Le tentazioni dell’alba Poesie
Nando Taccogna
Copyright Titolo: Le tentazioni dell’alba I^ edizione Caserta, gennaio 2010 Proprietà letteraria riservata dell’autore Nando Taccogna Foto prelevate dal web nel caso fossero coperte da copyright si prega contattare l’autore e saranno rimosse
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Prefazione
Canto inesausto di emozioni e riverberi del sentimento, dialogo accorato, talora struggente con l'altro da sé, che si snoda come ode o preghiera o come intima confidenza, come spinta insopprimibile dei sentimenti, così appare fin dalla prima lettura la poesia di Nando Taccogna. Il verso è ritmato da una musica interna, si snoda leggero e come sospeso dall'emozione, tradisce una tensione che al di là dell'accadimento contingente da cui nasce l'ispirazione si lega ad una percezione più vasta dell'esistenza, appare fin dal principio come bisogno di espansione dell'essere e del sentire. L'altro da sé, soprattutto nel dialogo d'amore, è dunque non solo il compimento della vita, cercato sperato desiderato, interpretato nelle sue sfumature psicologiche, nei suoi riflessi emotivi: é altresì il simbolo di un orizzonte a cui l'anima tende, provenendo da lontano, come da una distanza ancestrale: è quasi un bisogno di confondersi con la natura, di essere vita nella vita. Se la poesia, nella sua espressione più immediata, più direttamente riconoscibile è poesia d'amore e del rapporto dualistico coglie i transiti silenziosi della carne e dello spirito, alla fine lo stesso rapporto amoroso appare nella complessità del verso e nella sua articolazione espressiva come una metafora di una condizione più alta, di una attesa interiore che cerca con un spirito di intima religiosità il senso ultimo, personale e collettivo, dell'esistenza Giorgio Agnisola
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Le tentazioni dell’alba Poesie
Alla tua speranza, alla tua passione assorbita dai miei occhi chiusi.
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Un altro inverno da apparecchiare
Sai, non ho una gran voglia di preparare questo inverno, non ne sento l'esigenza non ha senso la pioggia, il vento, la rugiada gelida che i nostri corpi proteggerĂ . Non avranno senso lacrime, occhi spenti e fari accesi, non ha senso questo migrare di rondini dal freddo al caldo e viceversa come le telefonate utili solo a ricordare quanto mi manchino le tue labbra la pelle ed il calore. A cosa servono queste stupide luci nella gola buia del cielo, a cosa le foglie secche da calpestare, le coperte da cercare, maglioni e sciarpe per strangolare una notte dopo l'altra... a cosa? Sai, non ho proprio una gran voglia di quest'inverno, mi piace tanto disegnarti riflessa nelle pozzanghere, sorridente, dolce e sensuale, amica e spiritosa quando mi dici di essere l'unico a capirti - tutta intera e non solo per un abbraccio, un bacio o un addio frettoloso.
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Lezioni di giardinaggio settembrine
Alle diciotto la signora del balcone di fronte deve innaffiare le sue piante per non inaridire la sua malinconia col sole che tutto brucia... ad ogni inchino per versare l'acqua dall'innaffiatoio due fragoline fan capolino dalle bretelle della sottoveste, anche i gelsomini ne traggono gran beneficio... mentre mi rado cercando di non tagliarmi quando irrora i vasi pi첫 bassi morde le labbra, costretta a mostrare un triangolo rosa rigoglioso e pulsante, ravviva i colori, smuove la terra, rinverdisce le foglie e non solo quelle, poi al calar della sera un taglio ai rami pi첫 secchi fa debordare al massimo lo splendore di due seni maestosi e indietreggiando accarezza quei fiori coi fianchi ancheggiando come una dama si dona conquistata dal suo cavaliere e premia il mio bagno sotto la doccia regalandomi un sorriso chiudendo le tendine della finestra per denudarsi in penombra come fa con le piante pi첫 delicate...
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Segnali di obbligo e divieto
Perché la notte non ha una similitudine s'allunga sui muri come un'ombra e schiva la paura mentre la tua saliva si scioglie ai bordi delle labbra ed il tuo impavido sorriso come un bersaglio sta... così pure attraverso le ciglia la notte non si sputtana per niente non arraffa circostanze sospette non si trattiene e non si astiene se deve uccidere ed uccidendo altrove il suo amore sta... come una canaglia, come una tenaglia impreziosita dei suoi leccaculi in gilè, doppiopetto e smalto alle unghie s'aggira come un avvoltoio ma inutilmente perchè il tuo relitto non lo afferrerà non sta nel branco, si distingue dal suo distacco dai lineamenti scorbutici e dal suo disincanto, come una croce, come una pace ed un biglietto non obliterato sta. Come una creatura appena nata, una notte assonnata ed i suoi cunicoli bui come questi pantaloni sdruciti, come il tuo urlo affogato e gli zigomi rigati di lacrime... come una dannata, una solitaria promessa e la tua solita risata come una farsa per disfarsi di una falsa onestà come questi rigagnoli di versi imperturbabili a chiederti perché... perché la tua notte sia a due passi dalla mia 9
ed a mille anni luce dalla tua pace, dalla mia malattia, dal dolore dalla nostalgia e dalla sua agonia.
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L'amore insolente
Non è che sia sempre in anticipo non lo faccio per malinconia o strafottenza tanto meno per pazzia, mi adagio dolcemente sui tuoi seni così maturi e m'addormento... Sarà che quando giuro di non cercarti o sarà la malattia che ci sorprende quando meno te l'aspetti rubi il sonno e la vita mia assomiglia ad una bandiera... Steso sul letto assorto nei pensieri un tormento lieve m'accarezza ed i tuoi occhi come vele si dispiegano non capisco dove scivolino le tue mani... Dubito che la mente aspetti sempre una tormenta allora mi domando come mai sgomento non ci leghiamo eppure ci cerchiamo, non ci neghiamo ma laceriamo le nostre carni e pure l'anima... Avrò sudato anche stanotte e mi sei sfuggita come sempre serpe insolente donna strega impenitente quando ti sogno arriva sempre il mare e nei suoi abissi ci sprofondo... Odio e amo la tua assenza, tra un odore perso ed un abbandono dici sempre adesso basta e poi ritorni nuovamente...
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Agli amanti, baci sparsi
Dove mi hai trascinato luna questa sera perché mai hai deciso di ritardare il tempo, chi t’ha concesso il privilegio d’impuntarti qui davanti ai miei occhi, perché impunita hai declinato l’invito di non andartene adesso, proprio adesso ch’è finita e non c’è più niente da dire fatte salve le apparenze, i baci sparsi ed il mio benservito, adorabile creatura delle mie inutili scuse, abile ad accudire le tue splendide ferite, avevamo deciso ogni cosa tornasse al suo posto e non c’è sete che abbeveri queste bugie stordite dal tuo pianto perché come ogni sera anche adesso piangi. Ricordo benissimo le tue parole: - Voglio soffrire, voglio vivere voglio assaporare, sentire caldo, freddo bagnarmi con l'erba al mattino da ubriaca, tutto lo voglio questo mondo farmi rubare il cuore il corpo, i ricordi, solo una città che cerca di soffocarmi ma no, dico no, voglio avere paura, sentirla nelle vene voglio vibrare, voglio avere paura, voglio sentire il fruscio e non voltarmi, ascoltare la paura, uccidere la noia, salire dalle gambe, alle mani, al cuore, ballo le gambe piene e morbide che giorno è senza è senza passione? che notte è senza una luce segreta di amanti? nel sogno trovo gli amanti di ieri, suderà la notte nel sapermi distante. – 12
Per quello che non abbiamo saputo dare
Non ho una una così gran voglia di parlarti, non solo non è serata nemmeno mi sono accorto di quest’ora così tarda e tutto si trasforma in nebbia, gli affanni hanno i colori di queste mura tappezzate d’inutili ipocrisie, sospiri, amori e tradimenti consumati sulle soglie dei portoni o all’ombra dei cortili, frettolose promesse di arrivederci mai rispettate e solo ricordi, ricordi frivoli dei nostri brividi sulla schiena mentre i capelli spettinavano il tuo sorriso. Ho perso il tempo per dirti non andare e quando hai smesso di sognare ogni bugia s’è sciolta nel suo segreto e sei scomparsa come sempre. Non ho una gran voglia di raccontare altro perché perso nel giornale e fra le mie rughe ho detto basta al destino e dietro un angolo del mio viso ho chiesto scusa per quello che non ho saputo darti, senza avertelo detto mai.
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Punti fragola
Quando si avverte una sottile felicità, quel senso di leggera e frizzantina euforia perché è disponibile il nuovo catalogo premi esselunga, significa che non va tutto propriamente bene. Come al solito dimentichi sempre sale e dentrifricio e compri carta igienica collezionando rotoli esauriti per segnare il tempo che scorre sulla lavatrice senza centrifuga. In questa casa è ancor più evidente che il cambio delle stagioni non avvenga più come una volta, panni invernali dappertutto spuntano come foglie secche dalle spalliere delle sedie fra camicie a maniche corte. Ci vorrebbe un bel temporale di quelli tropicali in cui non ritrovi più il sentiero da dove provieni e confondi il sole con la luna, senza bussola, le zanzare la fan da padroni come gli acari che divorano la polvere mentre stropicci gli occhi a giornate non contemplate in nessun calendario trascrivi come uno stupido queste stronzate.
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Neda, voi che non sapete
Voi che dall’alto osservate dubbio mai v’assalga di aver compiuto l’atto più ingiusto da mano che mai più crudele abbia compiuto che l’altra mano non vide. Misera la colpa e la richiesta di perdono voi, ovunque siate debitori di sangue eterno così versato purché non sia il vostro cosa vi aspettate mai dalla notte buia se non il vostro disagio di essere stati così inutili nel vostro odio. Neda, dove sei tu tutto questo più non accade ed io non posso guardarti oltre questo mistero sì infelice non trattenermi queste lacrime così simili al sangue che macchia il tuo bel viso.
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Sul perché sia meglio darla gratis che venderla
Voglio un’uscita di sicurezza perché in questa vita mi sento una schifezza, non c’è partita, non c’è sistema solo una tattica e cupa tristezza per farla franca, il conto in banca senza più soldi come sempre e la tua faccia stanca liquefatta, umiliata dalla tua indifferenza. Voglio baciarti ancora una volta di nascosto senza amarti mai, senza sciupare i tuoi occhi belli perché questa vita è risaputo meglio darla gratis che farsi pagare. Voler bene al male che ti fai è un brutto mestiere ma è il lavoro che meglio mi riesca da giocoliere sui tuoi capelli di fieno in bilico sui tuoi seni sui fianchi e le smorfie di un viso che non mi appartiene. Tutto somiglia in quiete apparente alla nostra meraviglia a questi coltelli affilati che sfiorano il tuo ventre, la gola, per quanto ci siamo amati, adesso smettila di tentare il volo dalla finestra perché abiti solo al piano terra. Ti ordino di venire a raccontarmi dei tuoi silenzi, delle tue carezze mancate, dei tuoi sogni spezzati e di quella valigia che non riesci mai a chiudere.
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Cocci di vetro sui davanzali
Cosa abbiano di diverso queste foglie immobili e le parole appese alle nostre labbra quelle inventate, ricche, secche gl’insulti simili a mele marce che cadono e si schiacciano in pensieri ricolmi di vermi il mio sorriso spento come sempre, due birre sul davanzale fredde, semivuote, i cuori stesi alla finestra assieme ai panni sporchi ed i tuoi occhi bellissimi, inutili, ma essenziali. Cosa diamo all’anima se non spergiuri, questi maledetti bene auguranti – ciao, ci vediamo – potessimo costruire noi le nuvole non andremmo a cercarle ai margini di panchine nelle strade a stento illuminate lungo scogliere solitarie o in posti così poco frequentati, ovunque purché sembrino prati i nostri corpi e due mani calde gli abbracci perché sei tenera quando ti concedi. E tu respiri la carne, l’unica che mangi. In certi giorni non abbiamo una ragione per raccontarci idiozie ed allora pioviamo dalle nuvole rigurgiti di parole, parole, parole dette, masticate mille volte finché un vomito liberatorio non ci purifichi.
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Lingerie al parco con aquiloni
Quanto mi piace il saper godere dell'immanenza di una folata di vento tra due cosce ancora candide, di una spallina maliziosa, una caviglia ornata da un sottile file di metallo, saper riconoscere dal profumo la sua voglia di donartela… a cosa penserà mai quando indossa maliziosa quella biancheria intima se non al fortunato che la sfilerà? Leggeri s’involano gli aquiloni oltre l’orizzonte e tra i seni fondoschiena planano ormai liberi senza fili.
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Frutti di stagione
Vorrei sentirti frutto e come tale morderti a pizzichini, albicocca dolce e succosa deglutirti insaporendo palato e lingua, la sera rotolarti fra lenzuola sfatte e perderti, placare sete e fame ingoiando centimetri di pelle mordendo polpa fino al nocciolo di spalle contro il muro soggiacere al piacere e sazio baciarti le palpebre come petali di nuvole averti frutto sconosciuto e mio proibito per una notte sola.
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Senza peli sulla lingua
A volte mi domando se sia più importante scrivere dei versi o lavarsi i denti, pagare una bolletta, andare in bagno, mangiare e poi ritrovarsi a scrivere queste cazzate... qualsiasi cosa purché sia quella che desideravo, la più fitta di emozioni lurida, sporca, grezza senza punteggiatura ed i tuoi occhi a farmi da sfondo. Un pozzo di idee sono le orbite come gli scomparti del frigorifero dove cerchi sempre quello che non c'è e fissi il vuoto sperando appaia un finocchio, uno yogurt, una fetta di salame non scaduto, una lettera ed una birra fredda per perdermi fra le tue braccia nude. A volte sorseggio questi versi dopo averli vomitati e mi sorprendo felice di averti mangiato, assaporato quel tanto che basta senza avertelo detto né posseduta, amata ma solo desiderata ed oltre i tuoi occhi aver incontrato me stesso non solo la tua pelle.
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Preghiera di una geisha
Non c'è silenzio che possa donare pace alla mia anima. Lacrime dominano istanti infiniti piango davanti alla tua porta chiusa piango per quello che avrei voluto essere piango mentre cerco la tua mano. Piango lacrime silenziose e amare.
