Anno 5 Numero 3
In questo numero, proseguendo nella scia tracciata dal precedente, sono stati esaminati i risultati delle elezioni europee, con una premessa sul diritto di elettorato al Parlamento di Bruxelles. Ampio spazio è stato dato all'attualità giuridica, partendo dal caso Thyssenkrupp, passando per l'offerta di alcuni spunti di riflessione sulla riforma del sistema parlamentare italiano, per finire con l'analisi della recente sentenza della Corte Costituzionale in tema di fecondazione eterologa. Infine abbiamo l'onore di ospitare, in esclusiva per “L'Alligatore”, un'intervista al sostituto Procuratore della Repubblica di Palermo Antonino Di Matteo. Buona lettura!
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Trimestrale - Anno V - Numero 3 - Milano, Luglio 2014 Direttore responsabile Niccolò Scremin
Hanno collaborato a questo numero
Vicedirettore Francesco Bertolino
Dott. Stefano Bissaro Camilla Garbarino Federica Monteleone Camilla Rosi
Caporedattore Giulia Pirola Redazione Erik Brouwer, Anna Ferrari, Paolo Petralia Camassa, Adriana Spina, Valentina Todeschini, Ferdinando Vella. Graphic designer Fulvio Volpi
Si ringrazia per le revisioni Prof. Giuseppe Arconzo Prof. Fabio Basile Prof. Jlia Pasquali Cerioli Prof. Piermaria Corso Dott. Filippo Croci Avv. Maria Lina Guarino
Direzione, Redazione e Sede Via Luigi Anelli, 12 - 20122 Milano redazione@lalligatore.org www.lalligatore.org Proprietari Rocco Steffenoni, Eduardo Parisi, Sandro Parziale, Daniele Rucco, Niccolò Scremin. 3lb s.r.l. - Via Leonardo Da Vinci, 3 - 23875 Osnago
Registrazione Tribunale di Milano n.34 del 07.02.2014 Tale pubblicazione è stata realizzata con il contributo dell’ Università derivante dai fondi per le attività culturali e sociali.
INDICE Diritto Penale Giulia Pirola
pag. 3 Camilla Garbarino Le mutilazioni genitali femminili: tradizione, diritto, prevenzione
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Diritto dell’Unione Europea Anna Ferrari Civis europaeus sum: il diritto di elettorato al Parlamento europeo Federica Monteleone Il Parlamento europeo e le elezioni:
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Dritto d’Autore Camilla Rosi Nuova pronuncia della Corte di Giustizia UE in tema di marchio complesso
pag. 29
Diritto Costituzionale Dott. Stefano Bissaro I poteri del Governo “in” Parlamento e la farmacia del costituzionalista
pag. 33
Adriana Spina Cade il divieto di fecondazione eterologa I mutamenti della Legge 40/2004: diritti, morale e progresso
pag. 44
Diritto Ecclesiastico Ferdinando Vella In Nome del Cielo: Una Storia di Fede Violenta di Jon Krakauer
pag. 53 Rubrica Paolo Petralia Camassa “Il giudizio di un inquirente” Intervista al sostituto Procuratore della Repubblica di Palermo Antonino Di Matteo
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A Caso Thyssenkrupp:
Giulia Pirola
Il 24 aprile scorso le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, dopo quattro ore di Camera di Consiglio, si sono pronunciate sull’ormai celeberrimo caso Thyssenkrupp. Si tratta della tragedia di grande impatto mediatico che nella notte del 6 dicembre del 2007 colpì le acciaierie torinesi, provocando la morte di sette operai. Dopo circa sei anni di battaglie giudiziarie la questione, approdata alla Corte di Cassazione, ancora può dirsi non conclusa, per il giudizio di rinvio ad altro giudice di appello operato dalla Corte stessa. La decisione ha sollevato una ondata di polemiche, soprattutto tra i familiari tiva . Quel che risulta è che la giurisprudenza italiana è stata profondamente arricchita da questo caso. Sembra opportuno, dunque, ricostruire i fatti e l’iter giudiziario per comprendere a fondo la questione.
L’accaduto in breve La Thyssenkrupp è l’azienda tedesca più importante d’Europa nel settore siderurgico. Nella notte del 6 dicembre 2007, lungo la linea 51 dello stabilimento di Torino2, lavoravano otto operai, di cui due erano già presenti nel turno precedente. Ed era proprio durante quest’ultimo che la linea si era fermata per rimuovere la carta, in quanto se ne era accumulata molta, provocando così un incendio modesto che si era poi propagato verso la carta e le pozze d’olio, generate dai gocciolamenti e dalle perdite dei circuiti idraulici. Intervenuti i lavoratori senza successo, anche a causa dell’estintore “praticamente vuoto” – come riferisce Boccuzzi, unico testimone sopravno e iniziarono a bruciare i rivestimenti di gomma, causando il collasso di 1 Linea di ricottura e decapaggio, “APL5” 2 Thyssenkrupp Acciai Speciali Terni s.p.a.
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d’olio nebulizzato, trovando un immediato innesco nel focolaio dell’incenfurono ricoverati d’urgenza in ospedale, dove sette dei quali morirono nel giro di un mese per le gravissime ustioni riportate.
Il contesto: le condizioni dello stabilimento È noto che al momento dell’incidente, lo stabilimento di Torino si trovasse in fase di chiusura per trasferirsi a Terni. I sindacati e l’azienda stessa avevano già stabilito il graduale arresto della produzione, tanto che la struttura era in condizioni di abbandono e insicurezza, sia per il venire meno delle prolinee e per i vari incendi o principi di incendio susseguitisi precedentemente alla notte del dicembre 2007. A testimonianza ulteriore di tali elementi, risulta che nell’ultimo periodo il personale veniva spostato da un impianto all’altro senza adeguata formazione preventiva e che era solito domare i focolai di incendio, che avvenivano con frequenza secondo le testimonianze. Gli interventi di manutenzione e pulizia poi, come la rimozione dei residui di lavorazione, non erano adeguati. Lo stabilimento, in aggiunta, pur Prevenzione Incendi (CPI). A pesare sulle illustrate condizioni già precarie della struttura, si aggiungevano carenze tecnico-organizzative come, ad esempio, la mancanza di un sistema di rilevazioni incendi e di un sistema di valutazione del rischio inerente. Senza contare, poi, la complessità della procedura di attivazione della squadra di emergenza interna, tale da prestarsi con facilità ad errori.
L’iter giudiziario In seguito ai tragici fatti che già si conoscono, l’Amministratore delegato, Herald Espenhahn, insieme ai membri del Comitato esecutivo del Consiglio di Amministrazione della società, vengono chiamati a rispondere davanti alla Corte di Assise di Torino. Questa, accogliendo le richieste del Procuratore della Repubblica, il 15 aprile 2011 condannava in primo grado3 l’Amministratore delegato a 16 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio volontario, commesso con dolo eventuale ex art. 575 c.p., oltre che per i 3 Sezione seconda della Corte d’Assise di Torino del 15 aprile 2011.
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delitti di incendio doloso e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.Irrogava, invece, agli altri imputati pene minori per omicidio colposo ex art.589 c.p. e incendio colposo ex art.449 c.p., entrambi aggravati la società Thyssenkrupp per omicidio colposo ai sensi dell’art.25 septies4 del d.lgs 231 del 2001, ed a pagare la sanzione pecuniaria di un milione del reato, pari a 800 mila euro. Si trattava certamente di una sentenza storica, che basava le sue motivazioni sulla piena consapevolezza dei vertici delle condizioni pessime in cui versava lo stabilimento. Consapevolezza atesposto ed i numerosi focolai sviluppatisi in precedenza presso la stessa linea 5; senza contare, poi, l’incendio avvenuto nello stabilimento Thyssen di Krefeld che aveva conseguentemente indotto la società a ordinare una valutazione del rischio incendio presso lo stabilimento di Torino. La perizia5 era stata effettuata dalla compagnia assicuratrice AXA dai suoi Risk Engineers, che attestavano una situazione di non sicurezza della stessa linea 5 (concretatasi la notte del 6 dicembre) e della non adeguata formazione del personale addetto alla squadra di emergenza. Valutazione da cui, peraltro, era scaturita la decisione della Thyssenkrupp di effettuare investimenti in per la messa in sicurezza dello stabilimento. Nonostante risulti lapalissiano che tutti i manager avessero un quadro conoscitivo ben chiaro della situazione, si decise di spostare tali apporti di capitale verso gli stabilimenti di Terni, dal momento che la sede di Torino, come detto pocanzi, si trovava in fase di chiusura. Ed è proprio su questo punto che si fonda la differenza di imputazione soggettiva operata dalla Corte, ossia tra il dolo eventuale6 dell’A.D. e la colpa cosciente degli altri dirigenti7. Infatti, nonostante la prevedibilità dell’evento da parte di tutti gli imputati, Espenhahn, in sede di ultima deliberazione nella piramide decisionale della società, si è rappresentato come seriamente possibile conseguenza dell’azione. In altre parole, secondo la Corte l’A.D., pur di non danno, subordinando così la sicurezza dei lavoratori a obiettivi economici 4 Inserito dall’articolo 9 della legge 3 agosto 2007, n. 123 e successivamente sostituito dall’articolo 300 del D.Lgs. 9 aprile 2008 n.81. 5 bile online in pdf 6 7
