19 minute read
neo-Eubios 83 - La riqualificazione energetica dell'edilizia storica. Tra pregiudizi e opportunità
di Simona Santostasi
Advertisement
L’efficientamento energetico degli edifici storici è, da oltre un ventennio, un tema di grande attualità e al centro di numerosi dibattiti e progetti di ricerca internazionali. Il patrimonio edilizio europeo è caratterizzato da una presenza capillare e diffusa di edifici vincolati e di interesse culturale dichiarato, il cui retrofit energetico rappresenta un nodo critico per il raggiungimento degli obiettivi di Agenda 2030, tra cui il miglioramento delle prestazioni degli involucri e la riduzione delle emissioni globali di CO2.
Questi edifici rappresentano un quarto dell’intero stock immobiliare e sono dislocati soprattutto nei centri storici, marchio distintivo di numerose città e villaggi europei a cui conferiscono unicità e di cui riflettono l’identità culturale.
Queste sono anche le aree, tuttavia, in cui l'elevato livello di inefficienza energetica contribuisce a un'enorme percentuale di emissioni di gas serra.
In tutta l'Unione Europea gli edifici costruiti prima del 1945 sono infatti responsabili di circa il 40% del consumo energetico totale attribuito al comparto edilizio, nonché del 36% delle emissioni di CO2 prodotte da tutti gli edifici europei [1].
Alcuni di questi immobili, a causa dello spreco di energia loro attribuito, sono a rischio demolizione e, nonostante questo mercato del retrofit meriti una particolare attenzione all'interno delle politiche europee sulla sostenibilità, per ora solo timidi passi avanti sono stati fatti in questa direzione, soprattutto relativamente all’impianto normativo e all’integrazione di sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili.
La maggior parte degli attuali sviluppi nell'efficienza energetica riguarda, infatti, le nuove costruzioni e l’edilizia contemporanea, per cui molte delle più recenti tecnologie e strategie messe in campo al giorno d’oggi, non risultano adeguate per l’applicazione sulle strutture storiche.
L’impatto energetico del patrimonio storico
Sul fronte nazionale, il tessuto costruito italiano è indubbiamente tra i più datati e più ricchi di stratificazioni tra tutti quelli europei.
Dall’ultimo censimento, emerge come più del 50% degli edifici italiani siano antecedenti la Legge n° 373/76, la prima in ambito nazionale a introdurre il tema dell’efficienza energetica nell’edilizia.
Il 22% di questi è in mediocre o pessimo stato di conservazione [2], questo spiega perché la maggior parte degli immobili delle nostre città siano così altamente energivori.
Basti pensare alla moltitudine di fabbricati realizzati nei primi 20 anni del secondo dopoguerra, in gran parte progettati da architetti di riconosciuto talento che all’epoca si cimentarono nella costruzione di interi quartieri residenziali (INA CASA, Gescal, I.A.C.P.), nonché di edifici pubblici, tra cui scuole e ospedali, attualmente considerati di grande rilevanza architettonica.
Tali costruzioni furono progettate in pieno boom economico, in un’epoca di ampia disponibilità di energie fossili e una scarsa sensibilità ai temi del risparmio energetico.
Attualmente questi edifici, che hanno già 50 anni di vita alle spalle, costituiscono più del 25% del patrimonio immobiliare italiano e risultano per la stragrande maggioranza inefficienti sotto il profilo energetico.
culturale, cioè sottoposto a vincolo di tutela in base alle procedure espresse dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).
Secondo Sidief [3] sono circa 1,8 milioni questi edifici che costituiscono “il bello” dell’immobiliare presente in Italia per un valore complessivo che ammonta a quasi 1500 miliardi di euro.
Essi appartengono a diverse epoche e stili architettonici e, anche in questo caso, si trovano maggiormente concentrati nei centri urbani dove vengono spesso impiegati nel settore terziario e per ospitare funzioni pubbliche (musei, biblioteche, archivi, ecc.).
