NEA POLIS ROME MAGAZINE FUTURE GENNAIO 2011

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intervista a Mario Di Carlo Consigliere regionale intervista a Fabio De Lillo Assessore all’ambiente del Comune di Roma


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SOMMARIO

Anno II - n.° 1 GENNAIO 2011

Invia una mail con scritto “Ok” e riceverai la rivista on line

EDITORIALE

Il futuro è associato: nasce l’Associazione Nea Polis

FOCUS: FUTURO

Il futuro dell’informazione reale e virtuale

Cara Tecnologia, ti desidero Manovra finanziaria: istruzioni per l’uso

NOTIZIE DALLA CAPITALE

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Addio previdenza... benvenuta provvidenza

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Nell’ora della crisi

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Roma e l’acqua pubblica: passato glorioso e futuro incerto 10 La Chiesa del Futuro: Nuovi Orizzonti

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Dopo il petrolio, quale futuro? Eolico, solare ma soprattutto idrogeno 13 Colazione da Re, pranzo da Principe e cena da Povero I rottamatori democratici

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ROMA REDAZIONE Editore: Claudio Napoli Direttore Responsabile Federico Boccadoro Direttore Commerciale Carlo Famiglietti Comitato scientifico:

www.neapolisroma.it

Prof. B.Amoroso, Prof. G. Chinnici, Edy Viola, A. Tancredi, F. Napoli, P. Torti

Roma Capitale

Intervista a Fabio De Lillo, Assessore all’Ambiente del Comune di Roma

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Intervista ad Alfonso Pascale, Parola d’ordine: Fare rete 17 Municipio XVII

Antonella De Giusti, Presidente del Municipio XVII lascia il PD ed aderisce all’API 18

Perché il corpo della donna è vita 18 Municipio XVIII

Il sacchetto appeso

Il futuro di Forte Boccea Il Presepe dei Netturbini

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Dove lo trovo...

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La mediazione giuridica

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PROFESSIONISTI

L’amministratore risponde

La copertina è di Xenograffik xenograffic@gmail.com Grafico: Daniele Palone Collaboratori:

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Enrico Gandolfi, Luca Iacolina, Marco Senzacqua, Massimo Minnetti, Laura Napoli, Valeria Pucci, Sabrina Numini, Jessica Giaconi, Viviana Vannucci, Federico Monti, Lorenzo Sigillò, Paolo Migotto Salvo accordi scritti, la collaborazione con il mensile Nea Polis Roma è da considerarsi a titolo gratuito

NOTIZIE DALLA REGIONE

Faccia a faccia: proposte politiche a confronto sulla gestione dei rifiuti: il piano rifiuti della Regione Lazio e l’intervista a Mario di Carlo 24

SOCIETÀ & RELAZIONI

Società e futuro: dove stiamo andando

Non ci sono più i giovani di una volta (forse)

NEA CULTURA

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Dalla stregoneria alla scienza. L’acqua che guarisce 28 Il Futurismo nell’arte

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Cosa è un film indipendente? 30

NEL PROSSIMO NUMERO

Nel Focus del mese di Febbraio si parlerà di... 31

DOVE TROVO NEA POLIS

Area di distribuzione

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Tipografia: Spedalgrafstampa s.r.l. v. Cupra, 23 00157 Roma Registrazione Tribunale di Roma: n. 360/2010 del 17 settembre 2010 N° iscrizione ROC: 20384

PER INFORMAZIONI E PUBBLICITÀ 06.39.36.64.49 320.22.84.368 Email:nea-polis@libero.it


Gennaio 2011

EDITORIALE

IL FUTURO È ASSOCIATO: NASCE L’ ASSOCIAZIONE NEA POLIS “LA CITTÀ CHE CRESCE INSIEME” di Claudio Napoli

In tempi di crisi economica, i professionisti si associano ed i servizi diventano integrati: avvocati, commercialisti, architetti e ingegneri si uniscono. Ma non sono gli unici. Infatti, sono numerose le Associazioni che nascono per offrire servizi utili ai propri associati ma soprattutto creare opportunità di socialità, incontro, ascolto e crescita professionale Proprio a tal fine, la redazione della Rivista ha deciso di fondare l’Associazione Nea Polis per offrire un sostegno concreto a tutti coloro che inseguono un sogno ma che per realizzarlo hanno bisogno dell’altro. L’obiettivo dell’Associazione Nea Polis è proprio quello di creare una nuova città dentro la quale mettere a disposizione degli associati ciò che si può, si sa e si ha. In questa nuova città, c’è spazio per riviste, giornali, professionisti, associazioni, onlus, bloger, artisti, registi e singoli fruitori di qualunque età. Le attività in programmazione per l’anno 2011 prevedono l’organizzazione di un “Nea Polis Café” al mese, occasione per presentare libri, fare amicizia, ascoltare gruppi musicali emergenti, condividere un aperitivo insieme o la presentazione di una mostra d’arte. Il 16 gennaio verrà lanciato il nuovo sito web della rivista in formato sfogliabile ricca di informazioni pratiche ed utili come concorsi, borse di studio, corsi di formazione e contributi pubblici allo sviluppo delle imprese. Ciò ci consentirà di raccogliere commenti, contributi e critiche utili alla creazione di una Nea Comunità ispirata da valori come la concretezza, lo spirito di collaborazione e la voglia di investire in se stessi e nel gruppo. Altre attività sono l’orientamento legale in campo civile, penale, amministrativo e del lavoro per tutti, assistenza fiscale nonché corsi di formazione (fotografia, cucina, edi-

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toria) e visite archeologiche soprattutto per scoprire le bellezze che Roma offre. Il tutto viene perseguito in un’ottica di creazione di rapporti professionali seri ma anche umani e solidali. Inoltre, gli associati potranno accedere a sconti sui prodotti della rete commerciale che sostiene Nea Polis. Ricordo a tutti che siamo presenti anche su Facebook (Nea Polis) e che inviando una mail a nea-polis@libero.it con scritto OK potrete essere tempestivamente e comodamente informati su tutte le iniziative ed attività intraprese. Parlando del contenuto del presente numero, abbiamo voluto ricordare quanto sia prezioso il futuro e per questo affrontato temi di attualità come l’acqua e l’informazione e presentato le nuove tecnologie ormai espressione di un nuovo linguaggio e cultura. Naturalmente quando si parla di previdenza si parla di futuro che sta a cuore a tutti ma soprattutto ai giovani. Segue una riflessione sulla situazione politica (nell’Ora della Crisi) e un articolo sul movimento dei rottamatori in seno al PD. Di assoluta rilevanza la questione dei rifiuti che viene affrontata in modo equilibrato attraverso un “faccia a faccia” tra le proposte dei diversi attori politici. Una novità in campo giuridico è la Mediazione che sarà obbligatoria da marzo il cui scopo è far ragionare le parti in causa prima di intraprendere inutilmente lunghe dispute legali. Buona lettura ed iscrivetevi alle news letters!


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FOCUS DEL MESE

di Antonio Tomassini Perché si definisce "virtuale" l'informazione diffusa mediante tecnologie telematiche? Anche se virtuale significa potenziale, possibile, teorica e la comunicazione attraverso i mezzi telematici è invece anch'essa reale, effettiva, concreta. L'innovazione, l'evoluzione e la globalizzazione che il progresso tecnologico sospinge non tornano gradite a molti, per una serie di diverse motivazioni. Un esempio: è possibile, ha scritto Howard Reinghold, che “...il diffuso utilizzo dei computers stia dando origine a una nuova specie umana destinata a essere sempre più dipendente dalla tecnologia al punto da sviluppare un nuovo linguaggio e una nuova forma di pensiero più adatti a dialogare con le macchine..."( V.Sabadin in "Si salverà il giornalismo ?" da CIVITAS n.2-maggio-agosto 2010) e la rivista che ospita il suo ed altri articoli sull'argomento ha intitolato la raccolta "Il mondo nella rete libertà presunta?". E' un interrogativo, naturalmente, perché la pubblicazione giunge ad altra diversa conclusione quella secondo la quale bisogna evitare che "il nuovo cittadino del mondo diventi solo un anonimo consumatore di un incerto progresso" e bisogna "...Difendere la sua libertà personale che poi è unica garanzia per tutti". Si posson leggere tuttavia nella raccolta citata, varie affermazioni talvolta poco condivisibili, come quella di Boccia Altieri, riportata da Giorgio Zanchini, secondo la quale il tipo di lettura che la nuova tecnica propone faccia si' che " finalmente ha perso il senso una gerarchia delle fonti e dei modi di esprimersi, finalmente le marginalità hanno preso la parola e non ci attardiamo più nel definire un certo tipo di offerta alta ed un'altra bassa o marginale...". (G. Zanchini in "La rete - Quali effetti sulla partecipazione ai grandi processi democratici" da CIVITAS op.cit.). D'accordo che se da un lato apportano un progresso prima inimmaginabile, da un altro le tecnologie dell'infor-

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matica lasciano temere pericoli per una corretta informazione degli individui la cui esigenza è quella di essere informati "bene", di ricevere un'informazione quanto meno "attendibile" e "responsabile". Non è vero, però, che nell'informazione "virtuale" non ci possa essere l'offerta alta di cui dice Altieri. Non sono le macchine che creano l'informazione o qualsiasi altro discorso attraverso i media telematici, ma è pur sempre l'uomo che li adopera e li fa funzionare. Tutto l'incrociarsi testate informatiche on-line,i blog di carattere giornalistico e di studio ma addirittura tutti i messaggi, tutto il "chatting", tutte le conversazioni che si fanno su iPad, iPhone,You Tube, Face Book e su tutto il socialnetworking di Internet costituiscono una rete o meglio una ragnatela (appunto il web), che finiscono anch'esse per essere "informazione", che concorre a formar convinzioni, opinioni, e diffusi modi di sentire. E ,ora il tutto appare- ha scritto su La Repubblica del 21 maggio 2010 Vittorio Zucconi- un "...clima giocoso e innocente" che addirittura poi "... sta lentamente intossicandosi in una atmosfera di sospetto reciproco e collettivo....)( Allusione ai fatti dell'informatica del tipo della vicenda di WilliLeaks).

E si capisce come ciò influisca sulla civile convivenza e quindi sulla politica poiché il riferir fatti,come s'è già accennato, non è soltanto il comunicare una notizia o una serie di notizie, di discorsi, ma è anche un "formare" opinioni. E se è così deve comportare per chi la fa una seria preparazione e responsabilità, quanto meno a riguardo dell'esattezza di ciò che s'accinge a riferire. L'imperativo si pone, però, per tutta l'informazione attraverso tutti i media e non può soltanto riferirsi a quella divulgata con sistemi telematici e così detta"virtuale". E allora si ripropone un’antica convinzione e cioè la necessità di un "controllo" delle attività di informazione, quale che sia il mezzo tecnico con il quale vien diffusa. E in che modo


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FOCUS DEL MESE

si pensa di poterlo praticare? E' tenue il confine tra "controllo e "privazione della libertà di informare". Vien da chiedersi, però, se il problema dell’ informazione debba affrontarsi solo nel momento nel quale essa ha origine e vien diffusa o anche in quello nel quale arriva a destinazione e cioè vien ricevuta. Ci vogliono informatori seri e responsabili, non c’è dubbio, ma ci vuole anche che i destinatari siano in grado di capirla e di valutarla l’informazione. Qualcuno si chiede se le nuove tecnologie possono rappresentare una minaccia per la libertà di stampa e cambiare il ruolo che il quarto potere ha finora avuto come controllore della democrazia. E’ qui che ci si rende conto che l’informazione aumenta, ma diminuisce la capacità di assimilarla. "Tecnologie più sofisticate richiedono generazioni più istruite e meglio formate” (La Repubblica del 23 maggio 2010). Dice Seabright “...sempre più informazione disponibile per gli individui sempre meno attenzione e capacità di assimilarla." E ciò si avverte non soltanto in paesi come il nostro, nel quale, per oltre un ventennio d'esperienza dittatoriale, controlli rigorosi su quanto veniva divulgato specie dalla stampa e dalla radio eran tali da far passare per vero tutto ciò che veniva reso di pubblica ragione, ma anche, anzi di più, nei paesi che hanno sempre praticato la democrazia rappresentativa lasciando una ampia libertà di stampa. Occorre perciò che i lettori, i radioteleascoltatori, gli utenti di tutte le moderne risorse che la telematica offre siano in grado di comprendere e giudicare. Ora, se con sistemi e mezzi democratici o addirittura antilibertari sarebbe possibile il controllo di chi diffonde informazione da sedi individuabili e per quanto numerose pur sempre verificabili, si capisce bene che non sarebbe assolutamente possibile controllare il livello di preparazione dei destinatari dell'informazione, cambiando il pianeta in una sorta di enorme prigione, trasformando tutti gli individui in sudditi. E non c'è che un modo per farlo: innalzare il livello di istruzione non solo dei diffusori e dei responsabili, ma anche dei "fruitori dell'informazione". Ed è un problema grosso che i politici debbono affrontare.

di Laura Napoli

.7 Cosa succede se scordiamo il telefonino in casa? Il senso di vuoto ci assale provocato dalla mancanza di un punto di riferimento. Qual è la prima cosa che facciamo quando entriamo in ufficio? Accendiamo il computer. Possiamo vivere senza tecnologie?

