IL MONDO ISIA, NON SOLO DALLA NOSTRA PARTE

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IL MONDO ISIA, NON SOLO DALLA NOSTRA PARTE


ISIA Urbino Diploma accademico di I livello Nicoletta Bruno, matricola n째 1008 Relatore: Roberto Gobesso Anno accademico: 2011/2012


A mia madre.


INDICE

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ABSTRACT

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LA CITTÀ DI URBINO

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IL MONASTERO SANTA CHIARA

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DA CSAG A ISIA

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L’ISIA RACCONTATA DAGLI STUDENTI

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DAL 1963 AL 1974

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Alberto Bernini

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Fabrizio Bori

22

Gianluigi Corsi

25

Luigi Giuliano

29

Siro Cangiotti

31

1974/1975

32

Gianluigi Corsi e Susanna Sartori

33

Alberto Butturini

38

Stefania Guerra

41

Claudio Molinari

43

1980/1981

44

Michele Mariani

47

Davide Querin

49

1984/1985

52

Angela Brindisi

55

Regina Ferrari

57

Silvia Garofoli

60

Roberto Lombardi

64

Marco Tortoioli

66

Simona Tonna


67

1990/1991

68

Claudio Clementoni

71

Michele Ferri

74

Clizia Pavani

76

Leonardo Sonnoli

81

1994/1995

82

Gelisiana Meloni

86

Davide Butturin

90

Daniele Pampanelli

93

2000/2001

94

Alessio Corradini

98

Giuliano Koren

102

Ilaria Muric

106

Peter DecĂ

107

2004/2005

108

Andrea Di Giorno

112

Andy Massaccesi

115

Silvia Odorico

118

Mattia Rosa

121

OGGI

122

Roberto Arista

127

Kimberleyk Ossiani

132

Jacopo Pompilii

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CONCLUSIONI

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BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA RINGRAZIAMENTI


ABSTRACT

Questo progetto nasce dalla volontà di raccontare la storia dell’Istituto, dal 1963 ad oggi, che ha vissuto le seguenti due fasi: dal 1963 al 1974 come Csag (Corso Superiore Arti Grafiche) e dal 1974 ad oggi come Isia (Istituto Superiore Industrie Artistiche). Questo secondo periodo prevedeva, fino all’anno accademico 2004/2005, un corso di studi di quattro anni; a seguito dell’entrata in vigore della legge 508/1999, il corso di studi è stato articolato in un triennio di Progettazione Grafica e Comunicazione Visiva e in un biennio di specialistica di Comunicazione, design ed editoria. La ricerca si apre con brevi cenni storici sulla città di Urbino ed in particolare sul ex convento Santa Chiara che ospita la scuola. Il progetto ripercorre tutto il periodo, suddividendolo in lustri e cercando di far emergere, attraverso racconti ed immagini fotografiche, i tratti distintivi di ogni quinquennio. I periodi che più degli altri hanno lasciato un segno sono: 1974/1975 occupazione dell’Istituto da parte degli studenti. Anche ad Urbino arrivarono i venti della contestazione

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studentesca e l’Isia fu occupata con il successivo arrivo della polizia. Questa pagina viene raccontata in maniera molto sentita da una protagonista dell’epoca, Stefania Guerra. 1990/1991 il primo Mac fa l’ingresso all’Istituto. Al di là della novità questo computer non segnò una grossa innovazione, in quanto, avendo una memoria piccolissima, non permetteva grandi elaborazioni e costringeva, comunque, gli studenti a produrre i loro elaborati manualmente. Tuttavia l’evento segnò un decisivo passo verso un modo nuovo di progettare. 2004/2005 lavori di restauro all’Isia. Grossi disagi lamentati dagli studenti a causa del freddo patito e della polvere, ma grande riconoscimento per la validità dell’iniziativa a lavori finiti. Infine il 2012 sarà ricordato da tutti gli urbinati per la grande nevicata, vissuta con grande impegno dagli isioti che hanno spalato la neve per liberare l’ingresso dell’istituto.

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LA CITTÀ DI URBINO Brevi cenni storici sulla città di Urbino e sui suoi condottieri. Gli artisti e le personalità di spicco che hanno influenzato la sua vita.

1. Il podestà era il titolare alla più alta carica civile nel governo delle città dell’Italia centro-settentrionale

La città romana di Urvinum Metaurense acquisì importanza durante il VI secolo con le Guerre gotiche. Molte furono le potenze che la dominarono: i Bizantini, i Goti, i Longobardi, i Franchi, lo Stato della Chiesa. Nel 1200, poi, cadde sotto il dominio dei nobili del vicino Montefeltro i quali volevano ottenere, ed ottennero, l’elezione a podestà1. I Montefeltro mantennero, anche se a fasi alterne, le redini della città fino al 1508 ed è proprio durante questo lasso di tempo che Urbino assunse l’aspetto che in parte ha ancora oggi.

durante il Medioevo.

Il maggior esponente di quella famiglia fu il duca Federico, signore di Urbino dal 1444 al 1482. Diplomatico abilissimo e grande amante dell’arte e della letteratura, fu in grado di trasformare la città da capoluogo di un territorio economicamente depresso a centro artistico tra i più fecondi e raffinati dell’epoca. Salito al trono, Federico, iniziò a riorganizzare lo Stato da un punto di vista sia politico che architettonico. Questo fu possibile grazie all’alleanza che fu stabilita sin dal 1444 con la città di Firenze, facilitando così lo scambio di artisti e personalità. La corte del Duca vide passare personaggi di spicco come: Leon Battista Alberti, Paolo Uccello, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini e tanti altri.

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Foto 1 Cartolina panoramica di Urbino del 1800.

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IL MONASTERO SANTA CHIARA Da convento, ad ospedale, a università. Breve ricostruzione storica dell’edifico che oggi è sede dell’Isia di Urbino.

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Foto 2 La facciata verso il paesaggio del monastero di Santa Chiara a Urbino. Le fotografie di queste pagine, relative all’ex monastero, sono state prese da: vedi nota 2.

2. Cfr F.P. Fiore, M. Tafuri, Francesco di Giorgio architetto, Electa, Milano 1994.

L’ex Monastero di Santa Chiara, attuale sede dell’Isia (Istituto Superiore Industrie Artistiche), è considerato uno dei monumenti più importanti della città. La sua prima struttura venne eretta intorno al 1420-21 quando Pietro da Pisa, finanziato da Caterina vedova di ser Pietro Foschi da Rimini e da sua figli anch’essa vedova, fondò il Conservatorio delle Donne Vedove. Nel 1456, per intercessione del duca Federico, le vedove del conservatorio ricevettero la regola dell’osservanza di Santa Chiara da papa Callisto III. L’edifico risultava troppo piccolo ed aveva l’inconveniente che la strada pubblica che costeggiava il monastero passasse davanti alle cucine ed al refettorio, disturbando, così, la silenziosità claustrale. Nel 1482 Elisabetta da Montefelto, figlia del duca Federico, rimasta vedova, si ritirò in convento e con la sua dote, su progetto dell’architetto senese Francesco di Giorgio Martini, avviò i lavori di ristrutturazione del monastero. Le modifiche apportate eliminarono completamente i problemi sopra citati: la strada pubblica costeggiante il refettorio sparì ed il convento venne reso agibile per un cospicuo numero di religiose2.

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Foto 3 Veduta interna del loggiato verso il giardino pensile. Foto 4 Veduta del pozzo di luce della rampa elicoidale.

Il 19 settembre 1864 le clarisse vennero allontanate dal convento e l’edifico venne confiscato dal Comune di Urbino che lo utilizzò come un Istituto di educazione femminile. Il 23 luglio 1904 venne trasformato in Ospedale Civile subendo dannosi lavori di adattamento: vennero cancellate le decorazioni seicentesche nella chiesa che fu adibita a vestibolo. Negli anni settanta l’ospedale fu trasferito in un altro edifico, alla periferia della città, e l’ex monastero divenne sede dell’Istituto Superiore delle Industrie Artistiche. A seguito di grossi lavori di ristrutturazione, durati quattro anni, l’aspetto della struttura - oggi - ricorda molto quella del XVI secolo.

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Foto 5 Veduta del dormitorio comune del monastero con i tecnigrafi.

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DA CSAG A ISIA La nascita dell’Istituo Superiore per le Industrie Artistiche e la sua evoluzione.

La prima università di Arti Applicate nacque a Monza nel 1922. L’Istituto era suddiviso in tre gradi di formazione: la Scuola d’arte (primo grado), l’Istituto d’arte(secondo grado) e l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche che rimase attivo fino al 1943. Quest’ultimo sin da subito prese il nome di Isia in quanto l’originario titolo di “università” aveva suscitato delle gelosie negli ambienti universitari tradizionali. Nel dopoguerra questi corsi furono aboliti poichè si riteneva fossero “istituzioni in qualche modo sfruttate dal regime fascista”. Solo gli Istituti superiori vennero mantenuti, perché depositari delle tradizioni artigianali. Negli anni Sessanta, il Ministero della Pubblica Istruzione, accogliendo il bisogno ormai generale di scuole di progettazione, fondò a Venezia, Firenze, Faenza e Parma i Corsi superiori di disegno industriale e ad Urbino quello di Arti grafiche. Questi corsi erano basati sulla struttura degli Istituti d’arte ed avevano sede all’interno degli istituti stessi. Nacque, così, nel 1963, fortemente voluto dal direttore della Scuola del Libro di Urbino, Francesco Carnevali, il Csag (Corso Superiore di Arti Grafiche). Il corso fu organizzato da un grande grafico di allora, Albe Steiner, e vide passare - come ancora oggi accade docenti e professionisti di alto livello. Con il susseguirsi degli anni il Csag acquisì autonomia e nel 1974, si trasformò in Isia, Istituto Superiore per le Industrie Artistiche. L’Isia si trasferì, dunque, in una sede autonoma - l’ex convento di Santa Chiara ed abbandonò, così, l’impostazione accademica di maestri d’arte, dando vita ad un vero e proprio corso di progettazione grafica. Oggi le Isia sono solo quattro in tutt’Italia: tre con indirizzo in disegno industriale, Faenza, Firenze e Roma, ed una con indirizzo in progettazione grafica, quella di Urbino.

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Foto 6 1974 ingresso dell’ex convento Santa Chiara, nuova sede dell’Isia di Urbino. Foto di: «A Urbino l’Università italiana di progettazione grafica», Linea Grafica, di Silvano Carpi, n. 6, nov-dic, 1975, pag. 190.

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L’ISIA RACCONTATA DAGLI STUDENTI Cinquant’anni di storia raccontati da chi è cresciuto e si è formato all’interno dell’Istituto.

Dalla nascita del Csag (nel 1963) ad oggi, sono trascorsi cinquant’anni. In questa ricerca l’arco temporale preso in esame è stato suddiviso in lustri, al fine di ricostruire - con interviste a docenti e a studenti e con la documentazione fotografica le esperienze vissute e il contesto storico ed emozionale che ha tracciato la storia dei due istituti sino ad oggi. È stato possibile ricostruire questo racconto grazie alle reali testimonianza degli studenti di ieri e di oggi ed anche grazie al materiale raccolto dal progetto Layer Isia.

3. Gruppo chiuso su facebook che ha reso possibile riunire gli studenti ed ex studenti Isia, ormai sparsi per il mondo, ed ha favorito la raccolta di materiali, che altrimenti sarebbero rimasti chiusi nella personale scatola dei ricordi.

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Layer Isia3 è un progetto nato, nell’anno accademico 2011/2012, all’interno della scuola durante il corso di Metodologia Progettuale tenuto dal prof. Marco Tortoioli Ricci. Nasce dall’idea di cinque studenti: Simona Gallo, Viola Marinelli, Lorenzo Marra, Silvia Odorico e Vera Teodori con l’intento di indagare l’identità della scuola e raccontarne la sua storia.


DAL 1963 AL 1974

4. Cfr «A Urbino l’Università

Il Csag, come già detto, nasce nel 1963 per volere del direttore della Scuola del Libro, Francesco Carnevali. Annesso all’Istituto d’arte di Urbino, il Corso Superiore di Arti Grafiche rappresentò il primo centro italiano ad alto livello per la qualificazione professionale delle varie applicazioni grafiche, impresa ardua in un panorama, quello italiano, che ai tempi pose sempre ostacoli ad iniziative di questo genere. Va dunque riconosciuto il merito alle persone che si sono dibattute per dare la possibilità ai giovani di accedere ad una preparazione specialistica in questo settore. Primo fra tutti Albe Steiner, che dedicò molte delle sue energie al corso, ma importante fu, anche, l’impegno e la tenacia del direttore del corso Pietro Sanchini e la presenza di docenti altamente qualificati come Michele Provinciali4.

italiana di progettazione grafica», Linea Grafica, di Silvano Carpi, n. 6, nov-dic, 1975, pag. 190.

Questo periodo viene raccontato attraverso i ricordi di: Alberto Bernini, Fabrizio Bori, Gianluigi Corsi, Luigi Giuliano, Siro Cangiotti.

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ALBERTO BERNINI Assistente di Albe Steiner nel 1965. Direttore dell’Isia nell’anno accademico 1983/1984. Docente dell’Isia sino al 2012.

1. Può raccontarmi attraverso quale percorso scolastico o professionale è giunto ad insegnare al Csag e poi all’Isia? Prima ho fatto il magistero d’arte, a quei tempi bastava, adesso invece ci vuole una laurea. Dopo sono entrato al corso di grafica, nel 1965 come assistente di Steiner, e poi nel 1974 è cominciata l’Isia e da allora vi insegno. 2. Lei crede che i docenti urbinati o, più in generale, quelli marchigiani abbiano dato un’impronta particolare all’Istituto? E se si, in quale direzione? Si, sono stati importanti, in quanto, come lei ben sa, la scuola non ha un organico ed i professori di Urbino rappresentavano una presenza fissa, una sicurezza.

5. Pietro Sanchini contribuì alla nascita del Csag e ne divenne, poi, il coordnatore.

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3. Leggendo la storia della nostra scuola mi è sembrato che gli anni che hanno visto il costituirsi del Csag e della sua successiva trasformazione in Isia, abbiano segnato un periodo culturalmente molto intenso e vivace. Cosa può dirmi lei a tal proposito? Sono d’accordo. Sanchini5, chiamò, per programmare il piano di studi, dei grafici di livello internazionale, i più grandi grafici del tempo (Bob Noorda, Giancarlo Iliprandi), ed impostarono il piano di studi in modo da dare agli studenti, una formazione culturale completa, ma anche una manualità che gli studenti oggi stanno perdendo. Lo studente era al centro della didattica, cioè se lei guardava gli elaborati didattici riconosceva sicuramente uno studente piuttosto che l’altro, oggi fa un po’ più di fatica, perchè, mentre Steiner insegnava che la nostra è grafica applicata, non siamo artisti puri, oggi invece si tende ad essere artista, quasi viene prima il grafico e poi il cliente.


4. La collocazione geografica di Urbino - non servita da un’adeguata rete ferroviaria - crede possa penalizzare l’Isia sia per gli studenti che per i docenti, o ritiene che l’alto livello professionale e didattico della scuola siano tali da far superare anche questa barriera? La posizione geografica di Urbino è penalizzante, uno deve venire a posta, non è una città di passaggio. Infatti i turisti, ad esempio, nelle giornate di pioggia non vengono ad Urbino. Tuttavia questo non ha penalizzato la nostra scuola, i professori che si spostano e raggiungono Urbino, forse, lo fanno per passione. 5. Ho letto in bibliografie che la riguardano che ha lavorato con Provinciali e Steiner, mi può raccontare cosa ha significato per lei dal punto di vista umano e professionale l’incontro con questi grandi maestri? Il Csag è nato dall’Istituto d’arte e gli insegnanti iniziali erano quelli dello stesso Istituto i quali, appunto, improntavano le loro lezioni secondo le loro “strutture mentali”, trovandosi così a fare ancora i caratteri con le grazie, l’impaginazione centrale e ad usare le regole auree. Quando è arrivato Steiner con l’Helevetiva ed il Times, ha introdotto un modo nuovo di concepire la grafica, è stato come se avessero aperto una finestra e fosse entrato il sole. Poi è subentrato Provinciali. Mentre Steiner era un ragioniere, Provinciali invece ha portato una ventata di filosofia, lui era un grande conoscitore della materia, era affascinante ascoltare le sue lezioni perchè partiva, ad esempio, dalla forma del bicchiere e la sua ergonomia, ed arrivava a coinvolgere tutti e cinque i senti. Sono state per cui due esperienze uniche e completamente diverse. All’epoca avevo anche proposto di lasciare le lezioni di Provinciali al quarto anno in modo che uno studente riuscisse ad assorbire prima le regole e poi riuscisse a capire come romperle.

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FABRIZIO BORI Appassionato di fotografia, vive in Brasile e si occupa di turismo.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Non so se è casuale, si prende un cammino e si segue avanti, dalla scuola d´Arte all´Isia il salto è stato facile. Mi è sempre piaciuta la creatività, specialmente visiva. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Ho per un periodo realizzato alcuni lavori nel mondo della Grafica, prima, durante e dopo la scuola, ma per un breve periodo. Amante dei viaggi e della fotografia sono finito in Brasile, dove mi occupo di turismo. Questo lavoro mi ha permesso di aver più tempo libero e così continuare a fare quello che di più mi piace. Viaggiare, fotografare, e a volte collaborare anche in progetti grafici legati al turismo etc... 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa del Csag/Isia? Il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti pone sicuramente le basi per una libera crescita della creatività, ritiene che questa affermazione trovi riscontro nella nostra scuola? Devo dire che ho un ricordo fantastico di quei tempi. Un rapporto stretto e amichevole con tutti e di sicuro la creatività poi la ritroviamo non solo nella grafica ma anche nella vita di tutti i giorni, si applica la fantasia anche su come progettare una casa, un mobile, un giardino. Insomma credo che essere creativi significa andare oltre, e la scuola è stata importante perche si andava oltre

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gli orari obbligati e spesso eravamo insieme, professori e studenti. 4. Il passaggio dal Csag all’Isia ha costituito in una certa maniera un’evoluzione da una scuola di “maestri d’arte” ad un Istituto che contemplava e contempla un lavoro di equipe, lei è d’accordo con questa valutazione? E lei che ha partecipato da attore a tale cambiamento – visto che in quegli anni era uno studente – come ha vissuto questo mutamento? Sono stato trai primi a vivere questa situazione, anche se dell’Isia ho praticamente fatto solo un anno, credo sia stato necessario per un evoluzione della scuola. Sicuramente più incisivi i primi tre anni . 5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Sicuramente lontani dal mondo del commercio, città come Milano offrono subito una realtà lavorativa, ma per me Urbino ha i vantaggi di una cittadina tranquilla, dove si respira arte, si comunica, ci si vede e confronta. 6. La collocazione geografica di Urbino - non servita da un’adeguata rete ferroviaria - crede possa penalizzare l’Isia sia da parte degli studenti che dei docenti, o ritiene che l’alto livello professionale e didattico della scuola siano tali da far superare anche questa barriera? Non so, a miei tempi non ci facevamo molti problemi, non avevamo fax, cellulari, internet, adesso sembra che dobbiamo correre un po’ troppo..meditando poco. Si possono fare anche due schizzi andando in treno.. e progettare al tavolo di un bar..

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GIANLUIGI CORSI Diplomato all’Isia con anno integrativo nel 1977.

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Foto 7 Aula di Fotografia gruppo misto. Foto di: Fabrizio Bori.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Per me è stato aver letto un libro “Arte come mestiere” di Bruno Munari durante il Liceo Artistico. Sono entrato in crisi con il mondo dell “Arte” e lo sbocco logico era una scuola “Artistica” che avesse un contatto con la società. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Ho sempre fatto il grafico prima in agenzia per circa cinque anni (due agenzie diverse) poi in proprio come tuttora sto facendo. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa del Csag/Isia? Il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti pone sicuramente le basi per una libera crescita della creatività, ritiene che questa affermazione trovi riscontro nella nostra scuola? È stata forse la cosa più interessante, personalmente è stato un grande momento di crescita umana e professionale. Bellissimo!!! 4. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Non ho sentito la mancanza della grande città per quanto le distrazioni si possono creare anche ad Urbino. Comunque un mondo “magico” e creativo che mi è rimasto nel cuore. Il confronto con i professori e i compagni è stato produttivo e formativo.