L’età avanzata di questo patrimonio edilizio lo rende, oltre che obsoleto, anche particolarmente energivoro con fabbisogni annui che superano frequentemente i 300 KW/m2. Ricoprendo ruoli rilevanti per l’immagine delle città italiane, questi immobili finiscono per incidere gravosamente sui bilanci dell’intera pubblica amministrazione, la quale gestisce oltre tremila dei circa cinquemila edifici fra musei, palazzi e monumenti italiani con una spesa annua che si aggira intorno ai 250 milioni di euro [4].
A fronte di questo scenario che offrirebbe numerose motivazioni e opportunità per il miglioramento energetico dell’edilizia esistente, accade, in realtà, che i professionisti incaricati per questi progetti riscontrino ancora oggi una situazione di immobilismo normativo e di poca chiarezza sul fronte metodologico.
Il 26% del tessuto edilizio nazionale è stato costruito, invece, prima del 1945, ovvero prima dell’evoluzione tecnologica dei processi conseguente alla terza rivoluzione industriale.
Tali edifici sono generalmente considerati “storici”, e di questi, solo l’1,8% è considerato patrimonio La dualità del problema vede contrapporsi da un lato le decennali politiche dell’UE sul risparmio energetico negli edifici, dall’altro la difficoltà a dialogare con gli organi di tutela, definiti come unici “censori” del processo progettuale [6].
Le direttive europee EPBD, con i relativi recepimenti nazionali e regionali per il contenimento delle emissioni e del consumo dei combustibili, dettano infatti requisiti molto stringenti non solo per le nuove costruzioni, ma anche per ristrutturazioni importanti e riqualificazioni di edifici esistenti senza distinzione di età anagrafica. Sull’altro fronte, ci sono i principi propri del restauro (minimo intervento, reversibilità e soprattutto compatibilità) i quali, attraverso le Soprintendenze costituiscono l’impianto teorico e metodologico per preservare gli edifici storici da ristrutturazioni maldestre, di fatto, però, condannandoli sul fronte energetico a uno status quo di inefficienza prestazionale, anticamera di processi di defunzionalizzazione e abbandono.
La questione della deroga
I progettisti che si trovano a operare su questi manufatti, schiacciati tra queste due istanze, sempre più frequentemente ricorrono allo strumento della deroga previsto già dal D. Lgs. 192/2005 e ribadito negli anni successivi fino alle norme più recenti.
Tale circostanza deriva dal recepimento della Direttiva Europea 2002/91/CE nella quale è espressamente riportata la possibilità, da parte degli Stati membri, di non istituire o di non applicare i requisiti di adeguamento energetico per gli "edifici e monumenti ufficialmente protetti come patrimonio designato o in virtù del loro speciale valore architettonico o storico, nei casi in cui il rispetto delle prescrizioni implicherebbe un'alterazione inaccettabile del loro carattere o aspetto" oltre che per gli "edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose".
La formulazione del decreto, ad oggi rimasta invariata nella L. 90/2013, apriva alcune questioni tutt’ora lontane dall’essere risolte. Il testo di legge infatti demanda di fatto l’efficacia operativa della norma a un giudizio critico su un’alterazione limitata al solo carattere storico o all’aspetto “artistico” dell’edificio. Tuttavia il dibattito disciplinare, suffragato dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, suppone che i valori fondativi della tutela siano ben più ampi della componente “storico-artistica”, bensì che discendano “dall’aver preventivamente riconosciuto ad un manufatto un ‘valore’ particolare, artistico o testimoniale, estetico o storico; in ogni caso, dalla sua considerazione come ‘oggetto di cultura’, testimonianza materiale avente valore di civiltà” [7].
La questione quindi è più complicata di come viene posta.
Per questi edifici talvolta non viene presa nessuna decisione risolutiva: l’apposizione del vincolo sul bene tutelato viene percepita in modo negativo, come costrizione, e il conseguente ricorso alla deroga fa cadere il bene vincolato in uno stato di “cristallizzazione” che reprime ogni progettualità.
L’impiego sistematico di tale strumento rischia di rappresentare una scorciatoia per il progettista fin dalle prime fasi del proprio lavoro, facendolo sentire in qualche modo autorizzato a non contemplare in alcun modo interventi di miglioramento energetico sull’edificio, il quale continuerà a perdurare nella sua condizione di insostenibilità ambientale ed economica.