La risposta è no. Noi siamo loro, loro sono noi. Lo sviluppo rapido delle tecnologie ci ha persuaso definitivamente. I nuovi sistemi di comunicazione sono l’emblema del nostro tempo. Sono trascorsi tre secoli tra l’invenzione del torchio da stampa e il momento in cui il giornale diventò mezzo di comunicazione importante, ma sono passati solamente 33 anni (dal 1888 al 1921) tra la scoperta di Hertz delle onde radio e l’inizio, negli Stati Uniti, di regolari trasmissioni radiofoniche. I passi delle nuove tecnologie sono stati passi da giganti.

Sono passati solo quindici anni da quando nelle case iniziarono ad esserci i primi telefonini a contratto, con l’antenna gigante. Non avevano funzioni oltre quella di chiamare e ricevere telefonate. Oggi un telefonino è quasi un amico. È insieme computer, navigatore, videocamera, macchina fotografica, tv satellite ed altro. È il custode dei nostri rapporti interpersonali, dei nostri ricordi, custodisce la nostra vita sociale ed affettiva. Ed ognuno di noi vorrebbe possedere tutte le nuove tecnologie, perché esse ci stupiscono, ci persuadono, ci conquistano. C’è la televisione a 100 pollici con proiezione in HD ed ancora l’I-Pad Touch, piccolo e bello, c’è lo smartphone a meno di 200 euro. C’è il tutto e molto di più dietro ad ogni strumento tecnologico. Si può parlare con la Cina, si può guardare la tv messicana ed ordinare prodotti dall’Australia. Il mondo sta cambiando rapidamente e non si potrà più studiare la psicologia del bambino senza tener conto del cambiamento che le nuove tecnologie provocheranno nella psiche dell’individuo e nella formazione quando esso sarà adulto. Certo è che oggi un bambino di dieci anni conosce il computer e ci vive assieme come se fosse parte integrante della sua esistenza formativa. E nell’evoluzione della specie colui che saprà adattarsi in modo migliore alle tecnologie sarà portatore di geni più forti? Provo a rappresentare nella mia mente il mondo tra soli 100 anni, non riesco ancora ad immaginarlo ma sapranno vivere tradizioni e nuove tecnologie insieme? Mi viene in mente solo Wally-E che incontra sul pianeta terra Eve un robot femmina e s’innamora di lei (film della Disney Pixar). Meglio fermarsi ad esaminare il tutto o sarà troppo tardi, avranno la forza di essere, queste tecnologie, distruttive se non verranno prese con moderazione.



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FOCUS DEL MESE

MANOVRA FINANZIARIA: ISTRUZIONI PER L’USO Cosa cambia nel 2011

Nessuna tassazione diretta né modifiche sostanziali al sistema sanitario e assistenziale sono previste per quest’anno, nonostante la crisi economica che lo ha caratterizzato. Ma diversi e non del tutto calcolabili sono gli effetti che le misure decise dal governo produrranno nei prossimi anni. I tagli più discussi sono quelli agli enti locali (regioni, comuni, etc.), contestati da sindaci e governatori di ogni schieramento politico. Alle regioni andranno, nel prossimo biennio, 10 miliardi di euro in meno, mentre i tagli ai comuni saranno di circa 6,5 miliardi in tre anni, alle province di 1,3 (per farsi un’idea delle cifre, quel jackpot da record che tanto ci ha fatto girare la testa lo scorso ottobre era di soli 177 milioni di euro). È difficile prevedere cosa significheranno per le regioni questi “budget low cost”, ma è altrettanto difficile credere che non si tradurranno in una riduzione di quei servizi al cittadino che proprio gli enti locali gestiscono (trasporti, scuola, sanità, etc.). Tagli anche ai costi della politica (cosa buona e giusta ai nostri occhi!), sia agli stipendi sia alle spese (ad esempio -20% per le famose “auto blu”); restano altissimi i rimborsi spese elettorali: passano da 1 euro a 90 centesimi per ogni voto preso, contro i 50 centesimi di riduzione promessi in precedenza dal governo. Si allungano i tempi per il pensionamento, e si registrano restrizioni anche per i dipendenti pubblici, quelli che un tempo erano “gli intoccabili”: per tre anni blocco degli stipendi e in alcuni settori anche delle assunzioni. Tralasciando l’abolizione dei sacchetti di plastica, di cui ognuno può e potrà avere esperienza diretta, un’ultima novità è l’accertamento sintetico per il controllo dell’evasione fiscale: il reddito dichiarato sarà comparato con le spese effettivamente sostenute dal contribuente; nessun pericolo dunque per gli onesti, mentre stiano in guardia quelli che dichiarano un reddito da operatore di call-center ma poi hanno tre mercedes. Giorgio Zussini

ADDIO PREVIDENZA…

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BENVENUTA PROVVIDENZA L’età pensionabile ha sempre rappresentato nell’immaginario collettivo quel traguardo dopo il quale diviene possibile godere di un meritato riposo e una serenità invidiabile, pagata in anticipo lavorando per una vita. Davvero una bella invenzione.

Probabilmente non sarà così per le nuove generazioni. Mentre infatti i figli del boom economico del secondo dopoguerra percepiranno ancora pensioni dignitose, pari al 70% circa del proprio stipendio, i loro figli e nipoti e pronipoti rischiano seri disagi economici per il futuro. Non che ora i giovani se la passino bene, il lavoro precario e il tasso di disoccupazione giovanile (25% circa) sono quello che sono. Ma questi giovani si godano quel che guadagnano oggi… domani avranno ancora meno! Le prospettive sono pessime: il Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato stima che un lavoratore percepirà il 60% dell’ultima busta paga se andrà in pensione nel 2020, il 55% se nel 2030, il 52% se nel 2040. In altre parole, un privato che andrà in pensione fra trent’anni percepirà un quinto in meno della pensione che percepisce un lavoratore che a parità di requisiti contributivi va in pensione oggi. E la situazione è ancora più drammatica per i parasubordinati (collaboratori a progetto, occasionali, etc.): per loro il tasso di sostituzione scenderà al 14% secondo le stime Inps, al 36-55% secondo altri calcoli probabilmente più esatti. A monte di questa preoccupante situazione vi è la riforma dei cosiddetti coefficienti di trasformazione, che lega il tasso di sostituzione a due fattori: la speranza di vita media (sempre in aumento) e l’andamento del Pil reale (-5,9% per il 2009); più gli italiani saranno longevi, più saranno basse le future pensioni. Cosicché diventa difficile scegliere cosa augurarsi. Magra consolazione, la Commissione Europea non fa che sintetizzare un quadro pressappoco uguale per gli altri 26 paesi dell’Unione, prospettando due possibili soluzioni: aumento dell’età pensionabile e maggiore spazio alla previdenza integrativa. In Italia il graduale innalzamento della soglia per la pensione è un percorso già in atto, ma la società di analisi Progetica avverte che l'allungamento della vita lavorativa previsto dalla legge Sacconi non compenserà la riduzione dovuta ai nuovi coefficienti di trasformazione: una misura dunque solo parzialmente risolutiva. Non rimane che la strada della previdenza integrativa, a cui i giovani più di tutti dovrebbero cominciare a guardare con particolare attenzione. Anche perché , esclusa quella, non resta che la vecchia, manzoniana provvidenza divina. Giorgio Zussini


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FOCUS DEL MESE

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mentare la città. Soltanto nell’ultimo trentennio del XIX secolo gli impianti pubblici passarono in gestione al Comune di Roma; nel 1930 il Governatorato di Roma realizzò il NaVe (Nuovo acquedotto Vergine elevato) che arrivava ad alimentare un serbatoio realizzato a Villa Borghese e terminava in prossimità di piazzale Flaminio.

Da ACEA al Decreto Ronchi di Federico Boccadoro

Dalla costruzione degli acquedotti alla raccolta di firme per scongiurare la privatizzazione: il rapporto dei cittadini della capitale con la grande risorsa “di tutti” La cultura dei romani per l’acqua ha origini antichissime. Sin dai primi secoli dalla fondazione della città, i cittadini si alimentarono attraverso le numerose sorgenti locali, nonché con acque prelevate da pozzi e da cisterne pluviali, e dal fiume Tevere.

Già nel 312 a. C., il censore Appio Claudio realizzò il primo acquedotto, alimentato con l’acqua “Appia”, che scorreva nella zona dei Castelli. Nel periodo romano furono realizzati ben undici acquedotti, che si resero necessari con lo sviluppo della popolazione residente nell’Urbe. Le fonti di alimentazione utilizzate erano costituite prevalentemente da sorgenti ed acque sotterranee, eccezionalmente da quelle di superficie come i fiumi. Le attenzioni che i romani attribuirono all’acqua e le grandi capacità tecniche e organizzative per l’approvvigionamento idrico della città, considerato, allora come oggi, un servizio pubblico primario, sono evidenziate anche dalle numerose costruzioni di fontane, bagni termali e naumachiae nel corso dei secoli. Durante il periodo papale (XVI-XIX secolo), dopo gli effetti distruttivi seguiti alle invasioni barbariche, vi fu la riconduzione in città delle acque attraverso la realizzazione di quattro acquedotti: Vergine, Alessandrino (ora Felice), Marcia (ora Acqua Pia antica Marcia) e Traiano (ora Paolo), ancora adesso utilizzati per ali-

Nel 1937 la gestione comunale dell’acqua fu trasferita all’Acea (all’epoca Agea), l’azienda sorta nel 1909, che da oltre settant’anni gestisce la rete elettrica e idrica in larga parte della capitale. Oggi Acea (un tempo “comunale elettricità e acqua”, ora “comunale energia e ambiente”), è una società per azioni mista pubblico-privata quotata in Borsa dal 1999 (il Comune di Roma detiene il 51% delle sue quote azionarie), e si pone attualmente come la più grande società di gestione dei servizi idrici in Italia, controllando anche la produzione, la vendita e la distribuzione di energia e la valorizzazione energetica dei rifiuti.

