Salute&Benessere Primavera/Estate 2016
Inserto omaggio al numero odierno de “La Nuova Provincia di Biella�
01 Universo donna 05 Alimentazione 09 Malanni di stagione 13 Estetica 15 Fumo 17 Sport 21 Udito 25 Traumi 29 Postura
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i s o r o p o e t snne facciamoci le ossa O Do
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urtroppo ancora nel XXI secolo l’osteoporosi è considerata solo un acciacco dell’età o, meglio ancora, qualcosa con cui prima o poi si deve fare i conti. Se poi non compaiono sintomi particolari, pochi italiani si sottopongono a un controllo. Eppure l’osteoporosi è una silenziosa “ladra di ossa”, come giustamente è stata definita dagli esperti. IL CALCIO DA SOLO NON BASTA Prima che il paziente possa accorgersene, la malattia riduce la qualità della vita e può portare all’invalidità. Solo in Italia sono più di 5 milioni le persone colpite. Quando arrivano le fratture da fragilità ossea, la situazione è già seria e compromessa, ma la prevenzione è ancora poco praticata. Infatti, secondo i dati Istat, solo il 24,5 per cento degli italiani dopo i 45 anni si sottopone a un controllo in assenza di sintomi. In molti credono, sbagliando, che basti bere un bicchiere di latte o assumere un po’ di vitamina D per combatterla, salvo poi rendersi conto che non è così quando i danni sono già avvenuti. Purtroppo, l’osteoporosi è un nemico che non fa paura sostanzialmente perché non lo si conosce, come sottolineano molti medici. È per questo che la Società italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro (Siommms), insieme alla Federazione italiana osteoporosi e malattie dello scheletro (Fedios), ha realizzato la Campagna informativa “Osteoporosi. Storia di una ladra di ossa”, che ha il contributo non condizionante di Msd Italia. L’iniziativa comprende un opuscolo informativo rivolto ai pazienti con consigli pratici su come prevenire e gestire “la ladra di ossa”, consultabile sui siti delle due associazioni: www.fedios.org e www.siommms.it. UNA MALATTIA“SILENZIOSA” «Oltre i 50 anni una donna su tre è affetta da osteoporosi», spiega il professor Giancarlo Isaia, presidente della Siommms e direttore di Geria-
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tria e Malattie Metaboliche dell’osso dell’Ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino. «Questo perché con gli anni, e in particolar modo dopo la menopausa quando si registrano nella donna bassi livelli di estrogeni, le ossa iniziano a perdere calcio e fosforo e lentamente diventano più fragili. Quando si arriva alle fratture significa che la situazione è veramente compromessa e, se non adeguatamente trattata, essa porta all’invalidità e alla morte. È fondamentale quindi parlare di terapia appropriata dell’osteoporosi ma, prima di tutto, è necessario sottolineare l’importanza di “appropriatezza terapeutica”. Perché le terapie ci sono, e sono anche efficaci. Purché prese correttamente. E purché prese dalle donne che le devono prendere. Un’affermazione che potrebbe sembrare scontata ma che, al contrario, nel nostro Paese non lo è affatto». Infatti solo il 24 per cento delle donne segue le terapie. Dai dati Aifa emerge che solo il 24 per cento delle donne fratturate o ad alto rischio di fratture assume farmaci per l’osteoporosi. «E non il 100 per cento come sarebbe giusto che fosse», prosegue il professor Isaia. «Di questo 24 per cento circa la metà interrompe le cure. Questo significa che ogni 100 donne, che devono prendere i farmaci perché sono ad alto rischio, solo 12 lo fanno. Ci sono poi donne trattate “occasionalmente”, cioè per un massimo del 20 per cento di giorni coperti, cosa questa inutile al fine della prevenzione delle fratture», chiarisce sempre l’esperto. «Le donne devono quindi essere sensibilizzate nei confronti della malattia, capire l’importanza della prevenzione e della terapia e, soprattutto, prendere coscienza dei rischi». QUALE TERAPIA SCEGLIERE? Gli specialisti sottolineano che per migliorare l’aderenza alle cure c’è il trattamento a base di alendronato-colecalciferolo. Una compressa che, grazie alla formula due in uno (70 mg di acido alendronico e 140 mg di colecalciferolo), è tra quelle che più si avvicinano a una terapia efficace e “facile” per il paziente. Altrimenti il rischio di abbandono è molto alto. «Devono essere trattati tutti i soggetti indicati nella nota 79: per esempio chi ha già subito una 1
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Universo Donna frattura da fragilità ossea delle vertebre o del femore, chi segue una cura con cortisonici, le donne in menopausa con una densitometria molto bassa e fattori di rischio elevati, eccetera. Calcio e vitamina D sono indispensabili per la costruzione, prima, e la salvaguardia, poi, della massa ossea. Sono fondamentali per evitare che il nostro organismo vada a prendere dalle ossa, rendendole più fragili, il calcio che occorre per molte delle attività», commenta Davide Gatti, professore associato di Reumatologia all’Università di Verona. «Ma nel caso in cui, per motivi diversi, il danno si è verificato e l’osteoporosi è insorta, l’unica strada per intervenire è quella farmacologica, unica chance che si ha per non andare incontro a fratture, per tenere sotto controllo il rischio di ri-frattura, se già fratturate, e per non relegarsi a una condizione di vita seriamente compromessa. C’è la possibilità di prendere una sola compressa una sola volta la settimana. Un solo gesto per introdurre sia il farmaco sia la giusta quantità di vitamina D necessaria a rendere il farmaco efficace».
DIFENDIAMOCI DAL NEMICO Ancor prima di arrivare al punto di non ritorno, quindi, è importante conoscere i rischi e prevenirli. «Una donna fratturata è una donna che non si può prendere cura della casa, dei figli, dei nipoti, di se stessa. Una donna con fragilità ossea non può sollevare una busta della spesa, prendere in braccio un nipotino o giocare con lui», spiega Patrizia Ercoli, presidente Fedios. «E se gli anni non sono poi così tanti, significa non potersi prendere cura di sé, andare al lavoro, fare sport o le attività preferite. Per non parlare del fatto che chi sopravvive alla frattura di femore, dopo il primo anno, spesso perde l’indipendenza: il 40 per cento non riesce più a camminare autonomamente e il 60 per cento richiede l’assistenza l’anno successivo. Nell’anno seguente una frattura di femore il 33 per cento è totalmente dipendente da altri ed è costretto a entrare in casa di riposo. Quindi non si tratta di “solo un po’ di osso in meno”: l’osteoporosi è una malattia con conseguenze serie e invalidanti».
Educazione per tutta la famiglia Regole per lo scheletro sano
Per evitare che l’osteoporosi ci rubi le ossa, la Società italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro, insieme alla
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Segui un’alimentazione sana e ricca di calcio. Fai in modo che la tua famiglia abbia il giusto apporto di calcio a qualsiasi età.
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Cerca di prendere il sole e fai scorta di vitamina D. Ma se questo non fosse sufficiente, adotta degli integratori. Ma ricorda: gli integratori sono un valido aiuto, non una terapia!
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Fai attività fisica, uno sport adeguato alla tua età e condizione di salute. E ricorda che anche ballare può essere un valido aiuto.
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Prenditi cura di te e adotta tutte le strategie per stare bene anche con i capelli bianchi. E ricorda: sei tu il “motore” della famiglia e hai ancora tanto da dare. Ti meriti il meglio.
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Chiedi consiglio al tuo medico su quali analisi farti prescrivere e quando ripeterle
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Educa i tuoi figli, tuo marito e le tue amiche, alla salute delle loro ossa. Puoi fare molto per loro. Ma devi iniziare tu per prima!
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Non pensare che l’osteoporosi sia un’inevitabile conseguenza dell’età a cui arrenderti.
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Una frattura è un campanello d’allarme importante! Non liquidare un dolore alla schiena come una senza fratture.
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Non abbandonare la terapia: può essere la chiave del tuo successo, dell’autonomia, di una vecchiaia senza fratture.
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Federazione italiana osteoporosi e malattie dello scheletro, ha stilato un decalogo da seguire:
Parla con il tuo medico di osteoporosi, chiedi più informazioni possibili su prevenzione e terapia. Per combattere un nemico, devi conoscerlo. Salute&Benessere
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Il pavimento pelvico Prevenzione e riabilitazione
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egli ultimi vent’anni la medicina ha rivolto sempre più attenzione alle problematiche della donna legate al perineo, parte del corpo che fino a qualche anno fa veniva spesso ignorata, a causa anche della difficoltà ad affrontare problemi spesso vissuti con imbarazzo dalla donna stessa. Il pavimento pelvico o perineo riveste infatti 3 ruoli fondamentali: dare continenza (urinaria e fecale), sostenere i visceri (uretra, vescica, utero e retto), e stabilizzare il bacino insieme ai muscoli addominali e paravertebrali. La forma stessa del pavimento pelvico ci suggerisce il suo compito essendo formato da un insieme di strutture fasciali, connettivali e muscolari che formano un’amaca che chiude inferiormente il bacino, dando così un supporto ai visceri e permettendo una corretta funzionalità pelvica. E’ però un dato consolidato che un’altissima percentuale di donne, presentino nel corso della propria vita, problematiche legate al perineo, che per essere risolte richiedono l’intervento medico e/o riabilitativo. Tante attività svolte durante la giornata di una donna provocano sollecitazioni più o meno forti (ma ripetute) sul pavimento pelvico, il quale deve essere in grado di contrastare l’aumento di pressione addominale provocato dall’attività. Pensiamo ad esempio a: tosse, risata, sollevamento di un peso, sport. Ci sono anche dei fattori predisponente che influiscono negativamente come: sovrappeso, costituzione fisica, infezioni ricorrenti, stitichezza, tosse cronica, patologie nervose/muscolari, effetti secondari di interventi chirurgici. La salute del pavimento pelvico incide in modo significativo sulla qualità di vita della donna in tutte la fasi della vita: adolescenza, età adulta, gravidanza, parto e menopausa; influenzando la vita sociale, sessuale e relazionale. È fondamentale che il pavimento pelvico conservi un buon tono muscolare ed una buona elasticità nel corso della vita; in particolare nella donna 2 sono i momenti più delicati: la gravidanza con il parto e la menopausa. Durante la gravidanza il pavimento pelvico viene sottoposto a sollecitazioni intense che possono compromettere la normale funzione di sostegno, sospensione e continenza. L’aumento di volume dell’utero determina cambiamenti posturali, in particolare accentuando la lordosi lombare che influisce su contratture muscolari, fasciali e legamentose che possono diventare anche dolorose. Tutto ciò si traduce in maggior rischio di lacerazioni durante il parto che si ripercuoteranno nel periodo post-partum e negli anni a venire (incontinenza, dolore superficiale o profondo). Durante la menopausa invece, il deficit ormonale porta ad un cambiamento delle strutture che costituiscono il pavimento pelvico. I sintomi che si possono presentare sono: urgenza, frequenza e incontinenza minzionale, dolore durante i rapporti sessuali, infezioni ricorrenti e prolasso. Recenti studi scientifici hanno però messo in evidenza come ci sia un elevato rischio di sviluppare problematiche del pavimento pelvico anche nelle giovani atlete che praticano spor 4
ad alto impatto come ginnaste, runners, pallavolo; questo si verifica a causa dei forti aumenti di pressione intra-addominale durante l’attività fisica, che vanno a gravare sul pavimento pelvico. Possiamo dire che finalmente le donne possono risolvere problemi che fino a qualche anno fa venivano spesso ignorati o taciuti. Per far questo è importante non pensare che: - Il mio problema sia dovuto solo all’avanzare dell’età. - Il disturbo non abbia soluzioni. - Io sia l’unica ad avere quel problema. La riabilitazione non ha solo un ruolo terapeutico ma anche preventivo; la ginnastica perineale ha come scopo: - Insegnare alla donna a prendere coscienza della propria muscolatura pelvica; - Contrarre la muscolatura senza attivare altri muscoli; - Imparare gli esercizi di tonificazione senza creare rigidità muscolare; - Eseguire correttamente gli addominali senza sollecitare il pavimento pelvico. Ma soprattutto tutte le donne dovrebbero imparare a conoscere il proprio perineo e dare a quella muscolatura la stessa importanza che diamo ad altre parti del nostro corpo che si è abituate ad “allenare”.
