Rapaci gravine
i
delle
N.Cillo, V. Giacoia & F. Bellini
Testi:
Vittorio Giacoia Nicola Cillo Progetto grafico, acquerelli e matite:
Nicola Cillo ©
POR PUGLIA 2000-2006 “Piano d’azione per la conservazione del Capovaccaio e azioni di conservazione del Grillaio, del Nibbio reale e del Nibbio bruno nella ZPS-SIC AREA DELLE GRAVINE”. Copyright © 2008 OASI LIPU GRAVINA di LATERZA. Tutti i diritti sono riservati. Il contenuto di questa pubblicazione, immagini e testi, è di proprietà degli autori. Nessuna parte può essere utilizzata, in alcun modo e su qualsiasi mezzo, senza l’autorizzazione scritta degli autori.
Un piccolo “vademecum” per entrare nel mondo affascinante degli uccelli predatori che volteggiano nei cieli delle Gravine joniche. Questo piccolo volume non vuole essere né una guida al riconoscimento sul campo, né un testo per specialisti del settore. Vuole essere, invece, un pratico libretto da tenere a portata di mano, per suscitare in tutti curiosità e interesse, per avvicinarsi in maniera più consapevole e sincera agli uccelli rapaci del nostro territorio e, magari, anche per far vivere più a lungo nei nostri occhi un avvistamento e catturare più facilmente nella nostra memoria l’emozione di un inaspettato incontro in natura. I rapaci hanno da sempre impressionato per la loro fierezza, per la loro abilità nel volo e nella caccia e, nella storia dell’uomo, compaiono ora quali divinità, ora quali simboli di potere e di comando. Oggi i rapaci sono animali in rarefazione in tutto il mondo, con molte specie a rischio di estinzione. L’Area delle Gravine custodisce 15 specie di rapaci nidificanti ed è luogo di sosta e di transito per altre 8 specie migratrici. Il Capovaccaio, l’avvoltoio degli egizi, ha in questo territorio uno degli ultimi siti di nidificazione italiani. Le gravine, in una regione praticamente priva di montagne, rappresentano per questi animali luoghi indispensabili per la nidificazione: pareti mozzafiato e angoli naturali di assoluta tranquillità. Questo territorio quindi gioca un ruolo fondamentale per la salvaguardia dei rapaci in Puglia. Nella pianificazione e nella gestione di questa nuova area protetta si dovrà tener conto delle esigenze di questa fauna così preziosa, così rara ed estremamente vulnerabile. Nelle pagine dedicate alle diverse specie nidificanti all’interno del SIC-ZPS “Area delle Gravine”, per ogni rapace sono riportate la distribuzione nazionale, la sagoma in volo con le dimensioni, la presenza nel territorio delle Gravine e la cartina della distribuzione nazionale. Infine, abbiamo scelto di non citare gli autori delle fonti con i riferimenti bibliografici per ragioni di spazio e per rendere questa guida più agile e accessibile. Ci teniamo a precisare, comunque, che le informazioni contenute in queste pagine sono frutto del nostro lavoro sul campo e di quello di tanti altri ornitologi, studiosi e osservatori dellaÊ natura.Ê GliÊ autori
Non è un caso che la prima guida naturalistica monografica dell’Area delle Gravine sia dedicata ai rapaci. Gli amici della LIPU che da circa dieci anni si occupano della salvaguardia e della tutela dell’Oasi della Gravina di Laterza, che è parte integrante del Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine”, hanno ovviamente al centro dei loro interessi e dei loro impegni questi splendidi ed affascinanti animali. Animali tanto straordinari quanto tra i più minacciati di estinzione in Italia e nel mondo. Qui a Laterza si è riusciti a creare un accordo scritto, ormai divenuto un sodalizio negli anni, tra Provincia di Taranto, Comune di Laterza e LIPU, che è stato un passo fondamentale nella recente storia della salvaguardia e della tutela del nostro straordinario patrimonio naturalistico comunale. Grazie a questa unione di intenti e di volontà, si sono intraprese nuove azioni e sono stati realizzati progetti, alcuni in fase di ultimazione, che hanno cambiato radicalmente e in positivo il volto di alcuni luoghi, ne hanno di gran lunga migliorato la fruizione di altri, hanno attratto negli anni diverse migliaia di visitatori e turisti. Sono stati recuperati siti storici, sono stati rimossi rifiuti speciali con l’ausilio anche di mezzi aerei dalle profonde gole delle gravine, sono state portate a termine con successo alcune operazioni scientifiche di interesse internazionale per la salvaguardia del Capovaccaio, è inevitabilmente cresciuto nella gente il bisogno di conoscere meglio il proprio ambiente naturale, la flora e la fauna. Proteggere e valorizzare il nostro territorio è tra i nostri principali obbiettivi che si devono conciliare quotidianamente con lo sviluppo socio-economico del territorio e della comunità locale. Per farlo bisogna imparare a conoscere la varietà di specie che vivono nei nostri luoghi. Pertanto è fondamentale mettere a disposizione di tutti i mezzi più opportuni per acquisire tali capacità. é per questa ragione che accetto con entusiasmo l’invito a presentare questa piccola guida sugli uccelli rapaci delle nostre gravine, che sottolinea il lavoro finora svolto in questa direzione, annunciando il rinnovato impegno personale volto a fare della gravina di Laterza in particolare, e delle altre gravine in generale, un’area naturalistica e culturale di interesse internazionale. Giuseppe Cristella Sindaco di Laterza
Il termine “gravina” è una parola tipicamente pugliese indicante un solco torrentizio con caratteristiche di gola. Talvolta le gravine assumono l’aspetto e le dimensioni di piccoli canyon, profondi anche diverse decine di metri, che giustificano la radice del termine “grave” che nel dialetto locale significa voragine. Le gravine sono presenti in un territorio molto vasto che copre gran parte del settore occidentale e centrale della Provincia di Taranto. I fiumi che, con la loro determinante azione di erosione meccanica, hanno scavato e plasmato le rocce calcaree creando il suggestivo paesaggio “gravina”, hanno ormai carattere torrentizio. L’erosione fluviale è avvenuta su rocce calcaree sedimentarie di età cretacica o plio-pleistocenica. Queste ultime, talvolta ricche di fossili di Lamellibranchi, Gasteropodi ed Echinoidi, testimoniano i fenomeni di ingressione marina che hanno caratterizzato gran parte della Regione. La genesi e l’evoluzione delle gravine è stata certamente influenzata anche da altri fattori e, in particolare, dai fenomeni legati alle vicende tettoniche di tipo distensivo di epoca terziaria che hanno interessato l’intero altopiano murgiano. La più grande delle circa 60 gravine ioniche è quella di Laterza: un vero e proprio canyon,
LE GRAVINE
con i suoi 12 km di lunghezza, i 200 metri di profondità e i 400 metri di larghezza. Il suo sviluppo meandriforme, le imponenti pareti verticali, le creste di roccia e i pinnacoli sospesi nel vuoto rendono il paesaggio unico ed emozionante. Oggi, la maggior parte delle gravine dell’Arco ionico è inclusa nel SICZPS “Area delle Gravine” e nel Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine”. Un territorio ricco di storia e natura, dove sono presenti habitat e specie animali di interesse comunitario e dove non è difficile incontrare anche tracce e segni di antiche civiltà. Habitat di steppa mediterranea, pinete mesogene endemiche, Euforbie arboree, querceti di Fragno e foreste di Leccio rivestono il suggestivo e peculiare paesaggio roccioso delle gravine e danno ospitalità a rare specie botaniche e a numerose specie protette di Mammiferi, Uccelli, Rettili e Anfibi. Moltissimi micro-habitat, più o meno nettamente delimitati, con caratteristiche variabili, talvolta anche opposte, costituiscono la vera ricchezza delle gravine: aree di roccia nuda, burroni umidi ricoperti di vegetazione, angoli di foreste vergini ed impenetrabili, intricati boschi di Leccio, indigene pinete a Pino d’Aleppo, macchie compatte di Lentischi, microambienti di acque stagnanti, piccole risorgive carsiche, terreni aridi, depressioni detritiche, grotte buie, cavità e ripari sottoroccia, tutte aree a diversa esposizione, molto soleggiate, in penombra o buie, ospitano una vegetazione mediterranea talvolta anche rara, con diverse specie relitte. Oltre 600 specie botaniche censite, 70 specie di Uccelli nidificanti, 40 specie di Mammiferi, di cui 9 Chirotteri sinora censiti, 17 specie di Rettili, 7 specie di Anfibi, diversi dei quali di importanza prioritaria per la conservazione a livello europeo, fanno dell’Area delle Gravine uno dei territori a maggiore biodiversità presenti nella Regione. Abitate sin dal paleolitico medio, le gravine con le loro grotte e ripari sotto roccia hanno accompagnato l’evoluzione dell’umanità attraverso lo sviluppo di diverse civiltà, tra cui la più antica è la civiltà Eneolitica di Laterza esistita tra il III e il II millennio a.C. a cui sono seguite la civiltà appenninica e la civiltà dei Peuceti, prima dell’arrivo di quella Greca e Romana. Ma è nel medioevo che si diffonde nell’area delle gravine una particolare civiltà denominata “civiltà rupestre” che sceglie di vivere nelle gravine lasciando consistenti e mirabili esempi artistici e testimonianze di una sapiente e peculiare convivenza tra ambiente naturale ed urbano. V.G.