“Da questa breve ricostruzione è facile intuire come la storia passata dell’azienda rappresenti un tassello importante sia per la memoria cittadina che per gli scenari futuri della stessa siano strettamente legati a Roma e ai romani”

Il recente “decreto Ronchi”, approvato sia dal Senato che dalla Camera, e quindi di fatto legge, in linea con le decisioni degli organismi europei, impone agli enti pubblici, e quindi anche al Comune di Roma, di scendere sotto il 40% nell’azionariato entro dicembre del 2011 e addirittura sotto il 30% entro la fine del 2015 che,


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FOCUS DEL MESE

vista l’attuale partecipazione, significa cedere il 21% di Acea. Il provvedimento, considerato il valore intrinseco del bene acqua e possibili aumenti delle tariffe per i cittadini, ha suscitato numerose proteste e la costituzione di diversi comitati anti-privatizzazione. L’inizio del percorso verso la graduale cessione a privati di gran parte delle quote del Comune è stato corroborato pochi mesi fa dall’approvazione in Campidoglio di una mozione voluta dallo stesso sindaco Gianni Alemanno. L'opposizione si è espressa in diverse occasioni sulla questione, sottolineando che questo è un modo di imporre per legge la privatizzazione della gestione dell'acqua. Il “Forum italiano dei movimenti per l'acqua” ha già raccolto 1,4 milioni di firme per chiedere, attraverso un referendum, l'abrogazione delle norme che prevedono una gestione dell'acqua affidata ai privati, anche precedenti al decreto Ronchi, e l'abrogazione di quest'ultimo. Affianco del Forum e in difesa di una risorsa “di tutti” si sono schierati Partito Democratico, Sinistra ecologia e libertà, l'Italia dei valori e i Verdi.

Un referendum

che potrebbe essere fissato nella primavera del prossimo anno, ma che, nell’eventualità di una crisi di governo, rischierebbe di slittare addirittura nel 2012, quando il decreto avrà già dispiegato i suoi effetti

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NELL’ORA DELLA CRISI di Giorgio Zussini

Gli ultimi mesi li abbiamo passati chiedendoci se il governo Berlusconi sarebbe caduto o no. Cade, non cade, cade, non cade…tic, tac, tic, tac e così via. Gli ultimi mesi del governo Prodi li passammo attendendo una risposta alla stessa urgente domanda. Nonostante i governi siano eletti con scadenza quinquennale pare che ci stiamo abituando a pensare le legislature come qualcosa di più effimero e volubile, direi precario; l’esperienza – se ripetuta – diventa regola: è l’abitudine a creare l’aspettativa, come insegnava Hume. Ci stiamo abituando a pensare i politici come un consesso di uomini chiamati e pagati per proteggere non più gli elettori e i loro diritti, ma se stessi e i propri interessi, il proprio posto – la famosa poltrona. Ma come si potrebbe dar loro torto? Lo sappiamo e risappiamo, ce l’hanno detto e ridetto: siamo in tempi di “crisi”, tutti nessuno escluso! E si sa, in tempi di “crisi” chi ha un posto di lavoro se lo difende con le unghie e coi denti (o con le mazzette, ognuno usa quel che ha). Lo fa l’operaio, l’insegnante precario, il ricercatore, il centralinista, l’immigrato regolare, l’immigrato irregolare; perché non dovrebbe il politico? Non deve anch’egli tutelarsi? Se qualcuno prova a scansarlo, lui per risposta ci si radica a quella poltrona, e arriva a concepire e fare di tutto pur di restarci sopra. È il principio della lotta alla sopravvivenza, di cui circa 150 anni fa ne intuì bene le dinamiche Charles Darwin (parlando però delle scimmie). Quando sorge il problema? Fin qui, perciò, niente di innaturale. Il problema sorge nel momento in cui il lavoratore, cioè colui che è pagato per svolgere un compito, operaio o politico che sia, non svolge bene, o per lo meno non più, la propria mansione; ben venga allora che il datore di lavoro lo licenzi; quest’ultimo, infatti, come può dare così può togliere secondo i meriti – o almeno così dovrebbe essere. È giusto che anche il politico, allora, venga licenziato nel momento in cui


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FOCUS DEL MESE

smette di svolgere efficacemente il proprio lavoro. Da chi? Dal gruppo politico di appartenenza che dovrebbe auto tutelarsi allontanando le mele marce e gli incapaci e da noi che lo abbiamo eletto e che in questo senso siamo datori di lavoro, il cui esercizio del potere è assicurato dal diritto di voto di cui ciascuno gode. Un’arma piccola ma potentissima che abbiamo il dovere di imparare a usare consapevolmente.

Bisogna partire dall’informazione: va scelta con cura, accolta, infine trasmessa e condivisa affinché dal confronto delle idee si generi progresso. Per esempio, ad ogni elezione i partiti redigono un programma la cui lettura è nostro dovere; nessuno assicura che ne verranno rispettati i principi, anzi: il gap più ampio percepito dall’elettore è proprio quello tra i valori propugnati (propagandati) e ciò che realmente, poi, “passa il convento”; se non altro, avremo modo di lamentarci con cognizione di causa e pretendere quanto di diritto.

Bisogna avere lungimiranza E un’altra cosa va imparata: la lungimiranza. Riuscire a guardare al di là dei confini personali e di quelli presenti, perché le grandi rivoluzioni non avvengono mai né senza sacrificio, né in tempi brevi. Non si può credere a chi promette tanto e subito. Delle due condizioni l’una esclude l’altra, e la lungimiranza sta nel dire sì ai cambiamenti a lungo termine. È vero, è un momento di crisi – sociale, economica, politica. Ma nel suo senso etimologico, eredità del linguaggio medico della Grecia antica, la krìsis non ha connotazioni negative a priori; è termine neutro che nell’evoluzione di una malattia indica il momento in seguito al quale il paziente o migliora, o peggiora: o guarisce, o muore. Non c’è un esito prestabilito nell’ora della crisi, ed è in quest’ottica che assume un senso il peso delle nostre scelte.

Gennaio 2011 Dicembre 2010

di Sabrina Numini

In un momento di grande crisi spirituale che la Chiesa sta vivendo, ecco una nuova luce per chi non crede più: l’associazione Nuovi Orizzonti costituita da tanti giovani pronti a scendere in strada per gridare a tutti coloro che sono nel buio dell’anima che c’è un Dio, un padre grandioso che ci ama e che aspetta il nostro si. L’avventura di Nuovi Orizzonti inizia nel ’91 quando la sua fondatrice, Chiara Amirante, decide di recarsi alla Stazione Termini per aiutare i tanti giovani in situazioni di grave disagio che hanno fatto della strada la loro “casa”. Quando ho iniziato a percorrere i ‘deserti’ della nostra splendida Roma e ad entrare in punta di piedi nelle dolorosissime storie del “popolo della notte” – afferma Chiara – non immaginavo davvero di incontrare un popolo così sterminato di disperati, di persone sole, di emarginati, di mendicanti di amore, ‘sfregiati’ nell’anima, sfigurati dall’indifferenza, dall’abbandono, dalla violenza. Quante splendide persone deturpate dal male, quanti giovani assetati di Luce ridotti, dalle seduzioni del mondo e dalle terribili sferzate della vita, a creature dallo sguardo di ghiaccio e dal cuore di pietra. Quanti ragazzi nel pieno della loro giovinezza attanagliati da una nausea sottile, da un vuoto esistenziale agghiacciante, da un’angoscia mortale!! Quanti fratelli disperati con le lacrime agli occhi mi hanno abbracciato chiedendomi: Ti prego Chiara portami via da questo inferno! ...e che dolore nel non riuscire a trovare un posto dove portarli! Da questa dolorosa realtà nasce una comunità di accoglienza dove fare un cammino di guarigione del cuore e di rigenerazione psicologico-spirituale. La prima comunità di accoglienza Nuovi Orizzonti viene realizzata da Chiara nel ’94 a Trigoria (Roma), dove centinaia di giovani, provenienti da esperienze estreme iniziano a ricostruire se stessi attraverso il programma terapeutico riabilitativo da lei ideato. Nel maggio ’97 si apre a Piglio (Frosinone) la Casa di formazione e di accoglienza che diverrà la Sede centrale di Nuovi Orizzonti. Tra il 1998 e il 2007 in Italia si moltiplicano le comunità di accoglienza, i Centri di formazione di reinserimento, i progetti sociali e le iniziative di promozione umana, mentre nel 2000 iniziano le attività all’estero in Brasile e poi in Bosnia.


Gennaio 2011

FOCUS DEL MESE

DOPO IL PETROLIO, QUALE FUTURO? Eolico, solare ma soprattutto idrogeno di Enrico Gandolfi

Le scorte di petrolio tra pochi anni si esauriranno. Questa è l’unica certezza che però sembra inconcepibile per intere generazioni cresciute nell’era degli idrocarburi. La maggior parte del fabbisogno energetico mondiale è soddisfatta ancora oggi dal petrolio e dai suoi derivati, infatti, non tutti sanno che dal petrolio si ricavano il gpl, le benzine, il gasolio e il cherosene (usato per i motori dei jet) nonché l’uso che se ne fa nelle lavorazioni legati ai processi produttivi. Pensate quindi allo scenario energetico globale senza petrolio: auto ferme, aerei a terra, una parte dei riscaldamenti spenti e forti ripercussioni sulla produzione di energia elettrica.

Da quanto tempo si sapeva? Questo scenario era però già stato preannunciato nel 1956 da Marrion King Hubbert che con i suoi studi aveva predetto che il picco massimo della produzione di greggio negli Stati Uniti sarebbe stato raggiunto negli anni Settanta. Secondo lo studioso arrivata a questo culmine la produzione di petrolio sarebbe irrimediabilmente e inesorabilmente diminuita fino al suo esaurimento. In un primo momento, Hubbert fu accusato di essere un visionario ma effettivamente la sua previsione si rivelò esatta. Infatti, dopo gli Usa fu la Russia a raggiungere il picco di produzione del greggio nel 1990 e poi nel ’99 fu la volta dei giacimenti petroliferi del Nord. Secondo la stima del geologo britannico Colin Campbell nel 2005 è stato raggiunto il picco di Hubbert per la produzione petrolifera a livello mondiale e, nello stesso anno, uno studio della BritishPetroleum (Statistical Review of World Energy, 2005) ha evidenziato che le scorte di petrolio disponibili sul pianeta si esauriranno nel giro di 40 anni se l’estrazione e il consumo di questa fonte energetica proseguiranno al ritmo attuale. Inevitabilmente però queste scorte dureranno ancora meno se la domanda di greggio dei paesi in via di sviluppo (come India e Cina ad esempio) continuerà a crescere come sta avvenendo oggi. I dati sono allarmanti, tuttavia, la politica mondiale apparentemente non si preoccupa del futuro delle fonti di energia alternativa le cui possibilità sa-

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rebbero varie ed efficaci. Tra queste, una possibilità potrebbe essere lo sfruttamento dell’energia eolica o di quella solare. Queste però da sole non sarebbero in gradi di sopperire alla mancanza di idrocarburi perché per produrre una quantità d energia pari a quella ricavata dal petrolio sarebbero necessari impianti (eolici o solari) enormi che richiederebbero lo sfruttamento di spazi sterminati che ovviamente non possono essere interamente dedicati a questo. Dalla sua il nucleare non ha ancora risolto l’annoso problema dello smaltimento delle scorie radioattive, problema che ne blocca lo sviluppo. Gli scienziati sono però d’accordo nel riporre le loro speranze nell’energia prodotta dall’idrogeno, una valida alternativa energetica le cui tecnologie idonee sono ormai pronte e devono solo essere adottate su larga scala per essere competitive anche economicamente. L’idrogeno è una fonte di energia rinnovabile non inquinante e pressoché eterna perché presente in tutto l’universo. Ancora oggi appaiono pochi a livello nazionale e mondiale gli investimenti dei governi per favorire lo sviluppo delle energie alternative al petrolio infatti sembra più urgente per le nazioni accaparrarsi le ultime riserve di idrocarburi rimaste invece di investire sforzi e denaro nella ricerca e nell’innovazione. Tuttavia, nel giro di qualche anno arriveranno le prime auto ad H20.


.14Dicembre 2010

FOCUS DEL MESE

COLAZIONE DA RE, PRANZO DA PRINCIPE CENA DA POVERO di Valeria Pucci

Come riprendere la forma dopo le feste?

Ogni anno facciamo i nostri buoni propositi e superati tutti gli inviti “cui non si può proprio dire di no”, davanti allo specchio o sulla bilancia facciamo i conti con i chili accumulati. Ed ecco subito la promessa a noi stessi e agli altri: basta da oggi dieta!