in collaborazione con Azimut Riabilitazione
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Alimentazione
? o tt a i p l e rzione o n p i a t s u i tt e are la g r u m s i m e o b i o com c c c E o t n a u Q
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hi è costantemente a dieta lo sa. Si seguono le regole, si mangia molta frutta e verdura, evitando il cibo spazzatura eppure i chili di troppo sono ancora lì, a fare capolino su fianchi e fondoschiena. Il motivo? Forse non dipende dal tipo di alimento che mettete nel piatto ma dalla quantità. "Molte persone non sanno come dovrebbe essere la giusta porzione da consumare - afferma il consulente dietista e portavoce del British Dietetic Associatio Sian Potter al 'Daily Mail' - Anche i cibi sani contengono calorie e nonostante si facciano scelte salutari a tavola, ciò non significa che si mangi di meno". Nonostante le raccomandazioni di medici e nutrizionisti di mangiare almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, non esistono regole precise per capire qual è la porzione giusta. Secondo un recente studio della British Heart Foundation, negli ultimi 20 anni le porzioni dei piatti pronti, come le lasagne, sono aumentate del 50%, così come quelle di un biscotto medio che rispetto al 1993 è diventato più grande del 17%. Il risultato? Una porzione di biscotti aggiunge circa 3mila calorie l'anno alla vostra dieta. Come fare allora per sapere qual è la porzione giusta da mettere nel piatto? La soluzione è proposta da Sian Porter, che assieme al quotidiano inglese ha stilato una guida per capire a quanto deve ammontare la porzione ideale, prendendocome unità di misura la propria mano. "Il vantaggio di usare le mani per capire quanto cibo mangiare è che si tratta di un metodo proporzionale - spiega Porter - Se sei una persona grossa avrai bisogno di una porzione più grande di cibo, considerando che anche le mani saranno proporzionate
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alla taglia". Ecco, di seguito, come calcolare la giusta porzione di cibo in base alla dimensione della propria mano e a seconda del tipo di alimento.
Carne: Palmo della mano Un piatto di qualsiasi tipo di carne dovrebbe essere grande quando il palmo della mano (escluse le dita) "Cercate di assumere una porzione di carne grande quanto il palmo della mano a ogni pasto - dice il dietista - in modo da ripartire la giusta dose di proteine per tutta la giornata. Ma attenzione a non mangiare più di 500grammi di carne rossa a settimana. Meglio optare per altri tipi di proteine come pesce, fagioli o legumi". Pesce bianco: L'intera mano Il pesce bianco come merluzzo, asinello e nasello sono poveri in grassi e calorie, quindi la porzione giusta più essere misurata prendendo come riferimento l'intera mano aperta, incluse le dita. "Il pesce bianco è ottimo perché è ricco di proteine e ha pochi grassi - afferma Porter - ha una piccola dose di omega 3 ma è un'ottima fonte di selenio, importante per il sistema immunitario e per mantenere unghie e capelli sani". Spinaci crudi: Due pugni Per gli spinaci crudi vanno bene due pugni, che corrispondono a circa 80 grammi. La stessa porzione vale per le foglie di insalata "Le verdure andrebbero mangiate in ogni pasto - sottolinea Porter - anche quando vi fate un panino, aggiungere due foglie di insalata non fa male" Frutti piccoli: due mani giunte a coppa La giusta porzione di frutti piccoli come ad esempio lamponi e more può essere calcolata mettendo le mani a coppa, una quantità che corrisponde circa a 80g. "Di solito una confezione di mirtilli pesa circa 5
Alimentazione 250 grammi, e corrisponde a tre porzioni - sostiene il dietista - Se mangiate più della porzione consigliata non succede niente, ma non dimenticate che frutti come l'uva, ad esempio, contengono molto zucchero". erdura: V Un pugno chiuso "Due pugni di broccoli - spiega il dietista tecnicamente corrispondono a due delle 5 porzioni di verdura e frutta consigliate al giorno anche se è sempre meglio variare. Diverse porzioni di verdura riescono a riempire metà piatto". Pasta: Un pugno cruda Potrà sembrare poca, ma una volta cotta la pasta raddoppia il suo peso, dato che assorbe l'acqua di cottura. Lo stesso discorso vale per il riso. Noci: Un palmo “Noci e semi costituiscono un ottimo snack, riempiono e contengono grassi insaturi, quindi buoni per il cuore - spiega Porter - ma attenzione alla quantità perché contengono molte calorie”. atate: Un pugno chiuso P “Una porzione di carboidrati dovrebbe aggirarsi attorno alle 200 calorie per le donne e 250 per gli uomini - afferma Porter - Una patata di 180 grammi ad esempio contiene 175 calorie ma le patate al cartoccio di solito sono più grandi quindi meglio mangiarne una invece di due”.
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Pesce azzurro: Palmo della mano Come la carne, una porzione di pesce azzurro come salmone, sardine e sgombro dovrebbero corrispondere al palmo della mano. Ad esempio un filetto di circa 100 grammi fornisce 200 calorie. Una porzione a settimana garantisce la giusta quantità di omega 3 e acidi grassi alla vostra dieta. “A meno che non stiate cercando di perdere peso - assicura il dietista - una porzione leggermente più grande di pesce non fa mai male”. Burro: Punta delle dita Qualsiasi grasso come burro, olio e burro di arachidi dovrebbe essere non più grande di un cucchiaino da caffé o della punta delle dita e non superare le due o tre porzioni al giorno. Cioccolato: L’indice Un pezzo di cioccolata grande come l’indice fornisce circa 100 calorie. ormaggio: Due dita F Una giusta porzione di formaggio dovrebbe corrispondere a circa 30g ed essere della lunghezza e della profondità di due dita della mano. Una porzione simile contiene circa 125 calorie e fornisce un terzo del fabbisogno giornaliero di calcio. Torta: due dita Una fetta di torta dovrebbe corrispondere alla lunghezza e alla larghezza di due dita, fornendo circa 185-200 calorie valide come spuntino o snack durante il giorno.
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Alimentazione
Carni rosse e tumori, il parere del Cnsa No a eccessi e occhio alla griglia
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eguire un regime alimentare vario, ispirato al modello mediterraneo, evitando l'eccessivo consumo di carne rossa, sia fresca che trasformata", ma anche "prestare particolare attenzione alle modalità di preparazione e cottura degli alimenti,limitando in particolare cotture alla griglia ad alte temperature e fritture". Sono alcune delle raccomandazioni che emergono dal parere richiesto dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin al Cnsa (Comitato nazionale per la sicurezza alimentare), immediatamente dopo la pubblicazione su 'The Lancet-Onclogy' dell'abstract di una monografia delloIarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) che mette in relazione il consumo di carni rosse trasformate e fresche con un aumentato rischio di insorgenza di tumori del colon retto. Lo studio sulle carni rosse ha fatto il giro del mondo, destando preoccupazione. E in quei giorni il ministro si è rivolta agli esperti del Comitato, per un approfondimento. Lorenzin ha ricevuto oggi dalla Sezione competente del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare il parere degli esperti sul tema, redatto "al termine di una approfondita istruttoria svoltasi negli ultimi tre mesi". La Sezione del Cnsa ha osservato che "una completa conoscenza del contesto e delle variabili alle quali si riferisce lo Iarc, come pure dei dati a supporto del lavoro pubbli-
cato, sarà possibile solo quando, nel secondo semestre di quest'anno, sarà resa disponibile la versione finale e completa della monografia". Nel merito scientifico, la Sezione ha ricordato che l'insorgenza dei tumori è un evento derivante "da più fattori di natura individuale, comportamentale e ambientale", tra i quali vanno considerate anche le abitudini alimentari; che l'effetto cancerogeno delle carni è condizionato da abitudini di cottura e trasformazione e che, d'altro canto, la carne costituisce una importante fonte di proteine ad alto valore biologico e di altri nutrienti essenziali per la vita, soprattutto in alcune fasce d'età e condizioni di salute. Sulla base di tali considerazioni, dunque, gli esperti italiani raccomandano "di seguire costantemente un regime alimentare vario, ispirato al modello mediterraneo". In particolare, si raccomanda una riduzione di grassi e proteine animali e una assunzione costante di cibi ricchi di vitamine e fibre. Un tipo di alimentazione "che possa prevenire anche le malattie cardiovascolari, oltre a quelle tumorali. Nella frutta e nella verdura, infatti, oltre alle fibre, si trovano in misura variabile vitamine e altri componenti essenziali, il cui esame ha un riconosciuto potere protettivo". E ancora, "di mantenere un peso corporeo corretto durante l'arco della vita e svolgere regolarmente esercizio fisico". "In conclusione - si legge nel parere firmato dal presidente del Cnsa, Giorgio Calabrese - una sana alimentazione associata a uno stile di vita attivo rappresenta uno strumento valido per la prevenzione, la gestione e il trattamento di molte malattie. Un regime dietetico adeguato ed equilibrato non solo garantisce un apporto ottimale di nutrienti, ma permette anche di ricevere sostanze che svolgono un ruolo preventivo o protettivo nei confronti di determinate condizioni patologiche".
In collaborazione con ADN Kronos Come e quanto vengono consumati i cibi eccitanti come tè, caffè e cioccolata dagli italiani
Adulti, le abitudini negative che influiscono sul sonno Una delle cause dell’insonnia, che colpisce a vari livelli 13 milioni di italiani, è rappresentata da abitudini ali-mentari non corrette quali l’assunzione, nelle ore serali, di alimenti eccitanti come caffè, tè, cola, cacao. I nutrizionisti dell’Osservatorio Grana Padano hanno valutato le abitudi-ni alimentari di un campione di 8.500 italiani, per capire se vi è un utilizzo differente degli “alimenti eccitanti” nelle diverse fasce d’età, tra uomini e don-ne e tra persone che hanno un diverso Bmi (indice di massa corporea). Dallo studio emerge che gli intervistati consumano quotidianamente caffè e mediamente il consumo è maggiore di una tazza al giorno, sia nelle donne che negli uomini, senza nessuna differenza nelle diverse fasce d’età. Anche il cioccolato è molto consumato nella popolazione adulta, mediamente 2,5 porzioni alla set-timana in 8
entrambi i sessi, in tutte le fasce di età, senza una differenza di consumo in base al BMI. Un dato interessante, invece, riguarda l’utilizzo di tè. Il consumo nelle persone sottopeso (più di 4 tazze a settimana) è maggiore rispetto all’utilizzo di tè negli obesi (circa 3,7 tazze a settimana). L’insonnia fa parte delle “dissonnie”, disturbi dovuti ad alterazioni di ritmo, quantità e qualità del sonno, come la sindrome delle apnee notturne e le ipersonnie, come la narcolessia. La prevalenza del disturbo è molto alta. Un terzo della popolazione mondiale ne soffre: negli Stati Uniti più del 30 per cento, circa il 15 per cento degli Italiani e colpisce maggiormente le donne e diventa più frequente con l’età.
