La 6ª campana n° 90 - Giornalino della Comunità Parrocchiale di Ciliverghe - Anno XX - Luglio 2011
LUGLIO 2011
SETTEMBRE 2011
17 DOMENICA 16° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo
Riprende la celebrazione della s. Messa il martedì e il giovedì alle 20.30
24 DOMENICA 17° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo
Riprende la celebrazione dell’adorazionbe eucaristica ogni giovedì alle 17.00
31 DOMENICA 18° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo Indulgenza plenaria del perdon d’Assisi
In settimana s. Comunioni ad ammalati ed anziani
AGOSTO 2011 In settimana comunioni ad ammalati ed anziani Novena alla cappella di s. Rocco Ogni sera da lunedì a venerdì alle ore 19.45 S. Rosario e s. Messa in preparazione alla solennità dell’assunta e alla festa di s. Rocco 5 VENERDÌ PRIMO DEL MESE Ore 8.30 S. Messa e adorazione Inizio feste parrocchiali in oratorio 6 SABATO FESTA DELLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE 7 DOMENICA 19° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo 14 DOMENICA 20° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo 15 LUNEDÌ SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA Orario festivo 16 MARTEDÌ FESTA DI S. ROCCO Ora 8.30 S. Messa in chiesa Ore 19.00 S. Messa solenne presso la cappella di s. Rocco con ammalati ed anziani Benedizione lourdiana
1 GIOVEDÌ Ore 17.00 Adorazione eucaristica Inizio settembre insieme – mese dedicato agli anziani 2 VENERDÌ PRIMO DEL MESE Ore 8.30 S. Messa e adorazione eucaristica Ore 20.30 Adorazione eucaristica 4 DOMENICA 23° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo 8 GIOVEDÌ FESTA DELLA NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA Ore 17.00 Adorazione eucaristica 11 DOMENICA 24° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo 14 MERCOLEDÌ FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA S. CROCE 15 GIOVEDÌ Ore 17.00 Adorazione eucaristica 18 DOMENICA 25° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo 22 GIOVEDÌ Ore 17.00 Adorazione eucaristica 25 DOMENICA 26° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo 29 GIOVEDÌ Ore 17.00 Adorazione eucaristica
21 DOMENICA 21° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo
OTTOBRE 2011
22 LUNEDÌ INIZIO GITA PARROCCHIALE IN PUGLIA
In settimana s. Comunioni ad ammalati ed anziani
28 DOMENICA 22° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo
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2 DOMENICA 27° DEL TEMPO ORDINARIO Orario festivo Inizio anno catechistico Festa degli anziani
Sommario
La 6ª campana
Calendario Liturgico
4 Essere comunità della tenda l'incontro con Gesù 5 Ile Vangelo Sinodo per una Chiesa capace di servire 6 Un dal Brasile... i “150 anni” 9 Notizie Notizie dalle Missioni
personali con il Beato Giovanni Paolo II 11 Incontri 14 Perché andare a Polistena evangelizzatrice La gioia di avere “Dio tra noi” 17 Missione 23 Giochi di più... 28 Eunsepo'sorridessimo Gruppo Anziani
cammino verso i 30 Insacramenti per Santiago de Compostela 34 Cammino 36 L'associazionismo cattolico 38 Consiglio Pastorale Zonale cammino Gian Pietro Torneo di Leandro 40 Buon 41 Anniversari sacerdotali 42 L'Angolo della Generosità 44 L'Angolo delle Spese 46 Cecilia e i suoi doni 47 Anagrafe Un'esperienza..
Un libro da leggere
Riflessioni
Riflessioni
Essere comunità della tenda…
Il Vangelo e l’incontro con Gesù
Confesso che non ho mai amato molto “andare via in tenda” o utilizzare la tenda per fare qualche esperienza di vacanza o altro. Tanto che quando i Missionari di Villaregia hanno proposto l’uso delle tende per la Missione evangelizzatrice, al momento l’idea mi coglieva un po’ incuriosito e non molto caloroso. E mi sembra, se ben ricordo, che tanti di noi si interrogavano sul senso delle tende come luoghi per l’Adorazione Eucaristica. Tuttavia a ben guardare nella Sacra Scrittura la tenda ha un significato molto grande. I grandi Patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, come tutto il popolo, utilizzavano le tende per vivere. Il popolo ebreo nel suo cammino dall’Egitto alla Palestina (quarant’anni) vive nelle tende e soprattutto l’Arca dell’Alleanza, segno della presenza di Dio, è sotto una tenda al centro dell’accampamento, chiamata tenda del convegno in quanto punto di riferimento del popolo per poter pregare e incontrare il Signore. Infine quando pensiamo alla nascita di Gesù una delle espressioni più belle che siamo soliti sentire e dire è: Dio ha posto la sua tenda in mezzo a noi, alle nostre case. Tutto questo ci fa capire il profondo significato della tenda, non tanto come luogo di abitazione, quanto come luogo dell’incontro tra il credente e il suo Signore. E questo ha voluto essere il senso della Missione Evangelizzatrice che abbiamo vissuto come Parrocchia lo scorso mese di maggio: cogliere e riscoprire, soprattutto attraverso la preghiera e l’adorazione, che il Dio in cui crediamo è un DIO TRA NOI. E fare questa esperienza diventa motivo di gioia! E allora se il segno della tenda (guardando alla storia biblica) ci ricorda la precarietà della vita con tutti i suoi problemi e preoccupazioni, ci ricorda anche che Dio è un Dio presente sempre e proprio perché presente condivide fino in fondo la nostra vita. è questa la grande certezza frutto della Missione evangelizzatrice! Forse ognuno di noi aveva altre attese o si aspettava fiumi di persone che partecipavano ai vari momenti programmati e magari qualche perso-
Nei vangeli l’incontro con Gesù non è un fatto qualunque, ma l’avvio di un’esperienza che rimane nella memoria in forma sia positiva, come impulso a seguirlo, sia negativa, come decisione a non tenerne conto. Nel Vangelo di Giovanni, precisamente nel racconto della passione, la scelta positiva o negativa non riguarda una sola persona, ma due: una è del tutto negativa, e non è di un individuo, ma del gruppo di accusatori, che presentano Gesù come un malfattore degno di morte. A ben guardare, poi, c’è anche una terza presenza, che non viene segnalata espressamente, ma emerge fra le righe del testo, e che non tarderemo a scoprire dopo che avremo esaminato il rapporto di Gesù con gli accusatori e con Pilato. La posizione dei primi, che rifiutano Gesù, è degna solo del silenzio. Difatti tra loro e Gesù non corre una sola parola; una certa attenzione è invece riservata Pilato. Egli si rivolge a Gesù per verificare se abbia qualche valore l’accusa che gli viene mossa, e gli domanda: “Tu sei il re dei giudei?” Gesù accetta la domanda, e risponde che lo è veramente, ma precisa che lo è in un senso diverso da quello che ha in mente lui: “Lo dici tu che io sono re. Per questo sono nato e son venuto nel mondo, per render testimonianza alla verità; chiunque è dalla parte della verità ascolta la mia voce”. Pilato riprende la parola, non per continuare il
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na nuova…. Certo il lavoro fatto sia prima che durante la Missione è stato molto e intenso; i preparativi vari, la visita alle famiglie hanno richiesto tempo, fatica, preghiera e impegno e forse non ci siamo sentiti appagati a sufficienza dalla partecipazione. Ma sappiamo bene ormai da tempo che non dobbiamo sempre guardare ai numeri. Ciò che conta, ripeto, è che chi ha colto l’opportunità della Missione e ha vissuto almeno qualche momento, si sia reso conto o si stia rendendo conto che non siamo soli ma che davvero DIO è CON NOI. E allora essere “Comunità della Tenda” vuol dire essere Parrocchia che fa continuamente esperienza di Dio, della sua presenza, del suo amore attraverso la sua Parola, la Preghiera e i Sacramenti; essere Parrocchia che si affida a Dio, che lo va a “scomodare” perché a Dio piace entrare in rapporto con le persone e condividere la nostra vita. Essere “Comunità della Tenda” vuol dire essere Parrocchia in cammino, in cammino verso l’altro, riconoscendo nell’altro l’immagine di Gesù e un fratello da amare. Essere “Comunità della Tenda vuol dire essere Parrocchia gioiosa e piena di speranza che sa di avere a disposizione tanti talenti e tanti doni da spendere per essere sempre più bella e impegnata nel costruire la civiltà dell’amore. Rivolgo ancora il mio più vivo e cordiale ringraziamento a tutte le persone che hanno lavorato e si sono impegnate nei vari settori per la buona riuscita della Missione evangelizzatrice. Auguro a tutti una buona estate e la possibilità di trovare un po’ di tempo per riposare e per rinfrancare lo spirito. E mi auguro che in questi mesi abbiamo la possibilità di ripensare alla Missione Evangelizzatrice per comprendere la grande e bella esperienza che abbiamo vissuto come Comunità per poter poi ripartire più carichi e entusiasti per un nuovo anno pastorale. Buona estate! Il vostro Parroco Don Francesco
dialogo, ma per dichiarare che non vale la pena di insistere, ed esclama: “Macchè verità!” per dire che lui non è un filosofo, non si interessa di questioni astratte, ma è un funzionario dell’impero. Poco dopo lascerà capire che ciò che gli interessa soprattutto di essere gradito all’imperatore che gli ha affidato il governo della provincia. Tronca comunque il dialogo, sia pure in forma cortese. Gesù lo comprende; lascia che coltivi la sua preoccupazione e faccia subito quello che gli preme in questo momento: non è forse giudice? Eccolo dunque che prende posto sul tribunale per pronunciare la sentenza sul caso dell’imputato che gli sta davanti. Senonchè, in greco (la lingua del Vangelo) la voce ekàthisen significa non solo “prese posto” ma anche “fece prender posto”, e a chi altro, se non a Gesù? E lo scrittore insiste su questo valore del verbo. Pilato dunque, mentre compie il gesto e pensa di essere giudice si illude, perché in realtà mette sul seggio Gesù. Questo pensa l’evangelista, e invita anche il lettore a venerare nel condannato colui che Dio pone come giudice vero al vertice dell’umanità. Pilato poi ordina che sulla croce si scriva la sentenza di condanna “Gesù Nazareno re dei giudei”, che a suo giudizio suona ironica; ma Giovanni la fa sua, e la legge come la dichiarazione che Gesù crocifisso sta al centro della storia dell’umanità. Per concludere, vale la pena di considerare il tanto di positivo che si può riconoscere nel rapporto di Pilato con Gesù. Egli non riesce a intrattenere con lui un dialogo, cioè a credere, e questo basta all’evangelista per sottolinearne la presenza fino al termine del racconto. Non può, forse, essere l’immagine di gran parte della letteratura moderna? Anch’essa non sembra giungere alla fede in Gesù; eppure non si stanca di interessarsi di lui: così facendo si mette sulla strada di Pilato, e forse è meno lontana da Gesù di quel che crede. don Felice L A SESTA C AM PA NA - 5
Riflessioni
Riflessioni