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Declinazioni sulle mancanze
Sono assenze, lontananze, ruberie, vuoti a perdere, mancanze, difetti, distanze incolmabili, distacchi, carenze, turbolenti separazioni, difetti, perdite, scomparse insensate, privazioni forzate, allontanamenti non voluti ed ancora errori, macchie nell’anima nei sulla pelle inadempienze, penurie colpe, imperfezioni dell’io, inosservanze, lacune incolmabili distanze alienazioni, oblii, addii.
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Le intenzioni disattese di un viaggio e del suo temporale Se sapessi come dirtelo non cercherei di scriverlo in versi abbiamo strane abitudini come quelle di chiudere la porta e sparire sopra un treno senza avvisare lasciando il frigo con gli occhi aperti uccidendo la notte nell'alba successiva, la televisione a parlare da sola e piombarti in mezzo alle gambe in maglietta e bermuda blu ma non sei così cattiva e nemmeno alternativa perché prima di darmela hai ubriacato i nostri cervelli ed allora se vuoi scopare ancora almeno dillo senza portarmi a pedalare a mozzafiato per le colline con la scusa di comprare un modem per connetterti col tuo mondo d'illusioni e dire mille fesserie e smancerie però non castigarmi, ti giuro quando sono sceso il gatto era già scappato e non ho fatto altro che bagnarmi i piedi scalzi allora non pensarci più perché se sapessi come dirmelo anche tu non cercheresti di scriverlo in versi... com'è diverso il mondo da quassù sotto le lenzuola profumate e questo caffé nero come gli occhi tuoi avrei da dirti mille cose ma continui a disegnare il tuo nudo sulla parete vorrei restare a farti compagnia ancora e quello che è stato mio ed ho dato a te non è la mia fantasia ma semplicemente la realtà mentre saluto con un bacio le tue labbra alla stazione e scappi via. 25
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Il danno
- A volte, disperatamente vorrei chi si prendesse cura di me… di tutta me… abbandonandomi ad ogni sorgere del sole, per riprendermi al tramonto Mia adorabile puttana della vita infernale di questa natura matrigna non conosco tutte le coordinate. - Ho solo il torace troppo stretto stasera per questo mi senti, mi sento straripare… e non c'è nessuno che raccolga il mio miele dando un senso al mio desiderio. Questo è il danno.
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Miele di china
Mi manca l'essere foglio, le righe appena tracciate e quella voglia puttana di descriverti in versi. Struggendo, smaniando, ispirami orgasmi d'animo come un pennino di rame in calamaio di vetro, fine miele di china, tamponato sulle labbra ad asciugare i contorni di queste pagine che scivolano via come la tua pelle.
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Dal tuo stupido uomo della pioggia
Ognuno viene dal suo bozzolo sputato a tendere ragnatele su marciapiedi o piedistalli tu che dipingi la vita somigli a mio fratello ubriaco sulla siepe fradicio e malaticcio a maledire cielo e stelle vorrebbe dimenticare ma sua madre non glielo consente - è sempre incinta questa terra! sei di fango caro amico, non perderti non arrenderti.Dei tuoi occhi belli non potrò mai farne a meno mia compagna di strada, non sarò mai il tuo avvocato ma nemmeno il tuo carnefice è chiaro che - smettila, non mi sentirai più, allora sei duro! è solo un eufemismo! hai già deciso di toglierti di mezzo nonostante questa primavera inoltrata bagnata dal tuo stupido uomo della pioggia.
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Gli amanti sanno dimenticare
Dopo la notte regalo al tempo le mie lancette, dopo la malattia sudo sempre ed infilato in questo tassì mi rincuora il tuo viso, la mano accogliente davvero felice alle dieci del mattino mentre si cerca un posto dove mangiare... dopo il tempo non conta niente non sento più la gente e nemmeno la febbre, dopo l'amore non ho più la fronte rugata, non ho sonno, nemmeno voglia di tristezza, mi addolcisce il tuo sorriso e non ho paura di svegliarmi. Non posso trattenerti, nemmeno consolare, non posso fare nulla se non assecondarti, voglio solo non scendere mai da questo tassì voglio addormentarmi sulla schiena nuda ascoltando la tua voce ed il mio respiro che penetra dalle tue labbra... non voglio essere un idiota che muore per sognare ancora un'altra volta davanti alla televisione avendo obliterato il biglietto per il ritorno... sono sempre così contenti gli amanti per le strade quando si perdono per la città si raccontano che non esista la malinconia e dimenticano il tempo per tornare.
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Dimmi sempre una bugia
Il tuo corpo lo conosco anche dentro, la milza, il fegato avvelenati da pensieri andati a male, sale lungo l'intestino l'urlo proveniente dallo stomaco sempre in spasmi e tormenti, certo eri piÚ bella di profilo infilata nelle tue calze mentre andavi via... e la lingua ingiuriosa coi tuoi seni bianchi esposti e la mia annebbiata compagnia coperta da questa sabbia mentre realizzi che non ci si può fidare nemmeno della luce, del buio... una volta ancora dimmi resta, anche quando è sempre una bugia.
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Non saremo mai
- Ho freddo, coprimi... A cosa serve scrivere stupide parole arrampicate sulla tua schiena, a cosa alludi se non concludi mai un bel niente ed a nulla vale la nostra storia, sillabe vuote che scivolano come sapone da queste mani sporche... cosa pretendi in cambio, cosa concedi al premio e perchĂŠ non ti arrendi adesso, adesso che sei vincente. Cosa altro t'aspetti, ordina pure quello che vuoi al cameriere in questa sala vuota, bevi stasera davanti agli occhi miei giĂ ubriachi e fermi come un sole spento... cos'altro vuoi uccidere decidi se andare via o bruciarti qui... dimmi finchĂŠ vuoi ingoiare lacrime o restare, vuoi illuderti o distruggerti, dimmelo... Lascia stare prendo al volo la mia giacca, ombrello e chiavi vado via io resta pure dove sei, resta nei panni tuoi. Non saremo mai noi due noi.
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Anima borderline
- Porca miseria di una nottata stonata, dove di sangue in me non ce n'è più smettila, con questi singhiozzi e sorrisi... - è un dato oggettivo - e di acqua neanche, che è scappata tutta dagli occhi. A volte, a volte sì, un groppo allo stomaco - o alla gola - ancora non è chiaro. Fatto sta che sei lì indecisa se devi vomitare o piangere, proprio non lo riesci a capire! Tutto ti calza stretto - beninteso, non i vestiti. Fasciata stretta, strettissima vorresti sentirti libera come non sei, oltre la linea di confine
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Altra è la condizione
Perché non è questa la nostra condizione, non è la bellezza ancor più la luce la pace o la lentezza, un nome che muove della notte il suo abisso forse il desiderio che ci pervade o questo gelo, questo vuoto, neppure il volto del nostro ultimo amante... quello della porta accanto l’alito del vento coi suoi occhi azzurri, i capelli ricci, il dono, un gioco un bacio dato e poi smentito altra è la condizione che sottende alle nostre illusioni… sussurri al giorno d’incontrarti e mille volte non ritorni, sempre un addio ancora più crudele di un finale senza sipario nè attori, un senso... sapevamo ogni cosa, ogni torto e del nostro talento per spellarci l’anima come due cortecce a sangue, il tempo avrà il sopravvento e con ragione indurirà i nostri cuori perché altra è la condizione.
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Non discuto dell'inutile rumore della strada
Non discuto l'illusione dei capricci intrecciati agli spazi infiltrati fra le rughe di litanie interrotte dal traffico dei tram su rotaie arrugginite di vagoni di pensieri unti, non dissento dai disturbi mentali, nulla m'assale se poggiato a questo lampione passi e ripassi, attraversi ebete da un marciapiede all'altro, mi sorridi con smorfie e schivi la gente... ma non ritorni simile mai come il tempo, non passi mai come il vento dallo stesso solco e scrutarti da questo bavero sdrucito illumini lo spazio vuoto che lasci fra una parola e l'altra... intravedo solo due orbite nervose sputate in faccia al primo che passa! Non discuto degli aborti ignoranti, delle infuriate e delle notti trascorse a scopare senza farsi del male ed ora insegui farfalle di carta vetrata, mosaici d'ebano, ardite geometrie... ma di questa vita canaglia s'afferra sempre la parte affilata della lama che insanguina le dita, i polsi e ripeti ossessionatamente... - quest'estate portami al mare, portami al mare mio aguzzino per sentire l'odore dei pescatori quando tornano a riva e lasciami addormentare fra le tue braccia. Non ridere di me, non ridere mai nemmeno di te.
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Ti spengo
Mhhh... non posseggo un tagliere nemmeno una lama per fare a pezzi la milza e l'orecchio, non tratto i nemici, non scuso le spie, attraverso la strada in diagonale mi faccio del male e rubo le bici lungo i viali. Grrr... sopporto il dolore, al primo bisbiglio arretro sul muro, le piglio, le rendo mi dolgo e redento, assolvo i peccati, con questo lenzuolo avvolgo la faccia, la stringo, la strizzo e sudo la pelle, domani mi alzo, mi rado e poi scappo, non torno, mi lavo sotto la pioggia e strappo le ciglia a questa stagione, beffarda, stupida, insulsa, inutile scudo alle nostre illusioni. Shhh... a te che non parli, non tocchi, non scuoti la pancia, balbetti il mio nome e giuri di non essere un sogno, un dubbio, un'ombra scollata con gli occhi di vetro e la carne di fango...ti spengo, ebbene sĂŹ. Ti spengo, ti spingo, ti spando!
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Ho seri dubbi di essere in piedi
E' perché gli uomini s'infrangono contro muri in avanzato stato di decomposizione, è forse per questo mio sentire l'odore che tremo al buongiorno e mando a quel paese la notte, tramando di ora in ora la nostra quiete, quella del male e del bene, del mio bagaglio d'infelicità, è forse il tuo alito cattivo, la testa china, questo destino che abolisce i confini e restituisce solo posticcia bontà, la tua carne flaccida, i miei muscoli aridi, una smorfia di sobria stanchezza per invogliarmi a dirti rimani, a non stuzzicare lo stomaco vuoto, non dubitare del mio peccato, a non turbare la mia falsa serenità... amico riempi ancora il bicchiere non ho tempo e denaro per la tua insipida sensibilità.
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Cosa vuoi che ti dica
Perché gli uomini si perdono anche sulla poltrona della quinta fila di un teatro e non riescono ad uscirne fuori nemmeno dopo l’ultima scena aspettando un Godot mille volte invocato in agguato dietro le quinte... cosa vuoi che ti dica della vita indurita fra gli angoli dei palazzi, fuori le saracinesche abbassate o dietro le scale d’emergenza ad ogni siringa un pugno nello stomaco, ad ogni delusione un binario diverso ed uno stridio di freni a salvarti l’anima… cosa vuoi che dica ai tuoi amici delle luci di una ribalta fatta di stelle artificiali o scelte sbagliate come le volte che hai fatto a pugni per la ragazza di una sera o la scommessa per avere un bicchiere rinunciando a perdonare un torto subito… cosa vuoi che ti dica se non ricordi nemmeno il nome di tua madre e nessuno ti dona qualcosa che non sia laccato come le belle unghie affusolate di Lidia che non ha voluto lasciarti prima di partire, non ha guardato nessuno mai in faccia, nemmeno la morte quando ti ha sorriso di spalle.
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Sulle impronte digitali delle mie dita
Quando sarai neve ed io non piĂš avvinghiato ai tuoi impensabili fianchi larghi, a quel muso triste, al viso nĂŠ alla foschia che cela tutto, alla tua faccia stanca, credimi non riusciranno a farmi passare il fosso i tuoi occhi ansiosi, i sorrisi sordi, ad inchiodarmi qui stupida assenza, ah se avessi ali d'aquila quanti voli oltre i confini a levigare i brividi turgidi sulle cosce bianche mia selvatica nube tossica, creatura inerte, dubbio sottile ora porgi le tue labbra rosse al debole respiro insalubre, nottambulo e misero desiderio di questa notte chiara.
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Come un viandante
Come un viandante cieco trascino i piedi su questi marciapiedi dissestati, ho pochi amici che sappiano davvero il nome mio e tanti invece conoscono la mia anima e questi versi sparpagliati, graffiati contro muri che la prima pioggia cancellerà…domani fiore mio sentirò il tuo odore saprò guardarti negli occhi come fanno tutti e non avrò paura, non mi tremeranno le gambe… Dovrò stare attento a stringerti le mani nel chiedere come stai, perché sorridi e dove vuoi andare per ascoltare le nostre voci, m’incarterò almeno dieci volte prima di decidermi se salutarti con un bacio od un abbraccio e lì…mi sorprenderai.
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La passione non ha parole
La passione non ha parole entra senza bussare, non ha un senso né certezze, brucia non aspetta, arriva alla fermata e ti conduce in una locanda, la passione è nell’attesa consumata sulle scale di un palazzo è in un grancaffè gustato al bar negli sguardi persi nei suoi occhi, nel calore di un rosso bevuto lentamente è dentro un bacio sussurrato all’orecchio. La passione fa finalmente riparare quel rubinetto che perdeva da un’eternità, ti fa masticare il cibo e non solo deglutirlo, fa sentire gli odori, rifare il letto, la passione ti fa sentire bene da solo nonostante la tua fottuta malinconia. La passione è nell’addio senza fine, non ti placa ma tormenta, inebria volutamente, ha il segreto chiuso in una lettera, nelle mani, in questi versi tracciati su binari paralleli in gallerie senza uscita.
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Il dubbio
Il dubbio soggiace alla regola ferrea degli umori balzani, del disappunto all’inutile vita ai rimorsi e le attese di teneri amanti dagli sguardi sfuggenti, a due occhi per caso del primo che passa per strada, all’arrendevole scusa di una lettera mai inviata, di ciò che desideri e chiedere non osi, a quello che prendi fra le cose concesse, al disagio, al peccato per un frutto mai colto, mai dato, donato o rubato senza pudore all'alternanza tra il certo e l'imprevisto. Il dubbio attraversa campagne deserte, rallenta, s’apposta ma non risolve, tormenta, per questo riaffiora e galleggia nei tuoi pensieri trasforma presagi in reali fattezze ma non genera frutti, solo speranze e questo sostiene la tua perseveranza, altrimenti inutile spreco di tempo prezioso. Il dubbio risolve inconsapevole il dilemma quando in silenzio chiedendo di toccare la luna ti viene negata trovandola poi a tua insaputa posata nel letto in una notte imprevista.
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Sai cosa c’è di nuovo?
