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INTERVISTA a MAURO CALISTE Assessore Municipio XVII INTERVISTA a PAOLO MASINI Consigliere Roma Capitale

SQUILIBRIO & CREATIVITÀ IL PENSIERO LATERALE

IL SERIAL KILLER

CERVELLI D’ITALIA

EMO NON SONO, MA IO COSA SONO?


MENÙ PIZZA

1 Bruschetta al pomodoro + Pizza a scelta tra: Margherita Boscaiola Vegetariana + Bibita in Lattina

7,50 Euro

Osteria della Vite

MENÙ DELL’OSTERIA

1 Brusch etta al pomodoro + 1 Primo del giorno + 1 Secondo del giorno + 1 Contorno di patate oppure Insalata + 1 Caffè

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- via della vite, 96-97 (c/o p.za di Spagna)

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SOMMARIO

Anno II - n.° 3 MARZO 2011

www.neapolisroma.it Visita il sito e lascia la tua mail: riceverai la rivista on line

Focus NOTIZIE DALLA CAPITALE Intervista a Paolo Masini: investire nella Cultura 6

ROMA REDAZIONE Editore: Claudio Napoli

Municipio XVI

Il curriculum vitae: sbarca in Italia grazie a due professioniste romane 7

Direttore Responsabile Elio Tomassetti Direttore Commerciale Carlo Famiglietti Comitato scientifico:

Tendopoli a Villa Troili? Si scatena la mobilitazione popolare 8

Prof. B.Amoroso, Prof. G. Chinnici, Edy Viola, A. Tancredi, F. Napoli

Terminata la pulizia di via Camillo Serafini: AMA e ACEA cercasi 9

La copertina è di Xenograffik xenograffik@gmail.com Grafico: Daniele Palone Collaboratori:

Enrico Gandolfi, Luca Iacolina, Marco Senzacqua, Massimo Minnetti, Laura Napoli, Valeria Pucci, Sabrina Numini, Jessica Giaconi, Viviana Vannucci, Federico Monti, Lorenzo Sigillò, Paolo Migotto, Giorgio Zussini, Laura Andina Salvo accordi scritti, la collaborazione con il mensile Nea Polis Roma è da considerarsi a titolo gratuito Foto ed Immagini sono tratte dal web

Menecmi: incomprensioni ed equivolci al teatro Vascello 9 Municipio XVII

Intervista a Mauro Calliste: a Prati continua la lotta al commercio ambulante 10

Evacuato un insediamento abusivo sul Tevere a Prati 11

Tipografia: Spedalgrafstampa s.r.l. v. Cupra, 23 00157 Roma Registrazione Tribunale di Roma: n. 360/2010 del 17 settembre 2010 N° iscrizione ROC: 20384

Municipio XVIII

Manifestazione al Parco di via dell’Acqua fredda: quale futuro per le famiglie? 12

PER INFORMAZIONI E PUBBLICITÀ 06.39.36.64.49 320.22.84.368 Email: nea-polis@libero.it info@neapolisroma.it

Il Capogruppo PD al Municipio XVIII, Gianna Filardi: un Municipio fermo al 2007 13

EDITORIALE Creativi solo a parole

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Nel prossimo numero 35 dove trovo la rivista 35

Tornano le lucciole all’Aurelio

DOVE LO TROVO

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“Performance telematica” del pittore Pietro Sarandrea 15

SQUILIBRIO & CREATIVITÀ Uno strumento per la creatività: il pensiero laterale

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Cervelli d’Italia (l’inno che non c’è)

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Emo non sono, ma io cosa sono?

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Quando venni ricoverata in manicomio ero poco più di una bambina 17

C’era una volta un genio di nome Leonardo 19

Pozioni magiche per un pulito biologico 21

I Tarocchi di Aleister Crowley: genio e follia nella Lama del Matto 22 Suicidio e depressione 23

PROFESSIONISTI Il marchio: segno distintivo dell’imprenditore 24 Il serial killer: le 4 tipologie

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L’amministratore risponde 26

società & relazioni Tanto lo fanno tutti

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NEA CULTURA La Cattedrale di Chartres: un labirinto misterioso 28 Gli eroi della creatività cinematografica: le Star

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BUONO SCONTO VALIDO 15%


Marzo 2011

E DI TOR I A L E

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CREATIVI SOLO A PAROLE di Claudio Napoli

Quante volte si sente dire, ad esempio in uno dei tanti salotti TV o dal politico di turno, che l’Italia è il Paese dell’Arte e della Creatività. Ma lo siamo ancora davvero? Per chi non lo sapesse, la cultura italiana è conosciuta nel mondo per la sua varietà ma anche per conflittualità e contraddizioni che sono fattori di squilibrio ma al contempo motori per la creatività. In effetti, colui che crea o si “rinventa” spesso è indotto da un contesto o stato d’animo personale caratterizzato da difficoltà, sofferenza o insoddisfazione che lo spingono “oltre”, alla ricerca di un qualcosa. Quindi, creare è rinventarsi ed è il prodotto di una spinta che nasce per reagire alla propria condizione, insomma, per rompere un equilibrio. Si pensi a Dante Alighieri che creò la Divina Commedia esiliato della sua amata Firenze che mai rivide. Ma per creare non bastano varietà, contraddizioni, conflittualità, sofferenza, difficoltà, squilibrio ma servono anche risorse ad hoc e regole certe, quindi un “sistema paese”. Per quanto riguarda le risorse, chiunque si recasse in banca con in mano, ad esempio un brevetto, alla ricerca di un prestito, si sentirebbe chiedere dall’addetto di sportello se possiede una busta paga o quali garanzie offrirebbe. Spesso chi ha idee non ha capitale, infatti in America ai migliori si offrono risorse in cambio di percentuali sui futuri introiti commerciali. Cosi nascono le imprese e le “grandi imprese.” Rispetto alla regole: chiunque avesse delle risorse e decidesse di avviare un’ini-

ziativa imprenditoriale si troverebbe di fronte ad un percorso oneroso ed incerto nei tempi e negli esiti per richiedere tutte le autorizzazioni e permessi del caso. Personalmente ritengo che per superare la crisi (che poi non è che una riarticolazione dolorosa delle relazioni economiche) la classe politica dovrebbe lavorare per rimuovere quei colli di bottiglia che ostacolano lo sviluppo del nostro sistema paese, come ad esempio la burocrazia. Lo Stato deve creare le condizioni per stimolare le persone a rischiare; quest’ultimo deve rinventarsi e non ridursi ad essere percepito dall’autonomo come un costo (tasse, multe) e al contempo fattore di incertezza (permessi, autorizzazioni, ecc). Inoltre, è importante puntare sull’innovazione, creando presso le banche Fondi di Ventura utili a valorizzare le energie mentali più dinamiche, cosa che avrebbe sicuramente ricadute commerciali positive nel medio periodo.

IN QUESTO NUMERO: abbiamo voluto ri-

cordare quanto creatività e squilibrio siano due lati della stessa medaglia dove il tendere verso l’uno o l’altro dipenda dalla capacità del contesto di negare (depressione) o valorizzare le energie (creazione) che ci sono. Inoltre, ogni buona iniziativa non può non prescindere dalla registrazione del Marchio quale segno distintivo dell’imprenditore. Continuano le notizie dai Municipi per informare i cittadini su quanto avviene.

Buona lettura ed iscrivetevi alle news letters lasciando la mail al sito www.neapolisroma.it




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NOTIZIE DALLA CAPITALE Marzo 2011

PAOLO MASINI: INVESTIRE NELLA CULTURA E RIDARE AUTONOMIA AI MUNICIPI

Intervista ad Paolo Masini, consiglere del Pd di Roma Capitale e membro Commissione Cultura

In questo momento di crisi economica l’attuale amministrazione Alemanno ha preferito ridurre i fondi pubblici, secondo lei perché sarebbe stato importante continuare ad investire a Roma nel settore della cultura? Un governo che attui una politica dei “pensieri lunghi” investe in cultura, formazione e ricerca soprattutto in una fase di crisi. Lo ha fatto negli Usa Obama o in Germania la Merkel, capo di un governo non certo di sinistra. Per Roma è la storia recente a parlare: investire in cultura ha significato creare lavoro, sconfiggere la percezione di insicurezza, sostenere i giovani e la creatività, triplicare le presenze turistiche.. La Notte bianca era un evento di successo negli ultimi anni, secondo Lei è stata giusta o sbagliata la decisione di abolirla per demandarla all’iniziativa dei municipi? E perché?

Per comprendere il valore della Notte Bianca ascoltiamo i rappresentanti dell'indotto economico. Oltre che un momento culturale unico al mondo, questa manifestazione era un’opportunità di sviluppo per tutto il sistema economico. Inoltre, i milioni di visitatori hanno mostrato che in una città realmente vissuta c’è anche più sicurezza. Una condizione ideale, purtroppo, annullata dal clima teso e negativo innescato da questa destra. Anche a livello municipale la situazione della cultura è disastrosa, con i municipi vittime della irresponsabile scure di Alemanno. Ogni singolo municipio, che in passato contava su un budget per la cultura di 100 mila euro, oggi non ne riceve più di 20 mila. A questi si aggiungono 60 mila euro previsti da un bando gestito direttamente dal Campidoglio, di fatto l’unica speranza di sopravvivenza per le politiche culturali municipali, svuotate di qualsiasi autonomia. E’ necessario che i fondi di questo bando siano girati e gestiti direttamente dai singoli municipi.

www.paolomasini.net

Si è discusso molto della Tassa sul turismo, qual è la sua posizione in merito e perché? Roma paga onori e oneri per il suo ruolo di capitale del Paese e della cultura mondiale. I grandi eventi culturali, politico-sindacali e religiosi, implicano ingenti spese per le quali la nostra città dovrebbe ricevere un riconoscimento. Che non può certo arrivare dalla tassa sul turismo, la risposta sbagliata ad un problema esistente. Questa tassa, unita all’incapacità di un’amministrazione che sa solo “inventare” parchi a tema e improbabili gare di F1, ha procurato un danno d’immagine a livello internazionale per la città e l’Italia. Trovo ridicolo fare cassa sulle spalle dei turisti, servono invece strategie per valorizzare il patrimonio artistico di Roma. Il rapporto tra investimenti pubblici e privati è fondamentale soprattutto se si considera la vastità del patrimonio artistico e le ristrettezze economiche dell’amministrazione. In tal senso, che cosa pensa del progetto che la maggioranza sta discutendo finalizzato a ristrutturare il Colosseo coinvolgendo soggetti privati a costo zero per i cittadini?

Sono favorevole all'ottimizzazione delle potenzialità che possono arrivare dai privati. A loro la nostra città offre grandi opportunità e si possono avviare iniziative e operazioni di marketing che siano favorevoli a tutti. Anche nel campo culturale va perfezionata la responsabilità sociale di impresa, ma servono regole chiare e precise. Mi preoccupa che oggi strumenti del genere siano in mano a governi che non hanno nel Dna la difesa dei beni culturali. I crolli di Pompei, ad esempio, dimostrano che non ci si può fidare. Amando il Paese e la nostra meravigliosa città chiedo che prima si mettano dei paletti che garantiscano la piena tutela dei nostri luoghi, poi possiamo parlare di tutto. LAURA NAPOLI


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NOTIZIE DALLA CAPITALE

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Municipio XVI (Portaportese-Monteverde-Bravetta-Pisana-Massimina)

IL CURRICULUM VITAE: DALLA CARTA AL SET

Il video curriculum è sbarcato anche in Italia grazie all’intraprendenza di due giovani professioniste romane (Monteverde), fondatrici di Link@work che siamo andati a trovare.

