neaPOLIS SETTEMBRE "diversita"

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INTERVISTA A FABRIZIO SCAFETTI CHITARRISTA DEI “SOUL REVOLUTION” INTERVISTA AD IVAN RISTALLO, ATTORE E REGISTA TEATRALE

Focus p.16: Diversità

Mirando l’Havana: spunti di riflessione Quell’estate del 2009, quando l’ONU richiamava l’Italia Un po di follia per un futuro geniale Nibiru, il grande pianeta che contribuì a creare la terra

Notizie dai Municipi

Via Boccea: corre veloce l’interesse privato p.6 Villa Piccolomini: nuovi sviluppi p.7 Contributi per l’affitto: nuove scadenze p.8 Stop ai privileggi p.11 Municipio XVI: monta la protesta contro la discarica


Piazza Pio XI n. 89-90


Editoriale

Claudio Napoli

Economista (Spec. Internazionale)

3 Settembre 2012

Si riparte...ma come?

La pausa estiva è terminata e con essa ritorniamo alla vita di tutti i giorni. Cosa ci attende quest’anno? Questo non possiamo saperlo, mentre ciò su cui possiamo contare con certezza è solo su “noi stessi”. Allora, quali sono i nostri buoni propositi per l’anno entrante? Dove possiamo e vogliamo migliorare? Anch’io me lo sono chiesto e scelgo questo spazio per condividerlo: 1) Impegnarsi maggiormente nel lavoro. La crisi da ossessione mediatica sta divenendo reale. Non condivido gli allarmismi che condizionano negativamente il nostro agire, creando una cultura basata sulla paura. Noi crediamo nel futuro e quindi non possiamo essere negativi anche nei momenti più difficili. Questa rivista nasce per trasmettere un nuovo modo di pensare, di vedere le cose per testimoniare che “si può fare” e che invece di lamentarsi occorre rimboccarsi le maniche. 2) Fare qualcosa per l’ambiente magari modificando le mie abitudini. In che modo? Scegliendo qualche volta di prendere l’autobus, fare in modo serio la raccolta differenziata (purtroppo nelle poche zone dove è attiva), acquistando prodotti e servizi da società che hanno un etica sociale ed ambientale. In proposito, nèaPOLIS sta lavorando per mutare

radicalmente il volto del quartiere presentando alle istituzioni un progetto di mobilità sostenibile. 3) Curare lo spirito ed il corpo. Viviamo in una società dove si corre ma non si arriva. Perché? Frenesia? Sì, a Roma ce n’è in abbondanza e soprattutto in un Municipio come il nostro interessato da tante strade a scorrimento veloce e poche aree pedonali. Correre con l’automobile non solo è pericolo per gli altri ma rovina la qualità della nostra vita, il nostro spirito perché al volante molti si trasformano in ciò che non sono. In una società frenetica, dove le frenesie sono soprattutto mentali, occorre dedicarsi al corpo facendo attività fisica ed educando lo spirito. Come? Regalando un sorriso ad un conoscente, aiutando un amico, interessandosi dei problemi del quartiere, fare volontariato, aprirsi ad dialogo con chi può insegnare e trasmettere. Non sono forse buoni auspici condividibili da molti? Credi di si? Questo significa che anche se ognuno di noi è a se, è diverso da un altro abbiamo comunque aspirazioni, sogni e problemi che sono simili, comuni. Il Focus di settembre è proprio dedicato alla “Diversità” intesa come ricchezza e nel segno dell’unità. Non dimentichiamocelo! Buona Lettura!

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LA RIVISTA Néa POLIS


SOMMARIO

Settembre 2012, anno III

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Editoriale

ROMA REDAZIONE Editore: Claudio Napoli

Direttore Responsabile Elio Tomassetti Direttore Commerciale Carlo Famiglietti Comitato scientifico: Edy Viola, F. Napoli

Grafico: Daniele Palone daniele-palone@alice.it Advertising & Marketing: Francesco Zanca Collaboratori:

Francesco Grasselli, Alessandro Ranieri, Laura Napoli, Valeria Pucci, Valerio Pelliccia, Viviana Vannucci, Federico Monti, Lorenzo Sigillò, Paolo Migotto, Giorgio Zussini, Laura Andina, Vanessa Pinato, Daniele Palone, Valentina Sanzone

Salvo accordi scritti, la collaborazione con il mensile Nea Polis Roma è da considerarsi a titolo gratuito Foto ed Immagini sono tratte dal web. L’editore ha cercato di rintracciare gli aventi diritto ai crediti fotografici non specificati ed è a disposizione per chiarimenti.

Tipografia: G. De Vecchi Pieralice, 20 00167 Roma Registrazione Tribunale di Roma: n. 360/2010 del 17 settembre 2010 N° iscrizione ROC: 20384 Sede Operativa: via G.Funaioli, 54

PER INFORMAZIONI E PUBBLICITÀ

320.22.84.368 06.94368579

Email: pubblicita@neapolisroma.it

redazione@neapolisroma.it Nel prossimo numero 30 dove trovo la rivista 30

Si riparte...ma come?

p.3

Roma Notizie

FOCUS

Diversità

p.16

.3 Quell’estate del 2009, quando l’ONU richiamava l’Italia

Gregorio VII - Prati- Boccea V.Aurelia-Casalotti-M.Spaccato

Via Boccea: corre veloce solo l’interesse privato .6 Villa Piccolomini: l’On. Realacci presenta un’interrogazione ma poi la ritira .7 Nuovo termine per le domande del “buona casa” .8 Quali sono le ragioni dell’interessamento del Comune di Roma per gli anziani? .9 Sequestrata una piantagione di oppio a Torrevecchia .10 C’è tempo fino al 15 settembre per firmare il referendum per l’acqua pubblica .10 Referendum per abolire i vitalizzi della Regione Lazio .11

Monteverde-Bravetta-PisanaMalagrotta-Portaportese

Ti regalo l’italiano

America: Stati e religioni Per non dimenticare

Un po di follia per un futuro geniale

Gemelli identici ma non proprio

Muore il Cardinal Martini: un uomo di Chiesa anticonformista Immigrazione e scuola

Fuga di Cervelli dall’Africa Diverso da chi? Essere disabili nell’Europa delle diversità Barriere architettoniche e Barriere culturali Achille Bonito Oliva. L’ideologia del traditore Cara onorevole casta...

Salute & Bellezza

p.26

Moda Autunno Inverno 2012-2013

Intervista ad Ivan Ristallo .12 Torna il Nero! Discarica a Valle Galeria: cresce Moda: lineamenti di Scozia il dissenso .14 E’ ora di mettere in ordine... Viaggio alla scoperta di Cuba.15

Quali sono le diversità tra uomo e donna?

NON BUTTARMI, REGALAMI O RIPORTAMI

nea cultura/ cinema p.28

Nibiru (Pianeta X)

nea musica

p.30

Soul Revolution: la musica che viene dall’anima


Notizie da Roma Capitale Settembre 2012

Municipio 18

Via Boccea: corre veloce solo l’interesse privato Nuovi rinvii del Tar per la causa Edil Moter

Si aprono nuovi capitoli nella lunga storia del raddoppio della via Boccea: eravamo rimasti al 25 luglio, quando il TAR si sarebbe dovuto esprimere sul ricorso contro l’aggiudicazione dell’appalto proposto dalla società seconda classificata, Edil Moter s.r.l., che avrebbe dovuto costituire una associazione temporanea di imprese (ATI) con la Cosar s.r.l. per lo svolgimento dei lavori. In realtà il TAR ha esaminato il ricorso e le argomentazioni prodotte dall’Avvocatura comunale e dalla società, e ha ritenuto che il Comune dovesse argomentare meglio le proprie affermazioni circa la “incertezza assoluta dell’offerta” richiedendo allo stesso una dettagliata relazione.

La gara, per 5.220.000, 00 euro, è stata vinta da Prima Appalti s.r.l., che insieme al Comune è parte resistente del ricorso della Edil Moter. L’udienza è stata quindi rinviata al 30 agosto e poi ancora al 26 settembre, intanto proseguono i lavori di demolizione degli edifici del comprensorio di Terra Santa, la cui area è stata interamente transennata, e oramai anche l’ingresso è in corso di demolizione,

questi terreni vanno ad unirsi con quelli che erano occupati dall’ex “smorzo” e formano un’unica area. In un primo momento era sembrato che le demolizioni erano dovute ad un imminente inizio dei lavori, ma da indagini di Casalottilibera è emerso che il piano di recupero urbano Casalotti Palmarola prevede la realizzazione di una piazza e di un centro civico, forse un parcheggio e si teme, anche nuove palazzine. In ogni caso la realizzazione di opere da parte di privati deve essere compatibile con quella delle opere pubbliche, in particolare queste della Via Boccea, attese da decenni, già deliberate, con la gara già espletata. Quindi lo spazio per la rotatoria deve necessariamente rimanere, anche se l’interesse privato arriva sempre prima di quello pubblico, come abbiamo visto anche con il distributore della Felgas prima del bivio con via di Casalotti, già praticamente ultimato, non vorremmo avere altre case e altro traffico ancora prima che la strada sia allargata. Alessandro Ranieri – a.ranieri@neapolisroma.it

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Villa Piccolomini: l’On. Realacci presenta di Alessandro Ranieri un’interrogazione ma poi la ritira

Il Comitato per il Parco Piccolomini Bene Comune sta raccogliendo firme per una petizione per chiedere conto alla Fondazione omonima del contenuto dei fusti rinvenuti da tempo nell’area e dei tempi per lo smaltimento degli stessi, dato che i residenti sono preoccupati per la propria salute, dato che pare che contengano rifiuti tossici.

Della questione di Parco Piccolomini si è occupato anche il deputato PD Ermete Realacci, che ha presentato un’interrogazione parlamentare in proposito il 24 febbraio, al Ministro per i beni e le attività culturali e al Ministro dell’Ambiente.

L’atto parlamentare è ben argomentato e in esso si afferma la sottoposizione a vincolo conservativo già ai sensi del decreto ministeriale del 27/12/1985, ai sensi della legge n. 1497 del 1939, oggi Codice Urbani, e viene descritta la proprietà, che è stata lasciata in eredità dal defunto conte Carlo Piccolomini alla Fondazione Piccolomini per l’Accademia di Arte Drammatica, con il desiderio che divenisse una casa di riposo per artisti drammatici indigenti.

Dal 2000 la villa e il relativo Parco entrano nella disponibilità della Regione Lazio, che entra nell’amministrazione della Fondazione, tramite propri rappresentanti nominati nel consiglio della stessa.

La parte più interessante è il capoverso successivo, dove si afferma che il recente Piano Regolatore Generale di Roma disciplina l’ambito della villa quale “verde privato di valore storico-morfologico-ambientale”, ed è proprio questa ultima dizione, si afferma, che impedisce la realizzazione di impianti da golf o di altra disciplina sportiva. Secondo l’interrogante anche il Piano territoriale paesaggistico adottato dalla Regione il 25 luglio 2007 disciplina l’ambito della villa quale area di “Parchi, ville, giardini” e anche tale definizione inibisce la realizzazione

di campi da golf. Fatte queste premesse, a tale scopo Realacci chiede al Governo se sia a conoscenza della vicenda e se intenda effettuare verifiche al fine di assicurare la più ampia tutela di tale bene.