Gli uccelli rapaci sono specie particolarmente protette, come recita la legge n.157 del 1992, “la legge sulla caccia”. Inoltre, grazie alla Direttiva Comunitaria n. 409 del 1979, nota come “Direttiva Uccelli” e alla Direttiva Comunitaria n. 43 del 1992, nota come “Direttiva Habitat”, e alla legge quadro sui parchi, la legge n. 394 del 1991, esistono gli strumenti per tutelare non solo i rapaci, ma anche e soprattutto i loro ambienti.
IlÊ ruoloÊ inÊ natura
Gli uccelli rapaci sono predatori e svolgono pertanto un ruolo molto importante all’interno degli ecosistemi. Nelle catene trofiche occupano i livelli più alti; infatti, in tutti gli ecosistemi il primo livello trofico è costituito da organismi produttori come le piante, il secondo livello da consumatori primari come le Cavallette o i Roditori e, soltanto dal terzo livello trofico in poi, compaiono gli animali predatori come gli Uccelli rapaci. A causa della perdita di energia lungo la catena alimentare (ad ogni passaggio circa il 90% si disperde sottoforma di calore), i livelli trofici, cioè gli anelli della catena, sono al massimo cinque, in casi eccezionali sei, e i predatori non sono mai molto numerosi. Spesso si tratta di specie molto vulnerabili, con un basso tasso riproduttivo, e, talvolta, interventi umani apparentemente poco invadenti possono provocare modifiche nell’equilibrio di un ecosistema tali da causare la scomparsa di questi animali. Eppure, la presenza dei rapaci, oltre a costituire un inestimabile valore estetico, risulta di fondamentale importanza per il mantenimento della biodiversità. La predazione è, infatti, la relazione interspecifica più importante per gli effetti equilibranti sulle specie preda. Innanzi tutto, all’interno di una popolazione di specie preda, i predatori tendono a selezionare gli individui più deboli, malati o vecchi, assumendo quindi il ruolo di “selezione naturale” e lasciando vivi gli individui più “adatti” all’ambiente. Fondamentale è poi il compito di contenimento che i predatori assolvono su specie che potrebbero espandersi eccessivamente fino a compromettere le risorse disponibili. Infatti, i predatori cacciano più frequentemente le specie presenti in un ecosistema con le popolazioni più numerose, contenendone l’espansione e favorendo indirettamente altre specie preda meno invadenti; la competizione tra le specie che sfruttano le stesse risorse ambientali non supera livelli critici e il risultato è un importante contributo al mantenimento della biodiversità. Non è assolutamente vero, quindi, come si pensava in passato, che i prelievi effettuati dai rapaci rappresentino un danno; si pensi al benefico effetto dei rapaci notturni come il Barbagianni sulle popolazioni di Roditori presenti nei nostri centri abitati o al prelievo giornaliero di migliaia di Cavallette da parte dei Grillai presenti nel territorio delle Gravine e della Murgia. Il regime alimentare dei rapaci varia da specie a specie. Molti rapaci cacciano prevalentemente animali erbivori, come il Grillaio, che si nutre prevalentemente di Ortotteri (Cavallette e Grilli) o la Poiana, la cui dieta è costituita soprattutto da piccoli Roditori come le Arvicole. Il Falco pellegrino è perfettamente adattato a cacciare in volo uccelli di medie dimensioni come i Colombi. Altri rapaci occupano livelli più alti della catena trofica, cibandosi a loro volta di animali carnivori. È il caso del Biancone, uno dei rapaci più specializzati, la cui dieta è costituita quasi esclusivamente di serpenti, o del Lanario che a volte può predare altri rapaci come il Grillaio, ma l’esempio più emblematico di “superpredatore” è senza dubbio il Gufo reale, tra le cui prede rientrano anche il Barbagianni e il Gufo comune e nelle cui borre sono stati trovati addirittura i resti di giovani falconi. N.C.
CAPOVACCAIO
Neophron percnopterus
migratore presente da marzo a settembre
apertura alare 160-170 cm
Il Capovaccaio e le Gravine, un legame antico Un fascino particolare subisce chi osserva il Capovaccaio volare in modo agile ed elegante all’interno delle gravine; con virate improvvise, lente planate e rapide ascese, il più piccolo avvoltoio europeo sembra essere stato concepito proprio per questi ambienti. Non sa resistere all’attrazione per le mandrie al pascolo, le risorse trofiche principali, quando sono presenti. Si ciba infatti degli escrementi, delle placente e dei resti, soprattutto di bovini. Da qui il termine Capovaccaio. Non attacca mai animali vivi; talvolta ruba le uova o preda pulcini di altre specie. In Africa, per rompere le uova di Struzzo, utilizza, come pochi altri animali sanno fare, un sasso a mo’ di scure. Da qui il nome scientifico della specie: Neophron percnopterus, dal greco percnos=scure e pteros=ali. Neophron è un personaggio mitologico descritto da Ovidio nelle Metamorfosi e trasformato in avvoltoio da Zeus.
