BORMIO, pietre di carta

Page 1

Nicolò Quirico

BORMIO

pietre di carta

Le immagini fotografiche di oggi dialogano con il Vocabolario Bormino di Glicerio Longa del 1913 e le poesie inedite di Don Remo Bracchi

TEMPORARY ART GALLERY PAOLA SOSIO



Nicolò Quirico

BORMIO

pietre di carta

Le immagini fotografiche di oggi dialogano con il Vocabolario Bormino di Glicerio Longa del 1913 e le poesie inedite di Don Remo Bracchi

TEMPORARY ART GALLERY PAOLA SOSIO


Catalogo stampato in occasione della mostra BORMIO pietre di carta, Agosto 2010 Concept | Nicolò Quirico Progetto Grafico | Nicolò Quirico Stampa | La Bottega grafica - Bormio Coordinamento | Paola Sosio La Mostra è stata resa possibile grazie alla collaborazione degli operatori di Bormio aderenti all’ABC (Associazione Commercianti Bormio) che hanno messo a disposizione le loro vetrine per l’esposizione delle opere.

Si ringrazia La Bottega grafica per la stampa del catalogo e per il contribuito alla realizzazione della Mostra.

La Bottega grafica s.r.l. via Lungo Frodolfo Vanoni, 7 - Bormio (SO) - telefono: 340 52 96 008 Prossima apertura Settembre 2010 Si ringraziano inoltre: Roberta Consonni, Carlo Sala, Nicoletta Lattuada, Donata e Valentina Brolis, Michela Quirico, Raffaele Bonuomo, i protagonisti della Sagra del Pradeir, Laura Sala - Pres. Unione Commercio Alta Valle e Marco Mutti - Pres. Unione Commercio Bormio. Un ringraziamento particolare ai Professori Leandro Schena e Bruno Ciapponi Landi, e per aver ospitato le mostre-anteprima a Terme Milano, Bagni di Bormio, Hotel Meublé Sertorelli Reit Bormio, “Qui, già, oltre”. © 2010 Le immagini e i testi sono di proprietà dei rispettivi Autori. Glicerio Longa, Vocabolario Bormino, Perugia 1913, Unione Tipografica Cooperativa


BORMIO

pietre di carta Testi di

Paola Sosio Roberto Mutti Don Remo Bracchi Cristina Pedrana Proh Simona Bartolena


a Roberta

Nicolò


Mi è bastato poco per capire che il prezioso e singolare approccio scelto da Nicolò Quirico per realizzare il progetto Bormio pietre di carta aveva caratteristiche in sintonia con lo spirito di Temporary Art Gallery. Pensare l’arte e portare l’arte “in piazza” facendola uscire dai luoghi comunemente deputati a esposizioni, far partecipare e rendere facilmente fruibile una mostra a un maggior numero di visitatori è l’obiettivo e desiderio di entrambi: galleria e artista. Temporary Art Gallery, è un progetto artistico nato nel 2008 da un’idea di Paola Sosio. L’aggettivo “temporary” è una vera e propria dichiarazione programmatica e allude all’approccio innovativo che la Galleria ha scelto per sviluppare un programma vivace ed inconsueto di sinergie e gemellaggi con gallerie e spazi alternativi, e per ospitare talenti emergenti accanto ad autori già affermati. Le caratteristiche distintive della Galleria sono la vocazione nomade delle sue iniziative, che possono essere ospitate ovunque. Infatti, anche in questa occasione, la galleria ha scelto con l’artista una inedita formula di esposizione: presentare il progetto attraverso cinque mostre-anteprima in prestigiosi spazi pubblici e privati, e poi trasferire le opere di Bormio pietre di carta nelle vetrine di quaranta negozi del centro storico di Bormio, dando vita a un’iniziativa che dovrebbe poter essere l’inizio di un nuovo percorso. Paola Sosio 5