Successivamente si è appreso che, che in data 10 aprile, l’interrogazione parlamentare è stata ritirata, su questo abbiamo chiesto spiegazioni all’on. Realacci, che ha precisato che l’interrogazione è stata presentata da lui spontaneamente, e non dietro contatto di gruppi politici, e soltanto dopo si è reso conto che era una situazione che necessitava di un chiarimento, anche per il fatto che non conosceva molto bene la realtà della zona, essendo stato eletto nel collegio di Pisa. Infatti, dopo aver presentato l’interrogazione, è stato contattato da diverse persone, tra cui esponenti della fondazione, e ha capito che, in pratica, non esisterebbe alcun rischio di cementificazione e si tratta, anzi, di recuperare un’area verde degradata, restaurando o demolendo immobili fatiscenti, per realizzare un campo per la pratica del golf, la fondazione si è poi mostrata disponibile ad un confronto con i cittadini.

Prosegue affermando che, se la realizzazione del campo da golf fosse una cosa sbagliata e dannosa, sicuramente ciò è materia che deve affrontare il competente Municipio, e inoltre di essere stato contattato dal PD locale per la prima volta durante la festa dell’Unità, quando avrebbe incontrato anche la rappresentante del Comitato Parco Piccolomini bene comune. Insomma, non ha voluto mantenere in piedi una battaglia che non considerava grandemente importante: essendo il tempo e le risorse limitati, è necessario concentrarsi su questioni più gravi.

I contatti con la fondazione non sarebbero stati diretti, ha comunque ricevuto dei documenti che hanno spiegato la validità del progetto, anche dal punto di vista ambientale e ha ritenuto per questo di ritirare l’interrogazione parlamentare sull’argomento.


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Roma Notizie: Gregorio VII - Prati- Boccea - Valle Aurelia - Casalotti - Montespaccato

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Rinviato al 30 settembre il termine per la regolarizzazione delle domande per il “buono casa” Il Comune di Roma, nell’ambito delle politiche di sostegno sociale, eroga a inquilini in difficoltà economiche, un aiuto per il pagamento dell’affitto, che rappresenta una boccata di ossigeno per tante famiglie in difficoltà e a rischio sfratto, ovviamente occorre presentare una domanda, corredata delle dichiarazioni e delle certificazioni atte a comprovare il diritto a percepire tale contributo.

Finora sono state esaminate le domande relative al 2010, dall’esame del sito del Comune, si evince che moltissime persone sono state escluse per mancanza di requisiti, ma anche per irregolarità formali nella compilazione della domanda, magari si tratta di persone anziane, o stranieri, senza assistenza e che possono avere commesso degli errori o omissioni, pur rientrando nei parametri per ottenere il sostegno economico. In ogni caso il Comune concede un periodo di un mese dall’approvazione della graduatoria provvisoria, per la presentazione di opposizioni, e per eventualmente regolarizzare e integrare la domanda, se il diritto sussiste, e se ciò è possibile in base al bando.

Ciò che non è sembrato congruo, lamenta Renato Rizzo dell’Unione Inquilini di Roma, è che tale avviso sia stato pubblicato il 1° agosto e il termine per la presentazione dell’opposizione sia stato fissato al 31 agosto, quando tutta la città è in ferie, e anche gli istituti di patronato, che potrebbero assistere nella compilazione della domanda, sono chiusi: in questa situazione persone anziane, magari invalide, dovrebbero capire in che cosa consiste

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l’irregolarità, presentarsi agli sportelli del Comune, magari chiusi anche quelli per un certo periodo, per presentare l’opposizione. L’Unione Inquilini, a tal proposito, ha lanciato un appello al Dipartimento politiche abitative del Comune, per un rinvio al 30 settembre del termine per la presentazione delle opposizioni, e anche ai Municipi, di farsi portatori di questa istanza, così come già fatto in analoga situazione, in occasione della presentazione delle domande per il buono casa 2012. Di questa esigenza ha dato conto anche Nea Polis, con un articolo del 16 agosto.

L’appello è stato accolto, ed è stato rinviato al 30 settembre 2012 il termine per la presentazione delle domande relative al contributo per l’anno 2011. E’ stata scelta la soluzione migliore per consentire a chi ha diritto di usufruire del sostegno economico, del resto difficilmente le Pubbliche amministrazioni fissano dei termini che cadono il 31 agosto, e soprattutto, perché non c’è alcuna ragione sostanziale per fare ritenere tale termine perentorio e non meramente acceleratorio, dato che si tratta dell’erogazione di fondi relativi ad anni pregressi. A. Ranieri a.ranieri@neapolisroma.it

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Quali sono le ragioni dell’interessamento del Comune di Roma per gli anziani nell’ultimo anno?

Negli ultimi tempi si è assistito alla realizzazione di diverse iniziative da parte del Comune di Roma rivolte agli anziani, con prestazioni di vario tipo erogate per il tramite dei centri anziani.

Ricordiamo, ad esempio, quella dei Modelli 730 gratuiti, per gli iscritti ai centri anziani, per cui Gemma Azuni ha presentato interrogazione alla Giunta per chiedere i costi del servizio e se la scelta di un determinato CAF sia avvenuta a seguito di gara o meno, per questioni di trasparenza e di parità di trattamento. Altro servizio fornito dal Comune è quello denominato “Occhio alla vista”, che dura tutto l’anno, per finalità di prevenzione della cecità e prevenzione delle cadute, in pratica l’anziano over 65 viene visitato, viene analizzato il visus lontano-vicino, il fondo dell’occhio e la pressione oculare, il tutto presso il centro anziani dove è iscritto. Vengono, inoltre, consegnati occhiali o cambiate le lenti, se necessario, e se vengono riscontrate patologie, viene avviato presso la competente struttura sanitaria. Anche qui sarebbe interessante conoscere i costi della pur meritevole iniziativa, che comunque pare di competenza della Sanità pubblica, e non dell’Ente locale, e il livello di qualità degli occhiali forniti, e quanti ne siano stati consegnati a persone che già li avevano.

Altro evento, che ha parimenti causato una interrogazione alla giunta di Gemma Azuni, è quello denominato “Nonni d’estate”, che si è svolta dal 4 al 15 luglio presso Piazza S. Giovanni e il laghetto dell’EUR e qui la consigliera di SEL chiede quanto sia costata l’organizzazione, quanti anziani abbiano partecipato, e se era opportuno organizzare feste a spese dei contribuenti quando mancano i soldi per le misure di contrasto della povertà e per seri interventi terapeutici a favore degli anziani. Insomma, la domanda che ci si pone è se ci sia un reale interessamento del Comune di Roma verso gli anziani, e se ciò avvenga per finalità non soltanto legate all’assolvimento degli obblighi istituzionali, ma anche di propaganda e pubblicità in vista del voto, che è prossimo, e se i centri anziani non vengano visti come serbatoi di voti. Alessandro Ranieri a.ranieri@neapolisroma.it


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Sequestrata una piantagione di oppio a Torrevecchia

Gli agenti del Reparto Operativo del Gruppo di Sicurezza Pubblica ed Emergenziale e del XIX Gruppo diretti dal vice comandante del Corpo di Polizia di Roma Capitale, Antonio Di Maggio, nel corso delle attività legate al controllo dei fenomeni di spaccio di sostanze stupefacenti hanno portato a termine un’importante operazione: in una zona di Torrevecchia, poco distante dal campo nomadi “Cesare Lombroso”è stata individuata e sequestrata una piantagione oppiacea abilmente mimetizzata nel cortile di una palazzina residenziale. Durante l’intervento la polizia ha sequestrato circa cento piante di una particolare varietà di oppio denominata “papavero da sonnifero”. Una volta scoperta l’area gli agenti hanno constatato che molte di queste piante erano già state private delle capsule che vengono utilizzate per l’estrazione della sostanza stupefacente. Questa parte del

fiore contiene pure i semi da utilizzare per un successivo ciclo di coltivazione. Le autorità giudiziarie hanno quindi denunciato un italiano, proprietario dl terreno. Sono in corso ulteriori accertamenti per stabilire le modalità di estrazione dello stupefacente e per individuare soggetti utilizzatori o spacciatori. Viviana Vannucci

A giugno dello scorso anno, i cittadini italiani hanno votato contro la privatizzazione dell’acqua, con un chiaro segnale ai nostri amministratori: l’acqua è un bene primario e non si possono fare profitti su un bene tanto indispensabile per la vita. La vittoria sui quesiti sull’acqua è stata accompagnata da analoga vittoria, anche sul nucleare, che oltre ad essere pericolo è anche un disastro dal punto di vista economico. Ma anche con la vittoria dei referendum, non si può comunque stare tranquilli, perché la normativa europea consente ancora di privatizzare il servizio idrico, inoltre, entro il 31 dicembre, le Regioni devono approvare leggi in materia, in particolare per la riorganizzazione degli Ato (Ambiti territoriali ottimali, chiamati a gestire, tra l’altro, il servizio idrico). Ecco perché il Comitato promotore per il referendum per l’acqua pubblica ha depositato una proposta di legge regionale da sottoporre a referendum confermativo, e ha

promosso una raccolta di firme a sostegno della stessa, con l’ausilio di forze politiche e associazioni, l’obiettivo è di raccogliere 50.000 firme, così che la Regione sia costretta a prendere in esame la proposta: se ciò non avviene entro un anno deve indire referendum propositivo sulla proposta di legge. La proposta prevede che l’acqua potabile sia utilizzata principalmente per alimentazione e igiene umana, con la possibilità di utilizzarla per altri scopi solo se soddisfatta la prima esigenza, con forti maggiorazioni di tariffa. Quanto alle tariffe dovranno essere contenute e non consentire alcun profitto al gestore, che deve essere pubblico, il tutto perfettamente in linea con l’esito referendario. C’è tempo fino al 15 settembre per firmare, presso le sedi dei Comuni e dei vari Municipi, come indicato nel sito del Comitato: www.referendumacqualazio.it

C’è tempo fino al 15 settembre per firmare il referendum per l’acqua pubblica

A. Ranieri


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Roma Notizie: riflessioni

Stop ai privileggi !!