Un Sinodo per una Chiesa capace di servire Il vescovo Luciano Monari, in occasione del Giovedì santo, scrive ai sacerdoti e ai fedeli per spiegare le motivazioni che lo hanno spinto a pensare a un Sinodo sulle unità pastorali. Di seguito il testo integrale della lettera diffusa oggi attraverso il settimanale diocesano "La Voce del Popolo" Carissimi, mi è stato suggerito di spiegare al presbiterio e alla diocesi le motivazioni che mi spingono e gli obiettivi che mi riprometto con il prossimo Sinodo sulle Unità Pastorali. E lo faccio volentieri con questa lettera. La nostra pastorale è fondata da secoli sulla parrocchia e sul parroco strettamente legati tra loro. La Chiesa locale (la diocesi) è articolata in parrocchie e ciascuna parrocchia è assegnata a un parroco che ne è pastore proprio e ne ha quindi piena responsabilità. Naturalmente possono darsi delle collaborazioni – soprattutto in momenti di particolare necessità: confessioni generali o sagre patronali – ma la relazione parrocchia-parroco rimane assoluta ed esclusiva: nella parrocchia il parroco è tutto, fuori della parrocchia è niente. Questa definizione pastorale ha avuto degli enormi meriti: ha permesso anzitutto una presenza capillare della Chiesa sul territorio, la vicinanza continua alle singole famiglie nei momenti importanti della vita. Il parroco era sentito (e in alcune parrocchie è ancora sentito) come uno di casa. Questo stile di servizio ha favorito nei parroci il senso di responsabilità e ha prodotto esperienze di dedizioni ammirevole al ministero. Si pensi, ad esempio, a quel modello straordinario che è il santo Curato d’Ars. Siamo però testimoni e attori, oggi, di cambiamenti profondi che obbligano a ripensare la situazione. La mobilità delle persone è notevolmente aumentata e oggi quasi tutti si allontanano dalla loro residenza per andare a scuola o al 6 - L A SESTA C AMPA NA
lavoro o al luogo di divertimento; spesso a casa rimangono solo gli anziani. Attraverso la radio e la televisione il mondo intero entra nelle singole case e le persone diventano consapevoli di drammi che si svolgono fisicamente lontano; si aggiunga internet attraverso cui il singolo utente naviga nel mondo intero alla ricerca di ciò che lo interessa e costruisce legami con persone diverse. Il territorio rimane ancora un elemento essenziale per definire l’identità della persona e della famiglia, ma ormai non è più il riferimento unico o decisivo. Se vogliamo seguire le persone e agire sul loro vissuto dobbiamo creare una pastorale che attraversi i diversi luoghi in cui le persone vivono e s’incontrano. Molto si è fatto con quella che veniva chiamata ‘pastorale d’ambiente – pastorale scolastica, pastorale del lavoro e così via. Ma le trasformazioni sono più profonde di quanto la pastorale d’ambiente riesca a cogliere. In secondo luogo l’ecclesiologia (e l’insegnamento del Vaticano II) ci ha insegnato l’importanza decisiva della comunione per cogliere il senso della Chiesa. La parrocchia, come espressione di Chiesa, riesce a comprendere la sua identità e a vivere la sua missione solo se rimane aperta in modo vitale alle altre parrocchie e alla Chiesa particolare (la diocesi); i confini mantengono un significato giuridico prezioso, ma non possono diventare limiti invalicabili per l’azione pastorale. Insistere troppo sull’identità parrocchiale e dimenticare la comunione diocesana fa perdere alcuni elementi preziosi dell’ottica di comunione. Infine la diminuzione del numero dei preti
rende impossibile l’affidamento di ogni parrocchia a un parroco come nel passato. Dal punto di vista del territorio le scelte diventano: o eliminare le piccole parrocchie o affidare più parrocchie a un singolo parroco. Entrambe queste soluzioni non soddisfano perché sono troppo rigide e inevitabilmente producono spazi sempre più ampi non raggiunti dall’attività pastorale. La creazione di Unità Pastorali non risolve tutti questi problemi. Mi sembra, però, che aiuti ad affrontarli meglio perché va nella linea di una maggiore flessibilità. Si spezza il legame rigido parrocchia-parroco e se ne crea uno più ampio: Unità Pastorale (quindi un insieme di più parrocchie) ed équipe pastorale (quindi un insieme di presbite-
e se molti debbono operare insieme diventa più facile che riflettano e decidano e verifichino insieme), l’attivazione di abilità nuove (un parroco, per quanto geniale, non riesce a fare tutto quello che una comunità umana oggi richiede; si pensi anche solo al mondo di internet o all’attenzione alle dinamiche del mondo giovanile). Come dicevo, sono ben lontano dal ritenere che le Unità Pastorali siano la soluzione dei problemi pastorali attuali. I cambiamenti richiesti sono ben più profondi e si radicano nella cultura del mondo contemporaneo. Ma sono convinto che le Unità Pastorali sono un elemento della soluzione e che, se fatte bene, possono favorire una trasformazione di tutto il tessuto pastorale,
ri e di altri operatori pastorali). Questo permette una maggiore valorizzazione delle attitudini di ciascun operatore (prete giovane o prete anziano o diacono o catechista….) entro una visione unitaria di servizio. Nello stesso tempo questa articolazione pastorale favorisce la vita comune dei presbiteri (che non è e non diventerà un obbligo ma è un’opportunità preziosa che risponde a reali bisogni), la collaborazione e la corresponsabilità (perché c’è un programma pastorale che può essere fatto solo sollecitando il servizio di molti;
possono stimolare l’impegno di molti. Il rischio è che l’Unità Pastorale sia percepita e vissuta come un’altra forma dell’accorpamento delle parrocchie e in questo modo si verifichi quella rarefazione della presenza sul territorio che vorremmo invece evitare. Per questo abbiamo bisogno di accompagnare la formazione delle Unità Pastorali con forme di capillarità che facciano capire e vedere alla gente che la Chiesa c’è, che è accanto a loro, che li cerca, che si mette al loro servizio. La pastorale contemporanea ha inventato (sta inL A SESTA C AM PA NA - 7
Notizie dalle Missioni
Riflessioni
ventando) una molteplicità di forme di presenza di questo genere: i gruppi di ascolto del vangelo, le cellule di evangelizzazione, le comunità famigliari, le piccole comunità di base e così via. Le forme sono molteplici ma nascono tutte da un bisogno sentito che è quello della prossimità. In una comunità cristiana ci si deve sentire prossimi gli uni degli altri; non ci possono essere persone o famiglie che nessuno ha in nota; bisogna che ogni battezzato senta di essere parte viva della comunità. E tutto questo si può ottenere solo con uno sforzo grande di prossimità. In particolare capisco che le Unità Pastorali non sono la soluzione ultima della pastorale cittadina. La città è un sistema unico con dinamiche proprie e la pastorale deve cercare di intrecciare questo sistema di vita nei suoi gangli vitali, i luoghi di incontro, i flussi di spostamento delle persone. Questo pone un problema che, mi sembra, non siamo ancora in grado di affrontare e di risolvere. In ogni modo, sono convinto che l’articolazione della Diocesi in Unità Pastorali vada nella direzione giusta e che quindi di questo si possa e si debba discutere per giungere – se abbiamo un sufficiente consenso – a una decisione. Credo di avere già detto a sufficienza che non si tratta di cambiare in modo traumatico l’articolazione della diocesi. Si tratta di definire un traguardo da porre davanti al nostro cammino in modo che le diverse decisioni che si prenderanno in futuro non siano scoordinate, ma si muovano verso una meta precisa, con un ritmo calmo ma anche con progressione continua. Il motivo poi per cui desidero prendere questa decisione in un Sinodo si rifà alla tradizione della Chiesa. Il Sinodo fa parte della tradizione più antica della vita ecclesiale ed esprime nel modo migliore quel dinamismo di comunione che deve innervare tutte le scelte della Chiesa. La Chiesa non è una democrazia nella quale il potere appartiene al popolo e viene eventualmente gestito attraverso l’elezione di rappresentanti. Ma la Chiesa non è nemmeno una monarchia assoluta nella quale il potere appartiene al re e ai sudditi è lasciato solo il dovere dell’esecuzione fedele. La Chiesa è comunione gerarchica: le decisioni appartengono al vescovo, ma il processo che conduce alle decisioni deve coinvolgere tutta la comunità. Tutti i battezzati sono portatori della sapienza del vangelo e sono mossi dallo Spirito santo. Sarebbe stolto non ascoltare chi ha realmente (anche se non tutto) il dono dello Spirito; sarebbe arrogante 8 - L A SESTA C AMPA NA
pensare di avere in modo completo questo dono senza il bisogno di confrontarsi con gli altri. Certo, un cammino di comunione non semplifica i passi e per certi aspetti può renderli anche più difficili. Solo se tutti sono davvero in ascolto dello Spirito, cercano non di prevalere ma di contribuire a formare una convinzione condivisa, sono liberi da impulsi di orgoglio e di autoaffermazione… solo in questo caso la logica sinodale si rivela vincente perché rende tutti davvero corresponsabili. Il cammino sinodale funziona bene solo se è accompagnato da umiltà, saggezza, desiderio di comunione, servizio fraterno. La scelta di fare un Sinodo è una scommessa: scommetto sulla maturità di fede della Chiesa bresciana. Sono convinto che sia una Chiesa matura, capace di riflettere nella pace e nella fraternità; capace di decidere senza animosità e senza parzialità; capace di accettare le decisioni senza risentimento. La sfida è tanto più importante nel contesto culturale attuale che non è certo incline alla sinodalità ma piuttosto allo scontro a trecentosessanta gradi. Se la Chiesa bresciana riesce a fare trionfare lo spirito sinodale sullo spirito di contrapposizione e contrasto obbedisce allo Spirito e nello stesso tempo immette nella società preziosi valori di comunione. Intendo quindi il Sinodo come un momento solenne della vita diocesana, ma non come un momento straordinario. Vorrei, piuttosto che la logica sinodale entrasse nel vissuto quotidiano delle nostre comunità e che la celebrazione di Sinodi finisse per apparire cosa normale. Non è un ‘evento’, come oggi si dice; è una funzione normale dell’esistenza diocesana. Questi sono i motivi della scelta di fare un Sinodo. Non sono ancora in grado di determinare i tempi della celebrazione perché non vorrei che una definizione prematura impedisse la riflessione calma e il contributo di tutti. Per di più nel 2012 si celebrerà a Milano l’incontro Mondiale delle famiglie che coinvolgerà anche le diocesi della regione. Staremo attenti a che le due celebrazioni non s’intralcino a vicenda. Con questi intendimenti pubblicherò tra qualche settimana il decreto che indice il Sinodo secondo gli esiti della consultazione fatta in tutte le zone pastorali; e chiedo a tutti di vivere questo momento di grazia con fede e con gioia.
