UGO MULAS

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indice biografia ........................................... pag new york 64..................................... pag le "verifichE"................................. pag LE VERIFICHE 1................................ pag LE VERIFICHE 2................................ pag LE VERIFICHE 3................................ pag LA FINE DELLE VERIFICHE ......... pag COMMENTO PERSONALE................ pag

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biografia Affascinato dal mondo dell’arte, Mulas approda alla fotografia quasi per caso. La sua formazione è completamente autodidatta. Egli comprende presto che essere fotografo vuol dire fornire una testimonianza critica della societa' nella quale egli vive; la societa‘ del dopoguerra. E’ proprio questa sensibilita‘ che guida le ricerche di Mulas tra il 1953 e il 1954 con i primi soggetti: le periferie milanesi, la Stazione Centrale e gli amici del Bar Jamaica. Significativo e' l’incontro in questi anni con Mario Dondero con il quale realizzerA’ il suo primo reportages, pubblicato su “Le Ore”, alla Biennale di Venezia del 1954. Da questa esperienza, Mulas seguirA‘ la manifestazione veneziana fino all’edizione del 1972. Tra il 1956 e il 1957 Ugo Mulas collabora con la “Rivista Pirelli” e con la rivista “Domus” per la quale realizza dei meravigliosi servizi di architettura. Sono questi gli anni nei quali collabora con Strehler, grazie al quale pubblichera' le fotocronache “L’opera da tre soldi”(1961) e “Schweyck nella seconda guerra mondiale”(1962). Mulas realizzera' il suo primo libro sulla scultura (1964) dove il fotografo ha modo di raccontare il lavoro dell’artista americano david smith nella fabbrica di Voltri. Anche dall’incontro con Calder nascera' un libro (1971) curato dallo stesso Mulas, appartengono a questo periodo gli scatti dei paesaggi liguri che verranno utilizzati per le poesie di Montale della raccolta “Ossi di seppia”. L’estate del 1964 e' significativa per Mulas.Alla Biennale di Venezia viene presentata la Pop Art al pubblico europeo; durante il suo primo viaggio negli Stati Uniti ha modo di documentare importanti pittori al lavoro tra i quali Frank Stella, Lichtenstein, Johns, Rauschemberg; e di ritrarre importanti presenze come Marcel Duchamp, Andy Warhol, John Cage.... Del 1969 è invece il reportage dell’evento“Campo Urbano”, tenutosi a Como; del quale Mulas fu anche autore. Il 1969 vede anche la realizzazione di due importanti scenografie. La prima realizzata per “Giro di vite” di Benjamin Britten realizzato dal regista Virginio Puecher.La seconda fu una collaborazione sempre con Puecher: “Wozzeck” di Alan Berg. Il 1970 segna drasticamente l’attivita' di Mulas, il quale si ritrovera' costretto a ridurre la sua attivita' di fotografo poiche' gravemente ammalato. Tuttavia realizza in quest’anno un lavoro con Paolo Scheggi, il catalogo della mostra “Amore mio” organizzata da Achille Bonito Oliva e inoltre realizza un completo reportage della mostra “Vitalita' del Negativo” sempre di quest’anno. Nel 1971 realizza da una parte, un magnifico lavoro di riproduzione delle sculture di Fusto Melotti, dall’altra, si concentra sui nuovi aspetti del suo lavoro personale iniziando la serie “Le Verifiche” che occupa l'ultima parte della sua vita. Si spegne a Milano il 2 Marzo 1973.

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frank stella

andy warhol

jim dine

roy Lichtenstein

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new york, 1964 Dopo la rivelazione della Pop Art alla Biennale del 1964 Mulas decide di partire per gli Stati Uniti (1964-1967) dove realizza il suo piU’ importante reportage con il libro New York arte e persone (1967). Gli incontri con Frank Stella, Lichtenstein, Johns, Rauschemberg, Andy Warhol, John Cage, e la scoperta della fotografia americana del New documents, portano alle nuove ricerche della fine degli anni sessanta che superano la tradizione del reportage classico. I grandi formati, le proiezioni, le solarizzazioni, l'uso dell'iconografia del provino, sono elementi che Mulas recupera dalle sperimentazioni pop.

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le verifiche 1969-1972

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il suo ultimo lavoro: le Verifiche. Nel suo viaggio a New York ha modo di conoscere tanti artisti. Si rafforza cosÏ nel suo pensiero l’idea di utilizzare la fotografia non tanto come un mezzo per intervenire sul reale, bensi' come un mezzo per avvicinarsi al reale nel migliore dei modi e dove cio' non sia possibile, smascherare, dichiarare, il proprio intervento.

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le verifiche 1 In omaggio a Niepce, Ugo Mulas inquadra la pellicola di un negativo. Come egli stesso spiega, la prima cosa con cui si dovette confrontare da fotografo, fu proprio la superficie sensibile, quindi e' giusto che la pellicola diventi essa stessa protagonista di uno scatto.

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le verifiche 2 La Verifica 2, e' il primo autoritratto della serie. La luce riflessa sullo specchio impedisce la visione del suo volto. Quest’immagine testimonia un atteggiamento del fotografo secondo Mulas: colui che tenta di superare il mezzo stesso del suo lavoro e del suo metodo di conoscenza dell’intorno.

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le verifiche 3 la Verifica 3 e' dedicata a un’installazione di J. Kounellis. Qui Mulas riporta l’intera striscia del negativo, riproponendo tutti i 36 scatti realizzati durante la mostra dell’artista. Il protagonista di quella performance, il pianista, appare sempre nella stessa posizione pacata. A variare sono i numeri sotto i vari riquadri, sono questi a indicarci l’incombenza e lo scorrere del tempo.

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"la fine delle verifiche" Per Marchel Duchamp: “la serie delle verifiche l’ho considerata ad un certo momento conclusa,ho deciso di chiuderla dove aveva avuto inizio, ho fatto in un certo senso come un incisore che biffa la lastra a tiratura ultimata”. Mulas realizza quest’immagine rompendo la lastra di vetro. L’immagine che ne risulta e’ un immagine del tutto nuova , diversa da quella di partenza. Questo suo gesto lo porta a pensare a Duchamp.

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IL MIO COMMENTO PERSONALE La carriera di Ugo Mulas è stata piena di incontri e influenze diverse che lo hanno fatto riflettere. Mulas, infatti impara a riconoscere la sua posizione rispetto al contesto in cui si trovava, come fotografo e come uomo. Riconosce che la sua posizione è delicata avendo a disposizione un linguaggio “non verbale” e cercando di trasmettere uno ancora più importante: quello dell’arte. Mulas davanti alle varie situazioni CAMBIA atteggiamento di fronte a ciascun artista. Lui considera che “fotografare si risolve in uno studio sul comportamento”. Particolarmente Interessante è stato vedere come Mulas decide di chiudere questa serie di verifiche, riportando questa volta il Grande Vetro di Duchamp, dove Mulas decide di riprendere la verifica 1 e di inserirci un vetro frantumato. Tutto questo ci fa capire che il lavoro si conclude con ciò con cui aveva iniziato. La rottura del vetro non è soltanto dedicata all’ opera di Duchamp, ma a tutto il suo modo di approcciarsi al passato, che lo ha influenzato anche nei suoi lavori.

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"Al fotografo il compito di individuare una sua realta', alla macchina quello di registrarla nella sua totalita'." ugo mulas

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