EE House Organ 35

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Cerindustries SpA

numero 35 settembre 2014

scenari deputati a meglio rappresen-

Perhaps the settings which best ex expr p ess the

tare la dolce malinconia del passag-

sweet melancholy of the passage of sum umme m r to

gio tra l’estate e l’autunno sono forse quelli capaci

autumn are those where the intriins nsic metaphysic

di esprimere una metafisica insita nel panorama,

of place is expressed most strongly: lik ike a forest

come una foresta scultorea, una fortezza sospesa

of sculptures, a fortress suspende ed in i the he air,

o un paesaggio sottomarino.

or an underwater landscape. Th Thiss iss s ue of

GLI

Ma questo numero di ee conduce a scoprire anche luoghi che esistono ormai solo nella memoria, simboli di epoche perdute, visitate rievocando sia i salotti del fu bel mondo sia i momenti topici della antica civiltà contadina. Luoghi di una Romagna che non c’è più, di cui rimangono qua e là isolate tracce, abitata da uomini il cui carattere fu però molto simile a quello che caratterizza i loro posteri. Ostinati, caparbi, ma quasi

ee e takes us to these places an and d ot othe h rs whi hich c only exist in memory, the symb mbol o s of vanis ishe h d epochs, whethe h r they evoke the salons of the be eau mon onde de or the rituals of peasant society. C rn Co rner errs of a Rom omag a na that no o longer exists exce ex cept ce pt in issol o at a ed tra aces here and d there. And yet ye et th the e sp pir irit it of the peop o le op l of Roma agn g a survives un nchan ch han ange g d. ge d Stu tubb b orn, headstr tron ong, but generous

sempre generosi, come la terra che calpestano.

too, o lik ike e th the e la land that re rear ared e the hem. m Oft f en

Talvolta capaci, pur provenendo da una cultura

c pa ca pabl ble, e, des espi pite te the h ir pragm matticc bac ackg k rounds ds,, of

pragmatica, di creare luminose architetture artisti-

prod duc ucin ing g lu lumi m no ously artistic wo works of miniature e

che, che uniscono la componente estetica a quella

arch ar c itecture which c combine the h aestheticc and

concettuale.

the th e conceptual. Sometimes evven combini ning ng

Magari mescolando discipline diverse; ché al ca-

diff di ffer e ent disciplines; for rules e can often feel

rattere romagnolo spesso le regole stanno strette.

rest s ri rictive to the Romagnol charracter.

EDITORIALE

1]


ea r th e lem e nt


è

T H E A RT I ST I C CO N S CI E N CE O F I VO S A S S I The garden of sculptures

ssi ivo sa lo. l e b il

After finishing a work, has an artist completed his “mission”?

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La coscienza artistica di Ivo Sassi tommaso attendelli immagini: archivio ivo sassi

I L G I A R D I N O D E L L A S C U LT U R A Dopo aver completato l’opera, un artista ha svolto per intero la propria “missione”? Forse no. Deve anche preoccuparsi che tale opera sia messa nelle condizioni ideali per instaurare un dialogo con l’osservatore. Questa sembra essere la posizione di Ivo Sassi, a giudicare dal suo ultimo progetto che, in nome di questo assunto, lo ha portato ad aprire al pubblico addirittura i cancelli della sua dimora privata. Scultore, ceramista e pittore, Ivo Sassi (vedi ee n. 13) ha incantato tutto il mondo con le sue sculture ceramiche che sommano una straordinaria cromaticità a formati di dimensioni tali da richiedere una tecnica ineccepibile per essere realizzate. Dopo oltre mezzo secolo di attività, in questa fase della sua ricerca, l’artista brisighellese sembra vivere un ritorno alle proprie radici. Così, nell’immenso parco della sua residenza sita sulle alture collinari di Oriolo dei Fichi (tra Faenza e Brisighella) ha cominciato a disporre alcune delle sue opere per testare la risposta dell’ambiente. I

Sensi

È lo stesso Sassi a dichiarare come egli abbia assistito a una fusione poetica tra gli elementi che lo ha spinto a continuare fino a realizzare quella che è stata definita una “foresta scultorea”. Circa una trentina di pezzi sono stati finora disposti, sempre cercando un proficuo equilibrio tra le caratteristiche delle singole opere e la conformazione naturale del luogo preciso in cui venivano poste. Quello che ha preso il nome di Giardino della scultura è ancora un work in progress e potrà arrivare a contenere oltre 50 opere. Sarà uno spazio aperto al pubblico senza restrizioni, che nell’intenzione dell’Artista non dovrà costituire solamente una mostra permanente, bensì divenire la cornice per eventi legati all’Arte di qualunque portata e orientamento. Non una semplice galleria en plain air, dunque. Non un centro culturale qualsiasi, ma una porzione di territorio in cui sia visibile il compenetrarsi dell’elemento naturale e di

Romagna

della sua controparte culturale, nati entrambi dallo stesso humus vitale. Con la sua arte, in altre parole, Ivo Sassi celebra lo stesso substrato da cui ha attinto la propria visione artistica, scegliendo di condividerlo con un terzo elemento fondamentale per far quadrare questa “equazione” percettiva: le persone. La città di Faenza non ha raccolto passivamente il “dono” di Ivo Sassi, l’attuale assessore alla Cultura, Massimo Isola, ha infatti ideato un modo di incrementare il potenziale espresso da tale opportunità sviluppando un percorso museale a cielo aperto che avrà per tappe le numerose opere pubbliche faentine realizzate dall’artista brisighellese e culminerà proprio nel Giardino della scultura. Da un punto di vista antropologico il progetto di Sassi si potrebbe leggere come il tentativo di costituire l’esatto opposto di un nonluogo (neologismo introdotto dal sociologo Marc Augé per definire spazi ove le individualità si incrociano senza entrare in relazione, come ad esempio aeroporti, grandi centri commerciali, outlet…), che un giorno rappresenterà anche il suo testamento artistico. Territorio

Maybe not. He also has to think how the work can best be placed to enter into dialogue with the observer. This seems to be the position of Ivo Sassi, to judge by his latest project, which led him to open the doors of his own home to the public. A sculptor, ceramist and painter, Ivo Sassi (see ee 13) is an artist whose enchanting ceramic sculptures combine extraordinary chromatic power with shapes and dimensions which require exceptional technique just to produce them. After a career spanning half a century, the Brisighellaborn Sassi seems to be returning to his roots. In the huge garden of his home in the hills of Oriolo dei Fichi (between Faenza and Brisighella), Sassi has taken to “exposing” some of his works to the elements, to see how they respond. This is the same Ivo Sassi who declared how it was after witnessing a “poetic fusion of the elements” that he was driven to produce what one critic has described as a “forest of sculptures”. Sassi has placed around thirty works in his garden so far. In each case he seeks to establish a meaningful dialogue between the characteristics of each individual work and the natural setting they occupy. What’s now known as the “garden of sculptures” is still a work in progress, and Sassi plans to install up to 50 works there. The garden will be open to the public, with no restrictions. But in the artist’s conception, it will be more than just a permanent exhibition but rather the setting for art-related events of all shapes and sizes. Not just an open-air gallery, then. And not just any “centre of the arts” either, but a portion of land where the interpenetration of the natural milieu and its cultural counterpart is visible, as if it had sprung from the same vital humus. In other words, what Ivo Sassi’s sculpture garden celebrates is the stuff that fed his own artistic vision, articulating it with a third and no less essential fundamental element in this “equation” of perception: people. Ivo Sassi’s gifts have not gone unnoticed by the city of Faenza, whose local commissioner for the arts, Massimo Isola, has come up with a way of augmenting the potential of the sculpture garden by developing an open-air museum trail whose “stations” are the many public artworks produced by the Brisighella-born artist. The trail reaches its culmination and destination in the sculpture garden. From the anthropological point of view, Sassi’s garden can be seen as an attempt to construct the exact opposite of a non-place (a neologism coined by the sociologist Marc Augé WR GHÀQH VSDFHV ZKHUH SHRSOH PLQJOH ZLWKRXW establishing rapport, such as airports, malls, outlet centres etc.). Perhaps one day it will also symbolize Sassi’s artistic legacy.

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Una fortezza sospesa SA N LEO

A FO R T R ES S S U S P E N D E D I N T H E A I R San Leo According to legend, late stonecutter by the name persecution of Christians the rock of Mons Feltrus lived as a hermit.

in the 3rd century a humble of Leo, fleeing from the in Dalmatia, took refuge on (Monte Feliciano), where he

The hermit became a saint, and the village which grew in the place he now called home took his name: San Leo. Today, an imposing fortress thrusts itself skywards from the highest point of the crag. This fortress is almost impregnable due to the sheer cliffs which surround it, and can only be reached from the valley below by a narrow road cut out of the rock. In its various architectural incarnations over the course of nearly two millennia, the stronghold has resisted armies of all kinds. Such is its strategic importance that for two years (962-64) San Leo was actually the capital of Italy under Berengar II. Over the centuries, the imposing crag on which the village of San Leo stands has been important as a spiritual retreat, then as a military stronghold, and now as a tourist attraction. Its visual impact has remained uncontaminated E\ PRGHUQ LQIUDVWUXFWXUH DQG 6DQ /HR QRZ à LHV WKH 2UDQJH )ODJ awarded by Italy’s Touring Club to small inland towns distinguished for the quality of their tourist facilities. And when it comes to receiving WRXULVWV 6DQ /HR FDQ FRXQW PDQ\ LOOXVWULRXV ÀJXUHV DPRQJ LWV YLVLWRUV

Dante Alighieri stayed here, as Canto IV of his Divine Comedy attests; so did St Francis of Assisi, who arrived here on 8 May 1213. It happened that on the day of his arrival a count of Montefeltro was being invested as a knight in San Leo. Among the guests at the investiture was another count, Orlando Cattani da Chiusi. Seeing the large crowd in attendance at the ceremony, Francis delivered an impassioned sermon from the shade of an elm tree. Orlando was so struck by Francis’ eloquence that he made a gift of a small and solitary local peak, Monte Verna, to the holy man. But in San Leo, the odour of sanctity is inextricably bound up with another, darker odour: that of magic. Giuseppe Balsamo, better known as the Count of Cagliostro, was imprisoned in the fortress of San Leo from 1791 until his death on 26 August 1795. Cagliostro was an enigma, an adventurer and an alchemist famed all over Europe for his supposed magical powers (see ee 11). Also imprisoned in the fortress half a century later was the revolutionary Felice Orsini. For such a small town, San Leo is rich in history. Among its other architectural attractions are the early Christian church built on the site of the original memorial chapel erected by San Leo himself (he was a stonecutter, according to tradition), the Romanesque cathedral, and the Renaissance fort. The most original, and certainly the most spectacular, way of enjoying the dizzy heights of San Leo is from a glider (there is a landing strip in the vicinity) or paraglider (taking off from Monte Severino). In autumn nights, the mists that rise from the valley surround the fortress and cut it off from the world below, and it seems to be perched on clouds.

la città piÚ Ú bella d’italia? san leo: una roc r ca e due u chiese. umbert umb e o eco ec

[6

7]

Secondo la leggenda, sul finire del III secolo d.C., un umile tagliapietre di nome Leone, fuggito dalla Dalmazia per sottrarsi alle persecuzioni contro i cristiani si rifugiò sulla rupe del Mons Feltrus (Monte Feliciano) per vivere da eremita.

L’eremita divenne Santo e il paese che si sviluppò su quell’altura prese il suo nome: San Leo. Oggi, sul punto piĂš alto del maestoso sperone di roccia si eleva una poderosa fortezza, che si staglia contro il cielo. Resa virtualmente inaccessibile dallo strapiombo che la circonda e collegata alla valle solo da una stretta strada intagliata nella roccia. Il forte, attraverso i suoi vari rimaneggiamenti architettonici, nell’arco di quasi due millenni ha visto “cozzareâ€? tra loro eserciti di ogni sorta. La sua importanza strategica viene testimoniata anche dal fatto che San Leo assunse addirittura per due anni (dal 962 al 964) il titolo di Capitale d’Italia, assegnato da Berengario II.

luca biancini immagini: archivio comune di san leo, asgeir pedersen

I

Sensi

di

Romagna

Lungo i secoli, il poderoso masso leontino su cui sorge il paese gli ha dunque conferito prima un valore spirituale, poi militare ed oggi turistico. Il suo impatto panoramico, non contaminato da infrastrutture moderne, ha permesso infatti a San Leo di guadagnarsi la Bandiera Arancione (marchio di qualitĂ turistico-ambientale conferito dal Touring Club Italiano ai piccoli comuni dell’entroterra che si distinguono per un’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualitĂ ). Sul fronte dell’accoglienza, il paese può anche vantare trascorsi illustri. Ospitò Dante Alighieri, come si può leggere nel Canto IV della Divina Commedi a, e San Francesco d’Assisi. Quest’ultimo giunse qui casualmente l’8 Maggio 1213 mentre si teneva l’investitura a cavaliere di un conte di Montefeltro alla quale era presente fra gli altri anche il conte Orlando Cattani da Chiusi. Vista la numerosa folla, Francesco tenne un’appassionata predica all’ombra di un olmo. Il conte Orlando rimase cosĂŹ colpito dalla sua eloquenza che gli donò un picco solitario della zona, conosciuto col nome di Monte Verna.

