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editoriale

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PROPOSTE PER SUPERARE LA CRISI: organizzazione e cultura della concretezza e dei risultati Crescere culturalmente significa imparare da chi è migliore di noi, non essere autoreferenziali né arroganti ma piuttosto essere gente concreta che collabora insieme. Significa essere buoni organizzatori che valorizzano le risorse umane e finanziarie. Quante volte si è sbandierata la retorica dell’orgoglio dell’italianità di quel prodotto o di quell’importante operazione finanziaria. Poi la televisione si spegne e questo presunto orgoglio scompare nel degrado urbano che rimane. Retorica? Forse. “Parole, parole, parole…”, una vecchia canzone che ricorda il passato ma caratterizza il presente. Abbiamo visto come si reggono gli edifici costruiti sulle parole. Cultura del lavoro? Cercasi. E poi è tutta colpa dell’immigrato anche se ad essere franchi in Italia chi decide e comanda sono gli italiani. E allora con chi prendersela? Con noi stessi, responsabilità singola e collettiva. Cercasi. Perché? Tanti sono i motivi. L’italiano medio valuta spesso fatti ed atti accaduti e pubblicizzati, attraverso il metro dell’emotività e non dei risultati. Così la gente si “divide” nei bar o nei luoghi di lavoro in animate discussioni. Qualcuno potrebbe osservare “che ci vuoi fare, questa è l’Italia”. Altri però potrebbero domandare “Cosa ne rimarrà? Niente! Senza una cultura dei risultati non si fissano gli obiettivi ma soprattutto non vi sono mai responsabilità e rimangono solo parole, parole, parole. Il paradosso della crisi Normalmente un buon padre di famiglia quando non può permettersi ulteriori spese cerca di tenere bene almeno quello che ha. Questo ragionamento vale tanto per l’economia famigliare quanto per quella generale. Prendiamo il caso dei servizi pubblici. Rifiuti, trasporti, decoro urbano, ecc sono gestiti da aziende municipalizzate le quali danno lavoro a migliaia di romani. Nonostante la crisi, qual è il grande paradosso? I lavoratori tirano la cinghia mentre altri, come ad esempio, i responsabili delle aziende pubbliche continuano a ricevere compensi d’oro anche se i debiti aziendali aumentano ed i servizi peggiorano. Nessuno vuole mettere in discussione il modello capitalistico, parte vitale del nostro sistema. Piuttosto, la

domanda è: a fronte di tali compensi, dove sono i risultati? Il paradigma dovrebbe essere: costi molto ma rendi molto. La tanto produttività sbandierata contro i dipendenti pubblici dovrebbe essere misurata anche nei confronti di politici ed amministratori i cui compensi non sono certo a buon mercato. Forse anche l’operato di chi ha posizioni di responsabilità dovrebbe essere valutato per misurare obiettivi programmati e raggiunti. La precarietà spinge l’individuo ad essere più diligente sul lavoro, pena la perdita del posto. Perché non estendere la precarietà anche a politici e responsabili amministrativi che spesso vengono riconfermati sulla base di criteri politici e non di obiettivi di produttività raggiunti? Senza promettere cattedrali nel deserto, per crescere basterebbe far funzionare meglio ciò che abbiamo. Il corpo è composto di cellule così come l’economia di imprese. Cosa avviene in Italia di strano rispetto al passato? Il settore pubblico dal punto di vista occupazionale è fermo. Pertanto il tessuto economico privato dovrebbe trainare l’occupazione. Invece, il tasso di nascita di nuove imprese è insufficiente e la mortalità altissima. Rimangono le imprese di sempre che però sono cellule “vecchie” che con difficoltà si riprodurranno. Se il corpo non produce nuove cellule e quelle vecchie non brillano per dinamismo, rischio, capacità di adattamento, ricerca ed innovazione, cosa potremo attenderci? Senza sbagliare non si impara, pertanto occorre dare fiducia a giovani uomini visto che chi è sulla scena da 30 anni di errori e di seconde opportunità, in trent’anni appunto, ne avrà avute sicuramente tante. Claudio Napoli


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SoMMario N.° 2 NOVEMBRE 2010

notIzIe dalla capItale

EDITORIAlE

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focuS: lavoro perché quando il lavoro c’è, manca la manodopera? la risposta arriva dai premi nobel per l’economia 2010 5 faccia a faccia: proposte ed idee politiche a confronto. Intervista a on. marianna. madia (pd) e on. Barbara Saltamartini (pdl) 6 Green economy, per chi cerca un lavoro “pulito” 8 centri commerciali: isole felici?

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Il falso mito moderno di lavorare nello spettacoli 10 Generazione 800 euro

una vita da spiantato

Municipi XI - XV

proposte per superare la crisi: organizzazione, cultura della concretezza e dei risultati

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economIa & formazIone

Municipi I - II

le aziende ed il bisogno di leadership. Istruzioni per l’uso 22

festa del cinema di roma ma non per i lavoratori del settore 14 e poi dicono “fai un concorso”14

Storie di successo al femminile in tempi di crisi 23

Municipi XVII - XVIII

“Bambini ospiti costretti ad allontanarsi dall’aula consigliare per inqualificabile comportamento 15 progetto m@t: parte la spesa on line al mercato trionfale 15 15 caserme tornano a roma. volano per la riqualificazione delle periferie o speculazione? 16 un referendum per la destinazione d’uso delle caserme 16 riscoprendo valle aurelia

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cittadino chiama... municipio 18, dove?

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dove lo trovo... ROMA

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roma capitale: municipi, futuro da decifrare. Interviste a presidenti ed assossori di municipio 12

ricellulare è ancora meglio di riciclare 19

REDAZIONE Editore Claudio Napoli Direttore Responsabile Federico Boccadoro Direttore commerciale Carlo Famiglietti C o m i ta t o s c i e n t i f i c o : P r o f . B . A m o r o s o , P r o f . G. C h i n n i c i , E d y Vi o l a , D o t t . s s a A . Ta n c r e d i , D o t t . F. N a p o l i , D o t t . s s a P. To r ti la copertina è di Xenograffik xenofraffik@gmail.com

SocIeta’ & relazIonI

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Grafico: Daniele Palone Collaboratori: Enrico Gandolfi, Laura Napoli, Marco Senzacqua, Massimo Minnetti, Valeria Pucci, Sabrina Numini, Alessandra Murru, Andrea Ottaviani, Federico Monti, Paolo Migotto, Chiara Kubicz, Luca Iacolina; Jessica Giaconi, Mariola Wnuk, Raffaello Giannetti, Viviana Vannucci, Lorenzo Sigillò Salvo accordi scritti, la collaborazione con il mensile Nea Polis Roma è da considerarsi a titolo gratuito

nea cultura Il tempio di Serabit el Khadim

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Quando il cimema fotografa la precarietà 25 la chiave per produrre capolavori

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profeSSIonIStI call center: lavoro autonomo o subordinato? 27 l’amministratore risponde

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cos’è il contratto di apprendistato e a chi si rivolge 28 Il contratto di apprendistato: la procedura e le agevolazioni contributive e previdenzia 29

nel proSSImo numero 30 Tipografia: Spedalgrafstampa s.r.l. v. Cupra, 23 00157 Roma Registrazione Tribunale di Roma: n. 360/2010 del 17 settembre Sede Legale: via Marcello II, 26 00165 Roma

PER CO N TATTI E PU BBLICITÀ:

Fisso: 06.39.36.64.49 Cell: 320.22.84.368 Email: nea-polis@libero.it


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perché quando il lavoro c’è, manca la manodopera? La risposta arriva dai Premi Nobel per l’economia 2010 Mancano installatori di infissi, panettieri, pasticceri, sarti ma anche falegnami e cuochi. Secondo uno studio della Confartigianato, elaborato sui dati del Rapporto 2010 Excelsior-Unioncamere rileva come per le aziende italiane nel 2010 sarà difficile reperire il 147.000 posti di lavoro nei mestieri professionali Nonostante la crisi economica e l'aumento della disoccupazione, soprattutto giovanile, (in Italia ricorda Confartigianato nei due anni di crisi i disoccupati tra i 15 e i 34 anni sono aumentati di 216.000 unità) ci sono mestieri quindi per i quali il posto di lavoro è sostanzialmente assicurato e questo avviene prevalentemente per le attività tipicamente artigiane. Su circa 1.500 nuovi installatori di infissi necessari alle aziende - si legge nella ricerca - ne mancano all'appello oltre l'83% mentre per i panettieri artigianali (attività faticosa soprattutto per gli orari notturni) è difficile coprire il 39,4% dei 1.040 nuovi posti. Senza considerare attività comunque richiestissime come quella dell'infermiere, la Confartigianato, guardando alle proprie aziende, sottolinea la carenza di gelatai e pasticceri (mancano il 29,1% dei 1.750 cercati dalle imprese) ma anche di sarti e tagliatori artigianali (manca il 21,9% dei 1.960 specialisti richiesti dalle aziende). Difficile anche reperire estetisti e parrucchieri (vuoti il 21% dei posti) e falegnami specializzati (mancano il 19,8%). Meno complicato trovare baristi (mancano il 14,2% dei 7.030 posti disponibili) e camerieri (resta vuoto il 14,1% dei posti offerti dalle aziende). Per i giovani insomma restano poco appetibili i cosiddetti "posti in piedi" ovvero quelli tipicamente manuali e senza una scrivania. Mancano il 13,3% dei 26.900 muratori chiesti dalle aziende mentre per i macellai i posti che restano vuoti sono il 10,3%. come è possibile che in tempi di crisi, vi siano posti di lavoro vacanti che le imprese non riescono a reperire?

Il Premio Nobel per l’economia del 2010 è stato assegnato a P. Diamond, D. Mortensen e C. Pissarides per il loro contributo nella comprensione del processo di ricerca tra domanda ed offerta. I loro studi consentono di capire meglio i flussi del mercato del lavoro e comprendere gli effetti del precariato. la loro teoria è densa di implicazioni pratiche. molto spesso nel mercato la domanda e l’offerta non riescono ad incontrarsi. Per anni gli economisti si sono chiesti perché ci possano essere dei posti vacanti anche quando alta è la disoccupazione. La risposta che si erano dati prima del contributo dei tre economisti vincitori del premio Nobel è che vi fosse un problema di differenze strutturali tra il tipo di lavoratore richiesto dalle imprese e le qualifiche disponibili; oppure veniva osservata il problema risiedeva nella diversa localizzazione geografica dell’impresa e del lavoratore. Grazie al lavoro dei tre economisti si è capito che anche quando la disoccupazione è ferma, il mercato del lavoro crea e distrugge posti di lavoro. un mercato del lavoro è sclerotico quando, a parità di disoccupazione, non si genera alcun ricambio di lavoratori mentre è fluido quando rigenera più velocemente i suoi stock di posti di lavoro. le teorie dei premi nobel sono state fondamentali per capire gli effetti del precariato sul mercato del lavoro: “quando una quantità di lavoratori continua a entrare e uscire dalla disoccupazione e viceversa, mentre il resto dei lavoratori è saldamente legato ad un posto fisso, è evidente che vi è qualcosa di completamente distorto nel mercato del lavoro”. A Bruxelles, le teorie degli studiosi vengono prese in seria considerazione e sono alla base delle analisi della Commissione. In Italia speriamo che le intuizioni e gli studi dei tre economisti possano portare “flussi di Riforma anche nel nostro mercato. Antonella Tancredi


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FACCIA A FACCIA: PROPOSTE Intervista all’On. Marianna Madia (PD), Membro della Commissione Lavoro della Camera. Tra le proposte:

“Rendere più convenienti i contratti a tempo indeterminato ed estendere le tutele sociali ai lavoratori atipici”

che cosa è per lei e chi sostiene il sistema sociale in Italia? “Il welfare è la cosa più preziosa che abbiamo. Se penso alla sanità o alla scuola pubblica, che consentono a tutti i cittadini di essere curati o istruiti a prescindere dal proprio reddito, credo che l’Italia sia un paese che ha fatto scelte giuste, a partire dalla Costituzione del 1948. Quando invece lo Stato sociale interviene solo per alcune categorie, quando non ce la fa più a essere universale è il momento delle riforme. Per quanto riguarda le politiche di sostegno al lavoro e previdenziali il nostro welfare è stato modellato, anni fa, sul rapporto di lavoro di un certo tipo: il tempo indeterminato. Oggi questo modello non è più unico e si vanno affermando diverse forme di lavoro con minori garanzie per i lavoratori”. Secondo lei, cosa bisognerebbe fare? “Oggi abbiamo lavoratori che se perdono il posto di lavoro non hanno alcuna forma di reddito o protezione sociale, lavoratrici che se vanno in maternità non hanno piene garanzie, e così via; il tutto con un massiccio impoverimento della contribuzione previdenziale che porterà tutte queste tipologie di lavoratori – i cosiddetti atipici – a non avere pensioni dignitose. Sono queste persone, questi milioni di lavoratori giovani e meno giovani, a essere l’oggetto vero della necessità della riforma del welfare”.

i colleghi e in particolare di Ivano Miglioli: - la parificazione dei costi del lavoro atipico col lavoro a tempo indeterminato; - l’innalzamento delle prestazioni previdenziali per gli atipici; -l’estensione delle tutele all’interno del contratto di lavoro come maternità, malattie e ferie, per la tutela del reddito ai precari che perdono il lavoro. Mi permetto di ricordare il contratto unico di inserimento formativo, che mi ha visto come prima firmataria insieme a circa 100 colleghi, che rappresenta una proposta di modifica delle regole di accesso al lavoro (oggi praticamente monopolizzato dalle forme atipiche) in modo da conciliare la giusta flessibilità iniziale con decisi incentivi alla stabilità del posto di lavoro. Tutte proposte, queste, che sono state pienamente assunte dal PD che ha prodotto, a maggio di quest’anno, un decalogo per ‘un diritto unico del lavoro’ che rappresenta forse l’insieme di ‘ricette’ più avanzato che ci sia nel nostro Paese per combattere la precarietà. In che modo le propsote legislative del pfd intendono sostenere la lotta contro il precariato? “E’ tutto contenuto negli emendamenti che stiamo presentando alla riforma dell’università presentata dal ministro Gelmini. In concreto pensiamo a un’istituzione di un contratto unico che unifichi tutte le forme precarie di didattica e ricerca oggi presenti nell’università. Un contratto con pieni diritti e retribuzioni dignitose.

Quali sono le proposte presentate dal pd per rilanciare l’occupazione e sostenere il sistema sociale?

le proposte del pd sono state prese in considerazione dalla maggioranza?

“Il PD ha presentato numerose proposte su questi temi, che in uno spazio così ristretto sarebbe difficile anche sintetizzare. Posso ricordare alcuni dei progetti di legge, con le relative coperture finanziarie, provenienti dall’elaborazione del gruppo PD in commissione lavoro presieduto da Cesare Damiano e che ha visto il contributo di tutti

Il Parlamento conta pochissimo con questo sistema politico. Non prendono in considerazione i loro stessi deputati, che di fatto non riescono ad approvare alcuna legge di loro iniziativa, figuriamoci noi”. Claudio Napoli


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ED IDEE POLITICHE A CONFRONTO Intervista all’On. Barbara Saltamartini (PDL), Membro della Commissione Lavoro della Camera. Tra le proposte:

“Rafforzamento strumenti flessibili del lavoro a chiamata ed occasionale e defiscalizzazione (10%) delle voci contributive come i premi di risultato” che cosa è per lei e chi sostiene il sistema sociale in Italia? “Il Welfare è, e ancor più dovrà essere in prospettiva, vettore di coesione sociale, di modernizzazione competitiva e di sussidiarietà partecipativa. “Solo compiendo questa “rivoluzione” potremo avviarci sulla strada di un welfare davvero equo ed improntato sul principio delle pari opportunità. La crisi internazionale che ha colpito anche il nostro Paese, d’altronde, ha mostrato con chiarezza l’insostituibile ruolo svolto dalla famiglia in quanto primo e più importante ammortizzatore sociale. Una cellula economica fondamentale, centro di redistribuzione del reddito e delle rendite ma anche sistema di tessitura della solidarietà intergenerazionale”. rispetto al protocollo del welfare del 2007 del Governo prodi, quali sono ad oggi gli strumenti approvati dall’attuale maggioranza? “La maggioranza di centro-destra ha rimediato alle mutilazioni apportate alla legge Biagi: - ripristinando lo staff leasing, uno strumento cruciale per l'accesso a costi ragionevoli al mercato delle competenze professionali qualificate da parte delle piccole imprese; - rafforzando gli strumenti flessibili del lavoro a chiamata e del lavoro occasionale. Nell'alluvione della Grande Crisi, è stata poi espansa illimitatamente l'area di intervento degli ammortizzatori sociali, a cominciare da quella cassa integrazione in deroga, che ha protetto con efficacia il patrimonio professionale delle aziende minori e dei settori post-industriali. In netta opposizione alle scelte del Governo Prodi, che aumentò la tassazione media sui redditi da lavoro dipendente, sono state infine defiscalizzate, con il ricorso alla cedolare secca del 10%, le voci retributive espressione di progetti cooperativi e partecipativi delle parti contrattuali, come i premi di risultato, i compensi per lo straordinario e le indennità di flessibilità”.

Quali sono stati i criteri di scelta e perché? “Vi è stata un'evidente consonanza tra l'approccio tedesco e quello italiano, soprattutto nella gestione di ammortizzatori sociali come gli italiani contratto di solidarietà e c.i.g.s. in deroga e il tedesco Kurtzarbeit. E' stata poi, senza traccia di conflitto sociale, realizzata una riforma strutturale del modello pensionistico, con il collegamento automatico tra età pensionabile ed età media della popolazione. Ciò ha ricondotto a normalità le traiettorie della spesa previdenziale, assestando e consolidando il sistema della finanza pubblica. Infine, va sottolineato il nitido allineamento ai migliori standard internazionali della riforma del processo del lavoro che a giorni la Camera approverà in via definitiva e che è fondata sulla: In che modo il pdl intende lottare contro il precariato, come ad sempio quello universitario? “Vi è un'antinomia tra flessibilità e precariato: favorendo la prima, si aggredisce il secondo. In questa direzione, il completamento della legge Biagi e l'accompagnamento delle parti sociali nella loro riforma degli assetti contrattuali sono passaggi decisivi nonché la la modernizzazione dei sistemi d'istruzione e della formazione”. Qual è stato il rapporto con i colleghi dell’opposizione appartenenti alla altre formazioni politiche? “Su questi temi il confronto con le altre forze politiche, in particolare con quelle di opposizione, fa emergere con nettezza le differenti sensibilità e soprattutto i diversi approcci politico-culturali. Debbo dire che il dibattito in Commissione è sempre stato elevato sia in termini qualitativi che quantitativi; a volte hanno prevalso posizioni ideologiche, in altre occasioni siamo riusciti a trovare un equilibrio che ci ha consentito di procedere all’unanimità. In particolare mi piace sottolineare che la presenza di 16 donne su un totale di 44 componenti ha permesso di guardare ai provvedimenti anche in una logica di genere, con una particolare attenzione all’impatto che essi possono avere sull’universo maschile e femminile”. Antonella Tancredi


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GREEN ECONOMY, Per chi cerca un lavoro “pulito ” La “rivoluzione verde” avrà il duplice intento di superare la crisi economica e quella ecologica: obiettivo entro il 2020 creare 141.000 posti di lavoro Economia ed ecologia a braccetto verso il futuro. Un futuro non così lontano, vista la distanza di due lustri soltanto dal 2020, anno in cui l’UE, per mezzo del trattato di Kyoto, si prefigge di raggiungere il 20% di approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili e la diminuzione del 20% delle emissioni nocive nell’atmosfera. Negli ultimi anni siamo diventati sempre più consapevoli della natura distruttiva di un certo tipo di progresso industriale e tecnologico, ma questa consapevolezza verde aumenta poco a poco (purtroppo in maniera non proporzionale al danneggiamento dell'ecosistema): le persone si informano e si preoccupano troppo lentamente degli effetti nocivi delle emissioni chimiche provocati dagli inceneritori, delle emissioni di clorofluorocarburi che danneggiano lo strato dell'ozono, delle installazioni delle ormai obsolete e sconvenienti centrali nucleari; si inizia a scoprire in ritardo un interesse della collettività verso forme di sviluppo ecocompatibile non più basato sull'estrazione del petrolio, ma su una oculata distribuzione degli investimenti in altre forme di produzione di energia come quella fotovoltaica, quella termodinamica, quella eolica, quella geotermica, quella idroelettrica, tutte integrate in reti “intelligenti” come sostiene Jeremy Rifkin. Finora ragionare per compartimenti stagni ha permesso lo sviluppo della conoscenza scientifica, ma adesso, per andare avanti e oltre, la scienza e la coscienza devono prendere in considerazione le interazioni all'interno di un complesso gioco di interdipendenze tra economia, mercato del lavoro e ambiente. L’unico modo per accelerare questo processo di sensibilizzazione è quello di colmare le enormi sacche di disoccupazione con l’incremento della ricerca e di sviluppo in questo settore. Già oggi si prevede che entro il 2020, i posti di lavoro nell’”industria dell’ambiente” saranno 141.000. La “rivoluzione verde” avrà quindi il duplice intento di superare la crisi economica e quella ecologica. Sono già molteplici i comparti produttivi in Italia che stanno investendo da diverso tempo nel campo dell’ambiente quali l’Enel, tramite la controllata Enel Green Power, nel comparto delle rinnovabili, Erg Renew e Kerself nel

fotovoltaico, Alerion e Uni Land nell’eolico. E numerosi sono anche i profili cercati dalle aziende, molti tecnici, ma anche altri “riqualificati” provenienti dal mercato senza più spazi dell’occupazione. In tal senso la neonata rete “Green-Job”, un network tematico dedicato alle offerte di lavoro “green”, sta dando i suoi primi frutti. al momento, i profili maggiormente richiesti dalle aziende sono gli ingegneri ambientali e del territorio, i consulenti per il risparmio energetico, gli agenti di commercio di energie rinnovabili, i buyer per il settore fotovoltaico e i bidder, gli operatori per la borsa dell’energia elettrica. “Un’economia a bassa emissione di anidride carbonica, che liberi il Paese dalla dipendenza dalle fonti fossili, creando nuovi posti di lavoro e nuove opportunità professionali nel mondo della ricerca e dell’innovazione, è una sfida che si può vincere”, sostiene Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente. “Molti studi internazionali hanno dimostrato che gli investimenti nel campo dell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili comportano ricadute lavorative nettamente superiori rispetto a investimenti in settori energetici convenzionali”, osserva Gianni Silvestrini direttore scientifico del Kyoto Club e di QualEnergia. “Politiche decise in questa direzione, di cui Green-Job è un esempio, porteranno all’aumento dell’occupazione netta e i nuovi obiettivi obbligatori europei del “triplo 20 per cento” su rinnovabili, risparmio e riduzione delle emissioni al 2020 non potranno che far accelerare questo processo in tutto il continente, Italia inclusa” Francisco La Manna Analista