TempiÊ duriÊ perÊ gliÊ avvoltoi
La popolazione più consistente nell’Europa occidentale è quella spagnola, con circa un migliaio di coppie. Ad Est dell’areale, quella più numerosa, ma poco conosciuta, si trova in Turchia. Nel resto degli altri Paesi europei sopravvivono localmente piccole popolazioni sempre sull’orlo dell’estinzione. È un migratore e sverna in Africa a sud del Sahara. In Italia il Capovaccaio è rarissimo, migratore e nidificante. Storicamente era presente sulle Alpi MarittiIn Africa il Capovaccaio apre le uova di me e su tutto l’Appennino. Oggi sopravvive con meno struzzo per mangiarne il contenuto, utilizzando pietre che scaglia con forza e di dieci coppie tra Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Il precisione. bracconaggio, il disturbo nei siti di nidificazione, le modificazioni dell’ambiente, la scomparsa del pascolo brado, l’uso dei bocconi avvelenati destinati al lupo e ad altri animali, hanno determinato in meno di cinquant’anni, la quasi totale estinzione della specie.
Il Filo di Arianna
Da alcuni anni, la LIPU e il WWF, con la collaborazione di altre associazioni, Enti pubblici, appassionati e naturalisti, stanno conducendo azioni di salvaguardia che, se ripetute negli anni, potrebbero scongiurare l’estinzione della specie. Si sta adottando la tecnica denominata “hacking” che permette, sfruttando le straordinarie naturali capacità di navigazione di questi uccelli, di ripopolare nuovamente i territori in cui la specie era storicamente presente. Per realizzarla sono stati utilizzati giovani Capovaccai nati in cattività presso il centro di riproduzione del WWF di Semproniano (GR), rilasciati all’età di 60 giorni circa nella località prescelta, in una cavità su parete. Dopo un opportuno periodo di ambientamento nel nido adottivo, è stata data ai giovani Capovaccai la possibilità di involarsi. Trascorsi circa 15 giorni in prossimità della cavità-nido, poi, nei giovani Capovaccai è subentrato l’irrefrenabile istinto a migrare verso sud, sino ai loro naturali Il monitoraggio satellitare del viaggio di quartieri di svernamento in Africa. Tra qualche Arianna ha contribuito notevolmente ad approfondire le conoscenze sulla specie. anno, raggiunta o quasi, la maturità sessuale, si spera che i soggetti liberati possano tornare nei luoghi da cui alcuni anni prima si erano involati, colonizzando nuovamente il territorio e dando origine ad una nuova popolazione. L’hacking del Capovaccaio è stato realizzato nell’Oasi LIPU Gravina di Laterza, in Puglia, nel quadriennio 2004-2007 ed ha portato all’involo di 6 giovani di Capovaccaio: Laerte, Alì e Turchino, Barbara e Arianna, Arturo. Arianna, equipaggiata con un trasmettitore radio-satellitare, periodicamente fornisce dati sulla sua posizione nelle aree di svernamento, testimoniando il successo di tali attività. V. G.
NIBBIO REALE
Milvus milvus
stanziale
apertura alare 145-165 cm
Un fragile aquilone L’IUCN, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, giudica “in pericolo” lo stato del Nibbio reale. In diversi paesi Europei si stanno compiendo sforzi per arrestare il declino di questa specie, determinato da diversi fattori: alterazioni degli habitat, sviluppo dell’agricoltura estensiva, abbandono della pastorizia, utilizzo di ratticidi e di bocconi avvelenati e centrali eoliche. La collisione diretta con le pale eoliche di uccelli veleggiatori come Aquile, Avvoltoi, Nibbi, Poiane, Bianconi, Cicogne, Gru, ma anche di Passeriformi e Pipistrelli, è stata ampiamente documentata da studi scientifici svolti in Europa e Stati La struttura slanciata e la Uniti. leggerezza consentono a In Puglia, fino a qualche anno fa, la popolazione più questo rapace consistente di Nibbio reale era quella dell’Appennino di volare a lungo senza sforzo e di compiere spettaDauno con 7-12 coppie. Oggi, dopo l’insediamento di colari acrobazie. numerose torri eoliche, si è ridotta a 2-4 coppie.
Il carnaio, una risorsa strategica Il carnaio, situato nell’Oasi di Laterza, è una delle iniziative realizzate nell’ambito del POR ed è finalizzato alla salvaguardia del Capovaccaio e dei Nibbi. In questo luogo protetto e sorvegliato vengono depositate periodicamente carcasse di animali di sicura provenienza, per offrire risorse alimentari ai rapaci necrofagi. La modernizzazione degli allevamenti, le nuove disposizione comunitarie sullo smaltimento degli scarti di macelleria e la conversione agricola dei pascoli hanno di fatto allontanato i rapaci dalle mandrie e dalle greggi, rompendo un’interazione ecologica e culturale che durava da secoli.
BentornatoÊ nelleÊ gravine
Nibbi e Avvoltoi, insieme a Corvi e Gabbiani, sono grandi frequentatori di discariche dove, tra i rifiuti organici, spesso si raccolgono anche veleni letali. I carnai hanno la funzione di contribuire al sostentamento di questi rapaci assicurando una fonte di cibo costante, sicura e più naturale.
L’aiuto alimentare fornito dal carnaio ai rapaci ha dato i suoi frutti. Dopo circa 15 anni, nel 2007, quattro giovani Nibbi reali si sono involati nei cieli delle Gravine ioniche. I Nibbi reali sono ormai diventati assidui frequentatori del carnaio. All’interno della ZPS-SIC sono presenti due coppie stabili e la presenza di altri individui fa ben sperare nella formazione di future coppie. Il ritorno del Nibbio reale è legato anche alla presenza di luoghi indisturbati per la nidificazione, dove il bosco sembra intricarsi per difendere angoli intatti di selvaggia bellezza, rimasti tali proprio per la loro inaccessibilità. Questi angoli di bosco sono preziosi anche per un altro rapace particolarmente sensibile al disturbo: il Biancone. N. C.
Le pinete delle gravine custodiscono angoli tranquilli e indisturbati, indispensabili per la nidificazione di rapaci come il Nibbio reale.
NIBBIOÊ BRUNO
Milvus migrans
migratore presente da marzo a settembre
Instancabile volatore
apertura alare 130-155 cm
Il Nibbio bruno è un rapace presente in tutto il Paleartico con tre sottospecie; Milvus migrans è diffuso in Europa e nella parte occidentale del Nord Africa. Le principali differenze rispetto al Nibbio reale sono: le dimensioni inferiori, una livrea meno Verso la fine dell’estate, concluso il ciclo riproduttivo, i Nibbi bruni si raducontrastata e l’attitudine migrato- nano in gruppi numerosi per affrontare il viaggio migratorio che li porterà in Africa. ria. L’elemento che permette, anche a lunga distanza, di distinguere i due Nibbi tra loro è la coda meno forcuta del bruno. L’aspetto generale, comunque, è meno slanciato e il piumaggio presenta toni più bruni e non rossicci come nel reale. “Kite”, aquilone, è il nome che gli inglesi hanno dato ai Nibbi e basta vederli volare per capire perché. La struttura leggera consente di veleggiare a lungo per scrutare il suolo alla ricerca di cibo e la lunga coda permette di compiere agili acrobazie.