Sai qual è il rischio? è bastato un attimo per trovarci poi la polvere ha coperto tutto come sempre e nulla è restato di noi, i baci, i saluti, i sorrisi sulle labbra arancio. Sai qual è il dubbio? è stato il vento a spargere il polline ma i pugni sul tavolo con i bicchieri ruzzolati a terra, le bucce di limone nel focolare e cene a metà, saranno sempre lì. Sai qual è il problema? è marcia la mela sul davanzale, sa di silicio, l’olio è stantio nella bottiglia ed il vino è divenuto aceto, come l’iride dei tuoi occhi stanchi, vai pure a dormire, vai. Sai qual è la soluzione? la gloria, le gioie, rancori e dispiaceri son tutti uguali, prima o poi fan tutti male e li ritrovi chiusi a chiave dietro la porta, beffardi a ricordarti che non sei nessuno. Sai qual è il dispiacere? non ho saputo darti quello che volevi, un cielo, perché il mio torace è una gabbia infernale ed il cuore vorrebbe uscire, scappare lungo i binari per scoprire… se un treno in anticipo passando in orario... lo prendesse in pieno.
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Malsana felicità
Adesso che vivo ai muri radente sputando versi nei pochi momenti di lucidità, intravedo quegli occhi non chiedo perdono, anzi blasfemo riduco in poltiglie la mia dignità… e tu docile lingua mi vieni a cercare leccando felina le mie ferite. Adesso che sento provenire dall’alto in questo inferno rumorosi fragori, risate ignoranti e le panzane di un mondo, bugiardo e arrogante… arrendevole esegui il piacevole gioco di certosino servizio e dovuta perizia mentre il collo ti bacio e pulisco il giardino dalle impurità, dagli inganni e ipocrisie suggendo il gusto della libertà anniento felice una gioia malvagia così dolce sfuggente mentre felice aspergi la linfa delle nostre intimità, continua a profanarmi, non fermare un istante questa malsana felicità. Con lama affilata recido il bene dal male, il piacere dal dovere sanguinando sottile un rivolo acre di fiele e verità.
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Segnali sconosciuti
Alla donna accostata al bancone timida con le sua lista della spesa per una cena da apparecchiare persa tra gli sguardi anonimi. A te che in fretta raccogli i panni dal balcone e decidi se hai il tempo per lavarti, uscire o scrivere una poesia per uccidere la noia in maniera onorevole. Quando impaziente nella fila disumana senti sfiorarti da una mano sconosciuta e non ci fai nemmeno caso, persa nei pensieri cosÏ tenera mordi le labbra per dimenticare. A chi ha deciso d’ignorarsi una vita intera accanto all’altro che non l’ha troppo cercata, inutile pazzia di decisioni affrettate dettate da una vita assassina delle anime. A quegli sguardi allungati nella folla cercando occhi non andati a male consapevole quanto bene facciano segnali sconosciuti di due lacrime inaspettate.
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Lezioni d’equitazione
Probabilmente venosi quei grumi di sangue dal flusso insolente spingono fuori turgidi seni come grappoli di glicine avvinghiati al balcone. Domarti è difficile per i neri capelli afferrati come briglie, scalcinante nel mordere il labbro, fuori di senno, sapessi governarti come giumenta, taglierei questi lacci che frenano la corsa lungo il tragitto e stremata col muso nelle mie mani disseterei la fonte del tuo desiderio sfinita, indomita umile puledra al fante di turno per il selvatico piacere di rifugiarti ogni volta nel tuo stato brado piÚ imbizzarrita che mai in praterie ingiuriose.
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La condizione
Attiene alla sfera dei sentimenti la circostanza che gli occhi tuoi non abbiano il riscontro dei miei sospiri e quando tardi mi trattieni ancora un poco alla luce della luna novella Afrodite mai sazia mi sovviene dolce l’aroma della tua spuma cosÏ distante dal mio sentire e giammai potrei deludere ognuno dei tuoi baci, quelli a morso, languidi o a tradimento come questa passione che progredisce senza un nome, un indirizzo valido giocata a due, a tre se non a quattro per cui la condizione sottende il danno e non la beffa, il gioco con il rischio dell’azzardo del sacrificio col piacere degli annessi.
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Al mio carceriere
Devo incontrare il mio carceriere perchÊ ha svelato la mia prigione della condanna per tutta la vita di vendere agli altri le mie illusioni barattando un’ora di felicità in cambio di nuvole piene di sole, di arcobaleni camuffati sotto lenzuola a fare sipario a notti di fuoco in posti inventati. Devo espiare la colpa di essere stato troppo vicino al tuo cuore ferito cucendo le vene versate nel mare del tuo inverno spacciato per primavera quando hai mentito agli occhi sbagliati del tuo desiderio di farti guarire mentre la mano stringevi felice nella mia ora di aria di libertà .
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Dea bendata
Legherò le tue braccia dietro la schiena ed al confine del suo arco gentile soffierò il vento dei miei baci provocando nuvole di brividi, dea bendata donerai le tue labbra al desiderio acquietando sete e tormento mio.
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Delle parole l'inganno
E’ un mestiere difficile qualcuno deve pur farlo sporcarsi le mani, giocare col sangue rasentare lo scandalo, vendersi l’anima, cambiarsi la pelle è l’arte infelice di cucire le stelle in firmamenti lontani non comunicanti, è il cane che abbaia alla luna sedotta o abbandonata in mezzo alla strada, è la tua casa distrutta dal fuoco, dal vento sono io che brucio il veleno degli anni e lenisco il dolore… sono i tuoi baci che sento cadere e vuoi la mia mano che non puoi trattenere. Voli lontana come una rondine e questi pensieri imbrattati sui fianchi, lungo la schiena li vengo a cercare, è un mestiere difficile inventare parole per dire ai tuoi occhi non perderti ancora… come i poeti solo lo fanno.
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Il dono
Non voglio andarmene nÊ salvarmi da questo limbo, da questo mare mosso e inquieto, non voglio dirti il nascondiglio, il nido dove gli occhi tuoi depongo quando tardo, mento e nego, poi d'incanto mi trasformo apro lento le mie braccia e ti accolgo, mastico la pena di saperti cosÏ lontana, m'abbandono scopro accorto il tuo segreto e grido - vieni ancora solo il tempo del mio sogno, è la mano mia senza inganno ed accarezzo il mio amore cosÏ stremato, dolce e amaro, in piedi esulto al piacere di saperti ancora mia.
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Il dispiacere
Ci tormenta ma non risiede nell'abbandono in sÊ, nella solitudine è radicato nel fatto che qualcuno abbia preso il nostro posto nel cuore dell'altro e la dolcezza che c'era si trasformi in amarezza mentre un pezzo di noi muore dentro per entrambi e subentri il dispiacere.
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Come alba
Sei alba, dove i margini delle tue labbra si fanno vergini ed assumono il mio tramonto suggendomi come ape per inghiottire linfa ed aspergere anche il viso del mio flutto col tuo sorriso liquefatto, esprimendo turgidi seni una volta e poi ancora.
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Cosa mi piace di te
E’ questo il particolare, le tue radici ove inciampo le voci stupide nel cortile, il lamento, l’archetipo dei tuoi sogni infranti, l’acqua, il vino e le fragole rosse spalmate sulle labbra, i mirtilli inaciditi la cera calda colante lungo i fianchi goccia a goccia fra le gambe come distilleria sopraffina dei tuoi desideri. Appesa al muro come un quadro, legata, resa schiava, frustata a sangue, poi uno schiaffo preso all’improvviso e restituito, senza odio né rancore cedersi al primo scaricatore di porto, inventarsi un alibi di ferro e sostare immobile, impavida, a testa alta andarsene, lussureggiante al vento, nella notte coi dispiaceri, intorbidire le acque per altri mille anni ancora. Questo è il particolare che di te mi piace.
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Siamo incolpevoli
Mi manca il respiro che vuoi e quando chiami la sera aggiungo ancora un minuto a questa vita scaduta, allungo le mani sudate sui fianchi di seta e mi dici di farla finita - ti sento nel ventre, non essere idiota – siamo incolpevoli, ingrati e cattivi, siamo feriti, l’uno nell’altro decisi a soffrire mischiando le carte al destino, siamo incolpevoli di fare la spia al dolore, per essere fieri di un bacio rubato, siamo incolpevoli giusti e lascivi nel respiro dei sensi, arrendevoli ancora al sonno gentile alle dita fra le carni, siamo incantevoli, dannati e incolpevoli.
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Carnefice mia
Avresti potuto mentire, un giorno, una notte dagli occhi il sangue invertire la rotta poi la lama dolcemente dentro fino al cuore rovistarmi le viscere scrutando l’anima distruggendomi, eludendo l’alba strapparmi i lobi e la lama accarezzarmi la lingua sfiorarmi la gola muta come un filo spinato stringermi il collo ed inchiodarmi a te cara, non lo hai fatto sei stata dolce, tenera con me non hai sudato carnefice, non hai portato via la mia anima‌ solo la mia pelle.
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Tavoli da gioco
E se la vita fosse un tavolo da biliardo dove rotolano uomini sfere perse tra birilli, il destino la stecca dalla punta azzurra affinata dalla tua lingua, le buche il tuo corpo dove accogli il piacere, talvolta con dolore un'altra partita, una vita ancora?
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Il piacere
Quei leggeri spifferi di passione delle notti insonni avranno sempre la leggerezza delle nostre parole d'amore all'alba, nulla sembrerà tormento, il piacere poserà lieve le sue spine... ed è così che t'amo.
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Cinico...o ti amo così
Cinico solo perché ho lo sguardo fisso nei tuoi occhi e sembra dirti - ti amo, quanto sei bella e pirichì e piricò? ma valla a vendere a qualcun altro la tua mercanzia, la tua folle idea di vita condivisa, tutta casa e chiesa e mercato dove passi le giornate in cerca di qualcuno che ti palpi il sedere! Cinico io mentre ti scrivo, redigo il verbale dei tuoi sogni, dell'allarme che s'inserisce, dei soldi non versati a coprire le tue smancerie le tue voglie assurde di avere un patner solidale, fighetto ed estremista magari un maggiordomo da cui farsi leccare i piedi una luna nel cassetto, pronta per tutte le occasioni, una candela, la frusta ed una confezione di baci perugina. Cinico come l'appello del professore che interroga, ferisce e mi stordisce, reclama la sua libertà di dirmi cosa fare o non fare della mia pelle, della mia fottutissima pelle d'asino che non voglio vendere per confezionare nessun vestito, nessuna comunione d'intenti, nessuno abito che faccia di me il monaco che non sono, l'acqua santa e lo spirito santo, giuda e spergiuda. Ti amo per non amarti. Cinico. Te lo spiego un'altra volta. E non guardarmi così!
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Intero, a metà, a pezzi, vuoto a rendere
Sua madre è deceduta a ottantadue anni, alle diciotto ha la fila per l'osservazione somatica degli utenti all'ufficio postale (dove tra l'altro sono a scrivere questi versi) come al solito c'è chi non sa a quale sportello recarsi, qualcuno è impaziente, chi ha il pantalone a vita bassa col tanga a fare capolino, chi non capisce il display coi numeri fino a ottocentosettanta se nell'atrio siamo solo in cinquanta! chi ha lasciato il fuoco acceso a casa sotto la pentola, il marito ed il pupo a piangere, si guarda il culo alle signore con la faccia stanca, sorridente o in calma apparente... Dicevo, sua madre è deceduta a ottantadue anni, a quella età ormai si sentono dei vuoti a rendere, nessuno le cerca più, ma non è così...il vuoto si sente eccome... nel tempo ha avuto relazioni meravigliose, altre soddisfacenti, uniche... poi ha cullato sogni infranti sulle scogliere della realtà, sui muri delle ostilità e dei ripensamenti ed è rimasto solo. Ma in fondo siamo sempre soli. A volte le donne escono dalla tua vita ma tu non sparisci, dopotutto sempre sulla Terra rimani! più che altro in posti diversi, anche le stelle sempre le stesse, due figlie bellissime, la sera le sogna ancora piccole, le fascia, lenisce il dolore alle gengive col dentifricio, le culla e racconta favole inventate di sana pianta, tipo - zia margarina che spasima per sofficino findus che furbo fila le sorelle sottilette kraft e dal freezer sorbetto cameo si scioglie per salamino negronetto... la notte piangeva spesso adesso ha smesso, la bolletta dell'acqua era diventata davvero salata! Si rende conto di essere arrivato al suo turno, e pensa quale sia la differenza tra stare qui dentro o affacciati alla finestra di casa, 66
nulla solo che all'uscita ti chiedono del denaro e devi abbandonare questi occhi belli di fianco col numero ottocentosessantasei incantati chissà se al pensiero di tornare in famiglia o per la bolletta da pagare. Esce. E' grave dottore? anche la cognizione del tempo non ha più un riferimento non possiede calendari recenti, l'ultimo risale a quello che riproduce le torri gemelle, trash! settembre duemilauno, l'orologio a parete in cucina fermo alle quattro o se vuoi alle sedici a seconda dei punti di vista, non è un arrivista e naviga a vista almeno viene la rima... quando termina il turno su questa giostra, voglio scendere e non salirci mai più. Mi sa che devo cambiare regime alimentare, ho ancora il delirio per la febbre di ieri sera che curerò solo oggi con arance e mele, non avevo nemmeno un'aspirina... o devo uscire più spesso eh sì quest'aria piovosa che penetra le narici mi fa sentire proprio bene, però spero tanto che un giorno, altrove, alzando lo sguardo non veda più questo soffitto grigio, mi dà fastidio, vorrei che si vedessero le stelle, infatti ho deciso, altrove, vorrei proprio andare all'inferno.
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Come tende nel deserto Sono tende nel deserto le tue palpebre dove accogli questi bisbigli sussurrati alle linee delle tue labbra nude che riconoscono stelle mai viste sotto cieli ogni sera infiniti. Sempre in viaggio sono gli addii come le nebbie dell’infedeltà che rinverdiscono i desideri d’innamorarsi come se fossimo l’ultimo granello di sabbia distribuito a caso fra le rughe. Increduli artefici di ardite promesse quando le pulsioni spingevano i nostri corpi a cercarsi, troppo giovani e tenaci per unirsi in audaci promesse per l'eternità. Sogni vissuti in silenzio perché un segreto rimane tale se mai condiviso per questo non sappiamo del tempo ceduto ai nostri amori rimpianti, vissuti, taciuti o perduti sotto cieli sempre diversi.