Contatti: info@linkatwork.it

spesso en plein air: scavi e rovine per un archeologo, grafici di borsa per un analista finanziario, un’immagine artistica per un creativo. Occorrono 2/3 ore sul set, oltre allo studio preliminare, e il prodotto completo è consegnato nel giro di pochi giorni. Dalla carta al video il passo è breve: un filmato di Il costo, ragionevole, comprende anche la consupochi minuti in cui il candidato espone obiettivi e lenza dell’esperto di risorse umane. punti di forza e presenta, in modo garbato ma convincente, il proprio messaggio promozionale. Importante, sottolineano a Link@work, non diL’improvvisazione e il dilettantismo sono contro- menticare che il video curriculum integra quello producenti: ‘spesso’, commenta una delle esperte, tradizionale e non lo sostituisce, anche se in al‘se il video è girato da un professionista manca il cuni casi può fare le veci della lettera di presencontenuto, e viceversa’. Un esperto di risorse tazione. E’ lo spot pubblicitario del candidato, umane e un cameraman professionista in tandem deve catturare l’attenzione e sedurre in 2 minuti assicurano invece un buon risultato. Se oltre (questa la lunghezza consigliata). Per le informaOceano è normale rivolgersi a un professionista, zioni di dettaglio, come per gli ingredienti di un nel nostro Paese circolano ancora molti filmati prodotto, c’è sempre il curriculum di carta. amatoriali, che raramente centrano l‘obiettivo. La privacy del candidato è garantita: il filmato non Il video curriculum può evitare all’azienda o al è pubblico ma circola per posta elettronica e, se candidato un’inutile trasferta o al contrario, come on line, è accessibile solo agli interessati. Tra i consigli degli esperti del mestiere: essere natuspesso avviene, risultare vincente. C’è ancora molta ostilità nei confronti del video e rali, scandire le parole, non avere fretta. Ancora: il problema è legato alla società dell’immagine. evitare i video generici, a vantaggio di quelli miMa il 60% degli assunti negli Stati Uniti nel 2009 rati per la selezione o il settore. ha trovato lavoro proprio grazie al video curriculum”. E’ la forza della comunicazione: con i gesti Link@work, che offre servizi di orientamento e e lo sguardo il candidato trasmette empatia, in- realizza video presentazioni per il mondo del latensità, determinazione. Messaggi difficilmente voro, crede nelle potenzialità delle immagini per veicolati dallo scritto. ‘Il video CV’, continuano le promuovere idee imprenditoriali o candidati, esperte di Link@work, ‘semplifica il lavoro del come nel caso del CV: qualsiasi idea di business selezionatore’ e di fatto aumenta le probabilità può essere trasformata in filmato. Ma il sito di Link@work offre anche una miriade di consigli di successo. gratuiti per redigere il curriculum perfetto: è bene Si parte dalla lettura del CV e dal colloquio con il non limitarsi a quello europeo, uno standard indicandidato per stilare una scaletta di argomenti e cato per le candidature alle istituzioni internaziola vera e propria sceneggiatura (storyboard) del nali ma sostanzialmente privo di anima, e avere filmato, cui segue la selezione del luogo per le ri- sempre a disposizione quello tradizionale. Annalisa Mancini prese. Lo sfondo è come una quinta teatrale e (tratto da www.sentieridigitali.it) Una giornata sul set di un curriculum vitae: può capitare se si decide di cercare lavoro in modo non convenzionale. Il video curriculum, è una realtà sviluppata e conosciuta nei paesi anglosassoni.


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NOTIZIE DALLA CAPITALE Marzo 2011

Municipio XVI (Portaportese-Monteverde-Bravetta-Pisana-Massimina)

TENDOPOLI A VILLA TROILI? SI SCATENA SUBITO LA MOBILITAZIONE POPOLARE

Senza informare la cittadinanza, la mattina del 15 febbraio le ruspe del Comune di Roma hanno iniziato a lavorare a via di Villa Troili per preparare una tendopoli che avrebbe dovuto ospitare dei rom.

Subito scatta un presidio di cittadini “in loco”, e il Consiglio del Municipio XVI si riunisce in via del tutto straordinaria proprio davanti ai cancelli dove doveva sorgere l’insediamento. I consiglieri incontrano i cittadini anche nel pomeriggio ed il contenuto delle loro dichiarazioni, di tutte le parti politiche, ha un punto comune: il campo nomadi di Villa Troili era stato sgomberato cinque anni fa, riaprirlo ora sarebbe devastante per un quartiere che è posizionato tra Malagrotta e l’ altro campo della

Contatti: 3485766821

Monachina. Poi il centrosinistra parte all’attacco del Sindaco, ed il centrodestra rimpalla le responsabilità sul Prefetto. Fatto sta che, tra la confusione, si arriva al 16 febbraio, giorno in cui il Presidente Bellini viene ricevuto dal Sindaco ed ottiene la garanzia che non si farà nulla a Villa Troili. Ora bisogna vedere come deciderà di affrontare l’emergenza rom, dato che nessuna zona della città è d’accordo nell’ospitare un campo. In proposito molti ricordano che una delle promesse elettorali prese dal centro destra era stata proprio quella di realizzare campi rom fuori dai centri. Alemanno sembra aver abbandonato la strategia delle tendopoli e inizia a pensare all’utilizzo delle caserme dismesse, più economiche e controllate. Si vedrà. Certo Roma deve trovare una soluzione definitiva nell’interesse dei residenti e degli stessi rom, affinchè non accadano più tragedie come quelle del rogo dei 4 bambini. ELIO TOMASSETTI

elioroma327@hotmail.it


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NOTIZIE DALLA CAPITALE

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Municipio XVI (Portaportese-Monteverde-Bravetta-Pisana-Massimina)

TERMINATA LA PULIZIA DEL PIAZZALE DI VIA CAMILLO SERAFINI: QUANDO RISPONDERANNO AMA E ACEA? La mattina del 19 febbraio l’associazione Area centro democratico e la sezione PD Pisana Bravetta hanno terminato la pulizia del grande piazzale del deposito ACEA di via Camillo Serafini. Premettiamo che lo spazio antistante il deposito idrico è di proprietà ACEA e versa da mesi in uno stato di abbandono e degrado. In una zona dove mancano luoghi di aggregazione e parcheggi, potrebbe essere pulito periodicamente e messo a disposizione dei cittadini, con magari dei posti auto e delle panchine per potersi fermare durante le passeggiate. È questo che chiedono i cittadini che hanno organizzato una pulizia spontanea dell’area, con scope, ramazze e buste. In realtà il lavoro era già stato iniziato prima di Na-

tale, quindi si è trattato di pulire solo l’ area ancora ricoperta dalle erbacce. Quello che colpisce è che, nonostante il lavoro e le segnalazioni fatte già alla fine del 2010, né AMA né ACEA hanno mosso un dito. Gli abitanti delle palazzine limitrofe hanno salutato con entusiasmo l’iniziativa, portando a spasso per lo spiazzo anche i Situazione piazzale ACEA prima pulizie loro bambini. Non è forse questo un segnale che le istituzioni dovrebbero captare per rendere più vivibile una parte della città? L’associazione e il PD locale continueranno ad inviare segnalazioni e fotografie scattate durante il lavoro agli uffici competenti. Inoltre è stato girato anche un breve filmato che verrà caricato su youtube e sul sito www.lawebtv.com. ELIO TOMASSETTI Situazione piazzale ACEA dopo pulizie elioroma327@hotmail.it

MENECMI: INCOMPRENSIONI ED EQUIVOCI IN SCENA AL TEATRO VASCELLO Chissà se Plauto, quando ha scritto Menecmi nel III sec. a. C., immaginava che la sua commedia, duemila e duecento anni dopo, sarebbe andata ancora in scena con successo. Pietra miliare della storia del teatro, con Menecmi nasce il genere della commedia degli equivoci, sulla cui logica si fonda tanta parte delle opere comiche di tutti i tempi. Lo scambio di persona, le incomprensioni create dagli equivoci, la scoperta delle magagne dei protagonisti e le crisi coniugali che ne derivano continuano (nei millenni, è il caso di dirlo) a divertire il pubblico e ad essere il perno attorno al quale ruotano, e ruoteranno ancora, infinite storie, di cui questʼopera è la diretta pro-

genitrice. Due gemelli, perfettamente identici, crescono in due città diverse dopo che uno, Menecmo I, viene smarrito dal padre. Quando lʼaltro, che porta il nome del fratello perso, Menecmo II, arriva in città per cercarlo, si innescano spassosi equivoci a catena che trasformeranno completamente le vite dei due protagonisti. Lo spettacolo è diretto dallʼeclettico e prolifico regista (nonché sceneggiatore, attore, scenografo e costumista) Memè Perlini, che ha al proprio attivo oltre una cinquantina di testi rappresentati in tutto il mondo, e prodotto da TSI La Fabbrica dell'Attore, che ha dato vita negli anni Settanta al movimento teatrale della “scuola romana”. ERSILIA CRISCI


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NOTIZIE DALLA CAPITALE Marzo 2011 Municipio XVII (Prati- Trionfale)

A PRATI CONTINUA LA LOTTA AL COMMERCIO AMBULANTE PER MIGLIORARE IL DECORO URBANO

INTERVISTA ALL’ASSESSORE AL COMMERCIO MAURO CALISTE Il Municipio XVII ha varato negli ultimi tempi diversi provvedimenti attenti al decoro urbano, che non sembrano però frenare l’invasione delle bancarelle, con tutto quello che segue in termini di occupazione abusiva di suolo pubblico, di rallentamento del traffico pedonale e veicolare. Vorrei subito chiarire una volta per tutte che le cosiddette bancarelle sono autorizzate centralmente dal Comune. Scusi, assessore, ma questo mi sembra un po’ uno scaricabarile. No, guardi, niente scaricabarile. Sono proprio le delibere comunali che prevedono che gli ambulanti siano autorizzati all’esercizio dall’assessorato al commercio centrale, che provvede anche a assegnare postazioni e turnazioni (le cosiddette “rotazioni”) e a disciplinare gli eventuali abusi. Anzi, nella maggior parte dei casi, il nostro Municipio spesso “subisce” le decisioni dell’Assessorato al commercio, come per esempio i trasferimenti da altri Municipi. E il XVII cosa può fare allora? Già dalla fine del 2008 abbiamo effettuato tramite la Polizia Municipale una ricognizione degli ambulanti del nostro territorio. Abbiamo poi inviato una dettagliata relazione all’Assessorato comunale, affinché quelli non in regola fossero spostati in una sede più congrua, ma a tutt’oggi, dopo quasi tre anni e vari solleciti non siamo stati neanche convocati. E consideri che il XVII Municipio ha la più alta densità di ambulanti rispetto alla superficie, dovuta anche alla vicinanza col Vaticano. Quindi il Municipio ha solo strumenti repressivi a disposizione, rappresentati dalla Polizia Municipale. In linea di massima sì, però come Giunta del Municipio cerchiamo di non rimanere, per così dire, con le mani in mano. Con una direttiva ad hoc ho richiesto un presidio di Polizia Municipale in viale Giulio Cesare, una zona molto calda per il com-

mercio ambulante, proprio per tenere sotto controllo gli autorizzati e eliminare gli abusivi. In via Sabotino, invece, in prossimità del mercato, visto anche il perimetro limitato, siamo riusciti a inviare dal Municipio all’Assessorato comunale un progetto di spostamento e riduzione di superficie degli ambulanti che occupavano anche il centro dell’incrocio con via Montesanto; il progetto è stato accolto, con evidenti ricadute anche sulla sicurezza. Per il resto del territorio, la Polizia Municipale ha poi elevato numerosi verbali trasmessi per le sanzioni successive all’Assessorato, che ha costituito un apposito ufficio. Non va poi così male, allora…? Che le devo dire…è evidente che c’è ancora molto da fare. Dal canto nostro cerchiamo di sfruttare ogni occasione utile per migliorare il decoro del nostro Municipio, come l’effetto deterrente sugli esercenti generato dalla delibera di Giunta che ha stabilito che gli arredi abusivi di bar e ristoranti fossero rimossi secondo l’impatto degli abusi (esempio tavoli, sedie, ombrelloni, gazebo) e non secondo l’ordine cronologico, cosa che ha spinto gli inadempienti spesso a rimuoverli autonomamente. Dell’indiscriminata e assurda invasione dei cartelloni pubblicitari ne parliamo un'altra volta? Forse è meglio, anche perché, come per gli ambulanti, anche l’installazione dei cartelloni è di competenza centrale e l’Assemblea Capitolina in questi giorni sta approvando il piano regolatore della pubblicità, un provvedimento di condono tombale che arriva dopo lo scempio perpetrato fin dai primi giorni dell’insediamento della giunta Alemanno, che ha vanificato in due anni il lavoro quasi ventennale delle precedenti giunte di centro sinistra. I risultati li abbiamo davanti agli occhi, anche nel nostro Municipio, dove tutti i giorni siamo letteralmente subissati dalle proteste e dalle segnalazioni dei cittadini, grazie alle quali, e agli interventi della Polizia Municipale, siamo riusciti a far eliminare qualche cartellone in viale Giulio Cesare, in piazzale Clodio e sulla direttrice verso lo Stadio, in via Morra di Lavriano. GIOVANNI GIUSTI


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NOTIZIE DALLA CAPITALE

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Municipio XVII (Prati - Trionfale)

EVACUATO UN INSEDIAMENTO ABUSIVO SULLE SPONDE DEL TEVERE NEL QUARTIERE PRATI La pronta segnalazione da parte di Antonella Tancredi (Consigliere Municipio XVII) e Athos De Luca (Consigliere Roma Capitale) alle autorità competenti ha consentito l’evacuazione di un campo Rom a Prati. Si è protratta per l’intera nottata un’operazione della polizia municipale contro i fenomeni di degrado urbano nella Capitale. Al lavoro 14 pattuglie, gli uomini del reparto di Polizia Giudiziaria del XVII Gruppo e del Gruppo Sicurezza Sociale Urbana. La pronta segnalazione della presenza dell’insediamento abusivo da parte di Antonella Tancredi (Consigliere del Municipio XVII e Athos De Luca (Consigliere di Roma Capitale entrambi del PD) ha consentito l’evacuazione di due insediamenti presenti sugli argini del fiume Tevere, nel XVII Municipio a ridosso di San Pietro, sorti in Lungotevere delle Armi e Lungotevere della Vittoria.