Il Nibbio bruno è anche abile nell’afferrare i pesci a pelo d’acqua senza tuffarsi. Nella dieta dei Nibbi, oltre agli animali vivi più facili da catturare, tra cui Pesci, Anfibi, piccoli Rettili, nidiacei di Uccelli, Ratti e altri piccoli Mammiferi, hanno un peso non trascurabile animali morti, scarti e rifiuti organici reperiti nelle discariche. I Nibbi sono attratti da carte, buste di plastica e altro materiale che prelevano nelle discariche o ai bordi delle strade per decorare il nido.
L’importanza delle Gravine per i Nibbi La presenza d’acqua in un habitat è la discriminante per l’insediamento dei Nibbi, in particolare per il bruno. Le valli fluviali della Basilicata rappresentano il cuore dell’areale meridionale di entrambe le specie nella penisola. La Puglia è al margine di questo areale e, mentre le popolazioni del Subappennino dauno sono in declino, quelle delle Gravine registrano un andamento favorevole, grazie anche al carnaio realizzato dall’Oasi LIPU di Laterza con il progetto POR. I boschi delle gravine, dove i Nibbi nidificano, rivestono quindi un’importanza vitale per la conservazione di questi splendidi veleggiatori nella nostra regione.
Manutenzione stradale I Nibbi vengono spesso etichettati come “spazzini”, assidui frequentatori di discariche e considerati Uccelli più vicini ai Corvi che ai rapaci predatori. Ciò è senza dubbio fondato, ma non bisogna sottovalutare il ruolo importante che questi uccelli svolgono in natura. Cibandosi di animali morti, feriti o malati, i Nibbi, come altri necrofagi quali gli avvoltoi, evitano il diffondersi di patologie che potrebbero essere dannose per altri animali e in generale per l’equilibrio degli ecosistemi. Il traffico automobilistico uccide continuamente animali domestici e selvatici e questo lo hanno imparato bene i Nibbi e i Corvidi che svolgono un’accurata “manutenzione ecologica” delle strade extraurbane. N. C.
BIANCONE
Circaëtus gallicus
migratore presente da marzo a settembre
L’Aquila dei serpenti
apertura alare 160-180 cm
Questo grande rapace migratore fa la sua comparsa nelle aree di nidificazione europee verso la prima decade di marzo, dopo aver trascorso il periodo di svernamento nei quartieri africani, compresi tra il 10° e il 20° Parallelo Nord. Il piumaggio bianco delle parti inferiori, la testa grossa e sporgente, le ali lunghe e larghe lo rendono in volo facilmente riconoscibile, anche ad un occhio non particolarmente esperto. Si nutre principalmente di serpenti e questa “specializzazione” lo porta a frequentare aree aperte dove poter cacciare i rettili, situate nelle vicinanze di boschi in cui nidificare. La posizione più frontale dei grandi occhi per una migliore visione binoculare, le dita più corte e tozze, il rivestimento dei tarsi, sono alcuni degli adattamenti finalizzati alla caccia dei serpenti e che caratterizzano il genere Circaëtus. In Italia il Biancone è nidificante in varie regioni, con maggiore densità sul versante tirrenico e sulle Alpi. In Puglia la densità è molto bassa e le aree di presenza sono il Gargano, l’altopiano delle Murge e le Gravine ioniche.
Predatore di predatori Il Biancone in caccia sorvola aree aperte di steppa, pascoli cespugliati o anche radure all’interno di boschi, tutti luoghi frequentati dai serpenti. La tecnica è quella di pattugliare l’area da una quota compresa tra i 50 e i 600 m e, a vederlo sospeso a “spulciare l’erba” da così in alto, si comprende la famosa acutezza visiva degli uccelli rapaci, il mitico “occhio di falco”. Quando avvista la preda, scende ad ali semichiuse in picchiate non rapide e spesso intervallate a soste durante le quali rimane sospeso in “spirito santo” per studiare i movimenti della preda. Il Biancone, dopo aver predato il Il Biancone scende sul rettile bloccando subito serpente, lo ingoia e lo trasporta al nido con la coda penzoloni. Raramente lo il tronco con le zampe, para eventuali tentativi si vede trasportare prede tra gli artigli. di reazione con le ali e afferra con il becco la nuca del serpente per rompergli le vertebre e ucciderlo. Grossi Colubri costrittori, come Cervoni e Saettoni o serpenti velenosi come le Vipere, sono pericolosi anche per il Biancone, che deve imparare a neutralizzarli con rapidità ed efficacia. A tal proposito il giovane viene addestrato a “gestire i serpenti” prima con prede tramortite e, col passare del tempo, con rettili sempre più attivi.
UnicoÊ erede
Sono i primi giorni di marzo, la primavera si è già annunciata con la comparsa degli anemoni e il passaggio dei primi balestrucci, un verso flautato echeggia nel cielo delle gravine: è tornato il Biancone. Dopo aver preso possesso del territorio, la coppia costruisce il nido su latifoglie sempreverdi o conifere che vegetano in boschi maturi, in piccoli rimboschimenti o anche in boscaglie di macchia evoluta, comunque tranquilli e lontani dalla presenza umana. Nonostante le sue dimensioni e il bianco della livrea, il Biancone riesce a passare innosservato, adottando atteggiamenti nei pressi del nido particolarmente elusivi. Il nido è una coppa di rami modesta in proporzione alla mole del rapace, all’interno della quale viene deposto un solo uovo. La cova dura 47 giorni; il pullo, che nasce coperto da un soffice piumino bianco, impiega ben 60 giorni per acquisire il piumaggio completo. Anche dopo l’involo, il giovane viene alimentato e seguito dagli adulti fino alla completa emancipazione. A settembre i Bianconi lasciano le Gravine per compiere il viaggio verso sud che li porterà a sorvolare le savane africane del La presenza del Biancone Sahel dove passe- indica il buono stato di salute di un ambiente. I serpenti che preda sono a ranno l’inverno. loro volta predatori ai vertici di complesse reti trofiche. N.C.
POIANA
Buteo buteo
stanziale
apertura alare 110-130 cm
MacchinaÊ daÊ preda Sicuramente il nostro sguardo è stato, almeno una volta, catturato dal volo di una Poiana. La Poiana è una perfetta macchina per cacciare; le armi sono costituite da un becco adunco e due forti zampe terminanti con lunghi artigli ricurvi. Le ali sono larghe, la coda ampia e rotonda, il collo tozzo e robusto. Il volteggiare è simile a quello dell’Aquila, anche se il suo profilo è più tozzo, la testa in proporzione più piccola ed arrotondata e la coda più corta. I battiti d’ala di questo rapace sono piuttosto pesanti. Volteggia per ore descrivendo ampi cerchi; la sagoma ad ali distese con la coda aperta a ventaglio e il caratteristico grido la rendono facilmente riconoscibile. Spesso però risulta il rapace più confuso. Infatti, la livrea della Poiana è molto variabile; la forma chiara, diffusa nel Nord Europa, è così diversa dalla forma scura da sembrare a prima vista un’altra specie.
La Poiana usa frequentemente lo “spirito santo” per scrutare il suolo a caccia di prede. Nelle giornate ventose è facile scorgerla immobile, ad una trentina di metri d’altezza, sorretta dal vento contrario, mentre osserva il terreno.