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6. Cfr A. Steiner, Il mestiere del grafico, Einaudi, Milano 1978.

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5. Steiner nella sua pubblicazione Il mestiere del grafico6 diceva: “Il mio primo compito è capire i pregi, le qualità del prodotto, conoscere l’impegno di chi lo produce, del tecnico che lo concepisce e lo elabora, dell’operaio che lo lavora. La mia opera va nel senso stesso della produzione, non verso la speculazione ma verso la fruizione, l’uso corrente di quello che è un nostro diritto nella civiltà industriale... Se il prodotto non corrisponde a certe regole o a certe intenzioni, il disegnatore deve rifiutarsi di collaborare, per non essere correo di una truffa nei confronti della società e dei consumatori... Il consumatore viene prima del prodotto, quindi la grafica deve essere al servizio del pubblico e spingere solo quei prodotti che sono utili anche al consumatore.” Secondo lei, che da professionista vive le regole del mercato, quante possibilità abbiamo noi giovani grafici di affacciarci al mondo del lavoro cercando di mantenere sempre salvo questo tipo di insegnamento? Quasi niente, forse ne avevamo più noi usciti dalla scuola 35 anni fa, quando c’era meno concorrenza grafica (certamente non nelle Agenzie Grafiche dove qualsiasi lavoro è lavoro), oggi devi lavorare e non è facile, negli ultimi 20 anni c’è stata una rivoluzione con l’avvento del computer intere categorie sono sparite montaggisti, tiraprove ecc… . Per fare un rapporto, io nel 91 quando ho preso il primo computer, stampante, scanner e programmi ho speso circa 60 milioni forse qualcosa in più, adesso con un iMac uno scannerino una stampantina i programmi craccati chiunque con 1500 euro può mettere su uno studio di grafica, la concorrenza è altissima anche perché si fa molto sul prezzo e l’incapacità di molti clienti di leggerne la differenza ti mette in concorrenza con degli incapaci. Per cui condivido quello che diceva Steiner e devo dire che l’ho anche messo in pratica con clienti che trattavano male i dipendenti o con politici “lega” che mi chiedevano di fargli la campagna elettorale, poi alla fine l’ho pagato.


LUIGI GIULIANO Dopo il diploma continua a lavorare nel campo della comunicazione e fonda lo studio Iceberg a Macerata.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Terminati gli studi artistici,io e tre compagni di scuola ci siamo iscritti per sostenere gli esami di ammissione al Csag di Urbino. Solo venti sarebbero stati ammessi e le probabilità che tutto il gruppo di Macerata riuscisse a superare la selezione erano pochissime. Siamo stati tutti ammessi e così iniziò la nostra avventura. Era il 1974. Mi piaceva molto la fotografia e non avevo la consapevolezza di cosa avrei appreso, ero felice di essere riuscito ad entrare in una scuola così prestigiosa. I miei Maestri erano Michele Provinciali e Massimo Dolcini. Dopo il Csag e con l’istituzione delle Isia frequentai l’anno integrativo per poi diplomarmi. Ricordo con piacere questa “meravigliosa annata” un occasione unica in quel anno insegnarono i più importanti nomi comunicazione Italiana: AG Fronzoni, Giancarlo Illiprandi, Italo lupi, Bob Noorda, Pino Tovaglia. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Terminati gli studi ho continuato e dopo anni di varie esperienze ho fondato il mio studio che si chiama iceberg poi in seguito si è trasformato in agenzia di pubblicità. 3. Albe Steiner ha dedicato parte della vita alla ricerca finalizzata alla strutturazione organizzata della materia grafica. Ritiene che oggi noi grafici siamo stati avvantaggiati dai suoi studi e che dobbiamo, quindi, in qualche modo essergli riconoscenti? Albe Steiner è stato il primo insegnante del Csag di Urbino. Gli anni del ‘68 e la contestazione studentesche crearono un clima di sfiducia nel metodo di insegnamento.

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Steiner aveva una visione etica e militante della professione del grafico, un tecnico preparato con una funzione sociale del suo lavoro... grafici non più educati come artefici delle Arti, non più indirizzati al progetto ispirato “al bel pezzo” come il pittore di cavalletto. Non più come il “designer” che attraverso il bell’oggetto conforta la società ammalata, non più come uomo elegante, mondano, sorridente, scettico, egoista, narcisista, amante dei formalismi, “programmato”, ma grafici che sentano responsabilmente il valore della comunicazione visiva come mezzo che contribuisce a cambiare in meglio le cose peggiori. Grafici modesti lavoratori tra masse di gente semplice che ha il diritto di partecipare alla comunicazione, alla cultura, al sapere, alla gestione sociale. Michele Provinciali prese la guida del Csag e riportò nel suo insegnamento l’esperienza Americana di Chicago dell’Istituite of Design fondato da Moholy-Nagy. Il suo metodo era di farci esercitare in sperimentazioni sulla creatività, saper guardare le cose da un altra prospettiva. Fare la propria firma con un pennello, ingrandirla, frantumarla, salire su di uno sgabello e guardarla dall’alto, sembravano cose che non sarebbero state utili alla formazione professionale. Oggi posso dire che quelle esperienze le trovo sempre valide prima di affrontare un progetto. 4. Il passaggio dal Csag all’Isia ha costituito in una certa maniera un’evoluzione da una scuola di “maestri d’arte” un Istituto che contemplava e contempla un lavoro di equipe, lei è d’accordo con questa valutazione? E lei che ha partecipato da attore a tale cambiamento – visto che in quegli anni era uno studente – come ha vissuto questo mutamento? L’Isia è l’evoluzione della sperimentazione del vecchio corso. Il Csag aveva una impostazione, dove il docente, seguiva con

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i suoi venti allievi un percorso propedeutico alla creatività e alla progettazione grafica. Nasceva come corso triennale all’interno dell’Istituto d’Arte con vocazione orientata alla tipografia e all’illustrazione del libro. L’Isia completa questa ricerca e da il via alla prima scuola italiana di fama europea. La nuova sede dell’ex convento di Santa Chiara, il corpo docenti formato per la quasi totalità da professionisti, ne fa un laboratorio di ricerca e formazione di validi operatori della comunicazione visiva. 5. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa del Csag/Isia? Il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti pone sicuramente le basi per una libera crescita della creatività, ritiene che questa affermazione trovi riscontro nella nostra scuola? Ho dei bellissimi ricordi degli anni passati a Urbino. Michele Provinciali e Massimo Dolcini erano per me, citando il film l’Attimo Fuggente “O capitano,mio capitano...” dei grandi amici. Spesso frequentavo lo studio e la casa di Dolcini a Pesaro e ho avuto grandi stimoli dal suo lavoro. I racconti di Provinciali nella casa di Novillara, dei viaggi in Persia e in America delle sue collezioni di saponette consumate e bastoncini di gelato. Nella mia immaginazione sono stati di grande utilità poi nella professione. 6. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Studiare a Urbino è stato molto piacevole. La città universitaria campus è ideale per gli studi, raffinata per le sue preziosità artistiche, è senz’altro un luogo ideale per una scuola che ricerca creatività.

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7. La collocazione geografica di Urbino - non servita da un’adeguata rete ferroviaria - crede possa penalizzare l’Isia sia da parte degli studenti che dei docenti, o ritiene che l’alto livello professionale e didattico della scuola siano tali da far superare anche questa barriera? Le Marche soffrono di grosse carenze di viabilità,ma penso che sia un problema Nazionale. Urbino è la sede ideale per l’Isia e l’unicità di questa scuola può superare le difficoltà geografiche e logistiche. 7. Vedi nota 6, pag. 24.

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8. Steiner nella sua pubblicazione Il mestiere del grafico7 diceva: “Il mio primo compito è capire i pregi, le qualità del prodotto, conoscere l’impegno di chi lo produce, del tecnico che lo concepisce e lo elabora, dell’operaio che lo lavora. La mia opera va nel senso stesso della produzione, non verso la speculazione ma verso la fruizione, l’uso corrente di quello che è un nostro diritto nella civiltà industriale... Se il prodotto non corrisponde a certe regole o a certe intenzioni, il disegnatore deve rifiutarsi di collaborare, per non essere correo di una truffa nei confronti della società e dei consumatori... Il consumatore viene prima del prodotto, quindi la grafica deve essere al servizio del pubblico e spingere solo quei prodotti che sono utili anche al consumatore.” Secondo lei, che da professionista vive le regole del mercato, quante possibilità abbiamo noi giovani grafici di affacciarci al mondo del lavoro cercando di mantenere sempre salvo questo tipo di insegnamento? Ho sempre cercato, insieme ai miei collaboratori, di dare allo studio uno stile e una ricerca di clienti che potessero condividere il nostro “valore” nella metodologia del progetto grafico. Avere come clienti Amministrazioni locali, partiti politici, Università, organizzazioni sociali e culturali mi ha permesso di progettare della comunicazione di pubblica utilità. Il pensiero di Steiner è ancora attuale nell’affrontare un progetto, conoscere il prodotto per poter valorizzare la sua qualità, dal packaging alla pagina pubblicitaria, comunicare al consumatore o cittadino è il nostro mestiere.


SIRO CANGIOTTI Ha frequentato il Csag, docente all’Isia fino al 2006, è stato promotore della costituzione dell’associazione Pro Urbino.

1. Può raccontarmi attraverso quale percorso scolastico o professionale è giunto ad insegnare al Csag e poi all’Isia? Io ho fatto l’Istituto d’arte ad Urbino, la scuola del libro, e negli anni in cui l’ho frequentata io le opzioni erano due, si prendeva il diploma con il triennio diventando maestro d’arte e poi c’era la possibilità di continuare con corso di perfezionamento (di due anni) dell’Istituto d’arte, oppure ci si poteva iscrivere al Csag (di tre anni) che all’epoca era all’interno dell’Istituto. Io ho optato per la soluzione dei tre anni al Csag. 2. Lei crede che i docenti urbinati o, più in generale, quelli marchigiani abbiano dato un’impronta particolare all’Istituto? E se si, in quale direzione? Credo di si, perché il Csag è nato all’interno dell’Istituto d’arte con un prevalenza di insegnanti dell’Istituto stesso e con un equipe, invece, esterna che veniva da diverse professionalità. Nel periodo in cui l’ho frequentato io, la progettazione era insegnata dal professor Albe Steiner. Quindi c’era questo connubio tra i professionisti nell’ambito del lavoro e la parte più concreta e presente dell’Istituto d’arte: quelli che venivano da fuori portavano innovazione, ed invece gli insegnanti del territorio garantivano un’assiduità ed una costanza che altrimenti non sarebbe stata possibile. 3. Leggendo la storia della nostra scuola mi è sembrato che gli anni che hanno visto il costituirsi del Csag e della sua successiva trasformazione in Isia, abbiano segnato un periodo culturalmente molto intenso e vivace. Cosa può dirmi lei a tal proposito? Si, questo era dato molto da questa ventata d’innovazione portata dai professori che venivano da fuori. Gli insegnamenti erano assegnati per contratto, quindi avevano delle scadenze abbastanza brevi, permettendo un susseguirsi di esperienze diverse, insegnanti diversi che portavano il loro apporto. Era, come anche adesso, una scuola dinamica.

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4. La collocazione geografica di Urbino - non servita da un’adeguata rete ferroviaria - crede possa penalizzare l’Isia sia per gli studenti che per i docenti, o ritiene che l’alto livello professionale e didattico della scuola siano tali da far superare anche questa barriera? Questo è stato sempre il punto debole ma anche di forza, perché certamente un miglior collegamento avrebbe facilitato molte cose, però c’è anche questa atmosfera, una sorta di isolamento, che ricorda, un po’ i monasteri dove gli amanuensi facevano i libri. Dunque una persona magari fa un sacrificio per arrivare, ma poi è ripagato dal clima che trova. Questa è stata la difficoltà per molti, ragazzi e professori, ma anche lo stimolo a venire. 5. Ho letto in bibliografie che la riguardano che ha lavorato con Provinciali e Steiner, mi può raccontare cosa ha significato per lei dal punto di vista umano e professionale l’incontro con questi grandi maestri? Ha significato molto. Io ho lavorato di più con Steiner, proprio per un problema anagrafico, perchè Provinciali è venuto dopo, quando io stavo finendo gli studi. Ho collaborato con Provinciali come insegnante e sono due personaggi completamente diversi: Steiner più pragmatico e rigoroso, proveniente da una scuola svizzera-tedesca, ed invece Provinciali molto più creativo, viaggiava molto. Due esperienze che mi hanno dato molto.

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1974/1975

8. Cfr «Parlando di... l’I.S.I.A.

Con il passare degli anni il Csag divenne sempre più autonomo e si cominciò a sentire l’esigenza di dar vita ad un organismo scolastico più specifico, che permettesse la prosecuzione degli studi a livello di istruzione superiore nel settore della arti applicate. Questo nuovo passo avrebbe posto Urbino in una posizione unica rispetto al resto d’Italia, in quanto, prima di allora c’era la possibilità di conseguire una qualificazione professionale solo all’estero. Nel 1974 il Ministero della Pubblica Istruzione istituì l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche. Nell’anno scolastico 1977/78, poi, venne confermato come istituzione sperimentale con finalità di formazione di progettisti per l’industria artistica nel campo del graphic design. L’Isia era un vero e proprio corso universitario, anche se non ancora riconosciuto, durava quattro anni e vi si poteva accedere solo se in possesso di un diploma di Scuola Media Superiore di 2° grado e previo superamento di un esame di ammissione. Agli studenti del Csag fu data la possibilità di fare un anno integrativo in modo da conseguire il diploma di Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, equiparato al diploma di Accademia di Belle Arti8.

di Urbino», Quaderno Aiap, n. 3, luglio, 1985, pag. 6-8.

Questo periodo di transizione e cambiamento è raccontato da: Gianluigi Corsi e Susanna Sartori, Alberto Butturini, Stefania Guerra, Claudio Molinari.

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GIANLUIGI CORSI E SUSANNA SARTORI Racconto, preso da Layer Isia, di due mondi che si incontrano e crescono insieme, in un’Isia che stava sbocciando.

9. In ordine: Peter Quell, Luigi Giuliano, Fabrizio Bori, Roberto Gobesso, Gianni Rusconi, Maria Teresa Zanardis.

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“L’Isia è partita con noi, io Giangi venivo dal Csag, io Susi venivo dall’esame di ammissione al Csag. Io Giangi continuo il Csag per altri due anni, io Susi ricevo una lettera che il Csag si trasforma in Isia e che per entrare devo fare un nuovo esame, siamo nel 1974. I primi anni sono stati di assestamento e noi le cavie di questo nuovo Istituto che abbiamo amato per l’aria creativa che si respirava, non c’erano ancora i computer e la fotocopiatrice era già uno strumento straordinario di creatività. Le idee nascevano dal contributo collettivo spesso molto divertente e dalle cazzate demenziali sparate da qualcuno del gruppo, c’era insomma un’aria gioiosa e burlona che uscendo dalla scuola continuava nelle notti e spesso nelle meravigliose albe vissute nella scenografia di Urbino. Mi piace ricordare che gli amici di allora sono ancora gli amici di ora... Peter, Gigi, Fabrizio, Steave, Gianni, Miti..9 e se anche viviamo molto distanti come Fabrizio che vive in Brasile, quando ci sentiamo o ci incontriamo è come se il tempo non fosse mai passato. Adesso Susi ed io, dopo tanti anni (i calcoli fateli voi), stiamo insieme.”


ALBERTO BUTTURINI Diplomato all’Isia il 3 ottobre 1983 (frequenza Isia 1976-1980). Progetto: campagna di informazione rivolta agli studenti delle scuole medie inferiori sulla realtà di una riserva naturale in territorio veronese.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Direi 50% casuale e 50% voluta. In ogni caso non motivata.

10. Il copywriter è la persona

2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Subito sono rimasto nella grafica. Poi mi sono reso conto che ero finito nella pubblicità. E infine, visto che c’ero dentro, ho pensato bene di fare il copywriter10.

che scrive tutte le parole della pubblicità (testi per annunci stampa, radiocomunicati e telecomunicati).

3. Il passaggio dal Csag all’Isia ha costituito in una certa maniera un’evoluzione da una scuola di “maestri d’arte” a un Istituto che contemplava e contempla un lavoro di equipe, lei è d’accordo con questa valutazione? E lei che ha partecipato da attore a tale cambiamento – visto che in quegli anni era uno studente – come ha vissuto questo mutamento? Non l’avevo colto così bene come lo descrivi tu adesso. Mi mancava la consapevolezza del processo in cui eravamo ora attori ora comparse. Eravamo una generazione di passaggio: per metà contestatori e per metà naufraghi, uscivamo dai licei incandescenti dei primi anni settanta ed eravamo ormai immersi nel grande riflusso che iniziò nel 1976, portandoci ora al disimpegno, ora alla droga, ora alla lotta armata, ora ripiegamento nel privato e nel leisure. Il mio approccio al lavoro d’equipe era ancora inquinato dalle prepotenze e dalle verbosità dei recenti trascorsi liceali.

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Foto 8 1977 I giorni dell’occupazione: la “vedetta” legge il giornale. Le fotografie di queste pagine, relative all’occupazione del 1977 dei locali dell’Istituto, sono di Roberto Gobesso.

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4. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa del Csag/Isia? Il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti pone sicuramente le basi per una libera crescita della creatività, ritiene che questa affermazione trovi riscontro nella nostra scuola? Come già ti ho detto non ho avuto un buon rapporto con l’Istituzione Isia. Mi sono interrogato spesso su questo aspetto “dolente” della mio periodo universitario. Ho cercato di rileggerlo in chiave autocritica e mi sono assunto le mie responsabilità: avevo vent’anni, ero fragile confuso e prepotente, e come spesso succede a quell’età ero convinto di avere ragione al 100%. A dire il vero il processo autocritico era iniziato già allora, verso il 3° anno, di pari passo con la mia maturazione. Dall’altra parte però c’era un’istituzione chiusa, ostile, guidata da un coordinatore che non sapeva dialogare con gli studenti e con un nocciolo duro di urbinati che contribuiva non poco ad accrescere le tensioni che comunque c’erano in quegli anni. Per fortuna c’erano anche professori come Giulio Cittato, Ferro Piludu e Franco Mariani che dimostrarono grande apertura e sincera disponibilità al dialogo. Le ultime parole sono per Michele Provinciali con il quale ho litigato per due anni (non riuscivo a capirlo e mi sembrava che lui non mi capisse). Poi quando gli ho chiesto di essere mio relatore per la tesi l’ho trovato sereno, pronto ad ascoltarmi. Mi ha dato una grande lezione di umanità e di saggezza di cui gli sarò sempre grato. Alla discussione ha lottato come un leone per farmi avere 100 e lode, benché altri nelle commissione fossero contrarissimi, vista la mia media non eccezionale. Mio figlio si chiama Michele.


Foto 9 Si preparano i tazebau.

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Foto 10 Si discutono motivazioni e proposte. Foto 11 Al lavoro sui tazebau.

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Foto 12 Si fa anche pulizia. Foto 13 Tra le cose pi첫 divertenti, dormire sul terrazzo della scuola.