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CENTRI COMMERCIALI: ISOLE FELICI? Avere tutto a portata di mano è comodo, ma molta è la nostalgia per i piccoli negozi storici di quartiere Luci colorate, musica di sottofondo, offerte imperdibili! Il centro commerciale offre la possibilità di fare gli acquisti quasi ad ogni ora del giorno e della notte, aperture domenicali, spazi coperti per poter passare del tempo anche quando fuori piove e fa freddo, aree gioco per i bambini e zone ristoro, parcheggi comodi, il tutto quasi nel tempo di un caffè. La piazza di una volta si sta sostituendo con il centro commerciale, ormai un punto di ritrovo. Una tempo si usciva a fare una passeggiata e ci si fermava a chiacchierare nel parco col vicino di casa. In questi mega centri si ha la certezza di trovare la stessa merce e gli stessi prezzi di altri centri simili. Entrare dona l’illusione di poter ottimizzare i tempi, di poter fare la spesa per casa portando dietro tutta la famiglia e quindi anche passeggiare insieme ed eventualmente mangiare senza nemmeno dover sporcare la propria cucina. Fuorviati dalle pubblicità che generano bisogni fino ad allora inesistenti, nell’era dell’usa e getta, ci ritroviamo settimanalmente a percorrere corridoi affollati, tra passeggini e carrelli, frastornati dai colori e dalla musica. Invogliati dalla comodità del “tutto a portata di mano” tendiamo a comperare più di quel che serve e a trascorrere più tempo di quel che avevamo preventivato, entrando in uno stato catatonico durante il quale ogni desiderio diventa un ordine. E una volta rientrati, espletato fuori il bisogno di mangiare e tolto il rito del sedersi tutti intorno ad un tavolo, si corre ad accendere il televisore o a giocare con il computer, isolando, di fatto, ancor di più i componenti di un nucleo familiare. Ed è così che perdiamo di vista la cosa più importante, i beni primari, quelli che non ci vengono restituiti nemmeno facendo domanda in carta bollata:gli affetti e il tempo. e a livello lavorativo? Il centro commerciale promette posti di lavoro, tanti. Effettuando dei sopralluoghi mirati, a distanza di qualche mese uno dall’altro, alla ricerca del cartello esposto nelle vetrine dove si cercano commessi apprendisti con o

senza esperienza, si scopre che incredibilmente questi cartelli dopo un mese o più, ancora stazionano lì. Come mai? Presto è detto: la maggior parte dei commercianti propone un contratto di apprendistato, per loro più conveniente, e al tempo stesso pretende una grande esperienza. Alcuni chiedono un periodo di prova di un mese, rinnovabile per un altro mese e poi… poi si vedrà. C’è persino chi continua a promuovere lavoro nero e chi chiede al lavoratore di “stringere la cinghia”, prendere uno stipendio di minimo livello e coprire più turni in una giornata. L’avvento da parte delle grandi strutture commerciali ha messo in ginocchio i negozianti di quartiere. Questi piccoli esercizi commerciali vengono frequentati per lo più da persone anziane con poca mobilità e disponibilità economica e da chi all’ultimo momento ricorda di dover comperare qualcosa, tornando verso casa. Per riuscire a rimanere concorrenziali non possono puntare al ribasso dei prezzi poiché perderebbero per mancanza di potere d’acquisto, perciò devono puntare sulla qualità della merce e dei servizi al singolo cittadino; purtroppo, però, questa politica non viene spesso capita e visti i tempi, l’unica cosa che salta all’occhio è il prezzo più alto rispetto all’ipermercato. In conclusione questi insediamenti tendono ad alzare il valore degli immobili limitrofi per aumento dei servizi ma appiattiscono l’offerta commerciale a scapito delle piccole botteghe locali e degli equilibri che si sono creati nel corso dei decenni e che per decenni hanno garantito benessere e occasione di socializzazione alla comunità. Valeria Pucci, scrittrice


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IL FALSO MITO MODERNO DI LAVORARE NELLO SPETTACOLO I l s o g n o d i ap p ar i r e e d e s s e r e “ f am o s i ” Fin troppo facile citare Andy Warhol ed il famoso concetto dei 15 minuti di celebrità per ciascuno, ma la verità è che quell’affermazione è diventata un vero e proprio sogno ad occhi aperti per la giovane generazione del nostro tempo. La travisazione del concetto di lavoro che si è costruita in questi ultimi dieci anni ha avuto un’autentica collisione con la nostra cultura: parallelamente al “glorioso posto fisso”, infatti, è nata questa chimera di poter guadagnare soldi senza saper fare niente, grazie solo all’esposizione mediatica. Il cinema, come accade spesso nella società, dà una mano a capire questa evoluzione: in principio ci fu la magia e la morbosità della fantastica visione “Trumaniana” del regista Peter Weir, un’idea che sembrava illogica ed è diventata, invece, possibile; una condizione più simile alla nostra società venne con “EdTv” di Ron Howard, dove i pericoli del voyeurismo erano molto più vicini alla realtà. Poi il salto nel buio con un vero esperimento sociologico: il “Grande Fratello” che ha popolarizzato gli spazi televisivi mettendo a nudo uno spaccato, spesso degradato della nostra società: la voglia di apparire da un lato e quella di guardare dall’altro.Un deja vù dopo l’altro per gli addetti ai lavori, quelli ‘seri’, coloro che cercano davvero di sbarcare il lunario nel mondo dello spettacolo: da chi suda nei cabaret delle piccole città a chi sera dopo sera raccoglie applausi nei teatri di periferia delle metropoli; a chi riesce a compiere il grande salto nella (poca) televisione di qualità, a chi è nella stretta cerchia di chi salpa sulla nave del successo musicale, teatrale o cinematografico, quello vero, in Italia ma soprattutto all’estero. Ieri era più difficile, ma era più reale, c’era qualità: era un lavoro. Oggi forse questo viene a mancare, con la conseguenza finale più dura da accettare quando si arriva alla fine del percorso, quando scompare tutto e si capisce la temporaneità di quello che si è affrontato. Se avessimo di fronte Pirandello ci direbbe che “non è una cosa seria” e la verità è

semplicemente che, con poche basi, rimane una precarietà che non permette di andare lontano; inoltre, c’è l’“aggravante” di vivere in una società mordi e fuggi, con l’utente finale, ovvero chi paga il biglietto oppure un canone che voracemente mangia e sputa ciò che c’è in quel momento. Il quadro dipinto è così brutto? Ni. Ni, perché è doveroso essere positivi e pensare che si tratti di esperienze che, comunque, regalano un arricchimento per chi le affronta; senza contare che c’è il famoso “uno su mille”. Per quanto riguarda gli altri 999, purtroppo, una parte rimane nel circuito spazzatura creato viziosamente dalla nostra società mediatica e non; i restanti, invece, si dividono in chi fa tesoro dell’esperienza (chapeau) e chi, purtroppo, rimane scottato psicologicamente e sociologicamente. Ma questo succede in ogni settore di lavoro, ciò che di brutto c’è nel quadro è la visione dei nostri nonni, grottesca ai nostri tempi, che un qualcosa è reale solo se c’è in tv, se lo dice la televisione! Se credo che apparire sia la realtà, vederlo accadere vorrà dire che sia reale e se metto in mostra la realtà vuol dire che io sono. Questo diventa pericoloso e vuol dire dimenticare che non è solo quella la realtà. Sembra un lavoro meraviglioso, ma non è così, è solamente la luce che cinge il mondo dello spettacolo a far sembrare naturalmente tutto più splendente, mitologico, falso, perché la chiave di tutto è una parola che non abbiamo ancora nominato: Arte. Si può essere artisti ed avere un lavoro da artista, ma non con questi percorsi o con quello che vediamo in tv: non è né l’una, né l’altra cosa…e per fortuna non è neanche la vita reale, perché se non credessimo in questo, non avremo più fiducia negli uomini e negli individui e invece ne abbiamo ancora tanta. Ed abbiamo fame di arte, quella vera, dove per realizzarsi ci vuole sudore e fatica, quella che può essere e diventare un lavoro vero. Anche nel mondo dello spettacolo. Lorenzo Sigillò, sociologo professionista ANS


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GENERAZIONE 800 EURO

Una generazione preparata ma costretta a vivere sulle spalle dei genitori o emigrare. Compatita da una generazione precedente che non produce risultati, non sa trasmettere competenze, nè mettersi da parte Gli Italiani laureati non trovano lavoro e lo cercano spesso accontentandosi di salari da 800 euro al mese. Il risultato è che un italiano laureato in Ingegneria medica o Fisica che conosce perfettamente l’inglese e le nuove tecnologie deve accontentarsi di un contratto a progetto da 800 euro al mese con il quale è impossibile progettare un viaggio figuariamoci la vita. Se poi si è laureati in discipline umanistiche è meglio tagliare la corda e recarsi all’estero. Attualmente il lavoro è un sogno, un obiettivo nella propria immaginazione. E allora ci si adatta a fare un po’ quello che si trova in giro o si cerca d’inventare un lavoro nuovo, magari mettendosi in proprio o cercando di realizzare nuove idee. Ancora più irreale è trovare un lavoro che non sia precario o che sia attinente al proprio background culturale, un po’ come cercare un ago in un pagliaio. Basta cercare sugli annunci o inviare per mesi e mesi curriculum per ottenere la risposta: “grazie per averci inviato la sua candidatura, le faremo sapere al più presto”. E poi non essere contattati. L’Italia è un paese di giovani menti in cerca di occupazione. E’ comune l’idea che i giovani non hanno voglia di lavorare o non vogliono spostarsi dalla propria città, del Centro o del Sud come se al Nord Italia ci fosse più lavoro ma oggi la verità è che un’occupazione non si trova più nemmeno nelle zone Industriali del Veneto. I dati Istat rilevano che al Nord c'è la maggiore incidenza di perdita del posto di lavoro e l'occupazione fa registrare in generale una flessione dello 0,9%, ossia 114mila occupati in meno. Al Centro si registra una sostanziale stabilità mentre al Sud l'occupazione cala dell’1,4% (88.000 occupati). Laura Napoli la situazione non è migliore per gli stranieri che cercano lavoro in Italia Sono a volte troppo qualificati per il mercato. È così che l’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica (Ocse) descrive i lavoratori stranieri negli Stati membri. Soprattutto in Paesi come l'Italia, dove la quota di immigrati che svolgono lavori per cui hanno più com-

petenze di quelle richieste è doppia rispetto ai lavoratori nazionali. Secondo l’ultimo rapporto sul “Profilo della popolazione immigrata del 21° secolo”, il 23% dei lavoratori stranieri ha un titolo di studio universitario che quasi mai riesce a far valere. Spesso conoscono tre lingue e hanno elevate competenze. Ma quasi mai riescono ad accedere al mondo del lavoro”. Difficoltà soprattutto per i profili medio alti. La situazione è aggravata dal pregiudizio che spesso gli stranieri incontrano in Italia ma anche dal dato di fatto che lavoro non c’è nemmeno per i nostri giovani laureati italiani che sono costretti ad emigrare all’estero per rendersi indipendenti. L.N

Il Governatore della Banca d’Italia, mario draghi: record di disoccupazione giovanile Alcuni giorni fà il Governatore di Bankitalia, Mario Draghi aveva lanciato l'allarme sul livello di quello che viene definito in gergo economico «il calcolo di sottoutilizzo del capitale umano», praticamente l'insieme di disoccupati, cassintegrati e i cosiddetti scoraggiati cioè coloro che hanno rinunciato a trovare un lavoro. Tali categorie non vengono misurate dal tasso di disoccupazione che in Italia è intorno all’8%. Inoltre l'Italia vanta un primato che riguarda i giovani, tra i ragazzi: la percentuale dei senza lavoro è del 26,4%, praticamente uno su quattro. Laura Napoli