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aziendali di risparmio. E nel formulare tale motivazione, i giudici facevano riferimento alla precedente sentenza Ignatiuc8 ed implicitamente alla prima legge di Frank, per cui si può dire voluta solo la condotta realizzata con la previsione dell’evento in termini di certezza, a seguito di un bilanciamento degli interessi in gioco operato dall’agente con il prevalere di uno cosciente agli altri imputati, in virtù di un secondo principio richiamato nella stessa sentenza Ignatiuc, per cui tale elemento soggettivo (della colpa cosciente) comporterebbe una “connotazione di ragionevolezza nella speranza” fondava nella posizione decisionale dei soggetti. Ovvero, ogni dirigente si ultimo, non avrebbe potuto “ragionevolmente sperare che non sarebbe capitato nulla”. La sentenza di primo grado era stata poi impugnata davanti alla Corte di Assise di Appello di Torino, che l’aveva in parte riformata con pronuncia del 28 febbraio 2013. In primo luogo, la Corte riaffermava l’elemento di piena consapevolezza dei rischi dello stabilimento di Torino, ricostruendo il quadro conoscitivo in possesso di ognuno dei dirigenti, in particolare relativamente alla valutazione dei rischi redatta dalla compagnia AXA. In secondo luogo, però, reinterpretava il capo relativo all’imputazione soggettiva, convertendo il dolo eventuale dell’A.D in colpa cosciente, con un conseguente ridimensionamento della pena in diminuzione, stabilendola in 10 anni di reclusione per omicidio e incendio colposo (aggravati dalla previsione dell’evento). E tale “miglioramento” in virtù di due argomentazioni; da un lato, sulla scorta del principio di ragionevolezza della speranza utilizzato in primo grado, non sembrava convincente la tesi sostenuta riguardo lo slittamento decisionale. Ovvero, non quadrava come la “diversa posizione nella gerarchia decisionale”, avuta da ciascuno, “avrebbe differen, permettendo ì differenziando, la convinzione dei “sottoposti” come raquest’ultimo un dolo eventuale). Piuttosto, si riteneva che nella realtà di la Corte riteneva impensabile che l’A.D., persona “preparata, competente, scrupolosa […]”, avrebbe subordinato la sicurezza dei lavoratori a obiettivi 8
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economici aziendali, in quanto i danni “collaterali”, che prevedibilmente si zione degli impianti, il blocco della produzione […] e quindi l’annullamento dell’obiettivo stesso di risparmio aziendale. Sembrerebbe, così, insensato che l’imputato fosse disposto a sopportare in consapevolezza un danno di tale portata; piuttosto, parrebbe logico pensare che egli non avrebbe agito virtù del bilanciamento di interessi sostenuto dalla prima formula di Frank. Quindi, in linea con quanto esposto, attraverso la sentenza di secondo gra-
Conseguenze e conclusioni Come prevedibile, contro la sentenza della Corte di Assise di Appello, sia gli imputati, sia la Procura generale di Torino proposero ricorso per Cassazione. Il magistrato addetto all’esame preliminare dei ricorsi sottopose alla valutazione del Primo Presidente della Corte l’opportunità di assegnare direttamente alle Sezioni Unite la trattazione del caso, in applicazione del comma 2 dell’art. 610 cod. proc. pen. Il quesito a cui erano chiamate a la colpa cosciente e il dolo eventuale. Così il 24 aprile si è tenuta la Camera di Consiglio, a seguito della quale si è stabilito l’annullamento senza rinvio, limitatamente all’esistenza delle circostanze aggravanti, disponendo, inoltre, la trasmissione degli atti ad altra Sezione della Corte d’Assise di Appello di Torino per la rideterminazione delle pene ed il rigetto nel resto dei ricorsi del Procuratore Generale e degli imputati. Dunque, in materia di imputazione soggettiva, si riconferma l’orientamento giurisprudenziale dei giudici di secondo grado. Infatti, dalle prime notizie9 emerge che la Corte in ragione della natura dei “rimproveri giuridici” che si possono muovere agli imputati. Nella colpa, pertanto, si è in presenza di un “malgoverno del rischio”, con disattesa delle dovute cautele ed il conseguente rimprovero è di “inadeguatezza rispetto al dovere precauzionale”, in quanto vi è assenza di direzione della volontà, anche se vi sia la possibilità che l’evento si compia. Il dolo, invece, consta di una “organizzazione della condotta”, sopratun’assimilazione alla volizione dell’evento e, perciò, rimproverabile sem9
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pre che l’agente abbia aderito ad esso. Continua, poi, la Corte sostenendo la necessità di una “ teristiche della fattispecie, le peculiarità del fatto, lo sviluppo della condotta ”. Naturalmente tale decisione ha creato non poco scalpore, soprattutto tra i parenti delle vittime, che indignate, hanno chiesto giustizia direttamente al Presidente della Repubblica. Tuttavia lo stesso sostituto Procuratore, Raffaele Guariniello, commentando la decisione della Suprema Corte, considera la reazione “non adeguata”. Infatti parla di una sentenza “che ha parecchi aspetti positivi”: in primo luogo “ ” irrevocabilità della responsabilità degli imputati”. In secondo luogo, altro aspetto positivo sarebbe il riconoscimento della responsabilità amministrativa dell’ente. Altro punto favorevole riguarda la separazione, in accoglimento all’impugnazione dell’accusa, dei reati di disastro e di omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, in quanto quest’ultimo era stato assorbito dal primo nella sentenza della Corte di Assise di Appello. Ed ecco perché la Cassaziorivisitare le pene; naturalmente l’accusa si più di uno solo. Per quanto riguarda poi l’aspetto dell’elemento soggettivo, Guariniello parla di “insegnamento profondamente innovativo”, in quanto la le, “ , bia la giurisprudenza”. La Corte, pertanto, si corregge sul dolo eventuale, ma quanto meno attribuisce una colpa cosciente, prosegue il sostituto Procuratore, “ ”. Insomma, siamo in presenza di una sentenza che offre senza dubbio un “ La ratio della Corte, infatti, si sviluppa nel senso di stabilire prima di tutto se l’evento-infortunio sia un evento isolato nella vita dell’azienda o il frutto di una scelta strategica di fondo; e, in quest’ultimo caso, ritiene che la responsabilità vada attribuita ai Consigli di Amministrazione, laddove si decide
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quanto si spende e la conseguente politica di sicurezza aziendale.
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Il passaggio da omicidio volontario (per dolo eventuale) all’omicidio colposo non ha fatto venir meno la responsabilità amministrativa da reato dell’ente datore di lavoro, anzi – in concreto – ha reso la Thyssenkurpp responsabile anche per i (mis) fatti del suo A.D. Infatti la responsabilità dell’ente per la cultura della insicurezza del lavoro o per la colpa di organizzazione è prevista dall’art. 25 septies, introdotto nel 2007 nel catalogo dei reati presupposto di cui al d. lgs. n. 231/2001, solo per i reati colposi Si è in presenza di una disciplina di grande importanza, in esecuzione ad una serie di convenzioni europee, che sviluppa quel principio, non di facile comprensione, per cui . Un nuovo concetto da assimilare, che trova le sue ragioni nella complessità dei processi produttivi e gestionali e nella pluralità di persone che coinvolge, e che fa sopravvivere autori del reato. La Corte di Cassazione, quindi, riafferma il riconoscimento di questo “nuovo” tipo di responsabilità, quella dell’ente, che diviene sempre più rilevante nella realtà attuale10.Il nodo cruciale, in fondo, sembrerebbe proprio questo, perché come dice lo stesso Guariniello, “le persone ”.
10 Per una casistica completa, della giurisprudenza di merito e di legittimità, cfr. S. M. Corso, Codice della responsabilità “da reato” degli enti, Torino, Giappichelli, 2014, p. 20
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A Le mutilazioni genitali femminili tradizione, diritto, prevenzione Camilla Garbarino
pubblicato la Legge 09/01/2006 n.7, recante “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto di pratiche di mutilazione genitale femminile”. Questa legge, conosciuta anche con il nome di “Legge Consolo” dal nome introdotto nel nostro ordinamento gli artt. 583 bis e 583 ter del codice penale. Con queste norme è stata introdotta una nuova fattispecie criminosa, la quale si iscrive nell’ampio campo dei “reati culturalmente motivati” “un comportamento realizzato da
condonato o accettato come comportamento normale o addirittura sostenuto e incoraggiato”), di cui forse le mutilazioni genitali femminili (d’ora in avanti anche MGF) rappresentano il caso più evidente e anche più discusso. Prima di analizzare più nel dettaglio la nuova fattispecie normativa introdotta dall’articolo 583 bis, cerchiamo di dare una panoramica generale sul fenomeno delle mutilazioni genitali femminili.