In collaborazione con Vero Salute della D.Print Spa Editore
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Malanni di stagione
e r i etto m d r o i h c o c d ta il ve o a f s r r n a C Il m a . . . e l i r p A
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a primavera porta con sé variazioni che hanno effetti non sempre positivi sull'organismo La primavera è caratterizzata da repentini mutamenti del tempo, dal vento, dall’innalzamento delle temperature e dell’aumento delle ore di luce, sia per il naturale allungamento delle giornate, sia per effetto dell’ora legale. La maggiore durata dell’illuminazione ha ricadute sul nostro organismo, influenzando alcuni ormoni, con effetti che per alcune persone possono essere anche fastidiosi. “La variazione della quantità e dell’intensità della luce è un’informazione che viene percepita a livello non solo visivo, ma anche più profondo: le frequenze luminose arrivano infatti all’ipotalamo, una struttura del sistema nervoso centrale che regola il ritmo sonno-veglia, la fame, la sete e la temperatura corporea”, spiega Roberto Volpe del Servizio prevenzione e protezione (Spp) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). “Come effetto si ha una minor produzione di melatonina, l’ormone che regola il sonno, con conseguente difficoltà ad addormentarsi o la tendenza a svegliarsi prima”, aggiunge Volpe. AUMENTA BUON UMORE - Ma se la melatonina cala, in primavera sale il livello di serotonina e dopamina, i neurotrasmettitori del buon umore, e quello degli ormoni tiroidei che, tra l’altro, attivano il metabolismo, quindi maggiore impegno ed energia fisica e mentale: si ha quindi più voglia di stare all’aria aperta e di muoversi.
PIU' STANCHEZZA PER MAGGIOR LAVORO DEL FEGATO - La sensazione di maggiore stanchezza che taluni avvertono può dipendere anche da un aumentato lavoro del fegato. “Con Salute&Benessere
il metabolismo accelerato, quest’organo 'spazzino' è costretto a lavorare molto, aumentando la sua attività di depurazione, perché i depositi di grasso si sciolgono, facendone entrare in circolo le tossine”, precisa Volpe. “È importante dunque alimentarsi in maniera equilibrata, riscoprendo la Dieta mediterranea e approfittando della grande varietà di verdura e frutta fresche di stagione”.
IDRATARE ORGANISMO - L’aumento della temperatura fa inoltre sudare di più, il ricercatore dell’Spp-Cnr ricorda perciò che “è importante idratare l'organismo, che inizia a perdere liquidi, bevendo soprattutto acqua, ma anche latte, tè e succhi di frutta. In tal modo, non avremo bisogno di integratori alimentari a base di vitamine, sali minerali ed energizzanti per colmare eventuali carenze”. ALLERGIE - Un altro problema della primavera sono le allergie. “A causa dell’aumentata concentrazione ambientale degli allergeni che provocano fastidiose riniti, congiuntiviti, fino anche ai non sempre innocui attacchi di asma”, prosegue l’esperto, che aggiunge: “alcune persone possono poi presentare, in varia associazione, disturbi di tipo psicofisico, quali riattivazione di gastro-duodeniti (dovuta a un’ipersecrezione di succo gastrico secondario alla predominanza del sistema vagale), cefalea, debolezza, difficoltà a concentrarsi, irritabilità, ansia e i già menzionati problemi di addormentamento, fino all’insonnia. A rischio, in questo caso, sono soprattutto quanti conducono una vita particolarmente stressante o chi ha stili di vita scorretti”. CONSIGLI - Per trascorrere una piacevole e sana primavera può aiutare allora seguire semplici comportamenti. “È importante cercare di dormire la giusta quantità di ore, praticare attività fisica, almeno 30 minuti al giorno, e dedicarci ai nostri hobby preferiti, scaricando così anche lo stress”, conclude Volpe.
In collaborazione con ADN Kronos 9
Estetica
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Malanni di stagione
Cambio di stagione Come affrontarlo “naturalmente”
STANCHEZZA STAGIONALE in generale il sintomo di un momento di depurazione e reset del metabolismo, che coinvolge in primis il fegato come organo centrale del filtraggio tossinico. L’organo riduce la quantità di energia disponibile per le attività esterne e si concentra verso l’interno. La giusta azione sarebbe quella di aiutarlo attraverso una alimentazione calibrata ad hoc, più dei prodotti erboristici mirati a sostenerlo nel liberarsi dei prodotti da lui filtrati. - Ortica: è ricca di minerali come fosforo, potassio, ferro, rame, zinco, calcio e vitamine A e C, inoltre stimola l’attività drenante dei liquidi e ha poteri antinfiammatori. - Bardana: particolarmente indicata per la depurazione della pelle, agisce dall’interno. È ricca di inulina, prebiotico e steroli ed è batteriostatica, diuretica e sudorifera. Ha inoltre un forte potere equilibrante. - Lavanda e melissa: ottime per la ripresa del lavoro invernale e meglio indicate per le stagioni fredde per le loro proprietà calmanti e distensive. - Tarassaco: conosciutissimo e usato da tempo immemorabile in tutte le civiltà fino a oggi, è noto per le capacità diuretiche. Ricco di sostanze amare e potassio, aumenta la produzione della bile, colagogo, e verso l’intestino, coleretico, abbassa il colesterolo e sostiene inoltre la flora batterica. - Sali minerali: da sciogliere in acqua. Sono rapidi nell’effetto, in quanto studiati per gli sportivi che necessitano di risultati veloci. Aiutano a sostenere il sistema immunitario. - Tonici: perfetti per tirarci su! Sì a eleuterococco, o ginseng siberiano (da non confondere con il ginseng asiatico), il guaranà, da usare con cautela per l’alta concentrazione di caffeina, la rodiola e la whitania somnifera. Queste ultime due erbe sostengono la circolazione dell’ossigeno nei tessuti e proteggono i vasi capillari, oltre a possedere un’azione rasserenante sull’umore.
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IL CONSIGLIO VERDE Se proprio vi sentite affaticati e privi di energie, assumete dosi robuste di vitamina C a lento rilascio, ma anche pappa reale e polline, per chi non soffre di allergie, e il gingko biloba, da consumare se non si assumono medicinali per il controllo della pressione. ALLERGIE DI PRIMAVERA L’arrivo della bella stagione e dei primi raggi di sole primaverile non viene accolta con molto entusiasmo da parte di coloro che rientrano nella categoria degli allergici a pollini e graminacee. Ecco come aiutarci naturalmente! - Ribes nigrum: antinfiammatorio, antistaminico e antidolorifico. Può essere assunto in forma di succo concentrato, tintura madre o, ancora meglio, come gemmoderivato, molto più semplice da gestire in quanto non presenta alcuna controindicazione. Utile per raffreddore da fieno, bronchite da allergia, congiuntiviti. - Rosa canina: antinfiammatorio e antiossidante. Importante nel controllo delle infiammazioni importanti che coinvolgono le mucose interne. Ottimo nella prevenzione delle allergie a sviluppo respiratorio. Ottima fonte di vitamina C, che aiuta le difese interne del sistema immunitario. - Liquirizia: aiuta il sistema immunitario a autoregolarsi e inibisce la risposta istaminica nel periodo primaverile. IL CONSIGLIO VERDE Ottime per contrastare le risposte allergiche sono sicuramente le combinazioni di oligoelementi, che vanno però consigliati in modo specifico da un naturopata esperto. Come prevenzione si può assumere senza problemi un mix di rame-oro-argento, che stimola le difese, rafforzandole negli scambi elettrici cellulari.
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Malanni di stagione L’ASSILLO DELL ’INSONNIA Si tratta di un disturbo assai comune, anche se varia molto a seconda dell’età e dello stato generale di salute del singolo. Oltre allo stress, bisogna considerare anche altri fattori come l’uso frequente di alcol, l’assunzione di troppa caffeina, il non permettersi il giusto recupero durante la giornata e, inoltre, il superlavoro mentale. - Meditazione: per dormire meglio bisogna imparare a respirare piuttosto profondamente e a praticare anche esercizi di rilassamento con regolarità, per smaltire parte della fatica accumulata nella settimana. - Erbe: scegliamo quelle che favoriscono un riposo tranquillo e il rilassamento. Possono aiutare il tiglio, la melissa, la passiflora. Ottima l’abitudine della tisana un’ora prima di andare
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a letto: un rito intimo e anche riposante. - Melatonina: nel caso di una donna in menopausa con abitudini di vita più o meno sane, è un ottimo rimedio. Si acquista senza ricetta in farmacia. - Olio essenziale di lavanda: basta una goccia sui polsi o ai margini del cuscino per creare una profumazione dai poteri distensivi e anti stress. Dicono che anche il colore lavanda sia il più indicato in caso di insonnia. IL CONSIGLIO VERDE Non dimenticare qualche mandorla a fine pasto, la sera: il magnesio rilassa infatti i muscoli e, insieme all’avena, possiede un effetto tranquillante.
In collaborazione con Vero Salute della D.Print Spa Editore
La lotta all’influenza comincia a tavola Otto semplici regole dello star bene
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on le brusche variazioni di temperatura si moltiplicano i rischi di raffreddore e influenza, che costringono ad assentarsi dal lavoro e a fare i conti con spossatezza, stanchezza, dolori, tosse. Ecco 8 accorgimenti per supportare sia il sistema immunitario sia l'apparato pilifero nella sfida contro il cambio stagione Tenere al caldo naso e gola - L'obiettivo è quello di portare calore e flusso di sangue alle stazioni immunitarie (il primo blocco difensivo) e di scaldare l'aria che inspiriamo, prima che entri nel naso. Utile una sciarpa quando si è fuori casa, evitando di coprirsi troppo se si è in ufficio e in casa, dove le temperature sono nettamente superiori. Sudare per poi freddarsi quando si esce non è un buon modo per rifuggire le malattie da raffreddamento. Proteggere i linfociti T - Lo zucchero raffinato riduce il numero di linfociti T del 50% per un periodo di 2 ore dopo la sua ingestione, quindi sarebbe opportuno sostituirlo ad esempio con il miele di tiglio e di manuka che aiuta a combattere le malattie stagionali e rafforza il sistema immunitario. Evitare i cali glicemici mangiando ogni 3 ore, affinché non aumenti l'ormone cortisolo che riduce l'efficienza del sistema immunitario. Mangiare almeno uno spicchio d'aglio crudo (spremuto, tagliato, sottolio) che è antibatterico e antivirale.