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NotiZie dalla caPitale

ROMA CAPITALE

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Municipio Xi - XV - XVii

MUNICIPI: FUTURO DA DECIFRARE Alcuni Presidenti ed Assessori di Municipio del centro sinistra chiedono il decentramento per amministrare meglio la futura Roma Capitale Tutte le strade portano a Roma, recita un celebre detto, ma il tragitto che porta a “Roma Capitale” è solamente all’inizio della sua costruzione: l’ok ottenuto a fine settembre dal Consiglio dei ministri è infatti soltanto il primo passo di un percorso molto complesso ed al momento indecifrabile il cui traguardo è fissato per l’anno prossimo, quando il governo dovrà approvare un secondo decreto che conferirà a Roma i cosiddetti “poteri speciali”. La sensazione è che tale futuro decreto si giocherà molto sugli equilibri che si determineranno da qui a sei mesi proprio sulla spartizione di questi poteri tra il Comune e i Municipi; da parte del Campidoglio vi è l’intenzione di accentrare maggiormente i poteri (politici ed economici), dall’altra i mille problemi delle amministrazioni locali di macroterritori grandi quanto, in alcuni casi, una media provincia italiana. “Una prima considerazione è che non vorrei che il discorso di Roma Capitale fosse una delle tante cose annunciate in grande stile ma che in realtà non hanno contenuti sostanziali – chiarisce mauro caliste, assessore alle attività produttive e del personale al municipio XvII –. E’ pur vero che deve essere approntato entro la prossima estate il documento attuativo, quindi solo a quel punto potremmo conoscere la reale portata della riforma. Attualmente il decreto prevede solo la riduzione dei Municipi da 19 a 15 con dei confini non ben definiti, e del numero dei Consiglieri comunali da 60 a 48, con il cambio del nome da Consiglio Comunale ad Assemblea Cittadina. Questo porterà sicuramente una riduzione dei ‘costi della politica’, ma bisognerà che il Comune di Roma riduca anche le spese delle consulenze esterne che negli ultimi tempi hanno avuto un incremento vorticoso alla faccia del debito del Comune. Attualmente i Municipi, ancor di più del Comune, soffrono la mancata attuazione del decentramento. Infatti ancora non è stata data piena attuazione a quanto previsto dalla Delibera

Comunale 10 del 1999, che prevede il decentramento ai Municipi di molte funzioni. Quelle poche funzioni che sono state effettivamente trasferite, vengono svolte con difficoltà in quanto non c'è stato il trasferimento del personale necessario dagli uffici centrali (dipartimenti) agli uffici municipali. Valga per tutti l'esempio dei servizi sociali, che spesso proprio per questo motivo non riescono a dare delle risposte adeguate ai cittadini con tempi di attesa lunghi. Un altro esempio che potrei fare è quello dei passaggi di proprietà delle automobili sbandierato dal governo su tutti i mezzi di comunicazione. Attualmente, chi si reca presso i Municipi per poterlo fare, si sente rispondere dagli impiegati che di questa possibilità non ne sanno nulla, quindi come sempre si devono rivolgere all'agenzie private con un esborso economico consistente.

Al momento i Municipi sono un collettore di lamentele senza un potere reale per migliorare la vita dei cittadini. Le nuove normative dovrebbero prevedere che l'Amministrazione Municipale, la più prossima ai cittadini, debba avere la possibilità di intervenire con tutta una serie di entità, Ama, Polizia Municipale, Servizio Giardini, decoro urbano, Atac, cosa che al momento i cittadini giustamente pretendono dall'amministrazione. Tutto ciò oggi è di competenza dell'amministrazione centrale (Comune) e non decentrato ai Municipi”. Sullo stesso piano si pone Gianni paris, minisindaco di lunga esperienza nel territorio del Xv: “Sono fermamente convinto che gli attuali Municipi debbano essere chiamati a svolgere un ruolo sempre più importante trasferendo loro nuove competenze, a partire da una reale autonomia di bilancio e da strumenti amministrativi che coprano tutti gli aspetti della vita di un territorio, assicurando così una più ampia autonomia fino alla loro trasformazione in Comuni urbani all'interno della Città


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NotiZie dalla caPitale

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ROMA CAPITALE

FEDERALISMO O ACCENTRAMENTO? La vera novità sarà proprio quella di concedere più poteri ai Municipi che, ad oggi, non hanno facoltà di far chiudere una buca sulla strada Metropolitana. L’assetto della nuova città di Roma dovrebbe quindi essere articolato in un governo centrale, il Campidoglio, con maggiori poteri e competenze sui servizi di carattere generale, e dai Comuni metropolitani, gli attuali Municipi e i comuni dell’hinterland, che verrebbero di fatto equiparati, cui spetterebbe la diretta gestione dei servizi locali. Sfortunatamente le proposte che sono state elaborate in questi giorni non hanno affrontato il tema del nuovo ruolo che i Municipi dovrebbero svolgere nel governo della città, prevedendo da subito un ampliamento delle loro competenze, ma ci si è limitati a proporre la loro riduzione nel numero. Non è vero che creando enti con una popolazione di oltre 300 mila abitanti, comunque chiamati ad assicurare almeno l’attuale livello dei servizi, si otterrebbero automaticamente dei risparmi. In una struttura di grande estensione territoriale, densamente popolata, il rischio di sprechi ed inefficienze è maggiore. Gli attuali Municipi invece, grazie alla vicinanza con i cittadini che nasce dalla dimensione più contenuta e dall’esperienza maturata, sono invece in grado di utilizzare al meglio le risorse e quindi di conseguenza contribuiscono ad un contenimento della spesa”. “Occorre discutere nel merito i contenuti della riforma istituzionale per Roma Capitale, in particolar modo per quel che riguarda la riduzione i Municipi, le loro competenze, la distribuzione delle risorse, il numero ed i confini – ha dichiarato andrea catarci, presidente del municipio roma XI –. Roma ha bisogno di maggiori poteri, ma ripartiti tra l’amministrazione centrale e le amministrazioni periferi-

che, quei Comuni urbani figli degli attuali Municipi e dei Comuni”. La vera novità di tutta la questione potrebbe essere proprio quella di concedere più poteri ai Municipi che, ad oggi, non hanno nemmeno la facoltà di chiudere una buca su una strada di loro competenza, ma debbono sempre chiedere al Campidoglio. Federico Boccadoro

(Zona Corso Vittorio Emanuele II)


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Festa del Cinema di Roma ma non per i lavoratori del settore Municipio i - ii I lavoratori delle sale cinematografiche romane lanciano l'allarme: «Le sale in centro stanno per scomparire, e con esse diversi posti di lavoro». Il taglio dei fondi, oltre ad interessare il mondo della cultura e dell’audiovisivo, potrebbe causare la chiusa di alcune sale storiche romane. Secondo alcuni i tagli del personale sarebbe dovuti anche al calo degli introiti pubblicitari. Tuttavia molte sono le voci in base alle quali ci sarebbe un forte rischio di carattere speculativo sulle sale romane. Come nel caso del Metropolitan, un cinema che da anni trasmette film in lingua originale, un bene culturale per la comunità, è soprattutto un patrimonio immobiliare da 30 milioni di euro. Infatti, la legge prevede, sottolineano i Cub dei Cinema, che qualunque nuovo acquirente di una sala possa cambiarne la destinazione d’uso in meno di sei anni, purchconservi nell'edificio un piccolo spazio culturale, come per esempio, una libreria mentre il resto potrebbe tran-

quillamente essere trasformato in un centro commerciale. Stesso ragionamento per il Maestoso, sulla via Appia, inserito in un contesto residenziale importante anche se (per fortuna) sottoposto a vincolo dalle Belle Arti. Infine,dall’Adriano al Trosi, dal Reale al Roma e Trastevere continuano le proteste dei lavoratori per i continui licenziamenti. Laura Napoli

E POI DICONO “FAI UN CONCORSO” il 27 Ottobre 2010 a Roma, in Piazza Montecitorio, si è tenuta la manifestazione nazionale dei “VINCITORI” di concorsi pubblici “NON ASSUNTI”. Senza falsa modestia si definiscono i la più assurda forma di disoccupati che un Paese sia mai riuscito a partorire. Sono ragazzi e ragazze che hanno vinto un concorso pubblico ed attendono da un tempo assurdamente lungo di essere assunti. perché non ci assumono? La motivazione è il cd. “Blocco del turn over”, o “limitazione del turn over”, che in Italia, ormai, viene reiterato a varie riprese da quasi 15 anni e che è stato riconfermato, ed esteso temporalmente, con la recente manovra finanziaria 2010. Secondo l’ultima stima, pubblicata nel 2007 dal quotidiano il Sole24Ore , sarebbero circa 70.000 persone ad aver vinto in Italia un concorso pubblico ed essere ancora in attesa di essere assunti. I vincitori di concorso hanno acquisito il diritto di lavorare nella Pubblica Amministrazione sancito dall’Articolo 97

della Costituzione e c il richiedono il riconoscimento di quanto ottenuto a fronte di enormi sacrifici, sia personali che economici. Il punto è proprio questo: sebbene nella P.A. italiana scarseggino le competenze per potere diventare più efficiente, si blocca l’inserimento proprio di quelle risorse umane che dovrebbero dare un’iniezione di produttività. Persone che, tra l’altro, hanno già dimostrato di avere qualifiche e competenze adeguate, dal momento che sono già state selezionate dall’Amministrazione.


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NotiZie dalla caPitale

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"bambini ospiti costretti ad allontanarsi dall' aula consigliare per inqualificabile comportamento” "Un teatrino a dir poco aberrante da parte dei Consiglieri PDL del XVII° Municipio, quello offerto ieri" - è quanto dichiara la Consigliera Antonella Tancredi. "Una delegazione di 26 studenti appartenenti al progetto COMENIUS, di diverse nazionalità (italiani, svedesi, spagnoli e portoghesi), è stata invitata al Consiglio del XVII° Municipio, ma è stata costretta ad abbandonare l'aula a causa della clamorosa e sgarbata accoglienza da parte dei Consiglieri del PDL. Uno spettacolo che purtroppo i bambini intervenuti - continua la Tancredi - porteranno nei loro paesi come immagine delle Istituzioni italiane.

Municipio XVii

Le urla e gli insulti da parte del PDL, che non gradivano la presenza dei bambini, hanno accompagnato l'entrata degli stessi che di certo non dimenticheranno presto l'ac-

coglienza, tanto che non hanno potuto prendere parte all'apertura dei lavori del Consiglio Municipale. Occhioni increduli e perplessità in volti innocenti, mi accompagneranno - conclude Antonella ogni volta che varcherò le soglie del Consiglio e la sola cosa che mi sento di fare è chiedere scusa a quei bambini per quanto hanno vissuto ieri nell'aula consigliare." Antonella Tancredi

Progetto M@T. Da ottobre si può fare la spesa on line al mercato Trionfale

di Andrea Doria, ordinando la spesa da casa, con consegna a domicilio, al costo di 3 euro (gratuito per diversamente abili e anziani sopra i 70 anni). Promotori dell'iniziativa il Municipio Roma XVII e la società ALMERCATO. come funziona? Bisogna semplicemente registrarsi al sito www.almercato.net mentre chi non possiede un computer potrà ordinare la spesa al telefono. Si potrà visualizzare il proprio banco di fiducia e scegliere i prodotti come se si fosse sul posto. Fatta la spesa si sceglierà, poi, il giorno e la fascia oraria per la consegna a casa. L'acquirente potrà anche donare 50 centesimi all'atto di conferma dell'ordine di acquisto, lo stesso farà la società AlMercato. Queste donazioni finiranno in un "contatore della solidarietà" e verranno utilizzate dal Municipio XVII per conseguire obiettivi sociali che verranno scelti on line da tutte le persone che hanno contribuito alla raccolta dei fondi, all'interno di una lista proposta dal Municipio. Il progetto m@t (Mercato al Trionfale) si propone di creare una nuova filosofia di vendita accessibile on line dove proporre ai clienti, che normalmente non si recherebbero al Mercato, perché anziani o impegnati a lavorare, la possibilità di acquistare direttamente dai banchi di loro fiducia i prodotti di alta qualità a prezzo contenuto con vantaggi anche in termini di risparmio

di tempo. Il progetto, oltre ad esprimere una forte valenza sociale, rappresenta una g r a n d e opportunità per l'ambiente. In un territorio fortemente congestionato dal traffico, è utile organizzare la spesa meglio se per tanti. Gli amministratori pubblici oggi devono avvalersi di nuovi modelli di gestione dei contributi che vengono dai privati, mettendo in atto tutte quelle formule innovative che servono a semplificare la vita delle persone. In una società scandita da ritmi spesso frenetici, il tempo diventa un "bene prezioso" e se riusciamo a "risparmiarlo" possiamo dedicarlo a noi stessi e agli altri.


