atelier Map, Siracusa CittĂ autobiografica cm420x30 - tecnica mista
Atelier Map, Siracusa Francesco Cacciatore, Gianfranco Gianfriddo, Luigi Pellegrino
Città autobiografica La città in cui lavoriamo è una realtà complessa e contraddittoria. E’ un fatto sincronico e diacronico al tempo stesso, consolidata e nuova, antica e recente. Si costruisce nel lungo periodo, lentamente, e può essere un manufatto in perenne e rapida mutazione: pazientemente stratificata nel corso dei secoli ed improvvisamente cresciuta nel giro di una notte sola. E’ greca e romana, sveva e normanna, rinascimentale e barocca. E’ razionale e informale, centrale e periferica, remota e contemporanea. E’ dispersa e compatta, pianificata e senza forma, si concentra in spazi stretti e si estende su tutto il territorio. E’ una città verticale, che va dai monti al mare, che si allunga piatta sugli altopiani e invade bassa la pianura. E’ ipogea, scavata nella pietra e costruita con la pietra stessa; è bianca ed è nera, basaltica e calcarea, forgiata con il fuoco e scolpita dall’acqua. La città in cui lavoriamo è reale e immaginata. E’ fatta di materia e di luce ed è fatta anche di tutte le architetture che in questi anni abbiamo disegnato.
Bodà r_Bottega d’Architettura, Messina Morfogenesi di un paesaggio 100x60, china su lucido
Bodàr_Bottega d’Architettura, Messina Daria Caruso, Andrea Cristelli, Francesco Fragale, Francesco Messina, Giuseppe Messina
Morfogenesi di un paesaggio La città, luogo della memoria e della proiezione futura della cultura e dell’abitare umano, con sempre maggiore intensità si sta progressivamente identificando con il sistema geografico sul quale gravita, tendendo quasi a impossessarsi del carattere morfologico di quest’ultimo. Intesa come organismo circoscritto in un preciso ambito, in cui centro, frammenti e periferie urbane sono riconoscibili attraverso un sistema di gerarchie e un definito (seppur non definitivo) campo di relazioni e insieme di fenomeni, l’evoluzione contemporanea della città sembra volgere verso un indebolimento di alcune di queste specificità per amplificare il rapporto tra l’insediamento ed il suo territorio. Tale processo comporta un graduale sfilacciamento delle strutture gerarchiche che si articolano secondo impianti monocentrici e policentrici, per avvicinarsi ad una configurazione reticolare, in cui la centralità si diffonde, perché definita da una trama di relazioni. Queste acquistano fisicità e sono alimentate ed orientate da flussi eteronomi, determinanti la localizzazione degli insediamenti come nodi indifferenziati di una tessitura che proietta il centro verso l’infinito. Le tensioni interne alle trame territoriali costituiscono il potenziale genetico di un nuovo organismo infra-paesaggistico, la cui esplicitazione fisica potrebbe divenire la struttura fondativa di un nuovo ed improbabile paesaggio urbano. L’individuazione delle matrici sottese ai contesti geografici permetterebbe di governare le dinamiche mutevoli di questi sistemi secondo tre consueti gradi evolutivi: l’insediamento originario, la strutturazione fondativa, l’affermazione dell’identità. Questi tre stadi riconducono le fasi di trasformazione consolidate della città alla scala della rete geografica. L’insediamento originario. È il momento in cui gli elementi della città consolidata si proiettano alla scala del territorio e ne orientano lo sviluppo iniziale. La trama naturale prevale sulla trama antropica. Strutturazione fondativa . Gli elementi di infrastrutturazione del paesaggio si definiscono in rapporto alla morfologia del territorio e per contrasto individuano il carattere fondativo della rete. La trama antropica e la trama naturale costituiscono due entità dialettiche.
Identità del Paesaggio. Esiste un’unica tessitura in cui infrastruttura e geografia confluiscono e si identificano in un sistema unitario: la trama reticolare del paesaggio.
B2a_Berlingieri Architetti_Cosenza Alla fine della strada trovi un’altra città cm 100x70, china ed acrilico su carta
B2a_berlingieri architetti, Cosenza Fabrizia Berlingieri
Alla fine della strada trovi un’altra città Si assiste ad un fenomeno che, ad un certo punto appare irreversibile: l’espansione si fa sempre più occasionale, sempre meno programmata e governabile. Quanto più la “rete nervosa” metropolitana si dilata, quanto più divora il territorio circostante, tanto più il suo “spirito” sembra smarrirsi, più essa diventa “potente”, meno sembra in grado di ordinare-razionalizzare la vita che vi si svolge.” Massimo Cacciari, Nomadi in prigione
Sembra uno scontro invisibile, sotterraneo e lento quello tra materia ed antimateria, tra città ed anticittà, l’una annulla l’altra. Eppure, nell’annientarsi coesistono con impreviste sovrapposizioni di un tempo sempre presente. Dell’idea di città restano ombre stagliate contro altri codici, che scandiscono omogeneamente un anti spazio urbano, in cui gerarchie e ragioni fondative perdono consistenza rispetto all’evidenza del singolo. Il territorio è inciso nell’intersezione di segni che sono anche questi singoli frammenti, singoli frammenti di individualità. Eccezioni continue di casistiche indeclinabili, o dell’antimateria urbana.