Worst Practices
Se questo è ciò che accade per i beni vincolati, per gli edifici storici non tutelati da alcun interesse dichiarato la necessità di eseguire interventi di ristrutturazione e ammodernamento impiantistico si scontra con l’obbligo di recepire in toto la normativa nazionale.
Si tratta per lo più di “edilizia minore”, spesso edilizia rurale, isolata o diffusa, o comunque non dichiaratamente inserita in un contesto
qualificato come centro storico che possa preservarla dall’attuazione acritica di interventi non rispettosi dell’esistente. Di contro, per via della sua funzione per lo più abitativa, proprio tale comparto edilizio, risulta maggiormente soggetto a interventi di modifica e adeguamento da parte dei proprietari.
Le normative, com’è noto, pur individuando la necessità di intervenire anche su queste costruzioni dal punto di vista della sostenibilità, nonassegnano alcuna procedura in grado di indirizzare gli operatori, se non fornendo limiti tecnici molto rigidi relativi alle singole componenti edilizie (pareti, finestre, tetto), in antitesi con la possibilità di valutare un miglioramento “globale” che sarebbe più auspicabile per questo tipo di immobili. Il risultato di ciò, è il ricorso inappellabile a una serie di pratiche e interventi di cui tecnici poco sensibili alla materia si avvalgono frequentemente senza prevedere i rischi a essi correlati.
Segue un rapido elenco a titolo esemplificativo:
• sostituzione e dismissione di elementi tecnologici originari, ritenuti poco performanti(serramenti in primis) a cui vengono preferiti analoghi di nuova concezione, sicuramente più efficienti ma non sempre compatibili con la materia storica della fabbrica in cui vengono posti;
• addizioni di superficie (ricoprimenti murari) con perdita di apparati decorativi, dei rapporti pieni-vuoti, delle proporzioni, delle patine e delle texture materiche dei paramenti facciavista;
• impiego di tecniche e materiali con caratteristiche termofisiche non compatibili con quelli tradizionali (come le malte cementizie);
• scarsa valutazione o perdita delle prestazioni residue e degli effetti positivi dati dall’inerzia termica delle masse murarie e dalla ventilazione naturale un tempo assicurata dalle canne fumarie e dagli spifferi degli infissi originari;
• rottura degli equilibri igrometrici e dei processi di traspirazione delle murature;
• danno estetico e materico conseguente all’installazione sulle coperture o in facciata di moduli fotovoltaici dal forte impatto visivo.
La UNI EN 16883:2017 e altre linee guida
Per porre un freno a queste pratiche incaute, e cercare di colmare il vuoto normativo che le aveva generate, sono intervenuti in anni recenti due strumenti con funzione di guida per il progettista: le Linee di indirizzo del MiBACT del 2015, e la norma UNI EN 16883 del 2017, quest’ultima non limitata agli edifici ufficialmente designati come beni culturali, ma applicabile agli edifici storici di ogni tipo ed età. Entrambi i documenti propongono due procedure, riassumibili in analoghi diagrammi a schemi di flusso, che forniscono indicazioni per la valutazione degli interventi migliorativi della prestazione energetica in base a:
• analisi investigative volte alla conoscenza dei contesti paesaggistici e del valore storico del bene;
• giudizi interdisciplinari che puntano a valutare i livelli di rischio dei vari scenari di progetto con i relativi impatti possibili su patrimonio, ambiente e utenza.
Lo scopo di questi lavori, tutt’ora validi nei loro contenuti e unici nel panorama disciplinare, è quello di fornire sia ai progettisti, che alle istituzioni pubbliche incaricate di valutare i progetti, strumenti tecnici armonizzati per approcciare in maniera corretta un intervento di retrofit su edifici e paesaggi vincolati.
L’obiettivo è quello di favorire un percorso metodologico comune e condiviso che possa facilitare il dialogo tra figure professionali che hanno ruoli e compiti diversi, nel tentativo di trovare un bilanciamento tra esigenze di conservazione ed efficienza energetica.
Fondamentale a tal fine è la distinzione, presente nel documento del MiBACT, tra “adeguamento”, inteso come un completo rispetto delle norme e prescrizioni di legge, e “miglioramento”, dove questo secondo termine rappresenta il modo meno schematico, ma più appropriato e flessibile, per avvicinare l’edificio storico ai moderni standard di comfort termico.