Respirare profondamente - In un ambiente senza correnti d'aria, ma ben arieggiato, sedersi su un tappeto, un tappetino o sul letto a gambe incrociate; mettere una mano sul torace e una sull'addome, inspirare in 6-8 secondi gonfiando prima il torace e poi l'addome ed espirare in 8-10 secondi sgonfiando prima l'addome e poi il torace. Questa respirazione è utile anche per alleviare le tensioni emotive e lo stress che è una concausa di debolezza del sistema immunitario. Assumere probiotici e vitamine - I probiotici, la vitamina C e D aumentano l'efficienza del sistema immunitario. Assumerli a colazione è un buon modo per mettere il turbo. Bere acqua, limone, miele e zenzero - Per una sferzata d'energia e disinfettare la gola. Utilizzare l'olio di mandorle - 2-3 gocce nel naso, per aiutare a prevenire irritazioni e secchezza della mucosa.
In collaborazione con ADN Kronos
Minestre, brodi, tè e infusi per aumentare il calore interno - Il calore è killer di virus e batteri, ecco perché il corpo si difende con la febbre. Aggiungere il peperoncino nelle varie pietanze perché grazie al suo potere termogenico ci farà scaldare e aumentare la secrezione nasale che faciliterà l'espulsione del pulviscolo ed altro. Favorire l'escrezione di tossine, pulviscolo e patogeni con i boost fai da te - Soffiarsi il naso spesso, fare i fumenti per 10 minuti al giorno, preferibilmente la sera, con acqua calda ed olio essenziale di tea tree oil, limone, eucalipto (antibatterici, disinfettanti, decongestionanti), poche gocce di ognuno per un effetto tangibile. 12
Salute&Benessere
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Estetica
elle p a e l l e h d g ento u m r a i i h t c c e n a a l’inv r s i u a s c i e l h e ima c o z n s e r o t r e V Scope R ughe, zampe di gallina e primi cedimenti sono i segnali che la pelle - e non solo quella - sta invecchiando. In futuro potrebbe essere più semplice guardarsi allo specchio la mattina: per la prima volta, infatti, un gruppo di scienziati inglesi ha scoperto che l'attività di un enzima metabolico chiave che si trova nelle cellule epiteliali diminuisce con il passare del tempo. Lo studio apre le porte allo sviluppo di trattamenti anti-età e prodotti cosmetici in grado di contrastare questo calo. I risultati del lavoro sono pubblicati sul 'Journal of Investigative Dermatology' e riguardano l'enzima Complex II. La ricerca potrebbe anche portare a una migliore comprensione di come invecchiano altri organi, indicando la strada per lo sviluppo di farmaci contro alcune malattie legate all'età, incluso il cancro. "Quando il nostro corpo invecchia, vediamo che le batterie delle nostre cellule si scaricano con un meccanismo noto come riduzione della bioenergia, e aumentano i radicali liberi dannosi per la salute - spiega Mark Birch-Machin, professore di dermatologia molecolare all'università di Newcastle e autore dello studio con Amy Bowman - Questo processo è facilmente visibile sulla nostra pelle: aumentano le rughe e appaiono i primi cedimenti". "Il nostro studio dimostra per la prima volta che nella pelle umana all'aumentare dell'età c'è una diminuzione specifica dell'attività di un enzima metabolico chiave che si trova nelle cellule della pelle - prosegue l'esperto - Questo enzima è la 'cerniera' tra i 2 modi principali per produrre energia nelle nostre cellule. Un calo della sua attività contribuisce alla diminuzione della bio-energia man mano che la pelle invecchia. La nostra ricerca indica che ora abbiamo un biomarcatore specifico, un bersaglio per lo sviluppo di trattamenti anti-invecchiamento e creme cosmetiche che possono contrastare questo declino di bio-energia", afferma Birch-Machin. La speranza è quella di trovare terapie anti-età personalizzate, adattate ai diversi momenti della vita e al tipo di pigmentazione della pelle, "con l'ulteriore possibilità di affrontare il processo di invecchiamento altrove nel nostro corpo". Salute&Benessere
L'attività di Complex II è stata misurata in 27 volontari, tra i 6 e i 72 anni, ai quali sono stati prelevati campioni da un'area di pelle protetta dal sole. Sono state misurate le attività degli enzimi chiave all'interno dei mitocondri, organelli coinvolti nella produzione di energia nelle cellule della pelle. Queste tecniche sono state applicate a cellule prese sia dal livello superiore (epidermide) sia da quello inferiore (derma) del nostro 'involucro'. Per gli esperti serviranno ulteriori studi per comprendere appieno le conseguenze funzionali nella pelle e in altri tessuti, e per valutare le strategie anti-età. "Per molto tempo si è pensato che i mitocondri avessero un ruolo nell'invecchiamento, ma finora questo era rimasto oscuro - ricorda Bowman - Il nostro lavoro permette di fare un passo avanti nella comprensione di come queste strutture vitali delle cellule possono contribuire all'invecchiamento umano, con la speranza di trovare aree bersaglio nei mitocondri per contrastare i segni dell'età".
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Fumo
i r o t a bia m m a c u a s f o i r cco c E e p e l o g e r e v o u N
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ono entrate in vigore le nuove regole per i fumatori. Oltre a vietare i pacchetti da 10 sigarette, arriveranno multe salate per chi butta i mozziconi a terra, e non si potrà fumare in macchina in presenza di minori e donne incinta. E ancora. Si farà più attenzione alla pubblicità e le scritte che si troveranno sui pacchetti saranno più grandi e di impatto. Ecco alcune delle nuove norme, inserite nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 18 gennaio. SCRITTE SUI PACCHETTI ‘Il fumo causa il 90% dei casi di cancro ai polmoni’; ‘Il fumo causa ictus e disabilità’; ‘Il fumo può uccidere il bimbo nel grembo materno’; ‘Il fumo riduce la fertilità’; ‘Il fumo aumenta il rischio di impotenza’. Queste sono solo alcune delle scritte che copriranno tutta la superficie della confezione senza alcun commento o parafrasi o riferimento in qualsivoglia forma. MINORI E SANZIONI Per chiunque venda sigarette, tabacco o sigarette elettroniche la sanzione amministrativa pecuniaria va da un minimo di 500 euro a un massimo di 3mila e la sospensione per 15 giorni della licenza all’esercizio dell’attività. Per i recidivi, la multa sale da un minimo di 1.000 euro a un massimo di 8mila e la revoca della licenza all’esercizio dell’attività. DOVE È VIETATO FUMARE Non si potrà più accendere una sigaretta in auto se ci sono minorenni o donne incinta. ‘Bionde’ spente vietate anche in prossimità delle “strutture universitarie ospedaliere, dei presidi ospedalieri e degli Istituti di ricerca scientifica e di cura pediatrici e alle pertinenze esterne dei reparti di ginecologia e ostetricia, neonatologia e pediatria delle strutture universitarie ospedaliere e dei presidi ospedalieri e degli IRCCS”. MOZZICONI A TERRA Chi si libererà della sigaretta finita gettandola in strada potrà essere multato fino a 300 euro. In realtà, con la nuova Finanziaria, una multa potrà toccare a chi a terra butta fazzoletti di carta, scontrini o chewing gum. Salute&Benessere
In collaborazione con ADN Kronos 15
PROVA A FUMARE ALTERNATIVO, FUMA DIGITALE! “La sigaretta elettronica è assolutamente innocua, tanto è vero che, per esempio, è utilizzata per un protocollo scientifico ufficiale che coinvolge tre IRCSS milanesi. La sigaretta elettronica può essere uno strumento molto utile per iniziare un processo di disassuefazione, soprattutto in chi ha una forte dipendenza psicologico-gestuale, che è una delle componenti fondamentali e più difficili da eradicare della dipendenza del fumatore”.
Umberto Veronesi - Corriere della Sera
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Sport
arietà t n e d a e s m alla r p o t e s f o m è Dicia a p o r u E ’ L
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a brutta notizia è che viviamo in un Paese di sedentari. E non possiamo certo dire che le cose vadano meglio oltre confine, visto che solo 1 cittadino su 4 pratica regolarmente attività fisica. Questo è il primo dei preoccupanti dati messi a disposizione dallo studio L’impatto economico dell’inattività fisica in Europa, realizzato dal Centre for Economics and Business Research (Cebr). Commissionato da ISCA (International Sport and Culture Association), è stato presentato nell’ambito di una tavola rotonda presso l’Expo Conference Centre, alla presenza di Mogens Kirkeby, presidente di ISCA e Giovanni Malagò, presidente del CONI.
Salute&Benessere
IL PREZZO DELLA PIGRIZIA La maggior parte dei nostri concittadini è attirata dal divano, anche se è ben noto che trascorrere troppe ore seduti può risultare deleterio per la salute. Se a questo aggiungiamo le ore trascorse davanti a tablet, computer e televisione, si comprende perché ormai la sedentarietà è divenuta una patologia, dalle dimensioni impressionanti, non solo nel Belpaese. Qualche numero? Il 33 per cento degli adulti non raggiunge i livelli di attività fisica raccomandati dall’Oms, Organizzazione Mondiale della Sanità, vale a dire almeno 150 minuti di movimento a settimana. Dati ancora più preoccupanti sulla carenza di movimento riguardano gli adolescenti, in quanto il 92 per cento dei tredicenni non raggiunge i livelli consigliati. Un deficit di benessere che può fare da innesco a ma
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Sport lattie gravi, influenzare l’umore ed essere anche una perdita economica per il sistema sanitario. Gli attuali livelli di inattività fisica si traducono in spese annuali di oltre 12,1 miliardi di euro, per un impatto complessivo sull’economia che comprende: costi sanitari diretti annuali pari a 1,6 miliardi di euro e indiretti pari a 7,8 miliardi di euro (facendo riferimento al valore economico stimato di vita sana persa per malattia e mortalità prematura). Risparmi e salute sarebbero a portata di mano se il fitness fosse praticato in maniera più regolare. BASTA MUOVERSI DI PIÙ Con un focus su sei Paesi europei, quali Italia, Spagna, Regno Unito, Francia, Germania e Polonia, lo studio svolto a Expo ha avuto l’obiettivo di aprire un dibattito su questi importanti temi e costituire un punto di partenza condiviso per incoraggiare i cittadini europei ad adottare stili di vita più sani e attivi. Questa analisi è stata un’ulteriore conferma del fatto che l’inattività costituisca uno dei principali fattori di rischio di un consistente numero di malattie, come affezioni coronariche, diabete di tipo II, cancro colon-rettale e cancro al seno e sia responsabile del 14,6 per cento dei decessi in Italia. HA RICADUTE SULL’UMORE La ricerca dimostra inoltre che l’inattività motoria favorisce l’aumento di irritabilità, stress e ansia. Si calcola che ridurre di 1/5 il livello di sedentarietà permetterebbe di risparmiare 2,4 miliardi di euro all’anno e di ridurre vari disturbi dell’umore. Accanto al quadro critico dai dati, sono state proposte iniziative efficaci per incoraggiare la persone a muoversi. La presenza del Presidente Giovanni Malagò ha permesso inoltre di ricordare le numerose proposte che il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) da molti anni promuove per coinvolgere gli italiani a incrementare i livelli di esercizio fisico, soprattutto tramite la pratica sportiva. 18
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INIZIATIVE CONTRO L’OBESITÀ Tra le alternative non agonistiche, sono stati presentati dalla dottoressa Mazzechi due progetti internazionali realizzati per la prima volta in Italia: EUROBIS (Epode Umbria Region Obesity Intervention Study) parte di EPODE International Network (EIN) - la più ampia rete mondiale di prevenzione dell’obesità - e Beat The Street. Realizzati a Perugia il primo e a Terni il secondo, sono entrambi basati su metodologie innovative volte a contrastare il fenomeno dell’incremento dell’obesità. Nato in Umbria, EUROBIS si prefigge lo scopo di implementare l’educazione dei più giovani a corrette scelte alimentari affiancate a una regolare pratica dell’attività fisica. Il lavoro principale è quello di inculcare queste dinamiche non solo nel bambino, ma anche all’interno della famiglia e delle dinamiche sociali attuali. Si parla proprio di dinamiche sociali perché, spesso, il sovrappeso è un fenomeno associato a fattori discriminanti che si manifestano in una sostanziale solitudine fisica ed emotiva nel bambino. Far cadere le barriere di questa solitudine all’interno della famiglia, nella scuola, tra coetanei è certamente essenziale per portare a un approccio positivo e fruttuoso nel cambiamento verso una direzione salutare dello stile di vita, tramite i piccoli e semplici gesti quotidiani. Un secondo progetto innovativo volto ad aumentare il dispendio energetico quotidiano della popolazione ha riguardato Terni, prima città italiana ad accogliere la gara Beat the Street. Per vincerla i residenti hanno dovuto percorrere a piedi o in bicicletta più di 200mila km in 6 settimane. Il conteggio è avvenuto tramite smart card e lettori posti su apposite colonne collocate sui lampioni. L’obiettivo? È stato persino battuto muovendosi per ben 365mila km. Una distanza pari (quasi) a quella tra la Terra e la Luna! Come riconoscimento la città umbra ha ottenuto un premio del valore di 12.000 dollari da destinare a un progetto di pubblica utilità. In questo modo la comunità è diventata più unita, i cittadini più attivi e l’ambiente, avendo evitato l’utilizzo di macchine e motorini, più salutare. E il tutto: a costo zero!