Legni, bulloni

e immagini

A Nicolò Quirico le limitazioni non piacciono. Per quanto si sia dimostrato capace di realizzare fotografie di qualità, non considera questo fatto un punto d’arrivo ma di partenza per la costruzione di un nuovo linguaggio comunicativo originale e inedito. Apparentemente la sua ricerca è volta a trovare un dialogo che avvicini immagini e parole, ma se fosse solo così si troverebbe a ripercorrere le tracce già lasciate da altri. Per fare solo pochi esempi, possiamo ricordare il rapporto che ha avvicinato le fotografie di Robert Doisneau alle poesie di Jacques Prévert o il legame fra le immagini di Duane Michals e di Allen Ginsberg alla loro stessa scrittura che finisce per essere parte integrante delle fotografie. Nicolò Quirico va volontariamente oltre perché per lui le parole e le immagini devono essere dotate di una fisicità fortemente connotata e il risultato finale deve emergere con una prorompente tridimensionalità. Bormio pietre di carta, il suo più recente lavoro, tutte queste caratteristiche le possiede già nel titolo simbolicamente allusivo che anticipa l’affascinante risultato finale. Tutto comincia con uno studio accurato dei vari elementi costitutivi: l’attenzione agli scorci paesistici adatti alla realizzazione delle riprese fotografiche, l’analisi di un libro ormai antico, il Vocabolario bormino pubblicato da Glicerio Longa nel 1913, alla ricerca dei termini più adeguati, i vari tentativi di assemblaggio con elementi e materiali diversi. 7


8


Il gusto per i particolari e una certa predilezione per la dimensione onirica sono buone guide in questo percorso dove tutto si trasforma: le immagini, anche grazie a una stampa accuratissima capace di restituire bagliori metallici, acquistano la forza evocativa delle parole mentre queste ultime si identificano con la pagina scritta che riporta, traslitterandoli, non solo i lemmi ma anche le cadenze, gli accenti, i ritmi delle parlate. La strada si snoda parallela in modo così netto da mostrare molto chiaramente che le parole e le immagini di queste “stazioni” sono sfaccettature di una identica realtà, modi per dire le stesse cose con strumenti diversi. Talvolta l’autore propone una sola immagine dotata di una grande forza evocativa: è il caso del primo piano del ricciolo metallico della ringhiera di un balcone che incornicia elegantemente un paesaggio, di una finestra spalancata su un’altra finestra, di una vecchia porta di legno tenuta chiusa da un bastone. Più spesso Quirico accosta due immagini cercando analogie (i panni stesi e la lavandaia), continuità (il campo di grano e l’aia su cui è steso), contrasti dialettici (la strada in salita e quella in discesa). Ma l’aspetto più intrigante riguarda l’inserimento di oggetti reali come pezzi di legno corrosi dal tempo, bulloni e rondelle metalliche che funzionano da cerniera, imprigionano in sequenze le fotografie, alludono a una realtà antica, quella cui il vocabolario dà ancora voce. Roberto Mutti Storico della fotografia 9


10


Talvolta il cielo è così limpido, che le sue trasparenze si aprono molto al di là di quanto gli occhi siano in grado di indagare. Il suo dominio dall’alto è incontrastato. Ma ogni specchio d’acqua dal basso lo riproduce immenso, pur nella sua cerchia conchiusa. Ogni goccia può moltiplicare l’infinito. La grande volta assicura al di sopra di ogni altra immagine rifranta l’unità. Ogni frustolo abbagliato al di sotto, nella luce accolta, testimonia la propria appartenenza al tutto. Ciascuna vetrina rimarrebbe un frammento smarrito, se il suo contenuto non costituisse un riflesso di un’altra realtà sconfinata nel tempo e nello spazio al di fuori di sé, se dal grande grembo compatto di cristallo, dove le nuvole si adagiano, non si generassero di volta in volta iconi che appartengono insieme al tempo che ci avvolge e a quello che già è scorso sotto il nostro peso galleggiante a fiore della sua onda. Ogni cosa è diversa e ogni cosa è uguale, come le immagini riflesse sulle superfici iridescenti delle polle. Diverse nella vicinanza per l’accoglienza delle ombre che trascorrono sul fondale, singole nella loro individualità, ripetibile soltanto oltre il sogno, uguali nella lontananza, perché divenute un insieme senza più incrinature nel tutto, per la luce che spiove e avvolge all’intorno ogni sentiero. Un presente senza passato è come una sorgente inaridita. Non porta più che il suo fango spento, senza trasparenze, senza più trasluminescenze. Un’usanza senza tradizione è una vena che non chioccola più, narrando dei fascini segreti delle sue lontananze. Non può più scorrere verso il futuro. Rimane immobile per sempre. 11


Don Remo Bracchi

Una grìgia inferiàda l’é n insùmi al momént che se descéda. L’é mó iglià, su la štrada, ma n de la man te pòdesc štrénger gnént. Una grigia inferriata, come un sogno che si desti di soprassalto. È ancora davanti a te, sopra la strada che ti scorre accanto. Allunghi la mano, ma non lo puoi afferrare.