Ma vediamo un po’ come poter recuperare la forma perduta o mai avuta, per arrivare in tranquillità alla prova costume, che adesso sembra lontana ma ai prossimi giorni di primavera basta un battito di ciglia. Questo non vuole essere un trattato dietologico ma solo un piccolo vademecum di consigli generali maturati con l’esperienza e la collaborazione decennale con medici nutrizionisti; va da sé che ognuno di noi ha esigenze personali e piccole intolleranze che andranno analizzate in un’altra sede e con medici esperti.

Iniziamo col dire che probabilmente i nostri pasti festaioli avranno privilegiato i carboidrati, i grassi animali, gli zuccheri e l’alcool o le bibite dolci per tutti gli appuntamenti a tavola, a scapito di fibre e vitamine della frutta e della verdura; dunque partiamo da qui, dopo i pantagruelici pranzi, riprendiamo il vecchio adagio che molti di voi ricorderanno: colazione da re, pranzo da principe e cena da povero. Cosa significa? Per spiegarvelo voglio partire ‘al contrario’, dalla cena del “povero”: la sera, come dice sempre mia nonna, per favorire il sonno e i bei sogni bisogna mantenersi leggeri, quindi stop all’alcool o moderatamente, preferire pasti a base di verdure e proteine derivate dai vegetali come legumi e prodotti a base di soia (immagino che abbiate fatto il pieno di arrosti, spezzatini e chi più ne ha ne metta) limitando così anche l’assunzione dei grassi animali saturi. Un pasto come quello appena citato vi farà passare una notte tranquilla e al mattino, sentendovi leggeri, potreste (e me lo auguro) svegliarvi con un sano appetito; a questo punto entra in gioco il ‘re’: vuol dire che la mattina a colazione, per accompagnare il caffè, il cappuccino, tè o succhi di frutta possiamo concederci ancora quella bella fetta di pandoro o panettone o quel dolce avanzato dalla cena di San

.9 Gennaio 2011

Silvestro, oppure potreste decidere di dare il via al pieno di vitamine mangiando il vostro frutto preferito nella quantità desiderata o anche un paio di fette di pane integrale e marmellata senza zucchero per arrivare fino a metà mattino, momento in cui, se non avete barato, dovreste avere un po’ di fame. A quel punto, un altro frutto o verdure croccanti come carote, finocchi, sedano o zucchine possono venire in soccorso per placare un po’ il languorino e arrivare fino all’ora di pranzo. Il pranzo da principe comporta l’assunzione di pietanze leggere ma nutrienti, quindi sì ad un secondo a base di pesce al vapore o un primo con preferenza per pasta o riso integrale e condimenti semplici, il tutto accompagnato da abbondante contorno, pochi intingoli e poco pane, meglio sarebbe se la dose di carboidrati venisse assunta sotto forma di patate o legumi di lento assorbimento e maggiore sazietà che evitano la classica sonnolenza del dopo pasto. A questo punto il cerchio è quasi chiuso, a metà pomeriggio possiamo di nuovo mangiare un frutto o verdure croccanti e si arriva alla cena senza l’appetito di un lupo affamato.


Gennaio 2011

FOCUS DEL MESE

I ROTTAMATORI DEMOCRATICI

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di Massimo Minnetti

Rapporto tra emozione e politica, un rapporto solo in apparenza conflittuale.

Si è svolta a Firenze, Stazione Leopolda, nel week-end dal 5 al 7 novembre, una “Convention” chiamata “Prossima fermata Italia”. E’ stata organizzata da due esponenti del Partito Democratico ovvero Matteo Renzi, sindaco di Firenze e Giuseppe Civati, consigliere Regione Lombardia. L’obiettivo principale della Convention era quello di radunare giovani militanti del PD, amministratori locali, gente che viene dal mondo del lavoro e più in generale persone deluse dalla politica e dal PD. La Convention aveva già suscitato polemiche ancor prima della sua realizzazione a causa dal termine pronunciato dal Matteo Renzi “rottamazione” usato per far capire quale fosse l’obiettivo della stessa, ossia quello di rottamare il vecchio modo di fare politica sempre imposta dai vertici e fatta di correnti, capobastone e quello di lanciare una nuova generazione meritevole. Il termine “rottamazione” era stato criticato per la sua evocazione violenta, ma è in realtà una provocazione, un termine strategico utilizzato dallo stesso Renzi per far puntare i riflettori sulla “convention” e per attirare più gente possibile. Obiettivo raggiunto. Un dato fondamentale è stata la numerosa presenza non solo dei giovani ma anche delle persone “con qualche annetto in più”. I protagonisti della 3 giorni sono stati, oltre Matteo Renzi e Giuseppe Civati, le centinaia di persone che avevano preparato dei documenti sperando che gli stessi potessero arrivare ai piani alti e che, prendendo il coraggio “a quattro mani”, li hanno voluti esporre leggendoli davanti alle migliaia di persone intervenute. Ogni intervento ha avuto una durata massima di 5 minuti: 5 minuti sia per il politico più famoso, sia per la gente di “tutti i giorni”e tutto ciò è avvenuto all’insegna della democrazia. Si è parlato di energie alternative, diritti civili, merito, rilancio della cultura e l’inoccupazione ovvero la situazione nella quale si trova un ragazzo dopo aver terminato gli studi. Il fumettista e giornalista

Sergio Staino nel suo intervento ha evidenziato come anche quelli che ora sono “al potere” una volta erano giovani e giustamente reclamavano novità e spazi e che quello che accade ora non è dunque nulla di straordinario.

Sia Matteo Renzi che Giuseppe Civati sono stati capaci di trasmettere entusiasmo alla gente che era li presente utilizzando un linguaggio semplice, non il solito politichese, che facesse breccia nel cuore delle persone ed hanno fatto ben capire come in ambito politico giochi un ruolo importante l’emozione, il brivido che ti corre dietro la schiena quando qualcuno tenta di farti appassionare alla politica.

La Convention è terminata con l’enunciazione da parte di Matteo Renzi del documento “la carta di Firenze” dove sono ben chiari gli obiettivi da raggiungere: “…ci accomuna il bisogno di cambiare questo paese, un paese dalla parte dei promettenti e non dei conoscenti che permetta le unioni civili, come nei paesi civili; che preferisca la banda larga al ponte sullo stretto; che dica no al consumo di suolo e si al diritto di cittadinanza. Un paese che renda il lavoro meno incerto e il sussidio più certo….Da Firenze, laboratorio di curiosità, vogliamo provare a declinare il coraggio contro la paura, condividendo un percorso di parole e di emozioni, di progetti e sentimenti perché la prossima fermata sia davvero l’Italia”.


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NOTIZIE DALLA CAPITALE

INTERVISTA A FABIO DE LILLO, ASSESSORE ALL’AMBIENTE DEL COMUNE DI ROMA

“l’Amministrazione Alemanno ha lavorato bene ma c’è ancora molto da fare”

A Roma lo smog è un problema serio, quali sono stati gli strumenti messi in campo per diminuire l’inquinamento atmosferico?

“Per la prima volta nella storia della capitale Roma ha chiuso l’anno con una sola centralina al di sopra del limite imposto dall’Unione Europa. I miglioramenti in questo settore sono stati enormi. Basti pensare che Roma nel 2010 ha fatto registrare il 72% di sforamenti in meno di polveri sottili rispetto al 2007. Una diminuzione dovuta a una serie di interventi strutturali, come l’acquisto di nuovi mezzi Atac, Ama e Servizio Giardini a minor impatto ambientale; il blocco dal 1° gennaio 2010 ai ciclomotori e ai motoveicoli con motore "Euro 0" all’interno della ZTL dell’anello ferroviario (circa 120.000 veicoli); l’aumento della frequenza del lavaggio delle strade (prima erano interessate il 30% delle strade ora il 70%); il potenziamento del trasporto pubblico; l’attivazione e il potenziamento del bike sharing e del car sharing; lo sviluppo e l’incentivo della mobilità elettrica tramite una

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nuova rete di ricarica e l’adozione dell’ecososta. Per fare un ulteriore salto di qualità c’è bisogno della partecipazione attiva dei cittadini sotto il profilo dei comportamenti virtuosi e della responsabilità ambientale”.

La giunta Alemanno è arrivata a metà del suo mandato, può farci un bilancio? “Il bilancio di metà mandato è assolutamente positivo. Il sindaco Alemanno e la sua giunta hanno lavorato bene ottenendo ottimi risultati in tanti settori cruciali per lo sviluppo della capitale. Ovviamente c’è ancora tanto lavoro da fare, non bastano 2 anni e mezzo per cambiare una città così grande e complessa come Roma, ma sono convinto che la strada intrapresa sia quella giusta. Nel settore di mia competenza sono stati raggiunti obiettivi importanti.

Potrebbe dirci quali i risultati raggiunti? Nel 2009 e nel 2010 sono state effettuate circa 30.000 potature, più del doppio di quanto fatto dalla precedente amministrazione. A ottobre è stato presentato il piano piantumazioni: complessivamente da marzo 2010 a marzo 2011 verranno piantumati 8.650 alberi. L’unico intervento, negli ultimi 20 anni, di una certa portata risale al 2004, quando furono messi a dimora meno di 5.000 alberi. A settembre, dopo 27 anni di chiusura, è stata riaperta la storica Scuola Giardinieri. Abbiamo inaugurato, a giugno 2008, il bike sharing. Attualmente le postazioni sono 29 ma il servizio sarà implementato grazie a un finanziamento di oltre un milione di euro e a breve si arriverà a 70 postazioni. Inoltre è stato avviato anche il servizio risciò nel centro storico, una sperimentazione orientata a sensibilizzare i cittadini e a garantire la sostenibilità del trasporto turistico. Molto importante è stata l’approvazione del nuovo Regolamento Edilizio che farà sì che tutti gli edifici pubblici e privati di nuova edificazione dovranno rispettare le direttive in materia di bioedilizia e di utilizzazione delle fonti energetiche rinnovabili. Rimanendo in tema di risparmio energetico è stato organizzato il workshop "Roma capitale della terza rivoluzione industriale" che ha visto riuniti i massimi esperti mondiali per realizzare per Roma un piano energetico sostenibile di lungo periodo, ispirato alla terza rivoluzione industriale proposta dal prof. Rifkin che ha coordinato il woorkshop. Ad ottobre infine è stato istituito presso il Dipartimento Ambiente il coordinamento per il decoro urbano per ottimizzare gli interventi di riqualificazione. Un organismo che consente di affrontare e risolvere le criticità in tempi brevi con la collaborazione tra i vari Dipartimenti. Negli ultimi 40 giorni sono stati effettuati 10 interventi di riqualificazione nelle stazioni della metropolitana, tra cui Cipro, Valle Aurelia, Baldo degli Ubaldi e Battistini. Claudio Napoli


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Gennaio 2011.17 NOTIZIE FOCUS DALLA DEL M CAPITALE ESE

PAROLA D’ORDINE: FA R E R E T E di Claudio Napoli

I n t e r v i s t a a d A l f o n s o Pa s c a l e, P r e s i d e n t e d e l l a Re t e Fa t t o r i e S o c i a l i

Cos’è l’agricoltura sociale? “E’ l’insieme di pratiche in cui persone in difficoltà danno un senso alle proprie capacità mediante il lavoro agricolo. Si tratta di inserimenti lavorativi, in imprese già esistenti, di soggetti svantaggiati oppure della creazione di nuove aziende, mediante processi di autoimprenditorialità, su terreni di proprietà privata, pubblica o collettiva oppure confiscati alle mafie. Vanno, inoltre, considerate le attività svolte dai detenuti su terreni dell’amministrazione penitenziaria. Sono, infine, da annoverare tutti quei servizi sociali erogati da una struttura agricola, come gli agriasili o le attività rivolte a minori in difficoltà o che vedono protagonisti gli anziani o ancora che sono tese a integrare gli immigrati”.