c.a.c.p. studio / cecilia anselmi carlo prati_Roma Re(f)use TBX Comic cm 120x40 comix
c.a.c.p. studio_Roma Cecilia Anselmi, Carlo Prati
Re(f)use TBX Comic Portiamo in questa sede un tema a noi caro che ci ha visto più volte coinvolti a diversi livelli nella ricerca come in una riflessione di recente al centro di un workshop cui abbiamo partecipato a Roma. Cogliamo inoltre l’opportunità offerta in questa sede per testimoniare una nostra visione della città a partire da ciò che riteniamo essere uno dei suoi punti dolenti. Attraverso la scelta di un media, in questo caso il fumetto, strumento linguistico autografo che più si presta per la sua forma narrativa alla strutturazione di un racconto, abbiamo voluto elaborare ad hoc un’ipotesi di sintesi grafica propria di una struttura ritmica progettata con tanto di sceneggiatura, scelta di viste da elaborare, cadenza delle tavole, io narrante, utile a raccogliere, in una modalità di indagine simile al documentario, alcune delle istanze del patrimonio operante nei contesti oggetto della nostra attenzione. Autografia qui intesa quindi non come autorialità ma come tentativo di accogliere la pluralità condensata dalla soggettività dell’io narrante. Recuperare una forma d’arte e di comunicazione pop che dal basso possa riportare alla dimensione prosaica una riflessione alta su un tema scottante che riguarda i destini della città. Il protagonista di questa storia e’ un testimone, un possibile abitante anonimo di TBX, generico quartiere popolare progettato e realizzato all’inizio degli anni ‘80 alla periferia di una grande citta’, che il sindaco vuole demolire per far posto ad una sorta di new town sul modello della Garbatella. Qualcuno che ha vissuto in quel contesto e lo conosce direttamente e che quindi può testimoniare delle mancanze o disagi ma anche degli aspetti positivi che contraddistinguono quel luogo a lui familiare. Qualcuno che ripercorrendo con la memoria gli spazi del quartiere in cui ha vissuto prova ad immaginarsi in che modo si sarebbero potuti trasformare positivamente a partire dalle loro stesse potenzialità e peculiarità. Attraverso il racconto si dispiega il rimuginio mentale del’io narrante che prova a farsi domande anche semplici ma legittime, sui destini di un contesto a lui noto se pure in alcuni casi ostile. Le stesse che ci poniamo noi oggi. Gli aspetti critici o le mancanze che fanno di TBX una metafora neanche troppo velata di una qualsiasi “zona sensibile” appartenente a una metropoli quale potrebbe essere Roma, rappresentano secondo noi l’universalità’ di una tematica tanto attuale quanto urgente. Al contempo sono gli argomenti specifici su cui fare leva a nostro modo di vedere, affinché finalmente questo tipo di contesti diventino in quest’ottica dei Territori di Proposizione o come dicono i francesi Lacaton e Vassal, dei Territori D’Eccezione piuttosto che dei luoghi di rimozione ai fini di una loro rigenerazione urbana. Ambiti come questi appartenenti alla periferia intermedia dei centri urbani e per estensione la città tutta, debbono essere considerati complessivamente come un fenomeno al contempo sociale, geografico e morfologico nei quali se e’ necessario intervenire per porre rimedio all’emergenza criticità che li contraddistingue, lo si possa fare anche in un’ottica di “basso impatto” plasmando e riconfigurando con rispetto assieme all’esistente oltre una logica di un suo azzeramento. In taluni casi e’ possibile traguardare gli stessi obbiettivi di una rigenerazione urbana tanto auspicati ad esempio dalle stesse ragioni a suffragio dell’ipotesi demolitivo ricostruttiva avanzata dal progetto Alemanno/Krier come nel caso di Tor Bella Monaca a Roma. Ma e’ altrettanto auspicabile mettere in atto queste strategie di trasformazione senza arrivare a dare vita a forzature radicali difficilmente sostenibili sia socialmente che economicamente, evitando di contribuire inoltre al lento processo di erosione progressiva e indiscriminata di parti consistenti di territorio cui appartiene ad esempio l’agro romano che oramai costituiscono un valore paesaggistico e ambientale condiviso non più negoziabile. Come TBX, affiorando nelle loro pesanti moli, anche Laurentino 38 o Corviale a Roma, le Vele di Secondigliano a Napoli, Rozzol Melara a Trieste, lo Zen a Palermo, la “Diga” di Begato o le “Lavatrici” a Genova, presi nelle loro diverse specificità, sono solo alcuni dei casi maggiormente noti. L’emergenza di dover porre rimedio ai conclamati disagi sociali, errori tipologici, disastri ecologici da arginare, contenere, se non addirittura eliminare in contesti simili, mette in primo piano una condizione di conflitto che si pone oggi più in generale nell’ambito della “questione abitativa” presente nel nostro paese. Attraverso una nuova visione generale dell’habitat e nello specifico dell’ alloggio di massa, e’ auspicabile secondo noi una riflessione utile a ravvisare percorsi credibili a contenere il dissidio che comporta una maggiore idoneità, tutta ancora da sperimentare in Italia, da parte del progetto contemporaneo rispetto a quello moderno nell’essere maggiormente “sensibile” ed “adatto ad assecondare le istanze poste dalla soggettività e sostenibilità connessi al tema dell’abitare e in grado di partecipare del rinnovamento ontologico adeguato ai cambiamenti strutturali subiti nel tempo dalla società. La necessità oggi di dover affrontare la crisi delle aree sub urbane di cui queste parti di città spesso si rivelano come veri e propri condensatori- da cui ogni tipo di loro negativa aggettivazione come “ghetti”, indecorose metafore del livello di disagio e marginalità della periferia metropolitana- porta con se inevitabilmente un ripensamento che a scala più ampia debba necessariamente oltrepassare i confini del loro specifico ambito fenomenologico e investire a più largo raggio una nuova visione dell’habitat. Essa, come già si è detto, deve poter rispondere ad una “rottura del paradigma” rispetto alla quale queste architetture della necessità ci sollecitano attraverso l’inerzia delle sconnessioni che afferiscono a una loro evidente inadeguatezza.