C’e tempo fino al 30 settembre per firmare il referendum che intende abolire i vitalizi alla Regione Lazio

La Federazione della Sinistra ha promosso una raccolta di firme per l’abolizione dei vitalizi dei consiglieri e assessori della Regione Lazio, si tratta di due quesiti che vanno ad abrogare le disposizioni contenute nelle leggi regionali che li prevedono, una del 1973, e una del 1995, con la recente modifica ad hoc, avvenuta tramite “leggina”, che consente la corresponsione del vitalizio anche agli assessori nominati e non consiglieri. Hanno aderito alla campagna il coordinatore PD della provincia di Rieti e un circolo di Viterbo, i Verdi, Alternativ@mente, molti sindaci, assessori, consiglieri, Presidenti di provincia. Al raggiungimento dei 50 anni (sarebbero 55 ma – altra furbata – con una piccola penalizzazione che vale soltanto una piccolissima parte di quello che si percepisce in un anno, è possibile anche a 50 anni) si accede al vitalizio, la cui entità dipende dal numero delle legislature in cui si è rimasti in carica e arriva fino a 4.400 euro lordi. Tralasciamo ogni commento in ordine al paragone fra i comuni mortali, che vanno in pensione a 67 anni, dopo 42 anni di lavoro, e non certo con pensioni di quelle cifre, sempre che uno abbia avuto la fortuna di lavorare continuativamente per tutto quel tempo. Tutto questo, considerato il numero dei consiglieri e as-

11 di Alessandro Ranieri

sessori, e la relativamente giovane età in cui si comincia a percepire il vitalizio, comporta uscite enormi per la Regione nei decenni a venire, e appare veramente insostenibile in un contesto di crisi, di incremento dell’imposizione fiscale e di tagli di servizi, con i milioni di euro che costano i vitalizi si potrebbe evitare di chiudere qualche ospedale, o tribunale, o potenziare le forze dell’ordine. Il referendum, se viene raggiunto il numero minimo di firme a sostegno, che è 50.000, si svolgerà il prossimo anno, e non interferisce con le elezioni nazionali, dato che ha carattere regionale, chi fosse interessato a firmare, può recarsi nei luoghi indicati nel sito internet dei promotori: http://www.stopaiprivilegi.it/firma-anche-tu/. La raccolta deve essere terminata perentoriamente entro il 30 settembre, in altri Paesi sarebbe assurdo dovere indire referendum su questi argomenti, ma in Italia è, purtroppo, normale. a.ranieri@neapolisroma.it


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Roma Notizie: Portaportese-Monteverde-Bravetta-Pisana-Massimina

ad Ivan Ristallo di Lorenzo Sigillò www.neapolisroma.it 22Intervista Uomini ed Aziende Il danzatore/attore è regista del celebre Musical Chorus Line a Monteverde Occasione ghiotta per Nea Polis intervistare Ivan Ri- l’amore di farlo. stallo, danzatore, attore, artista a 360 gradi, per parlare del “suo” Chorus Line e dei nuovi progetti che lo ri- Sei stato danzatore guardano, anche nel cuore di Monte Verde! in produzioni come Macbeth e Carmina Ciao Ivan e grazie per la disponibilità a questa Burana, poi attore intervista. Domanda a freddo: come nasce la tua di spettacoli shakepassione per il ballo e per il teatro? speariani fino ad Bella domanda! Dico sempre che credo che prima sia arrivare a ruoli più nato il mio amore per lo spettacolo e poi sia nato io… moderni: qual è il Ricordo che fin da ragazzino, ogni volta che mi capi- tuo habitat teatrale tava di vedere un balletto sentivo come una grossa ec- preferito? E recencitazione dentro, un fuoco dirompente. Certe cose si temente come prosentono, sono innate dentro di noi. tagonista di Ippolito di EuriPoi qual è stato il tuo percorso artistico? pide, hai ottenuto Per tutta la mia adolescenza e fino ai 20 anni, ho stu- ottime recensioni, diato danza classica fino a sei ore al giorno. Poi, du- cosa ti ha dato questo ruolo? rante uno stage, ho conosciuto la coreografa Susanna Vorrei recitare per tutta la vita! Che sia un testo clasBeltrami che mi ha dato una borsa di studio biennale sico o contemporaneo, mi ci butto dentro totalmente per la sua Accademia. La ringrazierò per sempre, è ogni volta. Ippolito, invece, era per me un grande stata la prima persona a darmi una chance. sogno, una sfida. Penso che ogni attore dovrebbe ciEd è lì in Accademia, che ho cominciato a studiare mentarsi, una volta nella vita, in un ruolo classico. anche recitazione. C’è poi il tuo ruolo di insegnante. Cosa cerchi di Attore, danzatore, coreografo, regista: qual è il trasmettere ai tuoi allievi? vero Ivan? Ti senti un’ artista completo? Che con il lavoro e con il rigore si può ottenere tutto. Mi piace pensare di poterlo diventare… quando sarò grande! Regista è una parola che mi spaventa un pò… E qui veniamo alla tua collaborazione con l’Ascon Chorus Line mi sono divertito, ma nel futuro pros- sociazione de La Fonte di Castalia. Com’è nata simo non so se mi cimenterò in un’altra regia. e come sta procedendo? Mentre frequentavo la scuola di recitazione Teatro Hai ballato nei più importanti teatri italiani sotto Azione ho conosciuto Marika Murri, già direttrice de La la direzione di famosi coreografi, qual è la stata Fonte di Castalia. Siamo entrati subito in sintonia… è l’esperienza che ricordi con più piacere? così brava e creativa! Al termine del mio percorso di Ogni coreografo mi ha dato qualcosa di importante. studi mi ha chiesto di collaborare con lei. Sono stato Micha Van Hoecke è uno che fa teatro a 360 gradi ed molto fortunato ad incontrarla. Ora stiamo preparando ha uno stile suo, molto forte… Luc Bouy è un poeta, insieme delle belle cose per il prossimo anno, sia diun’anima meravigliosa, ti fa sempre sentire così spe- dattiche che artistiche. Vogliamo che Castalia diventi, ciale! Ma l’emozione più intensa è stata ballare al sempre di più, un punto d’incontro per interpreti. Un fianco della grande Luciana Savignano. posto dove si faccia “arte”. Ci saranno spettacoli, lezioni di danza, teatro, improvvisazione e quest’anno E quella che invece ti ha fatto crescere di più ar- Ilza Prestinari terrà delle lezioni intensive di Metodo tisticamente? Strasberg. In un periodo della mia vita di forte crisi e cambiamento ho avuto la fortuna di conoscere una grande Grazie alla tua regia è andato in scena a giugno, donna, una grande insegnante, regista e coreografa: il celebre musical Chorus Line, dopo un anno di Ilza Prestinari. Mi ha insegnato che se volevo diventare lavorazione con i tuoi allievi. Cosa puoi racconun bravo attore dovevo essere prima una brava per- tarci di questa esperienza? sona. Lei mi insegna a trasformare il mio istinto in arte, Che è stato meraviglioso avere da parte dei miei inche non si recita per arrivare da qualche parte, ma per terpreti la loro totale fiducia. In realtà lo abbiamo


montato in pochi mesi, dopo un lungo lavoro di formazione svolto nel corso di tutto l’anno. Devo fare i complimenti a tutto il cast: Barbara Donzella, Fabiola Farabollini, Alessia Menocci, Valentina Sinagra, Luis Sospè e Luciano Camillo. Il 30 settembre ci sarà un’ultima ‘one night only’ di Chorus Line al Teatro de La Fonte di Castalia a via di Monte Verde, a cui invitiamo tutti i nostri lettori.

Un altro sicuro successo, ma poi quali saranno i tuoi progetti per il futuro? Reciterò in due progetti teatrali oltre a continuare a insegnare danza agli attori. Cosa ti senti suggerire ad un ragazzo che sente

via di Monteverde, 57A

vicino il mondo dell’arte e vorrebbe affacciarsi alle disciplina del ballo o del teatro? Tanto lavoro in più forme di espressioni artistiche possibili. Inoltre, sarei felicissimo di poter mostrare questo lavoro a giovani attori che vorrebbero cominciare lo studio della danza per arricchire il loro bagaglio. Io sono veramente convinto che la forza di volontà giochi un ruolo fondamentale e sarei orgoglioso se dopo aver visto il “mio” Chorus Line trovassero il coraggio per affrontare questo percorso.

Vi aspetto il 30 settembre in via di Monteverde, 57A! Ciao!


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Roma Notizie: Portaportese-Monteverde-Bravetta-Pisana-Massimina

Neanche il diluvio ferma la mobilitazione: cresce il dissenso di Valerio Pelliccia nella Valle Galeria contro la discarica

È cominciata sotto una pioggia scrosciante e l’incedere delle campane della chiesa la fiaccolata del 4 settembre organizzata dai comitati della zona contro la nuova discarica Il corteo notturno, composto da oltre duemila persone, ha percorso alcune centinaia di metri in direzione di Monti dell’Ortaccio, il sito che con alta probabilità ospiterà la futura discarica, a pochi passi dall’ormai tristemente famosa Malagrotta. La notizia dell’apertura di un nuovo invaso a pochi metri da quel gigante che ha inghiottito la mondezza di Roma per oltre 40 anni (ora prorogata nuovamente fino a Dicembre) ha suscitato un’indignazione senza precedenti in quegli abitanti che tanto hanno sopportato negli ultimi decenni. Dalla raffineria dell’ERG, all’inceneritore bufala e alla discarica di Manlio Cerroni; fattori inquinanti e distruttivi del territorio che hanno portato gli abitanti della Valle Galeria ad autonominarsi il “Popolo delle nebbie”. Ora, realizzare lì una seconda Malagrotta significa non aver capito che a tutto c’è un limite. A giudicare dalle reazioni, dagli sguardi e dalle parole dei partecipanti alla fiaccolata quel limite è stato superato. Neanche la parola “provvisoria”, come i tecnici assicurano sarà la nuova discarica, è riuscita a calmare gli animi. La pazienza è finita. Il neo-Prefetto Sottile ha detto sì a Monti dell’Ortaccio e con lui si è schierato il Ministro dell’ Ambiente Clini, siamo in attesa però di atti ufficiali. Questa convergenza di opinioni è davvero preoccupante. Contrari Zingaretti, Polverini, Alemanno e i presidenti del XV e XVI Municipio. Eppure, al di là dei facili proclami e dei populismi momentanei le responsabilità sono sotto gli occhi di

tutti. Dov’erano le istituzioni locali quando la “monnezza” si accumulava e non si creava un reale piano di intervento? Durante questi anni, nessuno ha saputo proporre un piano alternativo alla costruzione di discariche o trovare i finanziamenti necessari per una massiccia campagna di raccolta differenziata (ferma a Roma e Provincia su cifre piuttosto basse). Abbiamo assistito a continui rimpalli istituzionali che ci hanno davvero disorientato. Il giorno della protesta solo Zingaretti ha incontrato i cittadini per ribadire la sua scelta: “La discarica non va fatta nella Valle Galeria ma a Pian dell’Olmo”. Presto comunque anche il Sindaco si confronterà con gli abitanti della zona, ma non ci scordiamo che il Prefetto Sottile ora ha ampi poteri decisionali in quanto è Commissario straordinario dell’emergenza rifiuti. In questo paese la prevenzione non esiste, si risolve il problema appena prima che degeneri irrimediabilmente ma un attimo dopo essere diventato “emergenza”. Perché è proprio grazie a questa parola che chi governa può lavarsi le mani prendendo le decisioni più facili e rapide che lo aggradano: si risolve prima stivando la spazzatura nel primo buco disponibile che spendere per l’aumento della differenziata. Allo stesso tempo, sempre grazie alla logica dell’ emergenza, al popolo può essere fatto di tutto e di più. Se alza la testa lo stato interviene con le maniere forti inviando l’esercito e tutti zitti perché signori: “questa è un’emergenza!”. Alla fine qualcuno dovrà pur cedere qualcosa e rimanere scontento per evitare che Roma venga invasa dai rifiuti. Peccato che le responsabilità ricadano sempre e solo sui cittadini incolpevoli e non sugli incompetenti che li governano.