con la nostra. In paesi dalla lunga tradizione coloniale, come ad esempio il Regno Unito e la Francia, il fenomeno delle MGF è emerso ben prima che in paesi come il nostro, dove il fenomeno della migrazione è relativamente recente. In Italia è presente un numero considerevole di immigrati proveniente da gruppi tradizionalmente favorevoli a tali pratiche: persone che provengono sopratutto dall’Africa e dall’Asia. Le MGF sono diffuse in alcuni gruppi etnici appartenenti a circa quaranta
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Paesi extraeuropei, sopratutto nell’Africa subsahariana (come ad esempio in Somalia, Sudan settentrionale, Djibouti, Eritrea, Etiopia, Kenya settentrionale, alcune zone del Mali e della Nigeria settentrionale), in Egitto e, benché in misura minore, anche in alcune regioni circoscritte dell’Asia (Indonesia, Malaysia, Yemen, Emirati Arabi Uniti). Le origini dell’escissione si perdono nella notte dei tempi, infatti era già praticata ben prima dell’islamizzazione del continente africano, come testimoniano alcune mummie, che recano i segni di questa operazione, esposte al British Museum di Londra. Le MGF vengono di solito realizzate su bambine ancora in fase di sviluppo, di modo che sia più facile controllare il loro corpo. Tuttavia, quando tali pratiche vengono messe in atto presso le comunità di migranti, tendono ad essere eseguite su neonate di pochi mesi, o addirittura di pochi giorni, per una motivazione collegata al concetto di dolore: mentre nelle società africane tradizionali il dolore ha la valenza di rappresentare il superamento nuovo contesto perde questo valore e quindi le famiglie vogliono anticipare l’età dell’operazione, ritenendo che in questo modo il ricordo della sofferenza patita venga poi dimenticato. Le motivazioni che si celano dietro le MGF sono numerose e complesse ed sono diffuse. Una prima motivazione che spesso spinge i genitori a sottoporre la al rafforzamento del senso di appartenenza. Questa motivazione trova rinnovato vigore nel contesto migratorio: emerge fortemente infatti la paura di staccarsi completamente dal villaggio e dalla famiglia d’origine, di abbandonare la tradizione e dunque di sentirsi emarginati. Anche se si tratta di una immigrazione stabile e permanente, i migranti conservano sempre l’idea e il sogno di poter un giorno tornare in patria e, proprio per questo motivo, desiderano mantenere i rapporti con la terra madre tramite il perpetuarsi di pratiche tradizionali riconducibili al loro contesto di origine. In tal senso la MGF funge da forte segno di appartenenza ad una determinata Un altro ordine di motivazioni attiene alla sfera religiosa (le MGF sono diffuse tra i cristiani protestanti, i cattolici e i copti, i musulmani, gli ebrei falascià, gli animisti). In questo caso coloro che desiderano la messa in atto delle mutilazioni sono sostenuti da un forte convincimento religioso e
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credono che tali pratiche siano loro imposte dalla religione stessa. Questo convincimento è però erroneo, nessuna religione le impone esplicitamente, sebbene nessuna di esse si sia mai battuta per la loro eliminazione durante il periodo coloniale. riconducibile al controllo della sessualità femminile. Questo motivo non sussiste nel caso dell’escissione, praticata presso i gruppi etnici animisti dell’Africa subsahariana, ove la libertà sessuale prima del matrimonio è assai diffusa. alcune credenze sull’estetica, sull’igiene e sulla salute femminile. Altre motivazioni diffuse sono connesse alla preservazione della verginità e al rafforzamento della fedeltà matrimoniale, nonché all’incremento della fertilità e del piacere sessuale del marito. Per quanto concerne le conseguenze che possono derivare a causa della pratica delle mutilazioni genitali femminili, si può fare riferimento alle relazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul punto. Si segnalano, cicatrici, ascessi e dolore a livello della vulva; formazioni di cheloidi, sessuali) e alla salute psico-sessuale (riduzione della sensibilità sessuale, diminuzione o perdita del desiderio sessuale ed altre disfunzioni simili) della donna. A partire dal 1952, in considerazione dei gravissimi danni che possono derivare alla donna sottoposta a MGF, sono state intraprese numerose iniziative a livello internazionale per contrastare la diffusione di tali pratiche. Anche a livello locale occorre segnalare che alcuni Paesi Africani hanno adottato leggi ad hoc per vietarle del tutto, come è successo in Ghana, o per limitarle fortemente, come succede in Tanzania dove il governo ha vietato di sottoporre le minori a mutilazioni. molti Paesi occidentali1, spingendoli ad agire. Nel 2001 il Parlamento 1 La Svezia è intervenuta sul punto con legge 10.07.1982, il Regno Unito con il Prohibition of Female Circumcision Act del 1985, che è stato rivisto nel 2003 con il Female Genital Mutilation Act . In Norvegia la legge di riferimento è del 1995, e sempre nello stesso anno negli Stati Uniti d’America è stato emanato il Federal Prohibition of Female Genital Mutilation Act. Diverso il caso della Francia, dove, pur essendosi svolto un dibattito all’interno dell’opinione
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dell’Unione Europea ha adottato una risoluzione concernente le “Mutilazioni genitali femminili” [n, 2035 (INI), GUCE C 77 E 28.3.2002, 162] con la quale: - si condannano fortemente tali mutilazioni, considerate una violazione dei diritti umani fondamentali; - si chiede all’Unione Europea e agli Stati membri di collaborare all’armonizzazione della legislazione esistente, e qualora essa non si a tutela dei diritti della persona, della sua integrità, della libertà di coscienza e del diritto alla salute (punto 2); - si sollecita il coinvolgimento e la collaborazione delle comunità interessate per l’eliminazione di tale pratiche (punto 4); - si chiede agli Stati membri di “considerare qualsiasi mutilazione genitale femminile come reato” (punto 11). Per quanto riguarda il nostro Paese, anche grazie al pressante invito rivolto dal legislatore comunitario, si è arrivati, nel 2006, all’approvazione della legge n. 7. Il legislatore italiano, nello stendere tale legge, ha tenuto presenta anche la Dichiarazione e la Piattaforma d’Azione di Pechino2, adottate al termine della Quarta Conferenza ONU sulle Donne (Pechino, 4-15 settembre 1995), ed espressamente citata. Sono stati quindi inseriti nel nostro codice penale due nuovi articoli: ritenendo inadeguate le norme generali in tema di lesioni personali, alle cui previsioni le MGF sarebbero state comunque riconducibili e l’articolo 583 ter, che prevede una pena accessoria per l’ “esercente una professione sanitaria”. Nelle intenzioni del nostro legislatore è chiara da una parte la volontà di creare una norma-manifesto, che possa rendere più evidente il disvalore del fatto e conseguentemente più agevole la sua denuncia, dall’altra anche la preoccupazione di non punire troppo lievemente le MGF: le pene comminate per le lesioni gravi o gravissime avrebbero infatti potuto essere temperate dal bilanciamento tra circostanze ex art. 69, consentendo così di arrivare a sanzioni miti ed eliminando l’effetto deterrente. Recita l’art. 583 bis:
Tuttavia, nonostante l’assenza di una normativa apposita la Francia è il paese europeo dove sono stati celebrati più procedimenti penali aventi ad oggetto le pratiche di mutilazione genitale femminile. 2 Nella risoluzione si invitano i Governi ad “adottare ed applicare disposizioni contro le mutilazioni genitali femminili” (punto 124 lett. i della Piattaforma)
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A Al secondo comma:
salute psico-sessuale della donna. A questi si aggiunge anche la dignità della donna, dal momento che tali pratiche costituiscono pur sempre uno strumento di controllo esterno sul corpo e sulla sessualità femminile. Gli organi genitali femminili sono l’oggetto materiale comune ad entrambi i nuovi delitti. Nonostante il termine usato, “organi” letterale starebbe ad indicare tutti gli organi genitali femminili, è da ritenersi che in realtà il legislatore abbia voluto riferirsi ai soli organi genitali esterni, costituiti dal monte di Venere, dalle grandi labbra, dalle piccole labbra, dal clitoride, dal vestibolo della vagina, dai bulbi del vestibolo, dalle ghiandole vestibolari e dall’imene. Il primo comma incrimina, tramite la locuzione “delitto di mutilazione”, le altra pratica che produca gli stessi effetti. In realtà in questo caso il legislatore italiano è stato alquanto impreciso: solo il termine clitoridectomia ha una valenza descrittiva, riferendosi “ . Non così infatti per quanto riguarda le altre pratiche citate, per le quali è dall’Organizzazione Mondiale della Salute. In tale risoluzione l’escissione e Per quanto riguarda la locuzione “qualsiasi altra pratica” deve intendersi qualsiasi pratica di tipo chirurgico, ancorché rudimentale, che cagioni la mutilazione, cioè l’ablazione, l’asportazione, la resezione, il distacco parziale o totale di uno o più organi genitali femminili esterni. Nel secondo comma, che si riferisce all’autonomo e meno grave delitto di lesione, rientrano tutti i tipi di aggressione agli organi genitali esterni purché non consistenti in una mutilazione degli stessi- produttivi di una malattia nel corpo o nella mente. Grazie a questo comma potranno essere
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Salute nel IV tipo: pratiche3 consistenti nel forare, trapassare, incidere il clitoride o le labbra, nel cauterizzare mediante ustione il clitoride ed i tessuti circostanti, nell’introdurre sostante corrosive nella vagina per causare sanguinamento, nell’introdurre erbe nella vagina allo scopo di serrarla o restringerla. L’assenza di esigenze terapeutiche è l’elemento negativo del fatto tipico previsto dal legislatore per entrambi i delitti. Tali esigenze sussistono quando l’intervento sia praticato nell’interesse della salute della donna, quindi per prevenire una malattia o un suo peggioramento, ovvero per consentire una guarigione. del fatto tipico il giudice dovrà accertare la presenza, o l’assenza, delle esigenze terapeutiche sulla scorta delle acquisizioni diffuse o riconosciute come valide dalla scienza medica italiana. E’ importante considerare dunque che tali conoscenze potrebbero divergere profondamente da quelle in possesso del soggetto che ha materialmente praticato l’operazione. i diritto offesi dal fatto tipico di reato possono essere considerati come diritti individuali relativamente disponibili e quindi teoricamente rientranti nel campo d’azione della scriminante del consenso. Nel caso delle pratiche di mutilazione previste dal co. 1, producendo esse una diminuzione del consenso dev’essere negata. La soluzione sarà diversa, nel senso di attribuire importanza al consenso dell’avente diritto, nel caso delle pratiche descritte dal co. 2, dal momento che queste producono una diminuzione E’ possibile che le MGF siano scriminate per effetto dell’esercizio di un diritto da parte del soggetto attivo. I genitori potrebbero infatti invocare l’esercizio del diritto di libertà religiosa, sancito e riconosciuto dall’art. 19 della Costituzione Italiana nonché dall’art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. In realtà non sembra possa trovare applicazione l’art. 51 c.p. per due motivi: in primo luogo, come è già stato sottolineato, nessuna confessione religiosa prescrive esplicitamente l’osservanza di tale pratica, in secondo luogo e soprattutto, l’esercizio di tale diritto non può Altro diritto che potrebbe essere invocato come scriminante è quello dell’esercizio di un diritto scaturente da una consuetudine. Anche in tal caso tuttavia sembrerebbe preferibile la soluzione negativa: innanzitutto 3 Comprese le pratiche di
ma esclusa la
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non è plausibile possa trattarsi di una “consuetudine giuridica” , in quanto spesso nei paesi dove queste pratiche vengono più di frequente messe in atto sono presenti delle legislazioni atte a vietarle. In secondo luogo manca una legge che richiami tale facoltà, elemento che sarebbe imprescindibile per fondare la capacità scriminante di una consuetudine secondo una certa dottrina. In terzo e ultimo luogo, sono pur sempre consuetudini estranee all’ordinamento italiano e, non essendo recepite ai sensi dell’art. 10 della Costituzione, non possono validamente fondare una scriminante. Per entrambe le fattispecie previste dall’art. 583 bis è richiesta la presenza di dolo: dovrà trattarsi di dolo generico nel caso previsto dal primo comma, agisca senza la rappresentazione e la volontà di mutilare o di ledere, ma cagiona tali eventi per colpa, gli si potrà applicare l’art. 590 sulle lesioni personali colpose. Nel 2012, grazie alla legge n. 172, è stato aggiunto un nuovo comma, il IV, all’articolo 583 bis. Con questa nuova previsione legislativa è stato introdotta la pena accessoria della del genitore” e dall’” se i responsabili della mutilazione sono i genitori o il tutore. L’introduzione di questa novità si deve ottobre del 2007, e trasposta nel nostro ordinamento grazie appunto alla l. 172. L’aggiunta del comma in parola è probabilmente dovuta all’articolo 274 della Convenzione, ove si precisa che tra le misure che possono essere 4 Articolo 27 – Sanzioni e misure 1 Ciascuna delle Parti adotta le misure legislative o di altra natura necessarie per garantire effettive, proporzionate e dissuasive, che tengano conto della loro gravità. Tali sanzioni comprendono misure privative della libertà che possono dar luogo a estradizione. 2 Ciascuna delle Parti adotta le misure legislative o di altra natura necessarie per garantire che le persone giuridiche dichiarate responsabili conformemente all’articolo 26 siano punibili con sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono o meno pene pecuniarie, ed eventualmente altre misure, in particolare: b. il divieto temporaneo o permanente di esercitare un’attività commerciale; c. l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; d. i provvedimento giudiziari di scioglimento. 3 Ciascuna delle Parti adotta le misure legislative o di altra natura necessarie per: conformemente alla presente Convenzione o per agevolarne la commissione;
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adottate nei confronti degli autori del reato vi possa essere la decadenza della potestà genitoriale, per quanto nel testo della Convenzione non si faccia espresso riferimento alla fattispecie delle MGF. A tal proposito è opportuno richiamare anche il codice civile, che prescrive la perdita della potestà quando “il genitore viola o trascura i doveri ad essi ed il codice penale, per cui “la legge determina i casi nei quali la condanna importa la decadenza della potestà dei genitori” (art. 34). E’ necessario tuttavia dar atto del fatto che la Consulta5 ha ritenuto contrario alla Costituzione l’art. 5696 c.p. nella parte in cui acconsente alla perdita automatica della potestà genitoriale nei confronti di coloro che si siano resi responsabili dei reati in questione. Quello che la Corte ha duramente contestato è l della perdita della potestà genitoriale, ove non sia consentito al giudice di operare una valutazione concreta dell’interesse del minore e dunque della lesione dello stesso. In questo modo non sarebbe infatti possibile tener conto dei numerosi fattori socio-culturali che si celano dietro a tali pratiche e che hanno spinto i genitori ad agire, spesso nella convinzione di fare l’interesse della minore. Un atteggiamento di questo tipo, che reprime in modo sommario e sbrigativo e non tiene conto dei non trascurabili fattori in gioco, non pare raccomandabile, sopratutto in uno Stato, come quello italiano, che è, nei - proventi di tali reati o beni il cui valore corrisponde a tali proventi; b.consentire la chiusura temporanea o permanente delle strutture utilizzate per commettere in buona fede, o il divieto, temporaneo o permanente, per l’autore di tali reati, di esercitare l’attività professionale o di volontariato che comporta contatti con minori e nel corso della quale sono stati commessi i reati. 4 Ciascuna delle Parti può adottare altre misure nei confronti degli autori di reato, quali la decadenza dalla potestà genitoriale, il controllo o la sorveglianza delle persone condannate.