In collaborazione con Vero Salute della D.Print Spa Editore Salute&Benessere
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Sport
NUOVA APERTURA IN MARZO Desmoclub è un CENTRO ESCLUSIVO di nuova generazione studiato per migliorare la forma fisica in modo mirato e senza sprechi di tempo. Le attrezzature isoinerziali utilizzate sono all’avanguardia; si tratta di metodi usati in diversi sport ad alto livello per l’allenamento e per la prevenzione ed il recupero degli infortuni. Il metodo proposto da Desmoclub consente di gestire un percorso di training completamente monitorato, personalizzato e modulare. • MIGLIORI IL TUO CORPO E LA TUA FORMA FISICA • SESSIONI DI LAVORO PERSONALIZZATE IN PICCOLI GRUPPI E ASSISTITE DA UN PREPARATORE PROFESSIONISTA • 30 MINUTI DI LAVORO PER SESSIONE
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Desmotec è una macchina desmodromica che sfrutta il moto isoinerziale: vengono fatte accelerare delle masse e nel momento in cui l’accelerazione di queste masse viene impressa con un cavo, che può esser collegato al bacino o a un arto, si ha questo riavvolgimento del cavo che crea un sovraccarico eccentrico, creando per l’appunto un ciclo di contrazione. Sono attrezzature che utilizziamo per allenare i campioni dello sci alpino, ma 19 sono assolutamente convinto che possano essere utilizzate da tutti.
Sport
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Quali esercizi fanno perdere davvero peso? Eccoli qua, parola di trainer...
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o sappiamo tutti, ce l'hanno ripetuto in tanti: l'esercizio fisico è parte importante per una vita sana e fare movimento può aiutare a tenere lontane alcune malattie e a mantenere il giro vita sotto controllo. Anche recentemente, riporta il 'Daily Mail', uno studio della 'London School of Economics' ha sostenuto come una camminata vivace di 30 minuti ogni giorno sia un modo efficace per perdere peso quanto correre o andare in palestra. Ma quali e quanti esercizi dobbiamo fare per perdere peso? Il team di Grace Lordan, specialista in 'Health Economics' che ha condotto la ricerca alla LSE, ha confrontato i dati di chi ha eseguito la mezz'ora di passeggiata veloce a piedi con quelli di chi ha fatto la stessa quantità di lavoro domestico
pesante, di lavoro manuale e anche sport, tra cui il rugby. Prendendo come riferimento le misure della vita e l'IMC, l'indice di massa corporea, è stato visto come uomini e donne che camminavano con regolarità e velocemente per più di 30 minuti avessero indici più bassi e anche fianchi più piccoli rispetto a quelli che si impegnavano in un regolare esercizio fisico. Risultati basati sui livelli di attività presi dalle indagini annuali sulla salute fatte in Gran Bretagna tra 1999 e 2012. Dati sui quali cinque personal trainer britannici dicono la loro. "Per ottenere realmente una perdita di grasso sono necessarie tre ore di lavoro a settimana - dice il fondatore di Fe Gym Justin Maguire - questo non significa solo tre ore in palestra, ma tre ore di lavoro effettivo". Del resto, aggiunge, "la gente può passare anche un'ora e mezza in palestra ma se poi fa solo 40 minuti di lavoro...". Anche secondo Lloyd Bridger di 'LDN Muscle', "per perdere grasso la HIIT è il modo migliore. Gli esercizi dovrebbero essere composti da attività di 10-20 secondi per otto ripetizioni e poi un solo minuto di riposo". La durata ideale di una sessione è 25 minuti per chiunque tra le due e le quattro volte a settimana.Per Matt Hodges, coach del 'MPH Method', 11 anni di esperienza gli hanno dato conferma che "18 minuti è la quantità ottimale di tempo per eseguire esercizi di 'High Intensity Interval Training' (HIIT). Trenta secondi di lavoro intenso e trenta di recupero". Questo significa che "in realtà si stanno facendo solo nove minuti di esercizio intenso", oltre i quali il corpo finirebbe in uno stato catabolico, 'consumando se stesso'. Per Anya Lahiri, allenatrice al 'Barry's Bootcamp' e 'Nike Elite', "bisogna combinare mezz'ora di cardio e mezz'ora di allenamento di resistenza, minimo tre volte alla settimana" ma, sostiene, "è importante non fissarsi sul peso quando si sta cercando di perdere grasso". Infine, anche per Chris Hall - fondatore di 'Hall Training Systems' (società di personal trainer di Oxford) - l'allenamento ideale è HIIT e la quantità di grasso corporeo da perdere a settimana pari a circa mezzo kg che, riconosce, corrisponde a "3.500 calorie, cioè molta energia". Ma se l'esercizio è "combinato con dieta sana, buon sonno e regolarità di allenamento, si tratta di un obiettivo realistico". Quanto? Venti minuti di HIIT brevi ma intensi, iniziando con una sessione a settimana per arrivare a tre.
In collaborazione con ADN Kronos 20
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Udito
e r o m u r i d liate " g a o b s t i n i a l a bitud a m e l " a s 3 u u o acc s tt o o S n a i l a t i n U
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e urla dei vicini, il traffico in strada, tv e radio ad alto volume, telefonini che squillano a ogni angolo, il rombo assordante degli aerei che atterrano e decollano. Non solo smog, c'è un altro nemico invisibile che incombe sulle città: l'inquinamento acustico. A ogni latitudine nel mondo è allarme rumore. Ma in Italia i dati sono da record. il Belpaese è al secondo posto dopo gli Stati Uniti nella classifica dei Paesi più 'assordati'. Con Napoli che, dopo New York e Los Angeles, sale sul podio delle città più rumorose, superando per intensità di decibel Roma, Milano e Torino. E' il quadro tracciato dal Consensus Paper 'Coping with noise', frutto di un tavolo di lavoro multidisciplinare che ha valutato e integrato con una revisione della letteratura scientifica i risultati di un'indagine Gfk Eurisko, promossa daAmplifon e condotta su 8.800 persone di 11 Paesi: Italia, Usa, Francia, Gran Bretagna, Portogallo, Belgio, Spagna, Australia, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Germania. Quasi un terzo della popolazione italiana è esposto a un eccesso di decibel. E il bombardamento sonoro - compagno di vita quotidiana per milioni di persone - non colpisce solo le orecchie, aumentando di circa il 30% la probabilità di avvertire un disturbo uditivo. Ci si può ammalare di rumore: il frastuono assordante arriva a raddoppiare i casi di disturbi dell'umore (irritabilità, umore instabile, nervosismo e preoccupazione), insonnia, difficoltà di concentrazione e mal di testa. Problematiche segnalate da circa il 30% delle persone esposte a un livello alto di rumore, contro il 16% di chi è meno esposto. Anche il cuore è sotto attacco. Il rumore può infatti stressare il sistema cardiovascolare, tanto che alcune indagini lo additano come un fattore di rischio. Senza contare il rischio di danni alle orecchie . Danni "anatomici e funzionali che dipendono dall'intensità del rumore, dalla durata dell'esposizione e dalla suscettibilità che ogni persona ha", spiega Giancarlo Cianfrone, professore ordinario di Audiologia e direttore del Dipartimento organi di senso all'università degli Studi di Roma La Sapienza. Un'esposizione nociva o rischiosa "può compromettere lo stato di salute delle strutture sensoriali e neurali uditive - avverte Cianfrone - Da questa situazione di sofferenza possono generarsi le condizioni
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per una perdita uditiva provocata dal rumore e, a volte, anche due altri fenomeni uditivi: gli acufeni, considerati percezioni fantasma di suoni, e l'iperacusia, un'intolleranza ai suoni esterni, anche lievi o moderati". I più vulnerabili, continua l'esperto, "sono i giovani e gli adolescenti spesso esposti a musica ad alto volume, e gli anziani in cui al rumore si aggiungono il possibile utilizzo di farmaci ototossici e un maggiore rischio metabolico e cardiovascolare: un mix esplosivo per l'udito". Gli specialisti, prosegue Roberto Albera, professore ordinario di Otorinolaringoiatria all'università degli Studi di Torino, hanno coniato "il termine 'socioacusia' per indicare un deficit uditivo che si manifesta come conseguenza del vivere in ambienti con un elevato tasso di inquinamento acustico". Ambienti come le metropoli e le città in generale. Considerando il numero di rumori sgradevoli, la frequenza e la durata dell'esposizione, è stato calcolato un 'Indice di esposizione al rumore' (Exposure Noise Pollution Index, Enpi). Se in media il 28% della popolazione risulta esposto a un eccesso di decibel (Enpi alto o medio-alto), prendendo in esame gli abitanti che lamentano il maggior livello di rumore (Enpi alto) gli esperti hanno stabilito che i Paese più assordati risultano gli Stati Uniti (16%) e l'Italia (10%), seguiti da Francia, Gran Bratagna e Portogallo (7%). Chiude la classifica la silenziosa e 'compassata'
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Udito Germania (2%). Sotto accusa finiscono anche gli stili di vita contemporanei. "Abuso di alcol, fumo, obesità, ipertensione, diabete e ipercolesterolemia - elenca Albera - possono accentuare il danno alla funzione uditiva". Così come le cattive abitudini musicali. "Le discoteche hanno raggiunto livelli di rumorosità tali da poter danneggiare l'udito di chi le frequenta abitualmente e per molto tempo, mentre negli ultimi 20 anni si è assistito alla diffusione di massa dell'ascolto di musica in cuffia - osserva l'esperto - con livelli massimi di suono che possono arrivare a 120 decibel. Oggi il 90% dei ragazzi fra 12 e 19 anni utilizza i riproduttori musicali; di questi la metà ammette di tenerli ad alto volume, e uno su 3 di usarli molto spesso". In Italia il 41% lamenta un incremento dei decibel rispetto al passato (contro una media internazionale del 34%). Alcune fonti di rumore sono più frequenti nelle città della Penisola che negli altri Paesi. Dopo i rumori della strada (esposizione medio-alta del 39%), musica (32%), conversazioni (30%) e trasporto pubblico (28%), spiccano il continuo squillare dei telefoni (25% contro una media internazionale del 14%) e i rumori di disturbo da parte dei vicini (25% contro 18%). Per misurare la salute dell'udito degli abitanti delle grandi città è stato calcolato l'Hearing Index. L'indice valuta, sulla base della percezione degli intervistati, la capacità di udire correttamente una persona in un ambiente più o meno tranquillo e di tollerare un rumore di sottofondo durante una conversazione. In media il 28% della popolazione globalmente considerata ha un Hearing Index scarso, spia di difficoltà di udito, con punte del 34%
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negli over 55. Quanto agli italiani, il 27% ha un basso Hearing Index, indicativo di una qualche difficoltà di udito, ma si tratta di una percentuale ben lontana dal 38% della Nuova Zelanda, dal 32% del Portogallo e dal 30% dell'Australia. I Paesi più consapevoli dei rischi legati al troppo rumore sembrano essere Portogallo (44% di alta e medio-alta conoscenza), Italia (42%), Germania (28%) e Stati Uniti (28%). Tuttavia, la consapevolezza non sembra limitare i comportamenti 'pericolosi'. Per mettere un freno al 'mal di rumore' gli esperti suggeriscono la necessità di fare prevenzione e informare i cittadini, soprattutto i più giovani, sui rischi e sui sintomi correlati al trauma acustico da rumore.