Ma a San Leo, l’â€?odorâ€? di santitĂ si mescola all’â€?aromaâ€? della magia. Nelle carceri della sua fortezza fu infatti rinchiuso, dal 1791 fino alla morte avvenuta il 26 Agosto 1795, Giuseppe Balsamo, noto come Alessandro conte di Cagliostro: enigmatico avventuriero ed alchimista famoso in tutta Europa per i suoi presunti poteri esoterici (vedi ee n. 11). Tra le stesse mura languĂŹ mezzo secolo dopo l’attivista Felice Orsini. Molte sono dunque le suggestioni concentrate in questo borgo raccolto intorno alla Pieve preromanica sorta sull’originario sacrario edificato dallo stesso Leone (che la tradizione vuole abile tagliatore di pietre), con il suo Duomo romanico e il suo forte rinascimentale. Il modo piĂš originale e spettacolare per abbracciare questo panorama è certamente quello di osservarlo da un aliante (sfruttando la locale aviosuperficie per il volo a vela) o in parapendio (decollando dal Monte Severino). Nelle notti autunnali, poi, le nebbie che si levano dalla valle circondano la fortezza, che pare arroccata sulle nuvole.

Territorio


franco de pisis

THE KURSA AL Lost emblem of Rimini’s belle Êpoque

immagini: archivio franco de pisis

At the turn of the nineteenth and twentieth centuries Rimini’s Kursaal was the hub around which the life of the city’s high society revolved. A lavishly appointed neoclassical palazzo, it was almost 80 metres long, overlooking the city on one side and the sea on the other.

Il fu Kursaal

,WV PDMHVW\ EHJDQ HYHQ EHIRUH JXHVWV UHDFKHG WKH UHFHSWLRQ GHVN ² ZKLFK ZDV RQ WKH Ă€UVW Ă RRU WZR PHWUHV DERYH JURXQG OHYHO DQG FRXOG RQO\ be reached via a grand staircase. Inaugurated in 1873, the Kursaal was not the sedate establishment its name might suggest (it means “cure hallâ€? in German) but the setting of choice for lively receptions, balls and gala evenings. The grand lobby of the Kursaal covered almost 200 square metres. To the left were a cafĂŠ and restaurant, while the ballroom and rooms for gaming, reading and conversation lay to the right. On the side of the building which faced the sea, a series of descending terraces offered spectacular views of the coastline. In the upper rooms of the hotel there was even a tabarin, where exotic music and muted lighting set the scene for some quite different – but equally natural – views. An aura of legend often shrouded the balls that took place within the walls of the Kursaal, some of which have gone down in history, such as the 1906 cotillon that was attended by such luminaries as Elena Bianchini Cappelli, Filippo Tommaso Marinetti, Ermete Novelli and Olga *LDQQLQL 2Q $VVXPSWLRQ 'D\ RI WKH .XUVDDO KRVWHG ,WDO\¡V YHU\ Ă€UVW IHVWLYDO RI VRQJ DQG ZKHQ WKH IHVWLYDO UHWXUQHG WKH IROORZLQJ \HDU it was a runaway success, attracting 5000 spectators to the gardens of the hotel. The event later changed venue, to become known as the 6DQUHPR IHVWLYDO )RU GHFDGHV WKH .XUVDDO ZDV D PRQXPHQW WR SOHDVXUH ZKRVH EHQHĂ€WV ZHUH SURFODLPHG E\ 3DROR 0DQWHJD]]D KLPVHOI D patron of the Riviera, and an example of what resort tourism could be for every other coastal resort in Italy. Miraculously, the Kursaal survived the bombardments of the Second World War. But by the time the war ended, the hotel had come to symbolize the excesses of a regime which KDG EURXJKW WKH FRXQWU\ WR WKH EULQN RI VHOI GHVWUXFWLRQ $QG VR ZKLOH WKH Ă€UVW SRVWZDU PXQLFLSDO FRXQFLO KXPPHG DQG KDZHG RQ WKH IDWH DZDLWLQJ LW JURXSV RI XQHPSOR\HG ORRWHUV PRYHG LQ ZLWK SLFND[HV VWULSSLQJ WKH KRWHO IRU EXLOGLQJ PDWHULDOV ,WV Ă€QDO GHPROLWLRQ EHJDQ RQ March 1948. It was the disappearance of one of Rimini’s architectural jewels. But other priorities reigned at the time, and the money required for restoring the Kursaal was better employed in providing homes – of a far more modest nature – to so many of those who had lost theirs during the war. Although it is no longer standing, the Kursaal lives on in the collective memory of the people of Rimini, and thanks also to the work of scholars and enthusiasts (like Alessandro Catrani, Ferruccio Farina, Manlio Masini and the volunteers of the Rimini Sparita association, to name MXVW D IHZ ZKR FROOHFW DQG GLVVHPLQDWH QHZV SKRWRV DQG GRFXPHQWV UHODWLQJ WR ZKDW ZDV LQFRQWHVWDEO\ WKH Ă€UVW WHPSOH GHGLFDWHG WR SOHDVXUH in a place where pleasure reigns.

L’ E M B L E M A P E R D U T O D E L L A B E L L E É P O Q U E R I M I N E S E [8

9]

A cavallo tra Ottocento e Novecento, il simbolo della vita mondana d’Êlite riminese era un fastoso palazzo in stile neoclassico, che con i suoi quasi 80 metri di lunghezza guardava da un lato la cittĂ e dall’altro il mare. Per descriverne la maestositĂ , basti dire che gli avventori accedevano direttamente al piano nobile, che si trovava a due metri d’altezza, salendo su un’elegante scalinata. Inaugurato nel 1873, il Kursaal, a dispetto del significato letterale del suo nome, che in tedesco significa sala di cura, fu la cornice di ricevimenti, balli e serate di gala. Varcata la sua soglia ci si trovava al cospetto di un grandioso atrio di quasi 200 metri quadrati. A sinistra si trovavano il caffè e il ristorante, mentre a destra si accedeva alle sale da gioco, da lettura, da conversazione e al salone da ballo. Sul fronte mare, le terrazze “babilonesiâ€? offrivano un meraviglioso colpo d’occhio sul panorama costiero, mentre nelle sale superiori era stato allestito addirittura un tabarin, che tra musiche esotiche e luci soffuse, presentava ben altri “panoramiâ€? benchĂŠ pur sempre naturali. Un alone di leggenda circondava spesso le serate danzanti che si tenevano fra le mura del Kursaal, eventi che risultavano talvolta memorabili, come il cotillon del 1906 che vide la presenza di Elena Bianchini Cappelli, Filippo Tommaso Marinetti, Ermete Novelli e Olga Giannini. Nel ferragosto del 1936, vi si tenne anche il primo festival della canzone italiana, che giĂ l’anno successivo incontrò un clamoroso successo richiamando oltre 5000 persone nel parco del Kursaal e sarebbe poi divenuto, una volta cambiata location, il Festival di Sanremo. Questo monumento al loisir vacanziero fortemente voluto dal patrono della riviera romagnola, Paolo Mantegazza, rappresentò a lungo per tutte le rinomate localitĂ costiere d’Italia un esempio di ciò che il turismo balneare poteva diventare. Nel secondo dopoguerra, però, risparmiato miracolosamente dai bombardamenti, il Kursaal simboleggiò anche gli eccessi di un regime che aveva portato il Paese a sfiorare la propria autodistruzione. CosĂŹ, mentre la prima amministrazione comunale del post-Liberazione dibatteva sulla sua sorte, alcuni gruppi di disoccupati iniziarono a picconare il Kursaal per recuperare materiale edilizio e il 13 marzo 1948 fu dato ufficialmente inizio al definitivo smantellamento. SparĂŹ cosĂŹ un incalcolabile patrimonio architettonico riminese, pur se va considerato che con il denaro necessario al suo restauro fu invece possibile dare una casa, ben piĂš modesta, a molti di coloro che avevano perso la propria durante la guerra. I

Sensi

di

Romagna

la gen gent te god te o e di pi piĂš iĂš il div divert ertim ert men nto to qu quand and n o sa che ndo nd che ta ante alt an altre re per person sone son e sono sono ri rimas mas aste te esc es lus luse dal divert divertime imento to. russe rus sell bake ak r

BenchĂŠ non sia piĂš in piedi, però, il Kursaal è ancora ben vivo nella memoria collettiva riminese, grazie anche all’impegno di studiosi e appassionati (come Alessandro Catrani, Ferruccio Farina, Manlio Masini e i volontari dell’Associazione culturale Rimini Sparita, per citarne alcuni) che conservano e divulgano notizie, foto e documenti di quello che fu certamente il primo “tempioâ€? consacrato al divertimento della tuttora gaudente riviera romagnola. Storia


italo graziani – testo raccolto da alessandro antonelli

OX BLANKETS Colourful, practical and propitious

immagini: archivio vanda budini

Coperte da buoi

Beside the famous caveja, another emblem of the peasant tradition of Romagna is the ox blanket.

These blankets are relatively unknown nowadays, although the traditional decorative motifs, printed from carved wooden dies, which formerly adorned them are frequently found on dishtowels and cushions. Ox-drawn machinery is a rarity nowadays too, after all. But for a long time the ox was one of mankind’s strongest and most faithful servants. Before the impetuous winds of human innovation swept it and much else away, this docile draught animal – a castrated bull, to be precise – was for thousands of years a daily feature of rural life. It shared in the joys and pains of its owner, and was a source of pride for him. The historical records tell us little about the practice of covering oxen’s backs with decorated blankets. We do know that it’s a very old custom, however. Medieval iconography often features a carroccio, the cart that was the symbol and standard-holder of its city, drawn by oxen protected by decorated blankets. These blankets were basically toned-down versions of the caparisons worn by medieval warhorses. Oral tradition records the practical convenience of these blankets in peasant life. When their beasts stood at rest after a long journey, for example, or when they ZHUH ZDLWLQJ WR RIà RDG WKHLU SURGXFH IURP WKHLU FDUWV 7KH EODQNHWV used on an everyday basis, with their wearers sweating under the yoke, were not richly decorated. They were usually simple mantles of embroidered fabric.