For(m)a-b_Reggio Calabria “Postproduzione” cm 160x80 tecnica mista
For(m)a-b_Reggio Calabria Ottavio Amaro, Marina Tornatora, Michele Seminara
“Postproduzione” Architettura della postproduzione (Nicolas Bourriaud) come opera d’arte creata sulla base di opere già esistenti, non più elaborando le forme ma lavorando con oggetti che sono già in circolazione sul mercato culturale. Operazione possibile progettando l’esistente inteso come materia, come corpo da modificare, da alterare con l’intento di ricostruire un patrimonio immaginario collettivo in quelle aree non ritenute strategiche all’interno del sistema globalizzato. Esse offrono un “terzo paesaggio” (Gilles Clement), un nuovo territorio dove sviluppare biodiversità architettoniche. Qui è possibile attivare dinamiche più aperte non piegate a stereotipi e mode omologanti: riscrivere, reimpaginare un testo oggi privo di qualità formali e coerenza costruttiva che nel meridione d’Italia si caratterizza per l’incompletezza, esibita dal telaio strutturale in c.a., metafora dell’incompiuto e della modernità, del non finito dei pilastri segnati dai ferri nudi, in attesa di un nuovo piano da realizzare. Una accumulo di Maison Domino, modello base più diffuso, rispetto al quale operare azioni progettuali. Un impegnativo lavoro di rielaborazione e riarticolazione dentro la città che include le fragilità dell’esistente senza distruggerle. Il progetto si configura come un atto di scrittura critica che si propone di produrre il nuovo evocando l’originario, superando i miti della modernità e contemporaneamente ripartendo da quanto questa ha prodotto per riuscire a compierla pienamente, tentando di correggerne le distorsioni. L’idea di edificio si modifica, non più metafora moderna della macchina, non più organismo classico alla maniera dell’Alberti e di Vitruvio, non solo corpo immateriale attraversato da flussi e da correnti energetiche, piuttosto materia vivente che si autoriproduce. Superando il contrasto tra natura e edificio e tuttavia non attingendo dalla categoria dell’organico si profila l’idea di un ciclo di vita dell’architettura che non coincide con la cultura del realismo operativo. Tale prospettiva non si confronta solo all’interno delle attitudini dell’edificio, ma necessita del nuovo come effetto di un insieme di modalità compositive che hanno come effetto la contaminazione, intesa come qualcosa di infettivo, un virus, un rischio genetico necessario perché migliorativo.
Olaf Gipser Architects_Amsterdam La cittĂ e la sua produzione di natura cm 42x50 stampa su carta 1/1
Olaf Gipser Architects_Amsterdam Olaf Gipser, Simona Puglisi
La città e la sua produzione di natura Città e natura non sono più due realtà opposte, ma sono diventate un insieme complesso per il quale nuove forme d’organizzazione spaziale e materiale devono essere previste. Per diversi secoli la città ha incoraggiato la coltivazione della natura al di fuori dei suoi confini; in particolare l’agricoltura, per nutrire la città, e natura sottoforma ricreativa, come sfogo dalla città stessa. La natura é stata il costante esterno sistema di supporto vitale per consentire alla città di prosperare. Al crescere della città, la distanza per gli approvvigionamenti di cibo e gite fuori porta è aumentata di conseguenza. Nella città stessa, la natura é stata addomesticata in uno spazio limitato; mera infrastruttura (es. sistema dell’acqua), mero giardinaggio (es. il parco) e raramente mera architettura (es. terme urbane romane, serre botaniche ) - sistemi spaziali urbani che producono natura. Considerando che le città stanno continuando a crescere, aumentano anche necessità ecologiche, sociali e mentali. Nuovi sistemi organizzativi spaziali, che amalgamano la città e la natura, sono richiesti, fondamentalmente ripensando e ridefinendo entrambi i concetti. Basato interamente nell’artificialità del territorio urbano e culturale, questo nuovo tutt’uno unirà la produzione della natura e il suo consumo, contribuendo all’ingegneria sostenibile della città e unendo prestazione tecnologica con uno spazio sociale di piacere, gioco e ricreazione. Alla luce di ciò, il nostro studio indaga un modello spaziale che suggerisce una trasformazione dei corridori monofunzionali di traffico del Modernismo in una struttura del Post-fordismo, aggiungendo un nuovo livello, con segmentate zone organizzate a serre, sull’autostrada della periferia urbana di Amsterdam. Essendo concepita come investimento pubblico con utilizzazione del collettivo, l’aggiunta struttura contiene un intero spettro di luoghi che producono natura - sistemi tecnologici come produzione di cibo, produzione organica di carburante, purificazione e raccolta d’acqua, produzione d’energia solare e il tutto insieme ad un integrato sistema di divertimento e piacere collettivo in stretta relazione con la vegetazione, il micro-clima e l’acqua.
