Design Bachelor Thesis (2014)

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Scuola di Architettura Corso di Laurea in DISEGNO INDUSTRIALE

Progetto di recupero dell’ex-Casa del Fascio di Scarperia: un nuovo centro culturale. Relatore:

Saverio Mecca Correlatore:

Giovanni Bartolozzi Candidato:

Giulia Cappelli

Anno Accademico 2013/2014



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ABSTRACT INTRODUZIONE CAP.1

recupero edilizio 1.1 sostenibilità 1.2 centri storici minori 1.3 metodologie progettuali

diffusione di una cultura sociale 2.1 riconversione culturale

pag. 8 pag. 11 pag. 13 pag. 14

pag. 19 pag. 22

2.1.1 esempi all’estero

pag. 23

2.1.2 esempi in Italia

pag. 26

INQUADRAMENTO PROGETTUALE Scarperia 3.1 La Casa del Fascio 3.0

3.5

CAP.4

pag. 6

CENTRO CULTURALE 2.0

CAP.3

pag. 4

RECONVERTING SPACES 1.0

CAP.2

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pag. 30

3.1.1 Storia

pag. 34

3.1.2 Ubicazione geografica

pag. 37

3.1.3 Stato attuale

pag. 38

3.1.4 Dati Catastali

pag. 43

Regolamento Urbanistico

pag. 44

PROGETTO 4.0

Filosofia progettuale

pag. 46

4.1

Concept

pag. 50

4.2

Moodboard

pag. 56

4.3

Organizzazione degli spazi

pag. 63

4.4

Gli spazi interni 4.4.1 Piano Terra

pag. 65

4.4.2 Piano Primo

pag. 79

4.4.3 Piano Secondo

pag. 90

CONCLUSIONI

pag. 104

NOTE BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA RINGRAZIAMENTI

pag. 106 pag. 107 pag. 108 pag. 110


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“[...] Ogni costruzione, qualunque sia la materia che la costituisce, sia essa la pietra o il pensiero, deve confrontarsi con le costruzioni precedenti, che la preparano o che possono negarla” 1

Il progetto si occupa della riqualificazione di un ex-casa del fascio, oggi in stato di abbandono, situata a Scarperia, in provincia di Firenze. Il recupero della struttura è nato dalla volontà di rivitalizzare in modo funzionale uno storico edificio del centro storico di Scarperia venendo incontro ai reali bisogni degli abitanti. Da qui l’idea di dare vita ad un centro culturale, innanzitutto per sopperire al fabbisogno di una biblioteca più grande e vivibile nella zona, in secondo luogo con la volontà di creare un luogo polifunzionale aperto a tutte le età e possibilità di utilizzo. Quanto detto si trova in accordo con il regolamento urbanistico del paese che afferma la volontà di promuovere un innalzamento complessivo della qualità formale, della vivibilità e dell’attrattività del centro storico. La progettazione si è rivolta dapprima ad un ampliamento in grado di valorizzare l’edificio esistente attraverso la sopraelevazione di due piani; poi più specificatamente dell’ambiente interno. L’idea

principale è stata quella di dare origine ad uno spazio aperto in grado di offrire varie possibilità di utilizzo e di risultare il più flessibile possibile. Sulla base di questo concetto lo spazio è stato organizzato come un grande open space senza nessuna parete divisoria dove ogni spazio confluisce in un altro liberamente. Uno spazio pulito dove anche i confini con l’esterno diventano labili grazie alle ampie superfici vetrate. Una premessa fondamentale dell’intero progetto è stata quella di fornire una chiara distinzione tra il nuovo intervento e la preesistenza. Ovvero rendere evidente, fare emergere il nuovo dal vecchio, in modo da distinguere, rendere autonome e riconoscibili le parti e gli elementi di nuova formazione rispetto a quelle esistenti. Questo obiettivo è stato perseguito all’esterno quanto all’interno. Il nuovo si è inserito nella preesistenza con leggerezza, come fosse appoggiato dall’alto senza recare il minimo disturbo alla costruzione originale.


I N T R O D U Z I O N E


“L’architettura è una cosa inscindibilmente legata alla terra, immersa in parte nel suolo, è qualcosa di pesante e stabile, dotata di salde radici. L’architettura quindi è, cioè esiste tra gli uomini” 2

In un’epoca di cementificazione e di urbanizzazione senza criterio e logica di tutte le periferie urbane diviene dirimente riportare l’attenzione su l’enorme patrimonio storico monumentale così come quello semplicemente edilizio che caratterizza tutto il nostro Paese. Un patrimonio consistente e diffuso specificatamente in Italia dove il patrimonio edilizio del passato è di così vasta consistenza e dove quello recente richiede in grande misura l’adeguamento a nuove molteplici necessità di vita. In questo contesto il recupero edilizio presenta innanzitutto vantaggi ambientali ma anche sociali, in quanto riadattare le costruzioni in disuso consente di rivitalizzare un’area cittadina creando importanti punti di attrazione. A questo proposito è importante rivolgere l’attenzione non solo alle grandi città ma anche ai centri storici minori dove il pericolo dell’omologazione e dell’anonimato è un pericolo costante, diviene evidente come la salvaguardia di

questo patrimonio rappresenta un fattore di affermazione delle identità culturali e di sviluppo locale. L’identità culturale dei centri storici minori deve essere il punto di partenza della riqualificazione urbana del tessuto connettivo pubblico. Negli ultimi anni molti sono gli esempi di progetti di riconversione volti alla realizzazione di centri culturali. Interventi che si propongono spesso di supplire alla carenza di attività culturali dando una spinta positiva tesa alla ricomposizione di un tessuto collettivo e proponendosi in primo piano come catalizzatori e aggregatori sociali. Da queste premesse nasce il mio progetto di riqualificazione dell’ex- Casa del Fascio di Scarperia in un centro culturale. L’edificio contenente una biblioteca, per rispondere ad un’esigenza di uno spazio più grande, ma anche uno spazio espositivo, un’area dedicata ai

bambini, un’area conferenze, spazi polivalenti e una caffetteria si pone l’obiettivo di fare da volano per uno sviluppo sociale ed economico del territorio. Dal punto di vista progettuale il tema del riuso ha sollevato riflessioni sul rapporto tra ‘contenitore’ e ‘contenuto’, tra le parti aggiunte e le parti preesistenti. Nell’organizzazione degli spazi interni la natura stessa di centro culturale, un luogo polivalente e polifunzionale, ha portato alla volontà di dare origine ad uno spazio flessibile e aperto, adattabile a varie necessità di utilizzo.


“Quando i valori funzionali, estetici o comunicativi non corrispondono più a quanto richiesto dalla contemporaneità si riconosce a quella architettura un’esistenza appartenente ad un periodo precedente, per cui essa diviene una preesistenza, qualcosa cioè che ha avuto un’esistenza anteriore” 3


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Gli interventi di recupero e riuso del patrimonio edilizio diffuso, ovvero il processo di riconversione delle aree edificate che prevede la trasformazione degli spazi e il cambio della destinazione d’uso di un’area dismessa, è un fenomeno che ha da sempre caratterizzato la progettazione architettonica e che in tutte le epoche ha accompagnato la crescita della città. Le risorse storico/culturali, ovvero il patrimonio culturale nella sua totalità, rappresentano il patrimonio genetico sedimentato nel corso di secoli, con il quale le generazioni passate comunicano all’attuale e alle future generazioni. Il patrimonio urbano, reale risorsa per la città storica, è caratterizzato da elevati valori intrinseci legati alle identità dei luoghi, delle società e degli abitanti, contribuendo all’educazione, alla qualità della vita e dell’ambiente, e producendo effetti positivi nei processi di trasformazione. Lo sviluppo e la qualità della

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RECUPERO EDILIZIO

città storica si deve, essenzialmente, a questo fenomeno, al modo in cui si è riprodotto nel tempo il processo di conservazione e di trasformazione di ciò che la storia da sempre lascia ai contemporanei. La storia ci ha insegnato esempi eloquenti e casi straordinari che testimoniano i modi con cui l’uomo, prima ancora di ogni nuova edificazione, ha considerato l’esistente come il luogo di pratica per la costruzione dello spazio (le chiese cristiane si sono fondate sui templi pagani, le città medioevali sono cresciute sopra quelle romane..). Ogni nuovo uso dello spazio esistente e delle sue configurazioni architettoniche è infatti l’espressione di trasformazioni economiche e sociali di una collettività che testimonia i passaggi da un’epoca all’altra. Le ragioni sono da ricercarsi soprattutto nelle esigenze di necessità; spesso la mancanza di risorse o di materie prime ha


spinto l’uomo a intervenire direttamente sulle fabbriche ereditate dal passato. Interi comparti urbani portano le tracce dell’antico in cui è possibile rileggere le successive modernità della storia, perchè le strutture originarie divengono il fondamento su cui si eleva la nuova architettura in continuità con l’esistente. La continuità, quale principio logico che guida le operazioni architettoniche di quello che noi oggi chiamiamo riuso, ha caratterizzato nel tempo ogni intervento sul patrimonio edilizio esistente. Si tratta tuttavia di una continuità che riflette in ogni epoca lo spirito del proprio tempo, una continuità critica che rivela l’autentica volontà di reinterpretare l’esistente nel rinnovato linguaggio proprio di ogni epoca.

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“...una continuità critica che rivela l’autentica volontà di reinterpretare l’esistente nel rinnovato linguaggio proprio di ogni epoca"

Spesso l’attenzione del progetto di architettura si rivolge alle condizioni dello spazio interno dei singoli manufatti edilizi, ossia si procede per parziali interventi che progressivamente esercitano un’azione rigenerativa a partire dall’interno architettonico dell’esistente. Negli ultimi anni, in particolare, è divenuta manifesta la consapevolezza del ruolo del progetto di interni negli interventi di recupero, per l’enorme attività di trasformazione a cui è stato sottoposto il patrimonio storico monumentale così come quello semplicemente edilizio delle nostre città. Un patrimonio edilizio di interesse architettonico ritenuto generalmente “minore” rispetto alle preesistenze di importanza storico-artistica; un patrimonio consistente e diffuso, spesso dismesso, realizzato prevalentemente negli ultimi cinquanta-sessanta anni a partire dal boom economico. Specificatamente in Italia dove il patrimonio edilizio del passato è di così vasta consistenza, e dove quello recente richiede in grande misura l’a-

SCHIZZI DI PROGETTO DEL RECUPERO E RIQUALIFICAZIONE DEI BORGHI MEDIEVALI TERMINIOCERVIALTO, CASTELVETERE SUL CALORE, VOLTURARA IRPINA, CALABRITTO E TAURASI INSERITI NEL PARCO REGIONALE DEI MONTI PICENTINI. NELLA PAGINA PRECEDENTE: RECUPERO DI UNA TORRE ARABA DEL IX SECOLO SITUATA SU UNA COLLINA NELLA PROVINCIA DI GUADALAJARA (SPAIN); CHIESA DI SAN SEBASTIANO (BERGOLO).


deguamento a nuove molteplici necessità di vita - l’intervento sugli interni esistenti diviene sempre più di vitale importanza. Che cosa spinge sempre più spesso […] a un interesse per il “mantenimento in vita” di edifici ormai obsoleti? Al desiderio di preservare la memoria dei luoghi indipendentemente dall’esistenza o meno di qualsiasi valore che non sia semplicemente di “identità e persistenza” ? Come spiegare che negli ultimi anni si sia registrato un incremento esponenziale che abbia preferito la trasformazione alla sostituzione edilizia? Si può riconoscere in questo atteggiamento un nuovo radicamento ai luoghi attraverso le “cose”?