Ci vivevano 18 romeni, alcuni dei quali con precedenti alle spalle. Nei loro confronti è scattata la denuncia per invasione di fondi ed edifici e per sottrazione di energia elettrica. Base e regia

delle operazioni in piazza Maresciallo Giardino dove, con una stazione mobile, gli agenti della Municipale hanno potuto procedere alle identificazioni direttamente sul posto. Per trasportare i fermati presso l’Ufficio Immigrazione della Questura è stato utilizzato un autobus appositamente messo a disposizione dall’amministrazione comunale.


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NOTIZIE DALLA CAPITALE Marzo 2011 Municipio XVIII (Gregorio VII - Boccea - Valle Aurelia - Casalotti - Montespaccato

MANIFESTAZIONE AL PARCO DI VIA DELL’ACQUA FREDDA: QUALE FUTURO PER LE FAMIGLIE DI AGRICOLTORI? Si è svolta a Roma il 15 Febbraio 2011 in Via dell’Acqua fredda 88 la manifestazione per scongiurare lo sfratto dei contadini dalle loro case di proprietà del Capitolo di San Pietro (potente struttura canonicale fondata nell’XI secolo che gestisce il patrimonio della basilica vaticana). E’ stata molto partecipata da parte delle forze di centrosinistra (Verdi e PD) che si sono mostrate estremamente solidali e vicine al problema. Centocinquanta era il numero totale delle persone presenti alla protesta tra i quali: il deputato PD Roberto Morassut, il Consigliere Regionale PD Esterino Montino, il consigliere provinciale del PD Alberto Filisio, alcuni giovani dirigenti del circolo PD Aurelio e il segretario dei Verdi Angelo Bonelli. La tragedia per i contadini è cominciata nel 1992 con i primi sfratti da parte del Vaticano. Le famiglie totali che vivono e lavorano in quel parco sono dieci (inizialmente erano quindici) e sono in quell’area da quattro generazioni (oltre 100 anni!). Mandandole via da quei luoghi le si priva non solo della loro casa ma anche del loro lavoro (i contadini vendono il loro prodotti al Mercato Trionfale). Inoltre perdendo le loro terre perderebbero le agevolazioni che la Regione Lazio gli conferisce sulla compera dei macchinari, sul gasolio, e gli incentivi per i loro figli che vogliano intraprende l’attività di contadino: una situazione veramente drammatica! Nel 2002 il Comune di Roma aveva fatto un tentativo per avere quelle terre e poterle gestire direttamente con Roberto Morassut, all’epoca assessore all’Urbanistica durante la giunta Veltroni. L’accordo consisteva nel rinunciare, da parte del Comune di Roma, al comodato d’uso di alcune terre (sempre di proprietà del Vaticano) che si trovano dall’altra parte della strada rispetto al Parco dell’Acqua fredda, ed in cambio il Comune avrebbe avuto quelle case. Morassut però volle capire meglio quale fosse l’uso che lo stesso voleva farne e gli chiese di mostragli quali fossero i progetti. L’assessore in seguito giudicò quei progetti poco chiari e la trattativa saltò. I contadini già da tempo hanno mandato una lettera al Sindaco Gianni Alemanno per spiegare la loro situazione e per convincerlo a parlare con il Vaticano per cercare di risolvere il problema, ma non hanno

avuto risposta. Il 16 Febbraio, un gruppo si è recato alla sede della Provincia di Roma per consegnare al presidente Nicola Zingaretti una lettera da far recapitare “ai piani alti” del Vaticano. L’unica cosa che hanno ottenuto i contadini per ora è una proroga dello sfratto fino al 7 di Aprile. MASSIMO MINNETTI

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NOTIZIE DALLA CAPITALE

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Municipio XVIII (Gregorio VII - Boccea - Valle Aurelia - Casalotti - Montespaccato

IL CAPOGRUPPO PD DEL MUNICIPIO XVIII GIANNA FILARDI: “UN MUNICIPIO FERMO AL 2007!”

Riceviamo e pubblichiamo.

Il Presidente del Municipio XVIII e l’ Assessore ai Lavori Pubblici ed alle Periferie del Comune di Roma, in una lettera aperta ai Cittadini del Municipio, presentano l’indizione della gara di appalto per l’allargamento della Via Boccea come l’intervento più importante degli ultimi trenta anni per questo quadrante della città e come frutto del lavoro degli ultimi due anni della due amministrazioni (Comune e Municipio). Sono entrambi giovani ma non tanto da non ricordare che negli ultimi 30 anni, in questo Municipio, è stata realizzata la metropolitana, gli svincoli del GRA e tante altre cose.

Così come non ricordano che l’opera in questione è stata inserita già dal 2007, appena l’allora Sindaco Veltroni ha avuto i poteri speciali per il traffico, tra gli interventi da realizzare insieme al completamento dell’allargamento della Via Pineta Sacchetti ed il prolungamento della metropolitana da Battistini a Casal Selce. Tutte opere progettate in una visione generale di intervento sulla mobilità del Municipio e del quadrante, già dal 2008 in fase di iter progettuale ed attuativo avanzato. Le nuove amministrazioni di centro destra del Municipio e del Comune danno avvio ai lavori su Via Boccea dopo quasi tre anni di blocco. Naturalmente tutti ne salutiamo positivamente la realizzazione, ma vogliamo anche ricordare che sul prolungamento della Metropolitana a Casal Selce c’è un silenzio assordante, così come sull’adeguamento della Via Pineta Sacchetti e sull’apertura del parcheggio di P.zza dei Giureconsulti. L’unico dato certo è che dei circa 30 mi-

lioni di investimenti previsti nel bilancio del 2008 dalla precedente amministrazione sul Municipio XVIII per queste opere, restano solo i 5.2 milioni (non 6.5 come dichiarato) per l’allargamento della Via Boccea. “Di 30 milioni di euro per le opere stradali previsti dall’amministrazione precedente rimangono appena 5,2 milioni Un taglio di quasi 25 milioni rispetto

Quindi, un taglio di quasi 25 milioni!

Ma il dato ancora più preoccupante è che, per i prossimi anni, non sono previste né opere né investimenti di alcun tipo, a parte il completamento di opere già iniziate e già largamente finanziate in precedenza. Un bravo Amministratore, che intende rappresentare gli interessi dei cittadini, deve sì valorizzare le cose che si fanno, ma ha anche il dovere di dire la verità, difficoltà comprese! Gli amministratori di centro destra, a partire dal Sindaco e dal Presidente del Municipio, dichiarano in ogni occasione che il Municipio XVIII è un territorio a loro molto caro, lo dimostrino con i fatti!

Tra pochi giorni inizia la discussione sul bilancio 2011: riattivino i finanziamenti per il prolungamento della Metro, per Via della Pineta Sacchetti, per la viabilità, per la manutenzione delle scuole, accolgano le richieste dei cittadini che chiedono che Forte Boccea venga utilizzato per attività pubbliche, sociali e culturali, acquisiscano il Parco della Cellulosa, avviino un piano di riqualificazione del complesso ex Bastogi, aumentino i fondi per le politiche sociali. Il Gruppo del Partito Democratico Municipale presenterà e sosterrà queste richieste nell’interesse dei cittadini e per migliorare la loro qualità di vita. GIANNA FILARDI (Capo Gruppo Gruppo PD, Municipio XVIII)


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NOTIZIE DALLA CAPITALE Marzo 2011

TORNANO LE LUCCIOLE ALL’AURELIO (O NON SE NE SONO MAI ANDATE?!?)

Le trovate già prima delle 23 in via Acquafredda, via della Riserva di Torretta, sull’ Aurelia all’altezza del supermercato Panorama e su tutte le rampe dei cavalcavia verso Massimina/Malagrotta (Mun. XVIII). Magari non stanno più sul ciglio della strada, magari vestono in modo meno succinto, ma continuano ad esserci anche se il centro destra aveva promesso in campagna elettorale che avrebbe risolto il problema. Multare i clienti e le prostitute non ha prodotto alcun risultato e la realtà è di fronte gli occhi di tutti. Una soluzione che accontenta al tempo stesso i paladini del decoro, della decenza, dei diritti delle donne, dei cittadini, c’è e la conosciamo tutti

quanti: riaprire la case chiuse ed in questo modo gestire un fenomeno che attualmente non viene governato. La prostituzione degrada le nostre strade, arricchisce le organizzazioni criminali e peggiora le condizioni di vita delle donne che si prostituiscono. Si dovrà dare a quante scelgono di continuare a esercitare il mestiere più antico del mondo dei luoghi ove farlo in modo più discreto, offrendo al contempo a loro ed ai clienti una vigilanza sanitaria costante, sostituendo alla figura del protettore un vigilante addetto alla difesa personale delle lavoratrici, da esse stesse stipendiato, nonché appartamenti di affittacamere ove ricevere, obbligandole ad avere un certificato sanitario, emettere fattura, pagare le tasse e i contributi previdenziali, poiché arriverà il giorno in cui saranno vecchie e poco avvenenti, o comunque nauseate dal mestiere e dal logorio quotidianofisico e psichico- che esso comporta e dovranno pagarsi, se non l’appartamento di proprietà, almeno un alloggio popolare. A nessuno sfugge che legalizzare, ovvero normalizzare e codificare un fenomeno che- ahinoi! –esiste e non può essere negato né represso, sottrae molti proventi alla malavita e alla criminalità organizzata, consente d’imbrigliarlo in modo che risulti in qualche modo gestibile e, se vogliamo, dia allo stato centrale ed alle amministrazioni locali una fonte di entrata tale da far impallidire il superenalotto e i tabacchi dei monopoli di stato. DANIELE PALONE

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Marzo 2011

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OCCHIO ALLA MOSTRA

“Perfor mance telepatica” del pittore Pietro Sarandrea

Domenica 10 Aprile, alle ore 1 7 , 0 0 , p r e s s o l'aula consiliare di Capranica (VT) il maestro Pietro Sarandrea eseguirà una performance di pittura informale. L'evento prevede un esperimento sensazionale, durante il quale una persona dovrà scrivere un suo pensiero su un foglio di carta e non mostrare a nessuno il contenuto. Nello stesso momento l'artista affiderà la propria mano al caso, nel tentativo di mettersi in contatto telepatico con l'altro ed indovinare ciò che è stato scritto. Il pittore, attraverso dei rapidi ed istintivi colpi di pennello, cercherà di imprimere sulla tela l'idea top secret dell'altro individuo. Alla fine il dipinto verrà confrontato con il foglio cartaceo e si valuterà l'esito dell'operazione. Il quadro sarà lasciato in esposizione fino al 17 Aprile, ma nel frattempo si terranno altri eventi nell'aula consiliare: Giovedì 14 il maestro Giulio Paccarino improvviserà con la tromba alcuni brani musicali ispirati ai lavori del Sarandrea; Sabato 16 Niccolò Merendino e Fiorella Silvestri presenteranno il loro libro dedicato alla scienza telepatica. L'atcion painting sarà conclusa con uno spettacolo rappresentato da un gruppo di aborigeni australiani. Il loro interesse a partecipare alla manifestazione nasce dal fatto che molte delle loro comunità utilizzano la telepatia come forma di comunicazione. Sono diversi anni ormai che l'artista di Capranica si interessa allo studio di questa misteriosa scienza esoterica. Insieme al Professor Ottavio Ramotti e ad Angelo Settimi il pittore si è spesso impegnato ad eseguire degli esperimenti di carattere telepatico. All'inaugurazione del 9 Aprile interverrà il critico d'arte Giorgio Palumbi che in già passato si è interessato all'opera del Sarandrea. Sui suoi lavori il professore scrive che il maestro cerca di esprimere l'interiorità attraverso il colore. Lo studioso avverte una forte componente spirituale nelle tele del pittore, nelle quali i pigmenti e le macchie cromatiche sprigionano le emozioni più remote dagli abissi dell'inVIVIANA VANNUCCI conscio.