A N T I C H I M A N T I D A L L A F U N Z I O N E P R AT I C A , BENAUGURALE ED ESTETICA

Una delle “bandiereâ€? della civiltĂ contadina, oltre alla famosa caveja, può essere certamente considerata la coperta da buoi. [10

Oggi è relativamente poco conosciuta perchĂŠ i motivi decorativi tradizionali, stampati a ruggine con matrici di legno, che ornavano questi paramenti si ritrovano attualmente per lo piĂš su tovaglie e cuscini. C’è stato un tempo però in cui i fedeli e straordinari compagni dell’uomo che lavorava la terra erano i buoi. Prima che l’impetuoso “ventoâ€? diretto dall’intelligenza dell’uomo la cancellasse, per alcune migliaia di anni questi mansueti animali (in pratica tori castrati) furono una presenza quotidiana nella vita rurale. Dividevano infatti le gioie e i dolori dei loro padroni, per i quali erano motivo d’orgoglio. Non esiste una documentazione che permetta di risalire alle esatte origini dell’uso di coprire il dorso dei buoi con le coperte. Sappiamo però che è eccezionalmente antico. In alcune iconografie medioevali ritroviamo infatti il Carroccio (simbolo delle cittĂ comunali) tirato dai buoi protetti da coperte decorate. Si tratterebbe dunque di una versione povera della gualdrappa con cui venivano vestiti i cavalli da guerra. La tradizione orale testimonia la loro importanza pratica quando nell’epoca della civiltĂ contadina le bestie si trovavano a sostare all’addiaccio dopo un lungo tragitto. Come nel frangente in cui il contadino, che conferiva i suoi prodotti, doveva attendere il proprio turno per scaricarli. Le coperte usate quotidianamente per proteggere le bestie sudate al giogo non erano però ric-

I

Sensi

camente decorate. Si trattava per lo piĂš di semplici manti di tela spinata a rigatino. Le uniche di tale tipo giunte ai giorni nostri mostrano larghe righe (6/8 centimetri) bianche e blu. Il colore blu veniva in questo caso ottenuto dal guado: una pianta tintoria molto presente nelle terre marginali. Lo stesso tipo di copertura era usato dal bovaro durante la stagione fredda. I buoi piĂš grassi venivano generalmente macellati a Pasqua, dopo una sfilata pubblica. In occasioni come questa, cosĂŹ come alle fiere, le corna delle bestie venivano adornate di fiocchi e sulle loro larghe groppe si poneva una coperta da parata. I tessuti con cui erano confezionate non differivano di molto da quelli delle coperte da lavoro, anche questi erano infatti realizzati dalle donne di casa nei telai domestici. Si distinguevano però le istoriazioni stampate a ruggine che le adornavano. Queste spaziavano dai motivi geometrici e floreali, ai fiocchi cardinalizi, alle scene di caccia. Un posto di rilievo era riservato alle raffigurazioni religiose, prima tra tutte quella di Sant’Antonio Abate. Oltre a difendere i bovini dal freddo, alle coperte veniva infatti attribuita anche una funzione talismanica. Ora, guardando gli stessi motivi decorativi che campeggiano sulla biancheria da cucina tipica romagnola, resta il nesso della qualitĂ artigianale autentica, che va difesa dall’avvilente diluizione delle imitazioni industriali.

di

Romagna

The only specimens of this type that have survived to the present day have broad (6-8 cm) blue and white stripes. The blue pigment was obtained from woad, a dye-yielding plant commonly found on edgelands. The same type of blanket was worn by ox drivers during the winter months. Fatter oxen were generally slaughtered at Easter, after a public parade. On occasions like this, just like at the market, the horns of the oxen were festooned with ribbons and a festive blanket draped over their broad shoulders. The fabric of these “special occasionâ€? blankets did not greatly differ from the fabric of their workaday equivalents, and both varieties were produced by peasant women on domestic looms. What made the festive blankets different were the woodblock-printed illustrations that decorated WKHP 7KHVH FRXOG UDQJH IURP JHRPHWULF DQG Ă RUDO PRWLIV WR JDUODQGV and hunting scenes. Many blankets gave pride of place to religious Ă€JXUHV HVSHFLDOO\ $QWKRQ\ WKH *UHDW %HVLGHV SURWHFWLQJ WKH EHDVWV from the cold, the blankets also had a talismanic function. Now that the oxen have gone, the decorative motifs of their blankets live on g – the traditional, handmade in the traditional table linen of Romagna kind, that is, not the cheap industrial imitations.

paiono gualdrappe da giostr ra o da to torne rneo o e no non sono in fo ondo che co coltr ltri i a di ifes esa a del del e fre freddo ddo. . ruvide lenzuola di tel la spi ina su cui so ono o sta stati ti imp m res r si re i disegn dis eg i a co olor o ruggi or ru uggi ggine. ne. e e. al o spal ald llic icci ic

Storia

11]


paolo martini

immagini: archivio franco de pisis

A ROMAGNOL REBEL The subversive calling of Felice Orsini

Two years later he was a free man again, thanks again to the intercession of Mastai-Ferretti, who in the meantime had been elected pope, taking the name of Pius IX. It was at this point that

“Orsini bombs/Daggers in hands/Death to the Austrian sovereign/We want liberty/Death to Franz, viva Oberdan”.

Un ribelle romagnolo

These were the chants that echoed in the halls of the Italian universities during the interventionist demonstrations of 1914. But who was this Orsini, and why sing the praises of his bombs? Orso Teobaldo Felice Orsini was born in a small hill town in Romagna in 1819. Although little bigger than a village, Meldola punches well above its weight in the history of the Italian Risorgimento, for it is the birthplace not only of Orsini but of the patriots Pietro Maroncelli

le passioni si manifestano in tutta la loro nudità; e col lungo contatto non v’è corteccia che tenga, non raffinata ipocrisia che possa durare; il cuore vedesi qual è: e grande scuola per conoscere gli uomini sono le prigioni. felice orsini

L A CA RICA E V ERSI VA DI FELICE ORSINI

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“Le bombe all’Orsini / pugnale alla mano / A morte l’austriaco sovrano / E noi vogliamo la libertà. Morte a Franz, Viva Oberdan”.

Queste le parole che echeggiavano nelle università italiane durante le manifestazioni interventiste del 1914. Per raccontare questa piccola storia ci basta la prima strofa, chi era questo Orsini e perché inneggiare alle sue bombe? Orso Teobaldo Felice Orsini nasce in un piccolo paese sulle colline romagnole nel 1819, poco più di un villaggio cui però la storia risorgimentale italiana deve molto: Meldola, questo il nome della cittadina, ha dato i natali, oltre che ad Orsini, a Pietro Maroncelli e ad Aurelio Saffi. I

Sensi

di

Romagna

temperament was a volatile blend of idealism and violence, and it was these qualities that drove him to become a revolutionary by profession – and a man capable of unprecedented acts of violence. Aged just 13, he was arrested while attempting to enrol in the French army. In 1836 he was found guilty of the murder of his family cook. After spending six months in jail, he was released after promising a family friend, Cardinal Mastai-Ferretti, that he would enter the Jesuit order. A few months later he was in Imola, where his uncle, Orso, persuaded him to resume his studies. Sure enough, Orsini graduated in jurisprudence. But his revolutionary ardour still burned unabated, and in 1844 he founded a secret society, the Congiura Italiana dei Figli della Morte. He was soon arrested as a conspirator and sentenced to life imprisonment.

proclamation of the Roman Republic. Orsini travelled Italy from end

managed to capture him and imprisoned him in the impregnable castle of Mantua. This time he spent a year in prison, before making a daring and dramatic escape. Orsini now went into exile, spending time in London and then Paris. He published books on his adventures, and gradually became estranged from his fellow patriot Mazzini. The better to follow his own destiny. On the evening of 14 January 1858, Orsini and other co-conspirators hurled three bombs at the procession of Napoleon III, who in Orsini’s view had betrayed the cause of the Roman Republic and the ideals of the carbonari. It was carnage: 12 dead and 156 maimed. The Emperor himself was unscathed, and the conspirators were rounded up in the course of the night. Orsini went to the guillotine on 13 March 1858. Before his execution, he wrote a long letter to the Emperor, explaining the reasons for his acts. So forcefully did Orsini argue his corner that Napoleon III allowed the letter to be published. Its effect on public opinion was so great that Cavour saw the opportunity to increase political pressure on France. Orsini’s bombs were made of cast iron and loaded with nails and bolts. The explosive charge was mercury fulminate. They are considered to

Il Nostro impiega molto poco per mostrare al mondo un’indole, sospesa fra ideali e violenza, che lo porterà a diventare un rivoluzionario di professione e uomo capace di violenze inaudite. A 13 anni viene arrestato mentre tenta di arruolarsi nelle truppe francesi. Nel 1836 viene condannato per l’uccisione del cuoco di famiglia. Passa sei mesi in galera, ne esce solo grazie alla promessa di entrare nella Compagnia del Gesù fatta a un amico di famiglia, il cardinale Mastai Ferretti. Pochi mesi e lo ritroviamo a Imola, dove lo zio Orso lo convince a riprendere gli studi. Riuscirà a laurearsi in Giurisprudenza. Ma l’ardore non si placa, nel 1844 fonda una nuova società segreta, la Congiura Italiana dei Figli della Morte. Arrestato, per lui è carcere a vita. È libero due anni dopo, grazie al cardinale amico di famiglia: è diventato papa con il nome di Pio IX e lo grazia. A questo punto diventa rivoluzionario a tempo pieno. Partecipa alla prima guerra di indipendenza, con l’amico Saffi fa parte della Repubblica Romana. Gira l’Italia da cima a fondo, la sua fama ormai sconfina nella leggenda. Gli austriaci lo temono e lo braccano. Riescono ad arrestarlo e a rinchiuderlo nell’inespugnabile castello di Mantova. Tempo un anno, e Orsini riesce a fuggire con un’evasione rocambolesca. Va in esilio, prima Londra, poi Parigi. Pubblica libri sulle sue avventure e, lentamente, si sgancia da Mazzini. Per andare incontro al suo destino. La sera del 14 gennaio 1858, assieme ad altri congiurati, lancia tre bombe all’Orsini contro il corteo dell’Imperatore Napoleone III, l’uomo colpevole di aver affossato la Repubblica Romana e di aver abiurato gli ideali carbonari. È una strage: 12 morti e 156 feriti. L’Imperatore illeso, gli attentatori arrestati nel corso della notte. Orsini viene ghigliottinato il 13 marzo 1858. Prima dell’esecuzione scrive una lunga lettera all’Imperatore spiegando le ragioni del suo gesto. Tale la forza delle argomentazioni che Napoleone III acconsente alla pubblicazione. L’effetto sull’opinione pubblica è così forte da permettere a Cavour di aumentare la sua pressione politica sulla Francia. Le bombe all’Orsini, fatte in ghisa, caricate con fulminato di mercurio e riempite di chiodi e bulloni, sono considerate le prime bombe a mano della storia. Storia

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La collezione Mauro Pascoli MECCA ROMAGNOLA D E L L A V E S PA

Romagna’s Vespa Mecca Mauro Pascoli was running a Piaggio dealership in Ravenna when one day it occurred to him that he preferred the old Vespas his clients left with him to the new ones he was selling them. It was the start of what is now one of the world’s biggest collections dedicated to that miracle of two-wheeled design, the Vespa. It’s now 60 \HDUV VLQFH WKH 9HVSD WKH VPDOO VFRRWHU Ă€UVW VNHWFKHG LQWR OLIH E\ WKH DHURQDXWLFV HQJLQHHU &RUUDGLQR '¡$VFDQLR FDPH WR HPERG\ WKH Ă€QHVW in Made in Italy excellence. Today, the Vespa has clubs dedicated to it and legions of followers all over the world. As Pascoli’s collection grew, it soon became too important to remain under lock and key. So Pascoli, his wife Loretta and their son Raffaele founded an association, La Bella in Mostra, with the objective of opening the collection to the public. Today, the museum which houses Pascoli’s collection extends over 500 square metres of exhibition space on two levels, and contains over 150 exhibits, with models such as the Ape, Moscone and the Piaggio moped alongside the Vespas. The exhibition trajectory takes us from the early 1946 models to the present day, tracing the history RI D KXPEOH PHDQV RI WUDQVSRUW WKDW EHJDQ DV D FKHDS DQG SUDFWLFDO DOWHUQDWLYH WR WKH HFRQRP\ FDU DQG HQGHG XS Ă€UVW DV WKH V\PERO RI ,WDO\¡V HFRQRPLF UHVXUJHQFH WKHQ DV D IDVKLRQ LWHP DQG Ă€QDOO\ DV D GHVLJQ LFRQ 0DQ\ KDUG WR Ă€QG PRGHOV DUH RQ GLVSOD\ LQ WKH 3DVFROL FROOHFWLRQ OLNH WKH WKH Ă€UVW 9HVSD PRGHO SURGXFHG E\ 3LDJJLR LQ ZLWK D ULJLG IUDPH DQG QR SURS VWDQG WKH 8 DQ HFRQRPLF version designed to compete with the Lambretta) and the 90 Super Sprint (with a smaller fairing, tapering towards the top to reduce drag, a narrow drop handlebar and a small luggage compartment between the saddle and the steering column, complete with a chest-cushion), which was used for racing. The Pascoli collection spans the entire existence of the Vespa, and many more recent models are also on show, such as the 250 GT 60 (produced in 2006 in a limited edition of 999 specimens, to mark Vespa’s 60th birthday). But the exhibit that really catches the attention of enthusiasts and the merely curious alike is the TAP, a military model produced in France in 1956 and designed for XVH E\ WKH )RUHLJQ /HJLRQ LQ $OJHULD DQG ,QGRFKLQD %HVLGHV D VHULHV RI PRGLĂ€FDWLRQV WKDW ZRXOG UDLVH WKH H\HEURZV RI PDQ\ DQ H[SHUW WKH huge, longitudinally mounted 75 mm cannon that pokes through the armoured fairing is enough to stop anyone in their tracks. An assault Vespa! And although it looks like something out of a cartoon strip, it was actually designed to be parachuted into action. But one of the museum’s biggest attractions is the section dedicated to the Vespa’s poor relation, the bee to the Vespa’s wasp: the Ape. Among the prize exhibits in this section are the Calessino 125 Giardinetta, which was principally used as a taxi in Capri, Ischia and Riccione in the 1950s and V ,WV EDFN VHDW KDG HQRXJK URRP WR FDUU\ WZR SDVVHQJHUV LQ FRPIRUW 7KLV PRGHO LV RI KLJK KLVWRULFDO VLJQLĂ€FDQFH IRU GXH WR LWV VLPLODULW\ with the rickshaw it became a best-selling means of public transport throughout southeast Asia, where it is still widely in use with the name of tuk-tuk. It’s especially ubiquitous in India, where the Vespa and the Ape are now produced under licence.

bernardo moitessieri [14

THE MAURO PASCOLI COLLECTION

immagini: archivio cambiamenti.net

ha la v vita stretta; se embra una vespa! enrico piaggio (visionando il prototipo della 98 mp6).