Iotti+Pavarani_Reggio Emilia “Dietro le quinte” cm 50x70 tecnica mista
Iotti+Pavarani_Reggio Emilia Paolo Iotti, Marco Pavarani
“Dietro le quinte – masterplan per un’area residenziale e di servizi di 67 ha a Norimberga (schizzi di progetto)”
“… la maggior parte degli scrittori, e in particolare i poeti, preferiscono dare a intendere di comporre in una sorta di splendida frenesia, o intuizione estatica. E rabbrividirebbero all’idea di lasciare che il pubblico sbirci, fra le quinte, le crudezze elaborate e vacillanti del pensiero; il senso acchiappato all’ultimo momento, le idee baluginate mille volte senza mai arrivare alla maturità della visione piena; le fantasie maturate invece appieno, ma scartate nella disperazione davanti alla loro inservibilità; le selezioni attente, i cauti rifiuti; le dolorose cancellature, le interpolazioni. In una parola, le ruote e gli ingranaggi; i macchinari per i cambiamenti di scena, le scale a pioli, le botole…”. Mentre recuperiamo gli schizzi di progetto per il masterplan per l’area di Tiefes Feld a Norimberga e cerchiamo di dare un ordine e una successione dei disegni, ripercorriamo i passaggi di costruzione del progetto; e riconosciamo un percorso a zigzag che non si discosta molto dal accidentato processo creativo descritto da Poe nel saggio “Filosofia della composizione”. La tavola raccoglie una sequenza di schizzi della planimetria del nuovo insediamento che, quasi ossessivamente, insistono sul tema del innesto e del confronto tra spazi edificati e spazi aperti, introducendo ad ogni nuovo passo piccole ma significative variazioni… Non disegni volti a “comunicare”, dunque, ma ad esplorare, conoscere, raffrontare, misurare… Quasi come in una sequenza cinematografica, assistiamo ad un gravitare della massa costruita sui bordi, lasciando spazio al verde di “entrare” nell’area; al progressivo incastro di pieni e vuoti, a generare sequenze percettive ricche, sempre diverse; al riammagliamento dei percorsi con il quartiere esistente, a generare una continuità fisica e visiva ; allo strutturarsi di una sequenza centrale di spazi pedonali connessi alla prevista futura fermata della metropolitana, ad assicurare un sistema urbano basato su una mobilità sostenibile; all’addensarsi e rarefarsi del costruito, a generare spazi urbani dall’atmosfera profondamente diversa. Tentare di “disegnare” la città è evidentemente un esperimento fallimentare (“una città non è mai disegnata, si fa da sola” , per usare le parole di Renzo Piano). Lo sforzo messo in atto in questo progetto a scala urbana e paesaggistica è quindi quello di mettere in campo un luogo a densità diverse e a velocità diverse, un luogo che possa accogliere le differenze e quindi, forse, a lasciarsi abitare. Il progetto, risultato vincitore di concorso nel 2010, rimarrà solo un progetto; al team tedesco (risultato secondo in concorso) è stata affidata infatti dall’amministrazione di Norimberga la redazione del masterplan.
Raffaella Laezza_Trieste Tav1 sx: “Multireligious urban science at peace” Tav2 dx: “Germinazioni” N°2 cm 100x100 tecnica mista su forex
Raffaella Laezza_Trieste Raffaella Laezza
tavola 1 sx: Multireligious urban science at peace - tavola 2 dx: Germinazioni TRATTI INTERNI La città contemporanea è una città compressa. Implosa nel suo stato. Ha uno spazio storico: di geometria cartesiana. TAVOLA 1 Ha uno spazio tattile:le forme della sua natura geologica, fondativa: di geometria vettoriale. TAVOLA 2 Ricomporre le relazioni tra le due nature significa portare ad un “nuovo umanesimo” (Cecil Balmond) la conoscenza urbana. TAV.1 MULTIRELIGIOUS URBAN SCIENCE AT PEACE. TRATTI SOCIALI. Le urgenze attuali nei luoghi di guerra violenta spingono le città verso un rafforzamento di progetto urbano come luogo di ascolto delle differenze. Le città, nate per questo, sembrano inadeguate a sviluppare questo ascolto. Il conflitto non solo è economico ma piu potentemente si basa su differenze religiose, spirituali. Luoghi multireligiosi inducono alla relazione con l’altro come frutto di un simultaneo rafforzamento di ciascuna identità. Evocano una scienza della pace a cui l’architettura può contribuire. Gli spazi multifaith presenti oggi negli aeroporti (Londra_ Eastwick Multifaith Space) nei campus universitari (University of British Columbia Okanagan Campus) sono sintomo di una nuova vocazione urbana. Possibile. Nascono luoghi del rallentamento, della percezione sensoriale e della pausa come stato estendibile ad altri luoghi della quotidianità: luoghi comunitari e relazionali come gli spazi espositivi, commerciali, sportivi, culturali, tempo libero. TAV.2 GERMINAZIONI. TRATTI PROGETTUALI. Una serie di schizzi “Vectorial Nature” fatti con Iphone per progetti di: _“SACRED YOU”. MULTIRELIGIOUS URBAN SPACE. INVITO A VE_MA. X BIENNALE ARCHITETTURA VENEZIA 2006 _CHIESA E CENTRO PARROCCHIALE A DRESANO MILANO CONCORSO A INVITI CEI PROGETTO PILOTA 2008 _CHINA PAVILION EXPO SCHUH RIVA DEL GARDA PROGETTO REALIZZATO 2010 rappresentano istanti, germinazioni, di processi progettuali per luoghi della multireligiosità, del sacro e dell’esposizione. Spazi che inducono alla sosta, alla sospensione al rallentamento. Alla radice un paesaggio, quello della linea terra, natura intesa come natus –origine, visto come serbatoio di infiniti pattern figurativi diagrammatici. Ciò conduce il progetto verso spazialità che rubano principi interni alla natura e restituiscono spazialità a lei consonanti. Il serbatoio eco “natura” diviene quindi vero e proprio denominatore comune delle diversità culturali, etniche, religiose. Il tema è portato avanti da Raffaella Laezza da diversi anni in ambiti diversi e riflette una sua posizione critica nei confronti della citta’ contemporanea.