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FOCUS: SQUILIBRIO E CREATIVITA’ Marzo 2011

UNO STRUMENTO PER LA CREATIVITÀ: IL PENSIERO LATERALE di Massimo Minnetti

Il termine “pensiero laterale” è stato coniato dallo psicologo e medico maltese Edward De Bono. Per spiegare cosa è il pensiero laterale, De Bono utilizza l’aneddoto del mercante e l’usuraio:

“un mercante di Londra si trovò, per sua sfortuna, ad avere un grosso debito con un usuraio. L’usuraio, che era vecchio e brutto, si invaghì della bella e giovanissima figlia del mercante, e propose un affare. Disse che avrebbe condonato il debito se avesse avuto in cambio la ragazza. Il mercante e la figlia rimasero inorriditi della proposta. Perciò l’astuto usuraio propose di lasciar decidere la Provvidenza. Disse che avrebbe messo in una borsa vuota due sassolini, uno bianco e uno nero, e che poi la fanciulla avrebbe dovuto estrarne uno. Se fosse uscito il sassolino nero, sarebbe diventata sua moglie ed il debito di suo padre sarebbe stato condonato; se la fanciulla invece avesse estratto quello bianco, sarebbe rimasta con suo padre e anche il debito sarebbe stato rimesso. Ma se si fosse rifiutata di procedere all’estrazione, suo padre sarebbe stato gettato in prigione e lei sarebbe morta di stenti. Il mercante, benché con riluttanza, finì con l’acconsentire. In quel momento si trovavano su un vialetto di ghiaia del giardino del mercante e l’usuraio si chinò a raccogliere 2 sassolini. Mentre egli sceglieva, gli occhi della fanciulla notarono che egli prendeva e metteva nella borsa due sassolini neri. Poi l’usuraio invitò la fanciulla ad estrarre il sassolino che doveva decidere la sua sorte e quella di suo padre”.

Da quanto si evince da questo aneddoto il destino della fanciulla sembra segnato, tutto sembra remare contro di lei, infatti non sembra esserci soluzione. Qui entra in gioco la differenza tra pensiero verticale e pensiero laterale. Il pensiero verticale è un pensiero razionale di tipo logico-matematico (ad esempio le dimostrazioni sequenziali della geometria euclidea, la teoria dei

sillogismi di Aristotele, ecc) dove per tentare di risolvere un problema si analizzano i dati che si hanno in maniera precisa cercando di non trascurare nulla. Se la ragazza ragionasse in maniera “verticalista” avrebbe tre possibilità: rifiutarsi di estrarre il sassolino, mostrare che la borsa contiene 2 sassolini neri e dunque smascherare l’imbroglione, estrarre uno dei sassolini neri e sacrificarsi per salvare il padre dalla prigione. Nessuna delle 3 alternative è di reale aiuto per la ragazza, infatti se la ragazza non estraesse il sassolino, suo padre finirebbe in prigione e se lo estraesse dovrebbe sposare l’usuraio. Il primo metodo di ragionamento porta a tentare di risolvere il problema con la logica razionale; il secondo metodo di ragionamento non parte da certezze prestabilite e preferisce analizzare più possibilità od alternative per risolvere un problema altrimenti insolubile. Cosa fece la ragazza? La ragazza alla fine prese un sassolino, se lo fece sfuggire dalle mani e disse che comunque non ci dovevano essere problemi perché bastava vedere di che colore fosse il sassolino rimasto nel sacchetto per dedurre il colore dell’altro. Poiché dunque era rimasto il sassolino nero si dovette presumere che quello che era stato estratto doveva essere bianco. Dunque la ragazza servendosi del pensiero laterale riuscì a risolvere un problema altrimenti insolubile. Se l’usuraio fosse stato onesto la probabilità di risoluzione del problema per la ragazza sarebbe stata del 50%. Paradossalmente la disonestà dell’usurario, assieme all’utilizzo del pensiero laterale, è stata di grande aiuto alla ragazza perché le ha dato la certezza della soluzione del problema a suo vantaggio.


Marzo 2011 FOCUS: SQUILIBRIO E CREATIVITA’

QUANDO venni ricoverata in manicominio ero poco piu’ di una bambina... Nel 1978 la malattia mentale era ancora trattata in base a una legge del 1904, vecchia e retrograda perché, oltre ad essere datata, si ispirava a una legge francese del primo ottocento. Il manicomio, secondo la legge 36 del 1904, era una sorta di luogo di detenzione in cui il malato di mente doveva essere custodito dal momento in cui cominciava a essere pericoloso per sé o per gli altri, o quando diventava motivo «di pubblico scandalo». Non c’era il concetto di prevenzione della malattia, e quello di cura era molto vago: l’alienazione – così era definito qualunque disturbo mentale, dalla nevrosi alla schizofrenia – era un male biologico, innato, non curabile e irreversibile. Per questo, negli anni ’50 e ‘60, si sviluppò un dibattito etico e scientifico sulla necessità di rivedere sia il concetto di malattia mentale sia i presupposti della psichiatria e dell’istituzione manicomiale. In Italia Franco Basaglia fu tra quei riformatori che per primi proposero una psichiatria che curasse il malato e non lo mortificasse con l’oppressione e la discriminazione tipiche del manicomio; che non somministrasse dosi massicce di farmaci ai pazienti pur di tenerli calmi, che non ricorresse più all’elettroshock e non legasse i pazienti per giorni e giorni al letto senza acqua e cibo, sommersi dall’urina e dalle feci; che evitasse il ricovero permanente, preferendo cure riabilitative o di sostegno extra-ospedaliere, e avesse al centro dei suoi interessi la salute del paziente, non la tutela della tranquillità sociale. In altre parole, Franco Basaglia chiedeva la chiusura dei manicomi, che ottenne il 13 maggio 1978 con l’approvazione a larga maggioranza della legge 180 che da lui prese il nome. In essa erano contenuti i principi guida su cui sarebbe dovuta basarsi la futura legislazione in materia, a partire dalla legge 833 dello stesso anno: con essa veniva istituito il Servizio Sanitario Nazionale, in cui rientravano anche i Servizi Psichiatrici. Questi

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dovevano essere forniti su tutto il territorio ed operare, quando possibile, fuori dagli ospedali, “dentro” la società, perché finalmente era stato compreso quanto sia importante il contesto per la cura e la riabilitazione del paziente. Il trattamento sanitario dopo il 1978 diventa di norma volontario, nel senso che a richiedere assistenza psichiatrica è chi pensa di averne bisogno, o un suo familiare. Rimane la possibilità di un accertamento della malattia e di un trattamento obbligatori, disposti dall’autorità sanitaria ma sempre «nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura» (art. 33, legge 833/78). Rimangono ancora nodi da sciogliere, come l’adeguamento a queste direttive degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, o l’appianamento del dislivello esistente tra regione e regione nell’attuazione della legge; ma di certo la legge Basaglia ha contribuito a scardinare l’idea che una linea netta separi i sani dagli insani. Per concludere, la parola a una donna a cui nel 1965 la brutalità del manicomio tolse per lungo tempo la libertà e la dignità umana, senza però riuscire a impedire che diventasse una tra le poetesse più amate e apprezzate del Novecento: Alda Merini (1931-2009).

«Quando venni ricoverata per la prima volta in manicomio ero poco più di una bambina, […] una sposa e una madre felice, anche se talvolta davo segni di stanchezza e mi si intorpidiva la mente. Provai a parlare di queste cose a mio marito, ma lui non fece cenno di comprenderle e così il mio esaurimento si aggravò, e morendo mia madre, alla quale io tenevo sommamente, le cose andarono di male in peggio tanto che un giorno, esasperata dall’immenso lavoro e dalla continua povertà […] diedi in escandescenze e mio marito non trovò di meglio che chiamare un’ambulanza, non prevedendo certo che mi avrebbero portata in manicomio. […] Dopo qualche giorno mio marito venne a prendermi, ma io non volli seguirlo. Lo vedevo ora come un nemico. E quella dissero che era stata una mia seconda scelta, scelta che pagai con dieci anni di coercizione punitiva» (A. Merini, L’altra verità. Diario di una diversa, Bur, Milano 2007). GIORGIO ZUSSINI


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FOCUS: SQUILIBRIO E CREATIVITA’ Marzo 2011

CERVELLI D’ITALIA (L’INNO CHE NON C’È) Brain Drain la chiamano gli inglesi, è la “fuga dei cervelli”: giovani laureati che lasciano il proprio Paese per cercare fortuna – leggi lavoro – all’estero. Quelli italiani si calcola siano attualmente più di 300 mila.

Cosa ci rimette L’Italia? Il danno è innanzitutto economico: lo Stato investe nell’istruzione di giovani i quali, dopo gli studi, vanno poi a riempire le casse statali altrui. Il capitale umano di un Paese infatti genera ricchezza, e non va dimenticato che un lavoratore è anche un contribuente. Nel momento in cui le migliori tra le sue menti lavorano per lo sviluppo e la crescita di altre nazioni, l’Italia perde poi in competitività economica, fatto grave considerando che quello internazionale è un sistema economico essenzialmente competitivo. Giusto per dare qualche cifra, l’Icom (Istituto per la Competitività) ha stimato che l’Italia ha perso negli ultimi 20 anni quasi 4 miliardi di euro, ovvero quanto avrebbe ricavato dai brevetti che i ricercatori italiani hanno presentato all’estero. Per questi motivi negli anni ’70 veniva proposta – senza successo – una “Tax on Brain”, ovvero una tassazione che gli Stati ospiti avrebbero dovuto pagare ai paesi d’origine del lavoratore qualificato, come ricompensa per il capitale umano perso. Il nostro Paese negli ultimi anni ha più volte cercato di arginare il problema attuando politiche di rientro, fornendo incentivi fiscali – in poche parole detassazioni – a quei laureati che fossero rientrati in Italia dopo almeno tre anni di lavoro all’estero. L’ultimo di questi tentativi è dei mesi scorsi, ma se l’esperienza insegna non c’è da sperare in risultati migliori di quelli ottenuti nel 2003, quando analoghi incentivi convinsero a far ritorno a casa solo 300 dei 40-50.000 ricercatori e docenti che ne avevano diritto: meno dell’1%. Ci si potrebbe chiedere: perché l’inefficacia di simili provvedimenti? Domanda sbagliata. Quella

giusta, e preliminare, è perché tanti giovani, laureati e soprattutto ricercatori, lasciano l’Italia dopo gli studi? La risposta è che qui da noi i governi investono generalmente poco in università e ricerca, negli ultimi anni come non mai; i centri di eccellenza adatti ad accogliere le menti più brillanti sono pochi, si fa poca ricerca, mancano adeguate infrastrutture; e anche quando la si fa, la ricerca, i contratti sono precari, le prospettive scarse e gli stipendi pure, in confronto agli standard europei. Se un ricercatore italiano prende 36.000 euro annui, uno inglese o tedesco ne guadagna più di 50.000. E poi non c’è meritocrazia, parola il cui disuso non garantisce più un avanzamento di carriera pari al merito acquistato. Infine, riguardo alla ricerca, mancano i giusti riconoscimenti – stimolo importante per chi ad essa dedica la propria vita. Non che gli ingegni nostrani manchino: per fare solo due esempi, quest’anno la rivista americana “Popular Science” ha nominato tra i dieci migliori scienziati i nostri Maurizio Porfiri e Chiara Daraio; italiani sì, ma costretti a portare avanti le proprie ricerche negli Stati Uniti, destinazione finale del 45% di questi nostri cervelli in fuga. «In Italia non avrei mai le opportunità che mi offrono gli Usa, soprattutto alla mia età», spiega la Daraio, 32 anni e il merito di aver trovato come rivoluzionare le tecniche dell’ecografia.