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STEFANIA GUERRA Art director piuttosto atipica, si occupa di grafica e comunicazione. Spazia dall’editoria al graphic design, dagli eventi tra arte, cultura e spettacolo ai progetti non profit.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? In realtà volevo fare architettura a Firenze, per proseguire l’attività di mio padre, costruttore edile, ma accompagnando un’amica che invece voleva tentare di fare l’esame all’Isia mi sono letteralmente innamorata della scuola e di Urbino. Mi hanno incantato i lavori che ci hanno fatto vedere, qualcuno di molto gentile ci portò in giro per la scuola, ma non ricordo chi. Cambiai subito idea, facemmo l’esame e fui presa solo io. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? All’inizio volevo diventare illustratrice di libri per ragazzi (mi hanno pubblicato un volume in svedese e spagnolo), e con Miti e Antonio - Maria Teresa Zanadreis e Antonio Tabanelli fondammo nel 1983 DUENDE Invenzioni Editoriali, una società di illustratori e grafici che poi dall’editoria si è rivolta al mondo della comunicazione. Nel 1990 chiudemmo DUENDE e con un altro socio, Daniele Zaghi, ho aperto la GEZ Design, una società di comunicazione, specializzata nel packaging e nella comunicazione per aziende. Poi ho lavorato come responsabile di una piccola casa editrice di libri preziosi L’artiere Edizionitalia, ora sono free-lance art director e grafica, ma anche ideatrice di eventi di arte-culturaspettacolo anche non profit. 3. Il passaggio dal Csag all’Isia ha costituito in una certa maniera un’evoluzione da una scuola di “maestri d’arte” a un Istituto che contemplava e contempla un lavoro di equipe, lei è d’accordo con questa valutazione? E lei che ha partecipato da attore a tale cambiamento – visto che in quegli anni era uno studente – come ha vissuto questo mutamento? Non ho mai percepito il lavoro di equipe, eravamo tanti individui

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nella stessa classe e nella stessa scuola, non ricordo nessun lavoro di gruppo. Ricordo però che si studiava insieme per gli esami orali, ci si interrogava a vicenda. Non ho frequentato il Csag perché nel 1976 ho superato l’esame di ammissione e iniziato l’Isia.

Foto 14 All’arrivo delle forze dell’ordine si apre il cancello.

4. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa del Csag/Isia? Il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti pone sicuramente le basi per una libera crescita della creatività, ritiene che questa affermazione trovi riscontro

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nella nostra scuola? Sinceramente in quegli anni avevamo voglia di cambiare il mondo e siccome c’erano alcune cose che potevano essere migliorate anche nella nostra scuola, partecipai all’occupazione nel 1977 dell’Isia. Ricordo che era così grande la convinzione che, pur essendo andata a dormire a casa, tornai all’alba e con il coraggio degli ignari, insieme ad altri 16 o 17 eroici, aspettammo che la polizia aprisse i cancelli e consegnammo loro i documenti. Non fummo altrettanto baldanzosi un anno dopo al processo che ci fecero a Urbino, fortunatamente fummo tutti assolti dal reato di “furto con scasso” che ingiustamente ci venne imputato. Vorrei però ringraziare insegnanti che non erano forse “tanto famosi” ma la loro umanità ha lasciato un segno, tra questi Lucio Cesaroni che era assistente di fotografia e mi lasciava lavorare sola in laboratorio anche fuori orario, ho una grande sensazione di gratitudine nei suoi confronti. Ricordo illuminanti lezioni di Marrè, Gavinelli, Pavolini, Brunazzi, Cittato, Accame, e un favoloso stage di “comunicazione non verbale” voluto da Pavolini e tenuto da Silvana Recchi, che poi è diventata una cara amica. Molte riserve invece su qualche marchigiano considerato “un maestro”. 5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentita chiusa in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Il limite del piccolo paesino senza quasi nessuna opportunità di divertimento, spettacolo e cultura ci ha dato la grande possibilità di inventarci momenti di aggregazione fantastici dove esprimere tutta la creatività, ricordo alcuni dopo spettacolo che diventavano una festa in giro per la città, come quando venne almeno 2 o 3 volte “Il Teatro dell’Elfo”; o un favoloso Carnevale dove credo di aver dipinto insieme ad altri in modo creativo il viso a svariate decine di ragazzi e ragazze, anche non conosciuti. E poi i concerti nelle varie case in centro o in campagna dove passavano dalla sera alla mattina centinaia di persone! Non era solo puro divertimento ma ricordo veri e propri “happening” con anche “installazioni”. 40


CLAUDIO MOLINARI Diplomato all’Isia con una tesi sul “La forma fluida”.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Voluta. Disegnavo fin da piccolo. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Per un po’ ho continuato nella grafica tradizionale, poi sono passato alla computer grafica verso i primi anni ‘90. Ho lavorato in molte situazioni pionieristiche, sperimentazioni video, realtà virtuale, installazioni interattive: esperienze che mi hanno mostrato in anticipo come il supporto cartaceo avrebbe ceduto il passo ad altro. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa del Csag/Isia? Il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti pone sicuramente le basi per una libera crescita della creatività, ritiene che questa affermazione trovi riscontro nella nostra scuola? Non posso confrontare il passato che conosco con un presente a me sconosciuto: ritengo che a livello personale ci sia stato un buon scambio tra docenti e studenti, a livello organizzativo e burocratico ho trovato invece molto conformismo e resistenza al cambiamento. D’altronde si deve considerare anche l’ambiente di Urbino da sempre marcatamente tradizionalista.

11. Via del campo, Fabrizio De Andrè.

4. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? È stato utile come esperienza di vita, lontani dalla famiglia, ma negativo per lo studio: la cultura cresce meglio nel clamore e nel confronto/scontro, i conventi sono per i preti, e una bella aula non fa una buona scuola. La città è una merda ma è lì che crescono i fiori, per citare Fabrizio De Andrè11 (quando studiavamo ad Urbino negli anni ‘70 non c’era internet, quindi l’isolamento era assoluto). 41


12. Vedi nota 6, pag. 24.

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5. Infine, Steiner nella sua pubblicazione Il mestiere del grafico12 diceva: “Il mio primo compito è capire i pregi, le qualità del prodotto, conoscere l’impegno di chi lo produce, del tecnico che lo concepisce e lo elabora, dell’operaio che lo lavora. La mia opera va nel senso stesso della produzione, non verso la speculazione ma verso la fruizione, l’uso corrente di quello che è un nostro diritto nella civiltà industriale... Se il prodotto non corrisponde a certe regole o a certe intenzioni, il disegnatore deve rifiutarsi di collaborare, per non essere correo di una truffa nei confronti della società e dei consumatori... Il consumatore viene prima del prodotto, quindi la grafica deve essere al servizio del pubblico e spingere solo quei prodotti che sono utili anche al consumatore.” Secondo lei, che da professionista vive le regole del mercato, quante possibilità abbiamo noi giovani grafici di affacciarci al mondo del lavoro cercando di mantenere sempre salvo questo tipo di insegnamento? Quali possono essere OGGI i prodotti che non costituiscono “una truffa nei confronti della società e dei consumatori”? Steiner non poteva certo immaginare che nel futuro sarebbero esistite aziende talmente grandi da avere bilanci superiori a quelli di piccole Nazioni, e così influenti da condizionare i governi su scelte fondamentali come la gestione del suolo, dell’acqua, dell’energia, dell’aria che respiriamo, delle medicine, del cibo! La mia risposta alla sua domanda “quante possibilità abbiamo noi giovani grafici di affacciarci al mondo del lavoro cercando di mantenere sempre salvo questo tipo di insegnamento?” è: le possibilità che avrete dipenderanno dalle vostre scelte etiche, dai vostri sogni, dalla vostra lucidità e onestà. Il mercato non ha, non avrà e non ha mai avuto un’etica. Questo “mercato” sta collassando per troppa avidità. Nessun attore di questo mercato vorrà mai cambiarlo. Gli Stati sono troppo coinvolti per cambiare strada. Quindi l’unica novità possiamo essere noi che decidiamo di abbandonare le torri d’avorio degli esperti-esteti e scendiamo in strada a conoscere i problemi degli sconosciuti con cui viviamo fianco a fianco, e così cambieremo l’immagine che abbiamo del mondo, e agiremo di conseguenza.


1980/1981

“A parte il primo anno ho sempre abitato con compagni d’Istituto, “isioti” come si suol dire. Non ricordo una notte in cui non sia andata a dormire con ancora una compagna di stanza al tavolo di lavoro con la luce accesa... Si lavorava alle tavole fino a tarda notte, “l’incubo” solitamente era Fenocchio, disegnare caratteri a mano con raccordi, rapidograph, tempera diluita, balaustrone e squadrate Martini… e più si faceva tardi più ci scappava l’errore, la macchia, il segnaccio involontario che mandava tutto il lavoro all’aria! Parliamo dei primissimi anni ‘80, un’epoca pre computer, pre cellulari, pre tutto, anni in cui per diplomarsi si doveva frequentare quattro anni e superare 38 esami più la tesi… e tutto nei tempi previsti dal regolamento d’Istituto: un massimo del 30% di assenze sull’orario di ogni singolo corso.

13. Racconto anonimo

Ed è proprio un ricordo legato a questa precisa norma che vi voglio raccontare…. Maggio 1981, era l’ultimo mese del mio primo anno accademico all’Isia (1980-81), quel weekend si tornava a casa per votare, ci chiamavano a rispondere su cinque Referendum abrogativi. Nonostante mancasse poco più di un mese alla chiusura dei corsi mi ero tenuta ancora un margine di 15 giorni di assenze da poter fare, così, per sicurezza. Era il 17 maggio, ebbi un’incidente e restai in ospedale due mesi. A parte lo strazio fisico ero angosciata dall’idea di aver perso un’intero anno di frequenza! Scrissi all’Istituto, e con me anche il Primario di Ortopedia con cui avevo condiviso questo problema, chiedendo di essere ammessa all’ultima sessioni d’esami, quella di settembre, d’altronde è impossibile prevedere l’imprevedibile e avevo sempre frequentato regolarmente… Me lo concessero, diedi tutti e 12 gli esami del primo anno in 7 giorni. Nacque così il primo “precedente” sulle regole di frequenza… e una parte della mia vita si è legata indissolubilmente anche alla storia di questo magnifico Istituto.”13

preso da Layer Isia.

A testimonianza del periodo, le interviste di Michele Mariani e Davide Querin. 43


MICHELE MARIANI Nel 1988 inizia a lavorare per JWT Milano. Dopo otto anni inizia a lavorare per il Gruppo Armando Testa, di cui oggi ne è direttore creativo.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Già da piccolo mi piaceva disegnare, lo facevano i miei, lo facevano le mie sorelle più grandi, quando si è trattato di scegliere una scuola superiore la scelta è caduta sull’istituto d’Arte di Urbino, e successivamente sull’Isia. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Uscendo dall’Isia si aprono diverse possibilità, la grafica pura, la grafica editoriale, la fotografia, ecc. A me piaceva approfondire il tema della comunicazione pubblicitaria in senso più ampio e per questo mi sono avvicinato al mondo delle agenzie di pubblicità internazionali. 3. Il passaggio dal Csag all’Isia ha costituito in una certa maniera un’evoluzione da una scuola di “maestri d’arte” un Istituto che contemplava e contempla un lavoro di equipe, lei è d’accordo con questa valutazione? E lei che ha partecipato da attore a tale cambiamento – visto che in quegli anni era uno studente – come ha vissuto questo mutamento? Sicuramente l’Isia di quegli anni (1982/1986) rappresentava un terreno prezioso di sperimentazione e di confronto con professionisti di spessore. Parlare di grafica con un orizzonte così ampio e sperimentale ci ha dato la possibilità di avvicinarsi a questa disciplina nel modo più stimolante. Dopo tanti anni ricordo il nostro percorso di avvicinamento alla grafica come una sorta di lento e progressivo corteggiamento, fatto di preliminari, timidi approcci, momenti di complicità. Però quell’amore conosciuto in gioventù è rimasto forte e stabile dopo tanti anni per la maggior parte di noi. 4. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura

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Foto 15 Scelta di un marchio da parte della classe. Foto di: Sandro Di Donatantonio.

amministrativa del Csag/Isia? Il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti pone sicuramente le basi per una libera crescita della creatività, ritiene che questa affermazione trovi riscontro nella nostra scuola? Ricordo un clima positivo, aperto al confronto con gli insegnanti, ma interessante soprattutto per il confronto tra studenti. La creatività nasce sempre dal confronto, dalla possibilità di sperimentare e soprattutto dalla possibilità di sbagliare. Ricordo un clima di forte “ispirazione”, ma anche di “traspirazione”, cioè sudore e fatica vera e propria.

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Foto 16 1981 Salone con i tecnigrafi. Foto di: Sandro Di Donatantonio.

5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Urbino non è come Londra, New York o Shangai, ma non ricordo di aver vissuto questa dimensione come un freno alla libera circolazione delle idee e della creatività. Ci sentivamo in una sorta di dimensione parallela, sicuramente distanti dal mondo esterno, protetti da pareti e tradizioni cariche di storia e civiltà, ma proprio per questo obbligati a individuare e progettare il futuro. Dopo tanti anni e diverse esperienze in grandi città, ripenso a quella situazione (forse addolcita da un po’ di nostalgia) come ad un habitat ideale per questo tipo di esperienze. Credo che questa sorta di sospensione urbinate, abbia favorito il clima di abnegazione e di totale immersione nel percorso di studio.

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DAVIDE QUERIN Diplomato all’Isia di Urbino con una tesi di illustrazione su “Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? È stata voluta e cercata, avendo fin da piccolo manifestato una notevole predisposizione per il disegno e la cura dei dettagli. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Subito dopo essermi laureato ho iniziato a lavorare come grafico interno in una grossa azienda. Non ho mai interrotto la mia attività di grafico e dal 2000 sono titolare e art director di una mia agenzia di grafica. 3. Albe Steiner ha dedicato parte della vita alla ricerca finalizzata alla strutturazione organizzata della materia grafica. Ritiene che oggi noi grafici siamo stati avvantaggiati dai suoi studi e che dobbiamo, quindi, in qualche modo essergli riconoscenti? Il grande merito di Albe Steiner grafico è stato quello di infondere nella progettazione il carattere di continuità tra i diversi livelli di lettura del messaggio base e di fondere armonicamente il simbolo ai concetti da comunicare, senza mai fermarsi all’aspetto estetico/formale, né al solo primo livello di lettura. Se oggi esistono grafici professionisti con questa forma mentis, il merito è nella quasi totalità di Albe Steiner. 4. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa del Csag/Isia? Il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti pone sicuramente le basi per una libera crescita della creatività, ritiene che questa affermazione trovi riscontro nella nostra scuola? Il fatto che molti docenti fossero professionisti affermati, provenienti da varie parti d’Italia (in alcuni casi anche dall’estero),

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Foto 17 Notte prima degli esami. Foto di: Valter Toni.

con i quali poter fare approfondimenti sulle diverse materie attraverso un contatto interpersonale diretto, è stato un aspetto fondamentale per la formazione di noi studenti dell’Isia di allora. 5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Assolutamente si, utilissimo. L’atmosfera che si respirava all’Isia e a Urbino negli anni tra il 1982 e il 1986 era di grande creatività. Il contesto umano e architettonico e tutto l’insieme erano perfetti per studiare e svolgere un’attività creativa, senza lasciare spazio ad alcuna nostalgia di altro tipo.

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1984/1985

L’Isia era sbocciata, si era fatta conoscere a livello nazionale ed internazionale ed era considerata una delle scuole migliori in Europa. Vi facevano domanda d’ammissione anche studenti stranieri e questo fu possibile grazie alla presenza di docenti di fama internazionale come Honegger, Marrè, Provinciali, ma anche grazie all’apertura che l’Istituto aveva verso il mondo esterno. Si facevano gite all’esterno, c’era una sorta di gemellaggio tra l’Isia di Urbino e la scuola tedesca di Augsburg. Proprio in quegli anni gli studenti dell’Isia furono chiamati dal sindaco della città di Arcore per condurre uno studio/ricerca volto alla realizzazione di immagine grafica relativa al logo del Comune, da usarsi anche nella segnaletica stradale e negli arredi urbani. Angela Brindisi, Regina Ferrari, Silvia Garofoli, Roberto Lombardi, Simona Tonna e Marco Tortoioli studenti dell’Isia in questo periodo, raccontano le loro esperienze.

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Foto 18 Articolo di Il Giorno sulla progettazione del marchio della città di Arcore assegnato agli studenti dell’Isia di Urbino. Foto di: Paola Colombati.

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Foto 19 Articolo sulla visita degli studenti dell’Isia di Urbino, accompagnati dai docenti Alberto Bernini, Enrico Gianni e Romano Marrè. Foto di: Gina Polini.

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ANGELA BRINDISI Diplomata all’Isia di Urbino nel 1991.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? È stata casuale, dopo il liceo passavo da scienze forestali a restauro come se niente fosse. Me lo ha segnalato un amico scartato dall’Isia e che faceva l’accademia delle belle arti. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Ho sempre lavorato nell’ambito della grafica, prima in agenzie pubblicitarie dove mi occupavo di immagini coordinate (loro erano veramente asini in materia) e poi in editoria. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? Soprattutto il confronto con i compagni mi ha aiutato, io provenivo dallo scientifico e non avevo nessuna conoscenza né manualità. La scuola comunque è stata sempre molto aperta e disponibile. 4. All’interno ed all’esterno dell’Istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? Difficile dirlo, ho finito nel 91… cmq ho frequentato anche l’ambiente universitario, l’Isia può essere un ambiente veramente troppo chiuso e autoreferenziale (e pesante), era bello variare amicizie.

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Foto 20 1986 Salone con i tecnigrafi. Foto di: Angela Brindisi.

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5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Secondo me è stato mooolto meglio l’isolamento urbinate, io vivo a Milano da 20 anni e ci sono troppe perdite di tempo (e di concentrazione) tra spostamenti, fare la spesa etc… 6. Anno importante per l’Isia, momento di svolta, è stato quello in cui sono stati comprati i primi computer. Lei ha vissuto questo cambiamento? E se si può dirmi cosa ha significato per la sua formazione? Nel 1990 Bernini aveva comprato i primi classic e quadra e noi li abbiamo usati l’ultimo anno. Era l’età della pietra, ma ci cambiava la vita perché non fotocopiavamo più i testi finti ma li potevamo creare col carattere interlinea etc.. desiderati, una rivoluzione positiva.

Foto 21 1985/1986 A lavoro. Foto di: Aldo Merlo.

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7. Si è molto discusso sulla questione dei laboratori, per diversi anni i laboratori di serigrafia e tipografia sono stati chiusi. Ad oggi qualcosa si sta muovendo, forse ci si sta rendendo conto che la chiusura di questi sia stata un errore. Per lei che si è formata in quei laboratori, tra i diversi macchinari, gli inchiostri, le matrici... cosa ha significato quell’esperienza? Ritiene che sia stato un errore chiuderli o viceversa ritiene che quelle tecniche di stampa fossero ormai obsolete e dovessero lasciare il posto alle nuove tecnologie? Come chiusi???? Sono allibita, anche se obsoleti i laboratori sono molto formativi, senza quelli l’Isia equivale a una qualsiasi scuola di grafica!!!! GRAVISSIMO.


REGINA FERRARI Dopo essersi diplomata all’Isia si è dedicata al restauro di ceramiche. Ha uno studio di restauro e recupero di oggeti d’arte vicino Modena.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Fortemente voluta. Motivata dall’interesse per la grafica, la comunicazione visiva e tutto ciò che ruota attorno al mondo delle immagini. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Ho rifiutato un impiego a Milano presso una casa editrice per il desiderio di non vivere in una grande città, ho lavorato un anno in uno studio pubblicitario a Modena esperienza che si è rivelata abba stanza deludente. Stavo per mettermi in proprio quando per una coincidenza mi si è aperta una nuova strada professionale, e per 10 anni ho avuto una galleria di antiquariato allontanandomi dalla grafica. Contemporaneamente mi sono avvicinata al mondo del restauro e attualmente ho un laboratorio di restauro ceramiche, attività che concilia perfettamente la mia passione per l’antico e la mia creatività. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? Si certo è stato molto stimolante , definisco il periodo passato all’Isia fondamentale per la mia crescita creativa, umana e professionale 4. All’interno ed all’esterno dell’Istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito

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Foto 22 Lezioni di Ping Pong con Corrado Gavinelli. Foto di: Valter Toni.

la sua crescita personale e creativa? La convivenza e il confronto dentro e fuori dall’istituto con i compagni di studi e la vita lontano dalla mia città di provenienza e dall’ambiente che fino ad allora avevo frequentato. 5. Anno importante per l’Isia, momento di svolta, è stato quello in cui sono stati comprati i primi computer. Lei ha vissuto questo cambiamento? E se si può dirmi cosa ha significato per la sua formazione? Purtroppo noi siamo capitati nel momento proprio di transizione quando il prof. Bernini all’ultimo anno (credo fosse il 1989) prese il primo computer... abbiamo dedicato il nostro tempo a fare testi con fotocopie e letraset (addirittura andammo in gita in germania a visitare la Mecanorma!) e i marchi coi tiralinee e la tempera! Poi i primi esperimenti col computer, capivamo che stava accadendo una vera e proprio rivoluzione, i pochi che potevano permettersi un computer personale condividevano con gli altri le “scoperte” fatte. Senz’altro questo ci ha penalizzato rispetto alle generazioni successive che sono uscite già preparate sulla computer grafica, per noi si è trattato di apprendere da autodidatti.