Stiamo, dunque, parlando di attività economiche? “Sì, di attività economiche che producono beni relazionali mediante processi propri dell’agricoltura. Ci stiamo riferendo a quei beni pubblici che si possono godere solo se condivisi nella reciprocità: è il dare perché l’altro possa a sua volta dare per l’autorealizzazione della persona. Stiamo parlando di economia civile che si alimenta di virtù civiche, cioè della capacità di discernere il bene comune e di agire in conformità di esso”. L’agricoltura è, tuttavia, un’attività imprendito-

riale per produrre cibo e fornire servizi connessi alla coltivazione e all’allevamento… “Nell’agricoltura sociale convive una pluralità di tipologie. C’è quella imprenditoriale che si caratterizza per la presenza di imprese di responsabilità sociale o di cooperative sociali. Accanto a queste forme esiste anche un’agricoltura sociale di tipo amatoriale che si realizza mediante la produzione di cibo destinato all’autoconsumo su piccoli appezzamenti di terra di proprietà di gruppi familiari, di case di cura o di enti locali che organizzano orti urbani. Tutte queste forme possono creare beni pubblici se inserite in reti di economia solidale che valorizzino il paesaggio, il patrimonio culturale dei luoghi e le capacità creative dei soggetti che operano nei territori”.

“Fare rete” sembra essere la parola d’ordine dell’agricoltura sociale. E’ così? “’Fare rete’ è una necessità perché nell’agricoltura sociale opera sempre una pluralità di attori. Vanno, infatti, stretti i legami tra soggetti che appartengono a settori diversi (agricoltura, servizio sociale, ecc.) e sono portatori di varie competenze. Ma ‘fare rete’ è anche un’opportunità perché costruendo relazioni tra i differenti soggetti del territorio si amplificano le potenzialità di sviluppo locale”.

Come si avvia un progetto di agricoltura sociale? “Tutti coloro che ritengono di poter trarre un beneficio dall’agricoltura sociale possono attivare un processo partecipativo che condurrà alla definizione di un’idea progettuale, alla creazione di un partenariato, alla stipula di un protocollo d’intesa, all’elaborazione e realizzazione del progetto”.

Creare una fattoria sociale è avviare un percorso di sviluppo locale? “E’ sicuramente un processo di crescita collettiva. Se si coinvolgono tutti gli attori interessati, gli obiettivi saranno percepiti come impegno comune che andrà a rafforzare ulteriormente i vincoli identitari. Praticando la partecipazione come auto-apprendimento, tutti rafforzeranno la capacità di leggere i bisogni e influenzare le decisioni che li riguardano”.


.18Gennaio 2011

NOTIZIE DALLA FOCUS DELCAPITALE MESE

LA PRESIDENTE ANTONELLA DE GIUSTI L AS C I A I L P D P E R AD E R I RE ALL’API DI RUTELLI. L’opposizione prepara un’interrogazione consigliare Con la fine del Congresso del PD che ha determinato i nuovi quadri dirigenti in vista delle comunali future, alcuni nodi arrivano al pettine. Infatti, dopo l’uscita dal PD di Riccardo Milana, segretario uscente, ed il passaggio del presidente Ivano Caradonna all’Api anche Antonella De Giusti, alla guida del XVII Municipio, decide di aderire al partito di Rutelli. Intanto, l’opposizione insorge con Luca Aubert, capogruppo Pdl in Municipio XVII che ha presentato un'interrogazione urgente alla Presidente del Municipio XVII, per conoscere se pensa di dimettersi, visto che schierandosi in un cosiddetto terzo polo, non potrà più mantenere gli impegni presi con gli elettori del centro sinistra, se nell'immediato pensa ad un rimpasto della Giunta per valorizzare il suo partito Api e se alle prossime probabili elezioni municipali fosse intenzionata a ripresentarsi alla carica di Presidente in contrapposizione sia al centro destra e al centro sinistra e come potrebbe pensare di essere considerata ancora una esponente di quella sinistra che l'aveva eletta nel 2008, visto che probabilmente il suo nuovo partito correrà assieme al Fli, forza politica i cui leader si sono contraddistinti nella destra del movimento sociale italiano». Viviana Vannucci

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Municipio XVII

P E RC H É I L C O R P O DELLA DONNA È VITA di Giorgio Zussini

A metà dicembre è stato presentato presso la Residenza Ripetta il calendario 2011 “Donna Donna” dedicato a tutte le donne che sono belle sempre, così come sono...

Non mangiare affatto, o mangiare e vomitare tutto. A questo corrispondono in parole povere e brutali anoressia e bulimia, due tra i disturbi alimentari più diffusi, soprattutto tra giovani e giovanissimi/e. Nadia Accetti è una di queste, e vanta alle proprie spalle oltre dieci anni di malattia che le sono quasi costati la vita. Oggi è guarita, ed ha fondato l’Associazione Onlus “Donna Donna”: due volte donna. Non più la donna magra contrapposta a quella grassa, perché l’unica donna possibile è la donna vera. Come già lo scorso anno, anche per il 2011 “Donna Donna” ha pubblicato un calendario a sostegno della campagna di sensibilizzazione “Uniti contro i disturbi alimentari”. A posare per gli obiettivi di Gerald Bruneau –già collaboratore di Andy Warhol– non sono le donne “perfette” a cui gli stereotipi di fine secolo ci hanno abituato; sono donne vere, nude così come sono. Volti noti del mondo della politica, del giornalismo e dello spettacolo, come le deputate Anna Paola Concia, Deborah Bergamini. Marianna Madia e l’assessore alle Pari Opportunità del Municipio XVII di Roma, Antonella Tancredi. È quest’ultima a spiegare che «il significato del calendario non è quello di rivedersi belle in foto, ma quello di comunicare, con serenità, la consapevolezza del proprio corpo». 100 donne che in dodici scatti offrono la propria bellezza avvolta in drappi lucenti; una bellezza che al di là di ogni possibile canone non può che essere vera, perché reale. Le fotografie sono inoltre accompagnate da dediche, come quelle per esempio di Max Tortora e Lino Banfi. Le dedicatarie? Inutile dire si tratti proprio delle donne... perché, come recita il titolo, “il Corpo delle Donne è Vita”. E merita perciò di essere salvaguardato. Per informazioni: www.donnadonnaonlus.it.


Gennaio 2011

NOTIZIE DALLA CAPITALE

IL SACCHETTO APPESO di Laura Napoli

Indagine tra i cittadini del Municipio XVIII sulle nuove modalità di raccolta differenziata. Qualche pro e molti contro.

Siamo nel Municipio XVIII, sono le ore 9.30 del mattino e vicino a quelli che erano un tempo i cassonetti verdi si troviamo l’addetto dell’Ama per la raccolta differenziata porta a porta attiva da qualche mese sul territorio.

La novità più rilevante è l’abitudine alla separazione in casa degli scarti alimentari e organici, per la quale tutte le 83 mila utenze domestiche coinvolte hanno ricevuto gratuitamente l'apposito kit costituito da una biopattumiera areata con i relativi sacchetti, il materiale informativo e il calendario della raccolta. Con questo nuovo modello, l’Ama ha tolto dalla strada tutti i cassonetti verdi per i rifiuti indifferenziati (materiali non riciclabili), sostituiti da una rete di punti mobili di raccolta (mezzi a vasca con operatori ecologici), presso i quali è possibile consegnare in modo differenziato gli scarti alimentari e organici e i materiali non riciclabili, in strade e orari prestabiliti: dal lunedì al venerdì nella fascia oraria mattutina. I punti mobili di raccolta sono stati posizionati a una distanza in media non superiore ai 100 metri da ogni abitazione. (fonte Comune di Roma) anche se secondo gli abitanti spesso le distanze non sarebbero tali. Nulla cambia invece per la raccolta differenziata di carta e cartone e dei contenitori in vetro, plastica e metalli, per la quale si continuano a utilizzare i cassonetti stradali bianchi e blu. Il nuovo modello consente di incrementare le percentuali di differenziata grazie all'attivazione della raccolta mirata di organico e scarti vegetali, che verranno trasformati in compost (un fertilizzante di qualità) nell'impianto aziendale di Maccarese. Tutttavia, numerosi e di natura pratica nonché di igiene urbana sono i problemi sollevati dai cittadini nel Municipio XVIII. In primis, le fasce orare non tengono conto degli impegni lavorativi dei cittadini e quindi coloro che sono già usciti per andare a lavoro non partecipano alla raccolta differenziata conferendo di tutto nei cassonetti che invece sarebbero solo per “carta e plastica”; altri si trovano costretti ad appendere la sera prima il sacchetto. Il risultato è uno

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Municipio XVIII

spettacolo degradante di numerosi sacchetti appesi circondanti da gatti oggi e domani chissà da cosa. Inoltre, l’indagine condotta ha evidenziato che il servizio di ritiro dell’organico quando salta produce gravi disagi ai cittadini che ignari delle ragioni rimangono in attesa di veder arrivare l’operatore ecologico con il rischio di far tardi in ufficio ma soprattutto ai bar costretti ad accumulare immondizia fino al successivo giorno stabilito per il ritiro. Per quanto riguarda il servizio di ritiro della plastica e della carta, i cittadini rilevano un aumento del degrado a causa del cumulo di spazzatura che ingombra i marciapiedi. E’ inutile menzionare il problema della discarica di Malagrotta che allo stato attuale rimane irrisolto. Infine, è importante sottolineare, come in alcune zone del Municipio XVIII, non sia ancora attiva la raccolta porta a porta ma non ci siano nemmeno i cassonetti per la raccolta differenziata di carta e cartone (come nei quartieri di Primavalle e di Montespaccato) . E i cassonetti verdi che ci sono, spesso, privi di coperchio. Insomma questa raccolta è partita dai quartieri più ricchi di Roma e si è scordata delle periferie. Si è anche detto che ci siano nuovi spazi per i parcheggi, grazie all'eliminazione di tutti i cassonetti verdi dalle strade; e diciamo che si è guadagnato forse un posto auto. A conferma di tutto ciò il 13 dicembre 2010, è apparso sulla cronaca di Roma del Corriere della Sera un articolo (http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/10_dicembre_13/pagelle-servizi-roma-cittadinanzattiva-garrone18164526550.shtml) sulla situazione dell’igiene urbano: la situazione più critica si registra a Latina con l’87% dei cassonetti destinati alla raccolta dei rifiuti sempre pieni, seguita da Roma con il 25 % e Rieti con il 18 per cento. E a Roma in questo caso il municipio più in difficoltà è il XVIII, dove questa situazione si verifica nel 67 % dei casi. Abbiamo chiamato l’AMA (numero verde 800.867.035) per segnalare lo stato di degrato di alcune strade e ci siamo sentiti dire che se segnaliamo è meglio. E allora, cari cittadini non ci resta che attaccarci al telefono e segnalare speriamo senza arrivare ai segnali di fumo come sta succedendo nelle zone a sud di Latina.


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NOTIZIE DALLA CAPITALE

Gennaio 2011

Municipio XVIII

IL FUTURO DI FORTE BOCCEA di Claudio Napoli

Nel corso di un’af follata Assemblea cittadina, faccia a faccia tra Municipio XVIII e cittadini.