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Viaggi nel Mondo: Cuba

Mirando l’Havana: spunti di rilessione e contraddizioni

15 di Silvia Grillo

In Italia viviamo un momento di grave difficoltà economica, che spesso si ripercuote sulle classi sociali più deboli e povere della popolazione. E mentre Monti parla di liberalizzazioni e vendita del patrimonio dello Stato, la realtà cubana risulta piena di spunti sui quali riflettere. L’annuncio a mezza bocca di Monti sulla vendita (o sven- mento dei bisogni primari garantiti, ma voglia anche soddita?) del patrimonio dello Stato mi ha fatto molto riflet- disfare i bisogni secondari. Ed ecco che nelle piccole tere. Sono sempre stata dell’idea che i beni statali non viette di L’Havana Vieja, possiamo vedere, fronte strada, dovessero essere toccati: i beni pubblici appartengono, nelle dismesse e affascinanti case coloniali, le ragazze seppur per un milionesimo di parte, ad ogni cittadino che che si pittano e si “allungano” le unghie. paga le tasse. Mentre in Europa i mercati soffrono, Il momento è affascinante. Anche Cuba si sta aprendo, il vento di cambiamento soffia su altre realtà: lasciando spazio alle logiche economiche del mercato Cuba è una di queste. moderno con tanti problemi strutturali e tecnici da risolTrovo che Cuba, per posizione geografica e storica, sia vere. Paese pronto a risorge da ceneri vecchie e stanmolto simile all’Italia. Assolve ad un compito di vitale im- che, stufo di uno stato simile ad una mamma chioccia portanza: la mediazione tra nord, sud, est ed ovest del che tiene i propri figli sotto l’ala protettrice ma non permondo. mette loro di spiccare il volo in prospettiva meritocratica. Sulla base di interviste informali ho dedotto principal- L’Havana ha iniziato un lento cammino di cambiamento, mente che: ogni cubano di nascita ha per diritto acqui- che si nota nelle strade. E mentre mi viene servito del sito sanità ed educazione fino all’università. Ogni famiglia Ron Santiago de Cuba ed alla richiesta di cola viene porha diritto ad un assegno statale per il cibo, che viene co- tata al tavolo la Coca-Cola, mi chiedo cosa mai ne sarà munemente chiamato “libreta” e che dà diritto ad una di questo piccolo angolo particolare di mondo, che non determinata quantità di riso, fagioli, carne di pollo e, se- poteva essere colpito dalla crisi perché al di fuori delle dicondo alcuni, dentifricio e sapone. Le famiglie che ne namiche economiche dei nostri tempi, ma affascinato dal fanno richiesta hanno diritto alla casa, ma esistono le co- nostro modo di vivere così tanto legato al superfluo. E mi siddette case particular, ovvero case private, tramandate chiedo quale sarà il prezzo che tutti dovranno pagare nel di padre in figlio ancor prima della Rivoluzione. Ora toc- momento in cui i diritti primari vacilleranno, proprio come chiamo il tasto dolente degli stipendi che variano dai 15 sta succedendo in Europa e soprattutto in Italia. Fino ad ai 20 Pesos cubani. Tutt’altra storia sono i Cuc, moneta oggi Cuba è stato un paese chiuso e sincero. Un paese che viene usata dai turisti e che ha molto più valore ri- che ha deciso di accogliere, ma di lasciare i diritti solo ai spetto a quella con la quale vengono emessi i salari lo- propri cittadini, ai cubani di nascita, cadendo così in un cali. Eppure, i cubani vivono in povertà ma senza togliersi forte nazionalismo. gli sfizi che L’Havana offre: i locali, affollati anche di gio- In questo l’Italia è diversa. La posizione geografica del vani cubani, costano dai 5 ai 15 cuc, senza consuma- Bel Paese e la nostra storia economica, sociale, culturale zione, la quale ha un costo aggiuntivo di 3 cuc circa. I hanno fatto sì che ci prendessimo carico di responsabisupermercati vendono a prezzi quasi europei e la vita lità che sono al di sopra delle nostre possibilità. Ne sembra molto cara. Non voglio entrare nel discorso del stiamo facendo le spese tutti: processi economici più mercato nero e dell’evasione fiscale, fisiologici in Cuba, grandi di noi ci mettono di fronte a delle scelte: siamo ma vorrei porre l’accento primariamente sull’astruso pronti, noi italiani, ad una manovra di privatizzazione alla meccanismo del pagamento delle tasse per le attività, quale dovrà seguire forzatamente un cambio di mentache sembrerebbe dettato da studi di settore simili ai no- lità netto, che potrà causare un lasso tra povertà e ricstri, secondariamente sulla subdola privatizzazione che chezza difficilmente colmabile? sta iniziando ad insinuarsi anche a Cuba che sta par- L’economia è come un falda acquifera che gira tutta intendo dal settore che porta maggiori guadagni: il turi- tono alla terra e la cinge nel profondo: in situazioni dismo. Il turismo porta apertura e l’apertura porta alla verse, con problemi di natura diversa non possiamo fare standardizzazione degli stili di vita. Questo fa sì che la a meno di notare che le similitudini con Cuba che campopolazione non si accontenti più del solo soddisfaci- bia, non sono poi così lontane dalla nostra Italia.


Settembre 2012

FOCUS Diversità

Quell’estate del 2009, quando l’ONU richiamava l’Italia di Giorgio Zussini

Nell’ultimo anno, delle 36mila richieste di asilo presentate in Italia ne sono state riconosciute come legittime più di un terzo e a 2.244 immigrati è stato riconosciuto lo status di rifugiato, riservato a chi è costretto a fuggire dal proprio paese per un fondato timore di persecuzione a causa della sua etnia, religione, opinione politica o altra ragione che ne metta in pericolo la vita. L’Italia è tra i firmatari della Convenzione di Ginevra del ’51 che tutela i rifugiati (in Italia 60mila) riconoscendo loro diritti quali accesso al lavoro, assistenza sociale e sanitaria, ricongiungimento familiare ed altri; ma non sempre l’iter funziona, e questa estate l’agenzia per i rifugiati dell’ONU ha redatto un documento che individua gli aspetti più problematici dell’accoglienza dei rifugiati in Italia relativi alla protezione dei minori non accompagnati, alle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in attesa dell’esito e all’integrazione locale quando quest’ultimo è positivo.

Il primo punto, in particolare, riguarda un fatto dell’estate 2009 che fu al centro del dibattito mediatico e politico: il respingimento in mare delle imbarcazione clandestine provenienti dalla Libia. Come confermato da una sentenza di Strasburgo dello scorso febbraio, i respingimenti furono una violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, poiché i migranti aventi diritto allo status di rifugiato (specialmente eritrei e somali) che si trovavano a bordo non furono informati della possibilità di richiedere asilo; inoltre il Testo Unico sull’immigrazione stabilisce che in nessun caso il migrante può essere respinto verso uno Stato che possa perseguitarlo o non proteggerlo dalla persecuzione – come è il caso della Libia. Pur avendo sospeso i respingimenti indiscriminati, l’Italia secondo l’Onu ha ancora molta strada da fare prima di riuscire a individuare e accogliere adeguatamente i possibili richiedenti asilo, a partire dalla formazione di quanti operano in contesti di frontiera.

Ti regalo l’italiano...

Quest’anno sono giunti via mare 17.365 migranti e non si tratta che di una bassa percentuale del numero complessivo degli stranieri che ogni anno raggiungono la penisola, legalmente e non. Per certa stampa amante del luogo comune allarmistico aumenterà la criminalità: la caccia allo straniero sarà l’unica soluzione. Sono pochi, invece, a ricordare che accanto a immigrazione suona bene integrazione e che la criminalità nasce proprio dove prospera l’emarginazione e l’illegalità. Lo sanno bene le quasi quaranta associazioni della Rete Scuole Migranti che operano sul territorio della capitale offrendo agli stranieri la possibilità di accedere alla vita lavorativa, sociale e culturale italiana attraverso l’informazione e la conoscenza della nostra lingua; questo, infatti, è il primo passo per l’integrazione, oltre che uno dei requisiti per l’ottenimento del permesso di soggiorno. Anche i CTP offrono corsi di italiano, ma la scarsa flessibilità nella durata e negli orari li rende poco adatti alle esi-

di Giorgio Zussini

genze degli immigrati. Le associazioni della Rete, invece, offrono corsi gratuiti di lingua meno vincolanti nella frequenza. La più grande di queste scuole è la Casa dei Diritti Sociali, che nei suoi locali di Via Giolitti ospita ogni anno più di 1700 studenti; si tratta per lo più di bangladesi, indiani, africani e cinesi, la cui “distanza” linguistica rende lungo e faticoso l’apprendimento dell’italiano. Gli insegnanti sono docenti o ex-docenti ma anche giovani, pensionati e professionisti di altri settori e senza particolari esperienze che scelgono di dedicare qualche ora del proprio tempo agli studenti della scuola. Per avere informazioni su come diventare insegnanti volontari si può contattare la Casa dei Diritti Sociali al numero 333 8040906.


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Focus: Diversità

America: Stati e religioni

17 di Giorgio Zussini

«Il Congresso non potrà fare alcuna legge per il riconoscimento ufficiale di qualsiasi religione, o per proibirne il libero culto», recita il primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America: appena nati, alle porte del XIX secolo, realizzavano per la prima volta la separazione tra Stato e Chiesa. Ognuna delle tredici colonie firmatarie portava dalla gran Bretagna i propri culti: puritani, quaccheri, cattolici e anglicani; e così fecero nei decenni seguenti quanti emigrarono nel nuovo mondo, come gli Amish, discendenti di migranti tedeschi stabilitisi in Pennsylvania, noti per il loro rifiuto verso ogni innovazione, elettricità compresa.

Sebbene non esistano censimenti ufficiali, le indagini più attendibili stimano che i protestanti siano complessivamente il 51% e i cattolici il 24%. Per il resto la popolazione è divisa tra mormoni (1,7%), ebrei (1,7%) e seguaci di altre religioni il cui peso non supera il punto percentuale, come islamici, buddhisti e induisti (ma ciò nonostante sorgono in territorio americano oltre 2000 moschee, 1500 luoghi di preghiera buddhisti e oltre 400 induisti). Oggi l’“Encyclopedia of American Religions” arriva a contare 700-800 religioni “non convenzionali”: si tratta per

metà di varianti sincretiche di culti esotici –per lo più giunti dall’Asia – e per metà di religioni (o presunte tali) made in Usa. Verrebbe da dire che ce n’è per tutti i gusti, eppure quelli che alla domanda “di che religione sei?” rispondono “nessuna” sono più del 16% e continuano ad aumentare; ma non si pensi a un proliferare dell’ateismo: la maggior parte di questi sono l’equivalente degli “indecisi” in politica, che ancora non trovano quello giusto a cui credere ma non per questo smettono di confidare nella sua venuta.

Per non dimenticare...

di Alberto De Venezia

Il 17 novembre 1938 il regime fascista promulgò una legge che proibiva, nel nostro Paese, i matrimoni fra Ebrei ed “ariani” ed impediva ai primi d’impiegarsi nella pubblica amministrazione, limitandone pure il diritto alla proprietà.

Quel provvedimento, in pratica, fu voluto dal fascismo italiano per compiacere al potente alleato, la Germania nazista, condividendone la discriminazione razziale attuata ai danni dei cittadini ebrei. In effetti, già nel settembre dello stesso anno, gli Ebrei stranieri erano stati espulsi dal territorio italiano e, successivamente, gli studenti ed i docenti ebrei italiani lo furono dalle università. Infine, il 1° luglio 1939, l’art. 1 del nuovo Codice civile rendeva legittimi, culturalmente, moralmente e psicologicamente, il razzismo e la persecuzione. Anche se la maggioranza del popolo italiano non accettò quell’imposizione, considerandola estranea alla propria mentalità ed alle proprie tradizioni, quell’avvenimento non deve essere cancellato dalla memoria storica del nostro popolo: dagli anziani che ne furono testimoni ai giovani che lo apprendono attraverso i libri. Esso rappresenta un monito, rivolto a quanti, ancora oggi, manifestano atteggiamenti discriminatori nei

confronti di disagiati, immigrati e minoranze etnicoreligiose, affinchè certe tragedie del passato non si ripetano più.