Notizie dal Brasile... i “150 anni” Mentre si celebrano in forma solenne i 150 anni della cosiddetta Unità d’Italia (Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta…) anche noi italiani lontani vorremmo aiutarla a ridestarsi. La vera patria è la famiglia prolungata, perché solo dove c’è l’unità della famiglia, lì c’è l’unità d’Italia, parafrasando “ubi italicus, ibi Italia”. Purtroppo quando è stata decretata l’unità d’Italia quante famiglie sono dovute partire tra le lacrime e lasciare tutto: il paese, gli affetti più cari e andare verso paesi ignoti. Si può dire che adesso gli italiani sono sparsi in tutto il mondo. A dire il vero il nostro fondatore Beato Giovanni B. Scalabrini diceva: “Il Signore ha riempito il cielo di stelle e il mondo di italiani”. Per me la vera Italia dovrebbe avere le quattro qualità della Chiesa: UNA, dove c’è l’unità della famiglia, lì c’è l’unità d’Italia; SANTA, i veri eroi italiani sono formati da santi e sante. CATTOLICA, sparsa in tutto il mondo. Dalle statistiche si trovano nomi italiani in tutti i cinque continenti. APOSTOLICA, fondata sulla fede di Pietro che è sepolto proprio a Roma capitale d’Italia. Come è bella questa italianità ed essere italiani. In questa mia esperienza che vivo da 45 anni in questa terra brasiliana ho potuto constatare un vero popolo italiano molto affezionato alla bella Italia e tanti sognano una Italia unita, forte, bella, ripiena di tanta storia e ricordi, di rivedere i loro antenati, riabbracciarli perché la radice familiare è tutto opera divina.
Sabato 14 maggio ho partecipato all’inaugurazione della 24° festa della Colonia italiana in Jundiaì in S. Paolo, dove ho vissuto tanti anni e dove ho potuto partecipare all’inizio di queste feste già nel 1968, con la partecipazione di tutte le autorità religiose e civili e il console italiano. è stata una festa molto bella con grande organizzazione nelle sale parrocchiali e nelle strade, con canti, pizza e divertimento. Tutti si sentivano italiani, anche i neri e i mulatti. Attualmente mi trovo in Santa Felicidade, nella grande città di Curitiba, capitale dello Stato del Paranà. Qui la tradizione italiana è molto più antica; qui tutti si dichiarano
italiani, ma nessuno di loro è nato in Italia; sono tutti discendenti. Quando mi incontro con loro li chiamo “italiani generici”, mentre io sono “legittimo”, per di più ciliverghese.
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Attualità
Notizie dalle Missioni
Incontri personali con il Beato Giovanni Paolo II è bello ascoltare le loro tradizioni, i viaggi in nave dei loro antenati, i sacrifici, il lavoro, le calamità, malattie, morti: da qui è nato un popolo nuovo pieno di ardore, desideroso di un futuro migliore. Tra le famiglie di origine veneta c’è pure una chiamata Boscardin. Si sono riuniti e hanno costruito una Chiesa con il nome della loro lontana parente Santa Bertilla Boscardin, Suora Dorotea che ha dato la sua vita assistendo negli ospedali i soldati feriti della prima guerra mondiale. Così pure è stata fatta la prima Santa brasiliana, Santa Madre Paolina, migrante italiana di Trento.
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Anch’essa dopo l’Unità d’Italia è partita da piccola con i suoi familiari ed è migrata qui in Brasile nello stato di Santa Caterina dove hanno fondato la nuova Trento e Vigolo Vattaro, il loro paese natale. Adesso hanno costruito un grande Santuario intitolato a Santa Madre Paolina da fare concorrenza con qualsiasi altro Santuario. Si tratta di una ricca storia di italianità che non è mai stata raccontata e farebbe molto più bella e autentica l’Unità d’Italia. P. Enzo Savoldi
Ci vuole un bel coraggio a balbettare qualcosa su Giovanni Paolo II dopo che TV, quotidiani, riviste, libri, internet, facebook… ci hanno portato in casa immagini stupende e commoventi assieme a spezzoni della sua vita. Eppure tento di comunicare qualcosa che parte dal mio vissuto, in quanto ci sono parole, flash, fatti che hanno il potere di coinvolgerti personalmente nel messaggio trasmesso e magari anche la forza di risvegliare nella memoria ricordi personali. Così è successo a me in questo periodo in cui i mass media si sono sincronizzati nel trasmettere la ‘bella notizia’ della beatificazione di Giovanni Paolo II, facendoci rivivere l’intensità delle emozioni provate durante il suo lungo pontificato e in particolare in occasione della sua morte e dei suoi funerali. Ed è una vera consolazione spirituale constatare che in un mondo dove sembra che tutto vada a rovescio, dove pare che si sia perso il senso dell’essenziale e che solo la ‘cronaca nera’ faccia notizia… ad un tratto si risvegli la ‘bontà nascosta’e la sete di Dio soffocata nel cuore dell’uomo. E
questo popolo fatto da donne e bambini, da giovani ed adulti, da credenti o non in questi giorni si è espresso facendo il ‘tifo’ per un Papa che ha esercitato un grande fascino sulla Chiesa e sull’umanità per oltre un quarto di secolo, chiedendolo “santo subito!”. La Provvidenza ha permesso che vivessi per 15 anni a Roma per cui ho avuto parecchie opportunità di partecipare a grandi assemblee, ce-
lebrazioni, incontri… presieduti da Giovanni Paolo II e di vivere con vera intensità momenti coinvolgenti. Mi basta andare con il pensiero alle grandi manifestazioni dell’anno giubilare. Non è tuttavia di queste occasioni che intendo L A SESTA C AM PA NA - 11
Attualità
Attualità
parlare, ma a incontri più semplici e familiari dove mi sono trovata ‘faccia a faccia’ davanti al Papa che, con il suo sguardo penetrante ‘che scruta cuore e reni’, ha saputo in semplicità disarmare la mia timidezza ed infondermi fiducia e speranza. Ne condivido alcuni. 1982 - Auguri natalizi. è tradizione che l’Azione cattolica porga gli auguri di Natale al Santo Padre con la rappresentanza di ragazzi provenienti dalle varie Diocesi. All’epoca io lavoravo al Centro nazionale dell’Azione cattolica ragazzi (ACR) come rappresentante delle religiose per cui ebbi il ‘privilegio’ di trovarmi tra quelle poche decine di persone che si riunirono in una sala privata nell’appartamento del Papa, in un dialogo confideziale e con un saluto personalizzato. Dopo che il sacerdote responsabile gli ebbe spiegato che cosa faceva una suora in un’associazione laicale, il Papa mi scrutò e mi disse: “Brava, brava Suor Vittorina, continua così”… Quella voce paterna e incoraggiante mi risuona ancora nelle orecchie e la custodisco come le parole di un ‘santo’, incontrato nel mio cammino. 1983 - Giubileo della redenzione. L’anno successivo ci fu l’incontro nazionale dei ragazzi ACR. Immaginate 30.000.000 bambini (tra questi ce n’era un buon gruppo anche di Ciliverghe ed una bambina ebbe il privilegio di consegnare un mazzo di fiori al Papa!), ai quali Giovanni Paolo II con un linguaggio accattivante ed adatto disse: “Oggi piazza San Pietro vi accoglie sorridente e quasi stupita nel vedere un’adunanza tanto numerosa di ragazzi provenienti da ogni parte d’Italia, festosi pellegrini che hanno accolto il dolce invito dell’Anno Santo della Redenzione. Non siete, infatti, voi i più sensibili, i più liberi, i più pronti a balzare in piedi per raccogliere l’invito del Signore che chiama? Non siete voi, al pari di Samuele, attenti a percepire la chiamata del Signore che irrompe nella notte e risveglia alla vita? Non siete voi gli eredi di quel fortunato gruppo di bambini che circondarono, un bel giorno, Gesù e ne furono affascinati e avvinti? Orsù, dunque, venite che il Signore vi trasformerà il cuore, lo rinvigorirà, rendendovi così capaci di una novità di vita sempre più robusta. Anche voi, ragazzi, siete capaci di far conoscere Gesù. Non dovete aspettare di diventare adulti per essere suoi testimoni. Volete voi essere, già 12 - L A SESTA C AMPA NA
oggi, veri apostoli e missionari? Volete aiutare il successore di Pietro, il pescatore, che volentieri vi chiama sulla barca a pescare con lui, a servizio di tanti ragazzi del mondo?”. I ragazzi risposero in coro “Siiiiii”, ma, ben istruiti dagli organizzatori, non interruppero il discorso, cosa che probabilmente il Papa si attendeva. Io ero proprio accanto a Lui e vidi che iniziò a cercare consenso con lo sguardo fino a quando un gruppetto sparuto ebbe il coraggio di rompere il divieto ed iniziò a battere le mani. A quel punto il Papa appoggiò i suoi fogli sulle ginocchia e, tutto compiaciuto, guardò con intensità quella folla immensa di ragazzi e, con il movimento della testa, li incitava ad esprimere la loro adesione con gioia… Ha avuto il suo bel da fare il Papa tentando poi di dire: “ma io non ho ancora finito di parlare…”: ormai nella piazza padroneggiava il giubilo dei ragazzi ed il ‘mago delle folle li aveva conquistati con una consegna impegnativa, fatta nel nome di Gesù. 1989 - Visita pastorale a Lucca. Quel 23 settembre toccò proprio a me fare ‘gli onori di casa’a sua Santità Giovanni Paolo II che, al termine di una giornata intensa di incontri, veniva accolto in una comunità delle Suore dorotee per la cena e per il riposo notturno. Ero emozionatissima e mi ero preparata alcune parole di circostanza, ma il Papa, appena arrivato sulla soglia mi disse: “Ma adesso, il Papa che cosa deve fare?”. Leggendo tanta stanchezza sul suo volto, mi venne spontaneo dire: “Sua Santità, si riposi… è molto stanco!” “Bene, bene – fu la risposta - dimmi dove devo andare” ed infilò la scala che lo portava all’appartamento allestito per la circostanza e da lì non si mosse fino al mattino dopo..Una suora gli fece compagnia mentre consumava la parca cena, lasciando delusi i Vescovi della Toscana che lo attendevano nella sala da pranzo e pure i cuochi che si erano organizzati per far gustare le leccornie più prelibate del posto. Giovanni Paolo II, il mattino dopo volle salutare la comunità con tanta semplicità e familiarità. Ancora una volta io ero al suo fianco, gli presentavo ad una ad una le suore e Lui mi chiese persino come mai la più giovane aveva il colore del vestito più chiaro rispetto alle altre… Alla fine ci benedisse con riconoscenza: “mi avete dato una santa pace e in questo luogo ho potuto riposare dopo una giornata intensa…
ma dopo le vacanze ci voleva una giornata di esame!”. è stato proprio bello ripetere nei confronti del Vicario di Cristo ciò che Gesù stesso fece con i suoi discepoli stanchi dopo una missione. Anche noi abbiamo detto al Papa: “vieni in disparte e riposati un poco”. 2000 - Santa messa nella cappella privata. Ho già scritto su la Sesta Campana dell’uccisione di Suor Gina in Burundi, mentre con tre suore burundesi si recava in parrocchia. Queste suore vennero poi per un periodo in Italia per riprendersi dallo shock. Prima di ritornare in Africa ebbero il privilegio e la gioia di partecipare alla Santa messa che il Papa celebra ogni mattina nella sua cappella privata con pochissimi fedeli. Io ottenni l’autorizzazione ad entrare come “autista” delle tre suore africane! Dopo l’Eucaristia molto essenziale, lenta, raccolta in cui il silenzio dopo la comunione aveva un non so che di sacro, attendemmo il Papa nella sala attigua alla cappella. Il Papa si interessò perso-