alla presente Convenzione. 5 La Corte Costituzionale è intervenuta sul punto con due sentenze. Con la sentenza n. 31 del 2012 la Corte ha analizzato la questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 569 del codice penale, nella parte in cui prevede “l’applicazione automatica della pena accessoria della perdita della potestà genitoriale a seguito della commissione del reato di sostituzione di stato n. 7 del 2013, la Consulta è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del meccanismo dell’art. 569 in relazione questa volta all’art. 566 sulla supposizione o soppressione di stato. 6 Art 569 c.p. La condanna pronunciata contro il genitore per alcuno dei delitti preveduti da questo capo importa la perdita della potestà dei genitori o della tutela legale.
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fatti, ormai interculturale. In passato sono state sollevate molte perplessità sull’intervento del legislatore, in particolare sull’opportunità di introdurre due fattispecie ad hoc nel nostro codice penale per punire le MGF. Le critiche riguardano in particolare il rischio di creare un forte clima di sospetto nei confronti di sul loro corpo il residuo di una società primitiva ed incivile. Il giudizio verso l’art. 583 bis è stato inasprito anche dal fatto che, come già sottolineato, sarebbe stato possibile ricondurre le nuove fattispecie alla disciplina già prevista per le lesioni personali. del legislatore, dato che al momento manca una casistica giurisprudenziale 7 . Quello che qui sembra necessario sottolineare è, ancora una volta, la fondamentale importanza della prevenzione e dell’informazione. Già le linee guida previste dalla Direttiva Prodi-Finocchiaro del 1997 e ribadite nel Disegno di Legge proposto dall’On. Consolo caldeggiavano un approccio multi-settoriale, prevedendo un intervento su più fronti: medico, culturale, giuridico ed istituzionale. L’ottica onnicomprensiva consigliata è sicuramente condivisibile, su due piani in particolare è necessario agire. In primo luogo a livello istituzionale, ad esempio prevedendo degli incontri informativi presso le scuole medie inferiori e superiori oppure inserendo un servizio di ascolto-aiuto nei consultori già presenti sul territorio. In secondo luogo a livello culturale, facilitando il dialogo con i genitori, aggiornando il personale medico e gli stumenti per emanciparsi da queste pratiche. Prevenzione e informazione, un connubio fondamentale che è assolutamente fondamentale per far comprendere alle donne quali sono i rischi e i vantaggi delle MGF e per metterle in condizione di scegliere.
7 Ad oggi si registra solo un caso in cui è stato applicato l’art. 583 bis c.p., si tratta della sentenza n.1485 del 23 novembre 2012 pronunciata dalla Corte d’Appello di Venezia.
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A Civis europaeus sum: il diritto di elettorato al Parlamento europeo Anna Ferrari
Le recenti elezioni al Parlamento europeo del 22-25 maggio 2014 hanno tenuto banco per settimane su ogni canale dei media. Tutti sappiamo che esse ci riguardano in quanto cittadini europei. Il diritto di elettorato attivo e passivo al Parlamento europeo è infatti strettamente connesso alla cittadinanza europea. Non a caso, tale diritto è menzionato, a partire dal Trattato di Lisbona in vigore dal 2009, nell’art. 20 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (articolo dedicato appunto alla cittadinanza) tra quei diritti che tipicamente afferiscono allo status di cittadino dell’Unione. Ma
Nozione e contenuto della cittadinanza europea La cittadinanza europea1 fu istituita col Trattato di Maastricht del 1992 ed è oggi disciplinata da diversi articoli del Trattato sull’Unione europea (TUE) e del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), nonché dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Essa è riconosciuta a tutti i cittadini degli Stati membri ed è connotata, anche in virtù dell’interpretazione che ne ha dato, nel corso degli anni, la Corte di giustizia dell’Unione europea, da un alto valore simbolico ed ideale. Si acquista in modo automatico per il solo fatto di essere cittadini di un Paese membro, come si evince dagli artt. 9 TUE e 20 TFUE2. Entrambi gli articoli poi affermano che essa «si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce»3 La 1 Per un maggior approfondimento, cfr. ropea, parte istituzionale, Torino, 2011, p. 51 ss.;
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, Padova, 2012; M. A. Milano, 2006; 2 «È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro» 3 Rispetto ai previgenti articoli del Trattato CE vi è stato un leggero cambiamento nella formulazione, prevedendo quella precedente che la cittadinanza europea «è un complemento
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cittadinanza europea appare quindi sussidiaria rispetto a quella nazionale e al giorno d’oggi non ne esiste ancora una nozione autonoma, perché essa dipende dal possesso della cittadinanza di uno Stato membro. La competenza degli Stati membri in materia di cittadinanza rimane fondamentale: è in base ai requisiti stabiliti da ogni Stato membro per l’acquisto o la perdita della cittadinanza nazionale che, di conseguenza, si acquista o si perde anche quella europea. A tal riguardo, però, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha precisato che gli Stati devono esercitare le loro prerogative nell’osservanza del diritto dell’Unione e che l’attribuzione o la privazione della cittadinanza non può risultare in violazione di tale diritto (Corte giust., 7 luglio 1992, causa C-369/90, Micheletti, in Raccolta, p. I-4239). Sussistono perciò delle differenze tra la nozione di cittadinanza europea e il corrispondente istituto del diritto nazionale, in quanto la prima non è espressione di soggezione del singolo allo Stato, anche perché all’Unione europea mancano le caratteristiche fondamentali, nonché le competenze generali, della comunità politica o dell’entità statale. Certo è che si tratta di 4 uno status e a cui sono riconnessi numerosi diritti, quali, ad esempio, il diritto di libera circolazione e soggiorno (che può essere invocato per il solo fatto di essere cittadini dell’Unione), di presentare petizioni al Parlamento europeo, di ricorrere al Mediatore europeo, di protezione diplomatica e consolare all’estero, nonché il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali dello Stato membro di residenza e del Parlamento europeo (art. 20 TFUE), diritto che sarà oggetto di questa analisi.
I diritti elettorali La cittadinanza dell’Unione europea, attribuendo il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali e a quelle del Parlamento europeo, ha un sidella democrazia rappresentativa (su cui si fonda il funzionamento dell’Unione, secondo l’art. 105 TUE) e partecipativa (art. 11 TUE). È bene ridella cittadinanza nazionale e non la sostituisce» 4 Non sono infatti ricomprese le persone giuridiche, che pure godono di libertà fondamentali quali la libertà di stabilimento e di libertà di prestazione dei servizi. 5 L’art. 10 TUE, che fa parte delle “Disposizioni relative ai principi democratici dell’Unione”, prevede:«1. Il funzionamento dell’Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa. 2. I cittadini sono direttamente rappresentati, a livello dell’Unione, nel Parlamento europeo.(…) 3. Ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione. Le decisioni sono prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini.»
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cordare, infatti, che: «appartiene alle esperienze costituzionali dello Stato democratico l’attribuzione ai cittadini del diritto di elettorato attivo e passivo per gli organi che ne esprimono, a diversi livelli, la volontà politica»6. I diritti di elettorato hanno un’origine risalente, essendo previsti già a partire dal 19787, e rafforzano indubbiamente il concetto stesso di cittadinanza europea. L’art. 22, par. 1, TFUE attribuisce ad ogni cittadino europeo il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro di residenza, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Ciò risulta tanto più apprezzabile in quanto contribuisce alla fattiva integrazione del “non della libertà di circolazione. L’art. 22, par. 2, TFUE attribuisce il medesimo diritto di cui al par. 1, ma con riferimento al diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo. Tali disposizioni si ispirano il principio democratico, sancito anche dall’art. 6 TUE, consentendo al cittadino europeo di partecipare attivamente - anche in uno Stato membro di cui non sia cittadino, purché abbia la propria residenza in detto Stato - alla formazione della volontà popolare all’interno dell’organo rappresentativo dell’Unione europea. Entrambe le situazioni giuridiche soggettive menzionate sono previste nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea agli artt. 39 (elezioni del Parlamento europeo) e 40 (elezioni comunali), che riproducono in modo pressoché identico quanto previsto dall’art. 22 TFUE. L’importanza dei diritti elettorali appare quindi chiara, tanto è vero che la mancata attribuzione di questi ultimi rappresenterebbe una discriminazione fondata sulla nazionalità, in contrasto con l’art. 18 TFUE.