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Non dirle mai quelle parole
...non ti devi preoccupare non devi penare oltre il limite di questo cielo ed il suo bagliore inutile, non desiderarmi, tanto meno ubriacarti degli occhi miei, non dire nemmeno una parola e quella pure lasciala affogare in gola... ti prego di non farlo mai... anche quando avrai paura di te stessa, non pronunciarle mai le parole dei nostri inganni, lascerò la porta di casa sempre aperta e non sposterò nulla, lo spazzolino dei denti sempre lì, ed il letto con le lenzuola sfatte avrà ancora il tuo profumo, ci vuole poco per annegare ancora negli occhi tuoi... ed in questa falanghina.
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Perdi un po’ per resistere
Non ha giocato una partita facile questo inverno la mia vita, nemmeno l'altro e la tua presenza non capirò mai da dove sia spuntata né cercherò di saperlo, intuisco solo il tuo respiro come folate di vento a rinfrescarmi l'anima dove mi piace perdermi immaginando che ci sia sempre stata e resisto, resisto, poi mi lascio trascinare via. Lettore incolpevole non pensare a me, sono stupidate da non prendere sul serio adesso alza lo sguardo per inseguire un'altra idea che vola via... è l'altra parte di noi... così perdi una lacrima anche tu come un rubinetto rotto, perdi sangue dall'orecchio, perdi il tempo qui con me, perdi sempre un treno giusto perché nella stazione sbagliata, lettrice non ti affaticare, prendi la valigia anche tu senza indumenti e parti via, perdi una partita e soffri un po', perdi il sonno e la fantasia, perdi il gioco della vita ma non perdere te non darla via la tua fottuta malinconia.
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Abbiamo sempre abitudini diverse Gli artifizi che la mente scova per sorreggere gl'inganni di questo umido cuore trasandato non convincono nessuno, tanto meno la tua palpebra socchiusa sull'uscio e quelle gambe scattanti coi piedi nudi sul pavimento. Ne ero arcisicuro che una bottiglia non sarebbe bastata! - come ti sembro? sono abbastanza sexy? - ma togliti quel lenzuolo da dosso, non sei marylin! Non reagisco al caffé nemmeno se ci strizzassi dentro il fiele che sgorga dalle tue pupille dilatate, ho un centimetro di pelle da radermi e mi taglio in continuazione non seguo le linee del mio pensiero dislessico mentre mi baci raccogli le calze e rubi dal bicchiere l'ultimo riflesso della notte. - dove vai perchè non resti, parliamo, forse si riesce a ricucire ogni cosa - non esiste luogo ove battere la testa migliore che fuori da questa stanza! E la testa mi duole, sono uscito con due scarpe diverse e non sorride nessuno, lo stomaco somiglia alla corteccia dei platani e le foglie che cadono mentre mio padre ripete - non cambiare - tutto cambia anche l'inferno è chiuso per me, per la mie carezze stanche, inutili... tradirti non è facile ogni minuto, cara mia dovrei baciarti e non lo faccio curarmi, non abbruttirmi più di quello che sono ed invece aspetto una telefonata che non voglio più ascoltare, sputo un rospo ad ogni semaforo, allungo il passo e le braccia verso due seni pallidi, ma non sono mai quelli che riscaldano, sono le mie patate lesse ridotte a poltiglia in questa pentola, non insistere rivestiti, sento questo muscolo rosso dentro al petto che batte quasi a scoppiare, usciamo, ho fretta devo prendermi questo inverno prima che passi... - dov'è la mia bambina? e questa coi capelli rossi, è tua figlia? un'artista, certo studierà al liceo artistico. Strano che rabbia, non riesco mai a chiedere il tuo nome eppure hai un sorriso che mi mangia, sei bella, sei bellissima, ma non ti sento e non ti vedo. Abbiamo sempre abitudini diverse. 72
Lei
Vorrei che divenissi mia poesia affinchĂŠ non ne avessi piĂš da scrivere.
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Buona notte Ligeia
Hai le scarpe rotte ed il cuore lacero, tormenti le unghie come fossero croste di pane ti vesti e spogli in continuazione bevi e fumi le tue illusioni, non dormi assomigli a questa rosa piena di spine, smettila di bere non riuscirai a sputare tutto il veleno da questa finestra, non ti ascolta nessuno non hai un valido motivo per prenderti questo male d'inferno. Sputa pure il veleno, brucia le tappe, le scarpe non servono Ligeia occorre il culo, una dannata fortuna imbroccare il portone giusto, il folle di turno che beva i tuoi occhi i tuoi pallidi giochi, i tuoi sensi di colpa non hai cognizione di quanta gente vi sia disposta a prendersi gioco di te, del tuo sorriso, dei tuoi seni sporgenti, di considerarti una preda alla prima carezza Ligeia, è tardi rannicchia i tuoi piedi sul marciapiede di stazione termini, stendi il cartone non sognare un peccato ti scongiuro. Buona notte Ligeia.
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Sui baci rubati
Poiché il piacere risiede nell'istmo più recondito del dolore ove i nervi avvolti nel largo maglione irrigiditi dall'inverno si sciolgono alle mie mani attraverso lacrime di sollievo, lì lanterna mia accendi fioca luce ed ombre espandi, catodiche scintille emetti, spingi i tuoi baci annuso, ingoio il tuo umore, perché so ti annoierebbe essere baciata da chi non ti piace, assaporata a lungo ti arrendi, con lentezza preferisci siano baci rubati, mordicchiati, afferrati ad una bocca sfuggente prima di essere presa dimentichi il mio nome ed il tuo dolore crudele nel piacere affoghi.
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Buon appetito!
E’ nel taglio in diagonale che le narici assaporano l’odore dei pomodori verdi sprigionato dai semi racchiusi nella polpa succosa, mentre l’aglio raggiunge sottile l’olfatto sprigionando quel sapore di orto, la cicoria cresta sbollenta nell’acqua pronta a farsi inghiottire dalle sue labbra. Due uova sode sgusciano fuori rotolando nell’extravergine, nulla è più languido di due sedani colmi di maionese affiancati da turgidi finocchi intinti nel pinzimonio e tu che sorseggi un bianco vino d’annata. A bocca piena, ripeti: – ho bisogno di sesso come ho bisogno di cibo! – e succhiando un’oliva, muore fra i denti l’ultimo bocconcino di mozzarella di bufala. Buon appetito!
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Rottamazione
C'è un difetto al motore non sopportiamo il traffico, fuori controllo lo sterzo, il livello dell'acqua sempre al minimo, la pressione alle stelle, candele spuntate, quanta polvere sopra il cruscotto, fari spenti la notte e vetri appannati come questi versi non fanno vedere sulla strada bagnata i pedoni di lato. Freno a mano in disuso due portiere bloccate non riesci ad uscire da questo abitacolo infame, verbali e infrazioni per il ritiro dalla circolazione del ferro vecchio domani in rottamazione si deposita gratis la carrozzeria, senza pagare piÚ il dazio a questa vita puttana. Siamo in buona compagnia fra mercedes e cinquecento, batterie alcaline, radiatori e gomme forate, il nostro amore distrutto giace in una pozzanghera d'olio, odora di benzina e non chiede manutenzione. Dannazione forse saremo riciclati.
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Sul tuo dolore
Devo trovare il modo di torturarmi l'anima senza sanguinare così il tuo caffèllate sarà dolce e cremoso al mattino e quelle stupide domande non saranno date in pasto alle mie luride meningi. Devo collocare le lancette del mio tempo fra la lingua ed il tuo nome, fra le cosce ed il mio rimorso affinché il limite del dolore trapassi il volto tuo di cera e questa tavola imbandita da un'eternità... perché il dolore non ha colore né odore non puoi vederlo, brancoli nel buio per cui vado a farmi una doccia. Chiudi il gas quando dormi e non riprovarci, non ne vale la pena altri verranno, altri passeranno sul tuo esile stomaco ma non capiranno. Mai.
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Il contratto
Immobile, una sola possibilitĂ , ad ogni errore un sonoro ceffone senza un indizio, solo la sagoma disegnata dall'ombra sul muro, la tensione alle stelle, due sberle ancora sul fondoschiena livido, il terrore, la tensione di volerlo fissare sull'iride screziato di sguincio, poi l'urlo, l'accenno al pianto crudele con le lacrime strozzate in gola, legata coi polsi alla ringhiera. Il piacere s'insinua lieve, poi stremata il respiro di sollievo, finalmente gli sguardi s'incrociano nel bacio sigillando il contratto infedele, malsano, chinandosi si arrende e subendone il fascino consapevole sazia si concede. Alfa non poteva essere beta. Lei non poteva non sapere.
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Sigilli dell’anima
Un manto di spine avvolge il suo corpo ognuna sostiene l’anima salva in devozione al suo signore e non teme l’alba né la notte espia latente il suo dolore.
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Se un pomeriggio d’agosto una donna…
Non per sapere i fatti tuoi, ma quando fai l’amore, i piedi, dove li metti? E quando avvinghi quel braccio come una piovra e intrufoli, chiedi a me di spingere, sollevare raddrizzare ed infilare, ma dove diavolo devo spingere? se non ci sei? Ammesso pure che ci fossi… ma quando dici che lui sta arrivando e forse ci guarda! diamine, dillo che dovevamo farlo in tre! Non è finita: il gatto! tienilo chiuso in cucina miagola pure lui ma allora ammettilo, sei insaziabile! ma al gatto no! Per favore, una volta per tutte, togli questi piedi da lì non è cosa, davvero così, non ci riesco.
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Ci vuole poco per sopravvivere
Come un’ameba racchiuso nell’involucro di questo corpo assorbo dalla mia linfa le capacità necessarie alla sopravvivenza noleggiando ad anime libere la mia possibilità di espandermi come questi polmoni, le rime e le pareti spoglie della casa, a volte la voce, un sorriso o le nostre lettere appassionate e così a dismisura percorro strade che sembrano oceani, degusto un gelato che diviene nuvola anche se a piangere sono sempre gli occhi miei se ascolto una voce provenire da lontano e riaffiorare nel cervello poi a sua volta si espande quasi esplode e tu mi osservi, allarghi le braccia quanto il perimetro della Terra con quegli occhi che sembrano la volta del Cielo… ti prego non perdermi, non lasciare mai queste mani anche se stringono il vuoto, il silenzio immenso come il salto d’acrobata dell’ultimo ameba che rotola, scivola nel profondo degli abissi turbinosi fra le mensole degli scaffali della mia libreria.
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Arrendevoli scuse
Affinché effluvi d’oli essenziali d’imperitura passione fluiscano fin negli anfratti silenziosi della tua pelle, nel cuneo fra l’inguine e l’ansa immaginaria, rendendo vana ogni difesa all’oltraggio della carne, arrendevole sarà l’urlo al piacere indocile, unico, stemperato dal respiro affranto sospeso fra i polmoni e la gola, è lì mia tenera creatura che poserò il bacio crudele tra la linea rossa ed il sipario aperto in sublime spasmo di soddisfatta voglia.
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Un fado immaginario
Non essere rutilante preda insospettabile, anatema irreprensibile, adesso trema per un istante abbassa pure la tua guardia non abbracciarmi per un motivo sugella il bacio del peccato in questo fado avvelenato, adoro i fianchi tuoi graffiati e la pelle increspata, ruvida come buccia d'arancia, bianca come uova sode adesso porgi la tua chioma, inarca bene schiena e l'inguine, addolcisci gli occhi al gioco ed urla al vento il piacere di soggiacere ad insane voglie, regredisci nel cervello il calore delle mie mani, sbuccia il frutto del tuo seno, apri il velo del mistero ed appanna la ragione brulicando sul tappeto a questo dono inconsueto.
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Filo di ferro per gli amici
Conoscete una ragazza con la pelle di lamiera Filo di ferro per gli amici una vita come una cerniera aperta braccia esili e bucate, bisturi per unghie e capelli a spago lunghi, lunghi come i fremiti del gelo, occhi verdi come le colline della sua terra e torbide strade a solcarle il viso aprono porte ad uomini indifferenti come impavida la sua vita è. Questo ricordo dei suoi giorni per strada altro non so e non vorrei dirvi mai accartocciata nei suoi pensieri come un cartellone pubblicitario al neon cambiava faccia ogni sera ore sbronze passate in compagnia di amici dalla pelle di montone, nessun latte avrebbe potuto aiutarla eppure Filo di ferro a suo modo sapeva amare come la luna tormenta il mare con le maree. Poi tutto è finito perchÊ Orecchi di cane le ha strappato il sorriso, sarà che non bussa mai in anticipo la morte ti lacera la pelle come solo i suoi morsi sanno fare, Filo di ferro non avrebbe voluto andarsene mai come una bambina ha ceduto di nuovo al primo bastardo che le ha teso un inganno e dire che non sapeva neppure baciare... suo padre l’ha raccolta per strada fra i cartoni impregnati del suo muto dolore.
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Ho una certa impellenza
Devo prendere a calci il mio direttore, zittire la segretaria studiare il programma per invecchiare senza sudare, maledire il dottore che mi prescrive psicofarmaci per non farmi soffrire e la mia donna che non vuole saperne di cambiarsi il colore dei suoi capelli, le modifiche al seno ed agli occhi sÏ belli, ma troppo piangenti. Devo prendere a calci il mio dottore, vuole che scopi almeno una volta al mese senza ritegno per il mio mal di schiena ed ho il frigorifero in decadenza come il cervello sempre in riserva, la porta di casa spalancata con questi spifferi di aria fredda che tagliano i nervi‌ devo cambiare mestiere, devo ubriacare il mio umore. Devo prendere per il collo la mia segretaria, il dottore ed il mio direttore, saldare il conto arrivare contento alle luci dell’alba davanti al portone e donarle un’orchidea nel suo splendore per scucire al destino il mio benservito, le mani che ti hanno sfiorato mentre inseguivi la luna ed il giorno dopo sei partita.
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Il codice dei nostri inganni
Devi sapere di me il necessario, un transito il minimo spasmo, un timido approccio le carte raccolte per terra, il palo trafitto in gola, nel ventre, nell’anima, la porta socchiusa, il dono, la smorfia caduta dal letto la luce negli occhi, il gioco delle parti adesso respira, trasuda paura, piacere e chinati al verbo, al mio ordine perentorio dimentica, contorci le labbra e sanguina ripeti – lo voglio, lo ammetto è sublime – . Vestititi ancora di panna, di miele, di bora gentile, soffia dall’ultimo piano quest’urlo sparami il dubbio che non siamo perfetti angeli o diavoli, schiavi o padroni domani, raccogli il dolore al mercato sputtanalo al primo che passa, decripta il codice dell’umile gioco quando la voglia fu soddisfatta e pose il sigillo al nostro piacere.