Progetti e risorse per un restauro sostenibile
Anche l’Unione Europea, negli ultimi 15 anni, si è molto attivata per dare dei riferimenti operativi nella direzione della salvaguardia del costruito storico, promuovendo e finanziando numerosi progetti di ricerca volti all’accrescimento della conoscenza delle metodologie, delle tecniche e dei materiali che caratterizzano questi immobili.
Le priorità d’azione previste da questi programmi, condotti su casi pilota in Paesi dell’UE, riguardano aspetti specifici, ad esempio lo studio di nuovi materiali per l’involucro, la messa a punto di nuovi prodotti e componenti per l’isolamento termico, nuove tecniche di produzione e di stoccaggio dell’energia, la promozione dell’uso di fonti rinnovabili.
A partire dal progetto BRITA in PUBs, promosso dalla Commissione Europea tra il 2004 e il 2008, sono seguiti negli anni successivi il progetto New4Old (2007-2010), il progetto GoverNEE (2010-2013) e il progetto 3encult (20102014) che in Italia ha coinvolto enti di ricerca, imprese e soggetti privati coordinati dall’EURAC Research. Interessanti a questo proposito, sono le misurazioni e le proposte di intervento condotte per Casa della Pesa a Bolzano, ma anche per Palazzo d’Accursio e per la Palazzina della Viola a Bologna.
Il progetto 3encult, infatti, si focalizzava su edifici vincolati che svolgevano una funzione pubblica o sociale, per i quali l’obiettivo generale era quello di migliorare la gestione dei flussi di energia attraverso soluzioni attive e passive efficienti, convenienti e durature, adeguatamente monitorate per studiarne l’impatto ambientale nel contesto di riferimento.
Tra il 2012 e il 2016 è la volta del progetto Effesus, un’ampia ricerca che ha coinvolto un consorzio interdisciplinare di 23 partner provenienti da 13 paesi europei sul tema dell’efficienza energetica del patrimonio urbano comunitario, ma anche della fornitura da fonti rinnovabili per complessi edilizi e interi distretti storici.
All’interno del progetto è stato dato grande spazio a uno studio sui serramenti originali per i quali sono state vagliate una serie di opzioni di miglioramento che vanno dall’ombreggiatura termica all’impiego di pellicole a bassa emissività, alle vetrate multistrato sottili, fino al sistema della supply-air window.
Sempre sul tema dei serramenti storici, un grande contributo è stato dato negli anni dagli studi inglesi condotti dall’ English Heritage e dall’Historic England2, che hanno dimostrato come, con alcuni accorgimenti semplici (tende pesanti, chiusura delle persiane, doppio serramento), ma di grande efficacia, si ottenesse in passato, e si possa tutt’oggi ottenere, un considerevole miglioramento del comportamento energetico delle finestre, pur senza pensare di raggiungere le prestazioni offerte dai prodotti attuali [16].
Prima di arrivare a considerare la sostituzione dei vecchi infissi (soprattutto se in antico legno pregiato), ci sono dunque diverse strategie che possono essere intraprese.
A tal proposito, dalla lettura di varie review sullo stato dell’arte, è possibile mettere in evidenza questa serie di interventi raggruppabili in tre livelli d’incidenza sull’edificio, ordinati secondo un approccio graduale al miglioramento dell’efficienza energetica.
La scelta di un isolante traspirante (doppio strato di pannelli in fibra di legno a cui si aggiunge un altro strato di fibra di legno a densità maggiore con funzione di ripartitore dei carichi) e un opportuno dimensionamento della camera di ventilazione è un sistema che favorisce lo smaltimento della condensa grazie al flusso d’aria interno, regola i livelli l’umidità e garantisce una maggiore durata dei materiali messi in opera [13]
L’ultima delle immagini proposte nella precedente infografica è un prototipo tratto dal lavoro svolto per il progetto 3encult per Casa della Pesa a Bolzano, dove, in collaborazione con la Soprintendenza, è stato sviluppato un concept di finestra che prende il nome di “smartwin historic”. In questo caso la sostituzione del serramento esistente era giustificata, anzi auspicabile, in quanto un precedente intervento degli anni ’50-’60 aveva già dismesso le finestre originarie installando infissi non considerati di pregio dagli esperti di conservazione.