Il 15 dicembre si è tenuta un’Assemblea cittadina promossa da Il Presidente Daniele Giannini (PDL): alcuni comitati civici del Municipio XVIII per avviare un percorso “concorderemo insieme il destino condiviso con la cittadinanza sulla futura destinazione d’uso dell’area verde” dell’area del ex Forte Boccea. Erano tanti anni che non si assisteva ad un’Assemblea così partecipata e numerosa a conferma di quanto i cittadini abbiano a cuore il futuro urbanistico del ter- Lo scopo, ha quindi spiegato, sarà quello di valutare assieme progetti alternativi per l'utilizzo di quest'area ritorio al di là delle appartenenze politiche. di circa 7 ettari che si trova in un quartiere già denso di problemi legati al traffico e alla densità di popolazione. Un “tavolo tecnico di concertazione con i citatdini e le "Il nostro Municipio - ha affermato Giannini - aveva associazioni” per concordare insieme alle autorità municipali il già dato parere contrario alla delibera, poi approvata destino dell'area verde di Forte Boccea. Questo l'impegno dal Consiglio comunale, ed è pronto ad accogliere assunto dal presidente del XVIII Municipio, Daniele Giannini al con favore altre proposte dei cittadini". termine della citata assemblea pubblica. Il comitato Sca-Forte Boccea, è stata la risposta dei Un'assemblea promossa dal comitato Sca-Forte Boccea, che si cittadini organizzati, "vigilerà ora sul rispetto è costituito per opporsi al progetto del Comune di Roma che, a dell'impegno preso. E, se le promesse non saranno seguito del "Piano di valorizzazione degli immobili militari" apmantenute, promuoverà altre assemblee ed è pronto provato dall'Assemblea capitolina a fine ottobre, prevede di imanche a proteste pubbliche per bloccare l’eventuapiantare una serie di servizi (fra i quali palazzine per abitazioni) in lità di un progetto speculativo". un'area verde.Presenti all'assemblea, oltre al presidente Giannini,cinque consigliere municipali. È stato proprio il presidente del XVIII Municipio al termine del dibattito, a garantire la volontà di assumere "l'impegno ad attivare nel tempo più rapido possibile un 'tavolo di concertazione con le associazioni e i cittadini interessati".

Il Comitato Sca-Forte Boccea: “vigileremo affinché l’impegno preso venga rispettato

La rivista Nea Polis considera il forte Boccea un importante volano per lo sviluppo e la valorizzazione del territorio e pertanto ne seguirà gli sviluppi informando puntualmente i cittadini affinché tutti possano conoscere la questione e partecipare assieme alle associazioni che si sono mobilitate.


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Gennaio 2011 .21 NOTIZIE FOCUS DALLA DEL M CAPITALE ESE Municipio XVIII

di Fabrizio Tilia

Qualcuno lo definì “…una gemma preziosa, incastonata nel quartiere Aurelio a pochi metri dal Vaticano”, si tratta del Presepe dei netturbini, conosciuto anche come il Presepe del Papa perché Wojtyla ne era innamorato e ne ricordava tutti i particolari.

Ideato e realizzato nel 1972 dal netturbino Giuseppe Ianni con la collaborazione dei netturbini di zona Cavalleggeri, è stato nel corso degli anni meta di miglioni di turisti, nonché di personalità istituzionali, religiose, capi di Stato e Pontefici che vi hanno reso omaggio raccogliendosi in preghiera davanti alle riproduzioni delle abitazioni della Palestina di 2000 anni fa. Sono circa 350 le pietre di tutto il mondo utilizzate per la realizzazione del Presepe che ogni anno si arricchisce di nuovi e interessanti particolari (ammirevole la Genalogia di Gesù); sono un centinaio le case tutte illuminate e costruite in tufo e sanpietrini attentamente curate con finestre, porte e balconcini. Il Presepe presenta 54 metri di strade in lastre di selce, 3 fiumi di 9,50 metri con ponti e acquedotti, (quest’ultimi realizzati con frammenti del marmo della facciata della Basilica di San Pietro offerto da S.E. Cardinale Virgilio Noè), 4 sorgenti d’acqua, 650 gradini di cui

250 realizzati con pietre provenienti dalla Birmania, San Giovanni Rotondo e Greccio. Sono 24 le grotte scavate nella roccia adibite a stalle e ripari per i pastori o a magazzini contenenti damigiane di vino e olio. La calata degli Angeli dal cielo e l’alternarsi continuo del giorno e della notte rendono suggestivo il paesaggio popolato da circa 270 personaggi, un centinaio di pecorelle, asini, buoi, cani e cammelli. Sopra la Grotta della Natività è collocato un frammento del Sacro Scoglio, dove Santa Rita da Cascia si inginocchiava in preghiera, donato dal Sindaco di Cascia nel 2009. Tutti i Sindaci di Roma, da Petroselli ad Alemanno, si sono recati a far visita al presepe e diverse sono state le personalità ecclesiastiche che di anno in anno hanno ammirato l’opera dei Netturbini. Oltre al già citato Giovanni Paolo II, ricordiamo i Pontefici Paolo VI e Benedetto XVI, Madre Teresa di Calcutta nel 1996 e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il Segretario di Stato Mons. Tarcisio Bertone e Ibrhaim Faltas, responsabile della Grotta della Natività a Betlemme.

Il Presepe è visitabile presso la sede dell’AMA di Via dei Cavalleggeri 5, dal 15 dicembre al 30 gennaio tutti i giorni dalle ore 8:00 alle ore 20:00 (compresi i festivi) e dal 1 febbraio al 14 dicembre tutti i giorni dalle 9:00 alle 19:00 (i festivi dalle 8:00 alle 11:30). L’ingresso è libero.

Tel. 06 6383382


.22Dicembre 2010

NOTIZIE DALLA FOCUS DELCAPITALE MESE

Gennaio. 2011

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Gennaio 2011 Rubrica

NOVITAʼ LEGISLATIVE

PROFESSIONISTI

LA MEDIAZIONE GIURIDICA

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M E GL I O PR E VE NI R E CHE CURARE

Tutti possono con fiducia rivolgersi al mediatore, per qualunque problema di carattere familiare, qualunque situazione dove ci sia un conflitto, ma anche dove si percepisca una situazione di tensione che sta per diventare un problema. A volte invece sono solo delle incomprensioni a generare incomunicabilità che comportano a loro volta tensioni e ritorsioni. Non esistono situazioni di conflitto che non possano essere sanate e quando si moltiplicano e la soglia di sopportazione per tanti motivi diventa sempre più bassa, ecco che entra in gioco il mediatore. Si tratta di una terza ed imparziale persona che, ascoltando i problemi e i punti di vista delle parti in conflitto, fa emergere i punti di incontro e appiana via via gli ostacoli e le incomprensioni. La mediazione si pone obiettivi peculiari, risponde a regole precise e, pur ricorrendo alle conoscenze, alle competenze ed alle esperienze originarie dei singoli professionisti che la esercitano, richiede una modifica in termini sostanziali della modalità con cui tali competenze vengono utilizzate ed esige nuove abilità

sabrina.numini@libero.it

complementari all’esperienza professionale abituale. Quando i conflitti si presentano difficili e stressanti la presenza del mediatore risulta particolarmente utile, poiché facilita una gestione strategica di tali squilibri.

Se i processi sono troppo lunghi E’ innegabile che il legislatore abbia potenziato tale istituto nell’ottica dell’economia processuale, ovvero al fine di ottenere uno snellimento del contenzioso instaurato dinanzi all’Autorità Giudiziaria che, come è noto, non riesce a gestire in tempi accettabili le controversie legali; ma è altrettanto evidente che a livello sociale l’accordo voluto dalle parti e da loro posto in essere rappresenti la garanzia maggiore per il rispetto del suo contenuto. Il mediatore aiuta le parti a valutare le varie opzioni e insegna loro che il modo migliore per risolvere il conflitto non è lo scontro frontale, bensì l’impegno e la responsabilità nell’individuare le origini del problema. Le parti così coinvolte ottengono in breve un accordo in grado di soddisfare il più alto numero di bisogni reciproci. Sabrina Numini Patricante Avvocato

Paolo Migotto email: paolomigotto@gmail.com cell. 331077542

L’AMMINISTRATORE RISPONDE

E’ POSSIBILE INSTALLARE DEI PANNELLI SOLARI SUL LASTRICO SOLARE?

In linea di principio si, però, spesso e volentieri, nella pratica la questione è piuttosto “spinosa”. Se è pur vero che ogni condomino ha diritto ad usufruire della cosa comune, è altrettanto vero che l’installazione di pannelli solari, di fatto, occupa metri quadri di lastrico solare e quindi ci può essere il rischio che si violi il “parimenti uso” ( in pratica ogni condomino ha il diritto di poter installare pannelli solari, quindi, ci deve essere lo spazio per tutti). Un altro aspetto controverso è rappresentato dalle tubature che collegano questi pannelli all’abitazione. Probabilmente queste dovrebbero passare lungo le facciate interne o esterne del palazzo, quindi alcuni condomini potrebbero sollevare la questione del “decoro del-

l’estetica”, cioè che si andrebbe ad alterare l’idea originaria del costruttore e/o dell’architetto/progettista. Ritengo quindi che la richiesta debba essere trattata in assemblea, magari facendo valere il proprio diritto (art. 1102 del Codice Civile) e per proporre una spesa forfetaria per “l’occupazione” del lastrico solare. In questo modo si dovrebbero creare i presupposti per riuscire ad avere l’approvazione. Sconsiglio vivamente qualsiasi tipo d’iniziativa personale senza prima aver esposto la questione all’assemblea.


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NOTIZIE DALLA REGIONE

Gennaio 2011

FACCIA A FACCIA: PROPOSTE POLITICHE

Di Paolo (PDL) «la chiusura di Malagrotta potrà avvenire solo contestualmente all'individuazione del nuovo sito». Si cerca in provincia

RIFIUTI: IL PIANO DELLA REGIONE LAZIO di Giorgio Zussini

È dei giorni scorsi l’ordinanza firmata dalla Presidente Renata Polverini che proroga l’utilizzo della discarica di Malagrotta (comune di Roma) per lo smaltimento dei rifiuti della Capitale e dei comuni di Ciampino e Fiumicino. La proroga è valida per sei mesi, e in ogni caso fino a quando non verrà individuato un sito alternativo che permetta a Malagrotta, la discarica più grande d’Europa – da anni satura – di chiudere i cancelli definitivamente: come già nel giugno scorso aveva dichiarato l’Assessore alle Attività produttive e Politiche dei rifiuti Pietro di Paolo, «la chiusura di Malagrotta potrà avvenire solo contestualmente all'individuazione del nuovo sito». E la documentazione consegnata dal sindaco Alemanno in Regione sembra aver convinto la Polverini che effettivamente Roma, pur essendo la città più grande d’Europa, non abbia luoghi idonei all’apertura di una nuova discarica; perciò si cerca in provincia. Come previsto dal Decreto Legislativo 152 del 2006, infatti, lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati può avvenire anche fuori dal comune, purché all’interno del territorio provinciale; i comuni di Riano, Allumiere e Guidonia sono attualmente i possibili candidati per lo smaltimento delle oltre 3 mila tonnellate di rifiuti che Roma produce giornalmente. Prevedibile la soddisfazione da parte del sindaco Gianni Alemanno, che dichiara: «Condivido pienamente il contenuto dell'ordinanza firmata dal presidente Polverini, e adesso è necessario accelerare tutte le procedure, anche attraverso la nomina di un commissario, per individuare immediatamente il sito alternativo alla discarica di Malagrotta nel subAto (Ambito territoriale ottimale di Roma, ndr) che comprende non solo il territorio di Roma Capitale ma quello di tutta la provincia». E ancora: «A nostro avviso non bisogna fare una guerra tra Comune di Roma e altri Comuni della Provincia. È infantile pensare a chi va e a chi non va, la discarica deve andare nel luogo più idoneo dal punto di vista ambientale e urbanistico. Tutti gli altri sono atteggia-

menti infantili e pericolosi perché la guerra del "non nel mio giardino" ci porterebbe sul percorso della Campania. Facciamo le persone serie - conclude - e non un gioco a scaricabarile». Altrettanto prevedibile è però la protesta degli abitanti di Malagrotta, che per l’ennesima volta vedono differita la chiusura del sito; preoccupazione inoltre per i sindaci della Provincia, che in trenta hanno firmato una lettera-appello indirizzata al Presidente del Consiglio e a quello della Repubblica. Per superare l’emergenza rifiuti urbani nella Regione Lazio la giunta Polverini ha predisposto un Piano per la Gestione dei Rifiuti da attuare a partire da quest’anno e fino al 2017. Entro questa data il Piano fissa il conseguimento di tre obiettivi: 1) Riduzione alla fonte della produzione dei rifiuti; 2) Livelli di raccolta differenziata in linea con gli standard richiesti a livello nazionale; 3) Istituzione di un sistema integrato di impianti di recupero e smaltimento teso a garantire l’autosufficienza delle singole province e della regione. Per quanto riguarda la raccolta differenziata, la Regione Lazio è al 15,9% (20,0% per il comune di Roma, dati del 2008), contro il 65% richiesto entro il 2012 – risultato evidentemente irraggiungibile per questa data. Riguardo al punto 3, la stessa sintesi del Piano Rifiuti rileva che ogni intervento teso al miglioramento della situazione rifiuti avviene «all’interno di un contesto giuridico in cui la forza coercitiva e prescrittiva della programmazione pubblica per la gestione dei rifiuti è gradatamente indebolita, a fronte di un crescente ruolo attribuito al mercato: in altri termini, il Piano Rifiuti non può che sollecitare la promozione di una rete integrata per la gestione dei rifiuti, la cui realizzazione rimane comunque demandata alle analisi di opportunità dei soggetti privati», come ad esempio la Giovi srl, a cui l’ordinanza del 31 dicembre ha affidato per altri sei mesi la gestione di Malagrotta. E stando alle dichiarazioni dell’Assessore Di Paolo, nella nostra regione «il 99,99% della gestione dei rifiuti è privato, e buona parte di questo 99% è di un solo privato».