12


13


Don Remo Bracchi

Attendono la schiusa queste pietre, come uova di draghi deposte alla rinfusa. E la terra le cova.

14


15


Don Remo Bracchi

An sé citadìn de štu mónt, ma in alt l’é la nòsa cità. I ségnen la štràda in dùe n va al bel campanìn e la tór su n del fónt. Siamo cittadini di questo mondo, ma la nostra città è edificata in alto. Delimitano la strada che dobbiamo percorrere, sullo sfondo, il campanile a lancia e la torre.

16


17


Don Remo Bracchi

È sceso tra bagliori vermigli il drago della folgore sopra la casa, la cova tra i suoi artigli, rigurgita la pioggia dalla cimasa.

18


19


Don Remo Bracchi

Córa che l bat li óra, l’é n tòch de tì che l va. Doma la tór la šta: l’eternità al la šfióra. Quando rintoccano le ore, è una parte di te che se ne va. Soltanto la torre resta: la accarezza l’eternità.

20


21


Don Remo Bracchi

Di tutta la gente passata, lei sola è rimasta, Maria, dolcissima fiamma velata, che a ognuno ha mostrato la via. È mamma per sempre, chi è mamma.

22


23


Don Remo Bracchi

Denànz l’é devèrta la štràda. Ma qual al segrét che l se šcónt, laió su l sè fónt, dedré de na pòrta seràda?

La strada si spalanca verso l’oltre. Ma quale segreto nasconde, laggiù, dove inaspettatamente si arresta davanti una porta sbarrata?

24


25


Don Remo Bracchi

L’é férm al car. La lusc la se fa šmòrta, e l portón mó gnigun al l’à dervì. Al Car in alt al špéita, su la pòrta che l šparpìzulia biànca l’aladì. Il carro ha concluso il suo giorno. La luce impallidisce. Nessuno ancora ha socchiuso il portone. Il Carro del cielo attende sulla soglia dove già balugina bianca la stella del mattino.

26


27


Don Remo Bracchi

Quaggiù, dove tutto si ignora, né alcuno sa di certo dove vada, la falce sempre avanti apre la strada nell’erba che trascolora, la falce, sempre l’ultima Signora.

28


29


Don Remo Bracchi

Dà, sài Signór, al pan de tüc’ i dì a nó, che a la dumàn an tént al cél li man e an šlöita a tì, la nòsa frùa, che la ncorónia l’an. Dona, Signore buono, il pane di ogni giorno a noi, che al mattino leviamo al cielo le mani e ti apriamo il nostro desiderio, donaci il raccolto, che di gioia incoroni l’anno.

30


31


Don Remo Bracchi

La pulénta la cunténta, la consóla, la segòla, la pulénta la fa tàger, la pulénta l’é paròla La polenta culla la fame, consola, sazia, la polenta spegne i borbottii rifranti, la polenta è parola.

32


33


Don Remo Bracchi

I böc’ ènca lór i én vergót, l’é i öc’ del šcurént, che i me guàrden de s´ót. I buchi sono anch’essi qualcosa: sono gli occhi del buio, che ci scrutano dal fondo.

34


35


Don Remo Bracchi

Bàita de tüc’ al bugl, al cantón de l filò, indùe se impàra tót dei vif e dei mòrt, li ròba bèla e amàra, indùe i fan cò i tröi šcondù del còr. È la casa di tutti la fontana, l’angolo delle veglie affollate, dove si apprende ogni segreto dei vivi, dei morti, dove riecheggiano notizie belle e amare, al crocicchio dei sentieri sconosciuti del cuore.

36


37


Don Remo Bracchi

L’antica volta con la sua pittura è come un cielo fino a noi venuto, ombra di ciò che mai non s’è veduto, a dirci che l’amore eterno dura.

38


39


Don Remo Bracchi

Dóa štàda, šchéna a šchéna, mìga sémpri li van a l’incontràri. La vìta la me ména e l mónt l’é bèl, pròpi perché l’é vàri. Due strade che si dipartono da un solo punto non sempre procedono l’una contraria all’altra. La vita ci obbliga a camminare e il mondo è bello proprio perché le direzioni sono tra loro diverse.