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SILVIA GAROFOLI Curiosa, avventuriera e viaggiatrice. Diplomata con una tesi su un lavoro reale: progettazione di grandi giornali per l’associazione occhialai italiani (ANFAO) da distribuire all’estero.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Non è stata casuale. Coltivavo una grande passione per la fotografia, facevo foto e stampavo con il mio ingranditore in b/n in soffitta. Ho sempre avuto una grande passione per l’arte, per l’approccio estetico e funzionale alla comunicazione. Avevo dei miti: Milton Glaser, Germano Facetti, Bruno Munari ... 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Certo che sì! 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? Quando frequentavo mi lamentavo di non aver abbastanza tempo per fare tutto quello che avrei voluto (NON c’erano ancora i Mac per progettare! Si disegnavano le font a tempera!!) e avrei voluto moooooooolti più professionisti come professori e non docenti tout court. In ogni caso mi sentivo molto fortunata per non essere all’interno di una gabbia universitaria. Felice di essere in pochi e a contatto diretto con i docenti. Ottimo rapporto, sicuramente hanno contribuito alla mia crescita. 4. All’interno ed all’esterno dell’Istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? Il grande Italo Lupi! Era venuto per sostenere un seminario all’Isia (perciò W i seminari con professionisti di alto livello) e ho capito grazie a lui quanto fosse bello quello che intendevo fare. Nelle poche ore del suo corso decisi che avrei lavorato per lui, nel suo studio di Milano. Non potevo scommettere che mi avrebbe 57


accettato e invece è andata proprio così, per molti anni. Devo a lui la mia formazione più concreta e creativa. 5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Ricordo che mi sentivo stretta. Urbino è quello che è, eppure oggi sono abbastanza sicura che sia meglio stare in un posto del genere. Peraltro bellissimo. Quando si è acquisito e consolidato un bel bagaglio culturale, si diventa più consapevoli di sé e allora si è pronti a volare per il mondo senza essere influenzati dagli altri. Ora poi con internet davvero non ci sono limiti alla propria curiosità. Però all’epoca avrei voluto essere a New York e non andare a quella mensa universitaria! 6. Si è molto discusso sulla questione dei laboratori, per diversi anni i laboratori di serigrafia e tipografia sono stati chiusi. Ad oggi qualcosa si sta muovendo, forse ci si sta rendendo conto che la chiusura di questi sia stata un errore. Per lei che si è formata in quei laboratori, tra i diversi macchinari, gli inchiostri, le matrici... cosa ha significato quell’esperienza? Ritiene che sia stato un errore chiuderli o viceversa ritiene che quelle tecniche di stampa fossero ormai obsolete e dovessero lasciare il posto alle nuove tecnologie? Per me sono stati importanti e trovo sia stato un errore. Personalmente coltivo tuttora una grande passione per l’arte e per me è un grande valore aggiunto sapere come Andy Warhol facesse le sue serigrafie. Certo ora posso usare Photoshop, ma conoscere il meccanismo tradizionale mi aiuta a usare meglio il computer.

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Foto 23 Mensa universitaria. Foto di: Sandro Di Donantonio.

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ROBERTO LOMBARDI Da ventire anni ha uno studio grafico a Roma.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Avevo abilità nel disegno fin da piccolo e il mondo della grafica, dell’arte e della pubblicità mi affascinavano molto. Ho cercato molto la scuola ideale e sono approdato all’Isia. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Terminata l’Isia ho avuto molte opportunità in altri settori, ma l’idea di aprire uno studio e con solo le mie forze, era troppo forte e quindi l’ho fatto. Ad oggi sono 23 anni che opero con il mio studio a Roma e, anche se sempre di meno a causa della crisi economica, con grandi soddisfazioni professionali e personali. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? Sicuramente! Purtroppo, devo dirlo, a causa delle mie ideologie politiche e del mio essere “romano”, cosa che mi è anche stata sottolineata da qualcuno, i rapporti non sono stati del tutto rosei, ma ce la siamo cavata alla grande. Ho avuto anche un piccolo incidente di percorso che ho piacere di raccontarti perché oggi mi fa sorridere, ma allora mi ha messo in guai seri. Avevo preso in prestito alcuni libri dalla biblioteca e, alla fine del quarto anno, prima degli esami, li avevo dimenticati a Roma. Non avendo voglia di tornare a casa, ne di farmeli spedire, raccontai la balla che mi li avevano rubati dall’auto. La segreteria Sig.ra Bernini mi minacciò che non mi avrebbe fatto fare gli esami. Insomma non avevo scampo! Ho dovuto far venire mio padre da Roma e dissi che avevo trovato i ladri e mi ero fatto restituire i libri. Da allora i rapporti sono degenerati e la Bernini

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che ho sentito qualche anno fa, è ancora adirata con me. La figura di cacca è stata colossale!!!! 4. All’interno ed all’esterno dell’Istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? Ho frequentato molto le Marche. Ho avuto il grande onore di conoscere Tonino Guerra ed ho partecipato ad alcuni suoi seminari a San Marino. Inoltre ho vissuto con intensità le tendenze del momento, ho frequentato un ambiente piuttosto eterogeneo ed internazionale, facendo grande tesoro nel condividere pensieri e usanze. Oggi sono felice di aver fatto tale esperienza. Credimi che è stata formativa più di ogni altra cosa. 5. La collocazione geografica di Urbino - non servita da un’adeguata rete ferroviaria - crede possa penalizzare l’Isia sia da parte degli studenti che dei docenti, o ritiene che l’alto livello professionale e didattico della scuola siano tali da far superare anche questa barriera? Non so ora, ma all’epoca l’ubicazione di Urbino era quasi una sfida per docenti e discenti. Un’istituzione di prestigio nel centro della piccola Svizzera, così chiamavano Urbino, lontano dal mondo, in un convento ex ospedale. Una gran figata, solo che in alcuni giorni si sclerava e non poco. Tutto è servito. Ti faccio un’altra confidenza. Tali esperienze esasperate ed esasperanti mi hanno consentito di non aver paura di nulla. Alcuni giorni ero nella mia casa di campagna a Cal Fattore, isolato e il fortissimo ululato del silenzio era l’unico rumore che si avvertiva. La concentrazione nel lavoro da fare era notevole. All’epoca poi (mi sembro un nonno) non esistevano iPod, iPad e annessi e connessi. Si era soli con se stessi. La sera però era tutta vita. Eserciti di amici a scambiare pensieri, esperienze artistiche, si perché avevo un bel gruppo di amici che frequentavano l’Accademia d’Arte e, coccole. Per non parlare delle grandi calate in riviera nei week end!

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Foto 24 - 29 1989 Kisch Party. Foto di: Paul Spadetto.

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MARCO TORTOIOLI Ha lavorato come art director presso lo studio Dolcini di Pesaro. Titolare e fondatore dello studio “bcpt associati” di Perugia, dal 2007 è docente di Metodologia del Progetto all’Isia.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? La scelta di fare il grafico è maturata molto presto. Sono cresciuto nello studio di mio padre, che come professione faceva il fotografo industriale; lì passavano grafici e pubblicitari della prima ora e la curiosità per questo lavoro è nata quindi da subito. Inoltre ricordo ancora, come se stessi entrando in un’astronave arrivata dallo spazio, la visita che feci nell’ufficio della Pubblicità in cui aveva operato Seneca, all’interno dei vecchissimi stabilimenti Perugina, ancora nel cuore della città e all’interno del quale ancora molti suoi lavori erano visibili. Oggi quello che rimane, dopo che molto è stato trafugato, è raccolto nel Museo Perugina. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Ho fatto da subito, per fortuna, questo lavoro e continuo a farlo ancora oggi. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? La scuola era una fucina, una fabbrica di iniziative. Mostre non ufficiali, caricature dei professori, feste a tema; ogni occasione era buona per provare sul campo la forza della materia che stavamo studiando, perché ogni scherzo, anche il più stupido, aveva comunque bisogno del suo manifesto per essere diffuso. Quello che accadeva era il crearsi di una doppia didattica, quella ufficiale dettata dalla scuola e dai docenti, accanto

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alla quale se ne realizzava una “sul campo” che cominciava nelle case dopo la lezione. 4. All’interno ed all’esterno dell’Istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? All’interno della scuola la presenza di personaggi notevoli è stata sicuramente fondamentale. Voglio ricordare in particolare Michele Provinciali e Alfred Honhegger. Nella mia esperienza professionale sono state molte le persone ad aver fornito preziosi contributi. Su tutti mi sento di ricordare David Wetherell, grafico e designer statunitense presso cui ho svolto i primi di anni di assistente, e Massimo Dolcini presso il cui studio ho lavorato come art director e client account. Su ogni persona incontrata vale però il principio che lo studio costante e le letture continuano a essere il vero alimento della mia formazione professionale e di docente e che non considero ancora conclusa. 5. La collocazione geografica di Urbino - non servita da un’adeguata rete ferroviaria - crede possa penalizzare l’Isia sia da parte degli studenti che dei docenti, o ritiene che l’alto livello professionale e didattico della scuola siano tali da far superare anche questa barriera? No, non credo sia un problema, anche se il tema dell’accessibilità alla scuola, soprattuto per questioni economiche dovrebbe essere al centro degli impegni anche economici del Ministero. È molto importante d’altra parte che questo aspetto non diventi una scusa per provincializzare i piani didattici e il corpo docente. Con la scusa che l’eccessiva lontananza delle persone rischi di dover creare complicazioni nel raggiungimento dell’Istituto, in passato si è preferito rinunciare a grandi personalità e docenti. Questo è un grave danno per la scuola.

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SIMONA TONNA I ricrdi degli anni passati ad Urbino. Racconto preso da Layer Isia.

“L’odore del fissaggio in camera oscura; i finestroni gelidi del chiostro da cui guardavo quelle colline; i collages fatti con Provinciali e la sua indefinibile idea di metaprogetto; le mangiate domenicali alla trattoria di Urbania; le mummie; il sacro terrore per il tiralinee; le telefonate nelle cabine di via Budassi, dove incontravi sempre i rifugiati iraniani; le nottate in bianco nel periodo degli esami; le campane che facevano vibrare il letto a castello; le rondini che sembravano volare dritte in casa; gli anziani che cadevano come mosche sulle discese gelate; la luce diffusa in tutto il convento di Santa Chiara; le entrate perennemente in restauro.�

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1990/1991

Il periodo degli anni ‘90 fu molto importante e pieno di cambiamenti. Le tecnologie avanzavano sempre più. Tra il 1989 e il 1990 il professor Alberto Bernini acquistò il primo computer. Pur non stravolgendo molto la didattica, in quanto era ancora un mezzo molto rudimentale e lento e non aveva un memoria tale da permettere la realizzazione di lavori complessi, quel computer segnò un punto di svolta: fu il primo passo verso il totale cambiamento che avvenne, poi, negli anni successivi. I racconti di Claudio Clementoni, Michele Ferri, Clizia Pavani, Leonardo Sonnoli.

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CLAUDIO CLEMENTONI Diplomato con una tesi sull’illustrazione di una collana editoriale su architetti e designer dal nome “deSign”.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Da bambino ho sempre avuto predisposizione per il disegno e la creatività in generale, dopo aver frequentato per un anno Ragioneria!!!! hai letto bene!!!!!! ho cambiato scuola ed iniziato a frequentare il liceo artistico a Pesaro. In seguito mi sono iscritto ad architettura a Firenze e dopo un anno e 3 esami ho tentato l’esame d’ammissione all’Isia, con successo fortunatamente!! 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Si, finito l’Isia ho fatto il servizio militare, nella mia città, ed ho subito gettato le basi per aprire uno studio di comunicazione con un socio... era il settembre del 1993 e lo studio esiste ancora. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? All’epoca il rapporto fra studenti e docenti era di interscambio continuo, c’era ammirazione e rispetto per la maggior parte di essi. Ognuno di noi aveva voglia di apprendere e malgrado fossimo un’annata di pazzerelli, direi che i risultati ci sono stati. 4. All’interno ed all’esterno dell’Istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? Il continuo scambio di idee diverse, di background culturali molto eterogenei. Fondamentale sempre la voglia di imparare e sperimentare tutto cio che ci sembrava interessante.

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5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Credo che l’Isia ad Urbino abbia un suo perché, in ogni caso un corso di 25 persone è un po’ un circolo chiuso anche se fosse in una grande città! Al contrario in un piccolo centro aiutava la frequentazione reciproca e lo scambio di idee continuo. 6. Si è molto discusso sulla questione dei laboratori, per diversi anni i laboratori di serigrafia e tipografia sono stati chiusi. Ad oggi qualcosa si sta muovendo, forse ci si sta rendendo conto che la chiusura di questi sia stata un errore. Per lei che si è formata in quei laboratori, tra i diversi macchinari, gli inchiostri, le matrici... cosa ha significato quell’esperienza? Ritiene che sia stato un errore chiuderli o viceversa ritiene che quelle tecniche di stampa fossero ormai obsolete e dovessero lasciare il posto alle nuove tecnologie? Anni dopo aver finito l’Isia sono tornato in visita ed ho notato come si era passati direttamente a sperimentare cose tecnologicamente avanzate senza che nessuno conoscesse le basi della stampa. Ritengo fondamentale conoscere i rudimenti basilari di tipografia, serigrafia magari con seminari. 7. Anno importante per l’Isia, momento di svolta, è stato quello in cui sono stati comprati i primi computer. Lei ha vissuto questo cambiamento? E se si può dirmi cosa ha significato per la sua formazione? Il corso da me frequentato è stato fra i primi ad avere la possibilità di accedere all’era del Mac. C’erano due soli computer in dotazione. Io e altri due o tre studenti del mio corso avevamo il nostro Mac plus personale (lo possiedo ancora, funzionante). Il Mac ha praticamente segnato l’inizio di una nuova era della comunicazione!

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Foto 30 Foto di classe avanti al presepe. Foto di: Anna Bomba.

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MICHELE FERRI Artista poliedrico, collabora con case editrici italiane e francesi. Per un breve periodo è stato docente di ilustrazione ed iconografia all’Isia.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? La mia scelta non è stata casuale. Conoscevo l’Isia e la sua fama come scuola di alta formazione. La grafica era inoltre un’attività che avrebbe potuto unire l’aspetto più creativo e di ricerca sull’immagine che mi interessava particolarmente all’aspetto più progettuale di un’arte applicata. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Solo per il breve periodo della borsa di studio di sei mesi che ho fatto come grafico a Parigi. In seguito mi sono dedicato all’illustrazione e alle arti visive in generale. Il mondo dell’immagine è sempre stato quello che mi ha attratto e che mi dà più stimoli. A Parigi ho scoperto le enormi potenzialità del libro illustrato, che non avevo visto in Italia, e un utilizzo più aperto delle arti visive nella comunicazione. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? Dipendeva molto dall’insegnante, come spesso accade. Per quanto riguarda la struttura amministrava all’epoca era poco più che funzionale. Ricordo di non aver vissuto un particolare rapporto di scambio con i miei insegnanti ma questo aspetto dipende molto dal carattere di ognuno. La mia crescita creativa è avvenuta soprattutto nel dovermi confrontare con i progetti più stimolanti e interessanti che venivano proposti.

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4. All’interno ed all’esterno dell’Istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? Penso il “clima” e l’entusiasmo che si provava a frequentare l’Isia. All’esterno invece una piccola cittadina ricca soprattutto di silenzi, da riempire con i propri pensieri e idee. 5. Si è molto discusso sulla questione dei laboratori, per diversi anni i laboratori di serigrafia e tipografia sono stati chiusi. Ad oggi qualcosa si sta muovendo, forse ci si sta rendendo conto che la chiusura di questi sia stata un errore. Per lei che si è formata in quei laboratori, tra i diversi macchinari, gli inchiostri, le matrici... cosa ha significato quell’esperienza? Ritiene che sia stato un errore chiuderli o viceversa ritiene che quelle tecniche di stampa fossero ormai obsolete e dovessero lasciare il posto alle nuove tecnologie? In fondo è sempre il solito problema; più che i mezzi in se stessi è fondamentale l’uso che ne viene fatto. Ma questo è difficile da far comprendere sia agli insegnanti che agli studenti. La serigrafia può essere attualissima così come la tipografia, anzi, oggi più che allora. Le nuove tecnologie sono solo appunto “tecnologie”, più se ne conoscono e meglio è per che deve lavorare nella creatività. 6. Anno importante per l’Isia, momento di svolta, è stato quello in cui sono stati comprati i primi computer. Lei ha vissuto questo cambiamento? E se si può dirmi cosa ha significato per la sua formazione? Per ciò che riguarda la mia formazione i computer sono stati sicuramente un mezzo che mi ha aperto a nuove possibilità espressive e ha facilitato il lavoro di grafico su differenti aspetti progettuali e pratici, nulla più.

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Foto 31 - 34 1991/1992 Rappresentazione del concetto di “esattezza� tratto da Lezioni Americane, di Italo Calvino. Foto di: Sabine Larcher.

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CLIZIA PAVANI Diplomata nel 1994, relatore Antonio Battistini Titolo tesi: Incipit e fiaba: scrittura, immagine, didattica.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Mi sono diplomata in terza media con il massimo dei voti. Per me i professori vedevano aperte le porte del liceo scientifico o di Ragioneria. Ho visitato tutte le scuole superiori consigliate ma non quelle di indirizzo artistico e fatto le pre-iscrizioni alla Ragioneria. Una mattina mi sono svegliata con una sensazione di oppressione… Avevo fatto un sogno: mi ero vista dietro ad una scrivania a calcolare cifre astronomiche… Da quel giorno ho intrapreso la strada dell’arte. Ho visitato l’Istituto d’Arte con mio padre e mi sono trovata in quell’ambiente carico di libertà creativa. Alla fine delle superiori mi sono iscritta all’Accademia delle Belle Arti ma una mia amica mi disse di provare, insieme a lei, ad entrare all’Isia. Agli esami di ammissione sono andata con spensieratezza e gioia. Non li ho visti come un ostacolo ma, anzi, come una nuova opportunità per sondare questo vasto mondo che è la comunicazione. Siamo entrambe entrate all’Isia e abbiamo frequentato la scuola per quattro anni.

14. I corsi FSE sono corsi

2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Diplomata all’Isia nel novembre del 1994, a gennaio del 1995 ho trovato lavoro come impaginatore editoriale presso una casa editrice di Ancona che editava una rivista economica. Ho preso il secondo diploma d’Arte in specializzazione grafica e fotografia perché mi piaceva insegnare grafica nelle scuole superiori. Ho poi desistito ma sono riuscita a insegnare ugualmente nei corsi FSE14 organizzati dalla casa editrice per la quale ho lavorato.

organizzati dal Fondo Sociale Europeo, volti a prevenire e a combattere la disoccupazione ed a favorire l’integrazione nel mondo del lavoro.