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Il processo di riconversione nasce innanzitutto dalla necessità di rifunzionalizzazione dei contenitori storici che la città reclama a nuova vita, ma anche (come ad esempio nell’archeologia industriale) per dare una risposta a una carenza di spazio e all’impossibilità di espandersi delle grandi città. La scelta di conservare piuttosto che demolire è spesso dettata dalla volontà di mantenere viva la memoria del luogo. La tendenza è di preservare formalmente il carattere figurativo della preesistenza, nel rispetto delle relazioni alla scala urbana e di lavorare sulla ridefinizione dello spazio interno.

1.1

SOSTENIBILITA’

Il recupero edilizio presenta importanti vantaggi ambientali, sociali ed economici, poiché il riciclo costituisce un atto fondamentale per lo sviluppo sostenibile. La riconversione diventa una scelta sempre più importante sia al livello individuale che collettivo, dal momento che essa comporta in genere un notevole risparmio di energia, intesa come energia consumata nelle varie fasi all’interno del processo

di edificazione (reperimento delle materie prime, manifattura dei materiali e delle attrezzature, trasporto) Per il solo fatto di preservare questa energia un progetto di riconversione è più sostenibile e più economico a lungo termine. Inoltre è evidente come in un’epoca di cementificazione e di urbanizzazione senza logica e criterio la conversione edlizia permette di limitare l’incessate occupazione di nuovo suolo. In termini sociali riadattare le costruzioni in disuso consente di rivitalizzare un’area cittadina e di realizzare nuovi nuclei di riqualificazione urbana che diventano importanti punti d’attrazione. Questo mostra come la riqualificazione edilizia sia un tema di grande attualità, soprattutto per la fase economica che stiamo attraversando, e soprattutto in Italia, un paese caratterizzato da un “capitale” unico, difficilmente quantificabile, distribuito su tutto il territorio nazionale e che costituisce parte identitaria del paese. In questo panorama occorre ini-

ziare a impostare la prassi progettuale ed esecutiva secondo l’idea che gli spazi finalizzati ad ospitare gran parte delle future residenze, delle attività lavorative e socio-culturali sono già costruiti.

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I centri storici della penisola italiana, anche quelli di piccole e medie dimensioni, sono caratterizzati da un insieme di edifici e di spazi urbani che istaurano tra loro un insieme complesso di relazioni che ne aumenta il valore portando a concepire il “patrimonio storico” come un bene da intendersi oltre il singolo edificio 5.


1.2

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CENTRI STORICI MINORI

Centri storici minori. Un aggettivo de-qualificante accompagna e definisce uno dei patrimoni più diffusi, e, qualitativamente, più caratterizzanti del nostro Paese, nel comporre il territorio secondo una trama fatta di piccoli nuclei urbani e architetture episodiche. Nei confronti delle grandi città e dei loro centri storici, sicuramente privilegiati e più tutelati, si assiste ad una sorta di dequalificazione dell’identità culturale dei centri storici minori. Seppur caratterizzati dalla permanenza dei valori storici, culturali ed architettonici, la “conservazione” dei centri minori è spesso caratterizzata dall’arretratezza economica e dalla collocazione periferica, in contesti in cui anche il costante allontanamento degli abitanti rappresenta una forma di degrado sociale che si riverbera sul tessuto costruito. In questo contesto il rischio dell’anonimato e dell’omologazione dei centri storici minori può divenire realtà concreta nel momento in cui si opera e si considera un luogo come fosse svincolato dal proprio contesto identitario. Non riconoscere e, quindi, non affermare i valori estetici del patrimonio architettonico dei piccoli centri, significa seguire i cambiamenti delle condizioni sociali, culturali ed economiche senza porsi il problema di progettare il passato. Riconoscere i centri storici minori come modello di qualità diviene indispensabile per tutelare e salvaguardare l’immenso patrimonio storico che rischia di scomparire per incuria o di essere banalizzato o snaturato da interventi di recupero poco attenti: è ormai abbastanza diffusa la consapevolezza che la salvaguardia di questo patrimonio rappresenta un fattore di affermazione delle identità culturali e di sviluppo locale. Le opere

di tutela non possono limitarsi a prendere in considerazione le emergenze architettoniche più rilevanti, ma devono estendersi alla complessità di relazioni, all’architettura minuta storica. Nello stesso tempo è altresì importante recuperare o riproporre un rapporto di “necessità” tra il manufatto e il contesto circostante. Ciò significa cen-cepire l’intervento di restauro sull’emergenza architettonica come momento di un processo più generale di tutela e “riqualificazione” che va esteso al paesaggio e al tessuto urbano. Decoro urbano, esteriorità e individualità si intrecciano con la disattenzione della quotidia-

nità dei cambiamenti sociali e delle modificazioni produttive e tecnologiche, di mutazioni di gusto che si scontrano con la tradizione e producono oggetti di intervento omologati. “E’ evidente invece che, soprattutto nel caso di testimonianze “minori” [...], l’intervento di restauro non può prescindere da una attribuzione di nuovi “significati” al manufatto architettonico, capaci di riverberarsi sull’intorno” 6. I centri storici minori possono quindi essere il banco di prova per buone pratiche ed esperienze locali, per atti innovativi di pianificazione e gestione sui quali è possibile puntare per salvaguardare le configurazioni originarie e i tratti identitari dei centri minori in Italia.


L’Italia ha un patrimonio diffuso di grande livello. La qualità e la consistenza delle preesistenze costituisce quasi sicuramente uno dei caratteri di originalità del nostro paese rispetto alla maggioranza dei paesi europei. In questo sistema urbano abita ancora un numero consistente di persone che non sono attirate dal potere di richiamo dei grandi centri e che individuano spesso nel centro minore un luogo di vita e di sviluppo di attività produttive e di servizio. L’identità culturale dei centri storici minori deve essere il punto di partenza, il volano della riqualificazione urbana del tessuto connettivo pubblico.

“...i centri storici minori possono quindi essere il banco di prova per buone pratiche ed esperienze locali, per atti innovativi di pianificazione..."

e dei luoghi funzionali e di vita un progetto di riqualificazione sociale, economica con interessanti aspetti di richiamo e di valore turistico. Il confronto di processi di intervento che nella grande città possono sembrare antitetici e contradditori nei centri minori invece possono trovare una ragion d’essere e un campo di sperimentazione interessante soprattutto perchè la dimensione fa la differenza, nella possibilità del controllo,

della partecipazione alle scelte, nell’individuazione di nuovi comportamenti e attività. IN QUESTA PAGINA: RECUPERO E RIQUALIFICAZIONE DEI BORGHI MEDIEVALI TERMINIO-CERVIALTO, CASTELVETERE SUL CALORE, VOLTURARA IRPINA, CALABRITTO E TAURASI INSERITI NEL PARCO REGIONALE DEI MONTI PICENTINI. GIARDINO CONCRETO, RECUPERO DI UN RUDERE URBANO, RIACE (RC). CENTRO STORICO DI FAVARA, COMUNE SICILIANO IN PROVINCIA DI AGRIGENTO. NELLA PAGINA A FIANCO: BORGO MEDIEVALE A CUSANO MUTRI (BN). PACENTRO (AQ), COMUNE ITALIANO DI 1.250 ABITANTI RECENTEMENTE RIQUALIFICATO.

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Le strade, le piazze, i piccoli slarghi a parcheggio, le degradate funzioni commerciali, i modelli di peggiore urbanizzazione di prima periferia devono essere riconvertiti non con gli “ingredienti dell’antico” che risulterebbe anacronistico e fuori contesto, quanto con un’azione di coerenza che trova nel recupero e nel restauro del patrimonio storico il fulcro dell’azione identitaria e nella ristrutturazione degli spazi


GRAN PARTE DELL’ AMBIENTE EDIFICATO DEL FUTURO ESISTE GIA’: MA QUESTO AMBIENTE DEVE ESSERE MIGLIORATO IN NOME DELLA SOSTENIBILITA’, DELLA BELLEZZA E DELL’ INTERESSE DI TUTTI I CITTADINI.


1.3

METODOLOGIE PROGETTUALI

L’attualità o l’obsolescenza dell’architettura non è vincolata semplicemente al numero di anni trascorsi dalla sua costruzione, ma piuttosto a un giudizio di valore e di corrispondenza alle esigenze e alle richieste prestazionali che l’uomo ripone nei suoi confronti, nelle possibilità cioè di usare e fruire in modo adeguato della sua spazialità interna.

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Abbiamo visto nei paragrafi precedenti l’importanza e i vantaggi del recupero e riuso del patrimonio edilizio diffuso. Bisogna rilevare, a questo punto, come lavorare sul costruito, su spazialità già date, implichi e obblighi a una riflessione sulla necessità di comprendere il rapporto che si instaura tra la struttura ospitante e il “nuovo”. Ogni progetto che “trova casa” dentro una realtà esistente deve negoziare tra caratteri spaziali che il luogo possiede e necessità da soddisfare perché questi possa essere nuovamente utilizzato. Con il riuso e l’immissione di nuove forme e materiali l’edificio inizia, infatti, una nuova vita rispetto a quella o a quelle che l’hanno preceduta. La grande sfida è, dunque, quella di andare a scoprire, dall’interno, questi organismi apparentemente senza vita, cogliere i tratti essenziali di una qualità spaziale che può sopravvivere solo attraverso l’azione del progetto di architettura dello spazio interno. Perciò di fondamentale importanza diviene imparare

dall’esistente, imparare a leggere criticamente gli assetti spaziali in cui non è la sola trasformazione funzionale a innescare il processo di rivitalizzazione di un organismo ormai privo della sua ragione, ma il progetto di riuso come confine formale tra vecchio e nuovo, come luogo dell’interazione tra due sistemi: uno che esiste, l’altro che si innesta e produce il complesso insieme di elementi che descrive il progetto dell’interno. Si viene così a creare una diversità sostanziale, una “dualità” tra il manufatto da conservare nella sua identità storica e il nuovo uso, nelle trasformazioni che esso induce: dualità che il progetto deve affrontare, componendo il nuovo con l’esistente nella loro sostanziale diversità.

giando una modalità di approccio equilibrata in cui si cerca una coesistenza in cui le parti di nuova costruzione diventino un prolungamento del corpo esistente e non elementi di contrasto; sia in termini di forme che di materiali. Chi, dall’altro lato, sostiene la necessità della “differenza”, mira a fare emergere il nuovo dal vecchio, a distinguere, a rendere autonome e riconoscibili le parti e gli elementi di nuova formazione rispetto a quelle esistenti. Misura una “distanza” e nello stesso tempo pone l’esigenza di una sintesi della dualità che il riuso ha fatto emergere. Si assiste a un gioco di equilibrio tra la necessaria leggibilità dell’interno nuovo in quanto nuovo e le suggestioni in termini di materia, di forma, anche d’uso, che provengono dall’esistente.