Un bel giorno di tanti anni fa fa, , il signor Mauro Pascoli, titolare titolare del concessionario Piaggio di Ravenna nna a si è reso conto di preferire preferi ire re le vecchie Vespe che ritirava dai clienti rispetto a quelle nuove che gli vendeva. Da questa presa di coscienza è nato il nucleo di quella che oggi è una delle collezioni piĂš importanti al mondo dedicata a quel mirabile pezzo di design su due ruote che è la Vespa. A 60 anni dalla sua nascita, infatti, il piccolo scooter nato dalla matita dell’ingegnere aereonautico Corradino D’Ascanio è universalmente conosciuto come simbolo del miglior Made in Italy e può vantare club dedicati oltre a schiere di fedelissimi appassionati in tutto il mondo. Quando la Collezione è diventata troppo importante per restare chiusa dietro ad un portone, Mauro, la moglie Loretta e successivamente il figlio Raffaele hanno dunque dato vita all’Associazione culturale La Bella in Mostra, con l’obiettivo di rendere fruibile al grande pubblico la Collezione. Oggi il museo che contiene le Vespe del signor Pascoli si estende su oltre 500 metri quadrati di area espositiva distribuita su due piani e contiene piĂš di 150 veicoli tra Vespa, Ape, Moscone e ciclomotori Piaggio. Il percorso espositivo si snoda dai primi modelli del 1946 fino a quelli dei giorni nostri, tracciando idealmente la storia di questo piccolo grande mezzo di locomozione nato come alternativa pratica ed economica alle utilitarie a quattro ruote e divenuto simbolo della rinascita economica, prima, moda, poi, e infine fenomeno di costume. Si possono ammirare pezzi iconici introvabili, come la 98 (primo modello di Vespa prodotto dalla Piaggio nel 1946, dotato di telaio rigido e privo di cavalletto), la 125 U (versione economica sviluppata per fare concorrenza alla Lambretta) o la 90 Super Sprint (con scudo frontale ridotto I

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e rastremato verso l’alto per ridurre la resistenza aerodinamica, manubrio stretto ed abbassato nonchĂŠ bauletto portaoggetti sistemato fra sella e sterzo dotato di cuscino poggia-petto) che veniva impiegata per le competizioni su po pista. Non mancano pregiati esemplari moderni come la 250 GT 60 (prodotta nel 2006 in una serie limitata di 999 esemplari per celebrare il 60° anniversario della nascita della Vespa), poichĂŠ la collezione copre l’intero arco di vita del celebre scooter italiano. Il pezzo che piĂš di tutti catalizza l’attenzione degli appassionati, ma anche dei semplici curiosi, è la Vespa TAP, un modello militare prodotto in Francia nel 1956 per essere utilizzato dalla Legione straniera in Algeria e in Indocina. A parte una serie di modifiche che occhi esperti giudicherebbero giĂ radicali, chiunque resta di stucco osservando il suo gigantesco cannone da 75 millimetri alloggiato longitudinalmente, che esce dallo scudo anteriore rinforzato. Una Vespa d’assalto, dunque, che veniva paracadutata sul teatro di guerra e pare uscita dalla fantasia di un fumettista surreale. Immancabile la sezione dedicata alla “cuginaâ€? della Vespa deputata ai lavori di fatica: l’Ape. Qui spicca la Calessino 125 modello Giardinetta che venne usata soprattutto come taxi nelle localitĂ marittime piĂš rinomate degli anni Cinquanta e Sessanta quali Capri, Ischia e Riccione. Il suo sedile posteriore offre un comodo spazio per due persone. Questo mezzo possiede anche un altissimo valore storico perchĂŠ grazie alla sua somiglianza con il risciò divenne un best-seller in tutto il sud-est asiatico come mezzo di trasporto pubblico, dove è tuttora diffusissimo con il nome di tuk-tuk. In particolare è largamente utilizzato in India, ove la Vespa e l’Ape vengono attualmente costruite su licenza. Esiste infatti la categoria delle Vespe straniere, prodotte su licenza francese, inglese, tedesca, russa‌ e degnamente rappresentate nel Museo, che dedica loro un’apposita area. La Collezione dĂ spazio anche a vere e proprie stravaganze, come il mini-trattore Piaggio, la Vespa 400 (che a dispetto del nome è una minicar) e addirittura un paio di fuoribordo marini Piaggio. Passioni

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la vespa? pa? è l’i l’idea dea pi piĂš Ăš inno nnovat vativa che l’it i alia a abbi a b a mai avuto d dopo l’invenzione della biga della a roma antic ti a. estratto da un editoriale apparso sul the tim mes s

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For Italy isn’t the only country where Vespas are made. They’re also SURGXFHG XQGHU OLFHQFH LQ FRXQWULHV VXFK DV )UDQFH WKH 8. *HUPDQ\ and Russia – and the museum dedicates a special area to these “foreignâ€? Vespas. Pascoli’s collection also makes room for some curiosities, such as the Piaggio mini-tractor, the Vespa 400 (which despite the name is a car, admittedly a very small one) and even a couple of Piaggio outboard motors. The museum is completed by a section dedicated to toys and memorabilia, another which showcases the Vespa in cinema, and another ZKLFK GRFXPHQWV WKH 9HVSD PRYHPHQW ZRUOGZLGH 7KH Ă€UVW RI WKHVH sections includes over 300 toy Vespas, 30 of them self-propelled (by pedal or battery), and an endless variety of original accessories from 1946 to the SUHVHQW GD\ 7KH VHFRQG IHDWXUHV D FROOHFWLRQ RI SRVWHUV RI DOO WKH Ă€OPV LQ which the Vespa features strongly. First among these is Roman Holiday from WKH Ă€OP WKDW ODXQFKHG QRW RQO\ WKH 9HVSD EXW $XGUH\ +HSEXUQ too. In the third section, there are over 1000 commemorative plaques from meetings of Vespa enthusiasts, 300 cups and trophies from races and trials, and testimonies from the many Vespa Clubs in Italy and all over the world. Then there’s the memorabilia: books, magazines, postcards, calendars, posters and so on. Mauro Pascoli has also assembled an impressive body of technical documentation on all kinds of Piaggio vehicles, with over 200 catalogues, original spare parts and service station manuals, some 200 rider’s and maintenance booklets, and a vast accumulation of news articles and diverse published matter. Pascoli’s collection is remarkably complete, but it should not be described as a closed collection. Thanks not only to continuous donations of material by Vespa enthusiasts (including the Italian Vespa Raid champion, Franco Ortolani) who actively assist Mauro Pascoli LQ KLV PLVVLRQ RI SUHVHUYLQJ WKH KHULWDJH RI WKH 9HVSD IRU WKH EHQHĂ€W RI the general public, but also to Pascoli himself, who continues to purchase and restore specimens of historic value. His museum stands next door to his business venture, a spare parts and accessories shop (Piaggio, should DQ\RQH ZRQGHU WKDW¡V MXVW OLNH WKH JLIW VKRSV ZH Ă€QG LQ PRGHUQ PXVHXPV everywhere. It’s located on via Faentina, a little outside Ravenna, and it’s become Romagna’s own Vespa Mecca, the tribute to one man’s passion that became a collective heritage.

Completano il corpus museale una sezione dedicata edicata di t aii giocattoli e memorabilia, memorabilia, i i una intitolata i i ta alla Vespa Vesp p nel Cinema ed una al movimento vespistico nel mondo. La prima include piĂš di 300 modellini, di cui 30 semoventi (a pedali o elettrici) e un’infinita varietĂ di accessori originali dal 1946 ad oggi. La seconda raggruppa le locandine dei film in cui la Vespa compare in primo piano, su tutti Vacanze romane, che lanciò sia Audrey Hepburn che la Vespa 125 del 1951. La terza presenta in bella mostra piĂš di 1000 placche di partecipazione a raduni, 300 trofei e coppe assegnate in gare di regolaritĂ e giri turistici nonchĂŠ testimonianze provenienti da molti dei Vespa Club disseminati in Italia e nel mondo. Oltre a libri, riviste, cartoline, calendari, manifesti‌ Mauro ha raggruppato una ricca documentazione tecnica cartacea legata alle creature Piaggio, composta da oltre 200 Cataloghi, parti di ricambio e Manuali di stazione di servizio, circa 200 libretti Uso e Manutenzione e una vasta quantitĂ di notiziari e pubblicazioni. Nonostante l’altissimo livello di completezza raggiunto, non si può parlare di una collezione chiusa. Sia grazie alle continue donazioni di materiali da parte di molti appassionati vespisti (tra cui anche il campione italiano di Vespa Raid Franco Ortolani), che partecipano in questo modo attivamente alla missione di Mauro Pascoli salvaguardando e rendendo visibili al pubblico i loro ricordi legati al mondo vespistico, sia perchĂŠ egli continua a selezionare e restaurare i pezzi di valore storico. Il Museo è infatti attiguo alla sua attivitĂ di rivendita ricambi e accessori, Piaggio manco a dirlo, quasi che questa fosse il bookshop che si trova abitualmente nei musei. CosĂŹ, sulla via Faentina, appena fuori Ravenna, ha preso forma una vera e propria mecca romagnola della Vespa che da tributo alla passione di un uomo è divenuta patrimonio collettivo. I

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manlio rastoni immagini: archivio ducati

Il “Dottor T� della Ducati

credere nel proprio pensiero, credere che ciò che è vero per voi, personalmente per voi, sia anche vero per tutti gli uomini, ecco, è questo il genio. date voce alla convinzione latente in voi, ed essa prenderà significato universale. ralph waldo emerson

DUCATI’S “DOCTOR T� Fabio Taglioni If Ducati is a name that sets pulses racing among motorcycle enthusiasts all over the world, it’s due to an exceptionally subtle combination of technology and design.

Se il glorioso marchio Ducati riesce ad impennare il battito cardiaco di milioni di motociclisti in tutto il mondo, lo deve certamente ad un riuscitissimo mix di tecnologia e design.

The originality of the Ducati’s design makes its trademark rumble (with the distinctive counterpoint screech provided by the dry friction discs) impossible to imitate. And the power it delivers to the back wheel is enough to test even the best of tires. Behind it all was an HQJLQHHU )DELR 7DJOLRQL QRZ VHHQ DV D IDWKHU Ă€JXUH E\ 'XFDWL IDQV HYHU\ZKHUH %RUQ LQ WKH village of Santa Maria in Fabriago near Lugo, Taglioni joined Ducati as a design engineer in 1954, EULQJLQJ D 5RPDJQRO WRXFK WR D Ă€UP WKDW ZDV DQG UHPDLQV SURXGO\ (PLOLDQ 7KH FF VLQJOH F\OLQGHU HQJLQH KH GHVLJQHG DV KLV Ă€UVW SURMHFW HQDEOHG WKH 'XFDWL *UDQ 6SRUW WR ZLQ WKH PRVW LPSRUWDQW UDFHV RI WKH SHULRG 7DJOLRQL DOVR GHVLJQHG WKH 'XFDWL *7 WKH Ă€UVW WZR F\OLQGHU Ducati to have the L-twin design that has remained the distinctive feature of the Borgo Panigale Ă€UP¡V PRWRUF\FOHV +LV WRR ZDV WKH VROXWLRQ IRU LQFRUSRUDWLQJ WKH GHVPRGURPLF YDOYH V\VWHP on standard models. And the trellis chassis, and the bevel gear and belt drive system. In other words, Fabio Taglioni devised and engineered nearly all of the innovations that contemporary 'XFDWL PRWRUF\FOHV KDYH LQKHULWHG :KHQ 7DJOLRQL DUULYHG DW 'XFDWL WKH Ă€UP ZDV SURGXFLQJ small motor scooters. By the time he retired, Ducati was a world-famous name known for the excellence of its racing bikes. It could even be argued that Ducati would not even exist today LI LW ZDVQ¡W IRU )DELR 7DJOLRQL :KHQ KH MRLQHG WKH Ă€UP LQ 'XFDWL¡V PDQDJLQJ GLUHFWRU H[SODLQHG WKDW KH RQO\ KDG HQRXJK PRQH\ WR SD\ WKH Ă€UP¡V ZRUNHUV IRXU ZHHNV¡ ZDJHV +H pleaded with Taglioni to design a motor capable of winning the Giro d’Italia, for defeat would mean Ducati would have to close down. Taglioni designed the engine in 6 months, without ever receiving a proper wage in the meantime. But in addition to their excellence of design and construction, his motorcycles have another, more elusive characteristic. They have charisma. Taglioni was eclectic in his genius: in a career spanning almost half a century he designed all kinds of engines, from small single-cylinder two-strokes to powerful two-cylinder racing engines. Taglioni manifested his bond with his place of origin by adopting the emblem of Francesco Baracca, a pioneer of Italian aviation and a native of Lugo (see ee 3), as his own. The same prancing horse symbol that was also more famously borrowed by Enzo Ferrari embellished the racing bikes designed by “Doctor Tâ€? (as Taglioni was affectionately known at Ducati) from WR 7DJOLRQL¡V Ă€QDO FUHDWLRQ ZDV WKH ) ZKLFK FDPH RXW LQ $ PLQLPDOLVW PDVWHUSLHFH WKDW ZDV ZHOO DKHDG RI LWV WLPH $QG D Ă€WWLQJ VZDQVRQJ IRU D PDQ ZKR GHVLJQHG engines not only as an engineer, but also and above all as a motorcycle enthusiast.