La fuga dei cervelli è comunque un problema che non riguarda soltanto l’Italia, anzi: il tasso di emigrazione di laureati nel resto d’Europa è generalmente anche più alto. Quello che però distingue l’Italia è la scarsa capacità di attirare lavoratori qualificati: se in Gran Bretagna questi costituiscono il 30% degli immigrati totali e in Francia il 18%, in Italia sono soltanto il 12%. In Gran Bretagna per ogni cervello che parte ne arriva uno in sostituzione; in Italia, invece, ne arriva uno e ne parte uno e mezzo. E gli Stati Uniti neanche a nominarli: ne perdono uno ogni venti che ne guadagnano. Tutto a dimostrazione che il nostro bel paese per molti non è poi così attraente. GIORGIO ZUSSINI


Marzo 2011 FOCUS: SQUILIBRIO E CREATIVITA’

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C'era una volta un genio di nome Leonardo di Viviana Vannucci

Come mai nella nostra epoca non esistano uomini del calibro di Leonardo da Vinci!?

“Un intelletto tanto divino e meraviglioso”. Così Giorgio Vasari ricorda l'uomo, che più tardi i romantici dell'Ottocento definiscono con la categoria di “genio”. Leonardo nato a Vinci nel 1452, si trasferì presto alla Corte dei Medici a Firenze, dove diede prova della sua personalità eclettica, capace di spaziare dalla scienza all'arte e di basare ogni studio sulla verifica empirica e diretta: “perché le indagini abbiano fondamento scientifico, devono seguire riscontri oggettivi e prove tangibili”. Queste idee, espresse nei suoi numerosi disegni del Codice Atlantico, trovarono ulteriori sviluppi alla Corte di Ludovico il Moro a Milano. Fu in questa fase che il genio toscano mise a frutto il suo estro creativo, realizzando capolavori come la Vergine delle rocce, la Dama con l'ermellino e il Cenacolo. A questo periodo appartiene anche la straordinaria produzione grafica inerente a problemi di anatomia, botanica, architettura, ingegneria… L'ultima fase della sua vita è segnata “dall'esilio francese”, quando l'uomo scelse di trasferirsi alla Corte di Francesco I e di lasciare ai posteri l'ultimo capolavoro: la Gioconda, opera con cui il maestro liberò il ritratto dalla veste celebrativa ed ufficiale conferendogli una dimensione naturale. Lo scienziato morì nel 1519 ad Amboise e dopo di lui la storia moderna, anche se ricca di eccellenti personalità, non ha più conosciuto personaggi dotati di una mente così poliedrica. A questo punto, la domanda che dovremo porci è come mai nella nostra epoca non esistano uomini del calibro di Leonardo da Vinci! Perché un cervello del genere non è più tornato? Eppure, noi siamo figli della generazione che è sbarcata sulla Luna! Siamo il popolo di Internet, quelli che possono vedere chi è all'altro capo del pianeta stando davanti ad una web-cam! Noi siamo i potenziali fruitori di Marte, gli abitudinari viaggiatori delle tratte celesti, gli eroi della tecnologia d'avanguardia. Noi siamo quelli per

cui il mondo è un villaggio globale, gli inventori degli spazi virtuali, i promotori dell'energia nucleare. Eppure nessuno di noi, neanche il più illustre dei Premi Nobel, è riuscito ad eguagliare un'intelligenza del genere! Non vorrei azzardare, ma forse una risposta è nel progresso, in quella straordinaria condizione che sembra rendere le nostre vite migliori, garantendo comodità, agiatezza e l'illusione di essere “gli uomini del futuro”. L'epoca di Leonardo, invece, che fu ben lungi dal conoscere il nostro sviluppo, diede alla luce i mostri sacri del Rinascimento senza che essi avessero potuto accendere un computer o usufruire di un qualsiasi strumento elettronico. Il nostro problema è forse quello di affidarci troppo alle macchine e di permettere che esse soffochino la creatività e il genio inventivo. Il progresso, se da un lato ci ha dato la coscienza di appartenere all'era moderna, dall'altro ci ha reso suoi schiavi ed accaniti adulatori del sistema mediatico. Allora, è da porsi la domanda di come potremmo vivere senza la tecnologia avanzata! E a questo risponderemmo che sarebbe impensabile immaginarci privati dei nostri beni più cari, come la tv o i cellulari! Ma in quel caso saremmo costretti a ridare spazio alle idee, lasciando ad esse il dominio del mondo e non il contrario.


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FOCUS: SQUILIBRIO E CREATIVITA’ Marzo 2011

EMO NON SONO, MA IO COSA SONO? di Laura Napoli

La moda tra i giovanissimi si divide tra punk, metallari, gabber, dark ma anche Emo e lolite. Solo moda o stile di vita preoccupante? “Io sono un emo!” dice la nipote allo zio nel film di Carlo Verdone “Io Loro e Lara”. Allora lo zio chiede alla nipote: «Ma che vuol dire Emo? » e la nipote: «Noi viviamo le emozioni fino in fondo, viviamo fino in fondo la depressione, la tristezza e la solitudine» e lo zio: «ma solitudine di che???» e la nipote: «a zi te non puoi capì vivi in Africa…» Infatti per prima cosa per i giovani gli adulti non capiscono mai niente.

Che grazie ai media questa moda si sia diffusa è ovvio. Che grazie ad Internet trova campo fertile è scontato, ma il problema è che oggi i “bimbi” poco più che adolescenti pensano che emo significhi conciarsi in questo modo e ascoltare gruppi pop o finti metalcore. L'emo, che è SOLO un movimento musicale hardcore morto e sepolto, non esiste più da oltre 10 anni e la moda "emo" non è mai esistita. Se questi ragazzi che dicono di essere emo ascoltassero i veri gruppi di questo genere (Embrace, Rites of spring, Quicksand, Braid); capirebbero, forse, alcune cose. Non sto parlando in cinese o di popoli di altri pianeti ma di tendenze giovanili che spesso sfociano in un vero e proprio modo di vivere. L’emo, inizialmente, era un genere di musica punk – rock e descriveva lo stile sonoro di Washington DC nella metà degli anni ’80. Oggi non si sa cosa sia. Ma invece di inv e n t a r e nuove tendenze perché si riusano quelle vecchie? C’è mancanza di fantasia? E’ chiaro che oggi le etichette giovanili si sono moltiplicate. Quando io

ero giovane (ed ho oggi solo 29 anni) i giovani forse erano più semplici. C’erano le zecche, i punk ed i pariolini. Ma nulla troppo fuori dalle righe. A parte alcuni casi meno diffusi. Si andava in discoteca il pomeriggio ed a 16 anni sbocciavano i primi amori. Ma parlo solo di dieci anni fa. Oggi è tutto diverso. Pantaloni attillati, capelli neri e piastrati, trucco profondo anche per gli uomini. Emo e non solo. Ma anche altro. Il problema non è infatti la moda perché poi ognuno si veste come vuole. Il problema è lo stile di vita. Il bisogno che quello che siamo dobbiamo farlo vedere agli altri. Manifestare con segni esterni. Tristezza, depressione, tendenze bisessuali, farsi dei tagli sul braccio per sentire la tristezza, questo è mancanza di valori ed anche mancanza di obiettivi nella vita. Così se a 16 anni chiedi alla maggior parte degli emo: «cosa vuoi fare nella vita?» Loro rispondono «bhò io vivo il presente». Inconsapevolezza delle difficoltà del futuro o semplicemente tendenza? Mancanza di serietà e di obiettivi o tendenza della società del benessere? Un po’ tutto oppure solo momento di passaggio nella fase adolescenziale? Genitore non sono, ma non ci vuole un genio per capire che oggi più che mai a causa di una società troppo “mediatica” sia necessario seguire con attenzione ogni passo della crescita di un figlio per evitare che si ritrovi con un background di esperienze sbagliate che poi inevitabilmente influenza anche la vita futura. Speriamo che prima o poi arrivi uno stile di vita in controtendenza: moda sobria, alti voti a scuola, impegno nel sociale e serenità con un bel sorriso sulle labbra. E se proprio vogliamo seguire delle mode, meglio se le creiamo noi invece sempre di importarle dai soliti paesi.


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POZIONI MAGICHE PER UN PULITO BIOLOGICO di Valeria Pucci

Istruzioni per l’uso: il Mondo Nuovo

La primavera si avvicina, il sole illumina la mia giornata e la voglia di mangiare sano mi ha portata in un negozio di alimentazione naturale dove ho comprato delle zucchine biologiche - sperando che siano davvero biologiche -. Tornata a casa le ho lavate nel lavandino che ho precedentemente pulito con un bel anticalcare ampiamente pubblicizzato, probabilmente inquinante. Dopodiché ho cucinato le zucchine in pentole costruite con materiali di cui non s'è ancora ben capita la potenziale tossicità e le ho servite su piatti resi splendenti da uno dei tanti detersivi altamente inquinanti e brillantati con sostanze altrettanto sospette di cui non voglio chiedermi la composizione. Ponendo il caso che all' inizio di questa operazione le zucchine fossero davvero biologiche, mi sono chiesta: quanto biologiche sono rimaste alla fine di tutta la preparazione?

Questo piccolo esempio per presentarvi un gruppo di lavoro che ho scoperto navigando in internet alla ricerca di prodotti che fossero efficaci nella pulizia quotidiana della casa e contemporaneamente innocui per l’essere umano e per l’ambiente. «Il nostro gruppo ha preso il nome di “Mondo Nuovo” perché è ad un mondo nuovo che vi invitiamo a partecipare con gioia, senso di condivisione e certezza che tutti insieme ce la possiamo fare. Qualunque contributo nel fare conoscere ed applicare questo lavoro sarà una delle tante gocce che andranno a Curare la nostra meravigliosa Madre Terra.» Nel sito gestito dal gruppo Mondo Nuovo, oltre ad avere una panoramica dei risultati di ricerche approfondite sui componenti dei vari saponi e detergenti per la casa (compresi quelli che vengono definiti 100% biodegradabili e che purtroppo non ne escono bene), ci sono molte schede con ricette per poter creare da soli tutto ciò di cui abbiamo bisogno per rendere pulite e a prova di contami-

nazioni chimiche le nostre case. Consultando i suggerimenti ho scoperto di avere in dispensa gli strumenti e gli ingredienti degni di un laboratorio magico e nel fine settimana mi sono trasformata in un’ ”apprendista stregona” per sperimentare personalmente il funzionamento di quanto letto. Ed è così che ho visto il bicarbonato opportunamente mescolato all’acqua, in base alla percentuale, diventare via via un perfetto igienizzante, efficace nell’eliminare gli odori e sgrassare i taglieri in legno; o diventare lucidante per l’argenteria; o ancora sbiancante per le fughe delle piastrelle (la righina bianca tra una piastrella e l’altra); ovvero cosparso puro in polvere sulla sabbietta, diventare un ottimo assorbi odori per la lettiera del gatto.

Altro protagonista del mondo del pulito è l’aceto. Anch’esso, usato puro o diluito, è perfetto per gli elementi di acciaio inox in cucina, in quanto elimina efficacemente il calcare, e nella vaschetta della lavatrice diventa un degno sostituto dell’ammorbidente. E gli olii essenziali? Quelli di basilico, lavanda e limone tengono lontani gli insetti; gli olii di menta, limone ed eucalipto purificano l’aria; lavanda e geranio combattono la muffa. Adesso che abbiamo davanti alternative interessanti che fanno anche risparmiare sostituendo i prodotti tradizionali, che ne dite di fare un ‘passeggiata virtuale’ e scoprire altre ricette? Basta digitare su un motore di ricerca la dicitura “Detersivi BioAllegri” ed entrerete nel mondo dell’ecologia domestica. Fonte: www.biodetersivi.altervista.org/homepage.htm


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FOCUS: SQUILIBRIO E CREATIVITA’ Marzo 2011

I Tarocchi di Aleister Crowley: genio e follia nella lama del matto Il matto, uomo sospeso fra i mondi, genio solitario di unitaria primordialità. Appeso alla volta celeste, con i piedi che sfiorano la terra, sorvola l’abisso in cui è perso, proiettandosi verso l’assoluto. Egli conosce il tutto concentrato in punto. In esso si perde, creatura di perfetta sincronicità. I suoi occhi lascivi, dallo sguardo imprendibile, roteano senza meta verso un punto di fuga indecifrabile, segno tangibile di perdizione assoluta.

l'omega. L’inizio e la fine. Il puro potenziale da cui ogni forma nasce e verso cui tutto ritorna, impulso primo dello spirito divino, nulla destinato alla rigenerazione. Il matto incarna l’indefinito prima della rivelazione, la percezione dell’energia pura prima ancora dell’impressione della matrice divina che la plasma. Indicandoci la via che conduce verso l’ignoto, egli ci guida alla scoperta di una nuova dimensione interiore, quella dell’anima che si affida alle leggi superiori del cosmo, ancor prima di definire il mondo attraverso i parametri razionali della materia.