UnÊ rapaceÊ eclettico
Il volo è silenzioso, il suo arrivo improvviso. La vittima, spesso, si accorge della sua presenza solo quando ha gli artigli del rapace piantati nella schiena. Il becco, ricurvo e robusto, è un attrezzo perfetto che la natura ha donato a questo rapace per lacerare e strappare brandelli di carne. La Poiana si ciba di prede vive come piccoli Mammiferi, Roditori, Conigli,Coleotteri, Rettili, anfibi, piccoli Uccelli e, all’occorrenza, anche di carogne. La specializzazione della Poiana è quella di non essere un “rapace specializzato”; l’ampio spettro alimentare è la ragione del suo successo. Il suo eclettismo predatorio la spinge verso prede diverse, in funzione anche delle stagioni. Ad esempio nelle brevi giornate invernali è solita sostare, specialmente al mattino, sui pali telefonici lungo le strade, a caccia di Arvicole che spesso abbondano ai margini dei campi coltivati.
La difesa del territorio è un aspetto del comportamento dei rapaci che varia da specie a specie. La Poiana è particolarmente intollerante con gli individui della propria specie (aggressività intraspecifica), sia che si tratti di migratori di passo, sia di immaturi.
Danzando nell’aria Frequenta montagne, colline, vallate, pianure, regioni boscose ed ampi spazi coltivati. Nidifica sui fianchi delle pareti rocciose e sugli alberi. Nell’Area delle Gravine è, insieme al Gheppio, il rapace più facilmente avvistabile. La sua popolazione è aumentata negli ultimi anni ed ora è stabilmente nidificante in gran parte del territorio delle Gravine. Caratteristico e facile da osservare nel periodo riproduttivo è il suo volo nuziale: emettendo versi lamentosi che riecheggiano tra le pareti delle gravine, i componenti della coppia salgono verso il cielo e ridiscendono ad ali chiuse in un susseguirsi di ascese e picchiate, creando un movimento ondulatorio noto come “ volo a festoni”. V. G.
LANARIO
Falco biarmicus
stanziale
apertura alare 95 -110 cm
Il Re della steppa mediterranea
Il Lanario è un Falconide distribuito su un vasto areale che comprende gran parte dell’Africa, il Mediterraneo centro-orientale, la Penisola arabica e la Regione Caucasica, dove sono presenti 5 sottospecie; quella diffusa nel Mediterraneo e nella regione Caucasica è Falco biarmicus feldeggii. In Italia si concentra circa il 50% dell’intera popolazione di feldeggii, quindi il nostro Paese gioca un ruolo fondamentale per la salvaguardia di questo falco. Il Lanario è considerato “Vulnerabile” da BirdLife International e compare nella Lista Rossa Nazionale come specie “In pericolo”. È distribuito in Italia con piccoli nuclei, dall’Appenino emiliano alla Sicilia, con densità maggiore nelle regioni meridionali. In Puglia la specie è presente sul Gargano, nelle Murge e nelle Gravine Ioniche, territori che offrono sia sistemi di pareti su cui nidificare, sia aree aperte come le steppe mediterranee dove cacciare.
Un formidabile cacciatore Il Lanario frequenta zone aperte, tendenzialmente aride, come steppe, pascoli e praterie collinari. Rispetto al Pellegrino, il Lanario ha una struttura più snella con la coda più lunga, il vertice della testa rossiccio e le parti superiori di un grigio con toni più caldi. I giovani delle due specie invece sono molto simili tra loro e distini Lanari delle gravine, la conservazione guerli spesso è un’impresa difficile anche per un osser- Per degli ambienti di steppa mediterranea è di vitale importanza. Questi habitat sono il regno vatore esperto. degli Alaudidi, come la Cappellaccia. Questo falco caccia una grande varietà di prede, principalmente uccelli, ma anche vertebrati e grossi insetti. Tra le sue prede alate compaiono piccoli passeriformi, Alaudidi, Corvidi, Colombi, Quaglie, ma, se capita, anche rapaci come Grillai ed Albanelle. Ogni predatore adatta la tecnica di caccia in base alla preda, al territorio e alle proprie peculiarità. Il Lanario usa picchiare sulla preda, senza però raggiungere le straordinarie velocità del Pellegrino, essendo strutturalmente diverso, più leggero e meno compatto. Una tecnica che utilizza con grande efficacia e che risulta perfetta in ambienti aperti è quella di volare molto basso, sfruttando il fattore sorpresa per le prede posate a terra che lo vedono materializzarsi all’improvviso dalla cima di una collinetta o di un muretto a secco. I giovani falchi appena involati possono trovare una fonte di cibo facile nelle cavallette che cacciano da un posatoio elevato o direttamente al suolo.
Un falco in pericolo La protezione legale non basta a scongiurare il declino di questo falco. Il prelievo criminale delle uova o di pulli destinati a falconieri e collezionisti senza scrupoli, negli anni passati, ha pesantemente influito sulle popolazioni di Lanario del Sud Italia, in particolare di Sicilia, Calabria e Puglia. La trasformazione della stepppa mediterranea in terreni agricoli o in insediamenti eolici, unita al disturbo presso le pareti di nidificazione arrecato da pratiche come l’arrampicata sportiva, sono le principali minacce per il futuro del Lanario nel territorio delle Gravine e delle Murge. N.C.
FALCO PELLEGRINO Falco peregrinus
stanziale
apertura alare 90 -113 cm
La natura errante di questo falco è la chiave della sua ampia distribuzione. Il Pellegrino è presente in tutti i continenti, ad esclusione dell’Antartide, dimostrando una straordinaria adattabilità. Questo falco abita i cieli delle tundre, delle montagne alpine, delle pianure della Patagonia, di tanti altri ambienti naturali e, in tempi recenti, ha fatto il suo ingresso anche nell’ambiente metropolitano. Roma, Napoli, Torino, Londra, Berlino, New York, San Paolo, sono solo alcune delle grandi metropoli dove il Pellegrino si riproduce Horus, “colui che è in alto”, una delle magdivinità egizie, veniva rappresentato e, recentemente, è stato segnalato anche in molte altre giori con le sembianze di falcone o di uomo-falco. città d’Italia. La storia dell’uomo si intreccia con quella di questo magnifico predatore sin dalla notte dei tempi e, dopo 5000 anni dalla venerazione egizia, la nostra immaginazione subisce ancora il suo grande fascino. Eppure, tra gli anni ‘50 e ‘70, questo falcone ha seriamente rischiato l’estinzione in buona parte dell’Europa e del Nord America, per cause indirette provocate dall’uomo. Il DDT ed altri insetticidi organoclorurati, usati in agricoltura e accumulatisi nelle prede, venivano assimilati e concentrati nei tessuti dei falchi, determinandone alterazioni fisiologiche che si manifestavano con l’assottigliamento del guscio delle uova.
DalleÊ piramidiÊ aiÊ grattacieli
I falchi non riuscivano più a riprodursi perché le uova, estremamente fragili, si rompevano durante la cova e il declino di questa specie sembrava inarrestabile. Nacque così il “Peregrine Fund” guidato dall’ornitologo Tom J. Cade e, dopo la messa al bando del DDT e più di trent’anni di studi, reintroduzioni e campagne d’informazione, il Falco pellegrino è stato dichiarato fuori pericolo e depennato dalla Lista Rossa di vari Paesi. In Italia questa specie è maggiormente concentrata lungo l’arco alpino e il versante tirrenico e, anche nel nostro Paese, sembra aver superato il momento critico. Il Pellegrino è solito cacciare lo Storno al tramonto, mentre si raduna in grandi gruppi. La tecnica è quella di “puntare” gli individui al margine del gruppo, per isolarli e predarli più facilmente.