Le originali soluzioni tecnologiche Ducati rendono il rombo dei suoi motori irriproducibile (compendiato talvolta dal controcanto del tintinnio dei dischi della frizione a secco) e gli permettono di scaricare alla ruota posteriore un numero di cavalli capace di mettere in crisi gli pneumatici piĂš performanti. Padre putativo di tutti i ducatisti moderni fu l’ingegner Fabio Taglioni. Originario della piccola frazione lughese di Santa Maria in Fabriago, entrò in Azienda nel 1954 come ingegnere progettista e si può dire che apportò un tocco romagnolo alla emilianissima Ducati. Il monocilindrico di 100 centimetri cubi che sviluppò come primo progetto permise alle Ducati Gran Sport di primeggiare nelle piĂš importanti competizioni del tempo. Sul suo tecnigrafo prese forma la Ducati GT 750, prima moto a montare il bicilindrico a “Lâ€?, che rimane il tratto distintivo delle “rosse di Borgo Panigaleâ€?. Sua anche l’intuizione di come applicare il sistema di distribuzione desmodronica alle moto di serie. Pure il telaio a traliccio e il sistema di distribuzione a coppie coniche e a cinghia furono “visioniâ€? di Taglioni. Ideò e realizzò, insomma, tutti, o quasi, i capisaldi che costituiscono il retaggio della Ducati contemporanea. Al suo arrivo l’azienda bolognese era specializzata solo nella produzione di motocicli di piccola cilindrata. Al momento del suo ritiro, Ducati era divenuto un marchio di fama mondiale sinonimo per eccellenza della moto ipersportiva. Si può addirittura dire che esiste ancora proprio grazie a lui. Quando, infatti, nel 1954 l’allora Direttore Generale lo chiamò in Ducati, gli chiese di realizzare a tutti i costi una moto per vincere il Giro d’Italia, confessandogli di avere solo un mese di

stipendio per gli operai e spiegandogli che una sconfitta avrebbe significato la chiusura dei battenti per l’Azienda. Taglioni ce la fece in 6 mesi senza percepire in quel periodo nemmeno un vero stipendio. Oltre alle doti tecniche e strutturali, le sue moto possiedono una caratteristica determinante quanto sfuggente. Hanno carisma. Il genio di Taglioni era massimamente eclettico: in quasi mezzo secolo di carriera ha progettato motori di ogni sorta, dai piccoli monocilindrici a due tempi ai poderosi bicilindrici da pista. Il legame di Taglioni con la sua terra si espresse anche nella decisione di adottare l’emblema del pioniere lughese dell’aviazione italiana Francesco Baracca (vedi ee n. 3). Lo stesso cavallino rampante utilizzato anche da Enzo Ferrari fregiò infatti le motociclette da competizione disegnate dal Dottor T (questo l’affettuoso soprannome affibbiatogli in Ducati) tra il 1956 e il 1961. L’ultima sua creazione fu la 750 F1 uscita nel 1985. Una moto minimale e avanzatissima per il suo tempo. Elegante canto del cigno di un uomo che disegnava le moto non solo da ingegnere, ma soprattutto da motociclista.

FA F A B I O TA TA G L I O N I

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alessandro antonelli immagini: archivio cooperativa la fenice

A FAMOUS MOLLUSC The Cer via mussel The Mediterranean mussel (Mytilus galloprovincialis) is a bivalve mollusc which lives on rocks or other hard, durable substrates. It’s much appreciated as food. 6LQFH WKH PXVVHO Ă€OWHUV VHDZDWHU WKURXJK LWV VKHOOV LWV Ă HVK LV LPSUHJQDWHG ZLWK WKH Ă DYRXU RI WKH VHD LW ZDV Ă€VKHG IURP 6R WKH TXDOLW\ RI D PXVVHO KDV HYHU\WKLQJ WR GR ZLWK WKH TXDOLW\ RI WKH ZDWHU LW OLYHV LQ ,Q 'HFHPEHU WKH &HUYLD PXVVHO REWDLQHG TXDOLW\ FHUWLĂ€FDWLRQ DV D fully-organic foodstuff from one of Italy’s leading agrifood control bodies. The mussel beds of Cervia, a small town on the coast of Ravenna province, are all to be found in carefully selected class-A marine water at a distance of three miles from the coast. The quality of the product is only as good as the environment it comes from. Therefore, the quality of the water that’s circulated through the farms is constantly monitored WR JXDUDQWHH WKH VDIHQHVV DQG DXWKHQWLFLW\ RI &HUYLD PXVVHOV WKHUHE\ SUHVHUYLQJ DOO WKHLU H[FHSWLRQDOO\ JRRG Ă DYRXU )RU LW¡V WKHLU Ă DYRXU WKDW distinguishes Cervia mussels from all others, and what makes them so eagerly sought after everywhere. And Cervia mussels do in fact possess VRPH XQLTXH FKDUDFWHULVWLFV LQ WHUPV RI Ă DYRXU DQG WH[WXUH FKDUDFWHULVWLFV WKDW KDYH HDUQHG WKHVH PXVVHOV WKH WLWOH RI 4XHHQ RI $GULDWLF Molluscs and opened the way to international fame. But the best way to enjoy Cervia mussels is to eat them right where they’re produced. 7KH PXVVHO IDUPHUV RI &HUYLD VHOHFW DQG SDFN WKHLU PXVVHOV RQ ERDUG WKHLU Ă€VKLQJ ERDWV DQG WKH\¡UH RQ VKRUH MXVW PLQXWHV ODWHU ² PHDQLQJ WKH &HUYLD PXVVHO FDQ EH HQMR\HG DW ´NLORPHWUH ]HURÂľ DV VRRQ DV LW¡V ODQGHG ,W LVQ¡W GLIĂ€FXOW WR Ă€QG D SODFH WR HQMR\ WKH PXVVHOV WKDW¡V VR FORVH WR WKHLU SODFH RI SURGXFWLRQ \RX FDQ PDNH RXW WKH IRUPV RI WKH ODUJH EXR\V RI WKH PXVVHO IDUPV Ă RDWLQJ LQ WKH GLVWDQFH :KDW¡V FRQVLGHUDEO\ PRUH GLIĂ€FXOW LV GHFLGLQJ EHWZHHQ WKH PDQ\ ORFDO UHFLSHV IRU SUHSDULQJ &HUYLD PXVVHOV 7KH GLOHPPD OLHV LQ FKRRVLQJ EHWZHHQ WKH WUDGLWLRQDO recipes – where the mussels are typically served in soup or with pasta – and the contemporary creations of star chefs, like smoked mussel carbonara or mussel fritters on mixed salad leaves. The Cervia mussel is now increasingly recognized as a valuable local resource, and moves are underway to obtain PGI designation.

Il mĂŹtilo noto

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LA COZZA DI CERVIA Il mĂŹtilo mediterraneo (Mytilus galloprovincialis), comunemente detto cozza, è un mollusco bivalve che vive su rocce o substrati resistenti e duri, il cui gusto deciso è molto apprezzato in cucina. Filtrando le acque in cui si sviluppa, possiede la particolaritĂ di portare nel piatto l’essenza saporosa del mare in cui è stata pescata. Proprio grazie alla qualitĂ delle acque in cui viene coltivata, nel dicembre scorso la Cozza di Cervia ha ottenuto la certificazione di qualitĂ e il marchio di prodotto biologico che garantisce la tracciabilitĂ di filiera Bio, rilasciata da uno dei piĂš accreditati organismi italiani di certificazione e controllo dei prodotti agroalimentari. Gli allevamenti della cittadina rivierasca (sita in provincia di Ravenna) sono infatti tutti dislocati in acque marine di classe A accuratamente selezionate, a tre miglia dal litorale. La qualitĂ del prodotto è strettamente legata a quella dell’ambiente in cui viene coltivato. Numerosi e costanti sono i controlli sulla qualitĂ di tali acque di allevamento, eseguiti a tutela della sicurezza alimentare e genuinitĂ dei mĂŹtili cervesi, per preservarne il sapore particolarmente gradevole. Elemento che li conI

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traddistingue da tutte le altre cozze, rendendoli unici nel loro genere e particolarmente ricercati. La Cozza di Cervia possiede, infatti, una serie di peculiaritĂ sostanziali, sia organolettiche che concernenti la consistenza delle sue carni. Tali da fale guadagnare il titolo di regina dei molluschi dell’alto Adriatico, aprendole la strada dei mercati europei. Di certo, però, il modo migliore per gustare questo frutto di mare è farlo proprio lĂŹ dove viene raccolto. I mĂŹtilicoltori, veri e propri “agricoltori del mareâ€?, svolgono infatti a mano le attivitĂ di selezione e confezionamento giĂ a bordo dei pescherecci, consentendo di assaggiare la Cozza di Cervia a “chilometro zeroâ€?, ossia consumata freschissima in loco, subito dopo essere stata raccolta. Non è difficile trovare una situazione in cui sia possibile assaporarle cosĂŹ vicino al luogo di raccolta da riuscire a intravedere in lontananza, sul pelo dell’acqua, le grosse boe della cozzara (struttura in cui vengono allevati i mĂŹtili). di

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Scegliere una tra le tante ricette della zona che valorizzano questo pregiato mollusco può invece non essere un’impresa semplice. Il dilemma del buongustaio si pone tra le preparazioni tipiche, quali il brodetto o il tagliolino con le cozze, e le reinterpretazioni in chiave contemporanea firmate da fior di chef stellati, come la carbonara alla cozza fumĂŠ o la misticanza con bruciatini di cozza. La gustositĂ del mollusco cervese è tale da renderlo una preziosa materia prima e sono giĂ in corso le pratiche per fargli ottenere la denominazione IGP. Non sarĂ un caso, se digitando sulla stringa del browser Google “cozzaâ€?, il primo risultato che il motore di ricerca vi proporrĂ sarĂ proprio quello relativo alla Cozza di Cervia. Enogastronomia

i grec grec e i e i rom romani ani i, benchÊ nchÊ men en no esp spe p rti rti rt nel ell’a ’ rte te e di d co condi di d ire e il i pe es sce ce, e, e p e lo te pur ene n van vano no in g gran ran c co ont nto n o ed e d era r no cosÏ raff ra af a ffina inati ti da in ind i dovi vinar nare are, e, sen e ten e don en d e il sapo ap pore, do ove ve fos fosse se e sta ta ato o pes pescat to. o ant thelme me e bri brilla l t-s lla - a ava va v arin (estra tratto tt da a fisio iolog ol log o ia a del el gu e g sto sto) )