40


41


Don Remo Bracchi

In de l nin de li bàita, gés´a biànca, cùme na clócia. Intórn la sóa coàda la pìula, che la sà che gnént al mànca, quàn che de n’àla càlda l’é placàda. Nel nido delle case, una chiesetta bianca, simile a una chioccia. Intorno la sua covata si aggira con pigolio sommesso, perché sa che non le mancherà nulla, finché un’ala calda è pronta a ricoprirla.

42


43


Don Remo Bracchi

Mét su i šcarpón plù végl, quàn che te vasc lontàn per la šcaràda dei dì. T’asc mài de lagàr ir li tradizión de quì prìma de tì, se te vòsc ir sigùr per la tóa štràda. Infila gli scarponi più vecchi che hai, quando parti per un viaggio lontano lungo la distesa dei giorni. Non devi mai abbandonare le tradizioni di coloro che ti hanno preceduto, se vuoi procedere sicuro per la tua strada. 44


45


Don Remo Bracchi

Venti degli angiporti, tutto voi conoscete e dei vivi e dei morti, le cose più segrete.

46


47


Don Remo Bracchi

Nuvole bianche, nuvole rosa. Fanno trasalire il cuore che le scruta. Le nuvole possono essere qualsiasi cosa, se un alito di vento le muta.

48


49


Don Remo Bracchi

Sono spogli anche i glicini. Parlavano a noi di primavera, dei suoi giorni felici. Tutto torna, ma nulla mai com’era.

50


51


Don Remo Bracchi

Se mét i puntégl ala pòrta. Quài ròba de štòrta la càpita sémpri, de végl. Occorre puntellare la porta, che ormai si rovescia dai cardini. Qualche riquadro che di sghembo si inclina ci si deve sempre attendere, invecchiando. 52


53


Bormio,

pietre di carta

È quasi un ossimoro il titolo di questa originale mostra che pone a familiare colloquio frammenti visivi della realtà di oggi – che potrebbe essere quella di ieri – con parole, una volta quotidianamente usate, e brevi ma intensi testi poetici. Pietre come segno della solidità del passato, ma anche come elemento fondante e costitutivo del presente, elemento reale e forte che rimane inalterato anche se impresso sulla carta che è leggera, volatile e fragile. Carta che fa da veicolo anche alle immagini poetiche di chi, cogliendo ispirazione da frammenti di vita, attraverso la dolcezza del dialetto bormino ci apre un mondo ben conosciuto ma ricco di nuove suggestioni. Spiace quasi, invece di lasciarsi trasportare dai suoni, dalle immagini, dai ricordi, rompere questa magia con riflessioni e pensieri articolati, quindi mi limito a qualche breve impressione. L’occhio di un fotografo non nativo della nostra valle, un occhio esterno, ha saputo cogliere con delicatezza e nel contempo con passione non vincolata al luogo alcune immagini del nostro paesaggio e così accade che particolari da sempre davanti agli occhi di chi vive Bormio, assumano una valenza nuova. La visione distaccata dà rilievo ai contorni di elementi che spesso sono così presenti alla nostra vista da non essere quasi più avvertiti nella mente, proprio perché fanno parte di noi, del nostro geloso senso di identità. Allora la sollecitazione esterna provoca un “cambiamento avvertito” nella coscienza che si trova a riflettere e a dare risposte prima di tutto a noi stessi e poi a chi ha 54


provocato la sollecitazione, in una sorta di dialogo e confronto con l’altro che porta ad un autentico e profondo accrescimento personale e culturale. L’omino fermafinestre, i giochi da bambino di ieri e di oggi, i doppi vetri delle luminose finestre, il profilo di montagne che sono dentro il cuore, gli angoli senza tempo dei vicoli, l’albergo del nonno già parrucchiere di S.A.R. il Conte di Torino, ora del tutto rifatto, l’affresco sopra l’ingresso del negozio di famiglia ormai chiuso, sono particolari che, insieme agli altri, scelti e interpretati dal fotografo, fanno parte di una vita che non è più solo personale e individuale ma davvero collettiva e comune, sono insomma patrimonio di un intero paese. In aggiunta, l’accostamento o, meglio direi, la naturale fusione con le belle poesie di Don Remo Bracchi ed i lemmi del vocabolario del bormino Glicerio Longa coinvolgono e rendono attori partecipi di questa avventura coloro che, vivendo questi luoghi, esprimono le proprie esperienze ancora con la lingua immortalata nelle sue sfumature, diverse a seconda delle località, da Longa nel suo dizionario e da Ambrosina Rini Bläuer in Giunte al vocabolario di Bormio, tesi di laurea presso l’Università di Friburgo, pubblicata a Ginevra da Olschki nel 1924. La presenza di questa lingua ancora quotidianamente utilizzata è segno di un legame profondo ed esclusivo all’interno della comunità. A Bormio il dialetto è parlato diffusamente e soprattutto le persone più anziane – ma anche molti giovani – lo usano in modo corretto e forbito, rispettosi del modo antico; altri si 55