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NotiZie dalla caPitale

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il comune di roma entrerà in possesso di 15 caserme: volano per la riqualificazione delle periferie o speculazione edilizia? Tra i siti che saranno acquistati anche FORTE BOCCEA. Dopo l’accordo firmato con il Ministero della Difesa, il Comune di Roma entrerà in possesso di un importante patrimonio immobiliare che si stende su 82 ettari ed una volumetria di 1.500.000 m³. La stima economica, a seguito della valorizzazione, è pari a circa 2,5 miliardi di euro. Le strutture inserite nel programma sono quindici. Le prime quattro sono disponibili da subito: lo Stabilimento Militare elettrici di Precisione di via Guido Reni; la Direzione Magazzini del commissariato di via del Porto Fluviale; i Magazzini A.M. di via Papareschi; il Forte Bocce. I restanti passeranno gradualmente al Comune in quanto sono parzialmente utilizzabili: la Caserma Donato di via del Trullo, i Magazzini del Genio, le Caserme Gandin (di via di Pietralata), Medici (di via Sforza), Piccinini (di via Casilina), Ruffo (di via Tiburtina), Nazario Sauro (di via Lepanto), Ulivelli (di via Trionfale), lo stabilimento Trasmissioni di viale Angelico, l'ex caserma Reali equipaggi in via Sant'Andrea delle Fratte e l'ex convento di Santa Teresa in via San Francesco di Sales. L'iter del Campidoglio per la valorizzazione e la vendita di questi immobili inizierà con l'adozione di una variante al prg, rimuovendo la destinazione a "servizio pubblico" e attribuendo una nuova destinazione urbanistica, coerente con gli indirizzi del prg. Con l'adozione della nuova destinazione urbanistica da parte del consiglio comunale si sviluppa, parallelamente al processo di approvazione della variante, la definizione finale delle destinazioni d'uso. Durante la progettazione urbanistica attuativa troveranno spazio anche le istanze di cittadini, comitati e associazioni. Inoltre verrà verificato con la direzione regionale ai beni culturali e le soprintendenze competenti che gli scenari di trasformazione e valorizzazione siano coerenti con la salvaguardia dei beni tutelati. Infine la progettazione attuativa si concluderà in coincidenza con l'approvazione definitiva della variante in modo da potere essere approvata nella conferenza dei servizi in conformità al prg. Si auspica che il progetto di valorizzazione delle caserme serva a trovare aree da adibire ad attività sportive, ricreative, sociali e non a facilitare operazioni

Municipio XViii

speculative edilizie. Tale operazione può rappresentare quindi una grande opportunità per la crescita della città se pensiamo ai forti come punti di congiunzione tra aree dismesse e periferiche e potrebbero essere dei grandi volani per la riqualificazione delle periferie. Claudio Napoli

Luigi Avveduto, Consigliere del Municipio XVII: “organizzerò un referendum per coinvolgere la cittadinanza” Municipio XVii “L’acquisto delle caserme da parte del Comune di Roma rappresenta un’occasione storica per lo sviluppo della città. Per quanto riguarda Prati ed in particolare lo stabilimento Trasmissioni di v.le Angelico e la caserma Nazario Sauro mi attiverò per consultare i residenti circa la futura destinazione d’uso con lo strumento del referendum popolare. Personalmente ritengo che nelle caserme si debbano realizzare strutture di interesse pubblico, sociale e sportivo come ad esempio asili nido, una piscina comunale (visto che il quartiere Prati ne è sguarnito). Inoltre, mi auguro si possano realizzare alloggi ed appartamenti da assegnare, a canone agevolato, alle Forze di Polizia e alle giovani coppie con problemi economici. L’associazionismo ed il volontariato sono realtà importanti nel nostro quartiere e pertanto mi impegnerò per creare uno spazio che possa ospirarle. Sono sempre a disposizione per ricevere i cittadini presso la mia segreteria ubicata in via Santa Maura n. 7”. Luigi Avveduto


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NotiZie dalla caPitale

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RISCOPRENDO VALLE AURELIA Municipio XViii

Centrale, tranquilla e ben collegata ma i residenti chiedono maggiori investimenti per la sua valorizzazione Abbiamo visitato Valle Aurelia e parlando con i suoi residenti imparato a riscoprirla. Valle Aurelia è conosciuta come Valle dell’inferno per le antiche fornaci che vi erano costruite e che la facevano apparire come una vecchia ciminiera. La fornace è ancora in piedi e rappresenta un elemento storico ed identitario del quartiere. Tutti gli abitanti lo sanno e hanno una loro personale teoria. I vecchi, soprattutto, trasmettono oralmente all’interno del quartiere le loro più strampalate teorie etimologiche condite con fantasiosi e falsati racconti della loro infanzia. La valle, alle soglie del 2000, è un quartiere tranquillo e abitabile, dall’atmosfera più simile a quella di un paese che di una zona al centro di una città caotica. Valle Aurelia, da zona di periferia a centro aperto verso Prati ed il Vaticano ospita un importante snodo ferroviario che la rende oggi un territorio romano strategico. Come due fiumi in questo punto si intersecano la Linea A della Metro e la Ferrovia Regionale FR3 (Roma-Capranica-Viterbo) che consentono rapidamente di raggiungere diversi punti della città ma allo stesso tempo di uscire fuori città verso la provincia. Andando a piedi si può comodamente raggiungere le

vie dello shopping del centro. Valle Aurelia ospita una delle Biblioteche Comunali, una residenza universitaria che si estende su settemila metri quadri, possiede 80 camere doppie e 40 singole, di cui 10 attrezzate per i portatori di handicap. Infine, il Parco del Pineto, tra le più belle oasi naturali urbane, si estende tra la via Trionfale, via della Pineta Sacchetti ed il quartiere Valle Aurelia. Numerose sono le iniziative culturali e forte è il senso di attaccamento e di comunità dei suoi residenti che però chiedono maggiori investimenti ed attenzione da parte delle istituzioni per i problemi dell’area soprattutto in considerazione del numero creascente di persone che quotidianamente transitano per le sue stazioni. Sabrina Numini

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18. Municipio XViii

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Cittadino chiama… Municipio 18, dove sei?

Pasquino 18, comitato civico apartitico, antenna del territorio raccoglie le voci e le istanze dei cittadini i quali riferiscono di sentirsi a volte abbandonati dalle istituzioni locali. Viene sicuramente rilevata la frequente presenza del Presidente e, secondariamente, di altri esponenti politici del Municipio 18, in occasione di eventi culturali in programma (Festival Jazz, Corse podistiche), ma non sempre viene percepita una corrispondenza tra quanto promesso e quanto realizzato, vengono percepiti come troppo lunghi i tempi di risoluzione dei problemi e a volte, un disinteresse per la “cosa pubblica”; Di seguito, alcune delle problematiche segnalateci dai cittadini che ci auguriamo possano essere presto oggetto d’intervento (scrivi a http://pasquino18.xoom.it): affissioni commerciali e elettorali abusive su via aurelia tratto piazza de lasalle Gra Malgrado la prima segnalazione da parte di Pasquino 18, come mediatore dei cittadini, a tutti gli organi competenti risalga al 10-04-2009, malgrado il numero 3/2010 del mensile ufficiale del Municipio citasse precisi impegni già deliberati ufficialmente (“il Consiglio del Municipio è tornato sull’argomento dell’abusivismo commerciale, ribadendo la sua contrarietà a fenomeni che deturpano il paesaggio urbano e peggiorano il decoro delle strade, e chiedendo agli organi competenti di porre rimedio a una situazione che nessun cittadino rispettoso delle regole può accettare”) e malgrado fino al 29-07-2010 sia stata sollecitata la questione, (vedi sul nostro sito un riepilogo di 25 pagine), ad oggi non si rilevano cambiamenti sostanziali. Attesa… richiesta divieto di transito pullman in via coviello A fronte di una segnalazione di ricorrente completo intasamento stradale risalente a novembre 2009, la situazione si è risolta, dopo innumerevoli solleciti, solo a giugno 2010. Attesa sette mesi. finanziamento per sostituzione giochi e piantumazione nuove essenze parco villa carpegna Malgrado segnalazioni precedenti al settembre 2008 e solleciti durati fino

al 16-07-2010, compresa una petizione popolare con 223 firme consegnata al Municipio 18 in data 30-102009. In altri casi all’iniziativa personale del residente, che, sulla base della conoscenza dettagliata delle problematiche che lo circondano, elabora proposte strutturate corredate addirittura di mappe e progetti, non corrisponde alcuna risposta istituzionale. Questo è il caso della iniziativa di costruire una scaletta di collegamento tra via Sisto Iv, via clemente Xv e via lucio II, che consentirebbe di raggiungere a piedi, e con maggiore sicurezza, il capolinea Metro Battistini risparmiando 800 metri e agevolando l’auspicato utilizzo dei mezzi pubblici in sostituzione del mezzo privato; la segnalazione al Municipio 18 è datata maggio 2009, reiterata dal successivo luglio fino ad oggi col ripetuto invio da parte del proponente e di Pasquino 18 di una mappa dettagliata del percorso alternativo ipotizzato. In conclusione, la sensazione riferitaci da alcuni dei residenti del territorio, è quella di Municipi che, almeno su alcune tematiche, vivono in una bolla impermeabile e separata dal mondo esterno, e prendono decisioni rispettando esclusivamente i propri tempi, già preordinati, a prescindere dalle esigenze delle persone reali. Tutto ciò ci viene riferito provocare sia disaffezione verso la politica, trasversalmente agli schieramenti, sia impossibilità di un dialogo dignitoso e paritario con le istituzioni, e quindi la negazione di alcuni diritti fondamentali del cittadino. anche su questo i residenti attendono…ma fino a quando?