Picchiate folli
Il Pellegrino preda quasi esclusivamente uccelli, dai piccoli Passeriformi alle anatre che possono pesare anche 1 kg, ma le prede preferite sono i Columbiformi (Piccioni selvatici e domestici,Colombacci e Tortore). La picchiata del Pellegrino in caccia è sicuramente il comportamento che più di tutti ha contribuito alla sua grande popolarità. Questa tecnica è usata anche da altri rapaci, ma il Pellegrino è l’unico a chiudere le ali quasi del tutto, per lasciarsi cadere fino a diventare un vero proiettile sparato in direzione della preda, che può raggiungere e superare i 300 km/h. La struttura corporea compatta, ma allo stesso tempo aerodinamica, il carico alare elevato (il rapporto tra massa corporea e superficie delle ali e della coda), la durezza del piumaggio, sono tutti adattamenti biologici finalizzati a raggiungere grandi velocità, le più elevate del regno animale.
Una nuova specie per le gravine La presenza del Pellegrino nel territorio delle gravine è sempre stata occasionale, limitata ad alcuni individui svernanti o al passaggio di giovani in dispersione. Nella Primavera del 2008 è stata registrata la prima nidificazione di Falco pellegrino per le Gravine ioniche e per la provincia di Taranto (V. Giacoia oss. pers.). L’evento ha indubbiamente una valenza positiva per la ricchezza biologica delle gravine, ma se dovesse ripetersi solleverebbe qualche timore per la competizione diretta con il Lanario. Altrove le due specie riescono a tollerarsi e a convivere; Si spera che ciò accada anche nelle gravine. N. C.
La nidificazione del Pellegrino nelle gravine è probabilmente legata alla ricomparsa del Colombaccio (Columba palumbus), determinata, a sua volta, dalla riduzione della pressione venatoria.
GRILLAIO
Falco naumanni
migratore presente da marzo a settembre
Cittadino del sud
apertura alare 63 -72 cm
Le Murge pugliesi e materane ospitano la popolazione più importante d’Italia di questo piccolo falco migratore che l’Unione Europea ha riconosciuto come “specie prioritaria di conservazione” e che BirdLife International individua come “minacciata a livello globale”. Il Grillaio è una specie coloniale e nidifica nei centri urbani, tra i ruderi di costruzioni rurali o su pareti rocciose. La popolazione appulo-lucana si contraddistingue per essere particolarmente attratta dai centri storici e le sagome snelle dei Grillai fanno parte integrante del cielo estivo dei nostri paesi. Un pertugio tra i coppi dei tetti, una cavità nella facciata di un edificio, una statua, una fioriera, un terrazzo, se non disturbati, possono ospitare una covata, testimoniando la grande integrazione tra questo rapace e l’uomo. I paesi che sorgono nell’area delle gravine sono frequentati da colonie minori rispetto a quelle di Matera, Altamura e Gravina, e ciò dipende dall’estensione delle aree steppiche che il Grillaio utilizza per procurarsi il cibo. La diffusione di questa specie è, infatti, condizionata dalla presenza di aree Tra gli ortotteri, Prionotropis appula è la preda elettiva di steppa mediterranea e dei Grillai pugliesi. nel territorio delle Gravine Questa cavalletta è legata alla steppa mediterranea, le colonie più numerose un ambiente ad elevata biodisono quelle di Ginosa, Laversità e tra i più minacciati nell’area delle Gravine. terza e Castellaneta.
Caccia di gruppo
Come lascia intendere il nome italiano di questa specie, il Grillaio è un predatore di Grilli e Cavallette, ma si nutre anche altri Insetti, di Micromammiferi e di Uccelli. In particolare, nel periodo che precede la deposizione, la femmina riceve in dono dal maschio Arvicole o altri micromammiferi. Lo scopo di queste offerte è duplice: dimostrare l’abilità venatoria del maschio e procurare le riserve di grasso per la femmina che saranno utili durante il periodo della cova. Ma la vera specialità di questo piccolo falco è cacciare Cavallette, attività che svolge spesso in gruppo. Decine di Grillai che si librano sospesi controvento o posati sui fili che affiancano le strade caratterizzano le colline delle Murge baresi e tarantine. L’abilità di rimanere sospesi sfruttando il vento è all’origine di “frecavint” uno dei nomi dialettali più efficaci che i pugliesi hanno dato a questo piccolo rapace.
Ci vediamo in piazza
Un altro aspetto della vita coloniale del Grillaio è quello dei dormitori comuni, che gli inglesi identificano con il termine “roost”. È un comportamento usato anche da altri uccelli e svolge diverse funzioni, quali la difesa dai predatori, la protezione dalle intemperie, la socializzazione e Il raduno di centinaia di lo scambio di informazioni. all’inbruNel caso dei Grillai, l’esperienza Grillai nire presso un dormitorio di alcuni individui nel trovare le extraurbano. aree migliori per la caccia è di grande aiuto per l’orientamento dei giovani inesperti. Questi ed altri aspetti della vita sociale hanno luogo nell’albero-piazza che spesso viene eletto in zone urbane particolarmente trafficate. L’esempio più rappresentativo è l’ormai famoso storico Pino domestico di Matera, ma anche altre città delle Murge hanno dormitori di Grillai in pieno centro cittadino. Il chiassoso traffico serale dei Grillai è perfettamente sincronizzato con quello umano. Questi alberi sono frequentati anche da altri uccelli “urbani”, quali la Taccola, la Gazza, la Tortora dal collare e il Passero domestico. N. C.
GHEPPIO
Falco tinnunculus
stanziale
Irriducibile guerriero
apertura alare 68 -78 cm
Il più comune rapace sedentario dell’Area delle Gravine. È sicuramente tra i meno esigenti ed è la specie che si è meglio adattata ai cambiamenti ambientali provocati dall’uomo. Pertanto, lo si può trovare un po’ dappertutto: dai centri urbani ai campi coltivati, dalle zone umide alle gravine, dove spesso nidifica in piccole cavità naturali su parete. La sua indole “guerrafondaia” e il suo verso inconfondibile, squillante e acuto, da cui il termine latino Falco tinnunculus, cioè “falco squillante”, fanno notare subito la sua presenza. Non teme di competere, difendendo il suo territorio di nidificazione, con specie di rapaci di taglia ben superiore. È curioso che nell’Area delle Gravine la gente lo conosca con il nome dialettale di “kasteridd” che ricorda il nome inglese della specie “kestrel”, che significa appunto castello, palazzo fortificato, presumibile abituale dimora del Gheppio o del Grillaio in età medioevale. Simile al falco Grillaio, con il quale viene spesso confuso, il Gheppio si differenzia perché è sedentario. Ha inoltre una dieta più diversificata, cacciando piccoli Rettili, piccoli Mammiferi e Insetti. Il Gheppio è nemico Il Gheppio pratica due principali tecniche di predazione: dichiarato “l’aspetto” da posatoi dominanti e lo “spirito santo”. del Corvo imperiale e non Questa seconda tecnica di caccia, adoperata anche da perde occasione altri rapaci, trova nel Gheppio un interprete singolare ed per attacarlo, inscenando così grandi emblematico: si libra a mezz’aria, a circa 20-30 metri di alduelli acrobatici. tezza e battendo velocemente le ali riesce a rimanere diversi secondi sospeso e praticamente immobile. V. G.