La partecipazione alle elezioni del Parlamento europeo La direttiva n. 93/109/CE8 contiene le norme di attuazione, cioè le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini. In basa a tale direttiva, sia l’elettorato attivo sia l’elettorato passivo possono essere esercitati nello Stato membro di resi6 , A. , B. persone, cit., pag. 44. 7 cisa con un Atto del Consiglio europeo del 20 settembre 1976, entrato in vigore il 1° luglio 1978. Nel 1979 si sono svolte le prime elezioni a suffragio universale diretto. Cfr D Padova, 2010, spec. p. 25. 8 glio del 20.12.2012, in GUUE L 26 del 26.1.2013, p. 27 ss.
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tato nello Stato membro di residenza o, in alternativa, in quello d’origine (art. 4, par.1). Nessuno può presentarsi come candidato in più di uno Stato membro nel corso delle stesse elezioni (art. 4, par. 2). Ai sensi dell’art. 8, l’esercizio del diritto di voto è subordinato alla volontà dell’elettore, anche negli Stati in cui il voto è obbligatorio (Belgio, Cipro, Grecia e Lussemburgo). L’elaborazione di una procedura elettorale uniforme per gli Stati membri è menzionata nell’art. 223 TFUE9 e non è contenuta nella direttiva 93/109/CE, prevedendo l’art. 223 TFUE un procedimento di differente siun progetto; il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento (che si pronuncia alla maggioranza dei membri che lo compongono), stabilisce le necessarie disposizioni. L’entrata in vigore di tali disposizioni negli Stati membri è subordinata alla loro approvazione, in base alle rispettive norme costitucamente riscontrate nella creazione di una procedura elettorale uniforme, prevede che le elezioni al Parlamento europeo possano avvenire anche solo secondo principi comuni agli Stati membri.10 Per quanto riguarda le modalità del voto, prendendo a parametro l’Italia11, i cittadini di un altro Stato membro, residenti in Italia, che desiderino esercitare il diritto di voto alle elezioni del Parlamento europeo, devono richiedere di essere iscritti in una lista elettorale aggiuntiva istituita presso il comune di residenza. All’atto di tale iscrizione, i cittadini sono tenuti a dichiarare la cittadinanza, la residenza, il possesso della capacità elettorale nello Stato di origine e l’assenza di cause ostative all’eleggibilità nel Paese di origine. Corrispettivamente, grazie alle norme di attuazione, è consentito agli italiani residenti in un altro Stato membro di scegliere di votare in tale Stato in conformità alla direttiva, concorrendo perciò ad eleggere i rappresentanti dello Stato di residenza al Parlamento europeo, oppure di votare per l’elezione dei rappresentanti dell’Italia all’interno di sezioni elettorali appositamente istituite presso i Consolati, gli istituti di cultura, le scuole italiane ovvero in altri locali messi a disposizione dallo Stato membro (a differenza delle modalità di elezione del Parlamento italiano e di votazione ai referendum da parte dei cittadini italiani residenti all’estero, dove il voto è per corrispondenza, 9 Norma espressamente fatta salva dall’art. 22, par.2, TFUE. Cfr , cit., spec. p. 42. 10 Cfr D cit., spec. p. 25. 11 L’Italia ha attuato la direttiva n.93/109/CE con il d.l. 24 giugno 1994, n. 408 (in GU n. 148 dalla l.24 aprile 1998, n.128 (in GU n. 104 del 7.5.1998)
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salvo eccezioni). Nella pratica si è registrato che non sono molti i cittadini italiani residenti all’estero che si avvalgono di tale diritto. Una recente novità è stata introdotta dalla direttiva 2013/1/UE12 ne modalità di esercizio del diritto di eleggibilità per i cittadini europei che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini. Come già previsto dalla precedente direttiva, la decadenza dal diritto di eleggibilità secondo il diritto dello Stato membro di residenza o di quello d’origine comporta l’esclusione dall’esercizio di tale diritto nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo. Non sarà più necessario presentare, all’atto di deposito della propria candidatura, un attestato delle autorità amministrative competenti dello Stato membro di origine, eleggibilità in tale Stato (o che comunque così non risulta), ciò che era preautorità competenti al rilascio di detto attestato. La direttiva 2013/1/UE ha soppresso tale obbligo, sostituendolo con una dichiarazione che confermi che «la persona interessata non è decaduta dal diritto di eleggibilità al Parlamento europeo, da accludersi alla dichiarazione formale che tali cittadini sono tenuti a fornire a completamento della candidatura»13. A questo allo Stato membro d’origine, il quale, a sua volta, dovrebbe rispondere con le pertinenti informazioni. La mancata trasmissione di tali informazioni in ra non dovrebbe comportare la decadenza dal diritto di eleggibilità nello Stato membro di residenza, determinando solo ed eventualmente un effetto ex post: ai cittadini decaduti nello Stato membro d’origine, qualora già iscritti nelle liste elettorali, sarà impedito di essere eletti oppure, qualora siano già stati eletti, di esercitare il mandato. Peraltro, è da notare che alcuni diritti propri dello status di cittadino europeo vengono talvolta estesi a chiunque risieda nell’Unione europea. Così accade anche per il diritto di elettorato attivo e passivo al Parlamento europeo. La Corte di giustizia ha affermato che rientra nella competenza degli Stati membri attribuire tale diritto a cittadini di Stati terzi, residenti in uno Stato membro, a condizione che ciò avvenga nel rispetto del diritto dell’Unione e che siano presenti «stretti legami» tra tali individui e lo Stato membro di residenza e perciò, indirettamente, anche con l’Unione (Corte giust., 12 settembre 2006, causa C-145/04 , in Raccolta, p I-7917; 12 set12 In GUUE L 26 del 26.1.2013, p. 27 ss. 13 Quinto considerando della direttiva 2013/1/UE
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tembre 2006, Eman e Sevinger, causa C-300/04, in Raccolta, p. I-8055).Può taluni tra i loro cittadini il diritto di voto, ma le esclusioni devono essere
Verso un demos europeo La possibilità di essere eletti in uno Stato membro diverso da quello di cui si è cittadini dà valore all’idea di una mandato parlamentare slegato dall’appartenenza ad uno Stato membro. L’art. 14 TUE stabilisce che «il Parlamento europeo è composto dai rappresentanti dei cittadini dell’Unione»14 e l’art. 10 TUE par. 4 afferma che: «I partiti politici a livello europeo contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell’Unione». Il Parlamento europeo viene così a europea e non i singoli corpi elettorali nazionali. Non a caso, l’organizzazione dei parlamentari non avviene sulla base delle nazionalità, ma delle a livello europeo. Infatti la maggior parte degli eurodeputati è schierata nel proprio Paese con un partito politico nazionale, che, nell’ambito del Parlamento europeo, si allea con altri partiti, formando raggruppamenti politici “europei”. Ogni gruppo politico in seno al Parlamento europeo è composto da deputati eletti in almeno un quarto dei Paesi dell’UE e conta un minimo di 25 membri. Vi sono attualmente15 7 gruppi politici all’interno del Parlamento europeo. I deputati che non appartengono ad alcuno di questi gruppi sono chiamati “non iscritti”. I gruppi politici dispongono di personale proprio e i deputati si avvalgono di assistenti parlamentari. La demos europeo. Un popolo dell’Unione sull’intero territorio dell’UE, sia in grado di andare al di là delle cittadinanze nazionali, formando una vera coscienza e una base sociale europee.
14 Il TCE, art. 189, prevedeva invece che il P.E. fosse composto «di rappresentanti dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità», cioè di membri dei Parlamenti nazionali inviati al Parladelle origini. 15 Sessione di apertura 2014
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A Il Parlamento europeo e le elezioni: cambiamento Federica Monteleone La storia La storia di questa istituzione ha inizio nel 1951, anno di sottoscrizione del Trattato Ceca. All’epoca il suo nome era Assemblea Comune della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, che solo nel 1962, in virtù di una decisione in seno alla stessa, divenne “il Parlamento europeo”. Inizialmente i membri del Parlamento europeo erano 78, nominati dai Parlamenti dei sei Stati fondatori (Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi). La prima espansione della CEE si ebbe nel 1973 con l’adesione della Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito, ed in tale contesto il Parlamento europeo toccò quota 198 parlamentari. Nel 1976, in seguito ad una decisione del Consiglio europeo, venne approvato un Atto per rendere il Parlamento eleggibile a suffragio universale dagli abitanti degli Stati membri. In seguito alle adesioni dei nuovi paesi all’UnioCon riguardo al numero di aventi diritto al voto (505,7 milioni divisi tra i mondo, dopo la Camera del Popolo dell’India. La sua Sede è a Strasburgo, con commissioni parlamentari anche a Bruxelles e in Lussemburgo, i dibattiti si svolgono in tutte le 24 lingue degli Stati Membri e analogamente avviene la pubblicazione degli atti1. Le elezioni Il 1979 rappresentò l’anno in cui per la prima volta i cittadini dell’Unione furono chiamati ad eleggere direttamente un organo comunitario. L’afle elezioni successive, la percentuale di votanti iniziò a diminuire sino a 1 Fin dalla sua fondazione, l’Unione europea ha fatto del multilinguismo uno dei suoi baluardi, incoraggiando i suoi cittadini ad apprendere più di una lingua straniera e promuovendo iniziative in questo senso soprattutto nelle scuole. Per maggiori informazioni: http://europa.eu/pol/mult/index_it.htm
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Analizzando i dati in merito, è emerso che l’Italia ha sempre rappresentato un esempio positivo in questo senso: nel ‘79 votò uno strabilian-
quelli che maggiormente si reca alle urne, insieme a Malta e alla Danimardiritto.2 Conclusioni interessanti si potrebbero trarre da un confronto con l’afdenti alle elezioni europee del 2009: in Svezia e Slovacchia, per esempio, Questa difformità diminuisce, invece, in Paesi come l’Italia e l’Irlanda, dove
Elezioni europee 2014
All’esito delle votazioni è risultato vincitore il PPE, il Partito Popolare Europeo che riunisce i partiti nazionali di centro e centro destra, a cui sono S&D (Partito Socialista Europeo) con 191 seggi. Il terzo gruppo, ECR, unisce i partiti conservatori di centrodestra, questi ultimi vantano 70 seggi 3. Già durante le procedure di assegnazione, i due principali candidati per la Presidenza della Commissione, Jean-Claude Juncker per il PPE, e Martin Schulz per il S&D, avevano intavolato delle trattative con gli altri partiti al di Presidente. È bene ricordare che, ai sensi dell’art. 17, par. 7 del Trattato sull’Unione europea, il candidato al ruolo di Presidente della Commissione europea è proposto dal Consiglio europeo al Parlamento europeo, elezioni e dopo le dovute consultazioni; sarà poi il Parlamento ad eleggere il candidato a maggioranza dei membri che lo compongono. Il Consiglio europeo ha preso la sua decisione il 27 giugno, nominando il lussembur2 http://www.risultati-elezioni2014. eu/it/turnout.html. Si noti che in Belgio e Lussemburgo il voto è obbligatorio, per cui l’af3 http://www.risultati-elezioni2014.eu/it/election-results-2014.html. A tale indirizzo è possibile anche guardare i risultati Paese per Paese.