Le armi per proteggersi? Doppi vetri, cuffie professionali, riduzione del volume quando si ascolta la musica. E a livello istituzionale, aggiungono gli specialisti, misure per ridurre il livello di decibel consentito nei locali pubblici. Per la gestione dei disturbi uditivi, se da un lato la tecnologia digitale dei moderni apparecchi acustici ha fatto tanti progressi, dall'altro c'è ancora da fare sulla riduzione dello stigma per chi li porta. Si deve poi lavorare, fanno notare gli esperti, sullo sviluppo di test per prevedere il successo individuale nell'uso della soluzione acustica, così da poter personalizzare sempre di più il trattamento.
Udito a rischio per oltre 1 miliardo di giovani Oms: "Cuffiette non più di un'ora"
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scolto non sicuro per 1 under 35 su 2, sotto accusa anche eccesso volume in disco, locali e stadi. Mp3 e cuffiette, ma anche discoteche e stadi finiscono nel mirino dell'Organizzazione mondiale della sanità. Tutta colpa delle cattive abitudini dei ragazzi a qualsiasi latitudine: incollati alle cuffiette praticamente tutto il giorno, e assidui frequentatori di situazioni in cui il rumore assordante è l'ospite d'onore. Risultato: "Circa 1,1
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miliardi di teenager e giovani adulti sono a rischio di sviluppare una perdita di udito - avverte l'Oms in occasione della giornata mondiale 'International Ear Care Day 2015' - per via dell'ascolto non sicuro di musica con le cuffie e per l'esposizione a livelli dannosi di rumore in eventi e luoghi di intrattenimento". Ed è per questo che il monito degli esperti internazionali si rivolge soprattutto ai giovani.Fra gli avvertimenti c'è quello di limitare l'uso delle cuffiette a "meno di un'ora al giorno", ma anche l'invito ad abbassare il volume, cercando di "non superare il 60% del massimo consentito dai dispositivi utilizzati". Nei Paesi ad alto e medio reddito un ragazzo su 2 fra i 12 e i 35 anni è inseparabile da smartphone, lettori Mp3 e altri dispositivi per l'ascolto della musica e non li usa in condizioni di sicurezza, mentre il 40% è esposto a livelli sonori potenzialmente dannosi in locali notturni, concerti o eventi sportivi. Per gli esperti internazionali non è un caso che oggi un adolescente su 5 lamenti un disturbo uditivo. E i numeri risultano in aumento del 30% negli ultimi 15 anni. La diminuzione della capacità uditiva o ipoacusia colpisce circa 590 milioni di persone nel mondo, 7 milioni solo in Italia, sottolineano gli specialisti tricolore. La perdita uditiva è più frequente nelle persone anziane a causa di un naturale invecchiamento del sistema uditivo. Infatti, più del 40% delle Salute&Benessere
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Udito
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Udito persone tra 60-69 anni di età presenta una forma significativa di ipoacusia e l'incidenza aumenta fino al 90% dopo gli 80 anni. Ma anche i più giovani possono subire una diminuzione della capacità uditiva per via dei comportamenti scorretti. "L'udito è una facoltà preziosa che impatta sullo sviluppo educazionale, professionale e sociale", è il messaggio in occasione della Giornata mondiale. L'Oms stila persino una lista delle soglie temporali massime, a seconda dei decibel, da non superare per restare in un contesto di ascolto sicuro. Jet a parte (meno di un secondo), è la vuvuzela, che ha assordato i tifosi ed è diventata quasi il 'simbolo' dei Mondiali di calcio in Sudafrica, a guadagnarsi la palma dell'inascoltabilità, con i suoi 120 decibel: per non correre rischi si dovrebbe limitare l'esposizione a 9 secondi. Ma subito dopo viene la musica dal vivo, con 115 decibel e un massimo di 28 secondi tollerabili per un ascolto sicuro. Il livello quotidiano raccomandato per qualunque suono non dovrebbe superare gli 85 decibel per un massimo di 8 ore, ma sotto questa soglia nella lista si trovano solo elettrodomestici - per la gioia delle casalinghe - e sveglie. La musica, aggiungono gli esperti italiani, può superare la
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soglia dei 120 decibel (soglia del dolore) e a volte toccare anche la vetta dei 150. Il volume eccessivo può avere un effetto dannoso sulle cellule nervose sensibili dell'orecchio interno, che sono così indotte a vibrare con intensità eccessiva fino a rompersi e a morire. Per salvaguardare il proprio udito, spiegaAntonio Cesarani, direttore dell'Unità operativa complessa di Audiologia del Policlinico di Milano e presidente della Società italiana di audiologia e foniatria (Siaf ), "i giovani non devono rinunciare alla musica o a divertirsi con gli amici, ma è sufficiente qualche piccolo accorgimento". Ad esempio, "è buona norma abbassare il livello della musica del proprio smartphone e ridurre l'uso continuativo di Mp3 a non più di 2 ore durante una giornata. Inoltre, quando si è in discoteca o in un locale rumoroso, bisogna rispettare la cosiddetta 'regola dell'in&out', prendendosi una pausa di un quarto d'ora ogni 90 minuti.Può capitare frequentemente che all'uscita i giovani avvertano una sensazione di pienezza o occlusione all'orecchio, associata a rumori o fischi (i cosiddetti acufeni): qualora il disturbo permanesse dopo 16 ore di riposo acustico, è consigliabile recarsi in un ambulatorio medico specialistico".
Tornare a sentire non sarà più un sogno Scoperto virus che “cura” la sordità
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n passo in avanti significativo verso il trattamento di alcune forme di sordità. A compierlo un team di scienziati di Stati Uniti e Svizzera che, su 'Science Translational Medicine', raccontano di aver dimostrato su modello animale che, grazie a un virus, è possibile correggere il difetto genetico alla base di molti casi di sordità, ripristinando in alcuni casi l'udito. I difetti nel Dna sottendono a circa la metà dei casi di perdita dell'udito nella prima infanzia. Lo studio sui topi, secondo gli esperti, potrebbe portare a trattamenti specifici nell'arco di un decennio. L'equipe medica si è concentrata sui piccoli peli all'interno dell'orecchio, che convertono i suoni in segnali elettrici che possono essere interpretati dal cervello. Ma le mutazioni nel nostro Dna rendono questi peli incapaci di creare il segnale elettrico, impedendo alle persone di sentire. Il gruppo di ricerca ha dunque sviluppato un virus geneticamente modificato che 'infetta' le cellule ciliate e corregge l'errore. Il sistema è stato testato su topi "profondamente sordi, che non si sarebbero ac-
corti della musica nemmeno a un concerto rock ad alto volume (115 decibel)", spiegano. L'iniezione del virus nelle orecchie ha portato a un "sostanziale miglioramento" dell'udito, anche se non a livelli normali: gli animali sono arrivati a sentire l'equivalente del rumore all'interno di una macchina in movimento (85 decibel). I roditori hanno anche modificato il loro comportamento in risposta ai suoni durante lo studio, durato 60 giorni.Lo studio ha 'riparato' una mutazione in un gene chiamato Tmc1, che sottende a circa il 6% dei casi di sordità familiare. Tuttavia, ci sono più di 100 geni che sono stati collegati a questo disturbo, per questo gli autori sono attenti a esultare: "Siamo cautamente ottimisti - dice Jeffrey Holt del Boston Children's Hospital - ma non vogliamo dare false speranze. Sarebbe prematuro dire che abbiamo trovato una cura. In un futuro non troppo lontano, però, il nostro potrebbe diventare un trattamento per la sordità genetica, quindi è un dato importante".