[…] Si tratta di fatto del confronto fra due

In sostanza un giusto equilibrio tra il nuovo e l’antico, dove da un lato si osserva la conservazione della testimonianza storica, mentre dall’altro emerge il nuovo apporto, il segno innovativo che a nostra volta lasciamo impresso nel tempo contemporaneo.

interni: l’interno dell’antico non più ‘abitabile’ le e il nuovo interno da abitare. Come si comportano questi due interni, costretti alla contiguità fisica e materiale? Esiste un equilibrio tra il peso della densità (intesa come luogo entro cui costruire, come una massa più o meno densa di significati, di forma, di materia) dell’antico, il contesto, e l’energia del nuovo, il progetto?

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Esistono diverse scuole di pensiero sul come questo compito deve essere affrontato: Chi sostiene la necessità di un continuum tra le due parti in modo da evitare che il nuovo prevarichi sul vecchio, appog-

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“...una dualità tra il manufatto da conservare nella sua identità storica e il nuovo uso [...]: dualità che il progetto deve affrontare, componendo il nuovo con l’esistente nella loro sostanziale diversità”

DALL’ALTO VERSO IL BASSO: RESTAURO DI UNA STRUTTURA CONOSCIUTA COME “SACELLO” AD AVIANO (PN). RECUPERO E RIQUALIFICAZIONE DI UN’ANTICA ABITAZIONE IN PIETRA A VIANA DO CASTELO IN PORTOGALLO. CAIXA FORUM, CENTRO CULTURALE DI MADRID NATO DALLA SOVRAPPOSIZIONE DI UN NUOVO VOLUME IN CORTEN AD UNA PREESISTENZA INDUSTRIALE PROGETTATO DAGLI ARCHITETTI HERZOG&DEMOURON. STUDIO PER ARTISTI CHE ABITA LE ROVINE DI EPOCA VITTORIANA. RECUPERO EDILIZIO PER LA REALIZZAZIONE DI UN CENTRO DI RISTORAZIONE A CLUNY IN FRANCIA.


DALL’ALTO VERSO IL BASSO: PROGETTO DI RECUPERO DI UNA PREESISTENZA INDUSTRIALE PER LA REALIZZAZIONE DI UNA SCUOLA D’ARTE A PARIGI. A FIANCO PARTICOLARE DELL’INTERNO. RECUPERO EDILIZIO PER USO ABITATIVO A CEHEGIN, SPAGNA. NICOLAI CULTURAL CENTER A KOLDING IN DANIMARCA, È NATO DALLA CONVERSIONE DI CINQUE SCUOLE STORICHE RISALENTI ALLA FINE OTTOCENTO ORA NON PIÙ IN USO. SOPRAELEVAZIONE EDILIZIA DI UNA VECCHIA SCUOLA DI LONDRA, PROGETTO DI STUDIO WEBB. RECUPERO DI UNA STRUTTURA INDUSTRIALE DISMESSA PER LA REALIZZAZIONE DI UFFICI, PRAGA. A FIANCO IMMAGINE DELLA FABBRICA PRIMA DEL RECUPERO. DIDDLE VILLAGE, SOPRAELEVAZIONE EDILIZIA A ROTTERDAM, PROGETTO DI MVRDV.


“A cultural center is an organization, building or complex that promotes culture and arts. Cultural center can be neighborhood community arts organizations, private facilities, government-sponsored or activist-run� 9


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2.0 DIFFUSIONE

[..In una stagione in cui anche la cultura tende a smaterializzarsi diventa dirimente tutelare i luoghi “fisici” di diffusione culturale..]

Le nostre città sono sempre più popolate da centri dedicati alla cultura e alle attività sociali. Sempre più si sta diffondendo una volontà di rinnovamento dell’offerta rivolta alla sfera pubblica che risponda a nuovi bisogni di interesse collettivo di ordine sociale e culturale. Questo avviene attraverso la creazione di occasioni e opportunità in grado di coinvolgere la comunità e di dare origine a luoghi di incontro che favoriscono la libera espressione dei cittadini in diversi campi di attività sociale, artistica, culturale. La crisi dei luoghi urbani pubblici tradizionali ha, infatti, consolidato il rapporto dialettico con i siti di produzione e sperimentazione della cultura. I musei e gli spazi espositivi stanno diventando i nuovi luoghi collettivi urbani. Un centro culturale permette di diffondere la cultura dotando il territorio di agenzie formative diffuse in modo da raggiungere non solo un’utenza d’elezione, ma an-

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DI UNA CULTURA SOCIALE

che le fasce più svantaggiate. In una stagione in cui anche la cultura tende a smaterializzarsi e a essere assorbita dalle nuove tecnologie, diventa dirimente tutelare i luoghi “fisici” di diffusione culturale. La scomparsa dei presidi culturali, infatti, porta con se l’affievolirsi dell’identità dei nostri centri storici, ridotti ormai a luoghi indistinti in cui a farla da padrone sono le grandi catene di distribuzione internazionale e i lounge bar. E’ opinione comune che il tessuto sociale si stia sgretolando. I rapporti tra le persone sono sempre più basati su relazioni asettiche, legami a termine, a volte utilitaristici. Occorre trovare un nuovo filo conduttore che riavvicini, unisca e fornisca occasioni di dialogo, per stare insieme, tornare a parlarsi, a conoscersi. Questo anello, capace di tenere insieme uomini, donne, bambini, anziani, italiani e stranieri è la cultura. Ecco allora che i luoghi (oggi sempre più frequentemente si


parla, non a caso, di ‘non luoghi’) possono tornare a essere riempiti di persone che condividono momenti culturali, nelle più svariate forme, divenendo così fattore chiave di inclusione e coesione sociale, giocando un ruolo attivo nella lotta ai fenomeni di marginalità e disagio. La nozione che la dimensione culturale e quella sociale siano legate a doppio filo e, più in particolare, che le politiche e le istituzioni culturali possano esercitare un impatto positivo sulla vita degli individui e delle comunità, è tutt’altro che inedita. Solo negli ultimi decenni, basti ricordare il dibattito sui concetti di “democratizzazione della cultura” e “democrazia culturale”, ufficialmente avviato con la Conferenza intergovernativa dei ministri europei della cultura promossa dall’Unesco a Helsinki nel 1972; la nascita e il consolidarsi del fenomeno del teatro sociale e integrato; il movimento delle community arts in

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Gran Bretagna (che trova i suoi corrispettivi in Francia e in Germania nella animation socioculturelle e nella Soziokultur 10) e il “patrimonio diffuso” rappresentato dagli interventi di arte pubblica; il sempre più esplicito nesso stabilito tra patrimonio culturale e sviluppo locale. Ma è solo da qualche anno a questa parte – soprattutto grazie al forte impulso delle politiche comunitarie e di organismi intergovernativi come il Consiglio d’Europa e l’Unesco – che sta prendendo piede una tesi all’apparenza ben più radicale, ovvero che le istituzioni culturali possano agire come veri e propri veicoli di lotta all’esclusione sociale, laddove per “esclusione” si intende «un processo dinamico che preclude del tutto o in parte all’individuo la possibilità di partecipare a quei sistemi sociali, economici, politici e culturali che determinano la sua integrazione nella società»11.

“La scomparsa dei presidi culturali porta con se l’affievolirsi dell’identità dei nostri centri storici, ridotti ormai a luoghi indistinti in cui a farla da padrone sono le grandi catene di distribuzione internazionale e i lounge bar”

“..i luoghi possono tornare a essere riempiti di persone che condividono momenti culturali, nelle più svariate forme, divenendo così fattore chiave di inclusione e coesione sociale”


CENTRO CULTURALE

DIAGRAMMA CHE MOSTRA IL RUOLO DI AGGREGATORE SOCIALE SVOLTO DA UN CENTRO CULTURALE, IN GRADO DI RICOMPORRE IL TESSUTO COLLETTIVO TRASVERSALMENTE ALLA CONDIZIONE SOCIALE, ALL’ETA’, ALLA RELIGIONE E ALL’ETNIA. LA CULTURA SI BASA SULLE RELAZIONI E UN CENTRO CULTURALE IN PRIMO LUOGO VUOLE ESSERE LUOGO DI RELAZIONI.


2.1 RICONVERSIONE

CULTURALE

Molti sono gli esempi, negli ultimi anni, in Italia e all’estero, di progetti di riconversione volti alla realizzazione di centri culturali. Interventi che si propongono spesso di supplire alla carenza di attività culturali dando una spinta positiva tesa alla ricomposizione di un tessuto collettivo e proponendosi in primo piano come catalizzatori e aggregatori sociali.

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In particolare gli spazi dimessi e inutilizzati delle città rappresentano un elemento in grado di catalizzare/stimolare attenzioni, desideri e progettualità e la loro messa a disposizione per iniziative, proposte, azioni, piani e progetti di riutilizzo sociale rappresenta una condizione favorevole per la ricerca e lo sviluppo di sinergie tra istituzioni e parti sociali nell’invenzione di nuovi contenuti per la sfera pubblica. In questo senso le amministrazioni locali hanno mostrato una sempre più notevole sensibilità nella trasformazione di spazi esistenti inutilizzati, soprattutto a fini culturali (musei, spazi espositivi, biblioteche..), in una visione che considera la formazione culturale e la ricerca scientifica uno dei caratteri urbani più rilevanti da promuovere e sviluppare. Visione confermata dall’estensione e capillarità dei numerosi interventi promossi negli ultimi anni. Questa tendenza si inserisce in uno specifico programma europeo che incoraggia “lo sviluppo di luoghi di diffusione, produzione e formazione culturale, rivolta soprattutto ai più giovani e aperta a tutte le realtà territoriali”. Infine è importante sottolineare come il valore della cultura si può misurare, oltre che sul piano della crescita sociale anche sul piano di un ritorno economico; ponendosi come attrattore sociale un centro culturale è in grado di portare ripercussioni positive all’interno dell’economia locale.

“..in una visione che considera la formazione culturale e la ricerca scientifica uno dei caratteri urbani più rilevanti"


ALCUNI ESEMPI DI CENTRI CULTURALI NATI DAL RECUPERO DI PREESISTENZE DI VARIA NATURA:

TATE MODERN - LONDON (UK) La Tate Modern, un museo di arte moderna ospitato in un ex centrale elettrica, rappresenta uno degli esempi di riconversione architettonica più importanti al mondo. ll museo si trova in quella che un tempo era la centrale termoelettrica di Bankside. L'edificio, con una ciminiera alta 99 m e una larghezza di 200 m fu costruito in più fasi tra il1947 e il 1963. La centrale fu chiusa nel 1981 quando il crescente prezzo del petrolio la rese antieconomica. Dopo un lungo periodo di abbandono; nel 1995 la direzione della Tate Gallery affidò allo studio di architetti svizzeri Herzog & De Meuron la riconversione dell'edificio a spazio museale. Le dimensioni dell'edificio, la sua eccezionale ubicazione sulla riva del Tamigi e, soprattutto, un progetto architettonico che ha saputo recuperare e valorizzare appieno la struttura originaria di Sir Giles Gilbert Scott hanno fatto si che il complesso diventasse un referente indiscutibile in questo ambito. Sul tetto della centrale gli architetti hanno istallato un volume in vetro di due piani che, insieme all'elemento sulla sommità della ciminiera, marca ulteriormente la presenza dell'edificio.