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Non ora, sono già casa!
Due le bottiglie sul tavolo, quella dell’acqua e quella del vino, la mia faccia stanca due scatole di tonno e piselli, gli occhi intrisi di malinconia, il sale dappertutto, una foresta di cose da gettare, l’olio e la tua nostalgia da salvare, il silenzio, la televisione che parla a vuoto ed i tagli sulle mie labbra, nel piatto la tua pelle “se ti tagliassero a pezzetti” di De Andrè che sfilaccia l’atmosfera. Un messaggio al telefono, provo a chiamarti. - Non ora, sono già a casa! – Al diavolo questo frigorifero sempre vuoto e l’orlo dei pantaloni scuciti, affacciato alla finestra le luci assomigliano ai tuoi occhi ma non sei a farmi da cuscino stanotte, mia scogliera andata a male sbatto la porta, esco per dimenticarti con questo strappo che mi mangia l’anima, meglio tenerti lontana per non farti soffrire.
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Una mano, il bicchiere, il tuo desiderio
Eh sì, appena sporgo il muso fuori dalla porta un cuore spaccato a metà viene a denudarsi gli occhi nei miei, a specchiarsi, stuzzicarmi il fianco e con l’anca strofinarmi l’anima allunga una mano tra gli scaffali dell’Ikea pronto a servirsi della mia vena poetica artefatta, grondante sangue o lacrime pronte all’uso servite sul quel fondo perfetto o riversata fra le cosce in febbrili giochi d’inutili presagi, di abbandoni e dinieghi, traslochi, buchi neri o soffitti rovistati, bicchieri rovesciati o panni stesi alla finestra. Eh sì, appena porgo le mie parti nascoste al cielo un sorriso vale il mio passaggio obbligato fra i tuoi seni scoperti e la voglia insoddisfatta di un bacio che sorregga il tuo desiderio intatto.
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Il caso della ragazza senza nome
- Prenda il taccuino, una penna si sieda e scriva. Ha qualcosa in contrario da ridire? - No, ma…- Ed allora niente “ma”, ascolti e scriva. - Nella camera la luce tenue del mattino filtra tra le pieghe della persiana, la ragazza appena sveglia, china al bordo del letto si stiracchia facendo scivolare il lenzuolo sulla schiena nuda, lentamente infila le calze strofinando le mani per tenderle fino alle cosce, prima la destra poi l’altra, lentamente raccoglie le mutandine dal pavimento e sollevando il bacino le indossa smollettando l’elastico sui fianchi con una smorfia di dolore, poi sorride, morde le labbra, scuote i capelli e allaccia il reggiseno con attenzione calibrando il gancio orientandosi con la lingua, in piedi tira su i pantaloni di flanella neri, la camicetta rosa stropicciata sulle spalle si avvicina alla finestra, sbadiglia, allunga le braccia, inarca la schiena stringendo i glutei con un saltello in punta di piedi s’affaccia e scivola leggera, giù dal davanzale non vuole immaginare una rima con amore troppo, tanto invecchiato al sole e non ricorda più nemmeno il suo nome. - Abbiamo terminato, posso andare? - Certo, la ragazza ha ripreso a sognare, strappi tutto ed andiamo via, questa storia non doveva mai cominciare. -
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Prendimi ancora
E prendilo ancora questo soffio gentile vento di tramontana alle spalle, lascia che penetrino le unghie nella carne e dallo sguardo trapeli sottile dispiacere, dolore infernale nelle vene il sangue. E accettalo ancora quale dono in sacrificio perfetto suggello, adesso che arrivo grazie davvero senza motivo perdonami pure se lacrime salate agli occhi raccolgo e bacio le labbra stringendoti i polsi mentre t’abbandoni. Il tempo non passa, non è un serbatoio come quando l’aria manca non è assenza di respiro è l’anima che sussurra prendimi ancora ed arrendevole ricadi ponendo le mani in trepida attesa.
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Tempeste dell’anima
E non tacere rubami l’anima, tradiscimi pure col primo che capita per godere un perdono tira su l’ancora si va in alto mare a vele spiegate bendami pure navighiamo a vista, chi prima si perde manda un segnale e conquista la meta penetrando la carne per poi naufragare e ritrovarsi nel fondo negli occhi dell’altro vincente o legato nel piacere negato in un amplesso diverso, corpi stracciati da una vita infernale, ricompensa dovuta come schiava al padrone.
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Sei stata brava
Se sapessi perché scrivo mi asterrei dal farlo come un pittore non macchierebbe tela per impressionare occhi aperti, non sorvoleremmo mari e pianeti per cercarci invano, se fosse così vicina la felicità non vorremmo quella che non abbiamo. Vite come ragnatele appese ad un filo oppure gettate in fondo al viale, senza motivo non avresti cercato me per compiacere quella notte passeggera, la tua voce non è simile al grido del mattino perché non sei qui presente ma ti sento e non mi sorprendo se nella mano stringo quella di una donna persa nella nebbia. Ammetto, di tutto questo sono colpevole, non avranno prove del nostro amore il tuo silenzio dirà il vero al cielo sei stata brava a cercarmi, sublime complice.
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Cedesi attivitĂ
Chiudi la porta dell’ufficio abbandona il disbrigo delle pratiche sullo scaffale nell'archivio in fondo al viale e saluta il direttore illuso del destino non timbrare il cartellino della vita non un segno nÊ un allegato per dileguarti senza tracce e firma pure una cambiale in bianco al collega invadente, fotocopia la tua pelle fronte retro per ricordo, manda in ferie i tuoi conflitti e cestina i pensieri anzi usa il tritacarte, chiudi tutto per rinnovo dei locali, non pensarci su due volte, scrivi pure - cedesi attività . -
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Sulle mancanze
Dimmi almeno solo quando, quando sia successo dove sia mancata la parola giusta, venuta meno la risposta adatta, queste assenze cosĂŹ dilatate apparecchiate come si conviene ma con tanti posti vuoti se il via vai sia stato solo un caso e la pioggia un presagio, una scusa per riparare le parole rotte quelle non dette, quelle abiurate.
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Con le mani sulla bocca
Dove avrai fermato gli occhi c’era il vento bianco quando nessuno ci ha avvisati dopo il tonfo solo intonachi le mie mani sulla bocca con nessuno che sia riuscito a fermare il cuore a mille a quello ci ha pensato il vento nero scopro che non ho fatto in tempo mentre tutto tace, tutto urla dentro me.
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Risvegli e dintorni
E’ di mattina presto quando con le spalle poggiato al palo nascosto nel mio bavero attendo il bus per recarmi al lavoro che assaporo i volti dei mille risvegli assonnati, al telefono, le occhiate sconosciute oltre il finestrino, tristi o sorridenti, mentre formose donne delle pulizie s’infilano nei portoni e sciorinano scale esaltando deliziosi fondoschiena inebrianti al pari del migliore dei caffè. Garzoni del bar pronti a servirti cappuccino e brioche mentre solerti commesse sollevano serrande troppo arrugginite per cui lo sforzo anche qui offre agli avventori le loro grazie facendo fare capolino a spigliati tanga merlettati, un aitante camionista fa l’occhiolino del buongiorno al nonno col nipote sulle strisce pedonali. Abbiamo sempre un motivo da fischiettare, un messaggio da inoltrare a qualcuno troppo distante, abbiamo giornate di sole nelle quali affacciarci, pomeriggi un po’ sbiaditi che c’accompagnano a casa e ci fanno riflettere se abbiamo speso bene il nostro tempo o disatteso i doveri.
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Questo uomo è Uomo, essere incompiuto che s’accartoccia ogni sera su se stesso, allude sempre ad inutili pretese, sonnambulo del niente dell’impreciso, addomesticato per sopravvivere e gioire al primo sorriso sia esso d’inganno o d’attenzione. Artefice d’insolente sopportazione e cattiveria infinita anche se per sempre dovesse battere la testa contro un muro ottusa ed errata sarà la sua risposta perché avido e condannato in contumacia ad elemosinare uno straccio di felicità. Uomo, come mare schiumato contro scogli insormontabili eppure testardo a voler oltrepassare sempre un altro confine salvo poi non dormirci notti intere e piangere per una primavera troppo tiepida ma unica soddisfazione. Seduto al tavolo d’un bar col suo martini, occhi lucidi ed imbambolati ad ogni passante, attento osservatore d’ogni foglia e crudele assassino dei suoi sentimenti, affabile per un debole sorriso dal suo labbro preso a morsi tra mille addii ed un solo ciao. 103
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Foglie di gelso
- Cara amica, credi che esista l’amore? - Credo che esista il viaggio per cui due persone, indipendentemente dal sesso, dall'età decidano di volerne percorrere un tratto insieme condividendone totalmente la profondità, quando questo accade per me è amore. – - Per questo quando la tua amica finalmente è scivolata fra le lenzuola profumate del tuo letto hai sentito il fremito delle sue esili gambe, la pelle di pesca sollevarsi in ogni punto e non potendo trattenerti dal baciarle le labbra, l’hai fatto, assaporando la prima volta il fiume tumultuoso della sua saliva che esondava gli argini. I due corpi si sono fusi e scambiati segnali marcando un territorio prima sconosciuto come novella Erinna hai solcato i suoi fianchi trattenendo indomita un respiro troppo corto, un abbandono così repentino fra le sue braccia e bacio su bacio, come foglie di gelso ad un baco si son schiuse le labbra l’una all’altra in una tempesta di brividi senza confini.-
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Piacevoli ferite
Atteso procuri un sottile piacere tornare sempre sul luogo del crimine, guardando negli occhi una primavera attraverso i petali di innocenti margherite, si subisce l’ingiuria di sguardi beffardi mentre attraversi viali affollati spiando un sorriso sulle labbra di un’altra procurandoti il gusto di averne ucciso uno solo avant’ieri dileguandosi dietro la siepe. E’ questo che ci soddisfa, ci rende incoscienti ricordando un passato mentre infedeli due lacrime solcano il viso, avremo solo il tempo di nascondere le lame fra le nostre tenere carni perché un ricordo felice vale più del dolore di averlo vissuto.
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Driadi d’inverno
La pianta che coltivo ha radici nell’acqua attorcigliate alle mie vene nelle sere d’inverno straziante il suo gemito mi raggiunge non sento altro che quello, mi raggela. Prigioniera allunga le sue braccia al cielo per un’ora di sollievo, un soffio di passione illusione di libertà al primo alito di vento si spezzano i suoi rami che cingono i miei fianchi. Ingrato il destino non la lascia andare dove il cuore anela, la lingua duole, il sogno vola la pianta che coltivo ha radici nell’acqua attorcigliate alle mie vene nelle sere d’inverno.
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Il mio amore non è
Il mio amore non è unico si esibisce sopra i tavoli di un bar e racconta alle amiche che un giorno sarà una stella, balla, canta, accende luci nella notte quando ride più di tutte sa donare i segreti della luna, le dolcezze della vita e nessuno riconosce in quegli occhi grandi …il mio amore che non è unico… Non è un gioco facile negare l’anima al suo cuore e la sera scrive ancora - non baciarmi sulla bocca, non toccarmi un’altra volta poi nel sonno s’abbandona nonostante il mio amore non sia unico ha i capelli sempre sciolti nel fondo del bicchiere la saluto e si commuove come non ha fatto mai.
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La maestria del vento
Deve essere lotta davvero impari quella che contrappone le aquile al vento eppure i sogni nel vuoto fanno violare ogni cosa oltre i confini nulla lasciando del bene e del male. Questo mare che logora i fianchi sconvolge di schiuma ogni teorema e l’alba si svela talvolta come ombra ha cicatrici sul viso e non sa più dormire un sonno tranquillo. Persi cerchiamo labili inganni in occhi discreti mentendo a chi cerca una voce in cambio di quiete graffiata sui muri per vivere una vita senza un motivo senza una traccia di verità. Questo ci scuote e sottile richiama suoni che non vorremmo mai ascoltare eppure il vento ne carpisce il segreto disperdendo il tracciato dei nostri sbagli per l’ennesimo effimero bacio al nostro assassino.
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Contromano
T'ho vista entrare in galleria a folle velocità, il tergivetro non riusciva a drenare scrosci di lacrime che scendevano copiose, una sigaretta dietro l’altra, una sterzata al cuore e poi quel dosso nello stomaco, l’acceleratore dava gas ai pensieri a cento all’ora, ad occhi spenti ti guidava il rombo del motore che ronzava cupo nelle orecchie. Inchiodata al volante della tua vita impazzita contromano fregavi il mondo ed i cartelli ai bordi del cervello segnalavano pericolo costante, com’erano belli i tuoi capelli al vento, i fari accesi verso il cielo e diamine, volavi davvero, volavi come una stella perché l’asfalto non faceva più attrito, l’uscita della galleria era in vista e la luce finalmente illuminava il tuo volto. Una frenata brusca evitava per un soffio di caderci dentro, nel baratro dei tuoi anni. Contromano, almeno per una volta.
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Invito a cena
Qual è la linfa che fa radere gli uomini, rende unica la bellezza del taglio dei suoi occhi, fa rinunciare a se stessi rimuove gli ostacoli, assaporare la lentezza dei suoi fianchi quando vanno e non sai se un’altra primavera ti sorprenderà, indaffarato nei tuoi sogni, annebbiato dai ricordi, quale linfa berrai a cena questa sera e cosa verserai nel bicchiere sperando che lei un’altra volta appaia, se averla desiderata fosse stato un bene perché il piacere diviene tormento affogato in questa tazza di cioccolata calda.
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Infiniti attimi
Pelle di seta deponi leggera su lenzuola bianche in supina attesa, silente, accolgono a denti stretti schiuse labbra frementi solo onde di nuvole bianche, attendi, cheta trattieni tormenta, spuma d’argento riversi.
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Ti seguo sempre
Non l’ho mai pensato che fossi fredda, e l’iride da lontano non riconoscessi più, fermo rifletto sui miei sbagli e non trovo scuse, m’incammino a testa bassa in equilibrio sui bordi dei marciapiedi ed attraverso un’altra vita ma non ti perdo, ti vedo sempre con la coda degli occhi come fanno i falchi.