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ghese Jean-Claude Juncker, con 26 voti a favore e 2 contro (Inghilterra e Ungheria). Ora l’ultima parola spetta al Parlamento europeo che, secondo
suo avversario Martin Schulz, invece, è stato rieletto Presidente del Parlamento europeo, carica che ricopre dal gennaio 2012. Il dato probabilmente più rilevante, comunque, è la crescita dei seggi assegnati ai partiti dei c.d. euroscettici, che hanno ottenuto 140 seggi su 751; un fatto che non ha lasciato indifferente neanche il Presidente della Commissione europea uscente, Manuel Barroso, il quale ha invitato gli europeisti a fare fronte comune. Certo è che la grossa porzione di Parlamento occupata dagli euroscettici non rimarrà inattiva e metterà in discussione Il terremoto delle elezioni europee All’indomani delle elezioni europee, la stabilità dei governi di alcuni Paesi è stata messa in discussione proprio alla luce della vittoria dei partiti di opposizione su quelli di maggioranza. Primo fra tutti è il caso della Francia, dove il Front National, guidato da Marine le Pen, ha staccato il partito del Presidente François Hollande di re lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale e nuove elezioni, inducendo il Presidente Hollande a convocare una riunione d’emergenza con i suoi Ministri per decidere quali provvedimenti e cambiamenti di linea politica dovranno seguire alla capitolazione del partito di maggioranza.4 Lo stesso sta accadendo in Grecia, ma a colori invertiti: Alexis Tsipras, leader di Syriza (diventato in Grecia il partito più votato alle elezioni europee), ha chiesto nuove elezioni nazionali “per sottomettere al verdetto del popolo greco la politica del governo Samaras”, attuale Primo Ministro greco e leader del partito Nuova Democrazia. Intanto, Alba Dorata, partito di estrema destra, va ad ingrosIn Inghilterra, invece, Tories e Labours sono stati superati dagli euroscettici di Ukip (Partito per l’Indipendenza del Regno Unito), guidati da Nigel Farage, il cui obiettivo sembra essere quello di far uscire il Regno Unito dall’Unione europea. In Italia non si è più ripetuta la sostanziale (quasi) parità tra i tre principali partiti (PD, M5S e FI) delle scorse elezioni: vincitore indiscus4 http://www.france24.com/en/20140526-france-consequences-european-election-farright-hollande-ump/
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A occasione il Premier italiano sembra aver trovato una sorta di legittimazione popolare, mentre il M5S ha subito un arresto, pur restando il principale partito d’opposizione. Nonostante l’apparente declino, Grillo e i suoi si sono dichiarati pronti a fare il loro ingresso in Parlamento afDa ultimo, l’inizio dei lavori al nuovo Parlamento europeo ha coinciso sostanzialmente con l’avvio del semestre italiano alla Presidenza del Consiglio dell’Unione europea, con il compito di portare avanti l’agenda dell’Unione. Non resta che attendere gli sviluppi dei recenti cambiamenti e vedere a quale livello d’integrazione essi porteranno, auspicando in provvedimenti tesi a favorire la tanto invocata crescita economica, dopo il rigore reso necessario dalla crisi.
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A Nuova pronuncia della Corte di Giustizia UE in tema di marchio complesso Camilla Rosi
Recentemente la Corte di Giustizia UE è stata nuovamente chiamata ad esprimersi in materia di marchi complessi. Attraverso l’analisi di questa pronuncia, che conferma una giurisprudenza già affermata, affronteremo il tema dei marchi complessi, del rischio di confusione e il decisivo ruolo della capacità distintiva del marchio nella questione. Il marchio complesso “è caratterizzato dal fatto di essere formato da più capacità distintiva ed è denominato cuore del marchio”1 della causa C-591/12, ha ad oggetto l’impugnazione proposta il 10 dicembre 2012, dalla Bimbo SA, società con sede in Barcellona (Spagna) (in prosieguo: la «Bimbo») avverso la decisione del Tribunale dell’Unione europea Bimbo/UAMI – Panrico (T 569/10), con la quale il Tribunale aveva respinto il ricorso della Bimbo volto alla riforma o, subordinatamente, all’annullamento della decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI del 7 ottobre 2010, relativa ad un procedimento di opposizione tra la Panrico SA, anch’essa con sede in Spagna (in prosieguo: la «Panrico»), e la Bimbo.Il marchio oggetto della controversia era il segno denominativo “Bimbo Doughnuts”, per cui la Bimbo aveva chiesto la registrazione con riferimento ai prodotti rientranti nella classe 30, in particolare “prodotti di pasticceria e panetteria, in particolare, bignè”. Avverso tale domanda, la Panrico aveva proposto opposizione sulla base dell’articolo 8, par. 1, lettera b)2, del regolamento n. 207/2009, e all’articolo 8, paragrafo 53, di 1 Cassazione Civile, Sez. I, 20 aprile 2004, n. 7488 2 “In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore” 3 “In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è altresi
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quest’ultimo. Panrico fondava la propria opposizione su diversi marchi nazionali e interdenominativo spagnolo DOGHNUTS, registrato il 18 giugno 1994 con il n. 1288926 per i prodotti della medesima classe 30. La divisione di opposizione accoglieva l’opposizione. La Bimbo si rivolgeva allora dapprima alla quarta commissione di ricorso e quindi al Tribunale dell’Unione Europea. Entrambe respingevano i ricorsi promossi dalla Bimbo. Il Tribunale, in particolare, aveva statuito che, anche volendo ritenere che l’elemento “bimbo” occupasse una posizione dominante nel marchio di cui era stata chiesta la registrazione, l’elemento “doughnuts” non era trascurabile nell’impressione globale prodotta da tale marchio e, pertanto, doveva essere preso in considerazione nel confronto mava con l’altro elemento del segno, considerati complessivamente, un’unità avente un senso diverso rispetto a quello di detti elementi presi singolarmente. Esso ha quindi concluso che l’elemento “doughnuts” manteneva una posizione distintiva autonoma nel marchio di cui era stata chiesta la registrazione e, di conseguenza, doveva essere preso in considerazione nella valutazione globale del rischio di confusione. Il Tribunale aveva concluso, pertanto, che la valutazione globale confermava la conclusione della commissione di ricorso, secondo cui esisteva un rischio di confusione e, pertanto, il marchio successivo non possedeva i necessari requisiti di registrabilità. In una simile ipotesi, infatti, l’impressione complessiva prodotta dal segno composto può indurre il pubblico a ritenere che i prodotti in questione provengano, quantomeno, da imprese collegate, il che comporta un rischio di confusione, consistente nella concreta possibilità che il consumatore meanteriore o se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio comunitario anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorieta Comunita nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorieta llo Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorieta
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dio non riesca a distinguere con chiarezza l’origine imprenditoriale di un prodotto. Il marchio complesso, infatti, va valutato “globalmente, tenendo presenti tutti i fattori pertinenti della fattispecie, e segnatamente la notorietà del marchio registrato e il grado di somiglianza tra i prodotti o servizi designati” 4 La valutazione, invero, non può che essere globale, poiché il consumatore medio del prodotto concepisce il marchio come un’entità unitaria. La Corte aveva già avuto, in precedenza, l’occasione di affermare l’importanza di tale approccio globale con la sentenza Shaker del 12 giugno 2007: “Secondo una giurisprudenza costante, la valutazione globale complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro
un esame dei suoi singoli elementi” La questione proposta è stata dunque risolta nel senso che può sussistere un rischio di confusione per il pubblico, in caso di identità di prodotti o di servizi, quando il segno controverso è costituito mediante la giustapposizione, da un lato, della denominazione dell’impresa del terzo e, dall’altro, del marchio registrato, dotato di normale capacità distintiva, e quando quest’ultimo, pur senza determinare da solo l’impressione complessiva del segno composto, conserva nell’ambito dello stesso una posizione distintiva autonoma. 5 Sulla base di tali rilievi, inter alia, la Corte, con la decisione in esame, ha affermato la correttezza della decisione del Tribunale ed ha quindi respinto l’impugnazione proposta dalla Bimbo. Possiamo pertanto conclusivamente, affermare che l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico deve essere valutata globalmente, prendendo in considerazione tutti i fattori rilevanti nel caso di specie. 4 caso Puma/Sabel 11 novembre 1997 5 sentenza Medion del 6 ottobre 2005
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La percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio e, a tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi. La valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prenderein considerazione solo una componente di un marchio complesso, paragonandola ad un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel suo complesso L’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico pertinente da un marchio complesso può, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti. Tuttavia, solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante.