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3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti


abbia favorito la sua crescita creativa? Auguro a tutti gli studenti universitari di vivere le stesse emozioni e sensazioni che ho vissuto io a Urbino, presso l’Isia. Grande scuola di pensiero e di comportamento comunicativo con “docenti/parenti” che hanno saputo divulgare e far fruire le loro idee con una facilità e spontaneità innata come la mamma insegna al suo bambino. Insomma, la comunicativa ce l’abbiamo nel sangue, scorre dentro di noi e sta alla capacità di chi ci circonda farla uscire nel modo più spontaneo possibile. 4. All’interno ed all’esterno dell’Istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? Urbino. Penso che se la scuola fosse stata in un altro luogo, probabilmente i docenti avrebbero faticato di più a insegnare grafica e comunicazione. Il paesaggio predispone all’apertura mentale, all’infinito comunicativo. Un po’ come il Tibet è l’ideale per meditare, Urbino è la chiave di lettura giusta per imparare a comunicare… 5. Si è molto discusso sulla questione dei laboratori, per diversi anni i laboratori di serigrafia e tipografia sono stati chiusi. Ad oggi qualcosa si sta muovendo, forse ci si sta rendendo conto che la chiusura di questi sia stata un errore. Per lei che si è formata in quei laboratori, tra i diversi macchinari, gli inchiostri, le matrici... cosa ha significato quell’esperienza? Ritiene che sia stato un errore chiuderli o viceversa ritiene che quelle tecniche di stampa fossero ormai obsolete e dovessero lasciare il posto alle nuove tecnologie? Niente è mai obsoleto nella comunicazione. Il torchio tipografico, i caratteri mobili, l’odore dell’inchiostro, lo sporco delle mani quando si stampa in serigrafia, i colori, le carte… Si avverte l’esplosione dei sensi: tattile, olfattivo, visivo, uditivo e il gusto di stare in questi ambienti dove si assapora la “materialità” del comunicare.

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LEONARDO SONNOLI Grafico di fama internazionale. Nel 2002 fonda, con altri soci, lo studio CODEsign a Trieste. Nel 2011 riceve il compasso d’oro per il design della comunicazione.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Il mio curriculum scolastico era lontano dagli studi di grafica però per motivi familiari ad un certo punto ho deciso che volevo studiare qualcosa che fosse connesso alle arti visive o all’architettura. Non avevo idea di cosa. Mi sono iscritto a lettere per studiare storia dell’arte però contemporaneamente ho fatto l’esame d’ammissione all’Isia perché avevo letto un articolo su un giornale femminile di mia madre che parlava della scuola, mi hanno preso e così ho cominciato a studiare qui. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Ho cominciato a lavorare. Ho cominciato a lavorare anche prima di finire. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? C’erano pochi insegnanti, veramente rari, che mi hanno insegnato qualcosa. Col senno di poi posso capirlo, io venivo da un’altro tipo di formazione non avevo nessuna esperienza quindi è stato comunque formativo. I quattro anni passati qui non li rinnego, sono stati utili, forse un paio di cose sono state un po’ inutili. Con i docenti, a parte uno o due, non si aveva molto scambio, invece, con la parte amministrativa il dialogo era completamente inesistente, anzi, c’era uno scontro, era molto difficile avere comprensione e discussione. 4. All’interno ed all’esterno dell’istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa?

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Io ricordo con piacere due insegnanti che mi sono stati abbastanza utili, uno è stato Alfred Honegger e l’altro è stato Michele Provinciali, sopratutto il prima anno con la parte più sperimentale. Queste sono le cose che all’interno della scuola mi sono servite di più, anche tutti i laboratori, quello di serigrafia, di tipografia, di fotografia, quando appunto si facevano le cose, anche perchè i computer non esistevano. Fuori dalla scuola, ad Urbino, ovviamente molto poco a parte sesso, droga e rock’n roll. 5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Io penso che studiare ad Urbino abbia un lato positivo ed uno negativo. Sappiamo che è un posto isolatissimo ancora adesso, da quando io ho fatto l’Isia ad oggi ci sono gli stessi problemi, poi io venivo da Trieste perciò per tornare a casa in treno ci mettevo dodici ore. Credo che la parte negativa sia proprio questa, il suo isolamento, cioè il fatto che sia lontana dal mondo: per andare a vedere una mostra e capire che costa sta succedendo bisogna fare un viaggio da pionieri, è lontana da tutti i posti dove succedono le cose. Per contro, la parte positiva è proprio questa, il fatto che sia isolata. L’Isia è una scuola a numero chiuso, con poca gente, con l’obbligo di frequenza e perciò stando tutto il giorno con le stesse persone qui dentro ma anche fuori si stava, all’epoca per quattro anni, a pensare esclusivamente a quello: a progettare, a discutere, era un’immersione totale nella progettazione e nello studio. C’erano meno distrazioni e meno dispersione rispetto ad una grande città, era una specie di college e questo secondo me è molto molto positivo. 6. La collocazione geografica di Urbino - non servita da un’adeguata rete ferroviaria - crede possa penalizzare l’Isia sia da parte degli studenti che dei docenti, o ritiene che l’alto livello

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professionale e didattico della scuola siano tali da far superare anche questa barriera? Che abbia penalizzato gli studenti non credo, perché se uno è veramente motivato viene ad Urbino. Perciò qui vengono solamente quelli che vogliono realmente studiare grafica, è una selezione naturale. Sul fatto, invece, di trovare un corpo insegnanti e sopratutto organizzare il piano di studi e gli orari in modo consono con dei docenti di alto livello sicuramente l’ha penalizzata. Questo è stato un problema sin dall’inizio, dal ‘62, quando Steiner ha cominciato a mettere su questa scuola perché anche lui aveva ovviamente delle difficoltà a venire da Milano. Dalla fondazione ad oggi è un problema non avere un aeroporto vicinissimo. Devo dire che negli ultimi anni io ho assistito ad un miracolo, abbiamo un corpo docente che poche scuole possono vantare e non so come ci siamo riusciti. Merito di Pieracini. 7. Si è molto discusso sulla questione dei laboratori, per diversi anni i laboratori di serigrafia e tipografia sono stati chiusi. Ad oggi qualcosa si sta muovendo, forse ci si sta rendendo conto che la chiusura di questi sia stata un errore. Per lei che si è formata in quei laboratori, tra i diversi macchinari, gli inchiostri, le matrici... cosa ha significato quell’esperienza? Ritiene che sia stato un errore chiuderli o viceversa ritiene che quelle tecniche di stampa fossero ormai obsolete e dovessero lasciare il posto alle nuove tecnologie? Le nuove tecnologie sono come le lavatrici, ne abbiamo bisogno non si può pensare di fare senza. Imparare a stampare con caratteri mobili e serigrafie è solamente un arricchimento, non tanto per la tecnica che magari non si userà, ma per capire molto di più cosa può essere un carattere. Avere libertà e conoscenza tecnica, dà libertà e conoscenza nella progettazione.

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Foto 35 - 36 Lettering a tempera. Foto di: Giorgio Fuga. Foto 37 Laboratorio di tipografia. Foto di: Giorgio Fuga.

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8. Anno importante per l’Isia, momento di svolta, è stato quello in cui sono stati comprati i primi computer. Lei ha vissuto questo cambiamento? E se si può dirmi cosa ha significato per la sua formazione? Non è stato uno stravolgimento anche perchè i primi Mac che si usavano, robe archeologiche, permettevano di fare poche cose quindi bisognava continuare a fare gabbie con il tiralinee o a disegnare con la tempera. Anche perchè fuori di qui non tutti avevano il computer. La prima volta che ho usato un computer è stato in un corso a Venezia: facevano dei workshop con dei designer califoniani, in occasione di una mostra che si chiamava Pacific Wayve, che presentava per la prima volta questa nuove ondata di grafica californiana ed era prima che arrivassero all’Isia. Non me lo ricordo come uno stravolgimento, me lo ricordo come delle gran file ad aspettare che il computer si liberasse. 9. Infine, cosa pensa della nuova struttura di cui sono stati dotati tutti i corsi di laurea del tre più due? E in particolare ritiene che questa nuova impostazione abbia veramente arricchito la didattica e quindi l’offerta formativa della nostra scuola? Credo di no. Per diversi anni all’inizio l’ha danneggiata la scuole, perchè per come era stato concepito il piano di studi, dal precedente comitato scientifico e dal precedente direttore, ha solamente danneggiato gli studenti, in quanto, dava per scontato che i due anni successivi fossero la continuazione dei tre anni precedenti senza capire che sono due corsi di laurea completamente separati. Di fatto lo sono, sono due scuole diverse. Questo da una parte può essere un vantaggio perchè si posso avere studenti provenienti da diverse esperienze che posso arricchire gli altri, invece che avere un approccio unico e monotematico proveniente dal triennio Isia, dall’altra, non avendo continuità e avendo gente che viene da diversi corsi, ha abbassato il livello di preparazione specifica. Perciò da un lato si è abbassato il livello, dall’altro però la presenza di nuovi studenti ha arricchito gli studenti stessi. Tuttavia, se io dovessi decide, tornerei ad avere quattro anni e magari poi dei master o dottorati. 80


1994/1995

In un decennio i cambiamenti furono radicali. Dagli inizia degli anni ‘90, quando ancora non si sapeva cosa effettivamente avrebbe significato l’avvento del computer, agli inizi del 2000 tutto cambiò. Tra il 1997 ed il 1998, dopo un serie di dibattiti con parecchi docenti favorevoli al cambiamento ed altri contrari, i laboratori di serigrafia e tipografia furono chiusi e sostituiti da quello di informatica. A testimonianza di questo periodo di racconti di: Gelisiana Meloni e Daniele Pampanelli.

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GELISIANA MELONI Diplomata all’Isia con una tesi sull’immagine coordinata dell’Ospedale San Salvatore di Pesaro, relatore Massimo Dolcini.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? La mia è stata una scelta fortemente voluta, lo dimostra il fatto che per ben due anni provai a sostenere l’esame di ammissione, la seconda volta andò bene! Mi ha spinto la forte curiosità verso questa professione che allora vedeva poche persone coinvolte, la figura del grafico era ancora poco inflazionata! 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Certamente, la grafica ti rimane dentro, come l’Isia, ti plagia e ti forma a sua immagine, non potrai più stare senza. Almeno così è stato per me. Diventa parte di te, ogni considerazione, ogni scelta, ogni motivazione parte da li. L’Isia è stata la mia genesi, direi che tutto ciò che professionalmente sono oggi parte da li. Uscita dall’Isia ho fatto esperienza in alcuni studi grafici per poi aprire una mia attività con tutto l’entusiasmo di cui ero capace. Poi il concorso: oggi (inaspettatamente) sono docente di ruolo e lo stesso entusiasmo che ho provato io per lo studio, la ricerca e la sperimentazione cerco di trasmetterlo ai miei ragazzi. Per questo dico che l’Isia ti rimane dentro, non penso di aver cambiato lavoro, considero quello che faccio come un naturale proseguimento di ciò che mi è stato dato. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti

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abbia favorito la sua crescita creativa? Beh quando la frequenti l’Isia la odi. È faticosissima, almeno quando la frequentai io: otto ore di lezione al giorno e lavorare per produrre gli elaborati la notte! Se ci ripenso! Nottate a Guaranà e caffè, quando ancora il computer non c’era e gli originali erano prodotti a mano! Sembra passato un secolo, eppure tutto quello che feci fu veramente necessario nemmeno un’ora è passata inutilmente, oggi riguardando indietro non posso che ringraziare per quello che Bernini, Dolcini, Fenocchio, Battistini, Pino e Gino, Camillini, Marrè, Tosi, Mariani, Lucio, e tanti altri mi hanno trasmesso. I rapporti con i docenti erano ottimi, si aveva la percezione di essere in una grande famiglia. Sicuramente il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti ha favorito la mia crescita creativa. 4. All’interno ed all’esterno dell’istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? Tutti e tutto, non posso dire che sia esistita una sola persona che mi ha influenzato, l’esperienza all’Isia non si riduce al rapporto con una singola persona o solo con qualche docente, è molto complessa, tutti i docenti concorrono a formare la personalità dell’allievo e dal contatto con persone provenienti da ogni parte d’Italia da ogni estrazione o regione non si può che avere un arricchimento. Certo fondamentali per me furono gli insegnamenti di Dolcini, Battistini, ma anche se vogliamo la bibliotecaria e la segretaria... addirittura le bidelle (che erano sempre pronte ad offrirci un caffettino o ad ascoltare le nostre vicissitudini!) Tutti concorsero a formare la persona (e quindi anche la parte creativa) che oggi sono.

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5. Si è molto discusso sulla questione dei laboratori, per diversi anni i laboratori di serigrafia e tipografia sono stati chiusi. Ad oggi qualcosa si sta muovendo, forse ci si sta rendendo conto che la chiusura di questi sia stata un errore. Per lei che si è formata in quei laboratori, tra i diversi macchinari, gli inchiostri, le matrici... cosa ha significato quell’esperienza? Ritiene che sia stato un errore chiuderli o viceversa ritiene che quelle tecniche di stampa fossero ormai obsolete e dovessero lasciare il posto alle nuove tecnologie? Mi domando come si possa fare l’Isia senza laboratori: MA SCHERZIAMO??? La manualità è fondamentale, l’esperienza laboratoriale arricchisce anche l’intelletto! Anche da una macchina obsoleta si possono capire i passaggi fondamentali e che cosa succede in fase di stampa, e poi è una questione di cultura della grafica, di radici. Ben vengano le nuove tecnlogie (io stesso oggi lavoro solo a computer) ma non dobbiamo dimenticare quali sono state le nostre origini.

Foto 38 1990 Last bus to Isia, laboratorio di serigrafia. Foto di: Andrea Zaccone.

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6. Anno importante per l’Isia, momento di svolta, è stato quello in cui sono stati comprati i primi computer. Lei ha vissuto questo cambiamento? E se si può dirmi cosa ha significato per la sua formazione? Si ne sono ben consapevole dovetti lavorare come barista un’estate intera per potermi acquistare il primo computer MAC LC 476, e contro il parere dei miei genitori che consideravano quei soldi “buttati” (considerato quanto costasse mantenermi gli studi


ad Urbino). Avere il primo MAC fu per me una vera conquista! Tutto diventava più rapido, più veloce soprattutto calcolare lo sviluppo del testo su più pagine, addio al tipometro e poi le font! Addio letraset! C’era da perdersi, si apriva un mondo MERAVIGLIOSO... 7. Cosa pensa della nuova struttura di cui sono stati dotati tutti i corsi di laurea del tre più due? E in particolare ritiene che questa nuova impostazione abbia veramente arricchito la didattica e quindi l’offerta formativa della nostra scuola? Che dire, non saprei. Mi dispiace solo che non ci sia modo ad Urbino di conseguire il quinto anno per coloro che sono usciti con il vecchio ordinamento che prevedeva quattro anni. Il Ministero ce ne convalida solo tre, come se avessimo frequentato solo per tre anni e lo trovo ingiusto: visto che allora il corso era di quattro anni avrebbero dovuto equiparalo a cinque anni, ma poco importa ormai. Mi piacerebbe invece che l’Isia diventasse un polo di aggiornamento anche per coloro che sono usciti diversi anni fa, dove si proponessero seminari di aggiornamento in merito alle nuove tecnologie ai nuovi programmi, perché io mi sento ancora parte di quella famiglia ed il fatto che sto qui a parlare con una che neanche conosco dimostra che in fondo un filo ci lega, sarebbe bello continuare a coltivare la nostra sete di sapere, di confronto, di conoscenza e non spezzare quel filo che ci ha uniti. Chissà, potrebbe essere un’idea....

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DAVIDE BUTTURIN L’esame post festa. Racconto preso da Layer Isia.

“Le feste Isia… restano e resteranno per sempre alla storia! La loro stagione ideale è stata sempre quella d’inizio e di fine anno. Infatti era all’inizio dell’anno scolastico, in pieni esami, quando fummo informati di una tal festa nella tal casa di un tal gruppo di isioti (sono passati troppi anni e non ricordo più esattamente chi, come, cosa, dove e quando). Il problema era che il giorno dopo avevamo un esame! “Fa niente, tanto è un esame pratico, quello di Cangiotti e quindi anche se arriviamo cotti è lo stesso!” Che Siro non ce ne voglia ma il ragionamento filava! E noi, del nostro piccolo gruppo di studio, fummo subito proiettati nell’ottica del festeggiamento. L’esame in questione verteva sulla progettazione cartotecnica/grafica di un calendario, da realizzare comodamente durante la pausa estiva, quindi era fatta! Il calendario lo avevo realizzato in tutta tranquillità nei mesi precedenti. Prendemmo la macchina, quella di Elisa, per portare i nostri due calendari giù al Santa Chiara, non prima di aver richiesto il permesso di transito con veicolo ai vigili del comune di Urbino. Già, perché il mio lavoro, in particolare, pesava un bel po’ essendo perlopiù composto da lastroni di ferro! La sera fu un delirio di musica, entusiastici incontri post-estivi, e soprattutto di alcool, non dico a fiumi ma a torrenti sì… Superammo abbondantemente le due di mattina. Riaccompagnato a casa, salii barcollando al quarto piano, e abbozzai in modo (penso) automatico le abluzioni prima di coricarmi. Va detto che allora avevo la rara fortuna di abitare in un monolocale da solo, quindi niente intralci e niente spiegazioni a nessuno, e soprattutto niente perdite di tempo: in 5 minuti ero sotto le coperte a covare il mio mal di testa. Nel mio stato confusionale mi ero persino ricordato dell’esame che si sarebbe tenuto tra non più di 5 ore e regolai la sveglia. “thump-thump!!!” “driiiiiin-driiiiiiiin” “thump-thump-thump” Questo sentii in sottofondo, lontano lontano… lottai con le mie palpebre ed emersi dalla bauscina del mio cuscino, cercando di capire chi, dove, e quando fossi. Stavano bussando disperatamente

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alla porta, io ero caduto in catalessi, e soprattutto, osservando la sveglia: era quasi mezzogiorno!!! Non avevo puntato la suoneria!!! Da lì in poi ho ricordi confusi delle mie gesta. Aprii la porta a Elisa che era tipo un ora e più che cercava di raggiungermi via telefono cellulare (spento) e poi bussandomi alla porta come una disperata (lo ammetto, sono un po’ sordo oltre che allora molto in hang-over). “Non c’è tempo per colazione o quant’altro mettiti i vestiti di corsa che Cangiotti è incavolato, aspetta solo noi, ha detto che a mezzogiorno chiude e se non ti presenti non passi l’esame!” Corsa in auto per i vicoli del centro, senza permesso e senza speranza. “Tu scendi che intanto io parcheggio” disse Elisa frenando sul ghiaino del convento. Una corsa verso l’aula di Battistini, facendo crono slalom tra i compagni e i tecnigrafi. Aula dove si teneva il suddetto esame, che ovviamente come da copione era diametralmente opposta all’entrata! Entrai sudato e col fiatone, aspettandomi un Cangiotti adirato e ostico nei miei confronti, invece lo trovai soddisfatto e sinceramente ammirato. Cercai di scusarmi, ma mi chiese subito il libretto, e senza che riuscissi a dire una parola mi disse: “30 e lode va bene?” Ero un po’ confuso ma di fronte a questa offerta non potevo rifiutare. “Sì, grazie” Risposi. Praticamente, nell’attesa, tutti gli altri compagni avevano tenuto l’esame dato che erano lì dalle 8.30, Elisa diede per prima il suo e poi si accordò che sarebbe venuta recuperarmi ovunque io fossi. Nel mentre qualcuno aveva pure spiegato al professore il funzionamento del mio calendario (abbastanza complesso e criptico). Insomma: arrivai all’esame in ritardo mostruoso, a 5 minuti dal termine massimo, ancora visibilmente ubriaco, senza aver detto una parola, e mi ritrovai con un 30 e lode sul rosso libretto e ricevetti pure un piccolo applauso, per tutto questo, dal capannello di compagni (e non) che stavano seguendo curiosi la mia vicenda da primo mattino. Non so perché ma per un breve istante, in quel caldo giorno di ottobre 1998, mi sentii fortunato & anche un po’ figo.”

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Foto 39 - 41 1999 Ca’ Patanazzo party. Foto di: Giuliano Koren. Foto 42 1999 Ca’ Patanazzo after party. Foto di Giuliano Koren.