nalmente di ogni suora vittima dell’attentato, diede a ciascuna una benedizione; anch’io gli chiesi un ricordo particolare nella sua preghiera per il martoriato Burundi; la sua risposta mi venne data con la consegna di una corona del Rosario che diedi poi a mia madre. Otto giorni dopo la beatificazione di Giovanni Paolo II mi ritrovai in Piazza San Pietro e prima di entrare in basilica per sostare in preghiera davanti alle sue spoglie mortali ho sollevato lo sguardo verso la finestra dalla quale ci benediceva, certa che ormai dalla ‘finestra del cielo ci guarda e ci benedice. Giunta sulla sua tomba ho pregato per le persone a me care e gli ho pure affidato il buon esito della missione che si farà a Ciliverghe alla fine del mese di maggio, chiedendo per tutti i miei compaesani il dono di non aver paura di spalancare le porte del cuore a Cristo, perché solo Lui sa che cosa c’è nel suo profondo. Suor Vittorina Savoldi
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Attualità
Attualità
Dalla Calabria continua…. Nel precedente giornalino parrocchiale vi ho parlato, se pur brevemente delle cose buone che accadono nella tormentata terra calabrese e più precisamente nella Piana di Gioia Tauro. A conferma, questa volta lascio parlare, attraverso la sua testimonianza, un giovane del Nord Italia, uno dei tanti che durante l’Estate condividono il lavoro e le fatiche di chi ce la mette tutta per “stare” e mostrare il “volto bello” della Calabria. Così ci e si racconta Edoardo Porgomero…
nell’individualismo della nostra società. I terreni confiscati non sono più ad uso esclusivo del mafioso, che interpreta la terra unicamente come manifestazione visiva della ricchezza, ma divengono bene sociale, cioè bene comune. Questa idea del bene comune deriva da un carattere diffuso in tutti i volontari e i soci della Cooperativa che abbiamo incontrato a Polistena: la passione per il futuro. Nell’ ottica del bene comune l’idea di futuro torna prepotentemente alla ribalta. La
tere le mafie. Le mafie prediligono l’immobilità e l’omologazione che inevitabilmente si scontrano con il desiderio di futuro che porta a fare scelte indipendenti. Andare a Polistena perché la presenza dei volontari nei terreni confiscati ha un valore educativo e di testimonianza fortissimo. La presenza dei volontari è certamente preziosa perché contribuisce materialmente allo sviluppo della cooperativa ma è anche preziosa perché mostra
condivisione di un bene impone il futuro affinché sia garantita la permanenza nel tempo dei beni. Andare a Polistena per conoscere questi “appassionati” del futuro. Solamente chi crede nel futuro sa che coltivare un bene è un lavoro arduo che richiede tenacia e costanza nel tempo. Coltivare sia nel senso di prendersi cura della terra, come fanno Pino e Marina, entrambi soci della Cooperativa, sia nel senso di prendersi cura delle persone, in particolare dei giovani, come fa, ad esempio, Don Pino De Masi. L’azione di queste persone è caratterizzata da una costanza impressionante e consapevole che con il tempo l’impegno si trasforma in un barattolo di melanzane o in un ragazzo strappato alla ‘ndrangheta. Appropriarsi del proprio futuro è l’unico modo veramente efficace per combat-
agli abitanti di quei territori la forza del donarsi e della solidarietà. In territori dove la cultura dominante, sulla quale poggiano le associazioni criminali, è quella dello scambio e del favore la presenza di centinaia e centinaia di volontari si presenta come testimonianza dell’interesse per il bene comune. Il volontario rappresenta la cultura del dono e del bene comune che elimina l’idea di godimento privato ed individuale che invece caratterizza la cultura mafiosa. Il campo di volontariato diviene quindi uno strumento effettivo per la formazione di processi di coesione sociale e nazionale. La presenza del volontario contribuisce a mostrare agli abitanti di quelle terre come il legame sociale mafioso caratterizzato dallo scambio, dalla sudditanza e dalla protezione può essere sostituito da un’altra menta-
Perché andare a Polistena Andare a Polistena innanzitutto per vedere il bene. Non il bene con la b maiuscola, ma il bene quotidiano e comune. Attraverso i mass media riceviamo l’immagine di una Calabria in cui non accade mai nulla di buono, forse perché, come dice Sergio, socio della Cooperativa Valle del Marro, il male fa più rumore del bene. Invece in
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una settimana a Polistena ho visto questo bene apparentemente silenzioso prendere forma in diverse modalità. Oltre all’ospitalità, alla solidarietà ed alla generosità che hanno caratterizzato tutto il periodo trascorso al campo, questo bene silenzioso è riapparso come idea del bene comune, di cui troppo spesso si perdono le tracce
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LA MISSIONE EVA CILIVERGHE
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lità basata sulla cultura del dono e della fiducia reciproca. Ci sono tanti altri, infiniti motivi per cui andare a Polistena: il contatto con la terra, il valore civico dell’esperienza, la possibilità di incontrare persone di diversa provenienza, l’opportunità di imparare e conoscere, lo stimolo ad interrogarsi. Infine andare a Polistena per vedere una melanzana. Una vera melanzana, non quelle che vendono al supermercato. Quelle in confronto sono zuc-
chine. Una melanzana viola scurissimo e lucente, liscia come la pelle di un neonato. Dopo una settimana di lavoro incentrato sulla raccolta e pelatura delle melanzane nel volontario si sviluppa una passione viscerale, direi quasi carnale, per la melanzana. Ed il volontario contemplando (e mangiando) il frutto del suo lavoro si accorge che sapore hanno veramente la corresponsabilità e l’impegno condiviso. Edoardo Borgomeo
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LA MISSIONE EVANGELIZZATRICE S. Maria Ausiliatrice
Un gruppo di persone della nostra zone si è scambiato qualche impressione sull'esperienza con i missionari di Villaregia. Tutti hanno concordato su alcuni aspetti positivi ma c’è un senso di delusione comune. Indubbiamente è stata un’occasione per incontrare un Signore più “a portata di mano” , con una modalità meno tradizionale, più allegra e spontanea di pregare. Abbiamo inoltre potuto riflettere su quanto spazio riserviamo a Dio nella vita quotidiana. Per qualche giovane e bambino è stato molto coinvolgente e alcuni momenti come la processione del lavoro e la S. Messa finale sono stati vissuti intensamente proprio perché esperienze diverse di fede. Qualche famiglia ha partecipato al completo a molti momenti ed è stata toccata nel profondo dall’intima relazione con Gesù nella tenda e dai temi affrontati insieme ai missionari. Più semplicemente altri hanno detto di essere veramente felici di aver potuto sperimentare la presenza di Dio più vicino, proprio in mezzo alle proprie abitazioni. La partecipazione, l’impegno e la riflessione sono stati diversi da persona a persona, come anche interrogativi e dubbi che abbiamo raccolto qui di seguito: • Noi fortunati che non soffriamo la fame, la mancanza di lavoro, di istruzione e di informazione abbiamo forse dimenticato o estromesso volutamente Dio dalla nostra vita? Abbiamo bisogno di essere evangelizzati come nei paesi nei quali non si conosce Gesù? • La partecipazione dei giovani è stata molto scarsa. Questi vengono avvicinati e istruiti alla fede? Abbiamo qualche colpa, per la loro assenza, come genitori e come società? • La nostra fede è solida, riempie e pervade il nostro agire quotidiano o è solo di facciata, immatura e vissuta unicamente nella Messa domenicale o nel ricevere i Sacramenti? • Conosciamo davvero la Parola di Dio? Leggiamo e studiamo le scritture o ci affidiamo a fonti
Alla fine di tutto ciò ci si domanda se sia un’esperienza da ripetere.
secondo schieramento troviamo invece chi sostiene che nonostante l’informazione, la “pubblicità” e le attività fatte, la partecipazione è stata scarsa. Dovremmo quindi provare a toglierci da queste argomentazioni per riscoprire quale era l’obiettivo della missione: e uno degli obiettivi, forse il più importante, era quello di far sentire la nostra
S. Rocco più moderne, ma devianti, per ricercare una spiritualità e un benessere a nostro uso e consumo? • Dov’è la gioia del sorriso, dello stare insieme, del portare aiuto al prossimo, dell’osservare e conservare la bellezza della natura, della consapevolezza della vita donata? Siamo cristiani gioiosi? Ecco infine alcune perplessità e delusioni riguardanti questo periodo di evangelizzazione: • La settimana missionaria evangelizzatrice ha avuto pochissima incidenza sulla vita della maggior parte degli abitanti, e sicuramente non è cambiato nulla rispetto a prima. • C’è una forte delusione per aver speso molte energie per l’organizzazione (preparazione di tende, organizzare momenti, andare casa per casa) senza trovare riscontro nella partecipazione agli appuntamenti e, in particolare, l’adorazione notturna quasi disertata.
Raccontare della “missione evangelizzatrice” che abbiamo vissuto alcune settimane nella nostra parrocchia, è utile e importante. è utile perché aiuta a fissare alcuni momenti e alcune situazioni che abbiamo vissuto insieme, ed è importante perché in questo modo abbiamo l’occasione per sentirci nuovamente uniti ripercorrendo i momenti più belli di quei giorni. Ma scrivere della missione evangelizzatrici è rischioso perché può capitare di scadere nella critica “senza speranza” o di eccedere con gli entusiasmi e le lodi. Facile infatti che i commenti dei giorni scorsi fossero divisi in due schieramenti: quelli che dicono che è andato tutto molto bene perché l’organizzazione è stata perfetta e i momenti di preghiera, riflessione, condivisione sono stati molto intensi; mentre nel
comunità una comunità vera. Sentirci uniti come furono unite le prime comunità cristiane. E su questo crediamo, potremmo fare alcune riflessioni. Cercando non di parlare della comunità in generale come se fosse qualcosa di astratto, ma partendo da noi. Per preparare i giorni della missione, abbiamo pregato e “lavorato” sulle cose da fare; ci siamo incontrati e già in questa fase il risultato è stato positivo. Nella nostra zona di San Rocco, la preparazione ha infatti coinvolto una quindicina di persone che sono state interpellate e hanno subito dato la loro disponibilità. Già il solo fatto di incontrarci per suddividerci i compiti è stato un buon risultato.