MATADERO - MADRID Il Matadero è un ex mattatoio comunale di Madrid. Il complesso ha una superficie di 165.415 mq e rappresenta uno degli stabilimenti industriali più singolari e interessanti dell’architettura madrilena del XX secolo. Dopo la definitiva dismissione le associazioni locali si attivarono e reclamarono l’uso degli spazi per attività socio-culturali. Nel 2003 la Municipalità inserisce il matadero all’interno di un programma di recupero del patrimonio storico madrileno, la conversione dello spazio prevede la realizzazione di un grande laboratorio di creazione e produzione di arte contemporanea. Esso diviene un nuovo centro culturale metropolitano, un luogo per l’arte e per il tempo libero e contemporaneamente un’opportunità, in termini di proposta culturale, per potenziare l’offerta pubblica.


LA CAIXA FORUM - MADRID Il CaixaForum di Madrid è un museo e centro culturale. E’ stato progettato dagli architetti svizzeri Herzog & de Meuron nel 2001-2007, riqualificando una vecchia stazione elettrica abbandonata. “abbiamo iniziato la progettazione con un intervento chirurgico, separando e rimuovendo la base e le parti dell’edificio non più necessarie. Questo ha aperto una prospettiva completamente nuova e spettacolare che allo stesso tempo ha risolto una serie di problemi posti dal sito. La rimozione della base dell’edificio ha lasciato una piazza coperta sotto l’involucro di mattoni, che ora sembra galleggiare sopra il livello della strada”.

Infine al di sopra della preesistenza è stata aggiunta una nuova costruzione in corten le cui forme scultoree ricordano lo skyline degli edifici circostanti. Per quanto riguarda il programma culturale affermano come “tutti dovrebbero essere in grado di accedere alla cultura e avere la possibilità di scoprire diversi movimenti artistici e correnti di pensiero. A ‘la Caixa’ Foundation copriamo una vasta gamma di attività volte a portare l’arte, la musica, il teatro e le scienze umane a tutte le tipologie di pubblico”.


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Anche in Italia numerosi sono gli esempi di recupero edilizio in ambito culturale. Tra quelli più importanti c’è sicuramente il complesso del Macro di Roma, un museo di arte contemporanea nato dal recupero del complesso ottocentesco dell’ ex-mattatoio di Testaccio. I padiglioni che compongono l’intero complesso architettonico, costruiti fra 1888 e 1891 da Gioacchino Ersoch, testimoniano il passaggio dal classicismo alla modernità e costituiscono un importante esempio dell’architettura industriale monumentale e razionale della fine del secolo. Un esempio recente e vicino all’università di Firenze è il progetto di recupero dell’ex-fabbrica Campolmi, un’antica cimatoria d’origine ottocentesca situata dentro le mura del centro storico di Prato. La scelta di riqualificazione dell’area rappresenta “l’interesse sempre più consapevole di considerare il centro storico quale deposito della propria memoria storica rappresentata non solo dagli edifici monumentali, civili e religiosi ma anche quelli caratterizzanti l’architettura tradizionale del lavoro pratese”. L’idea cardine del progetto è stata quella di legare storia medioevale, archeologia industriale e città contemporanea effettuando una nuova sintesi progettuale. La trasformazione del complesso ha creato innanzitutto una nuova biblioteca cittadina, la quale oltre a essere il fedele custode della conoscenza e del sapere si presta ad ospitare convegni, spettacoli ed eventi culturali contribuendo in maniera determinante alla rivitalizzazione del centro storico. In italia poi troviamo una costellazione di piccole attività nate da iniziative dei cittadini. Uno dei più noti è sicuramente la Cascina Cuccagna a Milano, un centro polifunzionale d’iniziativa e partecipazione territoriale che nasce dalla volontà di recuperare all’uso pubblico dei cittadini i preziosi e grandi spazi della settecentesca cascina cuccagna, cadente e abbandonata, per farne un luogo di incontro e di aggregazione, un laboratorio attivo di cultura, un punto di riferimento per la ricerca comune del benessere sociale e della qualità della vita. Progetto Cuccagna è finalizzato all’emersione dal basso e dall’interno del territorio dell’eccellenza artistica, culturale, artigianale e tecnologica. Intende inoltre promuovere lo sviluppo di un’identità culturale territoriale, fondata sulla consapevolezza delle sue nuove complessità.


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1 EX- MATTATOIO TESTACCIO - ROMA 2 MACRO TESTACCIO - ROMA - VISTA D’INTERNO 3 MACRO, TESTACCIO - ROMA - VEDUTA ESTERNA 4 FABBRICA CAMPOLMI - PRATO - IN STATO DI ABBANDONO 4 - 6 FABBRICA CAMPOLMI DOPO IL RESTAURO, ORA E’ LA NUOVA BIBLIOTECA LAZZERINI 7 CASCINA CUCCAGNA - MILANO - IN STATO DI ABBANDONO 8 CASCINA CUCCAGNA - DOPO IL RESTAURO 9 - 10 CASCINA CUCCAGNA - VISTA D’INTERNO

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Una realtà recente e innovativa è il ‘Farm cultural park’, un Centro Culturale e Turistico Contemporaneo diffuso, nato dalla riqualificazione di sette cortili della parte più antica del Centro Storico di Favara (paese Siciliano a 6 km dalla Valle dei Templi di Agrigento) Organizza mostre temporanee e permanenti, residenze per artisti, workshop, presentazioni di libri, concorsi di Architettura e molto altro. Un’attività che è stata in grado con coraggio e determinazione di ridare vita e attenzione ad un luogo “morto” e ormai senza futuro. Un altro esempio degno di nota è ‘Ex-fadda’, nel cuore della puglia, dove da un vecchio stabilimento enologico in disuso e abbandonato da anni sta nascendo uno spazio pubblico per l’aggregazione, la creatività e l’innovazione sociale. Anche qui perciò troviamo come comune denominatore la volontà di riportare a nuova vita ‘pezzi’ abbandonati e inutilizzati della città con lo scopo di trasformarli in un contenitore culturale al servizio del territorio.


Tutti questi esempi sono accomunati dall’idea di rigenerazione e valorizzazione delle aree urbane dismesse attraverso l’insediamento di realtà creative e culturali, una modalità di intervento consolidata in altre città europee. Sono queste le realtà che ci mostrano come le iniziative dal “basso” hanno il potere e la forza di rigenerazione territoriale capace di sollevare dalla crisi economica e culturale intere zone del paese, sono in grado di far ritornare quello spirito di comunità e di unione che si è perso con il tempo, di ridare entusiasmo, voglia di fare e soprattutto voglia di rimanere. Un centro culturale non è un luogo fine a se stesso ma diviene un luogo d’incontro per tutta la comunità, uno spazio di produzione culturale che funziona come catalizzatore sociale, urbanistico e culturale per la città, che genera dinamiche di rinnovamento del sistema artistico, educativo, sociale ed economico; un luogo flessibile che si plasma in base alle esigenze della comunità che lo anima.

“Un centro culturale non è un luogo fine a se stesso ma un luogo d’incontro per tutta la comunità, uno spazio di produzione culturale che funziona come catalizzatore sociale, urbanistico e culturale per la città..” 29

11 FARM CULTURAL PARK - FAVARA (AG) 12 I SETTE CORTILI DEL CENTRO STORICO DI FAVARA PRIMA DELL’INTERVENTO DI RESTAURO 13 FARM CULTURAL PARK - PARTICOLARE 14 EX FADDA - BRINDISI 15 EX-FADDA - VISTA D’INTERNO



3 I N Q U A D R A M E N T O - P R O G E T T U A L E

3.0

Scarperia, importante insediamento prima del valico appenninico tosco-emiliano, fu fondata per volere della Repubblica Fiorentina il 7 Settembre 1306 con l’originaria denominazione di Castel San Barnaba, poi Scarperia, data la sua posizione geografica alla scarpata dell’Appennino. Il centro nacque come avamposto militare della Repubblica Fiorentina e come luogo di controllo della viabilità transappenninica, unica via di comunicazione fra Firenze e Bologna fino alla metà del 18esimo secolo. I primi abitanti di Scarperia furono certamente coloro che risiedevano nei numerosi borghi e castelli disseminati nell’area prossima alla terra nuova; per facilitare il popolamento fu concessa a tutti coloro che avessero costruito le loro case a Scarperia, un’esenzione decennale da tasse e balzelli. A distanza di poco più di un secolo Scarperia divenne sede di Vicariato (1415) ed assunse funzioni am-

SCARPERIA

ministrative, delegate dalla Repubblica Fiorentina. Il Palazzo, sorto come fortezza, si tramutò in abitazione del Vicario, una sorta di sindaco che governava il paese con l’aiuto degli Statuti, una serie di norme che oltre a rivolgersi alle attività e agli organi di governo, regolavano i rapporti sociali, i modi di vita degli abitanti e si preoccupavano del decoro della città. L’investitura ufficiale del Vicario avveniva nell’Oratorio della Madonna di Piazza di fronte al Palazzo. A Scarperia nel ‘400 e più ancora nel ‘500 osti e albergatori svolgevano le loro attività, soprattutto lungo la via principale, sulla quale erano localizzate le attività artigianali di prima necessità ed anche laboratori e botteghe in cui si lavorava il ferro e si producevano utensili agricoli e coltelli. La lavorazione e la vendita dei coltelli e dei ‘Ferri Taglienti’ caratterizzava le attività produttive scarperiesi e, ben presto


questo artigianato divenne uno degli elementi di specializzazione e notorietà del paese.