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DANIELE PAMPANELLI Lavora come art director ma anche come freelance. Ha fatto diverse mostre di disegni, grafica e fotografia in tutta Italia.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Casuale, fortuita e fortunata. La scoperta dell’Isia la devo a una signora che sul treno da Roma, parlando dei figli maturandi e dei rispettivi interessi, per prima pronunciò questo nome a mio padre “Se gli piace disegnare, lo faccia provare all’Isia”. Diciamo poi che, scontato un gap iniziale forte (venivo dal Classico e non avevo nozioni artistiche e tecniche), mi sono accorto che tutta la vita non avevo fatto altro che divertirmi, disegnando, graficizzando, inventando slogan e testi, come quando dipingevo i playmobil e progettavo marchi di squadre immaginarie in cui dividerli per fargli fare immaginifici tornei sul tavolo da subbuteo! 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Ho sempre e solo fatto questo, tutti i giorni tutto il giorno. proseguimento di ciò che mi è stato dato. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? Sicuramente l’ha favorita. Penso che senza questo contatto strettissimo non sarei riuscito a capire e soprattutto ad amare il mio lavoro. Questo essere una specie di “club esclusivo” aveva i suoi lati positivi e quelli negativi: di positivo c’era che tutto ruotava (discorsi, orizzonti, ambizioni) intorno agli stessi argomenti oggetto di studio, con un arricchimento continuo rubando letteralmente dagli altri. La vicinanza coi professori rendeva tutto molto poco formale, e tutto molto “pane al pane”. Ricordo scazzi furibondi e frasi sferzanti, ma anche complicità e condivisione fuori dall’orario

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accademico.La competizione è sempre stata altissima, e dipendeva dal carattere personale ricavare il meglio da questa: uno sprone per migliorare e migliorarsi, essere migliori quando non “i migliori”. Ma era anche stressante e pesante in certi frangenti, soprattutto a livello umano. Il rischio era sempre quello di chiudersi e vergognarsi a presentare delle cose che non fossero “all’altezza”. A livello amministrativo il rapporto era ottimo: dal rigore della sig.ra Bernini (vero e proprio Babau allora ma col senno del poi autentica roccia su cui fondava gran parte della nostra serenità su tutto quanto ci fosse di extra-didattico) alla gentilezza e “maternità” del personale di servizio. 4. All’interno ed all’esterno dell’istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? Massimo Dolcini, senza dubbio. Personalità forte e affascinante, ma anche ruvida e egocentrica. Mente aperta chiusa solo all’ottusità. Il suo magnetismo spesso era eccessivamente condizionante nelle scelte ma certo la base filosofica del lavoro era sempre una misura forte che ti trasmetteva. I miei compagni, il gruppo di GraNfica, e fuori dall’Isia (anche se ex studente lui stesso) il mio primo AD Marco Tortoioli Ricci: rigoroso, motivato e in grado di farmi amare il bozzetto a mano prima del progetto. 5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? No tutt’altro. Io vengo da Perugia, che neanche lei è una metropoli, ma per certi versi è più dispersiva coi propri studenti. Ai tempi che frequentavo l’Isia a Urbino c’erano 5000 abitanti e 18000 studenti. Ho conosciuto gente da tutta Italia, da tutto il mondo… come potevo sentirmi chiuso?

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Foto 43 1989 NOCIVI, manifesto serigrafia 2 colori, stampato in occasione della protesta degli studenti. Foto di: Andrea Zaccone.

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6. Si è molto discusso sulla questione dei laboratori, per diversi anni i laboratori di serigrafia e tipografia sono stati chiusi. Ad oggi qualcosa si sta muovendo, forse ci si sta rendendo conto che la chiusura di questi sia stata un errore. Per lei che si è formata in quei laboratori, tra i diversi macchinari, gli inchiostri, le matrici... cosa ha significato quell’esperienza? Ritiene che sia stato un errore chiuderli o viceversa ritiene che quelle tecniche di stampa fossero ormai obsolete e dovessero lasciare il posto alle nuove tecnologie? Errore gravissimo! Io adoro la serigrafia anche se son sempre stato un gran pasticcione (per la quantità di colore con la quale riuscivo a sporcarmi e a trasferire sugli altrui vestiti ero soprannominato “l’Untore”!). In generale penso che un rapporto diretto con la stampa, la composizione sia fondamentale per introiettare le nozioni storico teoriche sull’evoluzione delle tecniche di stampa. Ti fanno prendere contatto con problematiche essenziali per una buona progettazione, ti danno anche idee e soluzioni diverse perfino nell’epoca del digitale. Così come penso sia necessario per tutti i nuovi grafici che si affacciano alla professione un’esperienza breve di lavoro in una tipografia, per capire quali sono gli errori più grossi che i grafici fanno e ai quali devono rimediare gli stampatori con spreco di bestemmie, per capire quanto costi stampare una cosa piuttosto che l’altra (cosa utile per non far spendere soldi a cazzo al cliente) e per capire anche quali sono limiti e potenzialità della stampa (non vi fermate mai alla prima affermazione di un tipografo “ma questo non si può fare!” quando gli proponete un tipo di stampa particolare o inusuale).


2000/2001

15 Agnese Tommasetti, racconto

“Arrivo in casa editrice per il mio primo giorno di lavoro. Nella confusione di voci e telefono, sento qualcuno che dice: “carta usomano bianca 80 gr, confezione filo refe”. Immediatamente la mia mente corre là in quelle vecchie stanze di convento, il prof. di economia aziendale sta spiegando cose di cui a malapena capisco il significato: brossura, sedicesimi, filo refe… La creatività che mi preme nelle dita sembra quanto di più distante da quei discorsi tecnici di costi e materiali. Continuo a disegnare con la biro sul quaderno finché non mi arriva un bigliettino. C’è disegnato un coniglio con un fumetto che dice: “Dopo andiamo da Amicucci? Devo comprare i rapidi”. Usciamo che è notte, fuori tira un vento gelido. Una costante dell’Isia è che entri la mattina con il sole e quando esci è sempre buio; in breve si diventa creature a sangue freddo che non necessitano di nessuna luce se non quella dello schermo del Mac. Tornando su da Amicucci ci si ferma ai Tasti neri a comprare un cd che accompagni le serate di lavoro, ché la tv in centro non prende e internet è ancora appannaggio di pochi. Ci si vede per fare Polzonetti e si finisce addormentati col cd che gira in loop. Il giorno dopo la sveglia suona alle otto ed è una corsa per mettere la firma, poi ci si rilassa, le lezioni sono spesso conversazioni astratte in cui si parla di grafica, fotografia, illustrazione senza la pretesa d’insegnarle, ché tanto mica son cose che si possono insegnare, si possono solo fare. Il prof. di progettazione dice che per disegnare un logo ci vogliono mesi ma poi ci chiederanno di farlo in un giorno, che quando c’è una scadenza “si ammazza anche la mamma”. A tipografia ci dicono che fare la “E” maiuscola con l’apostrofo invece che con l’accento è uno dei crimini peggiori contro l’umanità, oltre che contro la grafica. Noi siamo ancora fuori dalle logiche di lavoro e tutto suona distante e paradossale. Sono le classiche cose che chiudi in un cassetto e ti tornano utili 10 anni dopo.”15

preso da Layer Isia.

Testimonianze di Alessio Corradini, Peter Decà, Giuliano Koren, Ilaria Muric.

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ALESSIO CORRADINI Finita l’Isia ha inizato a lavorare presso lo studio Lola, a Roma. Realizza reportage fotografici per riviste di motociclismo.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? In realtà ero più interessato ad architettura e design, cose vere che si toccano, roba utile. Ho sempre pensato che la grafica sia fuffa e aria fritta, perciò feci il test anche all’Isia di Firenze e sarei potuto andare anche lì (al test arrivai 26°, mi avrebbero quasi sicuramente ripescato), ma se la tiravano troppo e visti i lavori medi degli studenti era veramente deprimente. Così fu Urbino, con tutto quel tempo perso sui caratteri, sugli allineamenti, la giustezza. Poi sono maturato e ho capito che non era tempo perso perché mi dava da mangiare, ma pur sempre fuffa rimaneva. Click tolti all’agricoltura. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Uno dei pochi meriti dell’Isia è stato quello di farmi incontrare delle persone meravigliose, tra cui anche il mio attuale datore di lavoro. Ho iniziato a lavorare ben prima di finire la scuola e il giorno dopo l’ultima lezione ero a Roma per lavorare nello studio Lola insieme ad Andrea Steinfl. Sono qui da undici anni e ci sono sempre progetti interessanti, siamo cresciuti qualitativamente e numericamente e ci sono sempre nuove sfide. Inoltre negli ultimi anni ho iniziato a collaborare con riviste di settore nell’ambito motociclistico, scrivendo e pubblicando servizi fotografici per loro. Seppure poco remunerativo è interessante per i viaggi che il lavoro mi permette di affrontare. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia

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favorito la sua crescita creativa? Io non ho avuto rapporti con i docenti, ma se vuole posso chiedere informazioni ad alcune mie compagne di corso, penso che fossero soddisfatte. Sul lato umano invece è stato bellissimo anche per me e il legame che si è creato con alcuni dura ancora al di fuori della scuola. Con l’amministrazione ho sempre avuto problemi, tutto quello che ha a che fare con le regole me ne crea. Rita mi manca molto, però. 4. All’interno ed all’esterno dell’istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? La vita universitaria ad Urbino è speciale, non solo all’Isia. C’è intimità, il paese è piccolo e ci sono tantissimi studenti. È stato un periodo molto importante per la mia formazione umana, mentre lo è stato relativamente per quella professionale. All’interno della scuola ho apprezzato alcuni insegnanti in grado di guardare “oltre” che mi hanno lasciato libero di seguire i miei interessi. Barbieri, Toni, Ramberti, Marrè, per citarne alcuni. Polzonetti no, quel vecchio ba****do.

16 Struttura universitaria adibita a collegio, situata tra le colline a 10 Km circa dal centro di Urbino.

5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Dipende, io sicuramente ho apprezzato la calma, la natura e gli spazi che Urbino offre. Non ho mai patito l’isolamento che lamentavano alcuni. Ho avuto la fortuna di stare due anni in Sogesta16 e ho un bellissimo ricordo, anche perché sono stato quasi sempre in camera singola. L’unico spazio claustrofobico era la camera oscura, ma io non ci ho mai messo piede in quattro anni.

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Foto 44 Il salone trasformato in acquario. Foto di: Silvia Pignat.

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6. Anno importante per l’Isia, momento di svolta, è stato quello in cui sono stati comprati i primi computer. Lei ha vissuto questo cambiamento? E se si può dirmi cosa ha significato per la sua formazione? Io ho vissuto un altro tipo di cambiamento. Sono stato il primo studente ad avere un computer portatile. Ho sempre lavorato sul mio laptop e l’aula poteva anche non esserci. Poteva servire per internet, ma era abbastanza inutile con un modem a 33600bps per tutti. Quando sono entrato all’Isia tutti usavano già i computer per realizzare i progetti, mentre dalla mia generazione in avanti si è iniziato ad usarli anche per la progettazione in se. Non essendo la scuola preparata a questo cambiamento c’è stato un periodo di decadenza creativa (non so se si è arrestato). I professori di informatica comunicavano poco con quelli di progettazione e viceversa, pur essendo tutti molto bravi. “Il media è il messaggio” teorizzava McLuhan, così con dei computer di stupidi si è iniziato a fare grafica stupida.

Foto 45 - 46 Laboratorio di informatica. Foto di: Valter Toni.

7. Cosa pensa della nuova struttura di cui sono stati dotati tutti i corsi di laurea del tre più due? E in particolare ritiene che questa nuova impostazione abbia veramente arricchito la didattica e quindi l’offerta formativa della nostra scuola? No, non credo che la scuola sia stata arricchita da questa nuova modalità. Quello che si faceva in quattro anni è stato diluito in cinque, con la differenza che ora per via della specializzazione si perde in cultura generale. Per specializzarsi c’è la pratica della professione. Due mesi in un buono studio valgono due anni di Isia. Ad ogni modo questa mia critica è relativa, basta avere la fortuna di incontrare un solo insegnante di spessore e quello che ho detto viene invalidato. Io ho avuto la fortuna di incontrare molti insegnanti speciali.

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GIULIANO KOREN Freelance. Fotografo. I suoi reportage sono stati pubblicati su diverse riviste italiane e straniere.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? No, la scelta non è stata casuale, dopo un periodo scolastico variegato (ho studiato tutt’altro, perito in telecomunicazioni e sei mesi di studi alla facoltà di biologia) ho capito cos’avrei voluto fare da grande. Grazie a un amico ho scoperto dell’esistenza dell’Isia e fortunatamente alla fine sono riuscito a farne parte. Da un po’ di anni mi ero avvicinato alla “creatività” come forma di espressione e di libero pensiero, mi faceva stare bene. Ho scelto di approfondire l’argomento, e la scuola era un’ottima opportunità per farlo. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Dopo l’Isia ho mantenuto la rotta ben salda. Ho sempre alternato la grafica alla fotografia, poi ho deciso di chiudere definitivamente con la grafica e dedicarmi esclusivamente alla fotografia, dal 2008 sono un fotografo freelance. Per anni ho lavorato anche in studi di comunicazione e la realtà era completamente diversa da come me la sarei mai immaginata da studente. Mi sentivo spesso all’interno di una batteria di grafici che devono solo produrre nel minor tempo e accontentare sempre il cliente per motivi commerciali. Avevo perso la passione e gli stimoli. La metodica, lo studio e la ricerca a cui ero abituato nel periodo degli studi erano svaniti e quindi perché continuare a dare testate a un muro di cemento? Ho deciso di seguire la mia vera e primaria passione ed eccomi qua... 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti

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Foto 47 Con gli erasmus.

abbia favorito la sua crescita creativa? Il periodo passato all’Isia è stato uno dei più belli della mia vita! Incredibilmente stimolante dal punto di vista artistico. Il rapporto con i docenti era quasi sempre ottimo (ovvio che ci siano anche delle eccezioni) e le classi con poche persone permettevano ai docenti di seguire più approfonditamente e più da vicino il lavoro degli studenti.

Foto di: Giuliano Koren. Foto 48 Pausa pranzo. Foto di: Giuliano Koren. Foto 49 Ristrutturazione sidecar per esame di allestimenti. Foto di: Giuliano Koren.

4. All’interno ed all’esterno dell’istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? Il respirare comunque e sempre un’aria densa di idee e cultura, unita al gioco continuo dell’essere studente giovane che sperimenta la prima vera indipendenza, almeno per me è stato così, una sorta di libera libertà.

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Foto 50 Somewhere over the rainbow. Foto di: Giuliano Koren.

5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Beh, visti i continui impegni nei focosi periodi d’esame era quasi d’obbligo rinchiudersi in uno stato di concentrazione maxima per riuscire ad affrontare nel miglior modo possibile le intense prove universitarie. Ma non mi sono mai sentito claustrofobico o limitato dalla cittadina, erano un “contorno” ideale. 6. Anno importante per l’Isia, momento di svolta, è stato quello in cui sono stati comprati i primi computer. Lei ha vissuto questo cambiamento? E se si può dirmi cosa ha significato per la sua formazione? Ai miei tempi si cominciava a entrare nella sala informatica solo dal secondo anno e i grandi ci guardavano sempre male. Era come entrare nella sala privata di una setta. Importanti i computer come fondamentali le materie che ti facevano sporcare le mani, come la serigrafia, tipografia, illustrazione. Secondo me questi due tipi di formazione andavano mantenuti nel tempo contemporaneamente, per tenere un piede nel passato e allungarne uno verso il futuro. Mi è giunta voce che tante materie storiche sono sparite, peccato, veramente...

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ILARIA MURIC Dopo il diploma ha lavorato per dieci anni come graphic designer e art director per alcune agenize italiane. Dal 2010 lavora come libera professionista.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Voluta. Non avevo ben chiaro il tipo di lavoro che avrei voluto fare, ma avevo una predisposizione alle attività creative. 2. Dopo l’Isia ha continuato a operare nel mondo della grafica, oppure ha cambiato attività? In tal caso perché? Ai tempi in cui la frequentavo io, offriva i primi corsi di multimedia, ma erano molto acerbi. Quando l’ho finita, ho cercato di avvicinarmi il più possibile al mondo della progettazione su web e ora sto prendendo sempre di più una strada in cui la grafica è solo una parte della mia attività. Spesso ho fatto consulenza per la progettazione di interfacce, lasciando lo studio della parte visual ad altri. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? Ai tempi in cui la frequentavo io, l’Isia stava a mio parere vivendo una fase di trasformazione. Come professori, molte “vecchie glorie” non c’erano più e non c’era molto scambio tra le classi. In alcuni casi lo scambio con i professori c’è stato, in altri è mancato completamente. Penso che il livello di insegamento in generale non fosse molto alto, salvo qualche eccezione. A livello di esperienza generale, incluso il vivere lontano da casa e studiare fuori, lo considero come una delle esperienze fondamentali della mia vita.

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4. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Sicuramente una piccola città limita le distrazioni e favorisce la concentrazione sullo studio. Però, visto il tipo di attività che facciamo, stare in una grande città aiuterebbe molto di più a farsi un’idea di quello che significa la comunicazione applicata. 5. Si è molto discusso sulla questione dei laboratori, per diversi anni i laboratori di serigrafia e tipografia sono stati chiusi. Ad oggi qualcosa si sta muovendo, forse ci si sta rendendo conto che la chiusura di questi sia stata un errore. Ritiene che sia stato un errore chiuderli o viceversa ritiene che quelle tecniche di stampa fossero ormai obsolete e dovessero lasciare il posto alle nuove tecnologie? A mio parere sono obsoleti. Molto meglio sostituirli con laboratori su nuove tecnologie. 6. Anno importante per l’Isia, momento di svolta, è stato quello in cui sono stati comprati i primi computer. Lei ha vissuto questo cambiamento? E se si può dirmi cosa ha significato per la sua formazione? A suo tempo non me ne rendevo conto fino in fondo. Non mi rendevo conto che senza computer non avrei iniziato a studiare le cose su cui oggi sto lavorando. Quindi per me ha significato tutto. Ho scelto l’Erasmus in Irlanda e l’argomento della tesi proprio su questi temi.

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Foto 51 - 58 2003 Backout Circus, workshop. Foto di: Alessio Corradini.

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PETER DECÀ La sorpresa, la paura, le notti insonni. Racconto preso da Layer Isia.

Foto 59 Marinella ed il prof. Dolcini. Foto di: Alessio Corradini.

“Test di ammissione: tanti, troppi... non ce la farò mai a superarli sti test d’ingresso!... Invece no! Entrato! Wow! Dopo la prima settimana di lezioni/presentazioni: ma quante materie ci sò da studiare!? Ma soprattutto ce la farò per l’esame di Polzonetti? Il “cubo” di Cangiotti sì, ma per Polzonetti c’è da sudà... Notte insonni per Polzonetti e Bernini me li son fatti di sicuro! E poi euro su euro spesi da Amicucci per carte, pennini rotring 0.1 e 0.2 e 0.5 e 0.7, i caran d’ache, le carte Ilford e i fogli poliestere!!! L’iBook anche detto “la padella” di color blu e la mia prima macchina digitale da 3.2 megapixel. Ma soprattutto le preziose lezioni di Dolcini, la preziosa biblioteca della Marinella, gli ex-libris di D’Ambrosio, le sigarette di Marrè e le illustrazioni materiche di Battistini. L’Isia nei miei ricordi -positivi e negativi- è fatta di volti, odori e luoghi del convento, una gran palestra del design contemporaneo.”