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LA MISSIONE EVANGELIZZATRICE Alcuni si sono conosciuti meglio, altri hanno cercato di coinvolgere altri nostri vicini di casa, tutti si sono dati da fare. L’attività più “delicata” (quella che noi abbiamo percepito come più delicata) è stata la visita porta a porta delle famiglie della nostra zona. All’inizio si era dubbiosi e un po’ timorosi. L’esperienza era nuova. Nuova per la nostra comunità e nuova anche per noi. Si trattava di esporsi in prima persona a testimoniare la nostra fede in Dio. Proprio come i primi cristiani (che però spesso erano anche perseguitati, cosa che a noi non è successo!). Abbiamo composto le coppie che avrebbero incontrato le famiglie e ci siamo divisi le vie. Era ora di partire anche perché arrivavano gli echi dalle altre zone che avevano già iniziato la stessa attività... ”stava andando benissimo!!!”. In alcuni casi, in alcuni di noi, il timore non voleva andarsene ma proprio in quei giorni c’è stata la beatificazione di Giovanni Paolo II e proprio il messaggio di Gesù ripreso dal papa: “Sarete miei testimoni” ha dato finalmente quello slancio per dimostrare soprattutto a sé stessi che quello era il momento (non un altro) di testimoniare Gesù, quella era l’occasione (non un’altra) di dirsi a vicenda che la paura poteva essere vinta con la Sua vicinanza, che quello era quanto ci era richiesto (non altre cose) prima di tutto come crescita personale e poi come crescita comunitaria. Alcuni di noi si conoscevano anche poco e già solo il dover andare di due in due, facendosi forza a vicenda, aprendosi all’altro prima ancora di aprirsi alle famiglie della nostra zona, condividere i timori e la tensione prima, e condividere anche la gioia, lo stupore positivo per alcune situazioni incontrate poi, è stato davvero piacevole e importante. Durante
questa esperienza abbiamo trovato “un po’ di tutto”. Famiglie felici e unite e altre preoccupate e in situazione di disagio, situazioni di serenità e gioia, ma anche di dolore e difficoltà. Abbiamo incontrato persone che conoscevamo e che frequentano la messa e le proposte della nostra comunità; abbiamo incontrato persone mai viste prima che si sono dimostrate altrettanto aperte ed accoglienti. Forse, a differenza di altre zone della nostra parrocchia, abbiamo incontrato anche tante porte che non si sono aperte. Ma dietro a quelle porte c’erano comunque persone con la loro storia e le loro difficoltà. è proprio a queste persone che dobbiamo più attenzione, più vicinanza, più affetto. Senza invadenza e senza senso di superiorità: in questa esperienza abbiamo imparato a ricevere molto dalle persone incontrate e, almeno un po’, abbiamo abbandonato l’idea di essere noi quelli bravi che possiamo “far crescere” gli altri. Altri momenti “forti” sono stati quelli vissuti alla tenda: la preghiera comunitaria, le testimonianze dei missionari, vedere altre persone che pregavano e riflettevano su Dio e sulla Sua presenza nella nostra vita, ha creato davvero una bella sensazione e un clima sereno. E ha
creato le condizioni per continuare quotidianamente questa esperienza: nei singoli incontri, nei nostri impegni durante la vita parrocchiale, nella messa domenicale e settimanale. In tutto ciò che facciamo siamo chiamati a riconoscerci come fratelli, a prenderci cura uno dell’altro imparando il modo più corretto per farlo, interessarci delle vicende di chi ci sta accanto, dei vicini di casa in difficoltà, della persona che incontro per strada. Un saluto, due frasi, un sorriso. Modi per iniziare a tessere relazioni che poi possono portare anche alla ricostruzione di quella comunità cristiana che, essendo stata pensata, proposta e vissuta direttamente da Gesù, non può essere considerata un optional da noi cristiani, non può essere pensata come qualcosa di utopistico, ma deve essere il nostro obiettivo e la meta a cui puntare. Già solo sforzandoci di arrivare a questo risultato, staremo vivendo da veri cristiani. Patrizia, Paolo, Silvana, Sandro, Roberto, Silvia, Anna e Renato. Zona San Rocco
Santa Cristina
nostro Don Francesco costantemente onnipresente, è stata veramente la gioia di avere “Dio tra noi”. La nostra tenda della zona Santa Cristina collocata nel parco e in mezzo alle nostre case, è stata allestita all’insegna della semplicità ma ricca di significati ed anche gioiosa con i colori dei cinque continenti che rappresentavano tutti i popoli della terra. Noi incaricati di zona, all’annuncio della partenza della missione evangelizzatrice eravamo alquanto intimoriti per l’ impreparazione che avvertivamo, ma con un po’ di coraggio e con l’aiuto dello Spirito Santo abbiamo messo in moto la macchina dell’umiltà e della volontà ed abbiamo trovato la forza di bussare ad ogni porta per portare a conoscenza della popolazione questo nuovo avvenimento. Questo ci ha fatto immediatamente
incontrare una buona accoglienza e disponibilità da parte della persone. L’incontro poi con ogni famiglia che è avvenuto con il dono del vangelo e con la lettura di un brano dello stesso è stata la chiave per far rifiorire il comune sentire dei valori cristiani, avvicinare le persone alla tenda ed unirle nella preghiera. I momenti di raccoglimento e preghiera davanti al Santissimo, tra i quali l’adorazione notturna,
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La missione evangelizzatrice appena conclusasi nella nostra Parrocchia San Filippo Neri, animata da: padre Fiorenzo, Marita, Valentina, Katia della comunità missionaria di Villaregia e dal
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sono stati un forte contatto con Dio e la Sua vicinanza ci ha fatto avvertire una profonda sensazione di pace interiore e di serenità. Anche i bambini, guidati da padre Fiorenzo, hanno partecipato gioiosi con canti e preghiere davanti al Santissimo. Un momento particolare e singolare ci ha regalato padre Fiorenzo, già dotato di un carisma speciale, quando “alla San Francesco”, si è messo a confessare le persone in mezzo al prato nella quiete e col canto degli uccelli. La comunità coinvolta attivamente in questo avvenimento nuovo, è riuscita ad incontrare,
ad aggregare diverse persone, a condividere momenti di preghiera a far conoscere che nella semplicità è bello impegnarsi, è bello collaborare è bello darsi una mano come in una grande famiglia dove tutti sono chiamati a darsi da fare spontaneamente e fattivamente. E che dire del tocco finale che Gesù presente in ogni tenda ha voluto dare a tutti, dall’alto Lui ha apprezzato l’entusiasmo, l’operosità e l’umano orgoglio dimostrati da tutta la comunità, ma da buon Padre di famiglia non ha voluto fare differenze, non ha voluto una giuria terrena, Lui con mano ferma ha voluto salutarci tutti con
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LA MISSIONE EVANGELIZZATRICE un bel temporale, ci ha riparati tutti o quasi nelle tende e ci ha spento pure i lumini….. Arricchiti di questa nuova esperienza ci auguriamo di poter essere testimoni della gioia vissuta per aver avuto “Dio tra noi”.
S. Valentino Un ’anno e mezzo fa siamo partiti in tanti, con entusiasmo, incertezza, curiosità e voglia di fare, sotto la guida dei missionari, di Don Francesco e dello Spirito Santo. Dopo tanti incontri di preparazione l’euforia dell’ inizio si è un po’ affievolita, e molti hanno abbandonato; forse un’ po’ spaventati dal fatto di dover essere messaggeri portando, casa per casa, l’ annuncio della missione. Come i discepoli siamo stati inviati due a due, ma data la nostra pochezza abbiamo confidato nell’ aiuto dello Spirito Santo, che è venuto subito in nostro aiuto donandoci la forza e il coraggio di bussare alla porta delle famiglie. è stato bello condividere, ognuno con il suo compagno di viaggio, esperienze positive e negative; siamo stati accolti calorosamente e tiepidamente da tutti, ma va bene così. Abbiamo portato in dono il Vangelo, pregato, ascoltato la gente e preso parte , anche solo per un momento, alle loro sofferenze fisiche, morali e spirituali, portando la gioia di avere Dio tra noi. L’ esperienza della tenda, una piccola chiesa vissuta intimamente, è stata molto forte ed
intensa per chi l’ha vissuta, facendosi sentire una comunità più unita e vicina. I missionari sono stati bravissimi nel coinvolgere davvero tutti, anche quei piccoli bambini che con il loro grande entusiasmo ci hanno fatto ritrovare la gioia di stare insieme. Abbiamo però sentito la mancanza di qualche volto nuovo che si affacciasse a questa tenda, magari qualche giovane, che nonostante gli impegni sempre numerosi, avesse trovato un po’ di tempo per stare con Gesù, realmente presente nell’ Eucaristia. Alla fine di questa settimana, molto intensa e ricca di tante opportunità per tutti noi, concludiamo con la gioia nel cuore e la certezza di aver ricevuto di più di quello che abbiamo dato. Ringraziamo infinitamente il nostro parroco Don Francesco,
pastore e guida fondamentale per questa comunità, che insieme a tutti i missionari di Villaregia ci hanno seguito spiritualmente in questa meravigliosa esperienza di fede e di comunità.