Gennaio 2011

NOTIZIE DALLA REGIONE

A CONFRONTO SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI

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Mario Di Carlo (PD) : “in questo modo faremo la fine di Tersigno”

Intervista a Mario Di Carlo Consigliere alla Regione Lazio, ex Assessore alla Casa con delega ai rifiuti, a proposito del nuovo piano che prevede lo smaltimento in discarica su scala regionale. Cosa pensa del nuovo piano rifiuti? “Mi sembra che gli unici obiettivi siano essenzialmente due: risolvere i problemi di Alemanno ed evitare le multe dal Parlamento Europeo. Peccato, però, che con un piano come questo l’esame di Bruxelles rischia di non essere superato.”

Secondo lei cosa andrebbe fatto? “A questo punto bisognerebbe tornare al 1986, quando venne attuato il primo piano regionale dei rifiuti con cui si affermava il principio dell’auto sufficienza provinciale.”

In che senso? “Con quel provvedimento ciascuno dei sei ambiti territoriali della Regione Lazio doveva gestirsi l’immondizia che produceva autonomamente. In questo modo veniva ridotto il numero dei Comuni autorizzati a scaricare a Malagrotta e veniva vietata l’esportazione della spazzatura tra province diverse.”

Quali risultati si otterrebbero con il ripristino del piano dell’autosufficenza? “Si ridurrebbe il numero dei Comuni che scarica la propria immondizia a Malagrotta. Su quest’ ultima dirotterebbe soltanto la spazzatura di Roma, del Vaticano, di Ciampino e di Fiumicino. Inoltre si limiterebbero le pesanti interferenze della criminalità organizzata sullo smaltimento dei rifiuti e il sorgere delle discariche abusive.”

Incontro a quali rischi si andrebbe con il nuovo piano

regionale? “Potrebbe ripetersi la stessa situazione che si è verificata in Campania, dove ciascuna delle province ha la gestione autonoma, tranne quella di Napoli. Il Comune partenopeo, non avendo provveduto a costruire una sua discarica, ha finito per provocare l’emergenza rifiuti.”

Lei si riferisce alla vicenda di Tersigno? “ Sì, perché è difficile accettare l’idea che un piccolo Comune come quello sia dovuto diventare la pattumiera di una grande città. Questa situazione potrebbe verificarsi anche a Roma che ogni anno scarica più di un milione e mezzo di tonnellate di spazzatura a Malagrotta ed ora pensa di smaltire i rifiuti a Giudonia o a Civitavecchia .” Lei come risolverebbe il problema? “Credo che nelle grandi città italiane ed europee sia oggettivamente difficile individuare un territorio adatto ad ospitare una discarica. Per questo penso che una soluzione al problema siano gli inceneritori. Questo sistema, già adottato a Parigi, Zurigo, Monaco, Berlino e Bologna si è rivelato efficace.”

A Roma si è pensato alla costruzione degli inceneritori? “Da più di due anni e mezzo la prima giunta di Alemanno aveva proposto di costruirne addirittura cinque, ma poi il progetto non è stato attuato. Viviana Vannicci


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SOCIETÀ E RELAZIONI

di Federico Monti, scrittore

Correre, velocizzare, ansia di risparmiare tempo, dotarsi di strumenti e mezzi per fare sempre prima, sembrano essere oggi gli imperativi più impellenti del momento, una necessità vitale. Ma ci si è mai posti la domanda: fare prima, correre… per cosa?

Correre, velocizzare, ansia di risparmiare tempo, dotarsi di strumenti e mezzi per fare sempre prima, sembrano essere oggi gli imperativi più impellenti del momento, una necessità vitale. Ma ci si è mai posti la domanda: fare prima, correre… per cosa? Uno squarcio nel presente mostra come tutto sia finalizzato a fare prima; telefonini più potenti e veloci, tecnologie internet sempre più rapide, così le auto, schizofrenia della società? Tutto viene bruciato e consumato in fretta, in quest’ottica di materialismo esasperato. C’è da chiedersi anche cosa ci sia di male nel velocizzare il tutto? Ebbene, dipende dalle motivazioni recondite che sottostanno a questa ideologia del velocizzare sempre e ovunque tutto. Dietro a questa tendenza c’è sempre e ovunque il “dio profitto”, con la d minuscola, che si ammanta di valori etici, quali progresso e benessere sociale. È lui che dirige l’orchestra, decidendo quali debbano essere i nostri bisogni, reali o artificiali che siano, stabilisce “tempi” e modi per soddisfarne le necessità (spesso consolatorie) e le aspettative che lui stesso ha generato in noi. Ed è questo il punto da sviscerare. Non c’è peggior potere di quello che assoggetta gli individui alle proprie mire, facendo creder loro, di aver agito di propria volontà.

C’e, anzi, una complicità perversa inconsapevole delle persone in questo, quasi ricevessero un premio: l’illusione di potere nelle loro mani.

Gennaio 2011

In realtà la molla di tutto, è la paura che si annida nel nostro retaggio atavico, quello della sopravvivenza, spingendoci ad ambire al potere, alimentando il nostro narcisismo. Una volta gli strumenti della sopravvivenza erano le armi per il reperimento delle risorse primarie, oggi è la tecnologia, sempre più all’avanguardia e seducente, senza di essa non possiamo stare al passo con i ritmi sempre più frenetici che la società impone. Come poter lavorare oggi senza cellulare o internet? Quasi tutte le procedure quotidiane sono ormai informatizzate, ed alcune sono esclusivamente fattibili tramite la rete, creando disagio alle persone anziane. Il sesso poi è la dimensione più sfruttata, stimoli e richiami in ogni dove. Si esce di casa la mattina e ovunque cartelloni pubblicitari con suadenti ragazze-copertina seminude, la moda esprime oggi quanto mai erotismo. Numerosi i programmi televisivi serali erotici, atti a garantire “soddisfazioni” a portata di mano, basta un cellulare pronto e veloce: illusione di potere nella sessualità. Prostituzione sempre più sfacciata e diffusa ovunque, a tutte le ore, senza più neanche quel velato pudore di un tempo. Che dire poi della rete, la grande mela del peccato, come resisterle? Tutto a portata di un click. Ma questo delirio dei sensi, allenta i legami di coppia, e questo è antropologicamente dimostrato. Le grandi metropoli contengono intrinsecamente la crisi ed il disagio. L’isolamento e lo smarrimento ne diventano le dirette conseguenze, dove è un egoismo becero a farla da padrone.

Cosa ci riserverà il futuro? Come potremmo far fronte a questi ritmi frenetici e schizofrenici? Da più parti nel mondo, comincia ad emergere la tendenza per un ritorno ad un ritmo più naturale, a dimensione umana. Nascono proposte di città sperimentali definite, “città lente”, proprio ad indicare un ambiente più rassicurante e meno competitivo. Un ritorno alla provincia, alla comunità, in contrapposizione alla società, intesa come grande metropoli, potrebbe essere il futuro auspicabile. A dirla con F. Tönies, un ritorno alla “solidarietà meccanica”, dove è presente il sostegno degli altri e ci si aiuta a vicenda, sussistendo la fratellanza, valore che ha permesso storicamente al nord lo sviluppo dei comuni e delle associazioni, e di un’etica della condivisione e della fiducia, intesa come capitale sociale, permettendo la crescita di un’economia florida e solida. Rallentare è l’imperativo impellente, che non significa perder tempo, ma prendere coscienza che non c’è nessuna corsa da fare, ma solo la necessità di un ritorno ai naturali ritmi che madre natura ha creato per noi.


Gennaio Dicembre 2011 2010

S O C I FOCUS E T À E DEL R E LMESE AZIONI

NON CI SONO P I U ’ I G I O VA N I D I U N A V O L TA ! (FORSE). di Lorenzo Sigillò, sociologo ANS

Lettera dal IV secolo a.c

“Oggigiorno, i nostri giovani amano il lusso, hanno un pessimo atteggiamento e disprezzano l'autorità: dimostrano poco rispetto per i loro superiori e preferiscono la conversazione insulsa all'impegno. I ragazzi sono ormai i despoti e noi i servi della casa; non si alzano più quando qualcuno entra, non rispettano i genitori, conversano tra di loro quando sono in compagnia di adulti, divorano il cibo e tirannizzano i propri insegnanti.”

Non è farina del mio sacco questo ‘arrabbiato’ inizio dell’articolo ma è uno scritto che arriva dal IV secolo a.c. da una persona che risponde al nome di Socrate! Ho preso in prestito le parole del grande filosofo per mettere in primo piano il fatto che, seppur la situazione della gioventù moderna sia critica, sarà difficile mutare la cultura dei giovani, se non ci è riuscita nessuna società in questi secoli. Sarà forse necessario capire che non c’è nulla da cambiare, se non l’angolo della visuale di chi giudica? Da questo contesto escludiamo le estremità e le frange ostili (discorso da affrontare a parte) ed inquadriamo la cosiddetta ‘normalità’.

In un interessante convegno dell’Associazione Nazionale Sociologi della scorsa estate, è stato proposto un intervento del dr. Marco Cuppoletti dove venivano brillantemente illustrate alcune dinamiche del rapporto tra giovani e futuro in relazione con i media. Il dirigente dell’ANS Lazio ha rispolverato la massima sopra citata di Socrate e ne facciamo te-

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soro anche noi per puntare il dito, invece, contro la cattiva abitudine della società di etichettare pigramente i giovani. Le ultime ‘sentenze’ sono state nei riguardi delle cosiddette “generazione X” e “generazione 1000 euro”: la prima è stata caratterizzata da uno stereotipo che vedeva i giovani come apatici e cinici, la seconda è stata inquadrata come quella entrata nel mondo in punta di piedi, in un precario oblio economico e sociale. Passando per altri nomignoli come “generazione Y, MTV generation, millenium”, gli esperti dimenticano però che queste ampie fette generazionali recenti, sono le stesse a cui si deve una delle novità che i sociologi hanno paragonato alle grandi invenzioni che hanno cambiato il mondo: l’azzeramento delle distanze grazie al mondo virtuale. Che sia per amicizia, amore, lavoro, salute, gioco, oggi tutto il mondo è a portata di mano grazie a quelli che sono stati dei giovani qualche anno fa e che probabilmente venivano visti come indolenti dai loro padri. E domani, probabilmente, la civiltà continuerà ad evolversi grazie a quel ragazzetto pensieroso seduto sul divano con l’Ipad sulle gambe, che non reagisce alla sfuriata di papà per un brutto voto. Così come sono cresciuti i giovani del IV secolo a.c. migliorando o comunque mutando e sviluppando il loro mondo, oggi ancora ci si muove nella stessa direzione: avanti! Sarà inerzia o necessità, ma seppur alcune scelte politiche e sociali siano scellerate e cerchino la regressione delle masse e degli individui, il nudismo del re viene messo in bella vista dalla semplice considerazione che l’uomo moderno continua comunque la sua evoluzione. Un vecchio adagio ben noto recita che “quello che tu sei io ero, quello che io sono tu sarai”: questo va tenuto sempre a mente e vale per tutti, giovani e meno giovani!