56


servono di un italiano dialettale o meglio dialettalizzano termini contemporanei. I ragazzi di oggi non sapranno forse neanche cosa sia uno sófrik (zolfanello) e sarà facile sentirli chiedere un fiamìfer e così la lingua, pur perdendo la sua colorita varietà, si fa nuova. In questo caso il dialetto assume poi una forza straordinaria, perché diventa strumento di poesia che, aprendoci nuovi spiragli sul sistema della realtà, ci coinvolge totalmente In conclusione, la nostra realtà è interpretata da un fotografo esterno, è circoscritta da parole di un tempo, ormai cristallizzate nel vocabolario, è evocata dalla forma poetica che, comunque, implica la presenza di un filtro tra l’emozione iniziale del poeta e l’espressione del messaggio, cioè tutte situazioni che presupporrebbero una sorta di distacco, di lontananza; eppure le emozioni che si provano sono molto forti e vanno aldilà dell’arbitrario sentimento personale verso una universalità di sentire che è propria dell’arte e che è un bene sia di chi vive il paese sia di chi lo vede dal di fuori. Cristina Pedrana Proh Ricercatrice storica

Don Remo Bracchi

L’é cumpàgn de na téla al nòs deštìn, che ognùn l’ordìsc sóra n teléir divèrs, ma l sè ricàm me l guàrda a l’indruvèrs e n vederà l’indrìz nóma a la fin. 57

Il nostro destino è come una tela che ognuno ordisce su un telaio diverso. Noi ora non vediamo che il suo ricamo sul rovescio. Il diritto ci apparirà soltanto al termine


Don Remo Bracchi

Al mónt l’é cùme l mur de na pregión, ma n pò šcoltàr la štràda, la plàza indù’ che i giùghen i bagón, vedér al cél de mèz a l’inferiàda. Il mondo è come la muraglia di una prigione, ma da dietro possiamo ascoltare la strada, la piazza chiassosa dove giocano i bambini, guardare il cielo dalle sue inferriate.

58


59


Don Remo Bracchi

Separa ogni finestra un dentro e un fuori. Soltanto i cuori sanno come congiungerli nel centro.

60


61


Don Remo Bracchi

Quànta štagión što védro l’à vedùda pasàr, e nöc’ e dì. L’à serà, là dervì a l’àqua, al sól, al calt, al fréit e al scédro. Quante stagioni questo vetro ha visto trascorrere, le notti e i giorni. Si è chiusa, si è aperta alla pioggia, al sole, al caldo, al freddo, al vento assetato.

62


63


Don Remo Bracchi

Ventola nel cielo terso, margherita dell’aria. o Le vortica intorno l’univers nel silenzio che svaria.

64


65


Don Remo Bracchi

Cortine di nuvole riflesse sul vetro. Un sogno sempre nuovo senza fine, ma che sempre rimane dietro. 66


67


Don Remo Bracchi

Dentro la stessa corrente entriamo e non entriamo. Quello che noi tocchiamo non era ancora, e più non è presente.

68


69


Don Remo Bracchi

Gocciola la fontana, sussurra un antico canto. Fino a quanto le memorie lontano, tu porterai, fontana, fino a quanto?

70


71


Don Remo Bracchi

Se glià, sóra al šcur de la štràda, te védesc na štèla pruìr, delónch al te pas al se fa plù sigùr, delónch ti te sasc in dùe ir. Se là, sopra il buio fitto della strada, tu scorgi una stella aprirsi come un germoglio, subito il tuo passo si fa sicuro, subito tu sai dove andare.

72


73


Don Remo Bracchi

Lungo una strada che nessuno sa bello è incontrare una figura amica. Quello che solo dopo si vedrà ci sembrerà quasi una patria antica.