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Gruppo zona S. Valentino
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Gruppo Anziani
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E se sorridessimo un po’ di più… C’è una bella canzone di Giorgio Gaber che dice: “Come è bella la città, come è viva la città, con i suoi palazzi allineati e le vetrine piene di luci…”. Quando eravamo giovani io e mio marito cullavamo il sogno di stabilirci in città quando fossimo diventati anziani. Dicevamo che questo ci avrebbe offerto varie opportunità e una vita più intensa: una passeggiata in centro, una conferenza, un concerto, uno spettacolo…che bello! Ma le cose spesso non vanno per il verso immaginato. Ti fai la casa: e come lasciarla? Qui hai i tuoi affetti, le persone care, gli amici, gli impegni… e siamo rimasti qua. Ma se rifletto, il mio paese (anche se non è bello) a me piace. Non mi offrirà quello che mi aspettavo dalla città, ma quando esco incontro tante
persone amiche, un ciao, un sorriso, una battuta. Cose piccole, semplici, ma che illuminano la giornata. Se mi fermo a scambiare due parole (a volte anche di più) scopro tanti lati sconosciuti delle persone che mi rivelano valori inaspettati. E non è una scoperta da poco. So delle gioie e delle pene di tanti e cerco di partecipare e di condividere. Una dimensione personale che si dilata e si arricchisce del vissuto degli altri. Non resto chiusa nella mia ristretta cerchia familiare, ma la mia famiglia si allarga e si identifica con la mia comunità. Se fossi andata in città non sarebbe stato possibile e probabilmente mi sarei impoverita di rapporti e amicizie appaganti e profonde. Capita spesso anche in paese di incontrare persone sconosciute, i nuovi arrivati, coloro che non sono autoctoni ciliverghesi; anche con questi bisogna entrare in relazione, salutare, sorridere. Avete mai provato a dire un bel “ciao” ad uno straniero? Cinese, africano, indiano… Vedere quei volti illuminarsi e ricambiare il saluto e il sorriso è un piacere immenso. Poi, quando ti riconoscono, sono loro che sorridono e salutano per primi. Sono gesti piccoli, un sorriso non costa niente, ma è un dono preziosissimo che appaga. Proviamo a sorridere un po’ di più, a salutare con cordialità anche questi nostri fratelli. In fondo siamo noi a dovere “fare gli onori di casa”, ad accogliere, a farli sentire a loro agio. Certo se vedono solo musi lunghi, sguardi diffidenti e sospettosi, anche loro si chiudono a riccio, si estraniano, stanno ai margini. Dovremmo imparare dai bambini. Per loro non fa alcuna differenza il colore della pelle, la lingua e diventano subito amici di tutti. A proposito di accoglienza ricordo che qualche tempo fa, parlando con una giovane mamma,
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con una certa amarezza mi confidava che le piacerebbe partecipare alle attività della Parrocchia, ma non sempre trova accoglienza. Diceva infatti che aveva l’impressione che questi impegni fossero quasi esclusivi. Io ho cercato di rassicurarla e le ho detto che c’è posto per tutti, anzi, abbiamo bisogno di tutti. La cosa naturalmente mi ha fatto riflettere. Non è che forse noi sbagliamo l’approccio con le persone e non siamo capaci di farle sentire accolte, amate, importanti? O ci riteniamo appartenenti ad un club esclusivo? Questo per ribadire che non dobbiamo escludere nessuno dalle nostre relazioni, ma anzi coloro che si accostano alle nostre istituzioni, trovino porte e cuore aperti. Concludo queste mie riflessioni un po’ sconclusionate e personali, affermando che il mio paese mi dà tante opportunità di amicizia, di confidenza e di affetti. No, non rimpiango la città. Sto bene qui e posso riaffermare che il mio paese mi piace. Aurora L A SESTA C AM PA NA - 29
Vita Parrocchiale
Vita Parrocchiale
In cammino verso i sacramenti “Le grandi salite sono fatte per i grandi atleti“ Tutti noi sappiamo benissimo quanta preparazione c’è dietro un grande atleta, prima di una gara importante si prepara con intensi allenamenti, se pensiamo poi a quanto impegno, costanza , forza e perseveranza ci mette per vincere una gara, magari a quante altre cose deve rinunciare per rincorrere il suo grande sogno. Ci rendiamo conto che è proprio una bella fatica!!! E spesso siamo portati a pensare che non è proprio da tutti essere grandi campioni. Lo stesso è anche per noi cristiani, non si può pensare di ricevere due Sacramenti importanti come la Cresima e l’Eucaristia senza un’adeguata preparazione. è un cammino duro, che comincia ancora da piccoli, prima in famiglia con i genitori e poi continua nella Chiesa, affiancati da noi catechisti che seguiamo i bambini in questa lunga strada, spes-
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so in salita, ma che, se si percorre con impegno e costanza , tenendo sempre duro, si arriva ad una grande meta: l’incontro con Gesù !!! Quest’anno abbiamo cercato di trasmettere questo ai ragazzi, che si stanno preparando a ricevere i Sacramenti alla fine del prossimo ottobre, l’importanza di lottare ogni giorno in ogni cosa che fanno, a casa , a scuola, con gli amici. Con una piccola differenza però, guardando sempre come riferimento la croce di Gesù, questo infinito esempio di sacrificio continuo e del Suo Grande impegno d’Amore per tutti noi ( Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza Gv 10,10). Il 21 e il 22 Maggio abbiamo condiviso, due intensi giorni di fede, amicizia, gioco e preghiera, nell’istituto dei Padri Rogazionisti di Rivoltella, vivendo insieme a loro un’esperienza meravigliosa, e ci auguriamo anche che ce ne siano altre. Buone vacanze. I catechisti
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Storia Locale
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Un’esperienza…
Siviglia a Salamanca. Esso assomiglia molto a quello del nord, soprattutto per la solitudine dei suoi percorsi caratterizzati da pascoli e coltivazioni; chilometri e chilometri sempre solo con la natura e gli animali (mucche, cavalli, maiali, conigli, galline) tutti liberi di pascolare tranquillamente. Si percorrono anche venti o trenta chilometri senza vedere una casa o un paese; una bellez-
Cammino per Santiago de Compostela Era il 5 giugno 2008 ed iniziava la mia esperienza di pellegrino attraverso i percorsi che portano a Santiago de Compostela (Spagna). Situata in Galizia, a nord-est della Spagna, sopra il Portogallo, è la città che custodisce nella sua cattedrale le spoglie di S. Giacomo Apostolo, ritrovate nell’813 dall’eremita Pelayo dopo una visione in sogno di S. Giacomo che gli indicava di cercare la sua tomba proprio dove ora c’è Santiago. Da allora sono iniziati i pellegrinaggi verso la tomba, creandosi un vero e proprio cammino che attraversa tutta la Spagna da est a ovest (circa 800 km). Il primo cammino percorre tutta la costa nord, partendo dai Pirenei (Irun) e continuando su bellissimi saliscendi immersi nella natura con a destra l’oceano Atlantico e a sinistra meravigliose colline. Si attraversano diversi paesini rurali piccolissimi, con solo il minimo indispensabile, ma di una bellezza unica e alcune grandi città come S. Sebastian, Santander, Ribadeo e infine si arriva a Santiago. Da Santander, a circa 600 km da Santiago, ini34 - L A SESTA C AMPA NA
zia la mia avventura di pellegrino. Un’esperienza unica durata 15 giorni, percorrendo quaranta o più km al giorno, attraversando paesaggi meravigliosi dove la natura è padrona; un’immersione totale in essa tanto da creare un’atmosfera di pace e tranquillità interiore tanto che qualsiasi fastidio o dolore, causati dal molto camminare, passano in secondo piano. L’arrivo a Santiago e la visita alla tomba dell’apostolo danno una grande felicità e soddisfazione, ma non di appagamento. Così l’anno successivo si riparte per l’altro cammino, quello francesce, parallelo al primo, ma leggermente più a sud. In questa occasione, avendo sempre solo quindici giorni, ho percorso il primo tratto dai Pirenei (Roncisvalle) a Burgos, grande città con una maestosa cattedrale, addirittura più grande di quella di Santiago. Questo cammino, anch’esso caratterizzato da una paesaggistica meravigliosa, è quello più frequentato e percorso, tanto da diventare purtroppo, a mio parere, un po’ troppo “turistico”. Quello del nord invece resiste ancora
alla commercializzazione del pellegrinaggio, restando più rustico, più spartano e quindi più vicino alla sua vera natura di percorso spirituale. Simile a questo c’è un’altra via per Santiago: la Via della Plata, che a differenza degli altri due va dal sud della Spagna (Siviglia) fino al nord, a Santiago. Questo è quello che ho percorso ad aprile di quest’anno. Pur troppo come le altre volte ne ho potuto fare solo metà, da
za incredibile a confronto di qua dove è tutta una distesa di cemento. Questi sono i miei primi tre pellegrinaggi, sempre insieme a mio zio Paride che ringrazio tantissimo per avermeli fatti conoscere. Ora aspetto giugno dell’anno prossimo per ripartire e concludere il cammino del nord ed invito tutti a farci un pensierino perché è un’esperienza che, assicuro, dona qualcosa di positivo a qualsiasi persona che la intraprende, qualcosa che poi aiuterà nella vita quotidiana. Osvaldo Bagnatica
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Vita Parrocchiale
Vita Parrocchiale
L’associazionismo cattolico
L’esortazione apostolica post-sinodale del 1988 Christifideles Laici, ricorda che “La comunione ecclesiale, già presente e operante nell’azione della singola persona, trova una sua specifica espressione nell’operare associato dei fedeli laici, ossia nell’azione solidale da essi svolta nel partecipare responsabilmente alla vita e alla missione della Chiesa”, indicando poi come finalità che animano queste aggregazioni quelle di “partecipare responsabilmente alla missione della Chiesa, di portare il Vangelo di Cristo come fonte di speranza per l’uomo e di rinnovamento per la società”.
nell’apostolato associato un «segno della comunione e dell’unità della Chiesa in Cristo». Il documento indica poi alcuni criteri e alcuni obiettivi che devono avere le aggregazioni di laici nella Chiesa. Tra questi vi è “l’impegno di una presenza nella società umana che, alla luce della dottrina sociale della Chiesa, si ponga a servizio della dignità integrale dell’uomo. In tal senso le aggregazioni dei fedeli laici devono diventare correnti vive di partecipazione e di solidarietà per costruire condizioni piú giuste e fraterne all’interno della società”. Attraverso la Christifideles Laici e molti altri documenti soprattutto del Concilio, la Chiesa ha dato grande impulso e sostegno alle associazioni, considerate ottimo strumento di apostolato, pastorale e partecipazione dei laici. Per questo iniziamo un viaggio per conoscere meglio alcune delle principali associazioni laicali presenti nella Chiesa.