In collaborazione con ADN Kronos 24
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o i h c c Gino
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n approccio meno invasivo e doloroso per il paziente, un miglior decorso postoperatorio e riabilitativo. Sono queste le principali caratteristiche della nuova protesi “salvacrociato”, frutto della ricerca italiana e già disponibile in molti centri pubblici e convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale. Un impianto per il ginocchio di nuova generazione, che, grazie alla forma a ferro di cavallo, permette di conservare intatta la zona ossea di inserzione dei legamenti crociati. Su questa struttura metallica sono poi agganciati due inserti in polietilene che simulano i menischi naturali. La protesi si completa con una componente femorale studiata in modo da consentire la completa estensione dell’arco di flesso del crociato anteriore, senza rischi di conflitto con le altre componenti. I maggiori vantaggi si registrano nei tempi di ricovero che si sono abbassati a non più di 24 o 36 ore, grazie alla riduzione delle complicanze e al dolore postoperatorio. Restano invece invariati i tempi di riabilitazione, quantificati in una “full immersion” di 5 o 6 settimane in esercizi di recupero prima di avere la piena e autonoma ripresa delle attività professionali e socio-relazionali. INTERVENTI IN AUMENTO «Gli interventi di protesi del ginocchio sono in costante crescita, con un aumento di circa il 10 per cento l’anno. Parliamo oggi di circa 70mila impianti l’anno. Oltre a essere aumentato il numero di persone sottoposte a questo tipo di intervento, si è anche abbassata la fascia di età interessata: l’età media si aggira ancora dai 65 anni in su, ma stanno crescendo gli interventi sulla popolazione più giovane, maggiormente portata a svolgere attività fisica. Poter risparmiare i due crociati è certamente una rivoluzione per i pazienti perché i legamenti sono fondamentali nell’articolazione del ginocchio e deputati alla stabilità passiva. Utilizzare una protesi in grado di preservarli entrambi favorisce un migliore funzionamento dell’articolazione, quindi una propriocettività (la capacità per il paziente di “sentire” la propria articolazione) più fisiologica e naturale. Aspetto, questo, che non può essere garantito da una protesi normale, che deve svolgere anche funzione di crociato anteriore e posteriore, risultando vincolante e destinata
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ciato” o r c a v l a tesi “s o r p a l o Ecc a fallire molto prima», spiegail professor Ciro Villani, ordinario di Ortopedia e traumatologia all’Università ‘La Sapienza’ di Roma. UN PERCORSO GRADUALE «Il legamento crociato anteriore è così fondamentale nell’anatomia dell’articolazione che a seguito di un trauma si deve necessariamente ricostruirlo, specie se si vuole continuare a praticare attività fisica. Non a caso si tratta di uno degli interventi più diffusi e comuni, ad esempio, fra i calciatori e gli sportivi, che altrimenti si vedrebbero costretti a uno stop professionale. E non a caso questa protesi è destinata soprattutto a pazienti giovani e che chiedono al ginocchio una risposta funzionale, dinamica e attiva come avviene ad esempio in chi fa giardinaggio, in chi si piega, chi ha una normale attività professionale, sessuale e socio-relazionale», spiega il dottor Bruno Violante, direttore del dipartimento di Ortopedia 2 agli Istituti Clinici Zucchi di Monza. «In tutte queste condizioni avere un ginocchio quanto più possibile vici no alla normale struttura anatomica rappresenta un significativo miglioramento sia sulla qualità di vita che sulle prestazioni delle varie attività», aggiunge il dottor Violante. Un obiettivo possibile grazie al disegno a U, ossia a ferro di cavallo, della protesi e dalla particolare modalità di appoggio sulla tibia, che non vanno a intaccare la zona nevralgica centrale del ginocchio in cui si integrano il legamento crociato anteriore e quello posteriore. La combinazione di questi elementi strutturali della protesi consente di risparmiare la parte centrale di inserzione dei legamenti e quindi anche il crociato anteriore. «La protesi in circa l’85 per cento dei casi viene impiantata per “rimediare” a un problema di artrosi del ginocchio. Ma la chirurgia protesica rappresenta solo l’ultima tappa di un percorso che deve essere graduale. Di norma il primo approccio è il meno invasivo possibile, con terapie mediche di tipo generale o locale. Se gli esiti sono poco soddisfacenti, si può passare alla riabilitazione di tipo strumentale, che va dalla ionoforesi alle diverse metodiche antinfiammatorie fino alla rieducazione muscolare. Solo in caso di fallimento ci si può indirizzare verso la chirurgia. Una decisione terapeutica che va sempre presa insieme al paziente, al quale deve essere fatto firmare il consenso informato quale atto di condivisione di un eventuale trattamento chirurgico. Ogni innovazione in questo campo dunque è fondamentale», precisa Villani. In collaborazione con Vero Salute della D.Print Spa Editore 25
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Lombalgia acuta e cronica Quanto lo stile di vita influisce su questa patologia?
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a colonna permette la posizione eretta, sopporta il nostro peso, protegge il midollo spinale e i nervi che inviano segnali da e per il cervello. Questo ruolo così importante espone inevitabilmente la schiena a qualche guaio, infatti il dolore lombare è uno dei problemi sanitari più comuni al mondo. Da una recente ricerca è emerso che in Italia soffrono sporadicamente di problemi alla schiena circa 15 milioni di persone, delle quali oltre due milioni in maniera cronica. Si definisce lombalgia il dolore a livello lombare, questo disturbo interessa soprattutto gli adulti fra i 30 e i 50 anni di età; succede a oltre l’80 per cento di noi almeno una volta nella vita, e sempre più spesso man mano che passa il tempo (dopo i 50 una persona su due ha un mal di schiena acuto almeno una volta all’anno). Il 50% di chi ne ha sofferto è destinato a patirne ancora negli anni successivi. Complessivamente la lombalgia provoca più disabilità di qualsiasi altra malattia: il dolore e le limitazioni di movimento sono causa di frequenti assenze dal lavoro (circa il 12-13 per cento del totale, stando a uno studio inglese) ed è il disturbo che richiede un gran numero di consulti medici. Negli ambulatori dei medici di famiglia ogni giorno arrivano in media 2-3 casi di lombalgia e secondo dati della Società Italiana di Medicina Generale è la terza causa per cui si chiede una visita. Il mal di schiena è una patologia la cui origine è legata a diversi fattori che possono interessare la sfera fisica, psicologica e sociale. Raramente è legato a problemi alle ossa, mentre nella maggioranza dei casi è legato a difficoltà di funzionamento di una componente della schiena che può essere a carico dei muscoli, del sistema fasciale, dei legamenti, del disco o delle faccette articolari. Il mal di schiena, infatti, deve essere considerato come un segnale che il corpo invia per indicare che qualcosa a livello della colonna vertebrale non funziona correttamente. Di norm il mal di schiena si risolve entro trenta giorni dalla sua comparsa; tuttavia se non vengono eliminate le cause e i fattori scatenanti, con tutta probabilità, il dolore si ripresenterà nel giro di qualche mese. La momentanea guarigione non deve ingannare, poiché in mancanza di un intervento mirato il rischio di ricadute aumenta considerevolmente.
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Quali sono le cause più comuni? Cosa scatena il dolore? Capire le origine della lombalgia potrebbe aiutare a evitare comportamenti o abitudini rischiose. Il più delle volte si tratta di un problema acuto dovuto a “errori” nella vita quotidiana; infatti al primo posto fra le cause di lombalgia acuta troviamo i movimenti scorretti durante un’azione che richiede l’uso della colonna vertebrale. Il movimento “classico” che provoca una lesione è la flessione e rotazione, ad esempio piegarsi in avanti ruotando il tronco da un lato. Essere concentrati nel gesto rende meno probabile sbagliarlo e quindi di farsi male, se invece si è distratti, ad esempio quando qualcuno ci chiama all’improvviso o si perde l’equilibrio, è più facile “scomporsi” durante il movimento creando i presupposti affinché si manifesti un mal di schiena acuto. Mantenere una postura scorretta aumenta di circa otto volte il pericolo di lombalgia. Più della metà dei dolori alla schiena riguarda il tratto lombo-sacrale ed è causato dalle posture “viziate” tenute davanti al computer o alla televisione durante la giornata. Altre cause che possono provocare la lombalgia sono: - sollevamento di un peso tenuto a distanza dal corpo (questo incrementa la probabilità di insorgenza di circa sei volte); - azioni che coinvolgono persone o animali (come aiutare qualcuno non autosufficiente ad alzarsi dal letto); - sollevamento di un carico pesante o un movimento di un oggetto difficile da “ma 27
Traumi neggiare” o in posizione instabile (un classico, spostare un grosso vaso senza aiutarsi con un carrello). Meno pericoloso è l’esercizio fisico, anche quello più vigoroso, o l’essere affaticati. Scagionata in pieno l’attività sessuale, che non sembra affatto connessa a un maggior rischio di mal di schiena, fuorché in età avanzata (dopo i 60 pare triplicare la probabilità). La maggior parte delle lombalgie “benigne” potrebbe essere prevenuta; non serve precipitarsi a fare radiografie o risonanze magnetiche, utili soltanto quando ci sono indizi che il dolore sia associato a qualche problema più serio. Se facessimo questi esami a tutti i cinquantenni troveremmo quasi sempre piccoli segni di artrosi o ernie del disco, che non a tutti provocano sintomi. I segnali che devono insospettire circa l’eventualità di una patologia, la cui diagnosi necessita di approfondimenti radiologici o laboratoristici, sono: la presenza di febbre, l’esordio improvviso in una persona di oltre 65 anni, il dolore notturno e la difficoltà a camminare per una perdita improvvisa di forza ad una gamba, la persistenza del fastidio da oltre sei mesi nonostante le cure. Come si combatte il mal di schiena in acuto? E in cronico? Non c’è un farmaco più indicato di altri, i medicinali servono a ridurre i sintomi un po’ come quando curiamo il raffreddore ma in sostanza danno un beneficio temporaneo. Bisogna cercare di continuare le consuete attività, se possibile andando al lavoro e muovendosi come al solito, non mantenere la stessa posizione a lungo e non stare a letto più stiamo sdraiati più si rallenta la guarigione e peggiorano i sintomi a lungo termine. Se il fastidio è intollerabile o comporta disabilità, ad esempio non consente di camminare guidare o dormire, è indicata una visita Specialistica Fisiatrica ed un eventuale trattamento conservativo allo scopo di controllare il dolore, riposizionare correttamente i dischi intervertebrali, ridurre le tensioni muscolo-fasciali sulla colonna lombare e riequilibrare la postura alterata dal dolore acuto. Il trattamento conservativo indicato consiste in un ciclo di fisioterapia, ad esempio con la terapia manuale ed esercizio terapeutico, effettuato da personale esperto su prescrizione medico-specialistica. È di fondamentale importanza affidarsi a professionisti qualificati, in quanto mani inesperte potrebbero creare più danno che beneficio. I trattamenti conservativi devono sem28
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pre essere tentati prima di passare ad un’eventuale opzione chirurgica, che è riservata a casi selezionati, nei quali tutte le altre opportunità di prevenzione e cura hanno fallito. La prevenzione di nuovi “attacchi” attraverso le regole di comportamento quotidiane resta sempre il primo fondamentale passo. Prevenzione primaria o secondaria nei problemi vertebrali. In cosa consiste? Per prevenzione primaria si intende quella serie di provvedimenti che servono ad evitare l’insorgenza di una determinata patologia. La prevenzione secondaria, invece, riguarada i provvedimenti da prendere per evitare la recidiva della patologia. Nel caso del dolore vertebrale aspecifico la prevenzione è importantissima, ma di fatto non le viene dato il giusto spazio e la giusta importanza, poiché nella maggior parte delle volte manca il coinvolgimento del paziente. Nella patologia meccanico-degenerativa della colonna vertebrale, dall’ernia discale alla stenosi del canale fino alla scoliosi degenerativa evolutiva, è essenziale una corretta prevenzione attiva. Conclusioni? Bisogna riuscire a porre il paziente in una condizione di NON dolore abbinando la terapia medica e la fisioterapia mirata. Il paziente va rasserenato e aiutato a interpretare nella giusta maniera questa patologia; contemporaneamente bisogna stimolarlo ad apprendere gli automatismi necessari per gestire attivamente e autonomamente la stabilità segmentaria e globale della colonna. Stiamo troppo seduti: in posizione seduta la pressione intradiscale è maggiore rispetto alla verticalità, perché minore è la partecipazione dei muscoli stabilizzatori profondi e intermedi; inoltre si perde più facilmente il controllo posturale e diventerà una perdita cronica e non consapevole. Con il corretto esercizio terapeutico si riduce del 35% il rischio che si ripresenti un attacco di lombalgia e diminuisce del 78% il rischio di fare assenze al lavoro. Se gli esercizi sono abbinati a lezioni sulla corretta postura del corpo, sui principi di anatomia, biomeccanica ed ergonomia, la riduzione del rischio sale al 45%. Gli studiosi infatti riconoscono che una corretta conoscenza di come è fatto il nostro corpo sui principi basici dell’ergonomia applicati alla colonna spinale, alla pelvi e sulle corrette posture prolunghino i benefici dell’esercizio fisico. Per avere effetti nel tempo, però, ci vuole costanza: La “ginnastica” contro il mal di schiena andrebbe fatta tutta la vita perché l’effetto protettivo si riduce notevolmente col tempo fino a scomparire a distanza di un anno.