74


75


Don Remo Bracchi

Ògni rión intórn a la sóa gés´a cùme intórn a la clócia un ròc’ de pói, placà sóta la sóa àla dištés´a, se l’ómbra del šparéir la šplénta al cói. Ogni contrada intorno alla sua chiesa come una covata di pulcini intorno alla chioccia, avvolta dalla sua ala aperta, quando l’ombra dello sparviero sconvolge la piccola famiglia.

76


77


Don Remo Bracchi

Šcondùda de n’ànta seràda, sotósc una màrcia la cànta. E tóta la sóna la štràda. Nascosta dietro un’imposta chiusa, una fanciulla canta sottovoce. Tutta la strada è invasa dalle sue note.

78


79


Don Remo Bracchi

Andare come un pensiero che si scolora, per non ricordare, forse, tutto ciò che addolora.

80


81


Don Remo Bracchi

Tra gli uomini e gli angeli un solo linguaggio è comune per tutti: dell’umile cetra che piange con palpiti come di piume, dell’arpa che canta con mugli di flutti, con voce di fiume.

82


83


Don Remo Bracchi

Lasciate giocare i fanciulli. Avranno altro tempo a conoscere il male. Lasciateli ai loro trastulli. Avranno altro tempo alle angosce.

84


85


Don Remo Bracchi

Un cavallino a dondolo, sospeso come un ciondolo, oscilla come un pendolo: del tempo fila il bandolo.

86


87


Don Remo Bracchi

Pasàr sóta la lùna e troàr su la štràda una štèla crodàda, l’é pròpi quéla che n pò dir furtùna. Inoltrarsi nei silenzi della luna e trovare sul sentiero una stella caduta, è una fortuna che nessuno si aspetta possa capitare a lui.



Già

oltre... Con leggerezza, con apparente semplicità, Nicolò Quirico suggerisce spunti di riflessione su temi che abbiamo sempre avuto davanti agli occhi e che evidentemente non abbiamo mai considerato abbastanza. Intreccia le immagini al linguaggio, lo studio alla suggestione di un momento; mette a fuoco associazioni di idee, rendendole visibili; gioca – spesso con un sorriso, ma mai con irriverenza – con il ricordo, con la cultura della tradizione, con i luoghi che lo circondano, con gli oggetti della quotidianità, trasformandoli in pensiero e in poesia. E questa serie dedicata a Bormio – un vero e proprio viaggio nel tempo, che accosta passato e futuro, tradizione e cultura del presente – rappresenta solo una delle possibili declinazioni della sua ricerca. Con straordinaria sensibilità, infatti, Quirico osserva i luoghi che lo circondano: si tratti della città di Milano o del lungo Adda, poco importa. Li osserva e li elabora, li guarda con occhio nuovo, li associa a un pensiero letterario, li ritrae sotto una nuova luce… trovando sempre la giusta chiave di lettura. Il profondo legame con il territorio (e con le sue tradizioni e la sua cultura) è certamente uno dei punti di forza dell’opera di Nicolò, sempre in bilico tra raffinato divertissement intellettuale e ricerca fotografica e iconografica. Questa attenzione verso il territorio – un territorio che, indiscutibilmente, merita una riscoperta dal punto vista storico, culturale e naturalistico – lo ha portato ad aderire con entusiasmo a Qui, già, oltre, progetto teso a valorizzare l’arte

90


La quinta mostra-anteprima del progetto Bormio pietre di carta ospite della rassegna Qui, già, oltre - L’arte in Brianza dal 1950 a oggi, Torciera di Villa Arese Lucini, Osnago LC, 2009

91


nella Brianza del nord-est, interpretandone correttamente il pensiero di fondo: guardarsi intorno, risvegliare l’ambiente culturale di un’area da questo punto di vista troppo spesso sottovalutata, per poi andare “oltre”, aprendo i confini, mescolando gli sguardi e i pensieri. Proprio come i lavori di Nicolò, che fanno riflettere su qualcosa che ci è molto vicino, che ci appartiene, invitandoci a riconsiderare ciò che è famigliare con altri occhi. Per poi capire meglio anche ciò che famigliare non è, e scoprire, magari, che anche il cosmo, all’apparenza tanto lontano e irraggiungibile, è comunque parte del nostro universo quotidiano, con quelle stelle che somigliano tanto ai cristalli dei lampadari appesi in un negozio di antiquariato. Simona Bartolena Storico dell’arte