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Ladri di lune
Rubo lune alle stazioni lungo binari morti e valigie colme di rancori affastellate contro il muro, volgo sguardi truci al controllore, adesco mosche ai lampioni e bevo a fontane d’acqua putrida, lì impavido dove s’è persa l’ora piantato come un totem il mio ricordo sta. Seguo lancette che non girano delineo tratti di ombre vaghe, oblunghe, chino il capo al tuo saluto, stringo i denti per non mangiare e le ginocchia al mento premo, adesso scendi alla fermata, oblitera pure la tua corsa, ti seguo, arranco, angeli s’involano dal finestrino il mio pensiero intonso sta.
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Questa stagione portami via così
Hai solo un segnale per capire quando sollevare gli occhi verso i miei mentre segni il contorno del tuo reggicalze nero. Spunti di una vita intensa, segnata da dentifrici a metà, labbra ferite allo specchio, ma sì scopare per dimenticare, usare il corpo come un tempio profanato in devota attesa di chissà quali ordini superiori, deviando sempre dalla ragione di chi ci abbia piantati qui di fronte al mare o su cime innevate comunque soli e deserti, dispersi come costellazioni vacue e deformi, poiché un dio sarebbe stato troppo intelligente per riuscire a farci così complicati. Questa stagione portami a spasso fra i tuoi capelli, portami in giro fra i seni, lungo i sentieri dei tuoi fianchi di rovi, regala un sorriso ai pensieri, sconfiggi la noia chiudendo la diga delle tue sopracciglia. Al mercato dei desideri cercherò la catena più adatta al tuo sentire senza interrompere la scia che unisce anima e corpo e poserò sicuro le mani sul tuo capo per riconciliarti... scomparendo dietro la prima luna piena.
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A sazietà
Pane quotidiano credimi, mordimi pure come piatto di sugo intriso, nettami, deborda e con un sol boccone ingoiami purchè sorrida, mia ninfa, sorrida a sazietà. Cervella e stomaco legami, insaccali pure stringili al collo lacci sicuri e duraturi lasciami nell’iride degli occhi tuoi annegare purchè sorrida, mia ninfa, sorrida a sazietà.
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Rugiada cedi
Giusta ricompensa sarĂ del seno in dono compresse le coppe da mani in fredda morsa, non l'abbandono fiacco degli arti aperti a croce ma stille di rugiada che tra fili di seta cedi.
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Perché non oso dirtelo mai
Non c’è dato di sapere la durata del nostro volo, tanto meno le sue coordinate, occhi e labbra su cui planeremo, mai impareremo a governare i desideri imperfetti artefici di attese, sogni difficili da onorare per due sguardi sconosciuti. Non c’è dubbio che sapremo mai dove il nostro seme fiorirà e nascerà un’altra volta, nessuno ci restituirà l’amore dato, quello ricevuto ed i suoi percorsi illudendoci che fosse eterno mentre dall’altra parte qualcuno ci cercava a nostra insaputa.
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Abbiamo sempre abitudini diverse
Gli artifizi che la mente scova per sorreggere gl’inganni di questo umido cuore trasandato non convincono nessuno, tanto meno la tua palpebra socchiusa sull’uscio e quelle gambette zampettanti coi piedi nudi sul pavimento. Ne ero arcisicuro che una bottiglia non sarebbe bastata! - come ti sembro? sono abbastanza sexy? – - ma togliti quel lenzuolo da dosso, non sei marylin! – Non reagisco al caffé nemmeno se ci strizzassi dentro il fiele che sgorga dalle tue pupille dilatate, ho un centimetro di pelle da radermi e mi taglio in continuazione non seguo le linee del mio pensiero dislessico mentre mi baci raccogli le calze e rubi dal bicchiere l’ultimo riflesso della notte. - dove vai perchè non resti, parliamo, forse si riesce a ricucire ogni cosa - non esiste luogo ove battere la testa migliore che fuori da questa stanza! – E la testa mi duole, sono uscito con due scarpe diverse e non sorride nessuno, lo stomaco somiglia alla corteccia dei platani e le foglie che cadono mentre mio padre ripete – non cambiare – tutto cambia anche l’inferno è chiuso per me, per le mie carezze stanche, inutili… tradirti non è facile ogni minuto, cara mia dovrei baciarti e non lo faccio curarmi, non abbruttirmi più di quello che sono ed invece aspetto una telefonata che non voglio più ascoltare, sputo un rospo ad ogni semaforo, allungo il passo e le braccia verso due seni pallidi, ma non sono mai quelli che riscaldano, sono le mie patate lesse ridotte a poltiglia in questa pentola, non insistere rivestiti, sento questo muscolo rosso nel petto che batte quasi a scoppiare, usciamo, ho fretta devo prendermi questo inverno prima che passi... - dov’è la mia bambina? e questa coi capelli rossi, è tua figlia? un’artista, certo studierà al liceo artistico. – Strano che rabbia, non riesco mai a chiedere il tuo nome eppure hai un sorriso che mi mangia, sei bella, sei bellissima, ma non ti sento e non ti vedo. Abbiamo sempre abitudini diverse.
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Vendemmia d’autore
Se il distillato delle mie parole senza soluzione di continuitĂ , donasse, fermentando tra lo stomaco ed il cuore come mosto d'uva selvatica necessario ad ubriacarmi per rendere come hai saputo fare un pergolato d'amore e sensualitĂ , voluttĂ sopraffina d'una alchimia soave quanto estremamente eccitante, un fruttato di mela e pesca degustando in pieno la tua zona esposta in devoto dono alla mia vendemmia produrrebbe la migliore ambrosia e di gioia e dolore inonderebbe l'alcova irriguardoso effluvio di rinomata spuma.
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Un sogno
Raffinata come una dama solletichi le mie fossette, arrossisci alle parole quasi fossi una bambina le tue forme di pane fumante danno un tocco d'armonia a quei seni di ceramica, al fondoschiena piÚ invitante di una luna a primavera, non nascondi il sorriso nÊ le ciglia fibrillanti quando rotoli per terra dal comodino del mio letto in un risveglio un po’ cruento per un sonno insoddisfatto mi nascondo sotto le lenzuola per non guardare il sogno infranto.
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Adesso che i tuoi baci
Dovevamo vederci una volta sola il miele nel barattolo sarebbe stato sufficiente ad addolcire i nostri malanni, i tuoi affanni, era pronto il mio abbraccio quanta tenerezza alla stazione quegli occhi appena segnati, dovevamo scambiarci solo la pelle i dubbi non so come si siano dissolti quando t’ho preso la mano per strada non un sospetto, nulla, imboccando sorniona quelle fragole fra le mie labbra ed io ancora fermo alla notte di prima pensavo già che saresti andata via perché davvero poi sei partita… accarezzo nell'aria quei seni donati quanta acqua buona abbiamo bevuto la sera con le mani avvinto ai tuoi fianchi non si può cercare altro, nulla ci aspetteremo abbiamo vissuto il nostro sogno… …adesso che i tuoi baci raffinano l’aria.
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Il sarto
Misurato il vestito sul corpo di luna dona forme rotonde a glutei perfetti, non da meno il pube per sé reclama visibilità d’autore che l’ago col filo lesto confeziona, due coppe di seni strizzano gli occhi spingendo la seta della camicia, un tocco di classe del sarto alla dama per uno strappo nel retro da occhi indiscreti, un taglia e cuci senza pudore, qualche sospiro col ferro da stiro, la voglia ancora di un’altra misura inondano di bianco suggellando il servizio con arte e mestiere.
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Come sei
Sei cosÏ, come un vulcano attivo, mai sopito, tracimante lava e poi fumarola evanescente, pietra dura che si frantuma in polvere sottile, fiamma e lapilli... avventurarsi pei sentieri dei tuoi dorsali è pericoloso, quanto inebriante, vi troverei la fine quanto l’estasi, la quiete o l'eruzione.
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Mai lo capirò
Non era previsto il tuo arrivo amica mia come il vento sei arrivata con solo i tuoi occhi, due poesie a memoria ed un dolce sorriso, alla stazione non ti conoscevo nemmeno dovevamo incontrarci come due naviganti a vista i sogni non si avverano eppure noi c’eravamo. Hai salito le scale come fanno le stagioni una dopo l’altra dall’inverno alla primavera il cuore bruciava come il sole, non sembrava più casa mia. Quali destini regali la vita a chi ha saputo aspettare cosa abbia dato al cielo affinché tu fossi qui davvero e perché la luna sia scesa fin qui mai lo capirò.
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A cosa serve la primavera
Anche il tuo nome è secco come lo stomaco, sere e mattine secche, la mano è secca, la tua gola, il mento e la tosse, è secca la tua lingua che non parla da anni, il lobo ed il labbro, la voce è secca come la tua vita da un bel po’. Solo la carne è fresca come la primavera che non sa da dove infilarsi sotto i maglioni larghi... ...com’è secca quest’aria sulla tua pelle di pesca coperta di brividi.
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Tremule carni flagelli
E' bello far scivolare fra le dita come sabbia la tua gioia dicevi dea mia, lasciamo ad altri commenti inariditi di austeri maestri di vita. Passano le notti, solo una resta impressa e non muore, mai morrĂ ravvivando il fuoco, sarĂ eterna e senza fine, quella piovuta dal cielo. Frastornati, increduli, le mani attente, ansanti afferrano i frutti del piacere e rendono servigi al cuore una e tante volte a teneri carni tremule. In un luogo, ovunque, davanti e dietro senza pudore infliggeremo punizione giusta e devoto premio al nostro desiderio, al nostro turbamento.
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Senza notte
Prima di andare vorrei tanto riuscire a capire quando ci si perde, quando tutto è fuori le righe provi a combaciare le mani ed i palmi non collimano più, cerchi un motivo, alzi gli occhi per scoprire quando sia cambiato il tempo dell’ipocrisia del bene corrisposto in cambio di un salto nel male confinando altrove i sogni di una vita, perchè tutto si consumi in un attimo ed un temporale sia così simile al bacio, dimmelo almeno quando ci siamo persi ascolterò senza rispondere.
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Lava del mistero
Buio pesto e sognai signore mio accolto in me come cruna e quasi dal desio scivolarmi dentro, senza fatica alcuna, nĂŠ resistenza, sĂŹ come al sudore intriso era... Peccato, le mani al risveglio le sue non fossero quelle che sentivo, e sognarlo non sia stato invero come sorgere istintivo in me, di cotanta lava del mistero.
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La violinista
Lesta impugni lo strumento ad arte e l’archetto inumidito scivola su e giÚ sviolinando corde e vene tendendo soavi melodie e suoni dolci e lievi come vele al vento fino in cima con sapienza e ardire per un acuto spinto in gola. Labbra strette e punta di lingua all’apice della cupola sul pentagramma in movimento adagio, andante fino al cielo per esplodere nel suo massimo effluvio.
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Cosa mi hai fatto
Sei entrata nella testa con i piedi, le mani, nel sangue e col ventre mi copri, riempi, attraversi la carne e non fa dormire quel fondo perfetto che disegna la vita, per queste frasi sconnesse velate di malinconia col cervello non funzionante senza di te, pezzo di una vita assente, forse non tua, maledetta goccia delle mie lacrime che hanno bagnato le mani, maledetta tristezza che appare simile alla tua bellezza, piccola smorfia del cielo, mistero della miseria di cui siamo circondati, stupida innamorata dello scherzo assurdo di una storia che non ci appartiene.
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L’equivoco
Possiamo sputare mille volte il nostro veleno affinché soddisfatti si plachi la sete di vendetta affiancando l’aguzzino sulla strada dello sconfitto, dubiteremo della promessa ricevuta vedendo di spalle l’ultima volta il nostro amore andare per la sua strada per piangere come la prima volta quando lo abbiamo incontrato. Nell'alba che somiglia sempre più alla notte c’è l’equivoco che gli ultimi saranno i primi sempre nell’aldilà perché un dio è troppo perfetto per regolare le nostre diversità, è nei tuoi occhi la mia speranza di desiderarti non potendo abbracciarti perché nessuno ha voglia di tradire i suoi ideali per una manciata di baci ed una carezza sul viso. Se fossi stato meno prudente senza la paura di fermarti mentre correvi sotto la pioggia coi vestiti bagnati non starei qui senza vie d’uscita, senza freddo né caldo, generando l’equivoco che non possiamo avere senza dare nemmeno un bacio dal nostro prossimo senza dubitare di essere stati i primi a sbagliare, i primi a non capire.
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E se fossi tu
E se fossi tu, e se fossi tu quella che il mio mondo sta cercando e se fossi proprio tu anche piena di guai e se fossi proprio tu quella brutta e scema, quella della mattina e della sera quella dell'inverno e della primavera, se fossi proprio tu quella che non sa fermarsi e non sa mentire, se fossi proprio tu quella... ...quella che mi manda a quel paese, se fossi proprio tu quella che non sa dirmi basta per cui io non mi fermerei mai... e se fossi tu quella che mi dice basta... ...e se fossi tu quella che mi fa impazzire per cui dovrei mentire se non volessi amarti mai ...e se fossi tu.
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L’amore ultimo
Conosco donne dagli occhi immobili, piccole lanterne rotanti nell’orbita che la lingua inghiottirebbe come olive, donne con gli occhi come reti tese così tanto da sembrare socchiusi, a volte tristi da non trattenere mai le lacrime, conosco donne dagli occhi limpidi sempre intrisi del proprio umore, immersi nei pensieri del perduto o ritrovato amore. Conosco occhi di donna come fulmini del cielo, spade perforanti per cuori erranti o abbandonati, occhi teneri ed ingannevoli, indimenticabili, donne dagli occhi pungenti, impassibili ai richiami del cuore ma parlanti, sensibili, mendicanti per un atto d’amore diverso dal solito, conosco occhi di donna che sanno non aver amato mai abbastanza non per sempre l’unico o primo amore ma quello taciuto e negato. L’amore ultimo dagli occhi avvistato.
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La medicina per l’anima
Non conosco medicina per l’anima neppure una cui farla bere, non conosco il letto dei tuoi sogni dove disperdere i pensieri, non sei alba, né tramonto, neppure giorno, avessi un tavolo per il mio bicchiere t’inviterei ad assaggiare il miele versando veleno per il piacere, nasconderei il volto che conosci accarezzando le labbra per farti bere a gocce, giochi e dispetti inconsci come i bambini fanno a nascondino, non conosco l’indirizzo del destino perciò la traccia sarebbe cieca come le vene di quest’onda da scoprire turbolenta sotto pelle, bieca, incapace di trovare una sorgente per uscire, vorrei la scia dei tuoi sogni quelli che fanno bene al cuore, vorrei carezze per i bisogni donando agli occhi le parole che non sai dire anche se muti sarebbe meglio che mentire, non conosco medicina che faccia bene al corpo di un’anima tesa a fuggire, meglio il sottile dispiacere sul cuscino dove silenzioso riposare per non smettere di sognare.