Si è pensato quindi di sostituire questi elementi con un prototipo di serramento che riproponesse le caratteristiche estetiche delle finestre tradizionali (l’originale numero di ante, il colore, la ferramenta, l’effetto antichizzato del vetro) e avesse al contempo alte prestazioni energetiche (ridotta trasmittanza termica ed elevata tenuta all’aria). Il concept sviluppato per la nuova finestra separa le due esigenze in due layer distinti: quello esterno ha una funzione estetica e riproduce l’apparenza materica, cromatica e formale delle finestre originali, quello interno massimizza l’efficienza energetica del serramento. Il sistema, pertanto, è concepito come una doppia finestra su modello della kastenfenster3 costituita da due finestre accoppiate poste a una distanza pari allo spessore della muratura, in modo tale da mantenere comunque evidente la valenza decorativa di davanzali e cornici in materiale lapideo.
Gli ultimi e più recenti progetti europei e internazionali a essere promossi e sviluppati intorno al tema dell’efficientamento energetico dell’edilizia storica vengono qui presentati in ordine temporale:
• il progetto Climate for Culture (2009-2014) sulla protezione del patrimonio culturale in tempi di cambiamenti climatici, finanziato dal 7° Programma quadro dell’Unione Europea e coordinato dal Fraunhofer Center di Lipsia;
• il progetto ATLAS, sviluppato nell’ambito del 3° bando di Interreg Alpine Space (2014-2020) con l’obiettivo dichiarato di (ri)scoprire e valorizzare l’architettura alpina tradizionale attraverso l’elaborazione di strumenti avanzati per uno sviluppo sostenibile del costruito storico;
• i progetti RENERPATH e VIOLET;
• il progetto SECHURBA, Sustainable Energy Communities in Historic URBan Areas (2008-2011), finanziato attraverso il programma europeo Intelligent Energy for Europe, che in Italia ha designato come caso studio il Castello di Zena a Carpaneto Piacentino. L’edificio era stato precedentemente interessato anche dal progetto S.O.C.R.A.T.E.S. Sistema Operativo Coordinato di Ricerca sull’Adeguamento Tecnologico degli Edifici Storici, patrocinato dal MIC e dalla SABAP per le province di Parma e Piacenza;
• il progetto HeLLo - Heritage energy Living Lab onsite, condotto all’interno del Centro Ricerche del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara. Qui, attraverso la pratica del living lab, è stato creato un laboratorio di monitoraggio all’interno di alcuni locali di Palazzo Tassoni Estense, dove vengono testate direttamente in situ le prestazioni di alcuni sistemi di isolamento termico per acquisire dati reali utili per la progettazione degli interventi;
• il progetto INCREAS, Innovative and Creative Solutions for Cultural Heritage, tutt’ora in corso.
Edifici storici e Superbonus
Un’ultima considerazione è necessaria sugli effetti che ha avuto, nell’ambito dell’edilizia storica, la recente proliferazione dei bonus edilizi legati all’efficientamento energetico, evento che ha suscitato un certo fermento nei proprietari di immobili, incentivandoli maggiormente a intraprendere lavori di ristrutturazione e riqualificazione energetica. Da tali agevolazioni non sono sicuramente esclusi gli edifici collocati nei centri storici e gli edifici vincolati (per questi ultimi esistono una serie di altri bonus specifici per le opere di manutenzione, protezione e restauro), tuttavia per questi immobili è senza dubbio più ardua la capacità di traguardare gli ancor più stringenti limiti richiesti dalla normativa Ecobonus. Consapevole di ciò, il legislatore, con finalità inclusive, nella L.77/2020, al comma 2 dell’art. 119, ha previsto che: qualora l’edificio sia sottoposto ad almeno uno dei vincoli previsti dal Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, oppure qualora gli interventi definiti come “trainanti” siano vietati da regolamenti edilizi, urbanistici e ambientali, la detrazione si applica anche ai soli interventi c.d. “trainati” anche se non eseguiti congiuntamente ai primi, purché venga rispettato l’obbligo del salto di due classi energetiche. In sostanza, se Soprintendenza o regolamenti locali vietassero l’intervento trainante, il proprietario della singola unità immobiliare potrebbe comunque avere accesso al Superbonus ammodernando l’impianto di riscaldamento con un generatore più sostenibile, oppure intervenendo sugli infissi, aggiungendo per esempio schermature solari compatibili, oppure installando dispositivi multimediali per il controllo remoto e così via.