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Esiste in natura un habitat che possiede tutti questi requisiti e può certamente vantare il piĂš alto tasso di umiditĂ immaginabile: quello sottomarino. L’idea di far maturare il vino in mare non funziona solo in linea teorica, ma è empiricamente supportata. Numerosi sono stati finora, infatti, i casi di bottiglie di vino rinvenute in mare che sono uscite dal loro lungo “sonnoâ€? subacqueo mantenendo la bevibilitĂ del loro contenuto. Un esempio eclatante è quello dello champagne piĂš vecchio mai assaggiato al mondo, datato 1782 e ritrovato nel 2010 al largo delle isole Ă‚land in un vecchio relitto inabissato a 55 metri di profonditĂ . Da circa un lustro, dunque, si moltiplicano gli esperimenti in questo senso, portati avanti soprattutto in Francia, Spagna e, naturalmente, in Italia. Grazie alla lungimiranza di due ravennati: Gianluca Grilli e Raffaele Ravaglia, in Romagna oggi è possibile osservare un percorso inverso rispetto al sopraccitato caso dello champagne. Quello, insomma, che vede il vino andare dalla cantina al relitto. Nella fattispecie il relitto è quello del Paguro (vedi ee n. 13), una piattaforma metanifera che quasi cinquant’anni fa affondò nelle acque del Mare Adriatico, a 12 miglia dalla costa di Marina di Ravenna, adagiandosi sul fondo ed oggi è una piccola oasi sottomarina. Tale è il sito scelto da Grilli e Ravaglia, che dal 2010 hanno iniziato a sviluppare questa idea e nell’aprile del 2012, coadiuvati da una squadra di subacquei dell’Associazione Paguro, hanno affondato nel reef artificiale, a 25 metri di profonditĂ , le prime 200 bottiglie di vino. Circa sei mesi dopo, le casse sono state fatte riemergere per la “prova del brindisiâ€?. Test superato brillantemente. Solo un 10 per cento delle bottiglie è risultato non corretto, a causa del cedimento della particolare capsula progettata in camera iperbarica perr rresistere all’ambiente sottomarino, che ora è stata perfezionata. Il resto della produzione ha restituito nel perfe bicchiere tutti gli sforzi profusi dai due soci ravennati, bicch esprimendo grande equilibrio organolettico. Oltre alla espr qualitĂ qual l intrinseca dei vini, i prodotti della Tenuta del Paguro possiedono poss s un evidente fattore evocativo suggerito anche anc anch nch h dalla confezione in legno di pino marittimo (albero autoctono autoc utoc della zona) con coperchio in acciaio CorTen (a richiamare il ferro arrugginito della piattaforma Ten sommersa), som somm omm che contiene pure un filmato in formato DVD dell’immersione ed emersione delle bottiglie. Operazione dell’i un ta tantino piĂš complessa rispetto allo scendere gli scalini scali ali che conducono a una cantina convenzionale.

carlo zauli immagini: archivio tenuta del paguro

T E N U TA D E L PA G U R O

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Le caratteristiche che deve possedere una eccellente cantina per garantire l’ottimale maturazione e conservazione di un vino sono: temperatura costante, assenza di luce e altissimo tasso di umidità .

I

Sensi

di

Romagna

[‌] vino inchiocciolato e sospeso / amoroso, marino, / non sei mai presente in una / sola coppa, in n un canto, / in un uomo, sei corale, gregario [‌ [ ]. pablo neruda (estratto da ode al vin i o)

Vino a maturare cullato dal mare

SE A-AGED WINE Tenuta del Paguro Every wine needs certain conditions if it is to mature and age in the right ght conditions: constant temperature, no light, and very high humidity. There’s one habitat in nature that offers all these conditions, and is incontestably the most humid environment of them all: the sea. The idea of maturing wine at sea is not only theoretically possible but empirically valid. There’s no shortage of stories about bottles of wine found at sea that taste as good as ever after their long underwater sojourn. One example is the world’s oldest champagne, dated 1782 and discovered in 2010 off the coast of the Aland Islands in a wreck at a depth of 55 metres. For the ODVW ÀYH \HDUV H[SHULPHQWDWLRQ LQ WKLV GLUHFWLRQ KDV EHHQ LQFUHDVLQJ HVSHFLDOO\ LQ )UDQFH 6SDLQ DQG QDWXUDOO\ ,WDO\ $QG WKDQNV WR WKH IRUHVLJKW of two Ravenna wine producers, Gianluca Grilli and Raffaele Ravaglia, in Romagna we now have the reverse of the process of the champagne bottle mentioned above. In other words, the wine is not taken out of the wreck, but is instead placed in it. The wreck in question is the Paguro (see ee 13), an offshore methane platform that sank in the waters of the Adriatic half a century ago, 12 miles from the coast of Marina di Ravenna. It now lies on the sea bed, a minor underwater oasis. This is the site chosen by Grilli and Ravaglia, who began to develop their idea LQ DQG LQ $SULO KHOSHG E\ D WHDP RI GLYHUV IURP $VVRFLD]LRQH 3DJXUR VWRZHG WKHLU ÀUVW FRQVLJQPHQW RI ERWWOHV RI ZLQH LQ WKLV DUWLÀFLDO UHHI DW D GHSWK RI PHWUHV 6L[ PRQWKV ODWHU WKH ER[HV ZHUH KRLVWHG EDFN WR WKH VXUIDFH IRU WKH ZLQH WR EH VDPSOHG 7KH UHVXOWV ZHUH good – very good indeed. Only 10 percent of the bottles were spoiled, after their capsules – specially designed in a hyperbaric chamber to resist the pressure – caved in. The design of the capsules has now been perfected. The rest of the bottles rewarded all the effort expended by the two 5DYHQQD EDVHG HQWUHSUHQHXUV DQG WXUQHG RXW WR EH H[FHSWLRQDOO\ ZHOO EDODQFHG LQ à DYRXU DQG ERXTXHW 7R FRPSOHPHQW WKH LQWULQVLF TXDOLW\ RI the wines, the produce of Tenuta del Paguro is evocatively packaged in cases made of maritime pine (a tree which is native to the zone) with lids of cor-ten steel that evoke the rusted iron of the sunken platform, and even comes with a DVD documenting the immersion and retrieval of the bottles. After all, it’s an operation that’s a little more complex than walking downstairs into a conventional wine cellar.

Pagurus _ Sangiovese IGP Ravenna _ Uve/Grapes 100% Sangiovese Le uve da cui nasce il vino portabandiera della Tenuta provengono da vigne che affondano le proprie radici nel terreno argilloso e calcareo che caratterizza la zona della Vena del Gesso Romagnola. Vengono poste a fermentare, a temperatura controllata (26-28 °C), in serbatoi di acciaio inox con macerazione sulle EXFFH FKH VL SURWUDH SHU JLRUQL 'RSR O¡DIĂ€QDPHQWR LQ FDQWLQD LO 3DJXUXV PDWXUD SHU PHVL LQ FHVWL GL PDJOLD PHWDOOLFD ]LQFDWD FKH FRQVHQWRQR LO SDVVDJJLR dell’acqua, ad una profonditĂ di 30 metri; quota atta a garantire una temperatura costante di 13 °C. Si presenta con un bel colore rosso rubino tendente al violaceo e offre al naso sentori che ricordano la viola e i frutti rossi. Al palato rivela un sapore asciutto, armonico, leggermente tannico, caratterizzato da un retrogusto gradevolmente amarognolo che lo rende indicato ad accompagnare i sapori decisi, come salumi, carni rosse, brasati, arrosti misti e selvaggina da piuma. Temperatura di servizio: 16-18 °C. 7KH JUDSHV ZKLFK \LHOG 7HQXWD GHO 3DJXUR¡V Ă DJVKLS ZLQH FRPH IURP YLQHV JURZLQJ LQ WKH FOD\ DQG OLPHVWRQH VRLO WKDW FKDUDFWHUL]HV 5RPDJQD¡V 9HQD GHO *HVVR They are fermented at a controlled temperature (26-28 °C) in stainless steel vats, with maceration on the skins for a period of 10 days. After ageing on the estate, Pagurus is matured for a further 12 months in zinc metal baskets which allow the passage of water at a depth of 30 metres; at this depth, the temperature is a constant 13°C. The colour is ruby red tending to violet. On the nose it has notes of violet and red fruit. On the palate it’s crisp, well-balanced, slightly tannic, ZLWK DQ DJUHHDEO\ ELWWHULVK Ă€QLVK WKDW PDNHV LW WKH LGHDO DFFRPSDQLPHQW WR UREXVWO\ Ă DYRXUHG IRRGV VXFK DV VDODPL UHG PHDWV EUDLVHG PHDWV PL[HG URDVWV DQG game birds. Serving temperature: 16-18ÂşC.

Nephros _ Cabernet IGP Ravenna _ Uve/Grapes 75% Cabernet, 25% Merlot 4XHVWR XYDJJLR YLHQH RWWHQXWR GD XYH 0HUORW YHQGHPPLDWH D PHWj VHWWHPEUH H &DEHUQHW YHQGHPPLDWH DG LQL]LR RWWREUH FKH IHUPHQWDQR LQ DFFLDLR D WHPSHUDWXUD FRQWUROODWD ƒ& PDFHUDQGR VXOOH EXFFH H DIĂ€QDQR LQ EDUULTXH GL VHFRQGR SDVVDJJLR SHU FLUFD XQ DQQR 8QD YROWD LPERWWLJOLDWR YLHQH VRPPHUVR per 12 mesi a una profonditĂ di 22 metri, restando cosĂŹ ad una temperatura stabile di 11 °C. Nel bicchiere sfoggia un rosso rubino particolarmente intenso. Svela VHQWRUL GL IUXWWL URVVL DFFRPSDJQDWL GD QRWH Ă RUHDOL 'L QRWHYROH VWUXWWXUD VL HVSULPH FRQ XQ VDSRUH DVFLXWWR FKLXVR GD XQ UHWURJXVWR SDU]LDOPHQWH IUXWWDWR Accompagna bene i piatti saporiti, come i primi di pasta, secca e ripiena, tipici romagnoli e i secondi a base di carne. Temperatura di servizio: 18-20 °C. This wine is made from a blend of Merlot grapes, harvested in mid-September, and Cabernet, harvested in early October. The grapes are fermented on the skins DW D FRQWUROOHG WHPSHUDWXUH ƒ& LQ VWHHO YDWV DQG WKHQ DJHG LQ VHFRQG Ă€OO EDUULTXHV IRU DURXQG D \HDU 2QFH ERWWOHG WKH ZLQH LV VXEPHUJHG IRU PRQWKV DW D GHSWK RI PHWUHV ZKHUH WKH WHPSHUDWXUH LV D FRQVWDQW ƒ& ,Q WKH JODVV LWV FRORXU LV YLYLG UXE\ UHG 2Q WKH QRVH LW KDV VFHQWV RI UHG IUXLW PLQJOHG ZLWK Ă RUDO QRWHV $ UHPDUNDEO\ ZHOO VWUXFWXUHG ZLQH LWV Ă DYRXU LV FULVS ZLWK D VOLJKWO\ IUXLW\ Ă€QLVK 'ULQNV ZHOO ZLWK UREXVW Ă DYRXUV VXFK DV WUDGLWLRQDO SDVWD GLVKHV GU\ DQG Ă€OOHG DQG PHDWV 6HUYLQJ WHPSHUDWXUH ž&

Squilla Mantis _ Bianco IGP Ravenna _ Uve/Grapes 100% Albana 7HQXWD GHO 3DJXUR GHGLFD LO VXR $OEDQD DO FURVWDFHR SL WLSLFR GHOOD 5RPDJQD OD FDQzFFKLD 'XUDQWH OD VXD YLQLĂ€FD]LRQH OH XYH YHQJRQR GLUHWWDPHQWH SUHVVDWH VHSDUDQGR LO Ă€RUH GDO VHFRQGR GL SUHVVD ,O PRVWR Ă€RUH GRSR XQD OLHYH GHFDQWD]LRQH VWDWLFD YLHQH SRL DYYLDWR DOOD IHUPHQWD]LRQH D WHPSHUDWXUD FRQWUROODWD ƒ& 4XHVWR YLQR DIĂ€QD SRL VXL OLHYLWL LQ DFFLDLR SHU FLUFD VHL PHVL SULPD GL HVVHUH SRUWDWR D PDWXUDUH VRWW¡DFTXD D XQD SURIRQGLWj GL PHWUL H FXOODWR SHU PHVL GDOOH FRUUHQWL GHOO¡$GULDWLFR D XQD WHPSHUDWXUD FRVWDQWH GL ƒ& ,O VXR WLSLFR FRORUH JLDOOR SDJOLHULQR FRQ ULĂ HVVL GRUDWL LQWURGXFH XQ SURIXPR LQWHQVR e complesso con sentori di frutta matura. Asciutto e caldo al palato, dimostra una buona struttura, armonia e persistenza. Ăˆ un vino a tutto pasto, indicato per il pesce in generale e per i crostacei in particolare. Ottimo anche come aperitivo. Temperatura di servizio: 10-12 °C. Tenuta del Paguro dedicates this wine, produced from Albana grapes, to Romagna’s king of crustaceans: the mantis shrimp. The grapes are directly pressed and WKH Ă€UVW SUHVVLQJ PXVW VHSDUDWHG RII 7KH PXVW SURGXFHG E\ WKLV Ă€UVW SUHVVLQJ LV OHIW WR VHWWOH IRU D VKRUW WLPH DQG WKHQ IHUPHQWHG DW D FRQWUROOHG WHPSHUDWXUH of 12-14°C. The wine is then aged on the lees in stainless steel vats for around six months before being transferred underwater at a depth of 27 metres, where it is bathed in the waters of the Adriatic at a constant temperature of 13°C for 12 months. It has a distinctive straw-yellow colour with golden highlights, and an intense, complex aroma with notes of ripe fruit. Warm and crisp on the palate, it has good structure, harmony and length. A wine that’s suited to all courses, it drinks particularly well with seafood in general and crustaceans in particular. Also great as an aperitif. Serving temperature: 10-12ÂşC.