Le Acli
“D’altra parte”, prosegue il documento “soprattutto in un mondo secolarizzato, le varie forme aggregative possono rappresentare per tanti un aiuto prezioso per una vita cristiana coerente alle esigenze del Vangelo e per un impegno missionario e apostolico. Al di là di questi motivi, la ragione profonda che giustifica ed esige l’aggregarsi dei fedeli laici è di ordine teologico: è una ragione ecclesiologica, come apertamente riconosce il Concilio Vaticano II che indica
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Per raccontare le Acli bisogna partire dalla sigla: Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani. Al plurale sia perché le Acli sono costituite a livello nazionale, regionale, provinciale e di circolo, sia perché si tratta di una rete di associazioni, servizi, progetti e imprese che dal 1945 (anno della loro nascita) cercano di essere a servizio dei lavoratori cristiani e della comunità, favorendo forme di partecipazione e di democrazia. Nel secondo dopoguerra le Acli nacquero per rappresentare i lavoratori (fino alla nascita della Cisl nel 1948 erano considerate l’ala cattolica del sindacato che nacque come unitario), concependo il lavoro come un momento privilegiato per vivere la propria fede, per crescere come persona e per dare il proprio contributo alla crescita della propria nazione. Da sempre le Acli hanno dichiarato di voler concretizzare alcune importanti fedeltà: ai lavoratori, alla Chiesa e alla democrazia. Per fare questo le varie anime dell’associazione (quella più sensibile alle tematiche educative e pedagogiche,
quella più sindacalista e politica, quella più sociale) hanno cercato di tradurre la Dottrina Sociale della Chiesa in attività formative, iniziative e tanti servizi per i lavoratori. Soprattutto per difendere e promuovere i diritti dei lavoratori, in particolare quelli che si trovano in condizioni di emarginazione e a rischio di esclusione sociale. Oggi la parte più conosciuta delle Acli è quella dei servizi che vengono fatti per i lavoratori. In particolare il patronato (che offre soprattutto sostegno e assistenza per le pratiche pensionistiche di ogni genere) e l’assistenza fiscale (il Caf ). Questi servizi sono attivi anche nella nostra comunità con uno sportello aperto presso la saletta comunale di via Matteotti il mercoledì dalle 16 alle 18.30. Ma lo sforzo dell’associazione è quello di leggere ogni giorno i problemi ed i bisogni della società per cercare di darvi una risposta. Per questo in molti paesi e circoli negli ultimi anni sono nati molti servizi nuovi. Per esempio lo sportello primo lavoro (per dare orientamento e aiuto a chi sta cercando lavoro) e lo sportello immigrati (per aiutare i lavoratori stranieri in tutte le pratiche burocratiche e amministrative). Ma la realtà più conosciuta e più importante delle Acli è quella dei circoli, cioè la struttura di base presente in paesi e quartieri. In provincia di Brescia sono circa 75. Di questi meno della metà hanno anche un bar (nato per dare un’opportunità di aggregazione diversa). Cosa fanno i circoli Acli è difficile dirlo, perché ognuno ha costruito l’associazione a suo modo, rispondendo ai bisogni del proprio territorio. Quasi tutti propongono iniziative e attività formative sui temi sociali. Alcuni hanno fatto partire Gruppi di Acquisto Solidale, altri organizzano corsi di alfabetizzazione per italiani, altri ancora gestiscono un mercatino dell’usato o organizzano corsi di informatica per gli anziani. E gli esempi potrebbero continuare. Passando per esempio dal circolo di Calvisano che ha completamente restaurato la stazione ferroviaria che si trovava in uno stato di forte degrado, ed ora vi organizza un mini-grest (dal nome “La locomotiva
dei ragazzi”), dei corsi di cucina e molto altro. O da Desenzano, che da ormai 10 anni gestisce un negozio di commercio equo e solidale a Rivoltella. All’interno delle Acli ci sono poi quelle che vengono chiamate “associazioni specifiche”, perché si occupano di singoli argomenti. Si va dalla difesa dell’ambiente (Acli Ambiente Anni Verdi), del consumatore (Lega consumatori) e degli inquilini (Sicet), alla formazione professionale (Enaip, che gestisce la scuola di restauro di San Gallo a Botticino), passando per la cooperazione internazionale (Ipsia, che organizza campi di volontariato nel mondo), per il turismo sociale (CTA), per la promozione sportiva (US-Acli) e la valorizzazione degli anziani e dei pensionati (Fap-Acli). Oggi le Acli a Brescia contano quasi 12.000 soci distribuiti in più di 75 circoli (quelli più vicini a Ciliverghe si trovano a Rezzato, Castenedolo e Ponte San Marco), e sono un soggetto autorevole della cossidetta “società civile” e del terzo settore, tant’è vero che il portavoce nazionale del forum del terzo settore è il presidente Acli Andrea Olivero. In un contesto come il nostro di frammentazione sociale e di crisi della partecipazione e dell’associazionismo tradizionale, il rischio che le Acli diventino soltanto una rete di servizi è reale. In alcune provincie d’Italia – soprattutto al sud - purtroppo sta già accadendo. A Brescia negli ultimi anni si sta lavorando molto per riuscire a rinnovare l’associazione e farla diventare uno strumento per rispondere ai bisogni del territorio e per concretizzare la Dottrina sociale della Chiesa. Stanno partendo numerose sperimentazioni e si sta cercando di rinnovare e formare una nuova generazione di dirigenti e volontari. La sfida non è certo facile, ma non mancano assolutamente la voglia di continuare a costruire un nuovo modello di società, dove solidarietà, partecipazione e democrazia possano finalmente trovare casa. Per altre informazioni si possono consultare i sito www.acli.it e www.aclibresciane.it. Roberto Toninelli
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Consiglio Pastorale Zonale
Consiglio Pastorale Zonale
Lo scorso 14 Aprile si tenuta una nuova riunione del Consiglio Zonale a Castenedolo. I temi trattati non erano numerosi, ma piuttosto rilevanti per tutta la nostra zona. Buona parte dell’incontro è stata dedicata alla descrizione e alla discussione dei dati raccolti dal servizio “Punto Famiglia” che si è formato a Botticino. Si tratta di una interessante indagine rivolta a tutte le parrocchie della nostra zona Valverde, per conoscere il numero e le tipologie d’iniziative che esse rivolgono alle famiglie (nascenti, consolidate, in crisi, ecc). Tale “censimento” ha permesso di confrontare i dati, mettere in evidenza luci ed ombre della nostra realtà zonale in materia di pastorale famigliare ed iniziare insieme a progettare un consolidamento delle situazioni più carenti anche con la condivisione delle iniziative più efficaci ed interessanti proposte nelle altre parrocchie. Da questa fotografia della nostra realtà zonale si vuole anche iniziare a creare una rete di proposte interparrocchiali, perché è ormai evidente che solo l’unione e la collaborazione può dare forza e arricchimento. Si è poi affrontato l’andamento dell’ICRF, che si appresta a concludere il primo ciclo che all’inizio del prossimo anno di catechesi riceverà i sacramenti della Comunione e della Cresima. La catechesi non terminerà però con la celebrazione dei sacramenti; è previsto un sesto
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anno chiamato Mistagogia, rivolto ai ragazzi per aiutarli a comprendere i misteri della nostra dottrina religiosa. Si è rinnovato l’invito a ricercare nuovi catechisti sia per i ragazzi sia per gli adulti, senza i quali le nostre parrocchie non potrebbero più svolgere il fondamentale mandato della catechesi e della formazione. Grande interesse ha suscitato poi l’iniziativa, riferita durante l’ultimo Consiglio Diocesano, che da alcuni anni sta sperimentando la parrocchia cittadina delle Sante Capitanio e Gerosa. Sono stati promossi degli incontri settimanali di preghiera e dialogo tra piccoli gruppi di famiglie, da svolgersi in una delle loro abitazioni. Si rileggono le letture della domenica, si ascolta un videomessaggio del sacerdote e si ricordano gli appuntamenti settimanali della parrocchia. Le notizie ci sono parse troppo vaghe, per questo si è deciso d’invitare il parroco Don Tino a tenere un incontro pubblico di approfondimento (probabilmente a Settembre)
per i Consigli Parrocchiali e per tutti coloro che fossero interessati. Il nuovo anno pastorale dovrebbe offrire alla nostra zona l’importante opportunità di frequentare un corso teologico (simile a quello di Nuvolera di qualche anno fa) di circa uno/ due anni con cadenza settimanale. Esso sarà rivolto a tutti i parrocchiani interessati ad approfondire la propria conoscenza religiosa ed
eventualmente a voler mettere questo loro arricchimento a servizio degli innumerevoli bisogni della nostra parrocchia. Si è infine ricordato che da Settembre si vuole formare una nuova Commissione di Pastorale Famigliare e una di Pastorale Sociale, per le quali serve un rappresentante per parrocchia. Avanti quindi i volenterosi!
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Vita Parrocchiale
Vita Parrocchiale
IL TORNEO DI
Buon LEANDRO cammino Gian Pietro!
Lo scorso 25 giugno in Cattedrale, nel corso della celebrazione eucaristica vespertina, il Vescovo Luciano ha accolto e confermato l’impegno e il desiderio del nostro Gian Pietro Arrigoni di vivere il cammino di preparazione al Diaconato permanente Si tratta di un fatto bello e importante che riguarda tutta la nostra Comunità Parrocchiale ed è giusto sottolinearlo. Gian Pietro ha iniziato questo cammino di formazione tre anni fa. Con l’Ammissione tra i candidati al Diaconato permanente ha compiuto il primo passo significativo di questo cammino e ha ufficializzato anche davanti alla Comunità parrocchiale e diocesana la sua volontà di continuare la formazione per diventare Diacono permanente. Alla celebrazione era presente un buon gruppo di Ciliverghe e anche il nostro Piccolo Clero che con emozione ha servito al Vescovo nella Chiesa Cattedrale. Con gioia e nella preghiera abbiamo condiviso con Gian Pietro e i suoi familiari questo momento intenso. Ringraziamo il Signore per questo grande dono e ci impegniamo a seguire e sostenere Gian Pietro con la preghiera. Di cuore auguriamo buon cammino a Gian Pietro con la speranza che altri giovani e adulti della nostra Parrocchia possano cogliere la chiamata del Signore.
Anniversari sacerdotali… Mi sembra giusto e bello ricordare, attraverso il nostro giornalino parrocchiale, alcuni nostri Sacerdoti che vivono durante quest’anno importanti anniversari. Don Nicola Signorini il 9 giugno scorso ha celebrato 10 anni di sacerdozio, (Brescia 9 giugno 2001). Mons. Felice Montagnini il 21 luglio vive il 65° anniversario di ordinazione sacerdotale: un traguardo veramente grande! (Ciliverghe 21 luglio 1946). Infine voglio ricordare i 30 anni di presenza e di collaborazione di don Roberto Lombardi nella nostra Parrocchia. A Mons. Felice, don Nicola e don Roberto gli auguri più sinceri e cordiali, la nostra riconoscenza e la certezza del nostro ricordo nella preghiera perché la loro vita sacerdotale sia sempre ricca di tanti frutti e sappiano portare Cristo a tutte le persone che incontrano. Ad multos annos! Don Francesco
Don Francesco
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Vita Parrocchiale
L’angolo della Generosità - Entrate
PARROCCHIA - Entrate
APRILE 2011 ELEMOSINE CHIESA OFFERTE PER BOLLETTINO OFFERTE PER CELEBRAZIONI CASSETTINE QUARESIMA OFFERTE PER TERRA SANTA OFFERTE BUSTE PASQUALI OFFERTA PER CHIESA SS. MESSE DA CELEBRARE
MAGGIO 2011
ORATORIO - Entrate
€ € € € € € € €
ELEMOSINE CHIESA € OFFERTE PER CHIESA € OFFERTE GENITORI CRESIMANDI € OFFERTE GENITORI RAGAZZI 4° € ANNO OFFERTE PER BATTESIMI, FUNERALI, € MATRIMONIO OFEFRTE PER ANNIVERSARI € OFFERTA GRUPPO ANZIANI € OFFERTA GRUPPO GAS € OFFERTA LOTTERIA RAGAZZI 5° € ANNO SS. MESSE DA CELEBRARE €
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3.832,50 181,00 200,00 431,59 124,47 4.627,00 1.000,00 840,00
GIUGNO 2011 ELEMOSINE CHIESA BUSTE OPERE PARROCCHIALI OFFERTA CRESIMANDI OFFERTA ASSOCIAZIONE CARABINIERI OFFERTE PER MATRIMONI E BATTESIMI SS. MESSE DA CELEBRARE
€ € € €
2.917.86 920,00 1.080,00 100,00
€
600,00
€
820,00
APRILE 2011
INCASSO BAR CONTRIBUTO COMUNE PER CARNEVALE OFFERTE CONTRIBUTO SCUOLA BALLO CONTRIBUTO A.L.P.A.
MAGGIO 2011 INCASSI BAR CONTRIBUTO A.L.P.A.