Il matto ha sciolto i condizionamenti dello spazio e del tempo, immergendosi nella propria essenza, cogliendone lo sviluppo nella sua futura determinazione. Le sue mani, mistici prolungamenti dell’infinito, custodiscono gli opposti alchemici dell’acqua e del fuoco, ingredienti segreti di una sublime fusione androgina. È nella sua mancanza di direzione che si origina la meta della stessa esistenza, in una completa immersione nella potenSimbolo dell’eterno e ciclico divenire, la sua follia zialità assoluta. custodisce il seme dell’illuminazione, possibile Ma egli, in qualità di uomo incarnato, è abitato da solo attraverso la definizione che illumina l’ombra forze primitive. Come il coccodrillo che dimora ai prima della completa dissoluzione nel nulla. Il suoi piedi e la tigre che lo azzanna al polpaccio matto è il genio che attinge all’infinito, che per sinistro, all’insensibile e calcolatore cervello ret- corre sentieri ignoti. tile si contrappone un’ animalesca istintualità, in Egli sa canalizzare l’energia dell’eternità portanuno scontro vitale che si consuma nelle profondità dola nel mondo del divenire per essere conosciuta dell’inconscio. e poi nuovamente dissolta nell’indefinito eterno. È la carta senza numero, lo zero dell'alfa e delBEATRICE CHIAPPONI


Marzo 2011 FOCUS: SQUILIBRIO E CREATIVITA’

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suicidio e depressione: forme di energia negata La fine di un’esistenza è un evento sempre drammatico, che suscita sgomento ed amarezza, ma quando a porre fine alla vita è l’individuo stesso, allora gli interrogativi diventano più inquietanti. Occorre però premettere una distinzione tra il vero e proprio suicidio, dal tentato suicidio. Il primo esprime una volontà fortemente determinata a metter fine alla propria esistenza. Il secondo è l’espressione disperata di un’ultima richiesta d’aiuto, forse più volte invocata, e puntualmente disattesa. I dati statistici rilevano un po’ ovunque una maggiore percentuale di casi tra gli anziani rispetto ai giovani, ma tra questi ultimi si riscontra un'impennata di presenze del fenomeno negli ultimi venti anni, di cui una buona parte celati dietro "fatali" incidenti stradali. Tipologie di suicidio

Il famoso sociologo francese dell’ ‘800, Emile Durkeim, nel noto trattato “Il suicidio”, distinse tre diverse tipologie di suicidio. Il primo, di tipo“altruistico”, era quello agito dai servi del passato che alla morte dei loro signori, non trovando più scopi nella vita, per solidarietà altruistica, si lasciavano morire. Il secondo, di tipo “egoistico”, è dovuto all’avvento della società moderna, che creando condizioni di isolamento egoistico, svilisce quel tessuto di relazioni sociali a dimensione umana che sostenevano l’individuo nelle comunità del passato. Il terzo, definito “anomico”, si riscontrerebbe nei momenti di crisi sociale, ad esempio nelle recessioni economiche (vedi il crollo della borsa di New York del ’29), o anche di boom economico, con conseguente crisi dei valori di riferimento, per cui l’individuo si smarrirebbe in un’assenza di riscontro sociale, rispetto alle aspettative interiori. Un aspetto importante in merito, lo ricoprirebbe la religione, definita da C.G.Jung strumento terapeutico, che sembrerebbe preservare dal suicidio, soprattutto nei culti a forte coesione sociale e non individualistici come ad esempio il protestantesimo.

La depressione viene spesso imputata come causa correlata al fenomeno. Patologie neurologiche, come difetti di produzione della serotonina e dopamina sembrerebbero spesso esserne la causa scatenante. Ma ciò che in realtà determina tale stato, è da ricercarsi nel nostro sistema limbico, sede delle nostre emozioni. Pare che la depressione sia la risposta energetico-emozionale ad una negazione del desiderio, che invece di trovare riscontro, ancoraggio all’”oggetto esterno”, va ad implodere nell’individuo, deprimendo proprio quelle strutture psichiche predisposte ai fini del nostro equilibrio e della nostra felicità. È chiaro che molto dipende dalla visione e dall’approccio inconscio alla realtà, vissuta in modo del tutto individuale e soggettivo dalla persona. Un’altra causa attribuita alla determinazione dell’evento-suicidio, analogamente alla dinamica della depressione, sembrerebbe poter essere scatenata da un “inversione di aggressività”, cioè rivolta verso se stessi, altrimenti diretta verso persone inserite in un tessuto di relazioni affettive significative per l’individuo, o contro la società in toto, ritenuti, a torto o ragione, responsabili del proprio malessere. Da ciò si può dedurre che il suicidio avvenga per una mancanza di relazioni umane significative, una mancanza di valori guida, che dal sociale penetrino nell’individuo, generando poi una solidarietà umana, che ne possa scongiurare la possibilità. Le risposte sono individuali, ma credo che la ricetta terapeutica sia come sempre l’amore. Morale: la rivoluzione è spirituale, una ricerca d’amore, l’unico vero antidoto, e sicuramente l’esempio più significativo e sempre attuale è quello di nostro Signore Gesù, il quale era solito proferire: “ama il prossimo tuo come te stesso”… Ed oserei aggiungere: sì... purché ci insegnino prima ad amare noi stessi. FEDERICO MONTI


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IL MARCHIO: SEGNO DISTINTIVO DELL’ IMPRENDITORE Rubrica

Il marchio, regolato dal codice civile agli articoli 2569–2574 e dal codice della proprietà industriale, è uno dei segni distintivi dell’imprenditore e costituisce il principale simbolo di collegamento fra produttori e consumatori, svolgendo un ruolo essenziale nella formazione e soprattutto nel mantenimento della clientela. Infatti gli imprenditori affidano al marchio la funzione di differenziare i propri prodotti da quelli dei concorrenti, ed inoltre cercano di impiegarlo nella pubblicità commerciale affinché quest’ultima ne esalti la capacità di richiamo del pubblico. I riferimenti normativi sopracitati, riconoscono al titolare del marchio, rispondente a determinati requisiti di validità, il diritto all’uso esclusivo dello stesso, così permettendo che il marchio assolva la sua funzione di identificazione e differenziazione dei prodotti simili esistenti sul mercato. Per poter essere tutelato giuridicamente, il marchio deve necessariamente rispondere ai requisiti di liceità, verità, originalità e novità.

Pertanto, il marchio non potrà contenere segni contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume; non potrà contenere segni idonei ad ingannare il pubblico; dovrà essere composto in modo da consentire l’individuazione di prodotti contrassegnati fra tutti i prodotti dello stesso genere immessi sul mercato e dovrà, infine, essere originale al punto di non ingenerare confusione fra i consumatori.

Il contenuto del diritto e la tutela affidata, sono però sensibilmente diversi a seconda che il marchio sia o meno registrato. Infatti, solo attraverso la registrazione sarà attribuito al titolare del marchio il diritto all’uso esclusivo dello stesso su tutto il territorio nazionale. Il diritto di esclusiva sul marchio registrato, sebbene non impedisce, di regola, che altro imprenditore registri o usi lo stesso marchio per prodotti di-

versi, copre anche i prodotti affini qualora possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico. Il diritto all’esclusiva sul marchio registrato decorre dalla data di presentazione della relativa domanda all’Ufficio Brevetti, dura dieci anni e, alla scadenza, è rinnovabile per un numero illimitato di volte.

E’ opportuno sapere che l’ordinamento, sebbene in misura ridotta, tutela anche chi usi un marchio senza registrarlo. Infatti, come previsto dall’art. 2571 c.c. “chi ha fatto uso del marchio non registrato ha la facoltà di continuarne ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso” (c.d. preuso). Ad ogni modo, effettuata la scelta di depositare il marchio occorrerà fare alcune considerazioni importanti. Innanzitutto bisognerà stabilire l’estensione territoriale, vale a dire, scegliere se tutelare il marchio solo all’interno del territorio italiano, a livello comunitario, ovvero, anche in ogni singolo paese estero.

Poi occorrerà valutare la necessità di depositare un marchio costituito esclusivamente da parole ovvero da parole e grafica o solamente da grafica. Altra scelta importante è l’individuazione e la descrizione delle classi di prodotti e/o servizi che si intendono tutelare con il segno prescelto, tenendo conto non solo dell’attuale indirizzo produttivo dell’impresa, ma anche delle scelte future. Infatti una volta depositata, la domanda di registrazione non può più essere modificata e per aggiungere nuovi prodotti si renderà necessario depositare un nuovo marchio. Avv. Marco Senzacqua Viale Bruno Buozzi, 5 00197 – Roma Tel. +39 06 81100682 Mobile +39 328 7146202 marco.senzacqua@gmail.com


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Il serial killer: le 4 tipologie Tra i 20 e i 45 anni, di sesso maschile con una corporatura agile ma più forte della media, capace di concentrazione prolungata. Questo l’identikit del serial killer. L’omicidio seriale si verifica principalmente nei Paesi più industrializzati (Stati Uniti il 58% dei casi).

Ma perché un individuo diventa un serial Killer? Come spiega Francesco Bruno, docente di Psicopatologia forense all’Università La Sapienza, non esiste una “categorizzazione” per definire l’omicida seriale. In genere le motivazioni che spingono un individuo a compiere gesti violenti ed efferati nascono come manifestazione di una patologia. Un’attrazione esageratamente morbosa verso il corpo può spingere un individuo a uccidere e a manipolare il cadavere a proprio piacimento. Ci sono poi quei killer con alle spalle profonde esperienze di frustrazione, incapaci di vivere rapporti sessuali e di instaurare relazioni con la famiglia e con gli amici. L’omicidio diventa un mezzo per sfogarsi. In altre parole si attua una sorta di vendetta generalizzata verso tutto ciò che l’omicida percepisce come causa del suo disagio e che può essere rappresentato dalla società nel suo insieme. Infine ci sono quegli individui affetti da patologie psichiatriche vere e proprie i quali, spinti da deliri, voci, false convinzioni possono in rari casi arrivare a commettere un delitto. Il serial killer è dunque un matto? Secondo Francesco Bruno l’omicida seriale non è né un matto, né un delinquente. Lo studioso ci presenta un’altra categoria: quella della mostruosità, che forse è l’unica caratteristica costante tra i vari casi di omicidi seriali commessi. Infatti “la categoria della mostruosità – spiega Francesco Bruno – in sostanza fa in modo che i serial killer possano essere considerati non propriamente portatori delle classiche patologie di mente che conosciamo appieno, ma evidentemente vittime e protagonisti di qualcosa di diverso. Essi non agiscono per spinte apparentemente genetiche ma neppure per moti-

vazioni ben chiare quali possono essere il denaro, la passione, la vendetta, la gelosia e cos’altro”. Ad ogni modo psichiatri e criminologi sono d’accordo nel dire che nella maggior parte dei casi il serial killer, in età infantile o pre-adolescenziale, è stato a sua volta oggetto di vessazioni, abusi sessuali e grandi frustrazioni da parte di genitori o comunque da figure autoritarie. E’ il caso del pluriomicida di massa Charles Manson, cresciuto tra un riformatorio e l’altro con la madre alcolizzata, prostituta, assente. Le tipologie di serial killer sono diverse e svariate. La criminologia moderna ha individuato e suddiviso i serial killer in 4 grandi categorie: il missionario, il visionario, l’edonista e il dominatore. Il MISSIONARIO afferma di uccidere perché motivato da una missione etico-morale. L’ EDONISTA è semplicemente colui che uccide per il puro piacere di farlo. Trae gusto e soddisfazione nel sopprimere le vite altrui. Il VISIONARIO è solitamente un individuo con gravi turbe psichiche (schizofrenia in primis) che lo portano a soffrire di violente allucinazioni. In queste allucinazioni, che possono essere sia visive che uditive, crede di ricevere un messaggio divino, extraterrestre o comunque di un’entità suprema e superiore (solitamente Dio o Satana). Il DOMINATORE è il killer che ha bisogno di sentire il controllo sulla propria vittima, e che arriva ad ucciderla come sublimazione del controllo stesso, oppure perché, essendo spesso un individuo socialmente inadeguato, non ha altro modo per poter controllarla e disporre a suo piacimento. SABRINA NUMINI sabrina.numini@libero.it


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Paolo Migotto email: paolomigotto@gmail.com cell. 3317077542

L’AMMINISTRATORE RISPONDE

Anche dopo ripetuti richiami, la signora che abita sopra il mio appartamento, continua a battere i tappeti sopra il mio terrazzo. E’ possibile fare qualcosa in merito visto che in casa ho dei bambini piccoli che giocano sul terrazzo dove spesso trovo capelli ed altra sporcizia proveniente dal terrazzo soprastante?