Lina Malfona_Roma Racconti planimetrici Paratassi di tracciati urbani N째2 cm 50x70 china su cartoncino schoeller
Lina Malfona_Roma Lina Malfona
Racconti planimetrici Paratassi di tracciati urbani L’attuale crisi del progetto a grande scala fa emergere la necessità di una profonda revisione critica del ruolo del tracciato urbano nel processo compositivo-insediativo. I due pannelli esposti in mostra, infatti, si interrogano se sia ancora possibile, all’interno della molteplicità e del dinamismo a cui è sottoposta la città contemporanea, applicare un tracciato che possa regolarne l’espansione. Quali effetti generativi sulla città e sugli oggetti architettonici -ci si domanda- hanno avuto le moderne infrastrutture, l’attuale configurazione del parco tematico, impostosi come modello urbano, le nuove frontiere delle transarchitetture, delle comunità virtuali e delle sim-cities? Quali saranno i programmi e le strategie per il futuro sviluppo della città? Costruite sul montaggio e la giustapposizione di diverse tipologie di tracciato, le due tavole sono complementari. Se nella prima il modello del tracciato aperto, in cui diversi oggetti architettonici si dispongono secondo le regole della concatenatio, è affiancato a quello dell’edificio tracciato, massima espressione di completezza e perentorietà, nella seconda l’iper-tracciato, che esaspera la componente geometrico-razionale, si confronta con l’anti-tracciato, schema composito caratterizzato da meccanismi di dissociazione tra le parti, e col tracciato a zolle, che materializza a livello urbano il concetto michelangiolesco di “incompiuto” attraverso composizioni dal carattere frammentario. Ma se molteplici sono le possibilità insediative evidenziate diagrammaticamente nei pannelli esposti, esse possono essere sintetizzate in due posizioni antinomiche caratterizzanti la pianificazione contemporanea. La prima vede la proliferazione di isole autosufficienti, costituenti il modello dell’arcipelago urbano, mentre la seconda associa la città a un network che esiste solo in funzione dei circuiti ed è dotato di un sistema di autoregolamentazione dettato da innovativi principi di vascolarizzazione.
MDU Architetti_Prato mediterranea cm 70x35, tecnica mista su lucido
MDU Architetti_Prato Valerio Barberis, Alessandro Corradini, Cristiano Cosi, Marcello Marchesini.
mediterranea Io sono il continente, tu l'isola lontana. Ma, sotto il vasto mare che sembra separarci, le nostre coste immerse sono una terra sola.(1) mediterranea non è una città costruita da palazzi, edifici e case. mediterranea è una città costruita dalle relazioni tra le persone, dalla loro storia, la loro esperienza, la loro cultura, il loro vissuto. mediterranea è una città costruita per l'uomo. mediterranea non è una città di fondazione. mediterranea è una città di ri-fondazione concettuale che vuole esprime una volontà di ricerca: quella fatta di percorsi autonomi, percorsi liberati dai vincoli culturali e dai limiti di un dibattito superato, nei fatti, dall'emergere di nuove realtà sociali e nuovi strumenti di indagine e ipotesi progettuale. mediterranea come babilonia che, con il tentativo di costruire la sua torre, segna l'inizio delle differenze, l'importanza delle differenze. mediterranea vs messina-reggio calabria: le traiettorie geografiche, sconfinate e illimitate, si intrecciano con quelle locali, specifiche, puntuali, e tutte insieme si mescolano e si sovrappongono senza mai esludersi l'un l'altra. mediterranea è multiculturale, è il prodotto di una, cento, mille saperi, scienze e conoscenze, arti. mediterranea non sceglie, non uniforma, non rifiuta, non sottrae, non unisce e non divide... mediterranea accetta, condivide, scambia, sposta, muove, moltiplica... mediterranea punta al cambiamento, alla riscossa, alla trasgressione, alla poesia, alla lirica: "[...] sugnu sempri alla finestra e viru a ranni civiltà ca ha statu, unni Turchi, Ebrei e Cristiani si stringeunu la manu, tannu si pinsava ca "la diversità è ricchezza" tempi di biddizza e di puisia, d’amuri e di saggezza. Zoccu ha statu aieri, oggi forsi ca putissi riturnari si truvamu semi boni di chiantari ‘Nta sta terra "i focu e mari" oggi sentu ca mi parra u cori e dici ca li cosi stannu pì canciari.“(2) mediterranea è il risultato dell'universo-mondo, del mediterraneo. messina e reggio calabria, insieme, ma solo insieme, esprimono il valore autentico di mediterranea. una città dove ciò che sembra allontanare in realtà avvicina, ammette la convergenza, la relazione, l'approfondimento, il disincanto. messina e reggio calabria sono infatti una sola città e allo stesso tempo centomila città che l'uomo percorre, penetra, conosce, subisce, "traghetta" e, contemporaneamente, vive. una sola città capace di superare la cristallizzazione contemporanea, dalla densità rarefatta e dal carattere esistenziale, governata dal mare e stregata dalla "lupa".