Enogastronomia

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chi ch hi la h lavor vor o a con o le man m i è un op opera era aio; io; chi lavo io av ra con le ma m ni i e la testa est ta è un u ar a tig igiano; o chi la lavor o a con o le man ma i, l tes la testa ta e i il l cuor cuor uore e è un ar artis tis tista. sta. san fr franc anc ancesc nc cesc esco o d’as d’as assis ssi isi

EPHEMERAL BUILDINGS Vittorio Presepi’s visions of volume Vittorio Presepi was born in Cesena, where he now lives and works in a house overlooking the river, near Ponte Vecchio. ,W¡V D VSRW ZKHUH WKH PXUPXU RI WKH ULYHU PL[HV ZLWK VLOHQFH DQG WKH HQGOHVV SOD\ RI OLJKW VKDGRZ DQG UHĂ HFWLRQ HPDQDWHV DQ HQRUPRXV sense of tranquillity. Experiencing the art of Vittorio Presepi is an intimate, up-close experience that can only be fully appreciated if we’re ready to listen to what it says. We need peace and quiet to enter into dialogue with the works of an artist who sees perfection as an aesthetic category through which he expresses his message. In Presepi’s personal philosophy, art is beauty that’s capable of eliciting profound UHĂ HFWLRQ DQG DEVROXWH VHUHQLW\ ² WKH DEVROXWH RSSRVLWH RI SURYRFDWLRQ DQG KDUGVKLS 3UHVHSL GRHV QRW KDYH DQ DFDGHPLF EDFNJURXQG He found his vocation in the 1970s, when he began studying the techniques of origami. What began almost as a game – his endeavour to transmit to his children (and later his grandchildren) the value of manual dexterity as a fundamental element in a more harmonious and positive attitude to living – became a passion. But the “rulesâ€? inherent to the craft of origami soon proved too restrictive for Presepi’s imagination, which felt the need to shake itself free from the physical restrictions of the craft without losing sight of the formal geometries he found so fascinating. The results are evident in his extraordinary paper buildings, canvases and sculptures which preserve the bright SXULW\ RI SDSHU ZLWK PHWLFXORXVO\ ZRUNHG LQFLVLRQV WKDW WUDQVIRUP Ă DW VXUIDFHV LQWR IDVFLQDWLQJ WKUHH GLPHQVLRQDO IRUPV 7KH DELOLW\ RI J \ paper to hold and radiate light imbues Presepi’s rigid structures with an aura of the e sacred. Removing ng nothing n hin not hi g from and adding nothing to the pristine white sheet, form gradually acquires volume to become a fully three-dimensional mensional structure re of o mass and void where the play of light and shadow produces magical effects. “Enchantingâ€? is perhaps the best way to describe the e creations creati at ons that spring from the mind and hands of Vittorio Presepi, the practitioner of a unique art form which he hass reinvented with h the the unpretentious unp brilliance which distinguishes his work. Presepi’s creations combine the dazzle of gesso with the insubstantiality ubstantiality of paper pape er in a creative creative impulse which yields sculptures and landscapes invested with an evanescent and scenographic impact pact that, even where whe ere they they address address social issues, never fails to elicit the gentle fascination their creator is aiming for. His works speakk of people and nature, natu ture,, touching tou on themes such as solitude and the prison of individualism, a world where we are often unable to strike up a rapport with witth our fellow humans or the environment we live in – and which we plunder and abuse without restraint. Presepi’s slender towers, populated by stylized KXPDQ Ă€JXUHV ZKR VHHP DOZD\V WR EH UXQQLQJ DIWHU VRPHWKLQJ ZLWKRXW HYHU UHDFKLQJ LW RIIHU IRRG IRU UHĂ HFQJ LW RIIHU IRRG IRU UH UHĂ HFtion on the real meaning of success, of helping our fellow humans, and the fragility of modern myths.

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Architetture effimere

Da lĂŹ, il rumore dell’acqua e i silenzi, insieme ai riflessi, alle luci e alle ombre che si alternano incessantemente, emanano una profonda tranquillitĂ . Entrare nell’arte di Vittorio Presepi è quindi un’esperienza estremamente intimistica, che può essere immediatamente colta solo se si desidera mettersi in ascolto. Un incontro pacato quello con l’artista, che vede, nell’esaltazione della perfezione, un senso estetico, raffinato ed avvolgente attraverso il quale Presepi, fin da subito, esprime il suo messaggio. Nella sua personale filosofia, infatti, l’arte è bellezza che deve trasmettere la capacitĂ di una riflessione profonda ma anche un’assoluta serenitĂ lontana da ogni forma di provocazione e sofferenza. Il suo percorso artistico non è accademico. Si concretizza agli inizi degli anni Settanta, con lo studio della tecnica dell’origami. Nasce quasi per gioco, con l’intento di trasmettere ai figli, prima, e alle nipotine, poi, il valore della manualitĂ come elemento fondante di un vivere piĂš armonioso e positivo. Ma ben presto le regole imposte dall’origami divengono troppo stringenti per la sua fantasia che ha bisogno di liberarsi senza però distaccarsi da quelle geometrie, a lui tanto care, che lo portano alla costruzione di straordinarie architetture effimere realizzate con la carta.

L A VISIONE DEI VOLUMI DI VIT TORIO PRESEPI

Vittorio Presepi è nato, vive e lavora a Cesena in una casa lungo il fiume che domina il Ponte Vecchio.

angelamaria golfarelli immagini: archivio vittorio presepi

I

Sensi

di

Romagna

Nascono cosĂŹ quadri e sculture che, mantenendo intatto il candore del foglio, con puntuali e precise incisioni trasformano il piano in un affascinante volume. Trafitto dalla luce, questo investe le rigide forme di Presepi di un’aura di sacralitĂ . Un intervento di cesello che, senza nulla togliere e nulla aggiungere all’intonsa pagina bianca, vede erigersi le forme lentamente fino alla tridimensionalitĂ attraverso una metaforica scalata ai volumi che dĂ vita a vuoti e pieni entro cui il gioco della luce produce la conseguente e magica nascita delle ombre. Ăˆ un vero incantesimo quello che scaturisce dalla mente e dalle mani di Vittorio Presepi; depositario di un’arte unica che ha saputo reinventare con quella semplice genialitĂ che lo contraddistingue. Un’arte che dal candore delle gipsoteche e dalla leggerezza delle cartiere trae l’impulso per inventare sculture e paesaggi di una tale evanescente e scenografica apparenza che, senza negarsi alle traiettorie dei temi sociali, non manca mai di produrre quella soave fascinazione a cui l’autore induce. Parlano dell’Uomo e della Natura le sue opere, toccando temi quali la solitudine e l’individualismo esasperato, incapace di creare rapporti non solo con i propri simili, ma anche con l’ambiente che abita, che viene depredato e offeso senza ritegno. Le sue leggere torri popolate da umane presenze stilizzate, che si rincorrono senza mai raggiungere la vetta, riflettono sul reale significato della “scalataâ€? al successo, sul reciproco mutuo soccorso, sulla fragilitĂ dei miti moderni...

Arte


immagini: luca del pia

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Generalissimo linguaggio teatrale NELL A POETICA DI ROMEO CASTELLUCCI La fertile scena romagnola legata al teatro di ricerca (vedi ee n. 21) che dagli anni Ottanta si è sviluppata fino a raggiungere l’attuale riconosciuto spessore ha avuto per capofila la compagnia SocĂŹetas Raffaello Sanzio. Suo fondatore e deus ex machina, senza nulla togliere al fondamentale contributo delle cofondatrici Claudia Castellucci e Chiara Guidi, è Romeo Castellucci. Nato a Cesena, classe 1960, dal 1981, con la Sanzio o individualmente, egli realizza spettacoli fondendo nella propria figura i ruoli di autore, regista e creatore delle scene, delle luci, dei suoni e dei costumi. Nel corso della sua attivitĂ ha ricevuto i riconoscimenti piĂš importanti, per citare i piĂš recenti: nel 2002 è stato insignito del titolo di Chevalier des Arts et des Lettres dal Ministero della Cultura della Repubblica Francese, nel 2005 è stato nominato Direttore della sezione I

Sensi

Teatro della Biennale di Venezia e nel 2007 è stato chiamato a ricoprire la carica di Artiste AssociĂŠ dalla Direzione artistica del Festival d’Avignon. Nel 2010 ha ricevuto il Premio Butaca Barcelona per il migliore spettacolo internazionale con il ciclo della Divina Commedia; lo stesso anno Le Monde ha eletto la trilogia migliore spettacolo teatrale ed evento culturale tra i dieci piĂš influenti del decennio 2000-2010 e nel 2013 è stato insignito del Leone d’Oro alla Carriera da La Biennale di Venezia - settore Teatro. Il suo lavoro è regolarmente invitato e prodotto dai piĂš prestigiosi teatri di prosa, teatri d’Opera e festival internazionali. di

Romagna

la vera funzione politica del teatro di carmelo era quella, presumo, di dividere la cittĂ e di mettere a repentaglio il luogo comune che tiene insieme la comunitĂ umana: il linguaggio. romeo castellucci (citato in fondazione immemoriale di carmelo bene)

alessio nelli

Alla base dell’opera omnia della SocĂŹetas Raffaello Sanzio e di Castellucci si percepisce il medesimo orientamento: un concetto di teatro inteso come espressione parallela della totalitĂ delle arti, adottato con l’obiettivo di comunicare con tutti i sensi dello spettatore. Contribuiscono a questa “missioneâ€? un ventaglio eterogeneo di discipline, tutte impiegate con alta maestria. In parole povere, la tecnologia digitale sperimentale convive con l’arte del trucco tradizionale e con l’artigianato scenografico di vecchia scuola in un sodalizio senza tempo.

Il senso piĂš stimolato risulta, in ogni caso, essere l’occhio, che si trova esposto a immagini di tale imponenza ed intensitĂ da scatenare fortissime reazioni emotive. Questo poderoso impianto scenografico è al servizio di testi teatrali sempre taglienti nella loro capacitĂ di sezionare la condizione umana e di una regia che potrebbe forse essere definita “ad orologeriaâ€?. Castellucci ha anche collezionato una serie di premi Ubu per varie categorie, l’ultimo, nel 2004, gli è stato assegnato per gli sviluppi del lavoro sulla Tragedia Endogonidia, sistema drammatico che si estende alla compagine produttiva dello spettacolo, concepito come un processo di invenzione privo di pause e di repliche che si compone di undici singoli episodi legati ognuno a una diversa cittĂ europea. Un percorso in climax le cui tappe rappresentano, si potrebbe quasi dire, gli atti dell’opera. Non uno spettacolo auto-concluso che viene rappresentato in diversi teatri, dunque, bensĂŹ luoghi diversi che entrano a far parte del dispositivo drammatico come mete di un unico processo. Le rappresentazioni della SocĂŹetas Raffaello Sanzio e di Castellucci non mancano di scandalizzare i benpensanti, il caso piĂš clamoroso si è avuto durante la tournĂŠe dello spettacolo Sul concetto di volto nel figlio di Dio, che ha ricevuto accuse di blasfemia poichĂŠ durante il suo svolgimento venivano scagliati oggetti non meglio identificati contro una gigantografia del volto di Cristo (tratta dal dipinto di Antonello da Messina) che dominava la scena. Accuse respinte da Castellucci, che si dichiara tra l’altro cristiano, ma che hanno comunque avuto molta eco sulla stampa e sui media. Sono decisamente piĂš frequenti, però, gli onori che gli vengono tributati, come lo speciale progetto a lui dedicato recentemente conclusosi a Bologna, dal titolo E la volpe disse al corvo. Iniziato lo scorso gennaio con la rappresentazione della prima regia d’Opera di Castellucci: Il Parsifal, ha avuto per sottotitolo Corso di linguistica generale in dieci volumi anche in relazione alla riproposizione proposta della lingua Generalissima della Raffaello Sanzio.