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Non esisti
Non esisti perché manchi sempre quando ti vorrei, non esisti, non esisti anche quando ti parlerei, non resisto a non cercarti per le strade della sera e della mente, non esisti perché sei rimasta dove eri, non esisti perché non ti sento quando ti vorrei e non ci sei quando piangerei… perché non arrivi mai, mai per dirmi di resistere. Non esisti per quegli occhi trasparenti e tristi che vorrei, non esisti per le mani, non mi senti e non esisti quando dico basta e tu esisti per davvero, ma non esisti perché non riesci mai a portarmi via, non esisti, non esisti perché manchi sempre anche quando ti vorrei, adesso, non esisti.
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Concedimi il collo
Non scendo in particolari tanto meno azzardo ancestrali ipotesi per arguire motivazioni alle tue insistenti stroncature in voli apparentemente planari per cui scompari repentinamente affinché nulla si possa afferrare della tua esuberante bruttezza. La tua cruda ed acidula bocca concedi al vortice della mia irrequietezza, blasfema etichetta di sogni indegni amante lieta di dolcezze sfuggenti, languido anatema d’inutili preghiere distesa su divani di nuvole azzurre dall’iride screziato oltre l’orizzonte concedi almeno al collo, di grazia, sfuggevole un morso alle tue insolenze sciogli l'estenuanti apparenti briglie irriguardosamente troia ed intollerante ardente fiamma d’immorali attese.
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Avendo osato amare
Sai bene che la vita è una bellissima ferita, puoi percorrere mille strade senza incontrare mai palazzi e vie d'uscita ove infilarti per consumare amplessi senza volto, bere a debita distanza dal collo di bottiglia i sorsi di bruttezze raccolte su spiagge o ai bordi di marciapiedi poco illuminati. Potrai comprare all'asta nella bolgia di un mercato al pari di stoffe ed argenterie, due occhi da favola scelti fra tanti imbrattati dal fango o dalla bellezza, ricompensarli solo con una ciotola di versi in gabbie o in cieli dispersi fra meteore, per mille notti chiusi al buio in una cella degna preda del suo uomo solo per averne cura. In sangue e lacrime dubitare di un bacio andato a male - ti amo - senza risposte, batoste a non finire e lucidi presentimenti che lune e pene d’amore non hanno mai lenito alcun dolore e di notte come volpi a tentoni desiderare una catena cingerti i fianchi per subire altera la giusta punizione lungo la schiena‌ avendo osato inginocchiarti ed amare.
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Stringimi
E' tutta la sera che penso ai tuoi capelli sfiorati sulla maglia nera, alle parole dolcissime sussurrate al sole fragile del pomeriggio per dirmi di andare subito via, agli occhi con le lacrime dentro che cercavano i tuoi socchiusi e lucenti, al viso sfiorato dalle mie labbra finalmente, a quel mondo racchiuso nei pochi attimi accanto a te, a qualcosa che sentivo e sfuggiva ma la sentivo come se avessi parlato ad alta voce per dirmi ti voglio bene, cattivo, dannato sogno mio ma scappa, scappa via e‌ rimani ancora un poco, parlami, accarezzami, le mani stringimi.
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Strega
Ho capito bene mi hai stregato, però qualcosa di talmente piccolo lo hai dimenticato, sono volate via le mie sciocchezze, le mie paure e le incertezze, hai visto tutti i miei sorrisi ed i miei dispiaceri, le matte poesie e le malinconie e non hai avuto una sola lacrima da regalarmi, io che volevo rubarti sorrisi, sguardi, gesti felici, piccole follie, non hai consegnato mai nelle mie mani una sola lacrima, una sola goccia dei tuoi desideri nascosti, dei tuoi pensieri tristi e prima di scomparire non hai stregato te stessa come hanno saputo fare gli occhi tuoi, con i miei, strega che fai impazzire.
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Solo il tuo respiro
Come una spina sei nella mia testa ed il respiro lo sento anch'io, non farò niente perché finisca non sarò perfetto io se stringendoti i capelli sciolti abbasserò gli occhi abbastanza per non guardare i tuoi adesso che vorrei entrare veramente fino al cuore mi fermerò, ed aspetterò che la notte vada via, via da me. Non seguirò le tue forme le immaginerò, non guarderò le tue labbra non le sfiorerò e non saprò mai mai avrò il sapore dei tuoi baci avrò il respiro dei miei sogni che accarezzerò e mi addormenterò con il tuo respiro che da lontano anche da lontano sentirò.
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La leggenda del fiore sbocciato a novembre
A scuola erano tutti cresciuti e più belli tra i banchi cercavi solo un sorriso e quando hai mostrato i capelli qualcuno i suoi riflessi ha deriso. Volevi disegnare le lune sul mare senza graffiare mai quel foglio pulito rubando i pastelli al primo amore eppure le tue labbra di rosso hanno scalfito. Inseguivi i sogni in quel cortile dove una mano ha ferito i tuoi giochi monelli, ha fermato i giorni sulla paglia del fienile mentendo spudoratamente ai tuoi occhi belli. Adesso il tuo corpo di donna è cresciuto e vorresti poter scegliere il tuo destino ma hanno i tuoi desideri il sapore di bruciato e fuggi ogni mano credendo che sia del suo assassino. Se potessero i miei versi accendere i sogni per sempre perduti, smarriti e scaldare i brividi sulla tua pelle forse anche un fiore sbocciato a novembre farà di una donna la bambina più bella.
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La cerimonia del dono
Ci sono luoghi in cui si smontano le vite quelle andate a male, ridotte in cocci, al tramonto, questo sporco mestiere di raccogliere scorie è tipico dei bracconieri di cristalli preziosi quelli che catturano anime perse in cerca di una tana dove leccarsi le ferite, imbastire nuove storie o rifugiarsi al buio divenire ombre di sé stesse e soffrire nel piacere. Offrono così dannate le loro spoglie in cambio di un collante simile al vinile un affetto rarefatto in agrodolce sputato in faccia al mondo e al suo destino. Ordiscono trame e nascondigli, stupiscono l’alba risalendo la china controcorrente e mentono felici di sopravvive un altro giorno alla vita marcia che conducono nel silenzio. Adorano il canto degli uccelli sui gelsi in fiore tramutano una sconfitta in un abbandono dei sensi fra le braccia di uomini senza occhi né stazioni eseguono la cerimonia del dono filtrando aromi ed essenze in alambicchi, distillando alchimie tra sogni e realtà e rinascono da bachi di seta meravigliose crisalidi vittoriose per un giorno solo di vita.
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Sogni scomposti
Non è che abbia frullato il tempo solo per sentirti pulsare le caviglie, gli acuti tonsillari, i timbri inchiostrati di nero di seppia e pure le ossa, ah se fossi stato acerbo come alba sì che avrei scosso la tua luna piena per intonacarti i lobi e spalmarti sulla schiena questa mia faccia scura, quante volte ti avrei affissa al muro come un chiodo, un orpello e gocciolante frutto bevuta come succo di pompelmo. - Non cambiare indirizzo i miei pensieri vorrebbero trovarti sempre non è l’orario che stride sui denti è la calma apparente, l’indifferenza, la tua strafottenza in camicia forzata di volersi fare prendere dal primo che passa nello stomaco oltre questi sogni di bambagia.
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L’arte del vestirsi
Nella penombra scivola la luce dei seni ancora addormentati avvolti con lentezza in seta sopraffina, poi lieve indossa l’intimo al suo scrigno osservando allo specchio il merletto incorniciare il fondoschiena. Con passo felpato addomestica le caviglie al tappeto sporgendosi al lavabo per bagnare il viso di acqua e sapone, soave una musica d’oriente sale e respirano l’incenso le sue narici. In quest’arte del vestirsi in cui si lascia ammirare, leggera la sottoveste copre le forme come onde sulla sabbia e brividi d’argento pervadono la sua pelle illuminando le fessure degli occhi e con un timido sorriso rugiada cede.
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Delle tue labbra rosse
Assumersi la colpa per un’ingiustizia compiuta è come espiare il danno nel modo più dolce che c’è. - Per questa passione, il gioco per la leggerezza dell’ erotismo disincantato, del tuo romanticismo salato… fermarmi perché non vuoi perdere il controllo, sapere che so per inglobarmi, annusi il mio odore Come un’ombra non lascio l’impronta se mi segui e ti leghi siamo incolpevoli. - Faresti pagare ogni mio sguardo che carpisce troppo uno dei tuoi, finiresti per bendarmi per proteggere te in questo desiderare doloroso ma protettivo Solo sfiorarti le braccia nude per farti sussultare, aspetterei per vederti cedere nell’abbandono, nella cessione totale del controllo. - Sentire i capelli tesi la testa guidata, potresti anche punirmi prima di ricevere il piacere… ho voglia di te Io delle tue labbra rosse
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Come nidi di rondini
Indefinito è il male che facciamo attraverso le convenzioni delle nostre abitudini senza raggiungere mai l’essenza dei comportamenti che ci avvicinano al vero trasciniamo incauti pensieri per un bacio su di una bocca d’argento o su di una rosa piena di spine eppure basterebbe che ti ponessi in ginocchio e con una mano sulla testa si scioglierebbe ogni dubbio. Non c’è dato di sapere perché eri felice d'estate con quella sottoveste di seta mentre accudivo i tuoi capelli bagnati come nidi di rondini intrisi di paglia e saliva simile all’irregolarità del fogliame di gelso tutto assumeva il contorno del buio del tuo silenzio irreale, rotto soltanto da sguardi sensuali in orbite come frattali. Un uomo s’aspetta che la luna renda visibile la sua faccia nascosta, le sue irriverenze… seppur svelata completamente rivolgerebbe il suo sguardo altrove a meno che non l’affascini così tanto da voler esplorare ogni ruga, ogni cratere.
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Piccole cose
Volentieri verrei a farti compagnia avrei due o tre cose in sospeso oltre il profumo e le tue dita ancora stretti nella mie mani... avrei una lama sottile nel bulbo dell’occhio sinistro quello del cuore ed un nastro di raso blu stretto al collo... avrei la tua biancheria intima nelle tasche e due baci appesi alle mie labbra, anche lo spazzolino, avrei una poltrona volante nel cielo fra le stelle ed i tuoi fianchi nudi... certo, avrei anche i tuoi - dai sali in macchina, ti ho riconosciuto le mie manate sul sedere, i grancaffè al bar col reggiseno sganciato... avrei le corse in bici, le fragole alla panna ed i tuoi seni pizzicati, qualcosa che t’ha lasciato il segno i mugolii ed i tuoi spasmi vampate di calore ed un respiro di sollievo, le mani dappertutto... eppure sul divano non abbiamo fatto altro che parlare dei sogni andati a male, eh sì mia tenera compagna, la libertà non l’abbiamo lasciata andare via... la felicità, quella sì.
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Non voglio intermediari
Ribadisco che non voglio intermediari non desidero squali animali putridi o case fatiscenti non cerco più ossa, scheletri in armadi tarlati, non voglio buttare più niente da questa finestra non devi scaldarmi nessuna minestra vai a farti friggere da un’altra parte. Disubbidire a dio, al destino e pure al diavolo! non esco stasera resto in pantofole folgorato dai tuoi sguardi imperfetti i miei occhi impalati fra queste lenzuola sdrucite dai tuoi denti lavati col cloro. Addormentati pure mia piccola fata cospargi d’olio il tuo corpo di latte e le parole taciute ti faranno dannare senz’altro molto, ma molto di più di quelle dette finora e purtroppo non ne capirai mai e poi mai il senso.
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Non voglio intermediari
Perché premendo un interruttore s’accende sempre una lampadina così pure il sole s’affaccia ogni mattina alla sua alba che sia in Africa, in India, oltre le colline comunque fra le dune del suo viso... perché un respiro tutto muove, un alito di vento non si perde mai, non vediamo al buio il nostro nemico ma dubitiamo del prossimo se ci costringe a cambiare casa ogni mattina, perdendo il filo dei nostri ricordi... perché un amore non appartiene a nessuno, non si lascia afferrare è come il cibo quando ci manca eppure riusciamo a digiunare oltre misura e scavalchiamo cime ritenute inviolabili, oltrepassiamo confini riuscendo ad afferrare mani sconosciute, accarezzare una spalla amica a distruggerci senza un valido motivo... la vita è un sogno che si ripete all’infinito, uno zoom all’ennesima potenza nell'inseguire il volo di un'aquila così simile a ciò che vedi da vicino nei contorni imprecisi dei lineamenti di due occhi persi in una sala d’aspetto... in un incontro per caso... in un giro di valzer su questa falsa realtà.
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Tavola calda
Dicevi di essere tornata tardi a casa con i soliti tarli nella testa come ogni sabato sera, una volta denudata hai scavalcato la vasca afferrato il laccio della doccia valutando se potesse servire come cappio ma certo ritrovarti nuda e insaponata esanime non sarebbe stato un bello spettacolo e poi non aveva senso, dopo aver messo in funzione la lavatrice! Gli occhi lacrimavano mescolati allo scroscio della doccia, aumentasti la temperatura affinché l’acqua diventasse bollente riempiendo la stanza del bagno come una sauna ma anche questo tentativo non ebbe successo e poi crepare cotta nel cesso non era corretto per tua madre e le zie bigotte quale pessima figura! Come sparire senza recare disturbo diventava sempre più difficile non possedevi un’arma e forse nemmeno il coraggio per farlo in fondo il tuo sorriso da scimmietta non t’ha mai aiutato abbastanza a superare gli ostacoli, antidepressivi o alcol non sono nella tua dieta hai solo una vita contorta che ti rode dentro e vorresti buttarla alle ortiche ma il tempo non è tuo amico e non hai un amico che ti prenda sottobraccio o sorrida senza nulla pretendere in cambio curva sul piatto di pasta e fagioli nell’angolo in fondo, di fronte ai miei occhi in questa tavola calda. Ci vediamo domani, non farti del male. 160
L’infelicità è senza virgole
La felicità ci trova sempre in ritardo in una scatola di latta piena di ricordi o nel salvadanaio di coccio frantumato affacciati alla finestra distratti in una ginestra appassita o nell’applauso dei genitori verso il palco durante la recita scolastica è nei vermi sottoterra per la pesca fra le lucciole nel barattolo per una moneta la mattina seguente in un volo mai preso per una terra lontana in questa vita puttana persa sui marciapiedi o in una donna sola nel solco fra le rughe di un uomo diverso ogni mattina è negli squilli di un telefono senza risposte nelle grida di dolore di una morte troppo repentina o rumorosa è nel latte materno in un’anoressia mai sopita in una debole ferita allagata come un oceano per due occhi troppo stretti come un lago è in un fazzoletto di sorrisi privi di orizzonti ai bordi delle labbra per durare a lungo in un affanno così lontano da non capirci tra il bianco e il nero di una fotografia nell'apatia di notti insonni senza tempo è nelle parole dette mai in quelle maledette nei sogni e nei bisogni che non s’avverano più la felicità è nelle virgole tra una passato ed un presente è in un abbraccio ormai senza calore è nelle parole di uno sconosciuto è in questi versi senza spazi che non capisci tra le parentesi del dare e dell'avere lungo i brividi sulla schiena la felicità è nelle tue mani fredde nei pugni chiusi.