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Il ‘700 fu per Scarperia un periodo cruciale; infatti, dopo la decisione del nuovo governo lorenese di migliorare i collegamenti transappenninici aprendo la nuova strada carrozzabile della Futa (aperta nel 1752), il paese si trovò ad essere tagliato fuori da quelle correnti di traffico che avevano fatto la sua fortuna e che erano state uno dei motivi base della sua nascita. Gli effetti di tale emarginazione furono devastanti per la popolazione di Scarperia che si trovò a dover tentare un difficile adeguamento alle nuove condizioni. Qualche segnale di miglioramento della situazione si scorge all’avvicinarsi della metà del secolo 19esimo, che portò varie trasformazioni nell’immagine e nell’edilizia, furono abbattute mura e porte cosicché il centro perdesse il suo carattere di terra murata e avamposto militare. Alcuni edifici subirono degli interventi di

modifica anche a seguito dei continui terremoti, cosicché ad un certo punto il Palazzo dei Vicari assunse la fisionomia attuale, molto rassomigliante al Palazzo della Signoria di Firenze. In un clima di valorizzazione del passato storico della città, si proponeva per Scarperia un’immagine ambientata all’epoca della sua fondazione, ed il “medievale” Palazzo dei Vicari assumeva il valore di edificio simbolo della identità cittadina. Ma mentre veniva rafforzato il mito dell’autonomia del paese, iniziava per il centro un periodo di depauperamento: la collocazione dei prodotti sul mercato divenne sempre più complicata, l’artigianato dei Ferri Taglienti ebbe il suo colpo di grazia dopo l’emanazione della legge giolittiana del 1908 che proibiva il commercio e l’uso di coltelli a serramanico superiori alla lunghezza del palmo della mano. Oggi possiamo ammirare Scarperia in tutte le sue bellezze storico-artistiche ed artigia-


nali: l’arte dei ‘Ferri Taglienti’ è rinata per il divampare del collezionismo e per l’utilizzo di materiali pregiati con i quali sono prodotti; gli edifici di maggior interesse storico che fanno da cornice a questa fioritura sono: la Chiesa dei SS. Jacopo e Filippo, proprio di fronte al Palazzo, l’Oratorio della Madonna di Piazza, la Chiesa della Madonna dei Terremoti, a pianta centrale, il Torrino, una torre medievale di controllo e qua e là nel centro storico frammenti della trecentesca cinta muraria del paese. Nella campagna circostante troviamo a circa 1 Km la Pieve di Fagna con facciata in stile neo-barocco, e a 3 Km circa, nella frazione di S. Agata: la Pieve Romanica, la Raccolta d’Arte Sacra e il Centro di Documentazione Archeologica. Scarperia è oggi un ex comune italiano di 7.794 abitanti della provincia di Firenze in Toscana. Dal 1 gennaio 2014 il comune si è fuso con San Piero a Sieve formando il nuovo comune unico di Scarperia e San Piero.

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LA CASA DEL FASCIO

STORIA La Casa del Fascio di Scarperia fu inaugurata nel 1929 scegliendo un luogo che “fin dal 1351 s’univa con la parte più battagliera

del

palazzo,

terminante

con l’alto Cassero, cinto di merlature e d’un cammino di ronda imponente per altezza e con singolare im34

pronta di sfida a qualsiasi nemico”.

Si occupò del progetto l’architetto Ezio Cerpi, il quale, attenendosi ai suggerimenti storici e ai resti edilizi, ha costruito una casa “ampia, semplice eppur famigliare”. L’edificio apparteneva alla società di Mutuo Soccorso fra Operai di Scarperia che cedette tutte le proprie attività al fascio. I documenti dell’epoca riportano una descrizione dell’interno architettonico e delle attività che si svolgevano al suo interno:

“L’edificio ha nel piano terreno un’ampia sala dalle arcate solenni e riposanti, illuminate da finestroni aperti al panorama di ponente. Poi sala di ricevimento, biblioteca, sala da biliardo, buffet e saletta da giuoco. In questo ambiente serio e decoroso il popolo di Scarperia può trascorrere le sue ore di riposo, indire le sue adunate, ricreare lo spirito. Al piano superiore gli uffici per la segreteria Politico-Amministrativa del Fascio, per il Fascio femminile, per l’opera nazionale Balilla […] Sono in complesso dieci stanze sobriamente mobiliate, ciascuna resa libera da un corridoio centrale che termina in una sala per riunioni, con un bel terrazzo sulla piazza. A sinistra di questa saletta si apre l’ufficio del Comando della milizia, unito alla torre della Milizia, attraverso uno stretto camminamento merlato che corre sull’antico muro castellano di Ponente”.

Come si evince dalle descrizioni la costruzione più antica in origine si articolava su due piani fuori terra e presentava una torre dialogica con quella medievale ad oggi esistente. In conseguenza al sisma dell’ottobre 1960 il piano primo e la torre furono demoliti. All’inizio degli anni sessanta l’edificio fu destinato ad autorimessa, per questo motivo i due ingressi principali furono allargati in modo da essere resi accessibili ai camion, giungendo all’attuale configurazione.


NELLA PAGINA A FIANCO: L’EX- CASA DEL FASCIO PERIA IN UNA FOTO

DI SCARD’EPOCA.

IN QUESTA PAGINA: COPERTINA DEL VOLUME CHE DESCRIVE L’INAUGURAZIONE DELLA NUOVA CASA DEL FASCIO NEL 1929. VISTE D’INTERNI DELLA EX-CASA DEL FASCIO. FOTO STORICA DELLA CASA DEL FASCIO, AFFACCIO SU PIAZZA DELLA TORRICELLA. NELLA PAGINA SEGUENTE: FOTO STORICA DI SCARPERIA, SULLO SFONDO SI INTRAVEDE IL CASTELLO E LA CASA DEL FASCIO. DUE FOTO STORICHE DELLA CASA DEL FASCIO RISPETTIVAMENTE DELLA FACCIATA E DELLA VISTA POSTERIORE. FOTO DEL 1962 IL GIORNO IN CUI LA CASA DEL FASCIO FU DESTINATA AD AUTORIMESSA.

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UBICAZIONE GEOGRAFICA La proprietà immobiliare oggetto del progetto è ubicata all’interno del centro storico del Comune di Scarperia (Fi), in adiacenza alla cinta muraria lato ovest, costruita nei primi decenni del 1300. Il fronte dell’edificio affaccia su Piazza della Torricella, lateralmente una facciata prospetta la Via Magenta con edifici di più recente costruzione l’altra è in adiacenza ad una scarpata molto scoscesa tipica conformazione in presenza di cinta murarie medievali. Sul retro un resede che si configurava in passato come orto.

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PIAZZA DEI VICARI

VIA ROMA

EX-CASA DEL FASCIO

PALAZZO DEI VICARI STATO ATTUALE Il bene individua un fabbricato di un solo piano fuori terra, oltre ad un resede di pertinenza esclusivo. Il fabbricato è composto da due superfici adiacenti che si sviluppano in senso longitudinale, parallelamente a via Magenta, scandite da archi in senso trasversale, oltre a due appendici sui lati sud e ovest, destinate a magazzino e servizi igienici. Il terreno che costituisce il resede è adiacente al lato sud dell’edifico ed è accessibile sia dall’interno dell’edifico stesso che da via Magenta. L’immobile presenta due accessi carrabili, entrambi da piazza della Torricella n° 1 e 2. L’altezza interna raggiunge i m. 4,90. Caratteristiche costruttive e dimensionali dell’Unità Architettonica: Il fabbricato è costituito da struttura portante in muratura mista di pietra e laterizi. Tamponature interne in mattoni pieni. Struttura di copertura in acciaio/ ferro costituita da capriate intelaiate e manto in lastre di cemento-amianto.


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LE IMMAGINI TUALE TE,

DEL

MOSTRANO FABBRICATO

LO STATO ATESTERNAMEN-

CON I DUE AFFACCI PRATICABILI SU

PIAZZA DELLA TORRICELLA E VIA MAGENTA.


LE IMMAGINI

MOSTRANO

LO STATO ATTUALE DEGLI INTERNI DELL’EDIFICIO ORA IN STATO DI ABBANDONO.

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DATI CATASTALI La proprietà immobiliare è identificata come segue: Edificio distinto al catasto fabbricati nel foglio di mappa 60 dalla particella 105, cat. C/2, classe 4, consistenza mq. 404,00. Resede distinto al catasto terreni nel foglio di mappa 60 dalla particella 106, cat. Ente urbano, superficie mq. 64,00.

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3.2 REGOLAMENTO URBANISTICO 12

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Come si evince nella voce “tutela dei beni culturali” del regolamento urbanistico di Scarperia (Fi), uno degli obbiettivi principali del piano strutturale è la preservazione delle testimonianze materiali della storia, attraverso la conservazione delle caratteristiche, strutturali e formali degli edifici e dei manufatti che ne siano espressioni significative. Si tratta di una scelta di valore culturale, assunta dall’amministrazione in sostanziale continuità con il passato. L’identità culturale di un territorio è testimoniata da tutti quegli elementi nei quali si esprimono e si rappresentano i valori della memoria e della civiltà. Quegli elementi territoriali, ancor oggi riconoscibili come “segni” o come “oggetti”, sono il prodotto del lavoro delle generazioni che ci hanno preceduto e contribuiscono, in modo significativo, a determinare la qualità del territorio. Si riconosce allora, con tutta evidenza, la necessità e la responsabilità, nei confronti delle generazioni future, di non disperdere la straordinaria ricchezza e bellezza del territorio comunale così come ci sono state tramandate. Richiamata la necessità di garantire la tutela dei caratteri tipologici e architettonici degli edifici, i principali interventi previsti dal RU per il centro storico di Scarperia rispondono alla duplice esigenza di assicurare la permanenza della residenza e delle attività commerciali e di servizio e, contestualmente, promuovere un innalzamento complessivo della qualità formale, della vivibilità e dell’attrattività del centro storico. [...] Secondo caposaldo delle proposte del RU è costituito dalla riqualificazione delle aree di margine, interne ed esterne alle mura: [...] riqualificazione dell’area dell’ex casa del Fascio e dell’adiacente tratto delle mura, assicurando la perma-

nenza di funzioni legate alla fruizione collettiva (quali pubblici esercizi, attività culturali e associative, spazi espositivi legati all’attività dei coltellinai e simili). L’immobile è compreso dal Pia no Strutturale vigente nella zona “Centro storico – Capoluogo” normato dall’art. 48 del Regolamento Urbanistico: “Ex –casa del fascio” – Unità edilizia speciale novecentesca a impianto singolare o non ripetuto, costituisce un documento della cultura architettonica novecentesca. Trasformazioni fisiche ammesse: 1. Mantenimento del volume edificato. 2. Restauro e/o valorizzazione degli elementi architettonici, nonché mantenimento o ripristi-

no degli elementi architettonici caratterizzanti l’unità edilizia, così come originalmente progettata. 3. Mantenimento o ripristino dei prospetti affacciati lungo la via pubblica, con possibilità modifiche del numero, delle forme, delle dimensioni e delle posizioni delle aperture in coerenza con il modello di partitura originario; possibilità di modifiche, variazioni, integrazioni degli altri prospetti, in coerenza con l’articolazione complessiva dell’unità edilizia e con le partiture degli altri prospetti. 4. Mantenimento, se sussistente, o ripristino, se alterato, dell’impianto distributivo organizzativo dei principali collegamenti orizzontali e verticali nonché dei principali vani caratterizzanti l’unità edilizia interessata.