Gli interventi dovranno solo assicurare, nel loro complesso - anche, ove possibile, congiuntamente a interventi di installazione di impianti fotovoltaici con sistemi di accumulo - il miglioramento di almeno due classi dell’APE. Resta sottinteso che, nel caso in cui risulti invece possibile isolare più del 25% della superficie disperdente oppure sostituire l’impianto centralizzato, allora l’intervento trainante rimane obbligatorio e non può essere derogato.
Nell’intenzione del legislatore c’era dunque sicuramente la volontà di far recepire la presenza di uno qualsiasi dei vincoli del D. Lgs. n. 42/2004, più che come un limite, come un'opportunità per i proprietari di edifici storici, soprattutto unifamiliari o unità immobiliari in condominio.
Tuttavia anche il salto delle due classi, nell’ambito dell’edilizia storica, risulta inevitabilmente condizionante per il progettista, che viene indirizzato, suo malgrado, a esasperare prassi di smaltimento e rifacimento, spesso acritiche e tendenti ad automatismi, pur di raggiungere l’obiettivo.
La possibilità, ove concessa, di eseguire un cappotto esterno viene, infatti, non di rado colta molto volentieri dai tecnici in quanto la coibentazione dell’involucro rappresenta in assoluto l’intervento più efficace per il miglioramento delle prestazioni termiche.
Proprio in relazione a questo aspetto, a rimettere in chiaro le priorità e le competenze è recentemente intervenuto il MiBACT con la discussa Circolare 4/2021 recante disposizioni integrative alla precedente circolare n. 42/2017 in merito agli ambiti applicativi della procedura di autorizzazione paesaggistica semplificata.
La Circolare chiarisce che, riguardo il Superbonus 110%, per l’istallazione del cappotto termico negli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio anteriori al 1945 (così come definiti nella circolare 42/2017 dello stesso MIBACT, cioè immobili vincolati e/o che si trovano in area di tutela paesaggistica) è necessario acquisire l’autorizzazione paesaggistica.
Viene puntualizzato che «le specifiche caratteristiche tecnico-costruttive, definite caso per caso, possono comportare incrementi di spessore anche significativi in funzione dello specifico materiale, della soluzione tecnica prescelta e del grado di efficientamento termico richiesto dall’intervento», si tratta, quindi, di una valutazione specifica e singolare che va eseguita per ogni richiesta di lavori di efficientamento energetico di questo tipo.
La Circolare ha creato non poco scompiglio soprattutto tra operatori e soggetti interessati ad aprire pratiche di Superbonus su queste costruzioni, ancor più perché -di contro - non è chiaro quali siano gli adempimenti procedurali per gli edifici ante 1945 non sottoposti a vincoli o per gli immobili costruiti dopo il 1945 collocati in un centro storico
È bene ricordare che una Circolare non fa giurisprudenza e non è fonte normativa, tuttavia, la tendenza generale pare sia quella di frenare sull’uso indiscriminato del sistema degli incentivi nel comparto edilizio storico, con particolare attenzione alla coibentazione, dato che questa, più di tutti, può comportare una sensibile variazione nei connotati estetici delle facciate e nell’immagine del paesaggio.
* Simona Santostasi: Ingegnere Edile, lavora per TEP srl nell’ambito dell’analisi energetica degli edifici. Il presente articolo è una sintesi delle considerazioni introduttive espresse nella sua Tesi di Laurea Specialistica in Ingegneria Edile-Architettura dal titolo “Riqualificazione energetica dell’edilizia storica. Il caso del Palazzo Zaffiro Isacco”, redatta con il relatore Prof. Pietro Stefanizzi e discussa a giugno 2022 presso il Politecnico di Bari.