(1) Mario Masini, Pensiero d'amore, Antonio Lalli editore, Firenze, 1982. (2) Carmen Consoli, "'A Finestra", in Elettra, Universal Music Italia, 2009. Trad. : "[...] sono sempre alla finestra e vedo la grande civiltà che è stata, dove Turchi, Ebrei e Cristiani si stringevano le mani, allora si pensava che "la diversità era ricchezza", tempi di bellezza e di poesia, di amore e di saggezza. Quello che è stato ieri, oggi forse potrebbe ritornare, se troviamo i semi buoni da piantare "in questa terra di fuoco e mare" sento che mi parla il cuore e dice che le cose stanno per cambiare."
Medir Architetti_Roma SSC 2011 Sovrascrittura di cittĂ Cm30x30, collage
Medir Architetti_Roma Roberto Ianigro, Valentina Ricciuti
SSC 2011 _ Sovrascrittura di citta’ La nostra riflessione sulla città è costruita a partire dalla necessità di radicale ripensamento delle aree urbane italiane oggetto di espansione dal secondo dopoguerra a oggi. Le condizioni di degrado, di assenza o carenza del progetto urbano, architettonico e delle infrastrutture, di sostanziale incompatibilità con una auspicabile qualità di vita, impongono a chi si occupa di architettura un’analisi accurata delle esperienze condotte negli ultimi sessant’anni, quale presupposto per una loro inevitabile revisione. Riscrivere la città, distruggendo ove opportuno, aggiungendo segni, integrando tracciati, sovrapponendo geometrie e linguaggi, ci sembra il progetto più urgente su cui lavorare.
Menegatti/Nencini_Roma Disegno 1: CittĂ Autografica - Disegno 2: Zero 50x70 digitale su cartoncino con tecnica manuale e tecnica a china 50x70 china su cartoncino
Menegatti/Nencini_Roma Dina Nencini, Francesco Menegatti
Città Autografica - Zero Il disegno denominato “città autografica” è di Dina Nencini. Si tratta della composizione delle piante di alcuni progetti elaborati dallo studio, i quali sono disposti a configurare una planimetria in-esistente. L’idea è molto semplice e assume nominalmente il tema suggerito. Non solo. È anche semplicemente una sommatoria costruita per affiancamento di pezzi progettati per aree disparate. La tecnica è complessa poiché procede a ritroso dal mezzo digitale verso il mezzo manuale. Consiste in una trascrizione al negativo che attraverso solventi si imprime sulla carta. Il richiamo alla “forma urbis” è anch’esso elementarmente scelto. All’osservatore è delegata la possibilità di trovare i nessi e le relazioni. Il disegno denominato “zero” è di Francesco Menegatti. È un mattone insediativo. È ciò che penso sia la città in cui la fondazione è la ragione più urgente. La fondazione si amplifica nella costruzione stessa di cui il recinto murario e il reticolo misuratore sono solidificati e si materializzano. Attraverso questa azione si definisce la dimensione assoluta del fondare. La città murata alludere all’idea di finitezza delle città di nuova fondazione. Le lame che proiettano ombre nette sono il ricordo degli edifici delle città moderne. È la prima di trentasei disegni di città. Zero come partenza e come assenza e totalità insieme.