5. Possibilità di modifiche dell’assetto dei vani non caratterizzanti l’unità edilizia, anche con modifica della posizione e della quota dei relativi solai, purché ammissibili nel rispetto di altra prescrizione e necessarie in funzione dell’efficiente esplicazione dell’utilizzazione prevista. 6. Possibilità di inserimento di ulteriori collegamenti, qualora sia necessario per l’efficiente esplicazione dell’utilizzazione prevista: - orizzontali e verticali, purché possibile l’integrale rispetto di ogni prescrizione, - verticali esterni, installati quali arredi fissi in adiacenza ai fronti interni ove esistenti, ovvero a quelli di fondo o laterali, ove liberi, purché possibile nell’in-

tegrale rispetto di ogni prescrizione afferente sia l’unità edilizia che all’unità di spazio scoperto che verrebbero interessate. 7. Possibilità di ricostruzione di parti eventualmente crollate o demolite. 8. Eliminazione, senza possibilità di recuperare la loro consistenza, delle superfetazioni. 9. Conservazione del sistema degli spazi liberi, esterni e interni, e delle relative caratteristiche dimensionali e formali. Utilizzazioni compatibili a tutti i piani: -Commerciale: esercizi di vicinato, pubblici esercizi; -Direzionale: uffici aperti al pubblico, di servizio.

“L’identità culturale di un territorio è testimoniata da tutti quegli elementi nei quali si esprimono e si rappresentano i valori della memoria e della civiltà. [...] Si riconosce allora la necessità e la responsabilità, nei confronti delle generazioni future, di non disperdere la straordinaria ricchezza e bellezza del territorio comunale così come ci sono state tramandate”.

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“L’architettura, troppo spesso ridotta a edilizia, a semplice tecnica costruttiva (teknè), in questa operazione di scavo, di ricerca delle proprie radici, dovrà recuperare la sua essenza più profonda, che è quella di prefigurare, immaginare, a partire dal luogo, dalla memoria del luogo, un nuovo scenario, una nuova dimensione e articolazione dello spazio” 13


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4.0

Il progetto, come abbiamo visto nei capitoli precedenti, prevede il recupero di una preesistenza, specificatamente un ex-casa del fascio, per la realizzazione di un centro culturale. La volontà di realizzare un centro culturale è nata in primo luogo per rispondere all’esigenza di uno spazio bibliotecario più ampio nel territorio ma anche per dare vita ad un luogo sociale, un luogo di aggre-

gazione in grado di coinvolgere gli abitanti nella condivisione di momenti culturali nelle più svariate forme, ponendosi così come elemento chiave di inclusione e coesione sociale. Il progetto di recupero ha anche l’obiettivo di rafforzare l’identità del centro storico in modo da porsi come volano per uno sviluppo sociale ed economico del territorio. Questo si trova in accordo con il regolamento urbanistico di Scarperia che afferma la volontà di promuovere un innalzamento complessivo della qualità formale, della vivibilità e dell’attrattività del centro storico. Come si legge nel piano strutturale “la preservazione delle testimonianze materiali della storia, attraverso la conservazione delle caratteristiche, strutturali e formali degli edifici e dei manufatti che ne siano espressioni significative. Si tratta di una scelta di valore culturale, assunta dall’amministrazione in sostan-

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FILOSOFIA PROGETTUALE

ziale continuità con il passato”. La filosofia progettuale si è soffermata fin dall’inizio sul rapporto tra ‘contenitore’ e ‘contenuto’, tra le parti aggiunte e le parti preesistenti. La volontà è stata quella di fornire una chiara distinzione tra il nuovo intervento e la preesistenza. Ovvero rendere evidente, fare emergere il nuovo dal vecchio, in modo da distinguere, rendere autonome e riconoscibili le parti e gli elementi di nuova formazione rispetto a quelle esistenti. Misurare una “distanza” e nello stesso tempo porre l’esigenza di una sintesi della dualità che il riuso ha fatto emergere. Diviene un gioco di equilibrio tra la necessaria leggibilità dell’interno nuovo in quanto nuovo e le suggestioni in termini di materia, di forma, anche d’uso, che provengono dall’esistente. Questo approccio metodologico ha costituito il principio cardine attorno a cui ha ruotato l’intero progetto.




CONCEPT I

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La fase di progettazione è iniziata con un’operazione di ampliamento in grado di valorizzare l’edificio esistente e di richiamare la sua forma originale attraverso la sopraelevazione di due piani. Il nuovo si appoggia sulla preesistenza con leggerezza e delicatezza senza disturbare la costruzione originale. Esso infatti si inserisce nei due “parapetti” in pietra (che sovrastano la parte frontale e posteriore dell’edifico) e si unisce all’esistente attraverso una fuga in acciaio di h 20 cm. Quest’ultima permette un’equilibrata giustapposizione tra ‘nuovo’ ed ‘esistente’ e allo stesso tempo crea una linea netta di distinzione tra di essi. Il volume aggiunto, dalla forma di un parallelepipedo, con la sua compattezza e semplicità, cerca di dare uniformità e regolarità alla pianta maggiormente frastagliata della preesistenza. L’involucro è formato da semplici listelli rettangolari di larghezza variabile caratterizzati da tre diverse finiture di vetro: trasparente, traslucente e riflettente. Questo permette di dare origine ad uno spazio aperto, pulito e con una giusta regolazione della luce e della visibilità dall’esterno. Nonostante le sue grandi dimensioni grazie alla leggerezza e alla trasparenza che lo definiscono si integra perfettamente con la preesistenza e con l’ambiente circostante, permettendo una continuità visiva con il paesaggio.

TOP ADDITION

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EXISTING


L’IMMAGINE SOVRASTANTE E QUELLA NELLA PAGINA SEGUENTE MOSTRANO IL CONCEPT DEL NUOVO INVOLUCRO. E’ STATO EFFETTUATO UNO STUDIO MATERICO SULLE TRE TIPOLOGIE DI VETRO: TRASPARENTE, TRASLUCENTE E RIFLETTENTE. LO STESSO CONCEPT E’ STATO UTILIZZATO PER I DUE PORTONI D’INGRESSO, “PROIETTANDO” I VETRI FINO AL SUOLO.



LA SUPERFICIE VETRATA DELL’INVOLUCRO E’ FORMATA DA LISTELLI RETTANGOLARI A LARGHEZZA VARIABILE. QUEST’ULTIMA APPARENTEMENTE CASUALE E’ COMPOSTA DA MODULI MULTIPLI DI 50. I MODULI UTILIZZATI PARTONO DA UN MINIMO DI 50 CM AD UN MASSIMO DI 250 CM.


CONCEPT I

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La progettazione dello spazio interno ha seguito la definizione stessa di centro culturale, ovvero un luogo polifunzionale e polivalente che si plasma sulle esigenze dei visitatori. La volontà progettuale, perciò, è stata quella di dare origine ad uno spazio aperto in grado di offrire varie possibilità di utilizzo e di risultare il più flessibile possibile. Lo spazio è stato organizzato come un grande open space senza nessuna parete divisoria, dove ogni spazio confluisce in un altro liberamente. Invece di uno spazio frammentato e suddiviso uno spazio aperto che integra i vari ambienti tra loro: spazi “trasparenti” che comunicano, dove in qualsiasi momento è possibile seguire tutte le attività svolte presso il centro culturale. Primo passo di questa organizzazione spaziale è stato quello di eliminare tutte le superfetazioni (pareti, infissi ) sovrapposte nel tempo alla costruzione originale; e di ampliare tutte le finestre del lato est dell’edificio in modo da dare maggiore luminosità all’ambiente. Dei due piani aggiunti il primo si presenta come un doppio volume che da origine ad uno spazio ampio e luminoso; il secondo piano è composto da due livelli sfalsati collegati tramite dei gradoni che danno continuità e fluidità allo spazio permettendone una fruizione libera e spontanea. L’idea è stata quella di distribuire il nuovo allestimento con il minimo disturbo della costruzione originale, sulla base dello stesso concetto metodologico che ha guidato la progettazione dell’involucro. I nuovi piani sono inseriti all’interno della preesistenza senza mai toccarla. Essi infatti si distaccano dalla muratura di circa 30 cm ed il vuoto è stato colmato rendendo il perimetro del solaio in vetro. Questo permette di creare un collegamento visivo a tutta altezza in grado di dilatare ulteriormente lo spazio. La linea guida che ha indirizzato il progetto d’interni è stata quella di rendere ben distinguibili le parti nuove dalle preesistenti. Per questo tutto il “contesto” è stato appiattito, schiacciato su una sola dimensione; in questo modo tutto l’esistente affiora alla superficie come “l’antico”. Questo concetto si è concretizzato con l’utilizzo del colore. Tutto ciò che è preesistente è bianco subendo quasi un processo di museificazione, le adduzioni sono invece evidenziate dall’uso del colore che caratterizzano e connotano gli spazi del primo e del secondo piano fuori terra. Da una realtà neutra e monocromatica il visitatore è introdotto in un ‘mondo a colori’.

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“La parte fruibile dell’architettura è, infatti, il suo interno, è lo spazio che essa contiene e delimita. La cosa-architettura costruisce un vuoto spazio che è, in fondo, la sua vera ‘ragione d’essere’, il significato stesso dell’architettura”


INVOLUCRO

PIANO SECONDO

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PREESISTENZA


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P R O S P E T T O

F R O N T A L E

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L A T E R A L E

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ORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI Il centro è organizzato su tre livelli, uno al livello del terreno e due fuori terra. I tre livelli sono connessi verticalmente tra loro da un corpo scale e da una cabina ascensore che permette la fruizione di ogni piano anche ai diversamente abili. L’accesso alla struttura è collocato su piazza della Torricella, un accesso secondario è situato su via Magenta dal giardino situato nella parte sud dell’edificio.

PIANO TERRA In prossimità dell’ingresso principale è collocata la reception che include il piccolo ufficio organizzativo della struttura. Lo spazio espositivo occupa la quasi totalità del piano ed è adattabile a varie possibilità d’utilizzo. La caffetteria è collocata alla fine del percorso espositivo nei pressi del giardino, anch’esso destinato a spazio di servizio per la caffetteria. I servizi igienici, la cabina ascensore e i locali tecnici sono collocati all’interno di un vano adiacente alla struttura principale, accessibile da ogni piano. PIANO PRIMO Al piano primo si accede alla biblioteca dedicata ai bambini e ragazzi che condivide lo stesso spazio con un’area dedicata al gioco. Sempre al piano primo è situata un’area polifunzionale utilizzabile per conferenze, corsi, seminari, workshop o proiezioni di qualsiasi natura. PIANO SECONDO Il secondo piano è interamente dedicato alla biblioteca, con un’area di studio e di lettura. 62


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PIANO TERRA


1- RECEPTION 2- SPAZIO ESPOSITIVO 3- CAFFETTERIA 4- TOILET 5- GIARDINO

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GLI SPAZI INTERNI P

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Il piano terra è caratterizzato totalmente dal colore bianco per sottolineare il suo carattere di preesistenza. La pavimentazione è in resina bianca, infatti il suo carattere uniforme e monocromatico si adatta perfettamente all’idea progettuale di questo spazio.