SPARVIERE
Ac c i p i t e r n i s u s
stanziale
Un rapace nell’ombra
apertura alare 60 - 80 cm
Lo Sparviere è il “re del bosco” nell’Area delle Gravine. Infatti, ha una struttura particolarmente adatta alla caccia nella fitta vegetazione ad alto fusto. Vola spesso rapido a bassa quota su alberi e cespugli e con grande abilità cattura piccoli uccelli in volo, spesso dopo spettacolari inseguimenti tra gli alberi. Vi è uno spiccato dimorfismo sessuale negli adulti; infatti, il maschio è più piccolo della femmina ed ha le dimensioni del più comune Gheppio, mentre la femmina può pesare anche il doppio. Nell’Area delle Gravine, lo Sparviere è nidificante nelle aree boscate. La popolazione è puntiforme e consiste attualmente di poche coppie. Nelle gravine più boscate è solito cacciare nella parte medio-bassa, altimetricamente parlando, dove la vegetazione è più fitta ed è più frequentata dai Passeriformi. La quantità degli Sparvieri negli ambienti naturali, fatti salvi atti di bracconaggio e disturbo, è direttamente legata alla disponibilità trofica e all’esistenza di siti adatti per nidificare. Poiché ha un’alimentazione molto specializzata, costituita quasi esclusivamente da piccoli uccelli canori, quando il loro numero aumenta, aumenta anche il numero di Sparvieri. Se invece queste piccole prede diminuiscono, decresce anche la popolazione di Sparvieri. Questo stretto legame tra preda e predatore è un ottimo indicatore della stabilità di un ecosistema. V. G. Il maschio (a fianco con una Cinciarella predata) differisce dalla femmina (in alto) per le minori dimensioni e il piumaggio.
CIVETTA
At h e n a n o c t u a
stanziale
apertura alare 50 -56 cm
Il fascino notturno di Atena
Attributo e simbolo di Atena nella religione greca (Glaukôpis, sguardo da civetta, era l’epiteto di Atena, composto da glaùx=civetta e øps=sguardo), è tuttora un uccello sacro: nelle credenze folcloristiche il suo verso notturno è considerato un cattivo presagio e, tuttavia, per l’ambivalenza del sacro, talvolta (per esempio in Calabria) si considera fortunata la casa su cui si posa una Civetta. In Grecia, sin dall’antichità, la Civetta è simbolo di sapienza ed è considerata un portafortuna. Nell’Area delle Gravine, conosciuta dalla gente come “cuccuacia”, nome onomatopeico, la Civetta non gode, purtroppo, di buona fama, a causa sempre di false credenze popolari e superstizioni. È il più comune rapace notturno e frequenta tutti gli ambienti, dai centri cittadini alle campagne. Evita i boschi molto grandi e le foreste di conifere, mentre predilige le macchie sparse nei campi. Le ali brevi di cui è dotata le permettono di volare rapidamente ma solo in linea retta. L’alba e il tramonto sono le ore preferite dalla Civetta, che si nutre di topi, uccellini, Rettili, Anfibi, Pipistrelli e grossi Insetti. Quasi sempre individua le prede al tramonto, dal suo posatoio abituale: un cumulo di pietre in ambiente aperto, un palo delle linee telefoniche a ridosso di strade, il tetto di una piccola casa di campagna. Quando si posa si rannicchia, ma si drizza subito se disturbata. È un uccello allegro e spigliato anche di giorno. Spesso elegge a sua dimora anche una piccola cavità sul muro di una masseria o di un rudere di campagna e il suo home range si limita all’aia della masseria e alle sue immediate vicinanze. Alcuni individui si riproducono anche in cavità naturali presenti all’interno delle gravine. V. G.
ASSIOLO
Otus scopus
migratore presente da marzo a settembre
Un gufo in miniatura
apertura alare 47 - 54 cm
Chi non ha mai ascoltato in una notte d’estate il monotono e malinconico kiù..kiù..kiù.. dell’Assiolo, magari durante una passeggiata in campagna o nelle vicinanze di un bosco? È il più piccolo rapace notturno italiano. Il suo nome deriva dal latino axio, che Plinio identificava con il Gufo, pertanto etimologicamente Assiolo sta per gufetto. Èpresente in Europa centrale e meridionale, in Medio Oriente, in Africa settentrionale. L’Assiolo è migratore, ma le popolazioni più meridionali del suo areale sono sedentarie. L’Assiolo è uno degli Strigiformi più comuni ed è facile ascoltarlo nelle pinete litoranee ioniche, proprio a ridosso dell’Area delle Gravine, dove invece, seppur presente, è meno abbondante. Abilissimo nella cattura di insetti, topolini e piccoli uccelli, trascorre le proprie giornate appollaiato sullo stesso albero. Con il sopraggiungere della notte, comincia a far udire il proprio verso che insistentemente L’Assiolo, come altri Strigiformi, accompagna la notte sino a poco ha grandi capacità mimetiche, indispensabili per il riposo diurno. prima dell’alba. V. G.
GUFO COMUNE
Asio otus
stanziale
Il bel tenebroso
apertura alare 85 -95 cm
Nelle aree boscate delle gravine e soprattutto nelle pinete, il Gufo comune è il “signore della notte”. Ha un carattere elusivo e, a differenza della Civetta, è difficile osservarlo prima del tramonto. Con il favore delle tenebre inizia la sua attività di caccia che lo porta a perlustrare i campi alla ricerca di Uccelli e Micromammiferi. I ciuffi, lunghi 3-4 cm, erroneamente chiamati auricolari, hanno ispirato il nome inglese Long-eared owl e vengono eretti per segnalare uno stato di allarme o di eccitazione. Il richiamo è un ululato lamentoso, corto e interrotto da pause di 2-8 secondi. Il piumaggio mimetico consente al Gufo comune di passare inosservato durante il giorno, quando riposa nascosto nel folto della vegetazione. La specie è rinvenibile sempre più spesso in aree urbane, nidificante in giardini di città o rimboschimenti peri-urbani. Generalmente, al di fuori della stagione riproduttiva, è una specie solitaria, ma a volte in inverno è possibile osservare gruppi di decine di individui riuniti in un unico sito (roosting). Nell’Area delle Gravine è presente soprattutto nelle pinete dove nidifica spesso utilizzando vecchi nidi abbandonati dai Corvidi. V. G.
I giovani di Gufo comune lasciano il nido prima di aver imparato a volare, arrampicandosi di ramo in ramo con piccoli voli. Quando si sentono minacciati, mettono in scena la “ruota”, un atteggiamento terrifico usato come difesa anche da altri Strigiformi.