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2004/2005

In seguito alla legge 508/1999, che prevede la modifica per le Isia d’Italia in modo da rendere la loro didattica analoga a quella delle altre università, dall’anno accademico 2005/2006 i corsi sono stati trasformati da quadriennali a triennali più un biennio di specializzazione. All’Isia di Urbino, così, furono attivati due corsi di laurea: uno di primo livello (di tre anni) in Progettazione Grafica e Comunicazione Visiva ed uno di secondo livello (di due anni) in Comunicazione, design ed editoria. Nel 2007, poi, cominciarono i restauri dell’ex convento Santa Chiara creando grandi problemi al normale svolgimento delle lezioni. A testimonianza di questo disagio, i racconti di: Andrea di Giorno, Andy Massaccesi, Silvia Odorico e Mattia Rosa.

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ANDREA DI GIORNO Tesi intitolata “Extra (MO)dulo”, progettazione di un modulo per la richiesta del permesso di soggiorno. Relatore: Luciano Perondi

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? La strada della grafica, o meglio della comunicazione visiva, è stata dettata puramente da un’esigenza che sentivo di comunicare. Sono nato nel comprensorio di Sassuolo e qui la comunicazione, il marketing e la strategia mi circonda. La grafica si presentava ai miei occhi come un buon compromesso tra mezzo espressivo e strategia per implementare sistemi di comunicazione. 2. Dopo l’Isia ha frequentato altri corsi di grafica, ha cominciato subito a lavorare, oppure ha cambiato attività? Dopo l’isia ho frequentato un corso specialistico all’accademia di belle arti di Bologna in Design Management. 3. Ha frequentato altri corsi di grafica? E se si, quale ritiene funzionasse meglio e perché? Non ho frequentato altri corsi di grafica… Design Management guarda alla cultura del progetto e alla strategia, non a creare artisti del visivo. 4. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? Il periodo all’Isia è stato decisamente unico nel suo genere.

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Oltre ai compagni stupendi che mi hanno accompagnato lungo i tre anni anche i docenti e in buona parte la struttura amministrativa mi ha aiutato a migliorare me come figura di professionista e come persona. 5. All’interno ed all’esterno dell’istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? All’interno della struttura la biblioteca, unica nel suo genere, mi ha aiutato moltissimo ad accrescere la mia cultura personale ed ampliare il mio bagaglio visivo. All’esterno della struttura direi che la città stessa e alcuni abitanti mi hanno aiutato a superare alcuni momenti di difficoltà. 6. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Inizialmente studiare ad Urbino mi è sembrato stupendo: tranquillità, tanti ragazzi, feste e tanto verde. Negli anni successivi ho cominciato a sentire i limiti della città. Dopo l’Isia ho studiato a Bologna e lavoro a Milano. Uscendo dopo lezione in una città come Bologna potevo andare a mostre, incontrare figure di spicco e avere importanti poli culturali a disposizione. A Milano ho avuto modo di fare una full immersion nei musei, mostre e design. Ecco quello che manca ad Urbino… la possibilità di raggiungere grandi centri urbani con importanti fonti di ispirazione per noi designer della comunicazione.

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7. La collocazione geografica di Urbino - non servita da un’adeguata rete ferroviaria - crede possa penalizzare l’Isia sia da parte degli studenti che dei docenti, o ritiene che l’alto livello professionale e didattico della scuola siano tali da far superare anche questa barriera? Direi che la collocazione geografica di Urbino sia alquanto limitante per l’Isia stessa in un mondo dove tutto si muove alla massima velocità e dove bisogna trovarsi nel posto giusto al momento giusto. 8. Nel 2007 sono cominciati i lavori per il restauro dell’ex convento Santa Chiara. Questi hanno influito sul normale andamento delle lezioni? E se si, quali disagi ci sono stati e come avete cercato di superarli? Ci sono stati diversi disagi all’inizio della mia carriera universitaria. Il primo anno ad esempio non avevamo il riscaldamento e non c’erano spazi comuni dove condividere le esperienze con gli altri studenti. Per risolvere a quest’ultimo disagio si organizzavano incontri a casa dei vari ragazzi. Oppure si inscenava un campo da pallavolo nel cortile interno.

Foto 60 Cortile interno, scorcio. Foto di: Javier Marcelo Cabrera.

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9. I restauri della sede sono terminati nel 2011, lei che ha visto il “prima” ed il “dopo” ritiene che i lavori abbiano valorizzato ed esaltato la struttura? O pensa che siano stati solo da intralcio all’andamento didattico? Penso che i lavori abbiano abbellito di gran lunga la struttura e che l’abbiano sicuramente valorizzata e resa più efficiente... ho alcuni dubbi sulla soluzione scelta per l’ingresso. La vedo poco design for All.


Foto 61 Resti di affresco, particolare. Foto di: Javier Marcelo Cabrera.

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ANDY MASSACCESI Laureato nel 2010 all’Isia di Urbino, ha conseguito la laurea specialistica nel 2012 all’Ècal di Losanna.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? In principio ricevetti l’idea di intraprendere questo tipo di percorso, da un consiglio datomi dalla mia professoressa d’arte al Liceo. Ovviamente in quanto proveniente da un professore non lo seguii. Così mi sono iscritto per un anno ad Architettura, per poi sostenere con successo l’anno dopo il test ad Urbino. 2. Dopo l’Isia ha frequentato altri corsi di grafica, ha cominciato subito a lavorare, oppure ha cambiato attività? Dopo la triennale ad Urbino ho sostenuto la specialistica all’estero. 3. Ha frequentato altri corsi di grafica? E se si, quale ritiene funzionasse meglio e perché? Avendo proseguito i miei studi nel campo dell’Art Direction mi sono occupato anche di grafica. Due esperienze difficilmente paragonabili. Ad ogni modo ad Urbino ho riscontrato grandi lacune dal punto di vista pragmatico e di concreta soddisfazione da un progetto realizzato.

Foto 62 Scala elicoidale. Foto di: Javier Marcelo Cabrera.

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4. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? L’Isia ha sempre avuto un suo organigramma pseudo familiare. In confronto ad altre esperienze completamente diverse, lo ritengo tutt’ora un valore aggiunto.


Foto 61 Pozzo di luce della scala elicoidale. Foto di: Benedetta Riccardini.

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5. All’interno ed all’esterno dell’istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? All’interno dell’istituto il rapporto con i propri colleghi studenti. All’esterno... non di certo la ricettività culturale e creativa di Urbino. 6. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Avrei preferito maggiori stimoli esterni, o comunque una più forte attitudine della scuola all’apertura verso l’esterno. 7. La collocazione geografica di Urbino - non servita da un’adeguata rete ferroviaria - crede possa penalizzare l’Isia sia da parte degli studenti che dei docenti, o ritiene che l’alto livello professionale e didattico della scuola siano tali da far superare anche questa barriera? L’Isia ad Urbino, e nel momento in cui ci ho studiato... era come la donna in Antonioni... piena di vizi... che tuttavia non pratica nemmeno. Dalle mie recenti visite, ho visto ad ogni modo che qualcosa sta cambiano. Una scuola leggermente rinnovata e che comincia ad ringiovanirsi. Questo mi rincuora.

Foto 63 Cgiostro interno dopo il restauro. Foto di: Javier Marcelo Cabrera.

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8. Nel 2007 sono cominciati i lavori per il restauro dell’ex convento Santa Chiara. Questi hanno influito sul normale andamento delle lezioni? E se si, quali disagi ci sono stati e come avete cercato di superarli? Ho iniziato con i lavori e finito con i lavori. Non conosco l’altro lato della medaglia e non posso pronunciarmi.


SILVIA ODORICO Laureata con una tesi intitolata “Un viaggio nella grafica di pubblica utilità.” Iscritta al biennio specialistico in Comunicazione e design per l’editoria, all’Isia di Urbino.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata assolutamente motivata e voluta. Prima di iscrivermi all’Isia di Urbino ho frequentato l’Istituto d’arte, indirizzo Michelangelo (una simulazione del Liceo Artistico, con indirizzo specifico in grafica (grafica d’arte, fotografia e progettazione grafica). É quindi possibile affermare che la mia è stata più che altro la conferma di una scelta (allora abbastanza casuale) fatta a 14 anni, quando frequentavo la terza media. 2. Dopo l’Isia ha frequentato altri corsi di grafica, ha cominciato subito a lavorare, oppure ha cambiato attività? Dopo il triennio all’Isia mi sono iscritta al Corso specialistico in Comunicazione e design per l’editoria sempre all’Isia di Urbino. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? Il lato umano è una componente fondamentale dell’Isia. All’Isia, e forse da nessun’altra parte, il rapporto è sempre diretto e abbastanza informale. Ci si confronta senza intermediari con tutti, dall’uomo delle macchinette al direttore didattico. Questo ambiente “familiare” ha certamente favorito non solo la mia crescita creativa - data principalmente dal clima di scambio e socializzazione con i docenti e gli studenti - ma anche quella personale.

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4. All’interno ed all’esterno dell’istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? Gli amici. Isioti e non. Compagni di corso e non. Sono sicuramente loro che hanno contribuito alla mia crescita personale, creativa e professionale. 5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Entrambe direi. Vivere e studiare a Urbino, spazio claustrofobico e sostanzialmente privo di input creativi, per cinque anni consecutivi non è stato semplice. Contemporaneamente, però, credo che Urbino sia la città ideale per i ritmi di studio che richiede l’Isia. 6. Nel 2007 sono cominciati i lavori per il restauro dell’ex convento Santa Chiara. Questi hanno influito sul normale andamento delle lezioni? E se si, quali disagi ci sono stati e come avete cercato di superarli? Certamente. I lavori di restauro sono cominciati proprio quando mi sono iscritta al primo anno del triennio e quell’iniziale situazione di disagio ha subito fatto emergere quel lato umano/bizzarro del clima “Isia” che ancora non conoscevo. Spesso, durante le lezioni, i professori dovevano fare delle “pause forzate” perché era impossibile, per loro, riuscire a farsi sentire dagli studenti, i quali ovviamente si facevano facilmente distrarre dalle urla (per non dire altro) degli operai e dal rumore dei trapani e altri attrezzi vari. In quella situazione, però, il rumore non era l’unico disagio. C’era il freddo. Era novembre e il freddo si faceva già sentire,

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soprattutto all’Isia (struttura eternamente fredda d’inverno), anche perché il riscaldamento non si poteva accendere. Correva voce che avessero trovato una tubatura dell’aria calda del 1500 e che, di conseguenza, la sovrintendenza dei beni culturali ne avesse impedito l’uso. I più freddolosi di noi (me compresa) erano costretti, quindi, ad andare all’Isia con un maglione di lana in borsa, in modo da avere qualcosa con cui scaldarsi durante le eterne 8 ore giornaliere di lezione. Infine, a creare disagio fu la polvere, elemento inevitabile durante dei lavori di restauro. Tutto era ricoperto da un eterno strato di polvere bianca e niente e nessuno riusciva ad uscire dall’Isia in condizioni decenti. Tutti questi elementi di disagio portarono gli studenti, consapevoli che non sarebbe servito a nulla, ad unirsi e a fare qualcosa. Lungo la parete (allora un muro, ora una grande vetrata) che porta dall’attuale segreteria alle macchinette, nacque il “nostro muro del pianto”. Un muro ricoperto da tanti fogli A4 con su scritto “Io non pago le tasse (universitarie) perché...”. Me ne ricordo ancora un paio, facevano così più o meno: “Io non pago le tasse perché devo comprare il detersivo” e “Io non pago le tasse perché devo curarmi il raffreddore”.

Foto 64 - 65 I nuovi ambienti. Foto di: Javier Marcelo Cabrera.

7. I restauri della sede sono terminati nel 2011, lei che ha visto il “prima” ed il “dopo” ritiene che i lavori abbiano valorizzato ed esaltato la struttura? O pensa che siano stati solo da intralcio all’andamento didattico? Sinceramente io ho visto il “durante” e il “dopo”. Comunque sia, penso che i lavori effettuati abbiano sì esaltato e valorizzato la struttura, ma non solo. Grazie ai lavori sono state “create” nuove aree/aule necessarie per sostenere il progetto di espansione dell’Istituto.

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MATTIA ROSA Laureato nel 2011 con una tesi intotolata “La grafica in salute”. Iscritto al biennio specialistico in Comunicazione e design per l’editoria, all’Isia di Urbino

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? La scelta di intraprendere questo tipo di studi è iniziata già negli anni delle scuole superiori, dove ho frequentato per cinque anni un corso di grafica presso un Istituto Professionale di Bologna. Ho deciso pertanto di continuare su questa strada anche a livello universitario. 2. Dopo l’Isia ha frequentato altri corsi di grafica, ha cominciato subito a lavorare, oppure ha cambiato attività? Ho continuato gli studi all’Isia di Urbino iscrivendomi al Biennio Specialistico in Comunicazione e Design per l’editoria. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? Sinceramente non credo ci sia un continuo scambio e socializzazione tra gli insegnati di alcuni corsi, piuttosto tra studenti di anni e corsi diversi. 4. All’interno ed all’esterno dell’istituto cosa o chi, secondo lei, ha maggiormente influenzato, condizionato e favorito la sua crescita personale e creativa? Senza alcun dubbio l’intero gruppo classe nel periodo in cui ho frequentato la Triennale. E qualche professore, nessuno grafico.

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Foto 66 Il camino per difendersi dal freddo. Foto di: Fabio Demitri.

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5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, le è stato utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che ha limitato la sua creatività? Venendo da Bologna, mi sono sentito a disagio nella città urbinate a partire dal 05 Novembre 2007. Tale disagio si è concluso l’08 Luglio 2012. 6. Nel 2007 sono cominciati i lavori per il restauro dell’ex convento Santa Chiara. Questi hanno influito sul normale andamento delle lezioni? E se si, quali disagi ci sono stati e come avete cercato di superarli? Io ho iniziato la mia carriera isiota nell’ottobre del 2007. Dopo pochi giorni di lezione siamo dovuti tutti tornare a casa per due settimane perché l’edificio è stato dichiarato inabile a sostenere una didattica adeguata. Quasi tutti i mesi autunnali/invernali del mio primo anno li abbiamo passati senza riscaldamento in quasi tutte le aule. 7. I restauri della sede sono terminati nel 2011, lei che ha visto il “prima” ed il “dopo” ritiene che i lavori abbiano valorizzato ed esaltato la struttura? O pensa che siano stati solo da intralcio all’andamento didattico? Sicuramente hanno valorizzato la struttura, pur rappresentando un grossissimo intralcio per l’andamento didattico. Ora che ho finito le lezioni l’istituto è totalmente agibile.

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OGGI

Dal 1963 ad oggi, molte sono state le vicende che l’Istituto ha dovuto affrontare. Cambiamenti, situazioni ed eventi che hanno segnato la sua storia con fasi alterne portandolo in alcuni periodi ai massimi livelli ed in altri ad attraversare momenti difficili. Nel corso dell’ultimo anno accademico ha dovuto affrontare anche problemi legati ad eventi climatici che hanno messo a dura prova la città di Urbino. Tali difficoltà, avvertite da tutti, hanno segnato particolarmente gli studenti dell’Isia che sono stati invitati dal direttore a spalare la neve al fine di sgomberare l’accesso all’ex convento. Questa scelta, accompagnata a quella di non chiudere l’Istituto, come invece operato in tutte le altre scuole ed università, è stata effettuata al fine di non interrompere le attività didattiche. Lo sforzo e la buona volontà degli studenti e del corpo docenti, anche se non ha scongiurato completamente l’interruzione, ha comunque consentito alla scuola di riaprire prima possibile, senza creare eccessivi ritardi sulla scaletta scolastica. Roberto Arista, Kimberley Ossani, Jacopo Pompilii, Diana Sbabo e Stefania Tobello raccontano le loro avventure con la neve.

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ROBERTO ARISTA Diplomato allo IED di Roma con una tesi sulla progettazione della comunicazione di una mostra di arte contemporanea. Iscritto al triennio in Progettazione Grafica e Comunicazione Visiva.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Ho cominciato ad occuparmi di comunicazione durante i miei studi al liceo Socrate di Roma. Il mio collettivo politico necessitava di qualcuno che si occupasse di volantini e tazebao e considerata la mia abilità nell’uso del computer mi feci avanti. Inoltre mio fratello maggiore frequentava Disegno Industriale presso l’Università La Sapienza di Roma, quindi avevo la possibilità di sfogliare i suoi libri di grafica e di chiedergli qualche consiglio sulla composizione. 2. Dopo l’Isia ha frequentato altri corsi di grafica, ha cominciato subito a lavorare, oppure ha cambiato attività? Si, penso che continuerò a studiare, sto valutando l’ipotesi di un master all’estero. 3. Ha frequentato altri corsi di grafica oltre che quello dell’Isia? E se si, quale ritiene funzionasse meglio e perché? Prima di venire all’Isia di Urbino, ho frequentato il corso triennale di grafica presso lo IED di Roma. Sono venuto ad Urbino per completare la mia formazione, perché quella che mi fu offerta a caro prezzo presso lo IED non era a mio parere sufficiente ad affrontare il mondo del lavoro senza rischiare di diventare un componente di facile sostituzione nell’ingranaggio della pubblicità. C’è anche da dire che lo spessore culturale che mi aspettavo da un corso di studi di livello superiore non era stato rispettato. Ciò non vale per l’Isia, che può sicuramente migliorare molti aspetti, ma è ad un livello nettamente superiore. 4. Come vive da un punto di vista umano il rapporto con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione

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tra gli insegnanti e gli studenti possa favorire la sua crescita creativa? Penso che un clima più informale rispetto allo standard accademico sia semplicemente più umano e fruttuoso per qualsiasi tipologia di studi. Non credo che Matematica o Ingegneria siano meno “creative” della Comunicazione Visiva. Questo vale per i docenti e la segreteria didattica. L’amministrazione non ha un grande dialogo con gli studenti, a volte le decisioni del Consiglio di Amministrazione non sembrano fare gli interessi della didattica. 5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, è utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che limita la sua creatività? Urbino elimina indubbiamente tante distrazioni, me ne sono accorto chiaramente venendo da una città come Roma. Diventa fruttuoso nel caso si sia entusiasti della propria scelta di studi, altrimenti diventa una galera. A mio parere è della misura giusta ed economica rispetto alla media delle città universitarie, anche se qualche servizio in più non guasterebbe. 6. La collocazione geografica di Urbino - non servita da un’adeguata rete ferroviaria - crede possa penalizzare l’Isia sia da parte degli studenti che dei docenti, o ritiene che l’alto livello professionale e didattico della scuola siano tali da far superare anche questa barriera? Penso che sarebbe interessante realizzare un’analisi statistica della provenienza degli studenti dell’Isia, probabilmente si risconterebbe un’Italia divisa in due dagli Appennini. Sono tantissimi infatti gli studenti che provengono dalla fascia che va dal Veneto alla Puglia. Roma è un caso a parte in quanto capitale. Indubbiamente il livello della scuola spinge alcuni studenti a viaggi lunghissimi, ma numeri alla mano sarebbe più chiaro il quadro.

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7. Negli ultimi tempi è stato riaperto il laboratorio di tipografia e serigrafia al quale gli studenti possono accedere “liberamente”. Lei ha avuto modo utilizzarlo? Ritiene che sia utile per i nuovi studenti, i nativi dell’era digitale, avvicinarsi a queste tecniche più tradizionali? Nel mio caso capire i meccanismi del Desktop Publishing potendo maneggiare dei caratteri in piombo è stato abbastanza utile, anche se probabilmente i nuovi nativi digitali ne avranno sempre meno bisogno. Purtroppo quest’anno non ho avuto modo di accedervi, sia per questioni di tempo, sia perché le modalità di fruizione da parte degli studenti non sono state molto chiare. 8. L’inverno appena trascorso sarà ricordato sicuramente come il più rigido e nevoso degli ultimi tempi. Ha causato disagi a tutta la popolazione: supermercati vuoti, scuole ed università chiuse, blackout, strade interrotte, tetti pericolanti... Lei che ricordi ha di quei giorni, ricorda solo la fatica ed il sacrificio o ha anche ricordi positivi? A casa mia eravamo abbastanza organizzati, con scorte di cibo e di generi di prima necessità, quindi nel mio caso i disagi non sono stati inaffrontabili. Ricordo che tra le due grandi nevicate riuscii anche a tornare a Roma per il fine settimana, ebbi una discreta fortuna. Per il resto ricordo un bianco stordente e un cielo sempre più scuro del suolo.