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A I poteri del Governo “in” Parlamento e la farmacia del costituzionalista1
Premessa Con la stessa passione che Fernando Pessoa ha mostrato per gli eteronomi, la dottrina costituzionalistica italiana ha studiato recentemente il tema delle riforme istituzionali. A tal proposito, il Presidente della Repubblica – il giorno del suo secondo insediamento - precisava che nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione nette e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazie e la società All’interno di quella che è - evidentemente – una materia sterminata equilibri di potere tra Parlamento e Governo e, più nel dettaglio, gli strumenti normativi a disposizione dell’Esecutivo per condizionare lo svolgimento dell’iter legis e per incidere sulle procedure parlamentari. Effettivamente, lo Statuto del Governo “in” Parlamento è un argomento costantemente oggetto di attenzione da parte degli studiosi. Con tale espressione ci si riferisce in dottrina a quell’insieme di istituti “ volare la realizzazione delle politiche governative, consentendo sentire di ottenere litico: sussistenza di una maggioranza che sostiene il Governo; compattezza e determinazione di tale maggioranza) non sussistono o sussistono solo in parte”2. Gli interrogativi cui si deve trovare risposta sono dunque i seguenti: preso atto di una consueta e perdurante debolezza politica delle compagini governative, esistono - nel nostro ordinamento costituzionale - delle supplenze di tipo istituzionale idonee a supportare l’azione del Governo puntelli normativi che permettano all’E1 L’espressione metaforica è presa da G. FILIPPETTA, L’emendabilità del decreto-legge e la farmacia del costituzionalista, in Rivista AIC n. 4/2012. 2 Cfr. M. OLIVETTI, Il Governo in Parlamento, in La Commissione parlamentare per le riforme costituzionali della XIII legislatura, a cura di V. Atripaldi, R. Bifulco, Torino, 1998, 266.
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secutivo di tradurre – con tempi certi e brevi – il programma politico su cui
Un passo indietro: la forma di governo parlamentare e l’ordine del giorno “Perassi” Come è noto, la forma di governo accolta dalla Costituzione è quella parlamentare. Circostanza forse meno conosciuta è quella che riguarda le modalità con cui in Costituente si pervenne a tale decisione: l’opzione per la forma di governo parlamentare era contenuta nell’ordine del giorno “Perassi”, presentato e votato, nel settembre del 1946: “La Seconda Sottocom-
parlamentare”. Tale documento però prevedeva un’ulteriore indicazione, non meno signi“con Lo spirito del documento può essere così compendiato: il diritto deve intervenire per soccorrere la politica quando questa non è in grado, autonomamente e doquan. Nonostante questa precisa formulazione, la disciplina costituzionale inrapporti tra Parlamento e Governo: gli elementi di razionalizzazione della forma di governo parlamentare sono esigui e poco incisivi. Con particolare riferimento al procedimento legislativo poi, non vi è traccia alcuna di una correre a determinare l’indirizzo politico e, più in concreto, con quali poteri il Governo possa incidere sulle procedure parlamentari.
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Più nel dettaglio: la disciplina regolamentare
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Verosimilmente (anche) in conseguenza della natura elastica della disciplina costituzionale, i rapporti tra il Parlamento e il Governo hanno subito, nel corso delle legislature, trasformazioni notevoli. Tali trasformazioni (mai sanzionate da riforme costituzionali) sono state favorite dalle relazioni tra i partiti politici e dalle riforme in tema di legislazioni elettorale ma, sopratEugène Pierre, celebre deputato francese della IIIe République Regolamento d’Assemblea come uno strumento che
.A ben vedere, anche in Italia, i Regolamenti parlamentari hanno rivestito un ruolo fondamentale nel delineare concretamente le relazioni tra Governo e Parlamento e, all’interno delle assemblee rappresentative, dei rapporti tra forze di maggioranza e forze di opposizione. alle ultime riforme del biennio 1997-1999, hanno corretto alcuni punti gislativo. Rispetto ai primi Regolamenti - ereditati dell’epoca statutaria – e ai Regolamenti del 1971, la disciplina vigente della programmazione dei lavori, del contingentamento dei tempi e delle modalità di votazione ha contribuito a migliorare la posizione del Governo “in” Parlamento. Nonostante tutto ciò però permane una marcata debolezza del Governo nell’ambito delle dinamiche parlamentari e del procedimento legislativo. In particolare, il dato di maggior interesse risiede nella mancanza di dispositivi sazione dell’agenda parlamentare e sui tempi della decisione; di fatti, nella normativi che gli diano rassicurazione in merito all’attuazione tempestiva del suo programma politico.
I sintomi dell’Homme malade: il Governo e l’abuso degli strumenti eccezionali Le analisi dottrinali che riguardano lo studio degli strumenti di cui l’Esecutivo dispone per incidere sullo svolgimento dell’iter legis si accompagnano che recente - dell’eccessivo ricorso, da parte del Governo, a istituti che nel
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nostro ordinamento sono concepiti come “eccezionali”, ed usati dall’Esecutivo proprio allo scopo di incidere sul procedimento legislativo: si pensi soprattutto alla decretazione d’urgenza e alla presentazione, sovente proprio nel corso dell’approvazione delle leggi di conversione, di maxiemendamen. esse incidono negativamente oltre che sugli equilibri di potere tra Parlamento e Governo, anche sul rispetto dei principi costituzionali che connota. Quando invece si è chiamati a valutare altri aspetti del fenomeno, il tema risulta estremamente divisivo. Una parte della dottrina registra in queste prassi distorsive la manifestazione dello “strapotere” dei governi di epoca maggioritaria: l’Esecutivo in questa logica sarebbe un vero e proprio “signore delle fonti”5 che esercita poteri straordinariamente penetranti idonei ad esautorare il Parlamento delle sue prerogative ordinarie e a strozzare il dibattito parlamentare, alterando l’equilibrio costituzionale tra i due organi. Il ricorso abusivo a questi strumenti eccezionali sarebbe dunque da considerarsi come la principale causa del malessere istituzionale nostro parlamentarismo. In perfetta antitesi con questa visione - e più persuasivamente - si pone quella dottrina che legge invece nel fenomeno della decretazione d’urgenza il principale sintomo di una debolezza istituzionale del Governo . Secondo questa tesi, è l’assenza di garanzie normativamente previste in ordine all’approvazione di provvedimenti in tempi certi che induce l’Esecutivo a ricorrere frequentemente alla decretazione d’urgenza e alla questione di massiccio di questi strumenti eccezionali perché né la Costituzione né i Regolamenti parlamentari gli consentono di incidere sulle procedure legi3 Sul tema si veda ampiamente F. BIONDI – S. LEONE, Il Governo “in” Parlamento. Evoluzione storica e problematiche attuali, Rivista AIC n. 1/2012. 4 Per una puntuale ricognizione del fenomeno, si veda la Relazione Tendenze e problemi della decretazione d’urgenza presentata il 12 gennaio 2010 al Comitato per la legislazione dall’On. Duillio. del Governo tra Corte costituzionale e giudici. Atti del convengo annuale dell’Associazione “Gruppo di Pisa”, Università degli studi di Milano - Bicocca, 10-11 giugno 2011, M. Cartabia, E. Lamarque, P.Tanzarella (a cura di), Torino, 2011, IX. 6 In questo senso già G. ZAGREBELSKY, Manuale di diritto costituzionale, I) Il sistema delle fonti del diritto, Torino, 1999, p.178, rilevava che “la prepotenza è solo apparente, in realtà nascondendo impotenza”.
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slative ordinarie e di dirigere la propria maggioranza, secondo la consueta formula di Leopoldo Elia. Militano a favore di questa interpretazione numerosi argomenti. Per quanluogo, si deve sottolineare che di tali prassi abusive fanno uso anche Governi che godono di un ampio e solido sostegno parlamentare (le ultime legislature parlano in questo senso): la ragione principale che spinge il Governo a ricorrere alla legislazione d’urgenza andrebbe cosi correttamente istituzionale e non (solamente) politica. In secondo luogo, attraverso l’esercizio del potere emendativo sui testi dei decreti-legge durante il procedimento di conversione, il Parlamento ricopre un ruolo decisamente attivo. Tutto ciò mal si concilia con quella tesi che lo vede invece completamente escluso dalla produzione normativa, in conseguenza dell’abuso della decretazione d’urgenza da parte del Governo. Va, inoltre, ricordato che spesso, a seguito dell’approvazione in seno al Consiglio dei ministri del testo governativo, gli stessi esponenti dell’Esecutivo dichiarano di essere disponibili a migliorare il provvedimento in sede parlamentare. Tali rilievi permettono di chiarire ulteriormente che queste distorsioni vanno valutate con estrema cautela e devono essere, anzitutto, inquadrate nel più ampio e complesso sistema dei rapporti tra Parlamento e Governo nelle procedure assembleari. In questa logica, la divergenza tra la prassi della decretazione d’urgenza e i criteri previsti dall’art. 77 Cost., non va demonizzata: essa rappresenta frequentemente una scelta obbligata per il Governo realizzare tempestivamente il proprio programma politico.
Il restauro del procedimento legislativo: un nuovo ruolo per il Governo “in” Parlamento sta come pharmakon, come rimedio e medicina che viene elaborata e quinStato. Sul punto però rimane ancora valido il monito per cui
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male o suo spostamento o aggravamento”7. Per questa ragione le proposte hanno il merito di evidenziare, ancora una volta, quello che pare essere il punctum dolens del nostro parlamentarismo: vale a dire, l’assenza di adeguati strumenti normativi in grado di supportare l’azione del Governo “in” Parlamento. quello che è il cuore della questione: il rapporto tra iniziativa legislativa del Governo e tempi della decisione parlamentare. In un procedimento decisionale complesso, come è quello parlamentare, la gestione dei tempi del concreto assetto dei rapporti fra i soggetti che vi partecipano. Il potere di accelerare o di rallentare l’iter parlamentare di un provvedimento conferisce al soggetto che lo detiene un formidabile vantaggio posizionale nell’attività di negoziazione relativa ai contenuti stessi del provvedimento. Capo VI del Reg. Camera e il Capo VII del Reg. Senato, vale a dire quelle parti che governano la programmazione dei lavori. Rispetto alla disciplina originaria dei Regolamenti del 1971, le riforme introdotte nel biennio 19971999 hanno rafforzato la posizione del Governo in sede di programmazione tuttavia, il suo ruolo risulta ancora poco incisivo ed eccessivamente subordinato a quello del Presidente d’Assemblea. In via preliminare, va precisato che non si registra alcun ostacolo di natura costituzionale a stabilire che i programmi e i calendari delle Camere siano determinati in primo luogo, anche se non esclusivamente, sulla base delle dirette indicazioni del Governo. Ciò premesso, sarebbe opportuno prevedere che una quota dell’agenda parlamentare sia messa nella formale disponibilità del Governo, in modo da renderlo concretamente un attore co-decidente della programmazione. L’accrescimento del peso del Governo nella decisione sull’organizzazione dei lavori parlamentari, passerebbe in questo modo per il riconoscimento di un reale potere di decisione su di una quota del programma e del calendario, assunto in nome proprio e non già attraverso l’intermediazione necessaria – e potenzialmente non coincidente – dei Gruppi di maggioranza. Tale riforma potrebbe poi completarsi con un’ulteriore previsione: al Governo, infatti, dovrebbe essere riconosciuta la possibilità di indicare alcuni disegni di legge che ritiene prioritari per l’attuazione del suo programma 7 Cfr. ancora G. FILIPPETTA, L’emendabilità del decreto-legge e la farmacia del costituzionalista, in Rivista AIC n. 4/2012.