2.729,90 1.464,00 125,00 165,00 1.000,00 100,00 2.000,00 200,00 635,00 980,00
Entrate
€ €
5.138,00 900,00
€ € €
100,00 70,00 100,00
€ €
515,00 100,00
GIUGNO 2011
INCASSI BAR INCASSO CENA CONTRIBUTO A.L.P.A. OFFERTA SCUOLA BALLO OFFERTA AMICI DI LEANDRO PER TORNEO
€ € € € €
7.610,00 430,00 100,00 35,00 3.320,00
Entrate L A SESTA C AM PA NA - 43
Vita Parrocchiale
L’angolo delle Spese - Uscite
PARROCCHIA - Uscite
APRILE 2011
FATTURE A2A MATERIALE FOTOCOPIATRICE FATTURA INFOTRE OFFERTA PADRE FRANCESCANO OFFERTE CONFESSORI MUTUO CREDITO BERGAMASCO LIBRI E RIVISTE SPESE VARIE PER PASQUA CONTRIBUTO PARROCO CONTRIBUTO DON ROBERTO CONTRIBUTO DON DIEGO SS. MESSE CELEBRATE
ORATORIO - Uscite
€ € € € € € € € € € € €
637,38 632,40 337,00 100,00 200,00 971,87 670,10 1.100,50 170,00 200,00 200,00 760,00
MAGGIO 2011
FATTURA TELECOM FATTURA DIRETE RATA ASSICURAZIONE INFORTUNI OFFERTA E RICORDI SANTUARIO FATTURE A2A FATTURA FASTWEB OGGETTI RELIGIOSI PER RITIRO RAGAZZI SPESE VARIE GIUSTACCHINI LIBRI, OGGETTI, REGALI SACRAMENTI MUTUO CREDITO BERGAMASCO CONTRIBUTO PARROCO CONTRIBUTO DON DIEGO CONTRIBUTO DON ROBERTO SS. MESSE CELEBRATE
€ € € € € € € € € € €
68,00 112,80 1.293,00 90,00 2.454,69 117.83 215,00 190,00 270,00 208,65 1.457,33
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974,96 170,00 200,00 200,00 760,00
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4.500,00 1.079,70 590,12 975,52 2.000,00 100,00 1.400,00 170,00 250,00 200,00 750,00
APRILE 2011 FATTURA BAR FATTURA VIGILANZA FATTURA TELECOM FATTURE A2A FATTURA S.I.A.E. SPESE VARIE FABBRO PER CASETTA
MAGGIO 2011 FATTURA BAR FATTURE A2A SPESE VARIE FRIGORIFERO
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385,20 414,00 75,00 713,42 398,30 313,00 348,00
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1.487,73 3.467,84 907,20 420,00
Uscite Uscite
GIUGNO 2011
TIPOGRAFIA PER LAVORI VARI LIBRI E ARTICOLI RELIGIOSI FATTURA A2A MUTUO CREDITO BERGAMASCO OFFERTA MISSIONARI VILLAREGIA OFFERTA CELEBRANTE CRESIME LIBRI E OGGETTI PER SACRAMENTI CONTRIBUTO PARROCO CONTRIBUTO DON DIEGO CONTRIBUTO DON ROBERTO SS. MESSE CELEBRATE
GIUGNO 2011 FATTURA VIGILANZA FATTURE BAR FATTURA TELECOM LAVORI ELETTRICISTA SPESE VARIE FATTURA “LA SEDIA” FATTURE A2A MATERIALE ELETTRICO FERRAMENTA FRIGORIFERO E FRIGGITRICE
€ € € € € € € € € €
414,00 3.576,62 76,00 3.500,00 1.180,00 4.896,00 1.707,48 603,00 79,50 2.080,00
Grazie ai nostri Alpini Nel numero precedente del nostro Giornalino Parrocchiale ho tralasciato di segnare l’offerta che il nostro Gruppo Alpini ha fatto alla Parrocchia in occasione di Natale. Si è trattato di € 1.000,00 che gli Alpini hanno devoluto per le varie iniziative della Parrocchia e dell’Oratorio. Mentre porgo le mie scuse per la dimenticanza, ringrazio ancora una volta i nostri Alpini per la loro generosità e per l’attenzione verso la nostra Parrocchia. Don Francesco
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Anagrafe Parrocchiale
Vita Parrocchiale
Battesimo sono figli di Dio nella Chiesa
UN LIBRO DA LEGGERE
Cecilia e i suoi doni A questo piccolo libro bisogna accostarsi con rispetto, ma anche con allegria. è questo che avrebbe voluto Cecilia. Tenera e spavalda, questa ragazza che sta morendo a poco più di trent’anni conserva fino alla fine tutta la sua presenza di spirito, il suo amore traboccante per Marco suo marito, e per Emanuele, il figlio tanto desiderato, la sua fede cristallina e l’intensa gioia di vivere, che si esprime e si espande attraverso la danza. Perché questo libro è in realtà il suo diario, scritto dopo quel 23 ottobre 2004, quando le viene diagnosticata la Leucemia Linfoblastica Acuta, citata con l’acronimo di LAL, una parolina tragica, anche se apparentemente gradevole come un volo di farfalla. E in ogni pagina che Cecilia scrive -dal giorno in cui scopre di essere gravemente ammalata fino a quando, il7 agosto 2006, decide di non annotare più niente (e morirà dopo un anno) – si percepisce questa tensione, questa volontà forte di ritrovare, anche nella malattia, l’armonia con le creature e col mondo, e la voce di Dio. Ma Cecilia non è un’anima irenica. In ogni pagina si sente la lotta, il dolore della privazione, il bisogno fisico di toccare il suo bambino, di essere abbracciata dall’uomo che ama, di stare con papà e mamma, di sentire gli odori e i profumi della vita là fuori. Quando è in isolamento, e le dicono che per un periodo non potrà più coccolare il suo piccolo, il lettore si sente partecipe di una sofferenza acutissima, «come quella di una gatta a cui hanno tolto i piccoli », scriverà Cecilia, che prova un’istintiva gelosia per i progressi che lui farà lontano da lei: una dimensione umanissima, che commuove. La sua sensibilità viene spesso ferita dalle tante, spesso sgradevoli, procedure delle cure e dei farmaci. Ma lei affronta ogni cosa, nonostante gli alti e bassi inevitabili, come se facesse una 46 - L A SESTA C AMPA NA
AIARDI ENEA ROCCA ANDREA SBERNA GIORGIA D’INTINO FEDERICA PRESTI LEONARDO PRESTI GIOVANNI BERARDI UMA MATTINZOLI ELISA
1 maggio 2011 15 maggio 2011 22 maggio 2011 19 giugno 2011 26 giugno 2011 26 giugno 2011 26 giugno 2011 26 giugno 2011
Matrimoni
sono sposi in Cristo
AIARDI PIERLUIGI - MARANTA ALICE ZONI STEFANO - VERNIA ALICE RICCIARDI CELESTINO - RAMBALDINI MARIA
1 maggio 2011 4 giugno 2011 25 giugno 2011
Defunti risorgeranno in Cristo LOMBARDI IVONNE TELLAROLI ALBINA ADAMO ANNA GIACOMAZZI IDA impervia scalata di montagna, con limpida testardaggine, ma anche con ironia e un briciolo di rassegnazione. Danzare è la sua vita: e lei danza ogni giorno, a qualsiasi costo, scrivendone con accurata precisione, descrivendo gli sforzi compiuti e i risultati, fiera quando riesce a controllare il corpo che la tradisce. Ma, avanzando nella lettura di questa straordinaria testimonianza, ho cominciato a percepire, man mano più chiaramente, non solo l’empatia, la pietà e la partecipazione, ma anche l’immensità dei doni spirituali che è lei, Cecilia, a riversare su di noi. Come in un antico itinerario della mente verso Dio, come in un breviario di ascesi, possiamo seguirla e ammirarla nella sua libera adesione alla sofferenza, ma ci troviamo anche arricchiti, pagina dopo pagina, dal semplice fatto che è esistita e ha attraversato il fiume nero del male senza offuscare la sua gioiosa, generosa vitalità. Oggi, non dimentichiamolo, Cecilia è semplicemente «dall’altro lato della strada ». Antonia Arslan
morta il 22 aprile 2011 morta il 9 maggio 2011 morta il 30 giugno 2011 morta il 7 luglio 2011
LA SESTA CAMPANA Trimestrale della Parrocchia S. Filippo Neri in Ciliverghe di Mazzano (Bs) Direttore responsabile Filippini Gabriele Redazione: don Francesco, Agliardi Adele, Balzi Brunella, Costa Francesca, Freddi Roberto, Panni Silvana. Direzione: Via Conciliazione, 3 25080 Ciliverghe di Mazzano - Tel. 030.2620137 Stampa: Nadir 2.0 – Ciliverghe di Mazzano Autorizzazione Tribunale di Brescia n. 34/2006 del 29.09.2006 Parrocchia S. Filippo Neri in Ciliverghe Abitazione Parroco: 030.2620137 Oratorio: 030.2120378 Internet: www.parrocchiaciliverghe.it
di anni 58 di anni 91 di anni 62 di anni 88
ORARI SS. MESSE E CELEBRAZIONI FESTIVE: ore 8.00 - 9.30 - 11.00 -18.00 (ora solare) 18.30 (ora legale) VIGILIA DI FESTE E DOMENICHE: ore 18.00 (ora solare) - 18.30 (ora legale) FERIALI: da Lunedì a Sabato ore 8.30; Mercoledì ore 20.30 Primo Martedì del Mese: ore 20.30 S. Messa Chiesa S. Valentino Mesi SETTEMBRE - MAGGIO Martedì: ore 20.30 S. Messa Giovedì: ore 17.00 Adorazione Eucaristica ore 20.30 S. Messa Primo Venerdì del Mese: ore 8.30 S. Messa e Adorazione ore 20.30 Adorazione Eucaristica SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE Primo Martedì del Mese: ore 14.30 Confessioni ragazzi elementari - Medie Adolescenti Ultimo Venerdì del Mese: ore 8.30 S. Messa e Confessioni ore 20.30 Liturgia penitenziale e Confessioni è possibile ricevere il Sacramento della Confessione prima e dopo le SS. Messe L A SESTA C AM PA NA - 47
Signore Gesù, di fronte a Te, Parola di verità e Amore che si dona, come Pietro ti diciamo: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Signore Gesù, noi ti ringraziamo perché la Parola del tuo Amore si è fatta corpo donato sulla Croce, ed è viva per noi nel sacramento della Santa Eucaristia. Fa’ che l’incontro con Te nel Mistero silenzioso della Tua presenza, entri nella profondità dei nostri cuori e brilli nei nostri occhi perché siano trasparenza della Tua carità.
Fa’, o Signore, che la forza dell’Eucaristia continui ad ardere nella nostra vita e diventi per noi santità, onestà, generosità, attenzione premurosa ai più deboli. Rendici amabili con tutti, capaci di amicizia vera e sincera perché molti siano attratti a camminare verso di Te. Venga il Tuo Regno, e il mondo si trasformi in una Eucaristia vivente. Amen.