A LANGUAGE OF THEATRE Romeo Castellucci’s unique conception of drama The flourishing experimental theatre scene in Romagna (see ee 21) has grown in stature and reputation since its emergence in the 1980s. And it all began with one company, SocĂŹetas Raffaello Sanzio. The founder and deus ex machina of SRS (without in any way denying the fundamental contributions of cofounders Claudia Castellucci and Chiara Guidi) is Romeo Castellucci. Born in Cesena in 1960, since 1981 Romeo Castellucci has been making (with Sanzio or on his own initiative) theatre in which he is simultaneously author, director, set designer, wardrobe designer, sound engineer and lighting technician. Over the course of his career he has received some of the most important awards going. To cite just the most recent ones: in 2002 Castellucci was made a Chevalier des Arts et des Lettres by the French ministry for culture, in 2005 he was appointed director of the theatre section at the Venice Biennale, and in 2007 was an artiste associĂŠ at the Avignon Festival. In 2010 he received the Butaca Barcelona prize for best international production with his Divina Commedia cycle; the same year, the trilogy was elected by Le Monde as “one of WKH WHQ PRVW LQĂ XHQWLDO FXOWXUDO HYHQWV LQ WKH ZRUOG IRU WKH GHFDGH 2000-2010â€?. In 2013 Castellucci received a Golden Lion career award at the Venice Biennale. His works are in great demand all over the world and are produced by many of the world’s leading dramatic and operatic companies and by international festivals. At the core of all of Castellucci’s work, alone or with SocĂŹetas Raffaello Sanzio, we can discern the same outlook: a concept of theatre as the parallel expression of all the arts, articulated with the objective of communicating with all 5 senses of the observer. Contributing to this objective is a wide and heterogeneous range of tributary disciplines, all of them mastered with the greatest of virtuosity. Put simply, experimental digital technology rubs shoulders with greasepaint and old-school scenography. The sense most stimulated is the eye, which is exposed to images of such power and intensity that they can trigger extremely strong emotional reactions. This hard-hitting scenographic component is placed at the service of texts which offer incisive commentary on the human condition, and a stage production which might best be GHĂ€QHG DV ´OLNH FORFNZRUNÂľ &DVWHOOXFFL KDV DOVR UHFHLYHG D VHULHV RI 8EX SUL]HV LQ YDULRXV FDWHJRULHV 7KH ODWHVW LQ ZDV IRU Tragedia Endogonidia, a monumental dramatic cycle conceived as a process of invention deprived of pauses and repetitions, comprised of eleven separate episodes, each associated with a different European city.

Arte

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osceno è uno spettacolo che si interroga sul dolore umano [‌]? o o osc s no è i sce il l cla lam a ore fo fonda n men nda e tali tal al list ista che che si sc scaten tena a into ntorno r rn rno a un lavoro teatrale senza averlo visto [‌]? e non è osce s no il l co con onseg eguen uente e sil s enz e io com co o plice e di mol mo ti, , ch che e non non n fa chiarezza, che non denuncia la montatura? romeo castellucci (in in re eazi azione one alle polemiche scatenate dall llo o spettacolo sul concetto di volto o del figlio o di dio)

Frutto di un lungo lavoro di ricerca portato avanti a metĂ degli anni Ottanta, questa complessa invenzione teatrale si concretizza in un vocabolario di 400 parole con le quali è possibile esprimere qualunque concetto. Studiato partendo da modelli esistenti come le lingue morte, creole o artificiali quali l’Ars Magna di Raimondo Lullo che nel ‘300 elaborò una lingua fondata sul numero “9â€? e i sistemi concepiti da Giordano Bruno, è un linguaggio di sintesi che funziona per anelli concentrici su quattro livelli cognitivi. Castellucci ha fissato sulla carta il poderoso impianto teorico che costituisce la propria visione teatrale portando avanti, in parallelo ai suoi altri impegni, anche l’attivitĂ di saggista. Quello che stupisce quando lo si ascolta parlare è la modestia di fondo che emerge dalle sue parole. Il suo approccio è misurato, autocritico e molto introspettivo.

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Una delle domande che sostiene di porsi piĂš spesso riguarda il perchĂŠ un individuo dovrebbe investire una parte del proprio tempo per assistere ai suoi spettacoli. Questa riflessione pone l’accento su un elemento della rappresentazione che non infrequentemente viene snobbato dai registi nell’ambito del teatro di ricerca: il pubblico. Da una domanda diretta postagli durante un seminario, apprendiamo anche che egli, nonostante si ritenga un cittadino del mondo, non ha tagliato i ponti con le sue origini provinciali. Pur non riconoscendosi in un’ipotetica identitĂ romagnola, predilige risiedere in provincia piuttosto che in una grande cittĂ europea. L’unica alternativa che ritiene preferibile è quella della megalopoli mondiale, ideale contraltare al piccolo lembo di territorio locale. Un punto di vista che forse non tutti condivideranno, ma assolutamente coerente con il suo teatro; esente da compromessi.

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Sensi

di

Romagna

As the episodes succeed one another, the action moves towards a climax that’s almost operatic in its intensity. Not so much a selfdelimited spectacle that can be performed in various theatres, as various places that enter and become part of the workings of a single dramatic process. The performances of SocĂŹetas Raffaello Sanzio and Castellucci solo make a point of scandalizing the more conformist sectors of society. The most egregious example came when the company was touring with 6XO FRQFHWWR GL YROWR QHO Ă€JOLR GL Dio GUDZLQJ DFFXVDWLRQV RI EODVSKHP\ IRU D VFHQH ZKHUH XQVSHFLĂ€HG objects were hurled at a blow-up face of Christ (based on the painting by Antonello da Messina) which dominated the stage. Castellucci rejected these accusations, even declaring himself to be a Christian, but the repercussions in the media were enormous. Nevertheless, the honours continue to outstrip the opprobrium, such as the special project dedicated to Castellucci and recently completed in Bologna, E la volpe disse al corvo (“And the Fox Said to the Ravenâ€?). The project EHJDQ ODVW -DQXDU\ ZLWK D SHUIRUPDQFH RI &DVWHOOXFFL¡V Ă€UVW RSHUDWLF production: Parsifal. This production’s subtitle, Corso di linguistica generale in dieci volumi, brings to mind the Generalissima, a language invented by SocĂŹetas Raffaello Sanzio. The fruit of extensive research in the mid-1980s, this complex theatrical confection operates with a vocabulary of 400 words which can be used to express any concept. %DVHG RQ GHDG ODQJXDJHV FUHROHV DQG DUWLĂ€FLDO ODQJXDJHV VXFK DV WKH Ars Magna of Ramon Llull, who in the 14th century devised a language based on the number “9â€?, and on Giordano Bruno’s investigations into the geometry of language, it is a synthetic language which can be described as a series of concentric rings operating on four cognitive levels. Castellucci has written extensively on theoretical subjects and his own vision of the theatre, and in parallel to his other projects has a considerable output as an essayist. Hearing him speak, we’re immediately struck by the modesty that underpins his words. He talks of his work with restraint, self-criticism and a lot of introspection. One of the questions he asks himself most often is why people should invest WKHLU WLPH LQ JRLQJ WR VHH KLV SHUIRUPDQFHV ,W¡V D UHĂ HFWLRQ ZKLFK touches on an aspect of theatre often ignored by the proponents of experimental theatre: the audience. Castellucci sees himself as a citizen of the world, but to judge from a question put to him at a recent conference, he hasn’t severed his ties with his origins either. Although refusing to align himself with a conventional “Romagnolâ€? identity, he prefers to live here rather than some major European capital. The only possible alternative is the global megalopolis, the very antithesis of the provincial backwater. It’s a point of view that perhaps not everyone would share, but it’s totally coherent with his approach to theatre: devoid of compromise.

Arte

31]


[04]

TERRITORIO

L A CO S CI E N Z A A R T I ST I C A D I I VO S A S S I _ i l g i a rd i n o d e l l a s cu l t u ra T H E A R T I ST I C CO N S CI E N CE O F I VO S A S S I _ t h e g a rd e n o f s cu l p t u re s U N A FO R T E Z Z A S O S P ES A _ s a n l e o A FO R T R ES S S U S P E N D E D I N T H E A I R _ s a n l e o

[08] STORIA I L F U K U R S A A L _ l ’e m b l e m a p e rd u to d e l l a b e l l e é p o q u e r i m i n es e T H E K U R S A A L _ l o s t e m b l e m o f r i m i n i’s b e l l e é p o q u e CO P E R T E DA B U O I _ a n t i ch i m a n t i d a l l a f u n z i o n e p ra t i ca, b e n a u g u ra l e e d es te t i ca OX B L A N K E T S _ co l o u r f u l, p ra c t i ca l a n d p ro p i t i o u s U N R I B E L L E R O M AG N O LO _ l a c a r i c a e v e r s i va d i fe l i c e o r s i n i A R O M AG N O L R E B E L _ t h e s u bve r s i v e c a l l i n g o f fe l i c e o r s i n i

Periodico edito da Cerindustries SpA 4 8 0 14 C a s t e l B o l o g n e s e ( R A ) I T A LY v i a E m i l i a Po n e n te, 10 0 0 w w w.c e r d o m u s .c o m w w w.c e r d o m u s . n e t Direttore responsabile Raf faella Agostini Direttore editoriale Luca Biancini Progetto Carlo Zauli Luca Biancini

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PASSIO NI

L A CO L L E Z I O N E M AU R O PA S CO L I _ m e cca ra ve n n a te d e l l a ves p a T H E M AU R O PA S CO L I CO L L ECT I O N _ ro m a g n a’s vesp a m e cca I L “ D OT TO R T ” D E L L A D U C AT I _ fa b i o ta g l i o n i D U C AT I ’ S “ D O CTO R T ” _ fa b i o ta g l i o n i

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ENOGASTRONOMIA

I L M I T I LO N OTO _ l a c oz za d i c e r v i a A FA M O U S M O L LU S C _ t h e c e r v i a m u s s e l V I N O A M AT U R A R E CU L L ATO DA L M A R E _ te n u ta d e l p a g u ro S E A - A G E D W I N E _ te n u ta d e l p a g u ro

Grafica e impaginazione Laura Zavalloni – Cambiamenti per Divisione immagine Cerdomus Coordinamento editoriale Alessandro Antonelli Redazione To m m a s o A t t e n d e l l i Franco De Pisis A ngelamaria Golfarelli Italo Graziani Alessio Nelli Alba Pirini Manlio Rastoni Carlo Zauli Foto Archivio Cambiamenti.net Archivio Comune di San Leo A rchivio Cooperativa La Fenice Archivio Ducati A rchivio Franco De Pisis Archivio Ivo Sassi A r c h i v i o Te n u t a d e l P a g u r o A rchi v io Vanda B udini Archivio Vittorio Presepi Luca Del Pia Asgeir Pedersen Si ringraziano APT Rimini Cooperativa La Fenice Gilda Biasini Silvia Bottiroli Vittorio Presepi Ivo Sassi Claudia Zannoni

[26] ARTE A R CH I T E T T U R E E F F I M E R E _ l a v is i o n e d e i v o l u m i d i v i t to r i o p re s e p i E P H E M E R A L B U I L D I N G S _ v i t to r i o p re s e p i ’s v is i o n s o f v o l u m e G E N E R A L I S S I M O L I N G U A G G I O T E AT R A L E _ n e l l a p o e t i ca d i ro m e o c a s te l l u c ci A L A N G U A G E O F T H E AT R E _ ro m e o c a s te l l u c ci ’s u n i q u e c o n ce p t i o n o f d ra m a

Si ringrazia per la preziosa collaborazione Maddalena Becca / Divisione immagine Cerdomus Tr a d u z i o n i Tr a d u c o , L u g o Stampa FA E N Z A I n d u s t r i e G r a f i c h e © Cerindustries SpA Tu t t i i d i r i t t i r i s e r v a t i A u t o r i z z a z i o n e d e l Tr i b u n a l e d i R a v e n n a n r. 117 3 d e l 1 9 / 12 / 2 0 0 1 ( c o n v a r i a z i o n e i s c r i t t a i n d a t a 11 / 0 5 / 2 0 1 0 )

I

Sensi

di

Romagna



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