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Focus: Diversità

Un po di follia per un futuro geniale di Vanessa Pinato

Diderot diceva: “Genio e follia si toccano da vicino” e, a quanto pare aveva ragione.

Genialità e follia sono sempre andate di pari passo nell’immaginario collettivo, ma si pensava fosse un modo di dire e, invece, sembra che la creatività sia davvero parente della follia.

A livello neurologico, infatti, i cervelli fantasiosi hanno caratteristiche simili se non proprio a quelli patologicamente compromessi, a quelli malati di schizofrenia. A dimostrarlo uno studio condotto dall’istituto svedese Karolinska, che ha dimostrato come le persone sane, ma molto creative, abbiano dei deficit in alcuni recettori, proprio come nel cervello dei malati di schizofrenia.

D’altronde la cosa non stupisce più di tanto: i cosiddetti “geni”(scienziati, scrittori, artisti), specie del passato, soffrivano spesso di disturbi dell’umore, tanto più che, talvolta, le opere migliori sono state dettate da sentimenti tristi o, al contrario, da picchi di euforia. Poi, dal Rinascimento, in particolare con filosofi come Descartes e Montaigne, l’orizzonte è cambiato e, nella visuale comune, il folle è diventato una minaccia, prendendo il posto dei lebbrosi nei reietti della società. Pian piano sono nate le prime strutture, diffuse a macchia d’olio nel XVII secolo, in cui venivano rinchiusi i malati psichici, offensivi verso la morale, condannati come complici del male. Infine, nel nostro tempo, la follia è stata semplificata e relegata nei quadri della malattia mentale.

Eppure sembra che qualcuno abbia deciso di rimettere in chiaro alcune cose. Un recente studio testimonia che la dopamina, sia negli schizofrenici che nelle persone particolarmente creative, manca degli stessi ricettori I test con cui gli scienziati sono arrivati ad individuare le somiglianze tra il cervello di chi soffre di un disturbo mentale e quello di un creativo, si sono incentrati sulla

dopamina, un neurotrasmettitore di cui mancherebbero appunto i ricettori – in particolare il D2 – sia nel caso di elevata capacità ideativa che nel caso di schizofrenia. Tra l’altro, la creatività è correlata all’apertura alle nuove esperienze e inoltre è stato osservato che le persone altamente creative appartengono più spesso a famiglie in cui qualche membro ha sofferto di disturbi mentali. La genialità creativa avrebbe allora una parziale radice biologica, la stessa della follia.

Chi può allora sostenere dove sta il confine tra follia e sanità mentale? Chi lo dice che i matti vivono in un mondo parallelo? Forse sarà un pochino slittato rispetto al piano della realtà perché loro, a differenza dei geni, non possono decidere quando aprire o chiudere il filtro della mente, come fosse il rubinetto della fantasia: ma che sapore avrebbe la vita senza i colori della fantasia, senza le emozioni dei ricami, senza le teorie dei sogni? Che gusto avrebbe senza un po’ di questa magia che è la follia? Indubbiamente il mondo è fatto di confini, alcuni dei quali invalicabili senza fare e farsi del male: la razionalità nasce per questo; tuttavia in una società come quella attuale, che tende ad andare avanti per stereotipi e uccidendo le nostre menti, forse bisognerebbe ascoltare anche chi va contro corrente, distinguendosi dalle masse: almeno intravede un futuro anche se diverso e un po’ folle, mentre molti di noi cosiddetti “normali” cominciamo a non riuscirci più.


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Focus: Diversità

Gemelli identici ma non proprio

Non è facile spiegarsi perché due gemelli identici – cioè monozigoti – pur essendo nati da una stessa cellula uovo e quindi condividendo lo stesso patrimonio genetico al 100% sviluppino negli anni differenze anche rilevanti non solo sul piano caratteriale ma anche su quello fisico e nella predisposizione alle malattie. Sul carattere e le attitudini influisce l’ambiente esterno: i genitori e il mondo adulto inevitabilmente interagiscono in maniera diversa con l’uno e l’altro gemello, spesso individuando tra loro differenze che in realtà non esistono (“uno è più tranquillo, l’altro più vivace”), ma ripetute al punto che alla fine il bambino si adatta all’immagine costruita dal genitore; ne è la prova il risultato di alcuni studi su coppie di gemelli cresciuti in famiglie diverse: essendo più liberi di autodeterminarsi, paradossalmente essi sviluppano fisionomie caratteriali tra loro molto più simili di quanto avvenga tra coppie cresciute nello stesso ambiente. Inoltre il bambino stesso, per costruirsi un’identità che sia davvero unica, ha bisogno di riconoscersi diverso da quello che altrimenti rimarrebbe il suo esatto speculare per tutta la vita. Quanto alle differenze nello sviluppo di tratti somatici e nella predisposizione alle malattie, negli ultimi anni la ri-

di Giorgio Zussini

cerca ha ipotizzato che la responsabilità sia dei marcatori epigenetici, ovvero meccanismi chimici in grado di regolare l’espressione dei geni già durante la gestazione e poi nel corso della vita senza intaccare le sequenze del DNA (identiche nei monozigoti), fatto centrale nella fisiologia cellulare e nell’insorgere o meno di molte malattie. Di queste differenziazioni epigenetiche sarebbero responsabili, oltre al caso, fattori a medio e lungo termine: stile di vita e quindi alimentazione, attività lavorativa e stress. Una scoperta importante per la comprensione dei complessi rapporti tra ereditarietà genetica e ambiente nella definizione dell’individuo.

Muore il Cardinal Martini: uomo di chiesa ribelle e anticonformista

di Viviana Vannucci

La notizia della morte del cardinal Carlo Maria Martini, personaggio controverso e dalle idee in molti casi antitetiche all’etica generale della Santa Sede, è stata accolta con profondo rammarico da parte di tutto il mondo cattolico. Un bagno di folla era presente ai funerali, celebrati nel Duomo di Milano dall’arcivescovo Scola, al cospetto del cardinal Comastri e di varie autorità della politica italiana tra cui il premier Mario Monti.

Promotore appassionato dell’Ecumenismo, il Martini passa alla storia per i suoi ideali progressisti volti al dialogo tra le diversità, da lui considerate non come ostacoli all’integrità del mondo cristiano, ma come potenziale ricchezza per il pluralismo culturale. In conflitto con l’etica conservatrice, il cardinale torinese sposò posizioni di apertura nei confronti di tanti tabù che costellano la società attuale, come quello della convivenza tra le varie religioni, dei non credenti, degli omosessuali, delle possibilità di rinuncia al celibato dei preti e del rifiuto all’accanimento terapeutico. Uomo di Chiesa ribelle ed anticonformista, divenne una figura scomoda ad alcune frange moderate del clero, che contrarie al suo pensiero troppo liberale lo definirono con il duro termine di “anti-papa”. Acuto

sostenitore di Gioacchino da Fiore, da lui considerato “il più grande profeta di tutti i tempi”, come l’abate calabrese sperimentò il valore della Parola strumento necessario per il dialogo e per l’unione dei fedeli. “Le diversità di temperamento e di sensibilità” ricorda l’arcivescovo Scola nell’Omelia funebre: “ esprimono la legge della comunione: la pluralità dell’ecumenismo”. Con queste parole la Chiesa, in occasione dell’ultimo saluto al cardinale, nonostante le diatribe passate, riconosce l’importanza del suo magistero incentrato sull’esaltazione del cristianesimo ecumenico che nelle diversità trova il proprio fondamento e la propria identità.


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Immigrazione e scuola: Italia multiculturale ma leggi inadeguate di Valerio Pelliccia

Gli immigrati di seconda generazione, sempre più “made in Italy”, guidano il processo d’integrazione. Ognuno di noi può ritrovare nei racconti dei propri nonni la storia di un prozio, di un bisnonno, di un parente lontano che valigia alla mano ha lasciato l’Italia in cerca di fortuna verso l’Europa o il continente americano. Si calcola che dal 1860 agli inizi degli anni settanta del Novecento siano oltre 24 milioni gli italiani emigrati all’estero. Storicamente paese di emigrazione l’Italia ha invertito il saldo solo nel 1976 quando, per la prima volta, le entrate superarono di poco le uscite. Da quel momento il flusso di stranieri nel nostro paese non ha mai smesso di crescere e nel 2011 si sono conteggiate 4 milioni e 570 mila presenze straniere, pari al 7,5 % della popolazione totale. Dal 2008 però, il tasso di crescita annuo dell’immigrazione ha registrato un sensibile calo, causa la crisi economica che ha reso lo stivale meno appetibile dal punto di vista occupazionale. Gli stranieri si concentrano prevalentemente al nord e al centro (rispettivamente 60% e 25%) mentre nel mezzogiorno e nelle isole risiede il 15%. In seguito all’ingresso della Romania nella UE, la comunità rumena, con circa un milione di presenze, è diventata la più forte superando albanesi e nordafricani.

Molte le difficoltà che incontrano gli studenti stranieri dietro i banchi di scuola. Per quanto riguarda la presenza di alunni stranieri nella scuola italiana i dati presentano lo stesso trend e la stessa conformazione delle statistiche sopra riportate. Dalle rilevazioni effettuate nel 2011 gli alunni stranieri sono circa 800 mila, il 7,9% del totale, con un incremento di 37 mila tra ragazzi e ragazze rispetto all’anno passato. C’è da precisare che negli ultimi due anni l’incremento annuale si è quasi dimezzato, fino al 2009 infatti, gli studenti stranieri aumentavano di 60/70 mila

alunni l’anno. Gli stranieri dietro i banchi sono in crescita ma non senza difficoltà: i dati relativi alle bocciature e agli anni da recuperare sono piuttosto sconfortanti. I bocciati alle medie raggiungono il 12,2% (contro il 4% dei compagni italiani) e al liceo si trovano picchi del 37,5% (mentre la percentuale dei liceali italiani bocciati si assesta su un 14,1%). Il risultato si manifesta nelle scuole superiori, dove non è difficile trovare studenti provenienti dall’estero con 20 o più anni di età. Dato interessante riguarda i cosiddetti G2 (stranieri di seconda generazione nati in Italia) che nelle materne e nelle elementari rappresentano ormai la stragrande maggioranza, circa l’80%, della popolazione scolastica non italiana. La scuola ha da sempre rappresentato il motore dell’integrazione e dell’incontro fra culture, lingue e tradizioni diverse e un valido strumento per guardare al migrante non come un nemico ma come una risorsa. Concetto che evidentemente sfugge ai legislatori italiani che ben si guardano dal risolvere il problema della cittadinanza. Non si capisce perché un’intera generazione di stranieri, nati e cresciuti in Italia, con alle spalle un’istruzione tale e quale a quella dei loro compagni italiani, non debba godere degli stessi diritti di cittadinanza.

Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è come se fermasse l’orologio per risparmiare il tempo (Henry Ford)

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Focus: Diversità

Fuga di Cervelli da....l’Africa

21 di Francesco Grasselli

Il titolo di questo articolo potrà sembrare controverso, se confrontato con il luogo comune che fino ad un decennio fa vedeva l’Africa come un continente senza speranza, le cui sorti erano affidate interamente al buon cuore di qualche volenteroso.