Comitato Spontaneo di Cittadini Pasquino 18


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RI-CELLULARE È ANCORA MEGLIO DI RICICLARE Municipio XViii Intervista a Maura Speranza, responsabile del progetto “Ri-cellulare” Dopo aver comprato un nuovo cellulare, quante volte ci siamo chiesti cosa farne di quello vecchio? Così lo si lascia dentro un cassetto in attesa che arrivi qualche idea. Puntualmente, però, quel cassetto si riempie.

oggi quella risposta è finalmente arrivata! l’associazione Spazio etico ha iniziato un’attività di raccolta di cellulari usati, funzionanti o meno, attraverso dei raccoglitori posizionati in diversi punti di Roma e non solo. I telefoni raccolti saranno spediti ad una società che si occupa del riciclo, del loro riutilizzo nei paesi emergenti e del loro smaltimento secondo le norme ambientali. “La nostra rete di punti di raccolta permette il riciclo ed il riuso di apparecchi che altrimenti rimarrebbero semplice spazzatura inutilizzata, o ancor peggio, dispersa nell’ambiente”, spiega mauro Speranza, responsabile del progetto denominato ri-cellulare. “Riciclare i cellulari permette di ridurre le emissioni di gas che derivano dal loro smaltimento in discarica e smaltire correttamente i materiali tossici in essi contenuti come il cadmio, il litio ed il piombo, prevenire i problemi di salute e recuperare metalli di valore. Purtroppo, secondo alcuni sondaggi, solo il 3% della popolazione mondiale ricicla gli apparecchi vecchi. Se consideriamo che il cellulare viene considerato il gadget più popolare al mondo ed è anche quello sostituito con più frequenza, è facile intuire l’impatto provocato sull’ambiente dall’assenza di comportamenti mirati al corretto smaltimento di questo oggetto. L’associazione Spazio Etico vuole dare così il suo contributo al miglioramento delle condizioni di salute del nostro pianeta. Stiamo cercando nuovi collaboratori che ci aiutino concretamente nel portare avanti questo nostro progetto”. Spazio Etico è un’associazione di promozione sociale composta da persone che credono in un’esistenza felice guidata da scelte che rispettino il mondo e i suoi abitanti. Per realizzare giorno dopo giorno questo traguardo, l’associazione ha messo in piedi diverse attività “spaziando eticamente” dall’ambiente fino alle attività didattico - ricreative con i bambini. per informazioni: www.spazioetico.it , info@spazioetico.it, profilo facebook: ri-cellulare.

Di seguito i punti di raccolta attivati. L’elenco aggiornato sarà sempre disponibile su www.spazioetico.it.

roma

aurelia: PISCINA NUOTO AURELIA - via Aurelia 770b ASD NUOVA AURELIA - via Aurelia Antica 529 TEATRO AURELIO – Largo San Pio V, 4 Boccea: SUPERMERCATO NATURA SI - Via F. Albergotti 12 (h. 9.30-13.30; 16-20) ASD AURELIO - via Boccea 358 - 360 (h 16-20, dal lunedì al venerdì) BIBLIOTECA LA CASA NEL PARCO - Parco del Pineto Via Pineta Sacchetti 78 Borgo pio Bottega del commercio equo e solidale "Equociquà" via degli Ombrellari 2 casalotti: PARCO DELLA CELLULOSA - Via della Cellulosa 132 MERCATO COPERTO - via Borgo Ticino 76, box 15 TINTORIA ELDA - via di Casalotti 72a I SOGNI NEL CASSETTO – Piazza Ormea 5 laurentina BOTTEGA DEL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE "EQUOCIQUA'" - via Divisione Torino 51-53 torre argentina CAFFE' DEGLI ANGELI - EDEN S.A.S. DI DE CESARE DANILO - Via del Gesù, 94 PARRUCCHIERE MARCO HAIR STYLE - Via S. Caterina da Siena, 54 fIumIcIno R.T.E. 2003 s.r.l. - Tornitura navale industriale - Via della Foce Micina, 28


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Società & relaZioNi

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UNA vItA dA “spIANtAtI” C o s a s u c c e d e p s i c o l o g i c am e n t e q u an d o s i p e r d e i l l av o r o Il fenomeno della disoccupazione è oggi tra le tematiche sociali più discusse e travagliate delle società occidentali; la disoccupazione e la precarietà colpiscono nel profondo dell’essere e della vita. L’uomo, antropologicamente, è l’unità base microcosmica del sistema sociale che si regge essenzialmente su tre dimensioni: biologica, psicologica e sociale. Queste sono legate tra loro da meccanismi di mutua interdipendenza, analogamente alla società, lo squilibrio anche in una sola delle dimensioni, crea disarmonia nell’intero sistema uomo. Rispetto al passato, la crisi economica ha costretto molti a rivedere l’approcio storico al patriarcato, dove erano i figli adulti a mantenere i genitori anziani. Oggi, per la prima volta nella storia, sono genitori e/o nonni a dover sostenere materialmente i propri figli. Considerando che il livello di disoccupazione è di circa il 25% della popolazione attiva (una persona su quattro) è indispensabile esaminare cosa succede a livello psicologico alla persona senza un’occupazione. La libido, intesa in senso Junghiano, di un individuo come fonte di energia che spinge alla sopravvivenza e alla ricerca della soddisfazione personale, senza un lavoro non trova l’ancoraggio e il radicamento nella realtà. Come un auto a cui mancassero le ruote, così l’uomo, anziché riuscire ad esprimere il proprio potenziale, andrebbe ad implodere, generando sintomi di depressione, rabbia e frustrazione di ogni sorta, o sfociando, nel peggiore dei casi, in fenomeni di devianza criminale o in vere e proprie patologie psicologiche, che poi nel tempo potrebbe tradursi in problemi anche di salute. Quando si rimane disoccupati o impiegati precariati per troppo tempo si perde il senso della propria identità professionale. Ci si sente esclusi ed impotenti, così che emergono sentimenti di disistima e di svalorizzazione della propria persona, che si traduce spesso in vera e propria emarginazione sociale. Viene poi meno la possibilità di una progettazione di vita famigliare, l’avere figli, la sensazione di precarietà della vita, induce ad una chiusura esistenziale, con l’esito finale che spesso le coppie scoppiano. Che dire poi degli sti-

pendi spropositati dati a calciatori e vip di ogni sorta, senza poi che quest’ultimi producano dei veri vantaggi sociali collettivi, veicolando al contrario, valori effimeri tra i giovanissimi che sempre più spesso ci si perdono, identificandosi tra sogno e realtà artefatta. I politici d’altro canto, data la loro fondamentale posizione sociale ed i loro alti introiti economici, e tanti altri vantaggi sociali di cui nessuno ne conosce l’esatta entità, dovrebbero dare l’esempio dell’etica del buon padre di famiglia, ed invece, sempre più spesso, si perdono tra scandali di corruzione e di vita privata dissoluta. Il disoccupato e la persona consapevole di non riuscire ad arrivare a fine mese, assistendo a tale scenario di profonda iniquità, non può che provare sentimenti di profonda rabbia e avvilimento, tramutandosi spesso in conflittualità sociale. Dato che il problema è planetario, occorre urgentemente trovare le falle nel sistema dei valori e della struttura capitalistica e correre ai ripari e se possiamo dare un consiglio, soprattutto ai giovani, è quello di puntare sulle professionalità dell’artigianato che offre opportunità di lavoro concrete, indipendenza, possibilità di epressione e creazione ma soprattutto una solida identità professinale che alimenterà Federico Monti Scrittore


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LE AZIENDE ED IL diventare leaders: istruzioni per l’uso Agli inizi del novecento nell’industria prende piede e si sviluppa il modello Fordista basato su un’organizzazione aziendale di tipo verticistico dove il lavoratore è inserito in una catena di montaggio e viene chiamato esclusivamente ad eseguire le stesse mansioni in modo meccanico e ripetitivo come nel celebre film di Charlie Chaplin “Tempi moderni”. A questo sistema si oppose un altro modello, quello Toyota, basato sul coinvolgimento del personale, una maggiore rotazione nell’esecuzione delle mansioni, lavoro di squadra, discussione sull’efficienza e l’organizzazione del lavoro. Connesso all’azienda “stile Toyota” è il concetto di “leadership”. Leadership significa guidare. La leadership si basa sul potere dell’influenza, essa non ricorre a ordini o direttive di tipo formale ma agisce indirettamente sui comportamenti altrui, motivando e ispirando un’azione che va intrapresa.

Il mondo delle imprese d’oggi ha un enorme bisogno di leadership, poiché è un mondo dominato dal caos e dalle incertezze Quindi le imprese se vogliono continuare a sopravvivere, devono alleggerire il proprio carico burocratico tagliando i livelli gerarchici e promuovendo il lavoro di squadra. Purtroppo la leadership non è così diffusa in azienda e ciò avviene per diversi motivi tra i quali ci sono i preconcetti e i pregiudizi privi di significato che non hanno nessun corrispettivo con la realtà. A tal proposito Warren Tennis e Burt Nanus nel loro testo “Leader, autonomia della leadership” hanno individuato cinque stereotipi che scoraggiano i potenziali leader a prendersi carico delle loro organizzazioni. Il primo stereotipo è “la leadership è una capacità rara”: ciò è falso poiché la leadership è una capacità che può essere appresa come la capacità di negoziare e comunicare. Il secondo stereotipo è “leader si nasce non si diven-

ta”, anche questa affermazione è priva di fondamento: si è ritenuto infatti, erroneamente, che la leadership fosse una qualità di natura innata come riteneva il filosofo Nieztsche con la sua teoria del ‘Superuomo’. In realtà le potenzialità della leadership sono presenti in molte persone ed esse possono essere rafforzate e migliorate. Il terzo stereotipo è “i leader sono carismatici”: abbiamo da ridire anche su questo stereotipo poiché in realtà la maggior parte dei leader sono persone normali, pochissimi infatti sono vicini all’idea classica di un capo carismatico. Il punto cardine su cui si fonda la leadership è quella di imprimere negli altri un’idea di successo capace di dare senso e direzione alle attività intraprese. Il quarto stereotipo è “la leadership esiste solo al vertice dell’organizzazione”, in realtà possiamo trovare la leadership, come afferma John Kotter, a qualsiasi livello dell’organizzazione (dal top management fino agli operativi). Il quinto stereotipo è “il leader spinge, ordina e manipola”: questo è il più errato tra tutti gli stereotipi analizzati poiché la leadership non è l’esercizio del potere in sé ma il conferimento di potere agli altri, i leader sono capaci di mobilitare le energie della collettività per il raggiungimento di un traguardo comune.

esistono 4 tipi di leadership: prescrittivo, persuasivo, partecipativo, delegante (K. Blanchard e p. Hersey). Per quanto riguarda lo stile prescrittivo esso è necessario per i collaboratori che hanno una limitata maturità professionale (si caratterizza per il fatto che è il leader a decidere cosa fare, come e quando, pianificando e organizzando il lavoro). Il leader prescrittivo assegna con chiarezza i compiti e definisce le modalità per la loro esecuzione, controlla, corregge, comunica sicurezza rispondendo al bisogno del collaboratore di conoscere ciò che deve fare, come lo deve fare e quali sono le attese nei


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BISOGNO DI LEADERSHIP suoi confronti. Cosa ancor più importante aiuta inoltre a far acquisire gradualmente familiarità nel suo ruolo rispettando i ritmi d’apprendimento del collaboratore.Per quanto riguarda lo stile persuasivo possiamo dire che sebbene il leader continui a prendere tutte le decisioni, inizia a spiegare il perché delle sue scelte, illustrando le sue motivazioni e incoraggiando la discussione (questo è un tipo di leadership meno attento ai contenuti e più alla persona, infatti il leader riduce progressivamente il controllo delle sue attività e sposta l’attenzione alla persona, al processo di lavoro ed agli obiettivi oltre che ai compiti). Per lo stile partecipativo possiamo dire che esso implica la presa di decisione collettiva, la maturità del collaboratore è ormai accresciuta poiché ha acquisito autono-

mia nello svolgimento professionale del proprio ruolo lavorativo. Il leader promuove e sostiene l’impegno dei suoi collaboratori verso una meta comune dividendo con loro responsabilità di decisioni e rassicura i suoi collaboratori infondendo loro fiducia nelle proprie capacità. Infine per lo stile delegante possiamo dire che esso è l’ultima fase della crescita del collaboratore, infatti comporta l’autonomia di chi lavora con il leader. In questa circostanza il leader delega ai propri collaboratori la responsabilità di ogni decisione e lascia che essi risolvano da solo i propri problemi, praticamente il leader mette in condizioni gli altri di autogestirsi, limitandosi a fornire le linee guida di riferimento e dando aiuto e supporto quando viene richiesto. Massimo Minnetti Filosofo

storie di successo al femminile in tempi di crisi Intervista a Francesca Iacovone, responsabile del “Mercatino” (P.za Pio XI):

“Se i miei dipendenti si sposano o comprano casa è la mia prima soddisfazione” come nasce la sua idea? “L’idea non è mia ma è stata di Ettore Sale che a Verona nel 1995 ha creato uno spazio per il riutilizzo e poi, visto il successo, lo ha trasformato in un franchising con 170 punti vendita in tutta Italia”. In che modo ha affrontato la sfida di aprire un suo centro a roma? “Mettendo a frutto l’esperienza passata nel commercio ma soprattutto la collaborazione con i miei soci con i quali condiviso la passione per forme nuove di commercio”. considerata la crisi, che risultati avete raggiunto? “In poco tempo siamo diventati il 1° negozio “Mercatino” in Italia per fatturato e volume d’affari. Inoltre, a breve riceveremo la visita di un gruppo di imprenditori giapponesi interessati a conoscere il nostro modello”. Qual è il segreto di questo successo? “Si può vendere di tutto dalla scarpe ai libri fino alle cucine. Infatti i nostri spazi espositivi sono spesso di ampia metratura. E’ un tipo di commercio più ampio rispetto a quello settoriale come ad esempio l’antiquariato”. riutilizzare serve anche all’ambiente?