Eppur si muove - dettaglio e opera completa, Bormio - antiquario Majocchi, 2009-2010, stampa ai pigmenti su carta prismatica, plexiglass, legni e stampati tipografici d’epoca, spazi tipografici in piombo, 120x80x10 cm. Opera unica realizzata in occasione dell’Anno internazionale dell’astronomia. 92


93


Gli Autori Nicolò Quirico è nato a Monza nel 1966. Dal 1985 realizza progetti di grafica e fotografia per aziende e per i maggiori editori italiani. Parallelamente, con due amici, da il via alla “ricerca degli Gnomi” che esplode a livello mediatico: grazie all’interessamento di stampa e case automobilistiche i tre viaggiano per l’Europa, trasformano poi i loro appunti di viaggio e reportage fotografici in libri per bambini (I Cercagnomi) interviste per radio e TV. Nel 2004 il suo studio diventa un laboratorio aperto per artisti e fotografi, e alla sua attività si aggiunge una nuova direzione: la ricerca concettuale, l’elaborazione di “visioni” che attraverso la fotografia raccontino il territorio con progetti articolati. Da allora ha realizzato più di venti mostre personali e numerose collettive, in spazi pubblici e privati: Castello di Corneliano Bertario | Museo della Seta Abegg, Garlate | Casa dell’energia AEM, Milano | Palazzo Cicogna, Busto Arsizio | Museo Cesare Cantù, Brivio | Villa Pomini, Castellanza | Studio Eclettika, La Loggia, Torino | Terme Milano e Bagni Nuovi spa | LifeGate Café, Milano. Le sue immagini sono state pubblicate dalla rivista Il Fotografo e da Silvana Editore. Nel 2009 ha vinto il Premio nazionale fotografare il territorio - Comune di Peccioli organizzato dalla Fondazione Vittorio e Piero Alinari di Firenze.

Paola Sosio Nata a Semogo, a 19 anni inizia a viaggiare operando per importanti compagnie alberghiere internazionali. Dal 1986 per quasi venti anni, si occupa di gestione, marketing e comunicazione per prestigiosi marchi del lusso italiani, quali Bulgari e Loropiana in Europa. Appassionata di fotografia e arte contemporanea, nel 2008 crea Temporary Art Gallery, spazio dedicato alla fotografia, e nel 2009 da vita a un punto d’incontro per l’arte a Bormio. Vive e lavora a Milano. 94


Il Prof. Don Remo Bracchi è nato a Piatta di Valdisotto il 10 settembre 1943. Laureato in Lettere classiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel 1972, è stato ordinato sacerdote salesiano a Chiari il 28 maggio 1975. è Professore Ordinario di Glottologia e di Storia della Lingua Greca e Latina nella Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche presso l’Institutum Altioris Latinatis della Pontificia Università Salesiana di Roma. Poliglotta. Autore di centinaia di articoli su diversi argomenti glottologici e linguistici, si cura soprattutto dell’ambito intermedio tra linguistica ed etnografia (è appena uscito a Tübingen il volume Nomi e volti della paura nelle valli dell’Adda e della Mera, nella prestigiosa collana dei Beihefte della Zeitschrift für romanische Philologie, Niemeyer 2009). Fondatore e Direttore del Bollettino Storico dell’Alta Valle e cofondatore e Presidente del Centro Studi Alta Valtellina e dell’IDEVV - Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Con la sua carriera, i suoi studi, le sue consulenze in campo linguistico ha indubbiamente conseguito, come recita il Bando del Premio Lions d’Oro, significative benemerenze nel campo delle lettere, delle scienze e delle arti, onorando così in modo straordinario il nome di Sondrio e della sua provincia in Italia e nel mondo.

95


Le oltre cento opere di cui è composto il progetto sono stampate in tiratura limitata con tecnologia ai pigmenti su carta prismatica e alluminio. Alcune immagini sono unite a vecchi legni, ferri, stampati tipografici e stampe ai pigmenti su carta d’epoca.

PER INFORMAZIONI: Temporary Art Gallery Paola Sosio Milano - Bormio Sede a Bormio presso: Hotel Meublè Sertorelli Reit Via Monte Braulio, 4 - Bormio cellulare: +39.340 86 79 527 Info@temporaryartgallery.it www.temporaryartgallery.it Nicolò Quirico Via Garavesa 2-4 23898 Imbersago LC telefono: 039 99 20 612 cellulare: +39.347 48 63 383 quirico@quirico.com www.quirico.com



TEMPORARY ART GALLERY PAOLA SOSIO


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.