In collaborazione con il Dr.Davide Stagno Salute&Benessere
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i n i d u er t g a i n e e b t e a e bimbi a v r t i o t n e tt a aum n c i a n e e i h c r t s al di s m , o a t a i l n g a Le santi e postura sb
e Z ainetti p
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ainetti pesanti come macigni, sessioni di allenamento troppo ravvicinate, posizioni scorrette o aggrovigliate per guardare la tv, chattare o mandare mail. Così il mal di schiena è in agguato, e oggi minaccia anche i più piccoli. Secondo una recente ricerca, infatti, questo malanno tipico della mezza età sta diventando sempre più comune tra i bambini e gli adolescenti. Che sempre più spesso vengono sottoposti a visite e indagini diagnostiche anche molto costose, come la risonanza magnetica, per accertare l'origine di un problema che, a volte, resta misterioso. E' quanto emerge da una revisione della letteratura scientifica prodotta in materia, pubblicata nel numero di gennaio del 'Journal of American Academy of Orthopaedic Surgeons'. Ebbene, quasi un adolescente su tre oggi riferisce di soffrire di mal di schiena. "Se un esame fisico o semplici test rivelano l'esistenza di un problema, questo può essere trattato subito per tornare alle normali
attività o sport", dice l'autore principale dello studio, il chirurgo ortopedico Suken A. Shah, MD, dell'Alfred I. duPont Hospital for Children di Wilmington. Ma per quasi due terzi dei pazienti adolescenti, l'esame obiettivo clinico e l'imaging non riescono a fotografare con certezza la causa del mal di schiena. All'origine del problema "potrebbe esserci un affaticamento muscolare, una cattiva postura tenuta troppo a lungo, un eccessivo allenamento in un singolo sport o in più sport nella stessa stagione, o anche il contrario: troppa poca attività fisica", dice l'esperto. Le cause più comuni e "diagnosticabili" del mal di schiena per bambini e adolescenti sono: frattura da stress nella parte bassa della schiena; instabilità o spostamento in avanti della colonna vertebrale inferiore sul coccige (spondilolistesi); cattiva postura e cifosi; lesioni per scarsa preparazione o sovrallenamento; ernia del disco; infezione. Per contrastare il fenomeno e ridurre al minimo il rischio mal di schiena, Shah incoraggia i giovanissimi a: mantenere una postura corretta; ma anche una buona forza muscolare di base, flessibilità e allenamento aerobico; fare attività fisica regolarmente; infine evitare l'uso frequente di zaini pesanti, indossandoli sempre su entrambe le spalle per distribuire meglio il peso del carico in modo uniforme.
Epidemia di “collo da sms” Radiografie mostrano bimbi ingobbiti a 7 anni
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ono impressionanti le radiografie di bambini di 7 anni, ma anche di adolescenti e adulti, con la schiena curva e ingobbiti in modo anomalo, a causa della loro dipendenza da smartphone e della mania per gli sms. A mettere in guardia contro l'epidemia di 'colli da sms' è un chiropratico australiano, James Carter di Niagara Park nella Nsw Central Coast, che ha rivelato di essere entrato in contatto con un allarmante numero di gio-
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vanissimi pazienti negli ultimi anni. Nel 50% dei casi si tratta di adolescenti in età scolare. Le lastre, pubblicate dal 'Daily Mail Australia', sono impressionanti. "Ho iniziato a vedere molti casi di questo tipo negli ultimi due anni, specialmente in bambini e adolescenti", spiega Carter. Il nome del disturbo è legato al fatto che le modifiche alla colonna, spiega l'esperto, sono frutto di ore e ore, giorni e settimane, 29
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seduti con la testa china a scrivere sms. "Al posto di una curvatura naturale, i pazienti" sembrano avere una schiena a 'zainetto', che spesso fa male o provoca dolore a testa, collo e spalle. Sono ormai parte della nostra vita, ma possono rivelarsi insidiosi soprattutto per collo e schiena. Ecco perché è fondamentale "abituarsi ad alzare il cellulare e il tablet: quando si guarda un video, si naviga in internet, si scrive un messaggio bisogna fare in modo che lo schermo sia all’altezza degli occhi e non costringa dunque il collo a piegarsi. Posizionare lo smartphone sul tavolo, per esempio, è sbagliato". Parola di Carlo Felice De Biase, ortopedico responsabile Uos Ortopedia e traumatologia dell'Arto superiore all'Ospedale San Carlo di Roma, che interviene con 4 consigli contro l'epidemia di 'collo da sms'."Anche quando si segue un programma alla Tv o si digita alla tastiera del computer - dice l'esperto all'Adnkronos Salute - la testa deve stare il più diritta possibile e non piegata di lato o in basso". Terzo errore da evitare: tenere il cellulare fra orecchio e spalla, piegando il capo di lato e alzando l'omero. Il rischio, infatti, è sempre quello di creare contratture. "La cosa migliore è usare l’auricolare o comunque reggere l’apparecchio con la mano". Quarto: occhio quando si è a letto armati di tablet o cellulare, per leggere le ultime mail o rispondere alle chat. "In questi casi mantenere una corretta posizione è ancora più difficile, e l’uso di apparecchiature elettroniche con schermo luminoso ostacola il sonno", dice De Biase. "L’errore più comune e anche più deleterio riguarda la posizione in cui si tengono questi dispositivi tipo il cellulare. Nella maggior parte dei casi, infatti, la per-
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Postura sona non sistema lo schermo davanti agli occhi, ma più in basso, se non addirittura di lato, rispetto al proprio viso. Ciò significa che, per guardarlo, è costretta a piegare il collo in avanti, in una posizione innaturale. Il risultato è che il carico che i muscoli di spalle e collo sono costretti a sopportare aumenta - prosegue l'ortopedico - Se, normalmente, quando lo sguardo è dritto davanti a sé, il peso della testa (pari a circa cinque-sei chilogrammi) è correttamente distribuito sull’intera colonna vertebrale, quando il collo è piegato in avanti tutto il carico ricade sul tratto cervicale della colonna". Risultato? "Sovraccarico del trapezio e dei muscoli lunghi del collo", aggiunge De Biase. "La posizione scorretta in cui si tengono tablet e smartphone oppure si guarda la tv, se ripetuta nel tempo può finire con il causare delle contratture a carico dei muscoli del tratto cervicale o dei trapezi. Può comparire così una fastidiosa cervicalgia muscolo tensiva, un’infiammazione locale, con un dolore che parte dal collo e si irradia alle spalle e, nei casi più gravi, alle braccia, rendendo difficoltosi i movimenti. Alla base - conclude - c’è proprio una piccola alterazione delle strutture meccaniche (muscoli, legamenti, dischi intervertebrali, articolazioni) situate nel primo tratto della colonna".
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Un adulto su cinque ha mal di schiena cronico Test online ne svela le cause
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n mal di schiena che non passa, con dolori che persistono per decine di settimane senza attenuarsi. E' rivolta a chi lamenta disturbi da più 3 mesi, circa un adulto su 5, la campagna online 'Non voltargli la schiena' (www.nonvoltarglilaschiena.it), che attraverso un test via web aiuta a capire le possibili cause del mal di schiena cronico. Se infatti nella maggior parte dei casi il problema a monte è di tipo meccanico, uno strappo o una lesione muscolare, nel 3% dei casi il dolore cronico è causato da un'infiammazione che va gestita in modo mirato. L'obiettivo dell'iniziativa, promossa da AbbVie a livello internazionale in collaborazione con i principali specialisti europei del settore e in Italia con l'Associazione nazionale malati reumatici (Anmar), è accorciare i tempi di diagnosi del mal di schiena infiammatorio (Inflammatory back pain-Ibp), che oggi arrivano fino a 10 anni. Un ritardo preoccupante, avvertono gli esperti, perché nel tempo le condizioni che provocano un Ibp possono limitare i movimenti e nei casi più gravi causare la fusione delle ossa della colonna vertebrale, trasformandosi in qualche forma di spondiloartrite, tra cui la spondiloartrite assiale. "Si tratta di una patologia sottostimata che necessita di maggiori attenzioni sottolinea Ignazio Olivieri, responsabile del Dipartimento di reumatologia all'ospedale San Carlo di Potenza - perché viene diagnosticata di solito dopo 3-4 anni dall'insorgenza della lombalgia infiammatoria, quando sui radiogrammi del bacino compaiono segni indubbi di infiammazione articolare".
"Fondamentale per il precoce riconoscimento della malattia prosegue lo specialista - è la diagnosi differenziale tra lombalgia infiammatoria e lombalgia meccanica. Un supporto in questo senso viene dal progetto 'Non voltargli la schiena', un sito Internet in grado di fare informazione di base anche attraverso un questionario online che consente ai pazienti di riconoscere i diversi tipi di lombalgia". Risultati del test alla mano, insieme al medico è possibile far luce sulle vere cause del dolore e affrontarlo il prima possibile con l'approccio più corretto. "La necessità impellente è quella di far conoscere al grande pubblico le patologie reumatiche, in particolare il sintomo mal di schiena e a quali esiti può portare - evidenzia Gabriella Voltan, presidente di Anmar Onlus - Il mal di schiena è una situazione molto diffusa che sembra far parte di una condizione ineluttabile della vita. La persona si trova disorientata e purtroppo spesso il sintomo viene sottovalutato anche dal medico di medicina generale". Ma "conoscere significa intervenire precocemente e mantenere una buona qualità di vita". Nella maggior parte dei casi l'Ibp è causato da condizioni autoimmuni che si verificano, ricordano gli esperti, quando il sistema immunitario attacca erroneamente il tessuto corporeo sano. Alcune di queste condizioni strettamente legate al mal di schiena sono la spondiloartrite assiale, l'artrite psoriasica e l'artrite reattiva. E' importante che l'Ibp sia riconosciuto e diagnosticato in modo da poterlo gestire in maniera corretta e per questo nasce 'Don't Turn Your Back On It', campagna internazionale che AbbVie sviluppa insieme agli specialisti e alle associazioni nazionali di pazienti. Muoversi di più e meglio per combattere il mal di schiena Muoversi fa bene, anche alla schiena. Abbandonare scrivania e divano per dedicarsi all'attività fisica contribuisce infatti a prevenire la lombalgia, secondo una revisione di 23 studi pubblicata su 'Jama Internal Medicine'. Tra i lavori analizzati dal gruppo di ricerca australiano guidato da Daniel Steffens dell'università di Sidney, 21 sono trial clinici che hanno coinvolto complessivamente oltre 30 mila persone. Gli autori hanno concluso per l'esistenza di discrete prove che l'esercizio fisico, combinato con una corretta educazione, riduca il rischio di mal di schiena, mentre le percentuali scendono se si considera la sola attività fisica. Altre azioni come l'educazione da sola, le cinture lombari e i plantari nelle scarpe non sembrerebbero essere associate con la prevenzione di questo dolore. "Anche se il nostro lavoro ha trovato prove soddisfacenti nella prevenzione del mal di schiena sia per l'esercizio da solo (-35% rischio di lombalgia e -78% permessi di malattia) sia per l'attività fisica combinata con l'educazione (-45% mal di schiena) entro un anno, abbiamo anche osservato un effetto ridotto (esercizio e istruzione) o addirittura scomparso (attività fisica da sola) per periodi di tempo superiori a 12 mesi. Questo risultato evidenzia che, affinché rimanga protettivo, è probabilmente necessario un esercizio continuo", conclude lo studio.
In collaborazione con ADN Kronos 32
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