“Certo, il “Mercatino” ha un occhio attentissimo all’ecologia applicando le logiche del riutilizzo delle risorse, grazie alla partecipazione dei cittadini”. Quindi è anche un’attività formativa? “Stiamo coinvolgendo le scuole d’Italia per avvicinare i bambini alla cultura del riutilizzo contro lo spreco”. Quali sono gli ingradienti per costruire un’azienda vitale come quella chelei ha saputo realizzare? “Avere passione per il proprio lavoro, essere originali ma soprattutto costanti, seri e trasparenti. Nel mio settore, la serietà è fondamentale in quanto siamo agenti intermediari a cui si rivolgono i cittadini per vendere i loro beni”. Informiamo per iscritto i nostri clienti quando un loro bene è stato venduto”. come è il rapporto con i suoi dipendenti? “I miei ragazzi sono il valore e la risorsa più importante. Sono con me dall’inizio e tutti a tempo indeterminato”


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Percorsi nella Sacra Scienza

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Il Tempio di Serabit el Khadim

Serabith el Khadim. E’ conosciuta con questo nome l’altura che il libro dell’Esodo dell’Antico Testamento chiama Horeb, quella che comunemente viene detta la montagna sacra di Mosè, nella penisola del Sinai. Su questo altopiano aspro ed inospitale, nel 1906, l’equipe di ricercatori dell’archeologo inglese Flinders Petrie s’imbatté nelle rovine di un antico tempio, quasi del tutto sepolto dalla sabbia del deserto. Petrie, dopo averlo riportato alla luce, ne documentò il contenuto (statuette, vasi, steli, un altare, vassoi, piatti, coppe), con disegni e foto. Le iscrizioni consentirono di datare il tempio al regno del faraone Snefru, intorno al 2600 a.C., ma le datazioni e la lettura dei geroglifici indicarono uno sviluppo temporale di oltre 1500 anni di attività. All'esterno del tempio rinvennero una grotta scavata nella roccia e dedicata ad Hathor, la dea della vita. Ma le scoperte più interessanti e spettacolari furono: un'enorme quantità di polvere bianca, di composizione sconosciuta, accuratamente custodita sotto enormi lastre di pietra; alcune verghe di un materiale estremamente duro, egualmente sconosciuto e, infine, un crogiolo per lavori di metallurgia. Dopo la scoperta, il mondo accademico s’interrogò per molti anni sui motivi che avevano spinto gli antichi faraoni egizi a costruire un tempio monumentale in una zona così inospitale, lontana dal dalla corte e dai centri di potere e per finalità assolutamente sconosciute. I ricercatori di Petrie, interpretando le iscrizioni sugli steli del Tempio, giunsero alla conclusione che la misteriosa polvere bianca era chiamata mfkzt, e che era già stata motivo di studio, senza concreti risultati, negli anni imme-

diatamente successivi alla spedizione di Napoleone. Comunque, l'unica certezza a cui si era pervenuti, dopo oltre cento anni di studi, era che si trattava di una pietra particolarmente preziosa ma molto instabile. Dopo gli scavi di Saqqara e la scoperta dei Testi, molto ben conservati, rinvenuti e decifrati in alcune piramidi tombali, si cominciò ad avere qualche idea più chiara circa questa famosa sostanza; infatti, in uno di questi Testi era descritto il viaggio del faraone, dopo la morte, verso il campo di mfkzt: da ciò si dedusse che la misteriosa sostanza probabilmente consentiva la possibilità di trasferirsi in una dimensione diversa, un campo alternativo a quello terreno. ma come poteva avvenire tale passaggio? Una possibile risposta fu trovata decifrando i disegni incisi su una tavoletta di roccia dissepolta accanto alla grotta della dea Hathor e su altri manufatti. La dea viene raffigurata mentre dona la croce del potere e della vita al faraone e, dietro di lei, si scorge Sobekhotep, detto il Grandissimo e anche il tesoriere della Casa dell'oro, che porta una focaccia conica descritta come il “pane bianco”, il pane della vita, o mfkzt. Adesso sappiamo, dopo la scoperta dell'oro monoatomico (la famosa sostanza esotica di cui abbiamo già parlato), che il tesoriere offriva al faraone una composizione di oro, apportatore di vita, sotto forma di focaccia conica. ma come associamo l'oro al tempio di Serabith el Khadim, e alla penisola del Sinai? Nel Libro dell'Esodo si racconta della peregrinazione degli Ebrei nel deserto fin quando raggiunsero il monte Horeb dove Mosè si recò a colloquio con Jehovah per ricevere le Tavole della Legge. Quando ridiscese dal monte trovò il popolo che festeggiava un vitello d'oro, colato in tale forma da suo fratello Aronne. In Esodo 32:20 si legge: “Adirato da tale manifestazione d'idolatria Mosè prese il vitello che quelli avevano fatto, lo bruciò col fuoco, lo ridusse in polvere, sparse la polvere sull'acqua e lo fece bere ai figli d'Israele.” Si trattava dunque del pane della vita, costituito da oro monoatomico opportunamente trattato, conosciuto dai faraoni ma anche dai sumeri.Oggi gli scienziati di tutto il mondo sono impegnati in questi studi, che hanno anche a che fare con quelli sull'enzima telomerase, riconosciuto come l'enzima dell'immortalità. Carlo Famiglietti Ricercatore


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Nea ciNeMa

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Rubrica di Cinema

Quando il Cinema fotografa la precarietà: “Tutta la vita davanti” (2008)

Parliamo di lavoro. Quindi, visti i tempi che corrono, parliamo di precarietà e di quanto sia difficile per i “neo-adulti” affacciarsi in questo mondo così complicato e spesso psicologicamente così avvilente. Se è vero che la gavetta spetta a tutti, è altrettanto vero che la qualità del lavoro è fondamentale, come testimonia il film di paolo virzì “tutta la vita davanti”, uscito nel 2008, che tocca temi politici e sociali in salsa parodistica raccontati attraverso la storia di marta, neolaureata con lode, abbraccio accademico e pubblicazione della tesi in filosofia. La protagonista si vede chiudere in faccia le porte del mondo accademico ed editoriale, ma deve pur vivere, e si trova così a sbarcare il lunario come baby-sitter della figlia di una ragazza madre, fragile e sbandata. Quest’ultima riesce infine ad introdurla nel call center della “Multiple”, un’azienda specializzata nella vendita di un costoso elettrodomestico multifunzione. Marta diventa così una telefonista, imparando le tecniche di fissazione degli appuntamenti, che si basano alternativamente sull'insistenza, sul patetismo o sull'ignoranza e le paure delle casalinghe. Le sue colleghe sono perlopiù ragazze ingenue, che sull'autobus parlano dei reality show, che Marta nemmeno conosce. I venditori sono ragazzi in cerca di successo e di autostima. Da qui inizia il viaggio di marta in un mondo alieno, quello dei tanti giovani, carini e "precariamente occupati" italiani: in una periferia romana spaventosamente deserta e avveniristica, isolata dal resto del mondo come un reality, la Multiple si rivela pian piano come una sorta di mostro che fagocita i giovani lavoratori, illudendoli con futili gadget in premio per i migliori, incoraggiandoli tramite sms motivazionali quotidiani da parte dell’invasata

capo-reparto, facendo loro un training da villaggio vacan ze fatto di canzoncine e coreografie di gruppo per "iniziare bene la giornata", per poi punirli con eliminazioni alla “Grande fratello”. Un mondo sorridente e spaventato, in cui vittime (giovani precari pieni di speranze) e carnefici (adulti che godono di un falso benessere) sono accomunati da una stessa ansia per il futuro che si tramuta in folle disperazione. Non c'è scampo per nessuno all'interno di queste logiche di sfruttamento, e a poco servirà il tentativo di un onesto ma evanescente sindacalista di cambiare idealisticamente un mondo che difficilmente può essere cambiato. L'inferno di questo precariato viene raccontato attraverso lo spirito comico e amaro che da sempre contraddistingue il regista livornese, accentuando i toni tragicomici di una situazione talvolta grottesca. Le spaventose dinamiche del mondo moderno vengono vissute dall’intelligente protagonista del film mantenendo sempre un lucido e ironico distacco, come a voler a tutti i costi rimanere ancorata all’ottimismo di sperare in un mondo migliore; dopo tutto i giovani hanno

ancora “tutta la vita davanti”, anche se tutto attorno resta un ritratto allarmante dell'Italia di oggi. Jessica Giaconi Regista


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Nea cultura

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LA CHIAVE PER PRODURRE CAPOLAVORI CINEMA ITALIA: dalla commedia bonacciona alla produzione internazionale. Intervista a Laura Andina, responsabile produzione Cinematografica Mi è stato proposto di parlare di cinema, la passione e la professione che mi hanno portata nella vostra magnifica città. Da Los Angeles all'Italia, la scelta semiobbligata per continuare a fare cinema è stata infatti Roma. Dove ho appreso, di fatto, un altro mestiere: la macchina hollywoodiana ha tempi e ingranaggi assai diversi dai nostrani. oltreoceano, le tempistiche della mia carriera si sarebbero probabilmente accorciate, ma in modo inversamente proporzionale alla nostalgia della mia famiglia. E, tirando le somme, non ho alcun rimpianto. Anzi, uno ci sarebbe, ma è diventato un traguardo personale e una missione professionale: lavorare alla produzione di un grande film internazionale. In Italia, infatti, il cinema che viene prodotto, salvo rare eccezioni, non è quasi mai internazionale o “grandioso” come quello hollywoodiano. perché ci limitiamo a pochi generi cinematografici come commedie “bonaccione” e drammi sentimentali o politici difficilmente esportabili? Perché, basandosi su situazioni personali e sociali e soprattutto sui dialoghi, anziché ambientazioni ed effetti speciali, costano di meno. Quindi non sono eccessivamente rischiosi al botteghino dal punto di vista finanziario. E’ una scelta strategica conveniente e legittima. Solo che così non si realizzano capolavori che entrano e restano nella storia del cinema mondiale. Invece di concentrare le risorse economiche e creative in tanti piccoli film nazionali, non sarebbe forse più giusto e lungimirante provare a investire in un grande progetto cinematografico che parli ai cuori di qualsiasi cittadino del mondo?