Nonostante la tecnologia permetta oggi di provvedere alla pulizia dei tappeti grazie all’uso di aspirapolvere o battitappeto, c’è ancora chi continua a farlo battendo tappeti o coperte e lenzuola dal proprio terrazzo o dalle finestre, provocando la caduta di polvere e, spesso purtroppo, anche di altro materiale che inevitabilmente si deposita sul terrazzo sottostante, come lei appunto lamenta nella

sua lettera. Poiché il Codice Civile nulla prevede in materia, rimane da vedere se esiste un’ordinanza comunale o un articolo nel regolamento di condominio in cui si abita, che preveda una o più fasce orarie nelle quali si può provvedere a tale incombenza. Qualora ciò esistesse, l’amministratore può far valere la normativa, che tutti i condomini sono tenuti a rispettare. Diversamente, l’amministratore può solo esercitare il ruolo di mediatore/paciere nella speranza che il condomino, poco rispettoso, se ne faccia una ragione. Quest’ultima procedura può essere seguita anche da lei stessa o da una terza persona allo scopo prescelta, ad esempio da un avvocato.

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S O C I E TA’ & R E L A Z I O N I

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TANTO LO FANNO TUTTI: LA DITTATURA DELLA MAGGIORANZA di Lorenzo Sigillò, sociologo ANS

L’espressione “voce fuori dal coro” traduce semplicemente, e rende comprensibile, un qualcosa che, invece, racchiude una complessità che appassiona gli studiosi di psicologia sociale. Lo studio delle masse e dei comportamenti degli individui all’interno di un gruppo e le scuole di pensiero dell’interazionismo simbolico sono stati fondamentali nel riuscire a comprendere alcuni atteggiamenti di tutte le età della nostra vita.

Sono poche, ad esempio, le differenze da annotare a livello comportamentale in una comitiva giovanile, in un gioco tra bambini dell’asilo o in una cena tra adulti: ci sarà sempre una dittatura della maggioranza sull’individuo e qualche “voce fuori dal coro”, stonata rispetto al gruppo. Se nel migliore dei casi il “sovversivo” verrà escluso e riuscirà a creare un nuovo gruppo, nel peggiore sarà messo ai margini; nella maggioranza dei casi, invece, lascerà i suoi propositi e si omologherà. Questo semplice concetto vale per una banale discussione al bar, ma anche per fenomeni di massa che tarpano la creatività del singolo, quanto per situazione più pericolose che danneggiano le coscienze più deboli.

Ovvia, quindi, una particolare attenzione ai giovani, coloro i quali hanno una tale esposizione culturale e sociale da non poter dire di ‘no’ alle imposizioni di un gruppo, pur di farsi accettare e sentirsi parte di qualcosa in una società così complicata. Ci sono però delle situazioni di pericolosità e sarebbe fin troppo facile elencare tanti casi di cronaca nostrana; per questo è necessario privilegiare, invece, l’attenzione su quello che si può fare, puntando il dito contro ciò che

compone la nostra quotidianità. Se la nostra attuale politica appare decisamente improponibile come disciplina che educhi i giovani ed i canali massmediatici fanno a gara per proporre modelli sballati, il rifugio non può essere che quello della famiglia ed è soprattutto ad un ruolo di educatori e di arricchimento reciproco che genitori e figli devono puntare. Come figli dobbiamo cercare di condividere le nostre perplessità con i nostri padri e madri e ribellarci se la “dittatura della maggioranza” ci sembra sbagliata e questo vale per le piccole cose della vita quotidiana come per i problemi più complessi. Come genitori abbiamo invece l’obbligo di spegnere la televisione e di saper ascoltare le parole ed i silenzi dei nostri figli…e talvolta di lasciarli sbagliare e di aiutarli a rialzarsi. E l’aver concentrato la nostra attenzione sui giovani e sul rapporto genitori-figli non taglia fuori nessuno di voi che sta leggendo: durante una discussione tra amici, in una riunione di lavoro, tra moglie e marito… non piegatevi agli altri, non seguite la maggioranza per pigrizia e comodità, esponetevi e non tarpate le vostre idee e la vostra creatività! E se gli ignoranti vi snobbano forti dell’ignoranza che li sostiene, mettetevi alla ricerca e presto troverete per fondare un nuovo gruppo e chissà una nuova città.


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NEA CULTURA

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LA CATTEDRALE DI CHARTRES: Un labirinto misterioso di Carlo Famiglietti

Vi sono località della terra, in prossimità di corsi d'acqua sotterranei o di grandi caverne, dove le forze telluriche si manifestano con grande intensità. Questo segreto era noto agli antichi popoli che su tali luoghi edificavano le loro strutture di culto in modo da rafforzare l'energia che vibra tra il cielo e la terra. Così si assolve l'antica conoscenza del Grande Ermete:

“Ciò che sta in alto è come quello che si trova in basso, per formare il tutto unico”.

Il luogo dove ora sorge la cattedrale di Notre Dame de Chartres, eretta a partire dal 1194, era un sito pagano dedicato alla Dea Madre, dove i pellegrini si recavano molto tempo prima di Gesù. Il sito era già noto agli antichi Druidi che in una grotta naturale avevano edificato un “sacro dolmen” per sfruttare l'energia del posto. La cattedrale di Chartres è frutto di una corporazione di muratori e costruttori, i Figli di Salomone, che detenevano le segrete chiavi architettoniche e le arcane geometrie possedute dai frati cistercensi dell'Ordine di San Bernardo. Gli antichi vetri della cattedrale costituiscono un mistero tuttora ignoto: la loro brillantezza non solo non trovava confronti con alcuna costruzione similare al mondo, ma aveva anche la caratteristica di trasformare i dannosi raggi ultravioletti in luce benefica. Le attuali vetrate di tutte le cattedrali gotiche sono invece di materiale successivo, rimpiazzate con donazioni da altri siti, anche a seguito dei danni delle guerre. Il segreto dell'antico vetro gotico è, per ora, perduto. Ma le vetrate non costituiscono l'unica caratteristica della Cattedrale: all'interno del pavimento della sua navata centrale è infatti inserito il disegno di un labirinto che ripete un modello riportato sulle pagine di un manoscritto alchemico greco del II secolo. Questo labirinto viene considerato il più sacro tra quelli pervenutici dall'antichità e il suo significato é misterioso. Il labirinto si sviluppa per una lunghezza di 160 metri. Per gli iniziati questo percorso probabilmente rappresentava “il labirinto di Salomone”, forse il simbolo del grande bacile di bronzo contenuto nel

Tempio di Gerusalemme. Secondo gli esoteristi percorrere il labirinto aveva il significato di svolgere una funzione sacra, una discesa nelle tenebre da cui risalire per rivedere la luce: in concreto, per conseguire la ricerca operativa del famoso Campo di MFKZT, quello che veniva creato presso dagli antichi egiziani presso il tempio della dea Hathor a Serabit el Khadim sul monte Horeb (si veda Nea Polis di Novembre). A questo punto ogni cosa ritorna. Al centro del labirinto di Chartres si trovano infatti quattro pomelli incastonati nel pavimento, destinati a sorreggere un manufatto. Si ritiene che dovessero sorreggere un bacile, un piatto del diametro di 140 centimetri, non di oro come nei templi egiziani ma di rame, realizzato secondo la tradizione dell'Arco Reale e in seguito trafugato. Il rame appartiene al tipo dei metalli semiconduttori, capace di attivarsi in presenza di potenti campi magnetici ed elettrici per creare un “flusso tubolare”, un vortice capace di sollevare pesi enormi dopo averli deprivati del loro peso sino a renderli invisibili. A questo punto cosa mancava nella cattedrale di Chartres per attivare il vortice a flusso conico? In alto era collocata la pietra magnetica superconduttore di prima classe, in basso, al centro del labirinto, il piatto di rame, superconduttore di seconda classe. Occorreva solo uno strumento capace di attivare il necessario voltaggio. Numerosi studiosi ritengono che tale straordinario strumento fosse costituito dall'Arca dell'Alleanza, caratterizzata dal suo campo di Meissner. Ritengono ancora che in quel luogo, nella Cattedrale di Chartres, dopo essere stata attivata, l'Arca dell'Alleanza abbia avuto il suo ultimo definitivo approdo.


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NEA CINEMA

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Gli eroidella creatività cinematografica: le star di Laura Andina (Responsabile Produzione Cinematografica)

La presenza di una "celebrità" gioca un ruolo chiave nel successo di un film: non è considerata solo un input creativo, ma anche un valore economico aggiunto La presenza di una "celebrità" gioca un ruolo chiave nel successo di un film: non è considerata solo un input creativo, ma anche un valore economico aggiunto. Un produttore decide di accordare una consistente percentuale del budget disponibile al cachet di un divo anche se potrebbe avvalersi di attori meno costosi a parità di performance artistica, perché suppone di assicurarsi in tal modo una pubblicità e un'audience. Ad esempio, Aurelio De Laurentiis ha dichiarato d’aver accordato “un cachet da fantacalcio” a Robert De Niro per Manuale d’amore 3 di Veronesi, su di un budget complessivo di 11 milioni e 570 mila euro, (di cui 400.000 euro provenienti dal Ministero dei Beni Culturali sotto forma di incentivo per “Film d’Interesse Culturale”). Le previsioni del produttore derivano da consolidate esperienze sul campo: se la spesa aggiuntiva ha il fine di aumentare il valore del film sul mercato, i consumatori/spettatori a loro volta sono competenti nel discernere questi input creativi addizionali.

Inoltre, qualora un film manchi di "richiamo universale" - quando tratta, ad esempio, soggetti strettamente nazionali, come il nostro cinema più politicizzato - la presenza di una star lo rende in qualche modo più accessibile alle audience straniere. Alcuni esempi: Robert De Niro in 900 di Bertolucci, Il Divo (sebbene ad oggi sia tale solo in Europa) Toni Servillo di Sorrentino, Rod Steiger in Mussolini ultimo atto di Lizzani e in Le mani sulla città di Rosi, Franco Nero e Claudia Cardinale in Il giorno della civetta di Damiani. I divi hollywoodiani in particolare, hanno il potere di agevolare enormemente la distribuzione di un film indipendente all'estero per via del loro carattere transnazionale. Al contrario, i divi del vecchio continente di solito non riescono a varcare i propri confini come i colleghi americani. Fanno eccezione gli attori degli stati anglofoni e Antonio Banderas, Xavier Bardem, Penelope Cruz (Spagna), Gerard Depardieu, Jean Reno, Vincent Cassel, Monica Bellucci, Marion Cotillard, Vanessa Paradis (Francia), Bruno

Ganz, Diane Kruger (Germania), Sofia Loren, Franco Nero, Valeria Golino, Roberto Benigni (Italia), e pochi altri nomi. In generale, la star cinematografica non occupa un ruolo puramente formale entro il film, né è un personaggio a sé stante rispetto al film. Lo star system è piuttosto un insieme alimentato da molte voci diverse (cinema, fan club, websites, stampa popolare...), rafforzato dall'individualismo che contrassegna il “positive thinking”. Il cosiddetto pensiero positivo è un aspetto essenziale dell'ideologia americana, per cui l'individuo è libero artefice del suo destino. Una star, infatti, è ritenuta tanto più interessante quanto più rappresentativa di una possibile evoluzione sociale. I personaggi che fanno strada rispetto al loro status sociale originario propongono un modello di mobilità che inizialmente batte l'accento sulle differenze tra strati sociali per poi enfatizzare i sogni più appaganti e la possibilità di realizzarli. Perpetrando la rappresentazione di tale modello di mobilità, il cinema non solo ha incoraggiato la rapida ascesa di una classe manageriale professionale, ma ha anche aiutato a comprendere come questa classe arriva ad esercitare la sua autorità. E' utile al proposito richiamare all'attenzione alcuni film internazionali come Larry Flint, Assassini nati - Assassini Nati e Blow, che trattano problemi della classe lavoratrice, o in Italia il film e la serie tv Romanzo Criminale. In essi la violenza e la disonestà sono presentate come gli unici strumenti a cui possono ricorrere le persone alle quali è inaccessibile una mobilità sociale culturalmente e socialmente acconsentita.