Foto 67 Liberazione dell’Isia, il direttore. Foto di: Fabio Demitri.

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9. Il giorno in cui il direttore Pieracini, in barba a tutti i bollettini meteo ed ai comunicati del sindaco, ha chiesto a tutti quanti di rimboccarci le maniche ed andare a spalare la neve per liberare l’unica via d’accesso al nostro istituto, come ha reagito? Ha partecipato attivamente alla “liberazione” dell’Isia? E se si, può raccontarmi come ha vissuto quei momenti? In quanto rappresentante degli studenti vissi da vicino tutta


Foto 68 Liberazione dell’Isia. Foto di: Simone Cutrì.

la situazione. Partecipai anche alla seconda “liberazione”, meno nota perché molto meno partecipata, dato che quelli che riuscirono erano già tornati a casa. Sinceramente avrei evitato la prima spalata, che di fatto si rivelò inutile, per concentrarmi sulla seconda, che permise alla segreteria didattica, alla direzione e ai rappresentanti degli studenti di riorganizzare l’orario e spostare la sessione in modo da rendere meno gravosi i disagi sulla didattica.

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KIMBERLEY OSSANI Laureta a Parma nel 2009 in Conservazione dei Beniculturali, tesi in storia della fotoagrafia “effe: fotografe e conquiste sociali”. Iscritta al biennio specialistico in Fotografia dei Beni Culturali.

Foto 69 L’ingresso dell’Isia. Foto di: Gianluca Monaco.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Per me è stata una scelta estremamente motivata e cercata: dopo essermi laureata in Conservazione dei Beni Culturali ho cercato lavoro e tirocini-stage ma nulla mi soddisfaceva. Poi, per caso, una vecchia prof. dell’università mi ha parlato dell’Isia, allora mi sono informata e ho partecipato alla selezione. 2. Dopo l’Isia ha frequentato altri corsi di grafica, ha cominciato subito a lavorare, oppure ha cambiato attività? Spero proprio di si...anche se sarà difficile, l’entusiasmo c’è e la voglia pure. Bisognerà vedere cosa offrirà il mercato, dove e come, ma l’intenzione è questa. 3. Come ha vissuto da un punto di vista umano il periodo universitario nei rapporti con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti abbia favorito la sua crescita creativa? Una delle cose belle dell’Isia sta proprio in questo: nel continuo scambio non cattedratico tra studenti e docenti, dalla stretta vicinanza e dalla condivisione non solo degli spazi ma di tutto il percorso di studi. Diverso il rapporto con l’amministrazione, molto lontana dalla condivisione e realtà degli studenti.

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4. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, è utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che limita la sua creatività? È sicuramente molto utile allo studio, ma decisamente troppo fuori dalla realtà: noi abbiamo bisogno di essere più dinamici e più a contatto con il mondo della comunicazione e dell’arte: l’eremo ci tiene troppo isolati e fuori dai circuiti che dovremmo conoscere proprio ora che ci stiamo formando. 5. Negli ultimi tempi è stato riaperto il laboratorio di tipografia e serigrafia al quale gli studenti possono accedere “liberamente”. Lei ha avuto modo utilizzarlo? Ritiene che sia utile per i nuovi studenti, i nativi dell’era digitale, avvicinarsi a queste tecniche più tradizionali? Purtroppo non ho avuto modo di utilizzarlo, ma ammetto che mi piacerebbe molto. Il fatto di essere nell’era digitale non prescinde dalle basi della cultura e della storia della propria materia: così come l’isolamento, la limitatezza nelle conoscenze è dannosa e pericolosa per il nostro campo. 6. L’inverno appena trascorso sarà ricordato sicuramente come il più rigido e nevoso degli ultimi tempi. Ha causato disagi a tutta la popolazione: supermercati vuoti, scuole ed università chiuse, blackout, strade interrotte, tetti pericolanti... Lei che ricordi ha di quei giorni, ricorda solo la fatica ed il sacrificio o ha anche ricordi positivi? Io ho un ricordo splendido di quei giorni, anche perché la mia casa non è stata danneggiata e quindi non ho subito danni. Vedere e vivere Urbino, le amicizie, lo studio e la stesa Isia con lo spirito di stupore che pervadeva tutti in quei giorni è vivido nella memoria e, malgrado non lo rifarei ancora, è stato bellissimo!! 7. Il giorno in cui il direttore Pieracini, in barba a tutti i bollettini meteo ed ai comunicati del sindaco, ha chiesto a tutti quanti di rimboccarci le maniche ed andare a spalare la neve per liberare

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Foto 70 Il varco. Foto di: Gianluca Monaco.

l’unica via d’accesso al nostro istituto, come ha reagito? Ha partecipato attivamente alla “liberazione” dell’Isia? E se si, può raccontarmi come ha vissuto qui momenti? In un primo momento mi è sembrato assurdo che solo a noi toccasse andare a liberare scuola per continuare le attività malgrado i pericoli dellla città. Poi ho riflettuto: la nostra scuola non è un luogo come gli altri e noi non siamo come i normali studenti: noi viviamo la nostra scuola e i nostri percorsi in modo così profondo che riesce difficile non preoccuparsi di tutto ciò che vi accade. Questo è stato il motivo per cui mi son presa su con la mia pala e dalla ex stazione sono risalita per venire a spalare..ed è stato un bel pomeriggio, malgrado il gelo..grazie soprattutto alle birre di gentilmente offerte dal Direttore!!! Che risate quel giorno..

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Foto 71 - 72 Urbino sommersa dalla neve. Foto di: Kimberley Ossani.

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JACOPO POMPILII Iscritto al triennio in Progettazione Grafica e Comunicazione Visiva, all’Isia di Urbino.

1. La scelta di intraprendere gli studi di grafica è stata casuale o motivata e voluta? In tal caso cosa l’ha spinta ad avviarsi su questa strada? Ho un ricordo di me a sei anni, mentre stampavo con una stampante ad aghi dei testi composti in wingdings. A nove ho realizzato in Publisher il mio menu per la prima comunione; a undici mi divertivo a creare siti in HTML. Quando poi ho terminato il liceo scientifico ho realizzato che quello che mi affascinava di più dei computer, era la possibilità di esprimere la mia creatività entro regole e parametri ben definiti; infatti non sono un fan di Paint! 2. Dopo l’Isia ha frequentato altri corsi di grafica, ha cominciato subito a lavorare, oppure ha cambiato attività? Grazie all’Isia ho capito che la progettazione grafica va ben oltre l’impaginazione di uno stampato, ma apre un mondo di possibilità lavorative, progettuali e creative infinite. Non riesco proprio ad immaginarmi in un altro ambito lavorativo. 3. Ha frequentato altri corsi di grafica oltre che quello dell’Isia? E se si, quale ritiene funzionasse meglio e perché? L’Isia è stato il primo corso universitario che ho intrapreso dopo il diploma, ma già dai test di ammissione che ho sostenuto in altre facoltà - Disegno industriale alla Quaroni di Roma e ad Ascoli Piceno ho capito che non avrebbero avuto un’offerta formativa pari a quella dell’Isia. 4. Come vive da un punto di vista umano il rapporto con i docenti e con l’intera struttura amministrativa dello Isia? Ritiene che il clima di continuo scambio e socializzazione tra gli insegnanti e gli studenti possa favorire la sua crescita creativa? Credo sia proprio il punto di forza dell’Isia: il numero ristretto di studenti permette di instaurare un rapporto diretto con il docente,

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come alle scuole superiori, favorisce la socializzazione tra studenti, e rende l’intero Istituto una vera e propria seconda casa. Come in tutte le strutture pubbliche ho notato un certo attrito nei comparti amministrativi, che forse non sono all’avanguardia in termini logistici come lo è la didattica ad esempio. 5. Studiare in un ambiente tranquillo, lontano dal clamore di una grande città con tutte le possibili distrazioni, è utile o si è sentito chiuso in uno spazio claustrofobico che limita la sua creatività? Direi entrambi, ma dipende dalla singola persona: ho scelto di studiare a Urbino esclusivamente per via dell’Isia, e sapevo già che non avrei abitato in una città piena di stimoli. La quasi totalità delle esperienze sociali nei miei tre anni all’Isia infatti è derivata dalle conoscenze all’interno dell’istituto o dalle relazioni ad esse connesse (amici di amici, coinqulini, etc). Ma non credo che una persona che vuole frequentare l’Isia con serietà si troverebbe bene in una città più grande: otto ore al giorno in Istituto, senza contare le ore di studio autonomo, renderebbero vana anche una città come Roma. 6. La collocazione geografica di Urbino - non servita da un’adeguata rete ferroviaria - crede possa penalizzare l’Isia sia da parte degli studenti che dei docenti, o ritiene che l’alto livello professionale e didattico della scuola siano tali da far superare anche questa barriera? È sicuramente un problema che affligge la città di Urbino, che vanta di essere una delle città universitarie per eccellenza, ma non ha le infrastrutture tali per poterlo essere al meglio. Molte volte mi è capitato di dover rinunciare ad eventi interessanti in altre città d’Italia, solo perché non c’erano mezzi a disposizione o erano troppo dispendiosi in termini di tempo\denaro. Fortunatamente l’Isia riesce ad avere docenti da ogni parte del mondo, ma basta un po’ di neve per bloccare tutto.

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7. Negli ultimi tempi è stato riaperto il laboratorio di tipografia e serigrafia al quale gli studenti possono accedere “liberamente”. Lei ha avuto modo utilizzarlo? Ritiene che sia utile per i nuovi studenti, i nativi dell’era digitale, avvicinarsi a queste tecniche più tradizionali? Non ho avuto modo di partecipare, non perché non interessato al fare analogico, ma perché ci sono diverse attività extra da svolgere in Istituto, e con il poco tempo libero a disposizione è praticamente impossibile riuscire a fare tutto. 8. L’inverno appena trascorso sarà ricordato sicuramente come il più rigido e nevoso degli ultimi tempi. Ha causato disagi a tutta la popolazione: supermercati vuoti, scuole ed università chiuse, blackout, strade interrotte, tetti pericolanti... Lei che ricordi ha di quei giorni, ricorda solo la fatica ed il sacrificio o ha anche ricordi positivi? Sicuramente sono stati dei giorni piuttosto difficili: ritrovarsi di colpo isolati, senza riscaldamento, senza la possibilità di fare spesa, senza Internet (che per me è vitale, ma lo credo un po’ per tutti che hanno a che fare con il nostro mestiere). Per fortuna la città è piccola, con un bel po’ di pazienza a piedi si poteva circolare e ritrovarsi insieme in qualche casa più confortevole. 9. Il giorno in cui il direttore Pieracini, in barba a tutti i bollettini meteo ed ai comunicati del sindaco, ha chiesto a tutti quanti di rimboccarci le maniche ed andare a spalare la neve per liberare l’unica via d’accesso al nostro istituto, come ha reagito? Ha partecipato attivamente alla “liberazione” dell’Isia? E se si, può raccontarmi come ha vissuto qui momenti? Non ho avuto modo di partecipare all’evento organizzato dal Direttore Pieracini - ognuno ha dato la propria disponibilità in maniera diversa, io ad esempio ho tenuto aperto il laboratorio di stampa quanto più possibile - ma anche se all’inizio ho pensato che non era il modo giusto di affrontare un’emergenza, poi ho capito che rientra nell’ottica dell’Isia, cioè pensare in maniera diversa e distinguersi per arguzia e intelligenza.Poi gli esami alla fine sono stati spostati comunque, ma quella è un’altra storia! :) 134


Foto 73 - 74 Il conad vuoto. Foto di: Gianluca Monaco.

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Foto 75 Il Duomo di Urbino. Foto di: Gianluca Monaco.

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CONCLUSIONI

“L’Isia è fatta da studenti e professori e il variare di questi due elementi determina inevitabilmente una trasformazione costante della scuola, sia per quanto riguarda l’apprendimento e la didattica sia per quello che concerne i rapporti umani che si instaurano tra persone.

17 Benedetta Riccardini,

L’Isia non è mai uguale a se stessa ed è importante saperne cogliere gli aspetti migliori che sono quelli della condivisione delle conoscenze (sia tra colleghi, sia con i professori), della collaborazione, della discussione e del confronto, rendendo qualsiasi pregio un motivo per essere solidali con gli altri piuttosto che renderlo causa di competizione.”17

racconto preso da Layer Isia.

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“L’Isia non è mai uguale a se stessa” dice Benedetta Riccardini, e certamente non potrebbe mai esserlo come mai può essere uguale e immutabile un organismo vivo e pulsante, perché quello che chiaramente emerge da questo breve percorso storico è il senso di vita e di fervore che pervade l’Istituto. Ascoltando i professori e gli studenti di ieri e di oggi risulta evidente come, sia pur nel suo continuo divenire, la scuola resti sempre legata da un unico filo conduttore che può essere riassunto in queste parole: amore e attaccamento, un pizzico di noia, gioiosa creatività. Amore e attaccamento non solo per quello che didatticamente rappresenta la scuola, attraverso il corpo insegnanti che nel tempo si sono avvicendati, ma anche per le mura che la ospitano. I lavori di restauro del convento quattrocentesco, oltre a consentire la creazione di nuovi spazi per la vita scolastica, hanno restituito alla struttura l’antico fascino ed essa rappresenta ora l’elemento tangibile dell’accoglienza e della cura per il particolare che vive nell’intera organizzazione. Quel convento che, rinato, arriva ai giorni nostri, testimonia l’attenzione che l’Isia assegna al passato come valore fondamentale per poter progettare il futuro. Questa filosofia è la stessa che sta alla base della volontà di riaprire il laboratorio di tipografia e serigrafia dove far accedere liberamente gli studenti, anche se tale riapertura, al momento, resta più un “desiderio”, a causa di problemi di ordine pratico. Ma quello che emerge dalle interviste è l’idea, che attraversa in maniera trasversale tutte le generazioni, dell’importanza di far conoscere - anche in piena era digitale - a tutti gli addetti ai lavori, le tecniche più tradizionali della stampa. D’altronde questo attaccamento e amore per il passato lo si ritrova in tutta Urbino, che vive di rendita “culturale” sui suoi splendori. Questa “piccola Svizzera”, come la definisce il Roberto Lombardi nella sua intervista, a volte può sembrare troppo chiusa e povera

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di interessi per i giovani universitari desiderosi di ampi spazi e di novità e che spesso si sentono oppressi da un pizzico di noia. Ma il tempo ha il potere di addolcire i ricordi e di rendere tutti più consapevoli di quello che hanno vissuto, così anche la sonnacchiosa Urbino, non solo riacquista vitalità nei racconti di chi l’ha vissuta, ma gode del merito di aver permesso lo sbocciare di tante idee. Perché le idee innovative hanno bisogno sì di stimoli ma anche di silenzi e di solitudine per essere covate e meditate per poi esplodere nell’incontro con docenti e compagni di studi in gioiosa creatività. Gioiosa creatività che rappresenta l’altro elemento chiave dell’Isia, evoluzione dello Csag (il Corso Superiore di Arte Grafica) dove insegnò Albe Steiner che, nel suo pragmatismo scevro da qualsiasi idea di arte, vedeva nella grafica il mezzo tecnico per aumentare la conoscenza nelle masse. Ma accanto a Steiner restano gli insegnamenti di Provinciali, con la filosofia della conoscenza perfetta delle regole per poterle poi rompere e cambiare, che non possono prescindere da una buona dose di creatività. Anche nel rappresentare un qualsivoglia prodotto, sia esso un bicchiere piuttosto che uno libro, la tecnica risulta fondamentale, ma la tecnica senza l’anima è arida e non porta in alcun posto. Ed è questo che l’Isia ha consegnato nel corso degli anni e continua a consegnare ai suoi studenti: le capacità tecniche non disgiunte da quello spessore culturale e da quel senso critico in grado di fare la differenza. E non è un caso che dalle interviste effettuate emerga il senso di appartenenza al “mondo Isia” anche da parte di chi ormai non lo vive più. E infine qualcuno potrebbe chiedere a me, che sono “in uscita” da questo mondo, di rispondere alle domande che ho fatto ai tanti che generosamente mi hanno dedicato un po’ del loro tempo, e io risponderei a quelle domande dicendo le stesse cose.

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Foto 74 Il salone oggi. Foto di: Silvia Odorico.

In fondo noi giovani, pur nel mutare delle circostanze vissute in periodi diversi, restiamo sempre simili tra noi, amiamo e desideriamo comunque le stesse cose. E mi piace ricordare, in conclusione, il mio professore di grafica del Liceo che nel suo rigore mi ha fatto amare questa materia e che per primo mi ha parlato di questo Istituto senza mai lesinare apprezzamenti sulle difficoltà per entrarci e per farne parte. Ora so che mi aspetta la specialistica e poi l’incontro con il mondo del lavoro e so anche che non smetterò mai di studiare perché come sottolinea Marco Tortoioli nella sua intervista “su ogni persona incontrata vale però il principio che lo studio costante e le letture continuano ad essere il vero alimento della mia formazione professionale e di docente e che non considero ancora conclusa”. Così come mi accompagna e mi accompagnerà sempre il monito di Claudio Molinari in merito alle possibilità che abbiamo noi giovani grafici di entrare a far parte del mondo del lavoro senza farci fagocitare dalle regole del mercato, rimanendo al servizio del pubblico come ha insegnato Steiner. Nella sua intervista Molinari a questa domanda risponde: “le possibilità che avrete dipenderanno dalle vostre scelte etiche, dai vostri sogni, dalla vostra lucidità e onestà…”. Io credo in queste parole, perché a vent’anni non solo è lecito, ma doveroso, credere e sperare.

Nicoletta Bruno

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BIBLIOGRAFIA «A Urbino l’Università italiana di progettazione grafica», Linea Grafica, di Silvano Carpi, n. 6, nov-dic, 1975. F.P. Fiore, M. Tafuri, Francesco di Giorgio architetto, Electa, Milano 1994. A. Steiner, Il mestiere del grafico, Einaudi, Milano 1978. «L’isia di Urbino da scuola superiore a corso universitario», Lorem Ipsum Notizie Aiap, di Franco Mariani, n. 11, ottobre, 2011. «Parlando di... l’I.S.I.A. di Urbino», Quaderno Aiap, n. 3, luglio, 1985. A.A.V.V., Twentyfive, Isia Urbino, 2003. SITOGRAFIA www.facebook.com/Layer.Isia www.isaurbino.it www.isiaurbino.it www.prourbino.it www.wikipedia.org RINGRAZIAMENTI Anche se per motivi di spazio non tutte le risposte sono state utilizzate nella stesura della tesi, si ringrazia per la collaborazione tutti coloro che hanno risposto alle mie domande (in ordine alfabetico): Roberto Arista, Alberto Bernini, Alberto Butturini, Alessio Corradini, Andrea Di Giorno, Andy Massaccesi, Angela Brindisi, Antonella Molinari, Claudio Clementoni, Claudio Molinari, Clizia Pavani, Daniele Pampanelli, Davide Querin, Diana Sbabo, Elena Panetti, Fabrizio Bori, Francesco Galli, Gelisiana Meloni, Gianluigi Corsi, Gianni Rusconi, Giuliano Koren, Ilaria Muric, Jacopo Pompilii, Kimberley Ossani, Luigi Giuliano, Marco Tortoioli, Marina Turci, Martino Bison, Mattia Rosa, Michele Ferri, Michele Mariani, Michele Pastore, Paolo Bravi, Regina Ferrari, Roberto Lombardi, Sabine Lercher, Silvia Garofoli, Silvia Odorico, Silvia Pignat, Siro Cangiotti, Stefania Guerra, Stefania Tonello, Valter Toni. Si ringraziano i ragazzi del progetto Layer Isia perché la loro idea ha costituito spunto per la mia tesi e per il materiale da loro raccolto e messo a disposizione sul gruppo (in ordine alfabetico): Simona Gallo, Viola Marinelli, Lorenzo Marra, Silvia Odorico e Vera Teodori.



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