Gli avvenimenti degli ultimi anni, la “primavera araba” in particolare, hanno iniziato a mettere in luce una realtà diversa, fatta di Paesi con un’alta percentuale di giovani, molti dei quali anche laureati ma costretti a fare i venditori ambulanti. Una realtà in cui l’impegno politico per la democrazia e l’emancipazione femminile sta prendendo il posto delle vecchie lotte di stampo tribale o fondamentalista contro l’Occidente e la modernità. Ma lasciandosi alle spalle l’Africa mediterranea, da cui il 90% dei migranti si dirige verso l’Europa almeno fin dai tempi della guerra d’Algeria, se si penetra più in profondità nel continente si scopre una realtà più complessa, che vede questi Paesi attrarre a loro volta immigrati dall’Africa sub-sahariana (uno su tutti la Libia, che conta 1,5 milioni di immigrati africani). Lo stesso accade anche per altre regioni, come Kenya, Tanzania o Sud Africa, quest’ultimo da sempre punta di diamante dello sviluppo del continente. Anche queste regioni, se da un lato alimentano flussi migratori verso altri continenti – Europa ed America in primis, ma di recente anche Asia – dall’altro attraggono immigrati provenienti da altri Paesi africani.

Se guardiamo, poi, ai dati di uno studio della Banca mondiale, tutti questiflussi migratori (ed in particolare proprio quelli diretti verso l’Europa) appaiono ben diversi dalle “orde di disperati” che affollano i nostri schermi televisivi. Il migrante tipo è maschio (70%, non essendo ancora iniziato il ricongiungimento fami-

liare), sui 30 anni, e per il 40-50% ha ricevuto almeno l’istruzione superiore. C’è quindi una quota considerevole di migranti istruiti, probabilmente destinata a crescere se si considera che nei Paesi di provenienza l’alfabetizzazione si aggira sul 70-80% e soprattutto che si continuano ad insegnare anche le lingue ex-coloniali. Altri studi sulle migrazioni attraverso il Sahara (dal sud al nord) evidenziano la relativa agiatezza dei migranti sub-sahariani, dei quali solo una piccola parte deve imbarcarsi sulle “carrette del mare” per giungere in Europa, mentre la gran parte ricorre ai visti turistici o di studio.

Un discorso a parte meritano le migrazioni fra Africa e Cina: che siano tecnici giunti al seguito di grossi investimenti (come in Libia) o contadini poveri in cerca di terre coltivabili, pare che i cinesi d’Africa si attestino ormai sul milione, fra Algeria, Sud Africa, Zambia e Congo, dove già sorgono le prime Chinatown – ed i primi problemi di convivenza. Dal canto loro, circa 100.000 lavoratori provenienti dal Golfo di Guinea sono impiegati nelle fabbriche della regione di Canton. Nel generico nome di “Africa” sembra celarsi una realtà molto dinamica dagli sviluppi imprevedibili.

Roberto J. Garcia Psicologo, Psicoterapeuta e mediatore familiare ADULTI, COPPIA, FAMIGLIA, CONSULENZE CLINICHE E SUPERVISIONI PROFESSIONALI ROMA-SULMONA-PESCARA

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Focus: Diversità

Diverso da chi? Essere disabili in un’Europa costruita sulla diversità di Daniele Palone

Metti un italiano: è un europeo ma anche “diverso” dagli altri europei. Aggiungi un europeo che è italiano, ma diverso da tutti gli altri italiani. Un disabile che è allo stesso tempo un italiano ed un europeo.

La disabilità riguarda una persona su sei nell'Unione europea (UE), ovvero circa 80 milioni di persone che spesso non hanno la possibilità di partecipare pienamente alla vita sociale ed economica a causa di barriere comportamentali ed ambientali. Il tasso di povertà relativo alle persone con disabilità è superiore del 70% alla media, in parte a causa dell'accesso limitato all'occupazione. Il mercato UE dei sussidi tecnici per i disabili (il cui valore annuale è stimato a oltre 30 miliardi di euro) è sottodimensionato e i prodotti restano onerosi, a carico cioè dell’utilizzatore. Né lo sviluppo di prodotti e servizi riflette adeguatamente i bisogni delle persone disabili.

Essere disabile è essere vulnerabile?

Ciò che rende vulnerabile un disabile è l’alta probabilità di un reddito insufficiente a causa della disoccupazione, diretta conseguenza dell’essere affetti da malattia o invalidità, nonché la preoccupazione dei genitori di un disabile sul “dopo di noi”. La risposta a tali esigenze ha necessariamente implicato una riforma delle pensioni di sostegno ed un programma di protezione sociale a lunga durata. Gli interventi delle istituzioni europee hanno incentivato interventi che stimolino la partecipazione attiva della popolazione disabile alla vita, professionale e non. L’Unione europea necessita che gli Stati membri traducano i suoi orientamenti in leggi. La priorità di un disabile nel mondo del lavoro è spesso sopraffatta dalla concezione di un disabile come lavoratore meno capace dei cosiddetti “normodotati” o peggio, si tratta a volte di una priorità concessa solo per effetto dei vantaggi fiscali. In Italia accade ancora che sia impossibile ad un disabile accedere ad un mezzo pubblico se non chiedendo assistenza, e con un discreto anticipo. In barba a tutti i diritti di privacy ed al diritto di indipendenza. O accade ancora che i fondi a sostegno dell’integrazione dei disabili siano esigui e troppo rigidi per le esigenze di ciascuno.

L’Italia rimane ancora il Paese delle barriere architettoniche. Si cerca di colmare il gap infrastrutturale grazie ad una folta schiera di volontari, i quali però non possono essere la sua unica risorsa: il servizio civile è una delle più preziose fonti di “avvicinamento alla normalità”, senza però dimenticare che la cultura dell’accessibilità deve diventare istituzionale, prima che essere

affidata in modo massiccio al volontariato. Tuttavia è il Paese che reclama uguaglianza sociale e ha capito di poter difendere l’uguaglianza senza richiedere a tutti di essere uguali. Fino a pochi decenni fa, infatti, un disabile era nascosto come fosse una vergogna, qualcosa di venuto male che non era il caso di mostrare, quasi fosse una disfatta personale. Oggi si è usciti allo scoperto, e fieri anche di averlo fatto. L’integrazione, almeno culturale, è un obiettivo che si direbbe centrato, a parte rare resistenze retaggio di concezioni prescientifiche e fideiste. A tal proposito, hanno fatto scandalo le parole attribuite al vescovo di Madrid e membro dell’Opus Dei Javier Echevarria Rodriguez «ll novanta per cento degli handicappati sono figli di genitori che non hanno mantenuto la purezza del proprio corpo prima del matrimonio». Cosa un cittadino disabile europeo riconosce all’Ue? L’aver compreso che disabile non significa solo diversità da tutelare, ma implica anche una diversità da valorizzare: insomma, una tutela che rende poiché arricchisce a livello culturale, umano e non solo. Importante è stato anche lo sforzo di inculcare il concetto nella mente dei suoi cittadini tanto disabili quanto normodotati. Poiché anche un disabile a volte ha bisogno di sapere che è utile e di come potrebbe esserlo.

Uniti nella disabilità

Essere una categoria diversa in un mondo diverso è rassicurante. Ci si è sempre preoccupati di difendere e promuovere l’uguaglianza, finché il concetto stesso d’Europa non ha riportato in auge il privilegio di essere diversi. Essere italiano in un puzzle di culture come quello europeo è come essere disabile in un mondo di normodotati: una piccola porzione della popolazione totale, ma pur sempre fondamentale. “Pensare disabile” e comprenderne il mondo e la vita quotidiana è un viaggio nei tabù e nelle proprie insicurezze che si scopre di avere cercando di essere qualcun altro, più che affannandosi a voler essere solamente sé stessi. L’Europa è un crogiolo di diversità, di differenze che si incontrano, scontrano ma che a volte si ignorano. L’ignoranza, nel senso di non conoscenza, è il vero handicap.


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Focus: Diversità

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Barriere architettoniche e Barriere Culturali di Vanessa Pinato

Con l’espressione barriera architettonica si intende qualunque elemento costruttivo che impedisca, limiti o renda difficoltosi gli spostamenti o la fruizione di servizi (specialmente di persone con limitata capacità motoria o sensoriale). Questo è il concetto, come lo spiegherebbe Wikipedia; uno scenario difficile da immaginare, eppure rappresenta la quotidianità per molti disabili nel nostro Paese.

Le nostre città sono come giungle per chi non ha la capacità di districarsi agevolmente tra i numerosi ostacoli presenti ovunque: scalini, passaggi stretti, pendenze eccessive, spazi ridotti sono all’ordine del giorno. Che dire poi di parapetti “pieni”, che impediscono la visibilità ad una persona in carrozzina o di strade e marciapiedi con asfalto dissestato? Nel caso di persone non vedenti, poi, possono rappresentare casi di barriera architettonica anche semafori privi di segnalatore acustico o arredi urbani come “panettoni” o paletti.

La normativa cerca, da tempo, di garantire a tutti il diritto alla libertà di movimento e, per raggiungere questo obiettivo, ricerca parametri comuni; dagli anni ’60 ad oggi, sono stati emanati più di 45 provvedimenti legislativi a tutela dei diversamente abili: la legge n. 118 del 30 marzo 1971 ha previsto l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici, nonché l’accessibilità agli invalidi non deambulanti ai mezzi pubblici di trasporto e ai luoghi pubblici. Nel 1996, poi, con un decreto emanato dal Presidente della Repubblica (D.P.R. 24 luglio 1996, n. 503 a mente della legge quadro sull’Handicap n. 104 del 5 febbraio 1992) sono state fissate dettagliate prescrizioni tecniche riguardanti le strutture esterne, le caratteristiche strut-

turali interne degli edifici pubblici, e i servizi speciali di pubblica utilità.

Il problema però è che tutto questo non può essere d’aiuto quando la prima grande barriera architettonica è la nostra coscienza: quante volte, per esempio, parcheggiamo sul marciapiede senza lasciare spazi sufficienti, oppure occupiamo i posti riservati ai disabili?

In Italia, secondo gli ultimi dati elaborati dall’Istat, risiedono circa due milioni e 600 mila disabili, quasi il 5% per cento della popolazione italiana che, come gli altri, ha diritto di vivere al meglio la propria città. Per questo è necessario adottare le linee guida su accessibilità e mobilità urbana (linea guida per gli enti locali) che suggeriscono di avere uno specifico riferimento politico all’interno dell’amministrazione e un’organizzazione che attribuisca a una specifica entità amministrativa la responsabilità di realizzare e monitorare le azioni di sostegno delle persone con disabilità. Per lo stesso motivo però e prima di tutto, dobbiamo iniziare ad abbattere le barriere che affollano le nostre teste.

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Focus: Diversità

Achille Bonito Oliva. L’ideologia del traditore

Arte, maniera e manierismo è l’ultimo libro di Achille Bonito Oliva, da poco uscito in libreria. Nel testo l’autore, critico d’arte innovatore ed anticonformista, indica che nell’arte italiana dagli anni Sessanta sino ai nostri giorni esiste una comune linea da definirsi manieristica o neo-manieristica.