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NEA CULTURA

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IN FONDO AL MAR: NAUFRAGIO PROGRAMMATO PER IL MUSEO DEGLI STRUMENTI MUSICALI di Flavia Strinati

Intervista ad Antonio Latanza, figura epocale per i beni culturali, per un quarto di secolo a capo del massimo museo di storia strumentale al mondo STAVANO MEGLIO QUANDO STAVANO PEGGIO

La Collezione Gorga includeva un vasto settore dedicato alle armi archeologiche e medievali; la brutale dispersione sofferta nel XX secolo mette allo scoperto la necessità di « difendere non solo il pubblico dal privato, ma anche il privato dal pubblico» (F. Strinati); così è stato per il Museo Bagatti – Valsecchi di Milano e per il Museo Stibbert di Firenze, istituzioni private consolidate ormai nel tempo, che nel panorama di precarietà del nostro patrimonio costituiscono un modello di encomiabile conservazione esercitata da entità non statali.

F. Antimi Il recente crollo della domus pompeiana non è che l'esito dello spostamento d'asse delle soprintendenze verso una improponibile verifica di produttività del bene culturale: verifica di produttività che peraltro concerne l'incremento della speculazione privata e non la messa a reddito a vantaggio pubblico. Antonio Latanza è una figura epocale per i beni culturali, per un quarto di secolo a capo del massimo museo di storia strumentale al mondo: in questa temperie è parso opportuno chiedergli conto delle sorti di un'entità eminente e a rischio, come l'istituto di conservazione da lui diretto. Qual'è la situazione del Museo degli Strumenti Musicali di Santa Croce in Gerusalemme?

La più importante collezione di strumenti musicali del mondo, messa insieme dall'incredibile figura del tenore Evan Gorga (1865-1959), ce l'abbiamo a Roma, e ha rischiato fino a poco

tempo fa di essere dispersa, con l'intento di rendere gli spazi appaltabili al mostra market che da anni va sacrificando la conservazione al lucro. Ma chi può aver congegnato il dislocamento di una collezione storica dalla sua sede?

Ahinoi, in Italia quando gli spazi sono economicamente appetibili finiscono in balia dell'arroganza di rozzi politicanti infilati negli organi di tutela, arroganza che discende dall'ignoranza e che ignoranza produce, con nocumento sia della tutela, che dei frutti anche economici di una curatela appropriata.


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NEA Cultura

Del resto se è la legge stessa a porre le premesse per l'immissione parassitaria di ditte private all'interno delle istituzioni, si apre il campo alla lottizzazione dei beni culturali più che alla loro salvaguardia..

Esatto. E il museo continuerà ad essere esposto all'arroganza e all'ignoranza di politicanti e parassiti se non gli verrà garantita al più presto l'indipendenza, con la costituzione di una soprintendenza autonoma. O se non prenderà un'altra piega il sistema legislativo, ma questo è piuttosto improbabile. Col vincolo posto da Bottai sotto il fascismo si trascurò sventatamente di legare la collezione ad una sede museale, che al tempo non era ancora stata individuata, e ciò ha permesso agli improvvisati di turno di minacciarne ripetutamente l'integrità, addirittura ipotizzandone direi lo sprofondamento. Effettivamente è circolata la voce che se ne progettasse l'esposizione fra le salubri pareti di qualche interrato museale, lambito dalla marrana. Tant'è. Le follie corrono, anzi, nuotano.

Da quanto tempo lei è alla direzione del Museo?

Dal 1984, quando la sua stessa fondatrice, Luisa Cervelli, riconobbe in me l'unica persona che potesse entrare nelle tante specializzazioni che il Museo richiede, e che al contempo dimostrasse la sensibilità necessaria nei confronti di una materia tanto delicata e negletta. In particolare ritenne che la mia approfondita com-

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petenza degli strumenti meccanici fosse una dote unica in Italia, e garantisse conoscenza ad ampio spettro di tutto il settore. Restano perciò esoteriche le ragioni che hanno condotto all'oscuramento della mia figura professionale, fino alla destituzione dopo 26 anni di ruolo e un'esperienza professionale che dubito possa essere in alcun modo compensata. Di fatto dal museo è stato derubricato un direttore in grado di far fronte a 25 secoli di storia musicale, tanti ne copre la raccolta, e pure negli anni ignominiosamente deprivato d'ogni mezzo economico, tanto che la collezione soffre l'assenza totale d'ogni supporto divulgativo e della stessa manutenzione ordinaria,per non parlare di un restauro storicamente attendibile. Il museo potrebbe essere un luogo eletto, forte della sua strepitosa collezione e collocazione, per integrare la pratica strumentale con la conoscenza storica, e per concepire il progetto di un vero giardino della musica, già sognato dallo stesso Gorga, ove sposare le attività concertistiche e coreutiche con un'intensa esperienza estetica e di ricerca. Ma l'ottusità della programmazione ministeriale ha sottratto al museo gli spazi circostanti e, d' altronde, la collezione Gorga non riesce neppure a disporre per intero dell'edificio che già la ospita.

Antonio Latanza sta curando la ricostruzione virtuale della raccolta Gorga: una collezione spettacolare, comprendente ogni sorta di rarità,dall'ambito chirurgico a quello oplologico; si spera che il monumentale progetto possa solleticare appetiti di maggior congruenza storica in un ministero sempre più in aria di impazzita grandeur F. Strinati


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Storie di sapori ed alchimie L'ARTE DELLA CRETIVITA' E DELLA FANTASIA L'incontro con il maestro chef mi aveva aperto nuovi orizzonti sul mondo della cucina e da allora decisi che sarei stato disposto a tutto pur di imparare la sua magnifica arte. Dalle ricette che mi aveva gentilmente trascritto avevo capito che il suo non era solo saper stare ai fornelli ma fondere ogni nota con altre note, era musica per chi sapeva ascoltare con il palato e per chi sapeva leggerne lo spartito. Cosi un giorno presi coraggio e mi diressi verso la sua dimora salendo le scale le mie gambe tremavano forse il maestro aveva risvegliato in me quella timidezza ed il timore che avevo nell'età adolescenziale, quindi feci un gran sospiro posai la mano sul campanello che indicava con lettere in stampatello il suo nome e cognome ed ancora in basso era scritto “Suonate non abbiate timore”. Cosa voleva mai dire quel suonate non abbiate timore quale era il senso? Sembrava poter essere una coincidenza proprio rivolta a me eppure era difficile che lui sapesse del mio presunto arrivo, tanto meno mi aveva visto nei giorni passati per poter conoscer il mio intento quindi prima di suonare rimasi a contemplare quella scritta prima di suonare il campanello. Mi aprì. Non avevo avuto il tempo neppure di realizzare che mi trovai all'interno di un salone pulito spazioso e soprattutto luminoso tra piante e quadri di singolare bellezza ma la cosa che mi colpì di più furono quei piatti già pronti su di un tavolo di vetro enorme che trasmetteva arte.

TORTINO FREDDO DI CUS CUS ALLE VERDURE

INGREDIENTI PER QUATTRO PERSONE 250 DI CUS CUS PRECOTTO 1 CETRIOLO 1 ZUCCHINA 1 POMODORO FIORENTINO STAGIONATO 1 PEPERONE VERDE 1 GAMBO DI SEDANO 2 CAROTE 1 BICCHIERE DI LIMONE FILTTRATO 1 BICCHIERE DI OLIO POSSIBILMENTE SICILIANO 30 GR DI BASILICO 30 GR DI PREZZEMOLO 40 GR DI CIPOLLA DI TROPEA 30GR DI HARISSA SALE QB STAMPINI A PIACERE

PREPARAZIONE UNA VOLTA LAVATE TUTTE LE VERDURE TAGLIATELE A CUBETTI PONETELE IN UNA CIOTOLA GRANDE ED AGGIUNGETE IL CUS CUS POI MESCOLATE IL TUTTO AGGIUNGENDO OLIO E LIMONE METTETE INFRIGO TIRATE FUORI DOPO 2 ORE, PRIMA DI SPORZIONARLE NEI STAMPINI A PIACERE, RICORADRSI DI SGRANARE CON UNA FORCHETTA IL CUS CUS e servire guarnendo con spicchio di finocchio inserito sul bordo dello stampo ed una foglia di basilico al centro dello stesso



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"DALLA CONVIVENZA ALLA CREATIVITÀ", ATTRAVERSO IL DO UT DES di Antonio Tomassini

Diciamo la verità: quando si parla di convivenza se ha l'idea di un grosso fastidio, destinato in genere a complicar la vita agli uomini, a creare e moltiplicare una serie interminabile di inconvenienti all'umanità. Convivere è "vivere insieme". S'avverte senza dubbio l'opportunità di non esser soli, contro ogni tipo di possibili contrasti ed emergenze si cercano necessari collegamenti e contatti affettivi e che d'altra parte si ritengono, però, fastidi purtroppo inevitabili dei quali l'esistenza umana si sostanzia proprio per esser tale. La vita in comune insomma appare altrettanto bella quanto pesante da condursi. La pesantezza ne è infatti la condizione, l'essenza e il fascino essenziale. E allora: prendiamo subito un tipo diffusissimo di convivenza: il vivere insieme in agglomerati più o meno grandi: le città. Da sempre, ma soprattutto oggi, la città, specie se di grandi dimensioni, è una convivenza che conosce il modo più elementare di stare insieme: il meccanismo del domandare e del ricevere.

Tutti hanno bisogno di qualche cosa e tutti hanno più o meno qualcosa da dare. Si dice: sistema della domanda e dell'offerta. Se ciascuno fosse autosufficiente si potrebbe stare tutti ciascuno per conto proprio. La città è la classica polis e l'intera convivenza umana è una gigantesca polis dove il convivere per il do ut des muove tutto: uomini e quindi cose. E antica come la forma di convivenza più comune. E, invece, non è così. Scrive Amos Ciabattoni su Civitas di maggio-agosto 2010 che "...la Città è una società le cui azioni son detenute dai singoli cittadini..." e osserva che la guida a questa società si misura e sempre più si misurerà "…dalla capacità di governare non soltanto "per", ma "con" e che a tal fine la sorprendente facilità di comunicazioni reciproche dell'epoca che stiamo vivendo è preziosa. Scrive Ciabatto:"... nell'era che avanza di "cittadini social-media", tutti i processi relazionali impongono una riconsiderazione concettuale, organizzativa, culturale operativa in linea con l'accentuarsi della volontà partecipativa dei singoli cittadini e quindi degli accresciuti bisogni di comunicazione che il diffondersi del Web a livello avanzato e la relativa tecnologia offrono. Da sempre ha conosciuto e continua a conoscere numerosissime continue disfunzioni. La causa di esse? Semplicissimo puntualizzarla: proprio il do ut des che configura esattamente un prezzo da pagare per ogni cosa che si voglia e si ottenga. Il prezzo è la condizione di uno scambio nell'attuare il quale però ciascuna delle due parti cerca di prevalere. Se non fosse così non esisterebbe quell'universo di in-

terrelazioni, fatte per la maggior parte di scontri, che da' vita alla così detta politica e cioè l'arte di guidare la polis. Si dirà che non potrebbe esistere una polis senza una guida, che è come dire che non può esistere una convivenza piena liberamente accettata dall'uomo per i doveri ed i pesi che ad esso necessariamente comporta. In altre parole: l'uomo è obbligato a vivere insieme e deve perennemente adoperarsi per potervi riuscire. Detto questo è come aver detto che la propria partecipazione alla convivenza è il fine dell'esistenza stessa dell'uomo anche per chi non avesse una concezione cristiana della vita (altri direbbero sociale). Si può obiettare che la natura stessa della realtà umana rende impossibile una compartecipazione del genere, che si ritiene propria di una visione fuori dalla realtà e invece l'evolvere inarrestabile della realtà universale consente all'uomo di poter arrivare a crearla. Questo è il senso vero della creatività. Tutto il progresso che quotidianamente si persegue, specie in questa era attuale con la ricerca inarrestabile e l'innovazione che si avvalgono delle più progredite conoscenze.

In un recente mio articolo io sottolineavo l'enorme importanza del web e dei socialmedia nel momento del grande progresso telematico, ebbene anche in questo caso essi assumono un'importanza eccezionale e condivido l'affermazione di Ciabattoni che si tratterebbe di...fare davvero della "Città Cablata" una società di cittadini consapevoli azionisti, aperta al mondo". Questo l'aspetto più importante della "creatività" e di “nuove forme organizzative di convivenza” dunque che ha bisogno di svilupparsi nel momento che stiamo vivendo. E' questo davvero il momento della "nea Polis".


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Marzo 2011

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