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Ogni dubbio è l’alba
C’è che ogni dubbio ha la sua ragionevole consapevolezza di essere il vero non seguo più linee orizzontali per giungere alle più logiche soluzioni è insopportabile questo vento contrario ed ogni segno è il preavviso di una nuova tormenta abiterò in un luogo imprecisato dubiterò di qualsiasi presagio d’inutili certezze o smancerie chino sulla tua schiena ascolterò le tue debolezze non avrai da temere più alcuna tristezza ed ogni respiro sarà l’ultimo allineati come papaveri disillusi tremeremo ancora un’altra volta ma diremo a testa alta all’alba di non esserci piegati mai.
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Passaggi di memoria
Non ricordo quando ho perso la partita non ho segnato nulla sul calendario le dita della mano non combaciano per niente conto e riconto senza un risultato apparente, hai chiuso gli occhi durante la mia assenza e quando sei partita non hai detto vado hai tirato dritto per la tua strada ed affogato tutti i buoni intenti, non ascolto più le voci, mi basta questa pioggia per affascinarmi come una volta per i tuoi fianchi, adesso ingoio la notte succhiando le stelle sul palato. Ho sognato di perdere una vita, ho sognato il mio incidente così come da bambino se pioveva finivano le gocce sui vetri poi è crepato il cuore come una bottiglia e non basteranno parole per chiederti di deviare questo treno verso un'altra direzione nessuno fermerà queste aquile così belle e cattive che mi tengono su per la giacca fra le nuvole.
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Passaggi di memoria Perché quando le farfalle si lanciano dai fiori non usano mai il paracadute? forse così leggere si fidano del vento ed ali grandi spaventano anche la morte semafori lampeggianti offuscano la memoria ma se chiudi gli occhi poi ti schianti contro un autobus e resti sul marciapiedi perché un bicchiere in due non è come bere da solo e se apri i files zippati dei pensieri, fuggono dalla finestra e non li fermi più! C’incontreremo un'altra volta chiedendoci increduli perché se non ci conosciamo non gettiamo mai il tubetto del dentifricio per paura di rimanere soli sapendo che la stagione dell’amore di Battiato viene e va ed i desideri non invecchiano con l'età come i gatti innamorati urlano alla luna appesa ad un filo che non viene mai giù! Avviseremo i parenti del nostro sangue avvelenato accuseremo nostra madre che non risponde mai al telefono dall’aldilà e nonostante tutte le precauzioni ci taglieremo le vene con le nostre stupide attenzioni, io come un imbecille ammaliato dal tuo fondoschiena inverosimilmente bello e sfacciato come gli occhi tuoi quando mi guardano all’insù! Le medicine non curano certe ferite che ci procuriamo dandoci del tu come i maglioni rossi che mi rendono felice solo perché vesto sempre di blu ora abbandona questo letto ed impiccati al calendario il primo lunedì saremo liberi di non chiamarci forse atterreremo come farfalle impazzite ma non finiremo sottoterra voleremo ancora più su.
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Passaggi di memoria
Non devi avere paura sentirai solo dei morsi leggeri quando inghiottirò i tuoi lobi ti avrò già dentro e digerita come un fernet impasterai il mio palato, il sangue umetterà le labbra, fra i denti cercherai di divincolare le braccia, un boccone mia cara un solo boccone e sarai nelle viscere come prima di venire alla luce tornerai nel buio come il nero delle pupille dei tuoi occhi belli anche loro scivoleranno veloci deglutiti con un rosso d'annata, sarai il mio pranzo, cena e dessert e scusami se ti strappo i capelli sulle note di She di Elvis Costello: - Lei può essere lo specchio dei miei sogni un sorriso riflesso in un ruscello lei non può essere quella che può sembrare E mentre la scena finale di Notthing Hill scorre lenta anche le nostre lacrime si mescolano all’applauso scivolando nell’oblio.
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Cerca di non capirmi
Non voleva andare via questo tempo ebbene è crollato da solo frantumando le pareti, non potendo restare né dentro né fuori ha scardinato le radici trascinando cornici ed orologi. Il sangue non è più dentro è fuori, il fango non è dentro è fuori, l’alba non è mia è fuori, resta solo polvere di caffè, a parlarmi di te… è un vento che scompiglia la mia testa è in tempesta la mia casa forse stai dormendo ma sei dentro io sono fuori! Non è bella la mia faccia, non sorridi come prima non guardarmi così cattiva, è fuori che io smetto, sempre fuori che ti vedo, dentro è forte il mio respiro fuori aspetto il turno mio. Adesso toglimi pure i vetri dalle mani…sono fuori non sono dentro. Credimi.
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Mutazioni
Compreso il respiro delle piante nutro con funzione clorofilliana pelle e ossa, catturo i raggi del sole, affondando radici in terreni aridi… espello anidride carbonica, purificando linfa per notti insonni, ridotto tronco, truciolo poi cenere fra i tuoi capelli mi perdo, fango sulla pelle, pece sulle tue labbra schiuse… scisso in particella implodo sempre come stella precipitando in buchi neri… ove stupiti è facile riconoscersi seppur vaganti in cieli lontani solo dagli sguardi ciò che eravamo e non siamo riusciti a dirci mai con un’anima sotto la corteccia perché in terra credevamo di sognare.
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Asincronie
Quando ho deciso di osservarti da lontano scomparivi sempre all’imbrunire e quando ho deciso di scriverti eri sempre frettolosa o con un altro quando ho deciso che somigliavi ad una stella ho imparato a sognare quando hai detto adesso basta avevo sempre la barba incolta e quando hai deciso che avresti voluto un figlio ho fatto l’amore come un dio poi quando hai deciso di lasciarmi andare via avevi qualche altra cosa per la testa quando hai rovinato la festa eri così bella che sono rimasto qui ad aspettarti sul ponte sperando in un tuo passaggio veloce fra le onde… quando hai stretto forte i miei polsi sembravi una bambina e lo stesso sei andata via quando hai pianto di nascosto ti ho sentita sempre ma non m’hai visto mai e non ci siamo capiti bene quando hai preso un treno eri sempre da sola e quando hai detto basta non ero mai vicino quando hai detto ascoltami c’era tanta gente e t’ho vista solo di spalle, quando hai deciso d’innamorarti l’abbiamo lasciato andare via o eravamo troppo assenti.
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Le tentazioni dell’alba
E’ nell’evoluzione di un passo di danza, nelle nostre distanze, oltre i confini dei limiti imposti dalla morale nelle lacrime mai piante, in questi versi per esprimere attitudini mai provate in un anello gettato nelle acque torbide, è nelle corse oltre una coscienza sporca, oltre una madre tradita come questa vita che scivola impietosa dalle mani, negli amanti di due mondi lontani, nelle nebbie di una campagna infangata o arsa da un sole sempre troppo forte è nei baci mai dati quando hai provato ad accarezzarla affacciato sul cornicione di quel ponte e lei non passava mai, c’è sempre una volta in cui perdi speranza e voglia di andare mentre le tentazioni dell’alba sono sempre più forti e dal volo di una farfalla apprendi quando sia inebriante il tuo respiro con gli occhi chiusi verso un sonno gentile. E’ nella nostra capacità di nascondersi che riusciamo a sopravvivere alle intemperie dietro un silenzio che vorremmo urlare.
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Indice
7 Un altro inverno da apparecchiare 8 Lezioni di giardinaggio settembrine 9 Segnali di obbligo e divieto 11 L'amore insolente 12 Agli amanti, baci sparsi 13 Per quello che non abbiamo saputo dare 15 Punti fragola 16 Neda, voi che non sapete 17 Sul perché sia meglio darla gratis che venderla 18 Cocci di vetro sui davanzali 19 Lingerie al parco con aquiloni 21 Frutti di stagione 22 Senza peli sulla lingua 23 Preghiera di una geisha 24 Declinazioni sulle mancanze 25 Le intenzioni disattese di un viaggio e del suo temporale 27 Il danno 28 Miele di china 29 Dal tuo stupido uomo della pioggia 30 Gli amanti sanno dimenticare 31 Dimmi sempre una bugia 33 Non saremo mai 34 Anima borderline 35 Altra è la condizione 36 Non discuto dell'inutile rumore della strada 37 Ti spengo 39 Ho seri dubbi di essere in piedi 40 Cosa vuoi che ti dica 41 Sulle impronte digitali delle mie dita 42 Come un viandante 43 La passione non ha parole 45 Il dubbio 46 Sai cosa c’è di nuovo? 47 Malsana felicità 48 Segnali sconosciuti 49 Lezioni d’equitazione 51 La condizione 53 Dea bendata 54 Delle parole l'inganno 55 Il dono 57 Il dispiacere 173
58 Come alba 59 Cosa mi piace di te 60 Siamo incolpevoli 61 Carnefice mia 63 Tavoli da gioco 64 Il piacere 65 Cinico...o ti amo così 66 Intero, a metà, a pezzi, vuoto a rendere 69 Come tende nel deserto 70 Non dirle mai quelle parole 71 Perdi un po’ per resistere 72 Abbiamo sempre abitudini diverse 73 Lei 75 Buona notte Ligia 76 Sui baci rubati 77 Buon appetito! 78 Rottamazione 79 Sul tuo dolore 81 Il contratto 82 Sigilli dell’anima 83 Se un pomeriggio d’agosto una donna… 84 Ci vuole poco per sopravvivere 85 Arrendevoli scuse 87 Un fado immaginario 88 Filo di ferro per gli amici 89 Ho una certa impellenza 90 Il codice dei nostri inganni 91 Non ora, sono già casa! 93 Una mano, il bicchiere, il tuo desiderio 94 Il caso della ragazza senza nome 95 Prendimi ancora 96 Tempeste dell’anima 97 Sei stata brava 99 Cedesi attività 100 Sulle mancanze 101 Con le mani sulla bocca 102 Risvegli e dintorni 103 Questo uomo è 105 Foglie di gelso 106 Piacevoli ferite 107 Driadi d’inverno 108 Il mio amore non è 109 La maestria del vento 111 Contromano 174
112 Invito a cena 113 Infiniti attimi 114 Ti seguo sempre 115 Ladri di lune 117 Questa stagione portami via così 118 A sazietà 119 Rugiada cedi 120 Perché non oso dirtelo mai 121 Abbiamo sempre abitudini diverse 123 Vendemmia d’autore 124 Un sogno 125 Adesso che i tuoi baci 126 Il sarto 127 Come sei 129 Mai lo capirò 130 A cosa serve la primavera 131 Tremule carni flagelli 132 Senza notte 133 Lava del mistero 135 La violinista 136 Cosa mi hai fatto 137 L’equivoco 138 E se fossi tu 139 L’amore ultimo 141 La medicina per l’anima 142 Non esisti 143 Concedimi il collo 144 Avendo osato amare 145 Stringimi 147 Strega 148 Solo il tuo respiro 149 La leggenda del fiore sbocciato a novembre 150 La cerimonia del dono 151 Sogni scomposti 153 L’arte del vestirsi 154 Delle tue labbra rosse 155 Come nidi di rondini 156 Piccole cose 157 Non voglio intermediari 159 Non voglio intermediari 160 Tavola calda 161 L’infelicità è senza virgole 162 Ogni dubbio è l’alba 163 Passaggi di memoria 175
165 Passaggi di memoria 166 Passaggi di memoria 167 Cerca di non capirmi 168 Mutazioni 169 Asincronie 171 Le tentazioni dell’alba
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Nando Taccogna è nato a Terzigno, (NA) il 15 aprile 1956 vive e lavora a Caserta. E' risultato vincitore, nell'edizione 2003, del Premio Internazionale di poesia "E il naufragar m'è dolce in questa radio", bandito dall'Accademia Internazionale di Belle Arti RUFA di Roma, meritando la pubblicazione in un'antologia edita dalle edizioni Il Filo di Roma.
Altre pubblicazioni: Sai cosa c’è di nuovo? – Poesie - Nando Taccogna - (gennaio 2008) Edizioni: http://www.lulu.com/content/1963332 Le passioni scomposte – Poesie – Nando Taccogna - (ottobre 2008) Eidizioni: http://www.lulu.com/content/libro-a-copertina-morbida/le-passioniscomposte/4548848 Foglie di gelso - Poesie – Nando Taccogna – (gennaio 2009) Edizioni: http://www.lulu.com/content/libro-a-copertina-morbida/campi-digelso/5655607 Le tentazioni dell’alba – Poesie – Nando Taccogna (luglio 2009) Edizioni: http://www.lulu.com/content/libro-a-copertina-morbida/le-tentazionidellalba/738613
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Pubblicazioni disponibili e ordinabili in ebook e cartaceo presso: Libreria Guida Editore Via Caduti sul lavoro – 81100 Caserta tel/fax 0823-351288 e-mail: caserta@guida.it - libreriaguidacaserta@live.it Libreria “Flora” Via Dell' Argin Grosso 81 - 50142 Firenze - Tel: 055780735 edizioni / ebook on line http://www.lulu.com/content/1963332 *** siti web: blog Poesiemurales http://poesienando.splinder.com/ sito di poesie http://www.athenamillennium.it/lnk-utenti/ricerca.php?tipologia=autori forum di poesie (altrodasè) http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=3642701 sito ass. culturale Caserta www.associazione-musicarte.com info: email taccognanando@libero.it msn taccognanando@hotmail.it recapiti: Taccogna Ferdinando - P.zza Garibaldi, 7- 81100 Caserta Cell: 347 4968007
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