Nel suo volume lo scrittore mette in luce una delle piaghe più profonde e forse insanabili degli scenari artistici italiani: l’incapacità o “l’involontà” di rinnovarsi, di alimentarsi di linfe vitali “altre” e di rifugiarsi nella citazione. Attraverso riferimenti a grandi maestri, Gino de Dominicis, Vettor Pisani, Giulio Paolini, ad esempio, prende corpo l’idea dell’arte come negazione stagnante del futuro. Come scrive Andrea Cortellessa, nella sua accurata prefazione al testo, “il futuro si presenta come una minaccia”. D’altra parte se le neo-avanguardie avevano prodotto una severa critica all’innovazione culturale, il manierista

di V. Vannucci

rimane devoto al culto della musa ispiratrice da rintracciarsi nel mondo museale dell’antichità, dell’era moderna o semplicemente di chi è venuto prima. Il panorama contemporaneo è costellato da artisti di maniera, che attraverso puntuali citazioni, colti rimandi e romantiche rievocazioni non riescono a svincolarsi dalla tradizione. Ma per ironia della sorte questa inettitudine avviene con la coscienza di non voler essere vinta … In altri termini il critico spiega che se da un lato le contestazioni studentesche degli anni Sessanta, le mobilitazioni di massa, la politicizzazione delle istituzione erano stati promotori di innovazione e di radicalità, dall’altro è cresciuto un fenomeno artistico tuttora in auge: l’esigenza di alcuni di sganciarsi dall’attualità e di guardare al passato. Con larvato sarcasmo l’autore esprime la sua profonda critica all’arte contemporanea rivendicandone “la vecchiezza” dei fondamenti e la sua negazione del domani.


Focus: Diversità

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L’onorevole casta...non siamo proprio tutti uguali Un po di dati sui privileggi dei nostri parlamentari

Dopo anni di abbuffate la casta dei politici può fare affidamento su un numero così elevato di privilegi che farne un elenco risulterebbe noioso. Anche scegliere da dove iniziare è un problema. Il più imbarazzante? Il più scandaloso? Lo sono tutti. Ma un recente episodio, simbolico dell'arroganza e della prepotenza della casta, può fare al caso nostro. A pochi giorni dalla crisi dello spread, in un tempo in cui i mass media presentavano l’apocalisse alle porte e con un governo che assicurava pesanti sacrifici per tutti, un decreto Monti tentò il taglio degli stipendi parlamentari da 11.000€ a 5.000€ netti al mese. Nonostante la proposta nascesse dall'esigenza di adeguare lo standard italiano a quello europeo, la commissione incaricata bocciò immediatamente l'emendamento, archiviando il tutto con la massima non chalance: “Tale provvedimento lede l’autonomia del parlamento e la nostra integrità”.

"L'onorevole casta" non ci pensa due volte a tagliare le pensioni agli italiani, ma le sue? In media un parlamentare prende 2.400 euro di vitalizio al mese mentre i colleghi tedeschi 1.000 €, i francesi 800 € e gli inglesi di media 600€. Tralasciando che la pensione media dei comuni mortali si aggira intorno ai 1.1001.200€ rimane il fatto che senatori e deputati non hanno bisogno di accumulare una vita di contributi. Gli basterà portare a termine due legislature per usufruire del vitalizio già dalla tenera età di 60 anni (oppure a 65 anni con una sola legislatura), rispetto ai 67 anni di tutti gli altri (lavori usuranti compresi). Contro questo nuovo trattamento pensionistico, in vigore con la riforma Fornero (gli onorevoli andavano in pensione a 50 anni con un assegno ben più cospicuo) 26 parlamentari, tra cui molti leghisti, hanno osato presentare ricorso. Per fortuna respinto. Assistenza sanitaria, rimborsi per le spese telefoniche, per viaggi aerei, marittimi e ferroviari; un assegno di 4.000€ al mese per i portaborse (che quei soldi non li ve-

dono neanche da lontano); la diaria e una mensa con prezzi da Caritas (ma qualità da Gambero Rosso) e tutta una serie di sconti, riduzioni e agevolazioni. In pratica un povero parlamentare non tira mai fuori il portafoglio, tranne per escort, avvocati e droga. Senza dimenticare il finanziamento pubblico ai partiti, vero e proprio fiume di denaro che dalle casse dello stato scorre verso quelle di partito. Abrogato dai cittadini con un referendum nel 1993 e dopo il panico iniziale dilagato tra le fila dei parlamentari, il finanziamento pubblico é stato reinventato dall' instancabile casta sotto forma di rimborso elettorale, assicurando miliardi di euro ai partiti, compresi quelli scomparsi. A loro discolpa si sente spesso dire che il parlamentare è un lavoro duro, di grande grande responsabilità. Niente di più falso. Le camere sono aperte tre giorni a settimana e il tasso di assenteismo supera il 30% (al congresso Americano siamo intorno al 3%). La presenza imbarazzante di mafiosi, inquisiti e la continua diaspora di politici che vagano da una parte all'altra dello schieramento, cambiando casacca con la stessa frequenza con cui sbadigliano in aula, completa il quadro di una classe politica ormai estranea alla realtà del paese. Come possono discutere di crisi individui che hanno conti in banca a sei-sette cifre? Evidentemente sottoposta ad eccessivo stress, Alessandra Mussolini, deputata Pdl, proprio nei giorni in cui più si discuteva di privilegi della casta e di possibili tagli, ha dichiarato che la riduzione dello stipendio parlamentare equivaleva ad un'istigazione al suicidio. Lapsus? Strafottenza? No, semplicemente le parole di chi vive fuori dal mondo e non sa cosa sia il sacrificio. V. Pelliccia

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Salute&Benessere Settembre 2012

Moda Autunno Inverno 2012-2013 Torna di moda il Nero!

Lo sguardo mentre passeggio per le strade del centro è rivolto alle vetrine dei negozi di abbigliamento. S’intravede ovunque un bel po’ di “nero” con abbastanza stupore. Negli ultimi anni, la moda invernale è stata dominata da colori certamente accesi, come il giallo e il rosa shocking. È vero che il nero è sempre stato considerato un “classico” delle serate chic, difficile da sostituire e non avere capi di questo colore nell’armadio ma negli ultimi tempi era stato un pochino messo da parte. L’inverno 2012-2013 lo rivede protagonista. Dalla gonna dritta (meglio se sotto il ginocchio) al soprabito, dalla cappa al tubino, nero soprattutto di pelle che abbandona il suo stile rock ma si scopre morbido ed elegante. Nero ma anche tanto Bianco

MODA: LINEAMENTI DI SCOZIA.

Lo stile Tartan rievoca la Scozia, e più precisamente le Highland scozzesi di cui questo tessuto così famoso è originario e che Moschino nella nuova collezione autunno/inverno 2012-2013 ha reso protagonista di tantissimi capi e accessori.

Questo disegno (in Italia si chiama scozzese) è ottenuto con fili di colori diversi che si ripetono con uno schema definito, uguale sia nell'ordito che nella trama. Moschino fedele allo stile raffinato, ironico e femminile che l’ha reso famoso in tutto il mondo, ha pensato di puntare su questa stampa prettamente invernale per realizzare deliziosi blazer da indossare su abitini rossi in maglina, sfiziose giacchette con

di Laura Napoli

e rosso. Colori classici, decisi ed eleganti. Il “classico” tubino nero intramontabile.

E SE AVESSI LA PELLE NERA…

Quest’estate 2012 è stata caratterizzata da temperature “hot” ma anche da una letteratura erotica del tutto femminile. Tutto in tema di sensualità e di temperamento femminile. Un inverno che ha come tema la passione ed è caratterizzato anche nell’intimo dal colore nero. Un must che si può avere nell’armadio è l’intimo di pelle per l’inverno 2013 per osare e per sentirsi veramente audaci. E basta un Kimono, un baby doll o una sottoveste vintage. Pezzi irrinunciabili nell’intimo per essere alla moda. Laura Napoli

maniche tre quarti da abbinare a little black dress e magari a un bel paio di guanti lunghi in camoscio per un look che non teme confronti. È possibile indossarlo con il nero ma anche con altri colori e con il jeans. Negli anni 90’ lo stile scozzese era spesso riservato ai bambini/e. Oggi non ci vuole molto per comprendere che lo stile di questo tessuto è propriamente quello di un capo “in” anche perché è elegante e raffinato, ma anche spiritoso rispetto alle solite tonalità scure e si adatta soprattutto all’inverno e sarà centrale nelle prossime festività natalizie. Giacchino stile “tartan” Laura Napoli


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Salute & Benessere

È ora di mettere in ordine

Il mese di settembre è il periodo dei buoni propositi. Infatti, quando si ricomincia a lavorare dopo le ferie si sente l’esigenza di mettere in ordine nella propria vita, magari riordinando l’armadio e buttando vecchie cose accumulate in casa. È quel bisogno di riprendere la propria vita in un ambiente più ordinato, vivibile e pulito. Anche perché tutti noi siamo portati ad accumulare cose (vestiti, scarpe, libri, giornali) che non ci servono ed abbiamo l’ansia di buttarle. Ecco alcuni consigli:

1. quello Non comprare nulla di nuovo prima di buttare che non serve; 2. scatola Raduna gli oggetti che non sai se gettare in una e pensaci almeno un paio di giorni;

3. diversi, Raduna le cose che non utilizzi in due sacchetti uno che puoi regalare e l’altro da buttare; 4. portare Puoi recarti presso la parrocchia di quartiere e le cose che non utilizzi a qualcuno che ne 5. quali Ci sono secchi adatti al riciclo degli indumenti nei puoi lasciarli; 6. promuove Se devi buttare via vecchi mobili ed armadi, Ama il servizio per la raccolta di materiali ha bisogno;

che non devono essere inseriti nei cassonetti stra dali dell'indifferenziata, ma avviati separatamente al recupero.

Tra i quali ci sono i rifiuti ingombranti: porte, armadi, cucine, materassi, divani, letti, mobili,arredi, ecc. e rifiuti elettrici ed elettronici - RAEE - televisori, computer, stampanti, lampade, neon, elettrodomestici grandi e piccoli come lavatrici, frigoriferi, lavastoviglie, asciugacapelli, forni elettrici, condizionatori, telefonini è possibile visionare il sito www.amaroma.it e cercare il centro di raccolta più vicino a casa propria.

Dopo questi consigli non rimane che augurarvi Buon inizio dell’anno! Laura Napoli

Quali sono le diversita' tra uomo e donna? Da sempre è la donna a muovere il mondo, ad essere la Madre, la Generatrice. Guardate le grandi donne politiche: Emma Marcegaglia, Emma Bonino, Anita Garibaldi, Giovanna d'Arco, la Teacher; le grandi scrittrici: Anna Frank, Emily Dickinson... Ma Barak Obama, chi ascolta, ogni sera, a casa? A chi può chiedere un consiglio imparziale e spassionato, per decisioni spinose? E il premier francese? Alle mogli... L’istinto atavico spingeva gli uomini ad uscire dalla caverna per andare a caccia, per poi tornare al focale domestico per recuperare preziose energie Come avrebbe fatto l’uomo senza la donna impegnata a mantenere il fuoco acceso, cucinare, cucire le pelli e darci dei figli per completare il senso alla nostra esistenza? Si dice che dietro ad un grande uomo, c'e' sempre una grande donna... E anche oggi, dietro ad un uomo normale, c'è una donna normale che cerca di svolgere i propri ruoli. Con l’avvento della modernità questi ruoli si sono intrecciati. La donna per volontà o necessità è andata a lavorare mentre l’uomo tutt’oggi fatica a collaborare un po’ alle faccende domestiche o a fare i "mammi" quando ci sono i figli. Sappiamo che Gesù' aveva la Maddalena...oltre alla Madre. Cioè sia la donna che l'uomo, hanno bisogno dell'altro per fare "squadra". Per andare "Oltre". L'uomo è prevalentemente logico, razionale, (è l'anima "bianca", il Sole, il giorno, il caldo la luce i colori, lo Yang), mentre la donna (Il "nero" la Luna, la notte, il freddo, lo Yin), è prevalentemente intuitiva, istintiva, passionale, ha bisogno di una "storia"

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di Dario Parlamenti

Qual è il problema ad essere diversi, se solo la diversità può "arricchire" entrambi? Pensate che noia ad essere "uguali", identici, "gemelli". Tutti e due logici o tutti e due istintivi. Certo, si cerca un partner con cui avere sintonia, intendimento, interessi simili (ma non possono mai essere identici!), però occorre conoscere e rispettare i punti di vista dell'altro anche se diversi. Ricordate il profeta Gibran? Dice più o meno così: " Brindate insieme, ma non bevete nella stessa coppa". Penso voglia dire: "Siete due individui, due persone diverse, però simili, quindi rispettate le vostre diversità e amatevi così come siete. Ed è questo il difficile. La gelosia, il senso del possesso reciproco, l'egoismo, la vanità, la presunzione, l'essere permalosi (che preferiamo chiamare "orgoglio) il non lasciare l'altro, o l'altra,libero/a di esprimersi, di realizzarsi, il non saper ascoltare il proprio partner o i propri amici o amiche dell'altro sesso, questo fa' sì che non comunichiamo più, che non ci capiamo più, che non ci tolleriamo più. Il fatto che una donna esca con me, non significa che sia "mia" e viceversa. Un uomo può avere anche delle amiche che non siano la propria partner, purché rispetti delle elementari, e ovvie, regole...e viceversa.