Il mio ragionamento è stato contrariato proprio l’anno scorso: l’ultimo kolossal italiano, “Baaria” del premio Oscar Giuseppe Tornatore è stato un tentativo ahimé non troppo felice, e il rischio di emorragia finanziaria della casa di produzione Medusa è stato arginato dal successo commerciale dell’esordiente Checco Zalone con una commedia particolarmente “bonacciona”, “Cado dalle nubi”. Comunque credo che la scommessa produttiva di “Baaria” sia stata teoricamente giusta. La scelta della storia che racconta lo è stata di meno (e i risultati l’hanno dimostrato). Peccato, perché l’Italia è un immenso scrigno di storie, di bellezza, di maestria e di talento. E il talento deve crescere, e avere chances per farlo. Per arrivare a concepire e creare capolavori, infatti, occorre avere e reiterare possibilità. I grandi autori cinematografici hanno realizzato tanti film tra cui, appunto, dei capolavori, così come i grandi musicisti, da Donizzetti a Bob Marley, hanno composto e pubblicato tanto, affermando la loro “scintilla” artistica a se stessi, e poi al resto del mondo. La chiave per produrre capolavori cinematografici sta quindi in una più articolata diversificazione di generi, storie e talento. Passando, rispettivamente, per una maggiore sperimentazione espressiva, lettura e circolazione di materiale (ispirazione, idee, sceneggiature) e una maggiore meritocrazia artistica. A dimostrazione di questo, i premi e le polemiche dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia sono stati emblematici: ha vinto Sofia, figlia del maestro Francis Ford Coppola. Chi più di lei ha avuto possibilità di respirare cinema, leggere storie, sperimentare e crescere artisticamente? Quanto alla meritocrazia… meglio una Coppola o una Comencini? Laura Andina Responsabile Produzione Cinematografica


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alla giurisprudenza

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CALL CENTER: LAVORO AUTONOMO O SUBORDINATO??

Quanto è difficile per i giovani trovare un lavoro dignitoso per poter condurre una vita serena. Molti sono laureati, hanno fatto diversi master ma alla fine cercando e non trovando devono accontentarsi di qualsiasi lavoro, spesso faticoso, sottopagato come succede nei call center. Impiegarsi come operatore call center può comportare dei veri e propri rischi, vista e confermata la precarietà di questo lavoro da autorevole e costante giurisprudenza, che con sentenza n. 9812 del 2008 ha stabilito che “il lavoro espletato in un call center è un rapporto di lavoro subordinato e non autonomo quando il lavoratore è sottoposto al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro ed è inserito in modo stabile ed esclusivo nell’organizzazione aziendale. costituiscono poi indici sintomatici della subordinazione, valutabili dal giudice del merito sia singolarmente che complessivamente, l’assenza del rischio di impresa, la continuità della prestazione, l’obbligo di osservare un orario di lavoro, la cadenza e la forma della retribuzione, l’utilizzazione di strumenti di lavoro e

lo svolgimento della prestazione in ambienti messi a disposizione dal datore di lavoro”. Il giudice del gravame ha ritenuto elementi qualificanti della subordinazione dei dipendenti con mansioni di telefonisti tali circostanze: seguire le direttive impartite dall’azienda in relazione ad ogni telefonata da svolgere prendendo nota dell’esito e del numero di telefonate; avere un preciso orario di lavoro; utilizzare attrezzature e materiali di proprietà della società; giustificare le assenze. E’ possibile parlare di lavoro autonomo quando le collaborazioni sono coordinate e continuative, devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici, programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente, ma “gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa”. E’ importante ricercare la reale volontà delle parti oltre il nomen juris adottato dalle stesse per tutelare la parte debole del rapporto di lavoro. Sabrina Numini Patrocinante Avvocato

rubrica

L’AMMINISTRATORE RISPONDE... e’ possibile chiedere un aumento delle spese di ascensore e pulizia-scale ad un’unità adibita ad uso ufficio all’interno di un condominio? In linea generale non è possibile, se la destinazione ad uso ufficio è legittimamente riconosciuta dal regolamento di condominio, in quanto i criteri di ripartizione per le spese riguardanti gli spazi comuni fanno riferimento ad un utilizzo “potenziale” del servizio. Ne è prova il fatto che la stessa identica spesa venga addebitata anche a chi non utilizza quel servizio (ad esempio chi ha una proprietà sfitta anche da mesi). Nel caso invece ci sia un ufficio non legittimamente riconosciuto come tale, l'assemblea dei condomini può chiedere al proprietario dell’immobile in questione, un aumento forfettario in attesa che avvenga la regolarizzazione del cambio d’uso e la conseguente variazione delle tabelle millesimali. e' possibile revocare il mandato ad un amministratore condominiale nel corso dell'annualità? L’articolo 1129 comma 3 del Codice Civile prevede che il mandato dell’amministratore possa essere revocato “in ogni tempo”. E’ necessario quindi indire un’assemblea “straordinaria” con all’ordine del giorno il punto che preveda la “revoca dell’amministratore” e la "nomina di un nuovo amministratore". Nel caso l’amministratore in carica sia restio ad indire l'assemblea richiesta, i singoli condomini possono convocarla essi stessi purché siano almeno in numero di due e che rappresentino almeno 1/6 del valore dell’edificio.L’assemblea non è tenuta a dover dare nessun tipo di motivazione e/o spiegazione all’amministratore uscente. Per Info e domande: Paolo Migotto : 331.7077542 email: paolomigotto@gmail.com


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COS’è IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO E A CHI SI RIVOLGE rubrica L’apprendistato è un contratto a contenuto formativo, in cui il datore di lavoro, oltre a versare un corrispettivo per l’attività svolta, garantisce all’apprendista la formazione professionale necessaria ad acquisire le competenze tecniche del lavoratore qualificato. In cambio di questo impegno formativo beneficia di due agevolazioni: la riduzione dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi e l’esclusione dell’apprendista dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti. La prima regolamentazione dell’apprendistato risale al 1955 (L. 25/55); il contratto è stato poi rivisto nel 1987 dalla Legge 56/87 e infine più recentemente nell’articolo 16 della legge 196/97. L’ultimo intervento legislativo, nel 2003 (D. Lgs. 276/03 – Legge Biagi), ne ha trasformato profondamente gli aspetti formativi e contrattuali suddividendo l’apprendistato in tre tipologie: 1) apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione che consente di conseguire una qualifica professionale, favorendo l’entrata nel mondo del lavoro dei più giovani ed è, infatti, rivolto ai giovani e adolescenti che abbiano compiuto 16 anni (non soggetti all’obbligo scolastico); 2) apprendistato professionalizzante che permette di ottenere una qualifica attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale. E’ rivolto ai giovani tra i 18 e i 29 anni e diciassettenni in possesso di una qualifica professionale; 3) apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione che consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore. E’ rivolto ai giovani tra i 18 e i 29 anni e diciassettenni in possesso di una qualifica professionale. Ognuna delle tipologie è regolata dalle regioni e dai contratti collettivi. Il contratto deve essere stipulato in forma scritta con l’indicazione della prestazione lavorativa oggetto del contratto, del piano formativo individuale e della qualifica (eventuale, per il contratto di apprendistato professional-

izzante) che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della formazione aziendale o extra-aziendale. La durata dell’apprendistato varia in base alla tipologia del contratto. L’ apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione ha durata non superiore a 3 anni e a seconda della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego o da soggetti privati accreditati. L’apprendistato professionalizzante ha durata non inferiore a 2 anni e non superiore a 6 (compresi, se presenti, i periodi di apprendistato svolti nell’ambito della prima tipologia). Riguardo all’ apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione la durata è rimessa alle Regioni, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro, le Università e le altre istituzioni formative. la giurisprudenza della Suprema corte, in una recente pronuncia, ha qualificato il contratto in parola “un rapporto di lavoro speciale per espressa definizione legislativa”, in cui “la specialità deriva dal fatto che “l’imprenditore è obbligato ad impartire o far impartire, nella sua impresa, all’apprendista, assunto alle sue dipendenze, l’insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l’opera nell’impresa medesima”. Una conseguenza della specialità dell’apprendistato è che non può avere durata superiore ai termini previsti dalla contrattazione collettiva o dalla legge (art. 7): è intrinsecamente inconcepibile un apprendistato a tempo indeterminato” (Cass. Civ. Sez. Lav. 28.09.2010 n. 20357). Il datore di lavoro ha possibilità di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, anche se permane il divieto per il datore di lavoro di recedere anticipatamente dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. Avv. Marco Senzacqua Tel. 3287146202


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ProfeSSioNiSti

CONTRATTO DI APPRENDISTATO: la procedura e le agevolazioni contributive e previdenziali I datori di lavoro ricorrono oramai sempre più spesso ai contratti di apprendistato per assumere nuova forza lavoro, soprattutto in virtù del fatto che a tale tipologia contrattuale hanno accesso solamente persone di età inferiore ai 30 anni compiuti; la tipologia di contratto più usata in questo ambito è senza dubbio l’apprendistato professionalizzante, che con la riforma introdotta dalla legge Biagi nel 2003 permette ai nuovi assunti di ottenere da subito una retribuzione più elevata rispetto al passato nonché una formazione teorico-pratica che gli permetta, al termine del periodo di apprendistato, di poter svolgere le proprie mansioni in totale autonomia. Quanti apprendisti si possono assumere? Ogni datore di lavoro può assumere un numero di apprendisti pari al 100% della forza lavoro qualificata e specializzata presente in azienda, o fino a 3 nel caso in cui tale forza lavoro sia pari a zero o composta di un massimo di 3 elementi. la procedura per assumere La procedura per l’assunzione di un apprendista prevede un nulla osta che deve essere rilasciato dai competenti Centri per l’Impiego entro 30 giorni dalla richiesta del datore di lavoro; in caso di mancata risposta entro i 30 giorni, il datore potrà assumere il dipendente senza attendere oltre (vale in questo caso il silenzio-assenso). Il datore di lavoro dovrà assicurare che la formazione impartita al dipendente sia di almeno 120 ore annuali, e che questa copra competenze di base, competenze professionali settoriali e specialistiche.

Inquadramento economico Il lavoratore all’inizio del rapporto di lavoro viene inquadrato da un punto di vista economico e normativo con uno o due livelli inferiori rispetto alla qualifica che raggiungerà al termine del periodo di apprendistato, a differenza del passato quando la sua retribuzione era costituita da una percentuale rispetto alla retribuzione prevista per il livello da raggiungere (si partiva spesso dal 55% fino ad arrivare ad un massimo dell’80%, incrementando ogni semestre tale percentuale). agevolazioni contributive e previdenziali Il datore di lavoro da un punto di vista contributivo gode di agevolazioni molto consistenti, in quanto la percentuale di contributi a suo carico è molto bassa: con il pagamento di una percentuale pari all’1,5% per il primo anno, 3% per il secondo e 10% fino al termine del contratto il datore di lavoro copre il proprio dipendente in maniera completa, sia da un punto di vista previdenziale (i contributi sono pienamente validi ai fini pensionistici) sia per quel che riguarda prestazioni a sostegno del reddito, in caso per esempio di malattia o maternità; da un punto di vista dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l’apprendista è pienamente assicurato per le mansioni svolte, compreso spesso l’utilizzo del proprio mezzo per recarsi sul posto di lavoro, ma il datore di lavoro è esonerato dal versamento del premio contributivo ad esso riferito. Per informazioni e domande: Rag. Andrea Ottaviani Tel o6.88542092 andrea_ottaviani@tiscali.it

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