BARBAGIANNI Tito alba
stanziale
apertura alare 80 - 95 cm
A tutti o quasi sarà capitato di notte, attraversando zone di campagna alla guida di un’auto, di incrociare “un’ombra bianca” che, passandoci davanti ad altezza d’uomo, ha quasi rischiato di schiantarsi contro il parabrezza della nostra auto. È il Barbagianni. È il più amato tra i rapaci notturni, proprio per il suo piumaggio estremamente soffice e in parte chiaro, che gli conferirsce un aspetto inconfondibile, grazie anche al disco facciale a forma di cuore. A differenza dei gufi, i ciuffi auricolari sono assenti. Abbastanza silenzioso, tranne in periodo riproduttivo, il richiamo più comune consiste di grida più o meno rauche e sibilanti, emesse spesso in volo. Nidifica prevalentemente all’interno di ruderi, torri, rovine e fabbricati rurali, più raramente in cavità di alberi o rocce. Meno strettamente notturno di altri, lo si può osservare a caccia ben prima del crepuscolo e, nelle giornate invernali con terreno innevato, anche in pieno giorno. La sua alimentazione è costituita quasi esclusivamente da Micromammiferi che cattura all’agguato da posatoi o perlustrando con volo particolarmente “sfarfallato” e radente gli spazi aperti, i coltivi, i margini dei boschi, etc. La specie è certamente diminuita in molte aree, soprattutto a causa dell’uso indiscriminato di pesticidi. Tuttavia, localmente, l’abbandono delle campagne verificatosi negli anni cinquanta e sessanta può averne favorito la presenza, aumentando la disponibilità di siti di nidificazione. Nell’Area delle Gravine è presente sia in ambiente peri-urbano, sia in ambiente agricolo. Alcuni individui si riproducono anche in cavità naturali presenti all’interno delle gravine. V. G.
Un candido fantasma
GUFO REALE
Bubo bubo
stanziale
GliÊ occhiÊ dellaÊ notte
apertura alare 138 - 170 cm
È il più grosso rapace notturno presente in Italia, il predatore incontrastato della notte. Misteriosa presenza faunistica, soltanto poco più di vent’anni fa veniva accertato lo status di questo rapace nell’Area delle Gravine. Il Gufo reale raggiunge una lunghezza di 70 cm ed un’apertura alare di 170 cm. Presenta corporatura massiccia, zampe potenti e becco robustissimo. Possiede grandi occhi arancioni, un piumaggio delle parti superiori marrone scuro con abbondanti striature e macchiettature nere. Parti inferiori più chiare (biancastre sulla gola e sul petto) spruzzate di nero. La sua caratteristica sono i due ciuffi di penne sopra gli orecchi. Il Gufo reale, nell’area delle Gravine, nidifica su pareti di roccia in cavità naturali e, tra marzo e aprile, depone di solito da 2 a 3 uova che vengono covate dalla femmina. I pulcini sono nutriti da entrambi i genitori.
In natura può vivere anche 19 anni, mentre ci sono segnalazioni di Gufi reali tenuti in cattività che hanno superato il sessantesimo anno di vita. La piccola popolazione dell’Area delle Gravine, a differenza di altre popolazioni appenniniche o alpine, è poco vocifera, anche nel periodo riproduttivo. Ciò rende molto difficili le ricerche e, soprattutto, lo studio della biologia di questo straordinario rapace notturno. La sua attività è esclusivamente notturna; al tramonto e poco prima dell’alba lascia il suo nascondiglio e si dedica alla caccia, mentre di giorno resta nascosto negli anfratti delle pareti rocciose o fra i rami degli alberi, tenendo le penne aderenti al corpo con i ciuffi abbassati. Il Gufo reale si è evoluto come predatore di animali di taglia media e medio-grande, soprattutto mammiferi come Ricci, Conigli selvatici, Lepri, Ratti, Scoiattoli e Ghiri. Nelle aree in cui le prede principali scarseggiano o sono scomparse, il Gufo reale adotta una strategia rivolta verso un alto eclettismo alimentare che comprende uccelli come Gazze, Ghiandaie, Cornacchie e talvota anche prede più grandi, come Anatre e Barbagianni, fino a giovani di Volpe.
Un superpredatore
Cosa minaccia il Gufo
L’areale europeo ha subito una forte contrazione a partire dagli anni cinquanta, dovuta soprattutto alla persecuzione diretta da parte dell’uomo, al saccheggio dei nidi e al problema della elettrocuzione, determinata dalla collisione del rapace con i cavi delle linee elettriche. Localmente estinto in ampie regioni dell’Europa centrale, il Gufo reale è stato recentemente oggetto di numerosi programmi di reintroduzione che hanno avuto notevole successo, invertendo la generale tendenza alla diminuzione. Attualmente sono stimate alcune migliaia di coppie in tutto l’areale europeo. In Italia sono presenti meno di 300 coppie, localizzate in gran parte sull’arco alpino. È una specie inclusa negli Allegati I e II della Direttiva Uccelli (Direttiva 79/409/CEE), presente nella ZPS -SIC Area delle Gravine con 1-2 coppie, pari a meno dell’1% della popolazione italiana. V. G.
Scongiurare la “minaccia elettrica” è possibile. In aree protette della Toscana e dell’Emilia Romagna sono stati avviati, in collaborazione con l’Enel, interventi mirati come l’installazione di pedane sulla sommità dei tralicci, l’isolamento e, dove possibile, l’interramento dei cavi elettrici.
Un’Oasi per i rapaci, un paradiso per tutti
L’Oasi LIPU Gravina di Laterza nasce nel giugno 1999, grazie ad un accordo di collaborazione sottoscritto dalla Provincia di Taranto, dal Comune di Laterza e dalla LIPU, per tutelare e valorizzare per scopi didattici ed educativi lo straordinario patrimonio naturale presente nel suo territorio. È inclusa nel Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine”, in un’area di particolare valore naturalistico, riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente come Zona a Protezione Speciale (ZPS) e SIC (Sito di importanza Comunitaria). È inoltre inserita nell’elenco internazionale dei siti I.B.A. (Important Birds Areas) dall’Organizzazione internazionale Birdlife International. L’Oasi, estesa per 800, ettari comprende diverse tipologie di habitat e specie animali e vegetali di interesse comunitario. Tra gli habitat ritenuti prioritari per la conservazione, ai sensi della direttiva Habitat 92/43/ CEE è presente la pseudosteppa con Stipa austroitalica. Tra gli habitat di interesse comunitario sono presenti: pareti calcaree con vegetazione casmofitica, pinete mesogene endemiche, querceti di Quercus trojana, foreste di Quercus ilex, vegetazione di Euphorbia dendroides. Tra le specie animali prioritarie per la conservazione, incluse nella direttiva 79/409 e 92/43/ CEE, sono presenti e nidificanti il Lanario (Falco biarmicus) e il Grillaio (Falco naumanni). Molte sono le specie di Rettili di interesse comunitario presenti nel territorio dell’Oasi, tra cui ricordiamo la Testuggine comune (Testudo hermanni), la Testuggine palustre (Emys orbicularis), il Cervone (Elaphe quatuorlineata) e il Colubro leopardino (Elaphe situla). Tra gli Uccelli: il Gufo reale (Bubo bubo), il Biancone (Circaëtus gallicus), il Nibbio bruno (Milvus migrans), il Capovaccaio (Neophron percnopterus), la Monachella (Oenanthe hispanica) e molti altri. Tra i Mammiferi protetti: l’Istrice (Istryx cristata) e il Tasso (Meles meles). Numerose e di particolare interesse le specie di elevato valore fitogeografico: Asyneuma limonifolium, Euphorbia dendroides, Iris collina, Phlomis fruticosa, Quercus trojana, Scrophularia lucida, Linum tommasinii, etc.