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F ON CE UA S C DU E L TM UE RSAE

DALLA STREGONERIA ALLA SCIENZA L’ACQUA CHE GUARISCE

di Carlo Famiglietti

Le molecole di una sostanza sciolta nell'acqua vengono avvolte, come insegna la chimica, da molecole d'acqua. Questo fenomeno viene chiamato “solvatazione”. Secondo studi avanzati, di differenti gruppi di ricerca fisica, continuando ad aggiungere acqua, la sostanza disciolta viene lentamente eliminata dalle successiva diluizioni facendo collassare le molecole d'acqua che, quasi fossero uno stampo, avvolgono le molecole del soluto, andando poi a riempire gli spazi lasciati via via liberi dalla sostanza stessa. In altre parole si forma un calco, costituito da acqua, che diventa progressivamente copia della molecola perduta. Questi calchi d'acqua coagulerebbero intorno a se altre molecole, in modo da formare nuovi calchi destinati a diventare stampi vuoti ad ogni diluizione. Un fenomeno di aggregazione e collasso che alla fine andrebbe a coinvolgere tutte le molecole. Al termine del processo la struttura fisica dell'acqua assumerebbe la configurazione della sostanza originariamente disciolta, conservandone le caratteristiche e, soprattutto, l'efficacia. L'assenza del soluto rappresenterebbe il momento di sintesi e di massima potenzialità di questo fenomeno di apparente “stregoneria”: l'omeopatia. Stregoneria? Era il pensiero dominante del mondo accademico, su questo tema, appena qualche decennio indietro. Nel 1988 la rivista Nature, riprendendo uno studio avanzato del dottor Jacques Benveniste, all'epoca Direttore dell'unità di ricerca n.200 dell'INSERM di Parigi, pubblicò un articolo che parlava di effetti molecolari senza molecola scatenando la violenta reazione del mondo scientifico. La direzione di Nature fu costretta a fare precipitosamente marcia indietro, emarginando lo stesso Benveniste che da allora visse, fino alla morte avvenuta nel 2004, nel più completo isolamento. Eppure il dottor Benveniste aveva dimostrato che facendo reagire un'alta diluizione omeopatica di un antigene con certi globuli bianchi, questi avevano risposto secernendo istamina: in pratica, erano stati attivati non dalla sostanza, ma dal ricordo di questa nell'acqua. Eccoci allora pervenuti alla memoria dell'acqua, alla riscoperta scientifica dell'antica scienza dell'invisibile: l'omeopatia, appunto. Luc Montagnier, Premio Nobel per la medicina, nel 2009 ha effettuato alcune sperimentazioni per dimostrare che l'acqua emette segnali elettromagnetici a

Gennaio Dicembre Gennaio2011 2010 2011 bassa frequenza, che possono essere riprodotti. Ha preparato soluzioni acquose contenenti alcuni virus e batteri(eschirichia coli) per farne soluzioni omeopatiche con il processo di succussione dianzi accennato. Ha poi utilizzato un apparecchio simile a quello usato da Benveniste, e anche dal ricercatore italiano Massimo Citro, capace di analizzare la fiala con la soluzione preparata. Ha collegato l'apparecchio in uscita con un cavo collegato alla scheda audio di un Personal Computer perché registrasse per alcuni secondi i segnali emessi dal campione. Attraverso un programma specifico (Matlab) ha annullato i rumori di fondo. Al termine degli esperimenti ha dimostrato che, mentre le soluzioni non diluite non recano alcun segnale, le soluzioni da lui preparate in diluizione progressiva emettono segnali elettromagnetici registrati dal PC. Secondo Montagnier questi segnali derivano da particolari nano strutture dell'acqua che indirizzano verso l'accettazione scientifica della memoria dell'acqua. Siamo in piena rivoluzione, quindi, capaci di connettere, anche a livello molecolare, l'era della fisica con quella della chimica, poiché nelle molecole d'acqua e nel silicio dei computer potrà viaggiare a breve la farmacologia del futuro. Già oggi è possibile il trasferimento dei farmaci in frequenza (TFF), dando vita alla scienza dell'invisibile, sulla base di un assunto ormai dimostrato: le molecole, senza bisogno di contatto fisico, scambiano tra loro segnali di natura elettromagnetica ed elastica, che rappresentano vere e proprie informazioni. Procedendo su questa strada siamo ora pronti a dimostrare che l'omeopatia non è stregoneria, ma scienza.


Gennaio 2011

NEA CULTURA

IL FUTURISMO N E L L’ A RT E

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di Viviana Vannucci

“Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità”.

Con questa frase, nel 1909, il poeta Tommaso Marinetti indicò uno dei principi fondanti del Manifesto del Futurismo

La corrente, nata nei primi del Novecento a Parigi, ha poi permesso a molti artisti italiani di inserirsi nel contesto delle Avanguardie internazionali e di conferire alla cultura una nuova linfa vitale. Grandi maestri come Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Gino Severini e Giacomo Balla sono stati interpreti della poetica futurista secondo forme espressive differenti, ma incentrate su una stessa matrice culturale: l’esaltazione del movimento. Nelle loro opere l’automobile è stata il soggetto più amato, grazie alle sue facoltà di cambiare i ritmi di vita e il paesaggio urbano. Nei quadri futuristi la macchina viene esaltata come un’icona quasi mistica, capace di segnare il passaggio da una fase ancorata al passato ad un’altra, veloce e tecnologica. In “Velocità d’automobile”, per esempio, il romano Balla da vita ad una rappresentazione dinamica dello spazio, dove la compenetrazione di linee e colori suggerisce il senso visivo del movimento. Questa straordinaria corrente ha subito un radicale rallentamento dopo la fine della Grande Guerra, quando ha iniziato a perdere la coesione iniziale e a frammentarsi in una serie di espressioni locali.

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Di recente alcuni pittori si sono avvicinati a quel linguaggio artistico, realizzando opere dedicate a tematiche della realtà metropolitana. In alcuni lavori di Marco Tamburro, da poco esposti a Roma, presso la 6 Senso Art Gallery, in via dei Maroniti 13, è possibile ritrovare quella percezione dinamica dello spazio che ricorda la poetica futurista. Nelle sue tele, quasi monocrome, l’artista racconta i ritmi incessanti e frenetici della vita cittadina, dove la figura umana assume un ruolo marginale, diventando una muta presenza o un’ombra sovrastata dal gigantesco spazio urbano; in altri dipinti, l’uomo, inghiottito dal vortice della quotidianità, scompare del tutto e a restare sono soltanto le traiettorie dei suoi interminabili percorsi.

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NEA CINEMA

COSA È UN FILM I ND I PE NDE NTE ?

di Laura Andina (Responsabile Produzione Cinematografica)

“Con tutto il dovuto rispetto, nessuno sa niente” (William Goldman)

L’attitudine conclusiva espressa nella citazione riflette lo stile tipicamente blasé degli operatori hollywoodiani, ma rivela anche la confusione intorno al termine “film indipendente”, a turno definito “a basso costo”, “alternativo” o “artistico”.

Comunemente si pensa a un film indipendente come a un film realizzato da un regista altrettanto indipendente. Tuttavia, autori come Gus Van Sant, Ang Lee e Steven Sodembergh lavorano sia per gli Studios che per produzioni indipendenti. Geoffrey Gilmore, ex direttore del Sundance Film Festival, si chiede “Sono indipendenti l’Ang Lee che ha diretto The Ice Storm e il Sodebergh che ha diretto Traffic, e non lo sono l’Ang Lee che ha diretto Sense and Sensibility e il Sodembergh che ha diretto Erin Brockovich?” Interpellata al proposito, Jean Prewitt, Presidente di AFMA (American Film Market Association, associazione commerciale mondiale per i film indipendenti e l’industria televisiva, www.afma.com), ha coniato la seguente definizione: “Un film indipendente significa semplicemente una pellicola cinematografica che è stata prodotta e finanziata (almeno per il 51%) da una compagnia di produzione che non è uno Studios. Nel corso degli ultimi anni, il termine ‘film indipendente’ è stato utilizzato in modo scorretto al fine di descrivere film che sono non-mainstream, non d’avanguardia nel contenuto, conosciuti anche come specialistici o arthouse. In verità, i film indipendenti variano da pellicole di alto budget a piccoli film alternativi”.

Pellicole come Gandhi (1982), Amadeus (1984), Platoon (1986), L’ultimo Imperatore (1987), A Spasso Con Daisy (1989), Balla Coi Lupi (1990), Il Silenzio Degli Innocenti (1991), Braveheart (1995), Il Paziente Inglese (1996), Shakespeare In Love (1998), Gangsters of New York (2002),

Gennaio 2011

Chicago (2002), The Hours (2002) e Il Signore degli Anelli (2002) sono film di grande successo, e la loro popolarità (raggiunta grazie alla distribuzione non produzione - da parte degli Studios hollywoodiani) non li squalifica dall’essere indipendenti . Gli altri intervistati hanno specificato come sia possibile improntare diverse tipologie di definizioni, a seconda che ci si riferisca al budget disponibile o al contenuto filmico stesso. Quest’ultimo accomuna le archetipiche piccole produzioni a basso costo a quelle messe in atto dagli indie-studio. Sebbene abbiano ovvie ambizioni commerciali, entrambe sono indipendenti perché interessanti, originali, creative e non generiche. Si potrebbe certamente obiettare che la frequente presenza di star all’interno di film prodotti dagli indie-studio come Renee Zellweger e Catherine Zeta Jones in Chicago, Leonardo di Caprio in Gangsters, Gwyneth Paltrow in Shakespeare e Mel Gibson in Braveheart - sia per sua natura non indipendente. Tuttavia, è un dato di fatto che una buona sceneggiatura attragga spesso attori e registi rinomati. Occorre tenere a mente anche che siccome il contenuto filmico non è finalizzato a un’audience di massa ma spesso di nicchia, le probabilità dei film indipendenti di ottenere finanziamenti sono teoricamente basse. Perciò, le prospettive finanziarie sono estremamente potenziate da nomi celebri e non bisognerebbe sorprendersi se gli indie-studio utilizzano il potere delle star. Se si focalizza l’attenzione esclusivamente sul settore indipendente maggiormente guidato dal mercato, cioè quello degli indie-studio, il timore che le schiere alternative di Hollywood abbiano rinnegato le loro radici è costante.

Queste osservazioni evidenziano come la cinematografia indipendente hollywoodiana non sia neanch’essa esente da contraddizioni interne e ideologiche: “come forza politica/sociale è lontana dall’essere monolitica, e anche parlarne in termini di movimento è implicare un’uniformità e coerenza che in realtà non possiede”. In conclusione, la definizione di film indipendente “è elusiva e si evolve, e il modo di pensare all’indipendenza non è un set di categorie esclusive ma uno spettro inclusivo di produzione e distribuzione”.


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Gennaio Gennaio 2011 2011

nel Focus di Febbraio si parlerà di... AMORE

AREA DI DISTRIBUZIONE

- FOCUS -

L’industria erotica Bugie e precarietà sentimentale Mascherarsi, antico rito scaramantico

- CULTURA Eros e simbolismo - SOCIETA’ & RELAZIONI la coppia scoppia - VIVERE & VIAGGIARE Viaggio in una capitale romantica - PROFESSIONISTI Un futuro migliore per i malati di fibrosi cistica. Il federalismo fiscale - OPPORTUNITÀ Contributi regionali alle imprese giovanili ...E MOLTO ALTRO...

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