RECEPTION E’ situata in prossimità dell’ingresso principale al piano terra. La posizione in cui è collocata permette: un ottimale controllo sui flussi di accesso e uscita dalla struttura; la coogestione da parte degli stessi operatori delle funzione di reception e di segreteria. L’arredo dell’area reception è formato da un bancone a “L” delle dimensioni di cm 230x60x120 h e cm 300x60x120 h, il frontebanco è caratterizzato da un pattern inciso su legno intervallato da elementi in rilievo retroilluminati. I materiali utilizzati sono mdf verniciato bianco e vetro. Sul perimetro della stanza è presente una libreria a tutta altezza anch’essa in mdf bianco utilizzabile anche come guardaroba. PATTERN INCISO SU MDF COLORATO CON ELEMENTI IN RILIEVO IN VETRO LACCATO BIANCO RETROILLUMINATO E VETRO. 68


VISTA FRONTALE , TERGALE, SUPERIORE E LATERALE DEL BANCO RECEPTION . SCALA 1:20


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SPAZIO ESPOSITIVO Lo spazio espositivo è stato progettato per ospitare mostre di vario genere. La scelta della sua collocazione non è casuale, il colore bianco che caratterizza l’ambiente è, infatti, quello più indicato nel caso di spazi espositivi ed in secondo luogo le grandi superfici vetrate dei portoni d’ingresso fungono da vetrina sulla strada invitando il visitatore ad entrare. L’allestimento doveva consentire varie possibilità di organizzazione dello spazio, per questo è stato scelto l’elemento del pannello espositivo. I pannelli forniscono una dotazione di piani espositivi di buona flessibilità e facile posa, e realizzano piani verticali utili

per delimitare percorsi di visita e zone espositive funzionali agli argomenti trattati di volta in volta nella mostra. I pannelli sono mobili e possono essere spostati in base alle esigenze del percorso espositivo. Inoltre possono essere disposti liberamente diventando delle pareti divisorie che permettono la creazione di spazi chiusi utilizzabili per qualsiasi necessità. Il pannello espositivo è di dimensioni cm 220x270. Il pannello è formato da una struttura metallica rivestita in cotone sorretta da due piedini d’acciaio che distaccano il pannello dal suolo creando l’effetto visivo che esso sia sospeso.

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SCALA 1:20

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CAFFETTERIA La caffetteria è divisa dall’ambiente espositivo da una superficie vetrata da cui si accede attraverso una porta scorrevole. Essa presenta anche un’apertura sul giardino dove il bar può estendersi nelle belle giornate e dove è presente un secondo ingresso alla struttura. Il bancone ha la forma semplice di un parallelepipedo e sul fronte presenta una decorazione a rilievo che sintetizza in “miniatura” l’involucro dell’edificio. I tavolini del bar prendono forma da un modulo di base triangolare, successivamente “arrotondato” dalla cui divisione in tre parti nascono le stesse sedie. In questo modo nel momento in cui il tavolo non è utilizzato le sedie possono essere riposte al suo interno creando un corpo unico.


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VISTA FRONTALE , SUPERIORE, TERGALE E LATERALE DEL BANCONE BAR. SCALA 1:20



La parete del vano scale presenta su entrambi i lati un rivestimento a pattern che unifica anche visivamente la funzione di collegamento tra i piani. Il pattern è inciso su un pannello di cartongesso poi applicato alla parete, caratterizzato da elementi triangolari in rilievo in vetro laccato bianco retroilluminato.


LE SCALE SONO IN ACCIAIO SPESSORE 6mm VERNICIATO BIANCO.

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VISTA A TUTTA ALTEZZA DEL PATTERN APPLICATO SULLA PARETE DEL VANO SCALE.


TAVOLINO E SEDIE BAR

RIVESTIMENTO VANO SCALE

1

2

3

PARETE

RIVESTIMENTO BANCONE RECEPTION

TAVOLINO BAMBINI POUF

MATRICE GENERATIVA DI VARI COMPONENTI D’ARREDO DELLA STRUTTURA.



PIANO PRIMO


1- BIBLIOTECA BAMBINI 2- AREA SVAGO 3- AREA POLIVALENTE 4- TOILET

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S E Z I O N E

L O N G I T U D I N A L E

B - B ’


SCALA 1:150


GLI SPAZI INTERNI P

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Il primo piano introduce, in contrapposizione alla realtà neutra e monocromatica del piano terra, in una nuova realtà a colori.

BIBLIOTECA BAMBINI I colori scelti sono caldi e vivaci in quanto ben rappresentano la personalità energica ed esuberante dei bambini che possono trovare in questo spazio un’atmosfera accogliente e stimolante per la lettura o lo studio così come per il gioco. I colori caratterizzano in primo luogo la pavimentazione, suddivisa in grandi aree geometriche in funzione degli spazi, ma anche negli arredi, che si alternano con colori più neutri come il legno naturale ed il bianco. La funzione di quest’area è prima di tutto quella di biblioteca per ragazzi ma anche di svago e di gioco, come dimostra la rete inserita nella parte sud del doppio volume che permette ai bambini di vivere la biblioteca come uno spazio ludico.

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La libreria caratterizza l’intero spazio in quanto corre su tutto il perimetro laterale del piano. Presenta alcuni fori circolari che permettono ai bambini di affacciarsi al piano sottostante, la parte finale si inserisce all’interno dell‘area “polivalente” dove presenta vari sportelli utilizzabili per riporre il materiale necessario. I materiali sono: legno compensato di betulla, lamiera bianca e dettagli in legno colorato.

RIVESTIMENTO IN HPL

LAMIERA VERNICIATA BIANCA

COMPENSATO DI BETULLA

SCALA 1:20

I tavolini nascono dall’idea di creare qualcosa di flessibile e adattabile a varie esigenze di utilizzo e, ovviamente, a misura di bambino. I tavolini progettati nascono da un modulo di base costituito da un triangolo suddiviso in tre parti passando per il baricentro, esse diventano tre tavolini dalla forma triangolare con gli angoli arrotondati . Possono assumere diverse configurazioni in base alle esigenze di utilizzo. L’altezza dei tavolini è di cm 40 ed il materiale è legno compensato di betulla. La seduta del tavolino consiste in un cuscino circolare dal diametro di cm 50 in gommapiuma rivestita con uno strato di poliuretano 100% riciclabile; il colore riprende la palette del pavimento.

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ESEMPIO DI VARIE TIPOLOGIE DI DISPOSIZIONE DEI TAVOLINI E DEI POUF DEL PRIMO PIANO.

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Su tutto il piano si trovano pouf di due forme: triangolare (la stessa forma del tavolino) o circolare. Possono essere utilizzati come comode sedute o come elementi di gioco dai bambini. Il materiale, come quello delle sedute dei tavolini, è in gommapiuma rivestita in poliuretano.

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SCALA 1:20


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AREA POLIVALENTE L’area polivalente non presenta reali suddivisioni rispetto al resto del piano in quanto tutto lo spazio si configura come un open space capace di adattarsi a varie possibilità di utilizzo. Come unico elemento divisorio presenta una tenda scorrevole che permette di creare un ambiente riservato ma anche di aprirsi e di estendersi quando se ne richiede la necessità. La tenda inoltre si trova su tutto il perimetro dell’area permettendo alle grandi vetrate di oscurarsi in caso di proiezioni o eventi che lo richiedono. Le sedie progettate sono in linea con le esigenze di flessibilità ed adattabilità dell’area. Sono pieghevoli e facilmente riponibili grazie ad un sistema di aggancio che, come una “gruccia”, permette di attaccarle ad un appendiabiti. Il materiale è legno compensato di betulla.

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PIANO SECONDO


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GLI SPAZI INTERNI P

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Il secondo piano è interamente dedicato alla biblioteca. E’ uno spazio aperto e luminoso , pensato per permettere lo svolgimento di vari tipi di attività.

BIBLIOTECA La biblioteca è l’ambiente che più di tutti rispecchia il “programma” dell’edificio, ovvero la creazione di spazi aperti, adattabili e interconnessi. Rispondendo in maniera adeguata anche al cambiamento del ruolo stesso della biblioteca nella società contemporanea, in relazione soprattutto ai nuovi canali di informazione digitali. L’ambiente interno è concepito come catalizzatore sociale, e incoraggia gli utenti ad essere attivi, invece di ricevere passivamente informazioni e servizi. La biblioteca deve essere uno spazio pubblico versatile in grado di fornire esperienze. La biblioteca si presenta come un grande ambiente unico distribuito su due livelli sfalsati collegati tramite dei “gradoni” che danno continuità e fluidità allo spazio permettendone una fruizione libera e spontanea.

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La gradonata, elemento di fusione tra i due solai, si pone come spazio sociale per eccellenza favorendo l’incontro e le relazioni. Sui gradoni sono distribuiti dei morbidi cuscini colorati mentre al loro interno si trovano delle piccole librerie. Queste ultime prolungandosi al di sotto dei gradoni si trasformano in elementi di illuminazione del piano sottostante. Questo spazio può essere utilizzato liberamente e può trasformarsi all’occorrenza in una sorta di ‘auditorium’ per conferenze, eventi o spettacoli.

PARTICOLARE DELLE CASSATE ALL’INTERNO

LIBRERIE INDEI GRADONI.


IMMAGINI CHE MOSTRANO L’AZIONE SPONTANEA DI UTILIZZARE I GRADINI COME SEDUTA PER IL RIPOSO, PER LE RELAZIONI, PER LA LETTURA O COME AUDITORUIM PER EVENTI E CONFERENZE. COME IN UNA PIAZZA COPERTA LA GRADONATA E’ UNO SPAZIO COMUNE CHE OFFRE VARIE POSSIBILITà D’USO.

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La pavimentazione dell’intero ambiente è monocromatica, in resina-cemento, con l’unica interruzione del perimetro del solaio superiore dove la pavimentazione diventa di vetro. Essa si prolunga sull’intero perimetro dell’ambiente trasformandosi in prossimità del livello più basso alternativamente in libreria e scrivania. In questo modo lo spazio si presenta come un’ambiente fluido e continuo. L’organizzazione degli spazi della biblioteca permette lo svolgimento di differenti tipi di attività: la consultazione degli scaffali, lettura concentrata al tavolo, lettura individuale, lettura rilassata in poltrona, lettura di gruppo. Con lo scopo di garantire uno spazio più riservato per la lettura individuale e lo studio è stata inserita l’unica divisione dello spazio costituita dal sistema di “porte pivot” poste tra la scrivania e la gradonata. Le partizioni pivot permettono di chiudere parzialmente l’ambiente e nello stesso tempo esprimere caratteri di flessibilità d’uso e di trasformabilità. Essi creano ampie quinte mobili che, ruotando attorno ad un cardine, assumono ruoli variabili per assecondare le mutevoli esigenze delle persone che abitano gli spazi, ponendosi come elemento scenografico di tutto lo spazio.

IL PERIMETRO DI TUTTO L’AMBIENTE E’ DEFINITO DA UNA “LINEA” CONTINUA E MUTEVOLE: NEL LIVELLO SUPERIORE E’ PAVIMENTO IN VETRO, CONTINUANDO NEL LIVELLO INFERIORE, DIVENTA ALTERNATIVAMENTE LIBRERIA E SCRIVANIA.