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neaCultura Settembre 2012

Nibiru (Pianeta X)

di Carlo Famiglietti

ENUMA ELISH una ipotesi di cosmogonia degli antichi Sumeri

“Enuma Elish la nabu shamamu”: quando nell’alto il Cielo non aveva ancora un nome. Questo è l’inizio di un testo dell’epica babilonese vecchio di 4000 anni, ricavato da 52 tavolette di argilla, di cui numerose spezzate. La versione più completa è una copia accadica scoperta a Ninive, ma sono stati ritrovati anche i frammenti di una più antica versione sumerica. Il testo è stato considerato per molti anni come un mito, un racconto molto particolareggiato della creazione del nostro sistema solare. In realtà, se consideriamo che i miti babilonesi derivano da quelli di Sumeri possiamo affermare che il testo rappresenta una possibile cosmogonia del nostro sistema solare come avvenne 4,6 miliardi di anni fa.

Nibiru, il grande pianeta che contribuì a creare la Terra Secondo l’epica babilonese un pianeta vagante, chiamato il pianeta degli dei o anche Nibiru, più grande di Giove, venne sospinto all’interno del nostro sistema solare da un avvenimento cosmico ignoto. Nibiru, transitando per Nettuno e poi per Urano, venne in rotta di collisione con Tiamat un pianeta del sistema solare ricco d’acqua e lo smembrò. Successivamente, Nibiru – anche detto pianeta del transito – venne preso nell’orbita del Sole, destinato a ritornare, ogni 3600 anni circa, sul luogo dello scontro, dopo aver percorso una lunga orbita ellittica che lo porta nelle profondità dell’universo.

Questo pianeta, al suo successivo passaggio nell’orbita solare, deviò una parte di Tiamat e del suo satellite maggiore Kingu (ovvero la Luna) in una nuova orbita. Da ciò l’origine della futura Terra, che sarebbe la parte sopravvissuta allo scontro con Nibiru dell’acquoso pianeta Tiamat, e della Luna. Durante il transito, la forza di gravità e le forze elet-

tromagnetiche del pianeta Nibiru ebbero effetti devastanti anche sul pianeta Venere che stava assumendo una propria configurazione rilevante nel sistema solare. Da quel momento, infatti, dopo aver subito una nuova collocazione nello spazio, il moto di Venere divenne in senso orario, contrariamente a tutti gli altri pianeti, e la rotazione rallentata al punto che occorrono 243 giorni per un giro completo sul proprio asse. Probabilmente questi moti cosmici, soprattutto di Venere, hanno avuto effetti devastanti sulla Terra incluso il famoso “diluvio universale”. Da ciò le numerose profezie catastrofiche, tra cui quella dei Maya.

Ma la scienza moderna può confermare quest’interpretazione della genesi proposta dagli antichi Sumeri? Esiste, cioè, un pianeta con una dimensione che si colloca tra quelle di Urano e di Giove, con un orbita ellittica di 3600 anni e il cui perielio è prossimo alla fascia degli asteroidi? Nel 1983 il Washington Post riassunse così un intervista con Gerry Neugebauer, il capo degli scienziati della stazione IRAS (satellite astronomico a raggi infrarossi): “Non vi è dubbio che il nostro satellite ha rilevato nelle profondità dello spazio un corpo celeste grande quanto il gigantesco pianeta Giove e probabilmente così vicino alla Terra da essere parte del nostro sistema solare.” Negli anni successivi le ricerche di questo misterioso Pianeta X (o Nibiru, dio Marduk, secondo i Sumeri) sono proseguite, assumendo contorni di certezza sempre più concreti. Ma, secondo l’epopea sumerica e babilonese, il pianeta Nibiru era anche la casa degli dei, uomini e donne in carne ed ossa appartenenti ad una civiltà notevolmente evoluta, che definivano con la parola AN.UNNA.KI, il cui significato letterale è “Coloro che dal cielo alla terra vennero”, comunque creature del nostro grande unico Dio.


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neaCinema Settembre 2012

A questo punto vale la pena riassumere brevemente quest’antico racconto riportato sulle tavolette di argilla di Ninive Il padre degli dei veniva chiamato Anu che significa cielo. Anu aveva due figli, Enki ed Enlil che, circa 450.000 anni fa, scesero sulla Terra per estrarre dell’oro, necessario per proteggere l’atmosfera di Nibiru e garantire la loro longevità. Le estrazioni iniziarono nelle acque del Golfo Persico e, successivamente, anche nell’Africa meridionale. In questo periodo Enlil conquistò il comando della missione sulla Terra ed Enki venne relegato in Africa, entrando in conflitto con il fratello. Quando il clima della Terra divenne più mite altri Annunaki raggiunsero il nostro pianeta tra i quali Ninharsag, sorellastra di Enki ed ufficiale medico, poi ricordata nei miti come la dea madre. Successivamente, nella Mesopotamia meridionale vennero costruiti sette insediamenti funzionali alla missione spaziale, tra cui un porto spaziale a Sippar. Dopo la raffinazione, i metalli estratti venivano inviati agli Igigi (300 Annunaki – i biblici Nefelim – rimasti in orbita su una navicella con il compito di trasportare i carichi su una stazione spaziale presente su Marte. Furono essi ad unirsi con le figlie degli uomini). Trecentomila anni fa anche gli Annunaki che lavoravano nelle miniere si ribellarono a causa del duro

lavoro cui erano costretti. Per ovviare a tale defezione Enki e Ninharsag decisero di creare dei lavoratori primitivi attraverso la manipolazione genetica di scimmie. Così, secondo i Sumeri, nacque l’Homo sapiens, il famoso anello mancante della catena genetica, a immagine e somiglianza degli dei discesi da Nibiru.

Circa 13.000 anni fa, quando Enlil si rese conto che il prossimo passaggio di Nibiru avrebbe provocato un grave maremoto con distruzione dei terrestri, fece giurare agli Annunaki che non avrebbero rivelato l’imminente catastrofe all’umanità. Ma Enki, che aveva sempre aiutato gli umani, volle salvare un suo protetto Zishudra/Noè e gli dette istruzioni per costruire un’imbarcazione su cui salvare se stesso e le specie viventi, attraverso banche di DNA. Poi venne il diluvio.

Carlo Famiglietti


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neaMusica Settembre 2012

Soul Revolution:

www.soulrevolution.it

la musica che viene dall’anima

Ascoltare della buona musica, oggi, è sempre più difficile a causa della commercializzazione dei brani ma tra le persone normali e non famose ci sono dei veri e propri “talenti”. I soul-revolution, sono un gruppo musicale che a tutti gli effetti rientra nella categoria dei “talenti”. Gruppo nato dalla bellissima voce della cantante Deborah Baratelli (in arte Dee Bee) che ricorda alcune famose cantanti inglesi; nulla ha da invidiare a loro e dalla bravura del chitarrista Fabrizio Scafetti che Neapolis ha incontrato per intervistare.

Quando nascono i Soul revolution? “il gruppo è nato 2 anni fa, dopo che la cantante e il chitarrista avevano collaborato insieme per vari anni all’interno di un altro progetto musicale. L’esigenza di creare un nostro nuovo gruppo ci ha portato ad incidere un album acustico inedito in inglese (lingua prediletta della cantante italo-inglese), dal titolo PEOPLE. Il nome del gruppo da cosa nasce? Il nome del gruppo nasce dalla volontà di creare una vera e propria rivoluzione dell’anima attraverso la musica, da qui il nome SOUL REVOLUTION. La musica per noi è un canale di comunicazione privilegiato per toccare l’anima delle persone di ogni credo, etnia, professione. Qual è il vostro repertorio? Il nostro repertorio spazia fra vari generi musicali. Il nostro album ha un filo conduttore che è quello della musica acustica (voce, chitarre acustiche, basso acustico, cajon e percussioni), ma all’interno le ispirazioni sono molteplici, dal rock al tango, dal pop al blues e r’n’b. Avete fatto molti concerti? Si, in strutture anche importanti e di vario genere (Teatro Tendastrisce, Associazioni Culturali, Festival etc.). Sono tutti momenti fondamentali per la nostra musica, perché raggiungiamo attraverso i concerti il nostro

di Laura Napoli

scopo finale: la comunicazione con gli spettatori. Quali sono le principali difficoltà incontrate nel vostro cammino? La musica ormai è più una merce che un’arte; abbiamo a volte incontrato difficoltà nel proporre la nostra musica nei locali in quanto il proprietario di turno sembrava più interessato al numero di persone portate dal gruppo piuttosto che al servizio musicale offerto. Pensiamo che molte realtà dovrebbero riconsiderare l’aspetto della MUSICA LIVE come un servizio aggiuntivo alla propria attività commerciale, che aumenta di qualità e prestigio le serate organizzate. La passione per la musica da dove nasce secondo voi, si ha la musica nel sangue? Pensiamo di sì, d’altronde siamo cresciuti con un’istintiva attrazione per la musica e in seguito abbiamo scoperto di essere anche portati per quello che amavamo ascoltare. I nostri genitori fin da piccoli ci hanno immersi in musica di differenti generi, cosa che ci ha avvicinati ancora di più a questa passione/lavoro. Qual è il vostro più grande desiderio? Poter dedicare sempre più tempo a questa passione che per noi ora è anche un lavoro, ottenere il giusto spazio e riconoscimento per quello che facciamo, riuscendo a vivere della professione che ogni giorno svolgiamo con amore e dedizione. Tra i grandi artisti della musica, quale preferite? Fabrizio è cresciuto con la musica di Jimi Hendrix, Bob Marley, Eric Clapton e il suo maestro di vita e chitarra Vincenzo Grieco. Deborah invece si è avvicinata al canto ascoltando a 12 anni un cd di Mariah Carey, poi appassionandosi in particolar modo alle sonorità r’n’b e soul di artiste come Lauryn Hill, India Arie etc. Altri artisti che preferisce sono Elisa, Mc Solaar e Amy Whinehouse. In una parola, cos’è la musica? La musica è vita e anima. Ma a questo punto le parole sono diventate due!!!


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nel Focus di Ottobre si parlerà di...

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