Moduloquattro Architetti Associati_Messina Paesaggio vs simulacro cm120x80 tecnica mista su cartoncino
Moduloquattro Architetti Associati_Messina Fabrizio Ciappina, Giuseppe Fugazzotto, Antonello Russo, Gaetano Scarcella
Paesaggio vs Simulacro È difficile immaginare il futuro della città, sempre che in futuro si possa continuare a parlare di città. Oggi più che mai è necessario cercare possibili uscite, cercare e ricercare. Non è detto che la città del futuro debba parlare una lingua a noi estranea. Per questo bisogna scegliere. La città, soprattutto se osservata ad una certa distanza, comunica l’appartenenza a uno specifico progetto che è il risultato dell’attività costruttoria di una comunità insediata e si sostanzia in un diverso rapporto tra tessuto e architetture certe, e quest’ultime sono importanti perché generano riferimenti duraturi e condivisi. Quando a causa della lontananza il vedere dello sguardo si fa impreciso, sfumato e indeterminato, tutto appare più chiaro grazie al vedere del pensiero e della memoria. Le città nella loro realtà materiale, da lontano, si fondono con l’apparenza, un’apparenza ogni volta diversa, espressione della memoria collettiva di chi le abita. Ogni città è, allo stesso tempo, infinite città, quante sono le visioni che la rappresentano. Non importa che la rappresentazione sia oggettiva e riproduca con fedeltà l’originale, la vera essenza della città, risiede nella sua descrizione sintetica, nel paesaggio. Il riflesso della città, sia da vicino che da lontano, esprime sempre l’appartenenza ad un generico progetto, pensato altrove e valido ad ogni latitudine e si manifesta in espressioni singolari, eleganti, sofisticate, sempre nuove, capaci di condensare attorno a se l’immagine dei flussi intermittenti che attraversano la città. Quando con l’ausilio dei mezzi informatici il vedere si fa preciso, nitido e determinato, le componenti si moltiplicano e il vedere si dà come esperienza distratta e istantanea. Gli edifici città nella loro realtà immateriale, da vicino, svelano l’artificio, un artificio sempre uguale, espressione del gusto generalizzato, alla ricerca di un consenso planetario che genera innovazione incessante e rimozione continua di ciò che appare consumato. Ogni città è, allo stesso tempo, un’unica città, poiché unica è la visione che l’ha generata. Il riflesso non è reale e con la realtà non ha nulla in comune e ciò nonostante pretende di valere come realtà. Non è la nostra città, non è la città europea, non è città, è un’altra cosa. È solo un simulacro.
Monestiroli/Ferrari_Milano La cittĂ e la natura cm 100x70 tecnica mista
Monestiroli/Ferrari_Milano Tomaso Monestiroli, Massimo Ferrari
La città e la natura La centralità del rapporto tra architettura e natura fonda il nostro progetto. La città contemporanea, pensiamo sia una città delimitata, ma non chiusa, parte di un sistema metropolitano più ampio, collegato da un’efficiente rete di infrastrutture, con un forte rapporto con la natura; una città che elegge la natura quale contesto di costruzione. Una città alternativa sia all’idea di città chiusa, ottocentesca, nella quale i luoghi urbani sono definiti esclusivamente come luoghi interni totalmente divisi e distinti dai luoghi naturali, sia all’idea di città infinita, o diffusa, che non pone limiti fisici alla sua espansione, ma che al contempo non stabilisce quelle relazioni tra le parti necessarie a determinarne l’identità e a rendere i luoghi riconoscibili a tutti. Una città che ha le sue radici nell’idea urbana di Hilberseimer e Le Corbusier per cui è solo il continuo e reciproco rapporto tra elementi urbani e suolo naturale a poter costruire la città. Oggi, al contrario, si parla di ecosostenibilità ambientale, attuando semplici speculazioni linguistiche, e proponendo soluzioni accattivanti, ma insufficienti. La natura, deve diventare un elemento di costruzione della città, al pari della strada, della piazza, dell’isolato, degli edifici pubblici e privati. La nostra cultura urbana deve cambiare, gli schemi di espansione delle città devono cambiare. Compito di noi architetti è di proporre una nuova idea di città che fondi il suo essere sul rapporto aperto e paritario tra spazi costruiti e spazi liberi, tra luoghi privati e luoghi pubblici, integrando l’elemento naturale come parte di questo processo di sviluppo. E’ da questi presupposti che parte il nostro progetto. La citta di Vema, ad un livello territoriale più ampio, è parte di quella città policentrica che è la vera alternativa possibile e realistica alla città infinita. Una città, fatta di città che si relazionano tra loro attraverso una fitta rete di infrastrutture, immersa nella natura, nella quale la riconoscibilità dei luoghi e delle istituzioni è affidata all’architettura degli edifici che la costruiscono.
NĂ bito Arquitectura_Barcelona Lotus Blossum cm90x45 stampa su carta 1/1
Nàbito Arquitectura_Barcelona Alessandra Faticanti, Roberto Ferlito
Lotus Blossum IL Lotus Blossum e’ un esperimento utile all’indagine creativa. Attraverso questo sistema cerchiamo di insegnare un metodo di indagine interattivo. Lo scopo e’ dar vita ad una riflessione aperta dinamica e relazionale su temi specifici. In questo Caso Nabito Architects vuole stimolare l’attenzione e focalizzarla sui tema della cittá contemporanea, del territorio e delle loro continue relazioni. Il Lotus Blossum funziona cosi’: pensa ad idee in relazione al tema centrale proposto: l‘organismo Urbano, e scrivile nei cerchi intorno (a, B, C, D, e, f g,h). Usa le parole scritte come nuovi temi centrali per generare nuovi gruppi nei cerchi intorno; prova a pensare ad 8 nuove idee in relazione ad i nuovi temi centrali e cosi’ via a completare la pagina, che potrebbe non terminare mai. Tutto ciò condurrà a temi e sottotemi sempre direttamente ed indirettamente connessi fra di loro. Puoi ora provare a guidare le connessioni personalmente per creare una geografia di idee o paesaggio concettuale ed indirizzare ad esempio la progettazione. La nostra idea e’ lasciare aperto all’interpretazione individuale un’idea troppo spesso statica e inclusiva nelle pratiche del progetto contemporaneo. Ricercando complicitá provando ad avvicinare il piu’ possibile desideri individuali a scopi collettivi. I disegni autografi sono il risultato di 4 Lotus Blossum di esempio, hanno aiutato a generare una mappa urbana a partire dal libero fluire del pensiero in relazione al tema principale dibattito. Abbiamo lasciato anche 10 Lotus blossum Liberi per poter dare la possibilità a chi veda la mostra di interagire e proporre la propria opinione e la propria personale mappa urbana creativa contemporanea.