Il colore, elemento caratterizzante dell’intero spazio, rompe la superficie monocromatica della pavimentazione ed il bianco degli arredi creando accenti di colore presenti in tutto l’ambente secondo una palette di cinque colori. Gli elementi colorati sono: i cuscini dei gradoni, una “faccia” delle porte pivot, dettagli della libreria e della scrivania e le sedie di tutto il piano.

LE PORTE PIVOT HANNO UN LATO BIANCO ED UNO COLORATO, PERMETTENDO VARIE COMPOSIZIONI VISIVE.

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GLI ELEMENTI D’ARREDO

LIBRERIA FREE-STANDING Su tutto il livello superiore si trovano librerie free-standing a doppia faccia in lamiera verniciata a polvere di colore bianco. La parete di divisione tra le due “facce” della libreria è in vetro, donando ulteriore leggerezza e trasparenza alla struttura. La disposizione della libreria non è casuale ma si vuole porre, insieme alla partizione pivot, come elemento di rottura e di “frastagliamento” in un ambiente regolare e uniforme. Creando un percorso e spazi più riservati in un ambiente aperto e continuo. Tra le librerie si trovano divanetti e poltrone ed un grande tavolo, in struttura metallica bianca e piano in compensato di betulla, che offre un luogo per lo studio o la lettura “di gruppo”.

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LA DISPOSIZIONE DELLA LIBRERIA SI È LIBERAMENTE ISPIRATA AD UN’IMMAGINE DELLA NOSTOP CITY DEGLI ARCHIZOOM. COME DEGLI ELEMENTI DI ROTTURA IN UNA GRIGLIA REGOLARE LE LIBRERIE, LE POLTRONE E I DIVANETTI SUDDIVIDONO LO SPAZIO CREANDO PERCORSI E AREE DI LETTURA PIÙ RISERVATE. SEGUENDO UNA LOGICA MODULARE LA MISURA DELLA POLTRONA COSTITUISCE IL MODULO DI BASE CHE DA ORIGINE, RADDOPPIANDOSI, AL DIVANETTO E ALLA LIBRERIA.

LIBRERIA A PARETE La libreria è in lamiera verniciata a polvere di colore bianco, le suddivisioni sia verticali che orizzontali sono a distanza variabile ed è costellata di elementi colorati apribili, che possono essere utilizzati come piano d’appoggio per i libri o anche come piccoli spazi di esposizione.

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SCRIVANIA La scrivania, in legno compensato di betulla, occupa l’intera lunghezza del piano e offre un luogo più riservato per lo studio individuale. E’ previsto un sistema di cablaggio del piano di lavoro in modo da rispondere alle esigenze di tutti gli studenti di oggi. E’ sorretta da sezioni rettangolari in lamiera ed è sovrastata da una lunga mensola dove sono incassati dei faretti direzionali.

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C O N C L U S I O N I


“L’arte e la cultura rimandano ad un concetto di bellezza che serve a fornire all’uomo strumenti migliori per la convivenza sociale e civile” 14

Sulla base delle premesse fatte in precedenza sull’importanza che oggi può avere un’operazione di riuso edilizio per i suoi vantaggi di sostenibilità e di recupero della memoria storica del territorio, e su quella “riconversione culturale” che coinvolge sempre più luoghi in Italia e all’estero è nato il mio progetto di recupero dell’ex-Casa del Fascio di Scarperia in un centro culturale. Sottolineando anche l’importanza che una riconversione di questo tipo assume, in particolar modo, nei centri storici minori ponendosi come attrattore sociale ed economico del luogo. Con questo progetto ho provato a rispondere all’esigenza di una nuova Biblioteca a Scarperia ma soprattutto a dare origine ad un luogo polifunzionale che si ponesse al servizio della comunità locale, e non solo, divenendo un punto di riferimento per varie attività quali mostre, eventi artistici, corsi di vario tipo per adulti e bambini, conferen-

ze, eventi letterari, cineforum.. in sintesi un luogo flessibile pronto a plasmarsi, ad evolvere sulle esigenze della comunità che lo anima. Un luogo d’incontro e di aggregazione promotore di creatività, un catalizzatore sociale, urbanistico e culturale per il territorio. La volontà progettuale, perciò, è stata quella di dare origine ad uno spazio aperto in grado di offrire varie possibilità di utilizzo e di risultare il più flessibile possibile. Lo spazio è stato organizzato come un grande open space senza nessuna parete divisoria, dove ogni spazio confluisce in un altro liberamente. Punto di partenza della progettazione è stato l’obiettivo di creare una chiara suddivisione tra ciò che è preesistente e ciò che è nuovo, concetto che è stato seguito tanto all’esterno quanto all’interno. All’esterno con una giustapposizione di materiali: quello esistente pesante, dotato di salde

radici che lo legano alla terra e al territorio; quello nuovo leggero, rivolto al celo, abitante dell’aria. Pietra e vetro, due materiali diversi, appoggiati l’uno sull’altro attraverso una sottile fuga che fa apparire l’involucro quasi sospeso. All’interno con l’uso del colore che caratterizza tutto ciò che è nuovo in contrapposizione all’esistente, invece bianco. I nuovo piani sono stati inseriti con rispetto nella preesistenza distaccandosi da essa tramite il perimetro vetrato dei solai, che contribuisce a creare continuità visiva in tutto l’ambiente. Lo spazio che ne risulta è uno spazio aperto, ampio e luminoso. Il processo che ha caratterizzato l’approccio alla progettazione potrà essere riproposto in sede di realizzazione del manufatto coinvolgendo attivamente la comunità locale.


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A B STR A CT 1 - citazione tratta da L’architettura della mente di Eugenio Tescione.

INTR O DU Z IO NE 2 - Giò Ponti, Amate l’architettura, Genova, 1957

CA PITO LO 1 3 - Giò Ponti, Amate l’architettura, Genova, 1957. 4 - Gli interni nel progetto sull’esistente, a cura di Adriano Cornioldi, università iuav di Venezia, Edizioni Il Poligrafo. 5 - E’ significativo a questo proposito osservare come la normativa italiana riguardante la conservazione e valorizzazione del patrimonio storico sia passata nell’arco di un secolo dalla concenzione del “Momunmento” (D.Lgd. 490/19999) a quella di “Bene di Interesse Storico-Artistico” per giungere a “Beni Culturali e del Paesaggio” (D.Lgs. 42/2004). 6 - Centri Storici Minori, Progetti di recupero e restauro del tessuto urbano fra identità culturale e salvaguardia. A cura di Federica Maietti, Maggioli Editore. 7 - Gli interni nel progetto sull’esistente, a cura di Adriano Cornioldi- università iuav di Venezia- Il Poligrafo. 8 - Oggetti e relazioni. Il nuovo e l’antico tra dispersione e concentrazione di significato. Saggio a cura di Marco Rapposelli.

CA PITO LO 2 9 - Wikipedia, alla voce “Cultural Center”. 10 - Termini coniati negli anni settanta per indicare politiche e attività culturali specificatamente finalizzate a conseguire obiettivi di crescita personale e coesione sociale, e in quanto tali chiaramente distinte dall’ambito delle cosiddette “arti colte”. 11 - Walker A. C. (a cura di) (1997), Britain Divided: the Growth of Social Exclusion in the 1980s and 1990s, Child Poverty Action Group, Londra. 104

CA PITO LO 3 12 - Regolamento urbanistico del Comune di Scarperia (Fi) adottato con delibera del Consiglio comunale 7 settembre 2009, n. 53.

CA PITO LO 4 13 - J. Hillman, L’anima dei luoghi, Rizzoli editore, Milano 2004.

CO NCLUS IO NI 14 - Citazione di Pier Paolo Pasolini.


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Recupero, conservazione e riuso: un centro culturale nel mattaoio di Roma, Marco Mulazzani, Mondatori Electa, 2011. La Fabbrica della Cultura: Progetto di recupero dell’ex fabbrica Campolmi, Marco Mattei, Edizioni Polistampa 2010. Form+Structure, Graeme Brooker and Sally Stone, Ava Publishing. 104 - Atelier Novembre Architectes: The Transformation of an Old Parisian Funeral Parlour into an Arts Centre, Desmoulins and Christine, Editore: Archives d’Architecture Modern, 2009. Industrial chic: reconverting spaces, Savigliano: Gribaudo, 2006. Gli interni nel progetto sull’esistente, a cura di Adriano Cornioldi, Università Iuav di Venezia, Edizioni Il Poligrafo. Il riuso delle aree industriali dismesse in Italia : trenta casi di studio, a cura di Andrea Bondonio, Firenze Alinea. Architecture reborn : the conversion and reconstruction of old buildings, Kenneth Powell, London, Laurence King. Re-use architecture, Chris Van Uffelen, Salenstein : Braun, 2010. Centri Storici Minori: Progetti di recupero e restauro del tessuto urbano fra identità culturale e salvaguardia, a cura di Federica Maietti, Maggioli Editore. Valorizzazione e recupero del patrimonio edilizio in Italia : commenti e approfondimenti, a cura di Pier Giovanni Bardelli e Carlo Caldera, Torino, Celid, 2007. Manuale di progettazione: Biblioteche, Luciano De Licio, Roma: Gruppo Mancosu Editore, 2006. Edilizia per la cultura: biblioteche e musei, Marco Vaudetti, Torino: utet scienze e tecniche, 2005. Tate Modern Londra, Maria Alicata, Mondatori, 2010. Pensare l’architettura, Zumtohr Peter, Mondatori Electa, 2003.. Materials and components of interior design, Riggs Rosmery, Prentice Hall. Detail, AA.VV., Detail, Settembre 2003. The Plan 007, AA.VV., The plan Edition, Settembre, 2006. Dettagli costruttivi per l’interior design, Drew Plunkett, Logos edizioni.

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http://www.theplan.it/ Herzog & De Meuron, Caixa Forum http://www.farm-culturalpark.com http://www.exfadda.it http://www.cuccagna.org http://www.urban-reuse.eu/ Progetti di Riuso nel mondo http://www.dezeen.com/ Tama art university library by Toyo Ito http://www.terredimugello.it/mugello-artigianato.shtml http://webgis.cm-mugello.fi.it/ Scarperia http://www.prolocoscarperia.it/ http://www.comune.scarperia.fi.it

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Ringrazio il prof. Giovanni Bartolozzi per i preziosi consigli nella stesura di questa tesi. Ringrazio tutta la mia famiglia ma soprattutto i miei genitori per aver sempre creduto in me e per avermi sempre lasciata libera nelle mie scelte. Ringrazio i nonni e lo zio per tutto quello che hanno fatto per me in questi quattro anni e per l’affetto che mi hanno dimostrato. Ringrazio tutti gli amici del Design Campus, in particolare Giulia, Marco, Andrea, Davide, Giulia e Lucia per i momenti meravigliosi passati insieme, non li scorderò mai. Un particolare ringraziamento a Pietro per il suo amore, per esserci sempre stato (e per avermi sopportato) anche nei momenti peggiori e per l’aiuto e il sostegno che mi ha dato.



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