Neostudio_Genova The Entire City Cm70x70, collage
Neostudio_Genova Eleonora Burlando, Riccardo Miselli
The Entire City Nel 1935 Max Ernst firma il quadro "The Entire City", opera di circa 95 x 145 cm che raffigura un'ideale luogo dove architettura e paesaggio si fondono indissolubilmente stabilendo un rapporto di rinnovata relazionalità tra figura e fondo, tra interno ed esterno, tra grande e piccolo. Il nostro lavoro vuole essere un tributo a quest'opera che più di altre condiziona la nostra personale considerazione della cittá contemporanea, attraverso la proposizione di un'ipotetica sua visione planimetrica. Di fatto quello che si propone è il tentativo di superare il dualismo tra la dimensione territoriale e quella architettonica, all’interno di una progettualità comune che raccoglie ed elabora questioni trasversali al mondo delle grandezze da tener conto ed organizzare nel processo compositivo. Si tratta principalmente di raccogliere la sfida della contemporaneità, superando le compartimentazioni disciplinari consolidate per allargarne i confini ben oltre la pianificazione da un lato ed il linguaggio e lo spazio dall’altro. La città di Genova, con la sua topografia costretta tra terra e mare, è quella che più di altre si è sviluppata lungo questa linea, producendo spazi frutto dell’alchemica interazione tra infrastruttura, architettura e paesaggio. Una vera e propria mappa urbana che abbiamo esplorato, un catalogo che abbiamo scrutato, dove la ricerca non scientifica bensì emotiva – ha identificato e selezionato frammenti, che decontestualizzati e sintetizzati per trascenderne il reale sono diventati vere e proprie tessere di un mosaico dalle infinite possibilità combinatorie, all’interno del quale, come a segnalarne la referenzialità, si inseriscono alcuni nostri progetti. In un montaggio che in fin dei conti allude all’interpretazione di Dino Campana Fabbricare fabbricare fabbricare Preferisco il rumore del mare Che dice fabbricare fare e disfare Fare e dsfare è tutto un lavorare Ecco quello che so’ fare
Scape_Roma “Agx-000” cm100x100 immagine digitale su plexiglass
Scape_Roma Alessandro Cambi, Ludovica di Falco, Francesco Marinelli, Paolo Mezzalama
“Agx-000” Cambio di Paradigma Una visione della città contemporanea come un continuum spazio temporale,un paesaggio di segni e significati,una disponibilità di tracceche l'architetto seleziona dando ogni volta un nuovo senso al luogo. Il luogo è perciò inteso come una massa liquida capace di accogliere elementi estranei e riposizionarsi sempre in forme e contenuti differenti. La città è un paesaggio che si rinnova continuamente ad ogni nuovo intervento e ad ogni nuovo sguardo. Solo un nuovo modo di guardare può produrre la contemporaneità come la lezione duchampiana ci ha insegnato. I segni compresenti nelle città e nel territorio sono dispositivi in attesa di essere riattivati da un intervento esterno spesso distante nel tempo. E’da qui che un luogo comincia ad essere diverso. E’ per questo che abbiamo scelto come il primo di una serie di soggetti da osservare Roma. Una città la cui immagine collettiva è ferma nel tempo: la “città eterna” . Il disegno attraverso un’operazione radiografica, stereoscopica in cui elementi differenti vengono messi a confronto fa emergere un paesaggio complesso e astratto, in grado di mostrare una nuova città, un punto di vista differente. I vari livelli, corrispondenti a diverse rappresentazioni della stessa città, si sovrappongono indistintamente. La riproducibilità dell'immagine è il liquido a contrasto che produce infinite possibilità. Un minimo cambiamento può produrre un risultato completamente differente dando nuova luce all'oggetto dello sguardo: un solo colore diverso,un segno più forte o più esangue, un leggero slittamento o rotazione possono rivelare paesaggi differenti e con essi nuovi significati. Solo un cambio di paradigma produce nuove possibilità,uno slittamento semantico.
foto di Mariangela Lorenza Battaglia
Giornata di apertura Palacultura Bartolo Cattafi Barcellona Pozzo di Gotto 30 aprile 2011
Antonello Russo presidente Associazione Culturale Grafite
Interventi Ettore Rocca Ricercatore di Estetica - Facoltà di Architettura di Reggio Calabria
Ottavio Amaro Professore associato di Composizione Architettonica e Urbana Facoltà di Architettura di Reggio Calabria
Gianfranco Neri Professore ordinario di Composizione Architettonica e Urbana Facoltà di Architettura di Reggio Calabria
foto di Renato Romeo
foto di Daniele Rizzuti
www.associazionegrafite.it