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politico. Diversamente da quanto teorizzava una proposta di riforma del gliariello e Zanda), è opportuno prevedere che la determinazione dei limiti massimi per la deliberazione dell’Assemblea sui disegni di legge “prioritari” del Governo sia decisa in seno alla Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Tale organo dovrebbe stabilire che il progetto sia iscritto all’ordine del giorno dell’Assemblea in tempo utile ad assicurare la votazione entro un termine certo, variabile in relazione alla complessità o all’eterogeneità del contenuto del provvedimento. Si badi, però, che per rendere pienail principio per cui i termini stabiliti dai Regolamenti parlamentari sono perentori, e non meramente ordinatori. Questo modo di procedere – che coinvolge attivamente il Governo in seno cio anche allo stesso metodo della programmazione poiché, come ha osservato recentemente la Presidente Boldrini, il continuo aggiornarsi dell’agenda parlamentare per l’inserimento dei disegni di legge di conversione rappresenta un elemento di assoluta incertezza. Fornire maggiori garanzie al Governo in merito ai tempi di approvazione delle leggi di sua iniziativa sarebbe poi una soluzione che permetterebbe di sottrarre all’Esecutivo buona parte delle ragioni che lo inducono a ricorrere alla decretazione d’urgenza. La via principale per ridurre l’abuso dello strumento del decreto-legge consiste proprio nel rendere sostanzialmente indifferente – su un piano di tempistiche e di procedure – la scelta del Governo se ricorrere ad un provvedimento d’urgenza ovvero ad un disegno di legge ordinario. Tuttavia, se da un lato, è opportuno perseguire l’obiettivo di garantire la tempestività della decisione parlamentare rispetto alle proposte governaprocedimento legislativo parlamentare, che si fonda sui principi della pubblicità e del confronto. In questa prospettiva, il principio di una adeguata istruttoria legislativa, corollario dell’art. 72 Cost., non può, in alcun modo, Governo. Il “restauro” del procedimento legislativo dovrebbe poi passare verno “in” Parlamento. In primo luogo, sulla scorta dell’insegnamento del Prof. Valitutti che ricorda come la democrazia parlamentare respiri sempre con due polmoni, andrebbe riconosciuto un vero e proprio “Statuto” parlamentare dell’opposizione – con più incisivi poteri di controllo e di proposta alternativa – per completare la trasformazione in senso maggioritario
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del nostro sistema politico. In secondo luogo, in materia di procedimenti di conversione dei decreti-legge, andrebbe inasprito il vaglio di ammissibilità degli emendamenti, in particolare nel Regolamento del Senato, rendendo ammissibili, secondo una proposta dottrinale condivisibile, solo quelli legati al testo del decreto da una . Sempre in sede di conversione, andrebbe poi abolito il divieto di contingentamento dei tempi previsto dall’art. 154, comma I, Reg. Camera; questa previsione, assente nel Reg. Senato, ha sempre sollevato numerose perplessità, anche perché – proprio in ragione di questo divieto – il Governo si è trovato duto il decreto-legge a causa della decorrenza del termine di cui all’art. 77, comma II, Cost. Il recente utilizzo dello strumento della “ghigliottina” da parte della Presidente Boldrini, nel corso dell’esame parlamentare del decreto conferma l’auspicio di un intervento riformatore sul dalla disciplina del Regolamento. Per invertire la crisi del procedimento lerantire la qualità dell’esame parlamentare: su tutti, la previsione del divieto di presentare maxi-emendamenti sia in Commissione che in Aula. Tali rilievi permettono di chiarire ulteriormente quanto si è detto in riferimento all’abuso da parte del Governo degli strumenti eccezionali (decreto-legge e distorsioni vanno valutate con estrema cautela e devono essere, anzitutto, inquadrate nel più ampio e complesso sistema nitiva, solo “restaurando” il procedimento legislativo ordinario, attraverso l’introduzione di norme regolamentari che diano garanzia al Governo nel veder approvati in tempi certi i propri disegni di legge, sarà possibile pretendere un ridimensionamento del ricorso agli strumenti eccezionali (decretazione d’urgenza in primis).
Una suggestione: la francesizzazione dei Regolamenti parlamentari italiani Il testo della Constitution de la Ve Répubique presenta numerosi meccanidel Governo nelle procedure parlamentari. Inizialmente la dottrina costituzionalistica ha accolto con riserve l’impianto di fondo del testo francese del 1958: alcuni autori, in questo senso, hanno parlato di esaltazione dell’auto-
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ritarismo e del Bonapartismo. Un approccio più cauto suggerisce oggi una diversa valutazione: se da un lato non di discute che la Constitution francese sia permeata da una logica pangovernativa, dall’altro lato però si deve e bollati come autoritari negli anni Sessanta - sono poi entrati a pieno titolo nelle discipline regolamentari delle principali democrazie parlamentari occidentali. Ci si riferisce, in particolare, a quegli strumenti normativi che permettono al Governo di incidere sul procedimento legislativo ordinario, assicurandogli l’approvazione in tempi certi dei progetti di legge di sua iniziativa. L’Italia, come già si è detto, costituisce in tal senso una exception: infatti, la posizione del Governo nel nostro sistema parlamentare la più debole, se raffrontata a quella delle principali democrazie europee, ma anche la più squilibrata, come si è visto, per effetto dell’abnorme e patologico ricorso alla decretazione d’urgenza, secondo un’interpretazione di tale istituto largamente estranea alla sua connotazione costituzionale. In questa prospettiva, si potrebbe suggerire – come fa il Prof. Carrozza – una francesizzazione dei Regolamenti parlamentari italiani in modo da rafforzare le prerogative del Governo, fornendogli rassicurazione in merito ai tempi di approvazione permettere al Governo di assumere concretamente il ruolo di comitato direttivo della propria maggioranza parlamentare, si potrebbe pensare di introdurre nei nostri Regolamenti alcuni istituti presenti nella Come già si è anticipato, si potrebbe prevedere una disciplina della programmazione dei lavori simile a quella contenuta nell’art. 48 del testo francese, e in questo modo riservare al Governo, in via prioritaria, una quota dell’agenda parlamentare. 8 Per altro verso, il cace per compattare la maggioranza e arginare l’ostruzionismo legislativo messo in atto dall’opposizione.
iter formativo del8 il Governo può obbligare una delle due Camere a pronunciarsi con un unico voto su un progetto di legge (o una parte di esso), includendo i soli emendamenti proposti o accettati dall’esecutivo
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la legge in caso di persistente disaccordo tra i due rami del Parlamento. Si potrebbe pensare, infatti, di prevedere anche in Italia la possibilità per il Governo di convocare una Commissione mista, composta in modo da rappresentare tutte le forze parlamentari, che abbia l’obiettivo di elaborare (in breve tempo) un testo di compromesso sulle disposizioni rimaste in sospe(la cd. dernier mot).
Un monito “saggio”: il Presidente Violante e la cioccolata care il nostro sistema parlamentare sembra essere già (in parte) segnato. In questa prospettiva, il rafforzamento del ruolo del Governo “in” Parlamento si pone come una tappa obbligata per realizzare quella (tanta auspicata) Renovatio Parlamenti: solo attribuendo maggiori prerogative all’Esecutivo, idonee a renderlo guida del procedimento legislativo, sarà possibile fornire una adeguata e tempestiva risposta alla domanda normativa proveniente dalla società e dall’economia globale. Rispetto al passato, la necessità di mettere mano ai testi normativi (in particolare - lo si è visto - ai Regolamenti parlamentari) pare oggi ancora più stringente: come ha ricordato la Prof.ssa Moscarini durante i lavori della Commissioni per le riforme costituzionali fronte alla crisi economia e sociale del paese”. Per evitare che nel futuro il Governo debba subire quelle che il Prof. Caravile riforme fondamentali per correggere i malfunzionamenti del nostro sistema costituzionale. A conclusione di queste osservazioni ci si serve di un aneddoto che in apparenza nulla ha a che fare con le tematiche oggetto del presente contributo. E’ una vicenda molto cara al Presidente Violante che spesso vi ricorre nei suoi interventi per sottolineare la necessità di riforme strutturali tempestive. Nel XVI e XVII secolo, vi fu un acceso dibattito dottrinale che coinvolse i vertici noto, il cacao era un prodotto sconosciuto alla cultura occidentale prima del-
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A tuttavia, a differenza di altri prodotti alimentari, come il pomodoro, le patate -
alcuni, cosĂŹ i domenicani e i carmelitani, la cioccolata rompeva il digiuno; per -
della prevalenza della sostanza sulla forma, venne stabilito che il consumo
da sempre fedeli alle indicazioni della Chiesa romana, cominciarono a fruerano del tutto indifferenti alle problematiche formali circa la natura della anni del XVI secolo – ogni tipo di prodotto alimentare, tra cui evidentemente discussero, speculando sulla natura della cioccolata, furono costretti a subire dano, nel piÚ breve tempo possibile, alle riforme necessarie per fornire al Governo strumenti normativi all’altezza delle decisioni da assumente in un contesto globale sempre piÚ competitivo.
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A Cade il divieto di fecondazione eterologa I mutamenti della Legge 40/2004: diritti, morale e progresso Adriana Spina
Quelli tra scienza e diritto, diritto e religione, scienza e morale sono sempre stati temi che, nella storia dell’uomo, hanno animato la comunità dei cittadini, creando non poche volte spaccature visibili da un qualunque osservatore esterno ad essa. Una spaccatura che è stata molto sentita e vissuta in questi anni e che abbiamo avuto modo di fotografare osservando i mutamenti a cui la Legge 19 febbraio 2004, n. 40 è stata sottoposta in questo decennio. Dopo anni di attese in cui abbiamo sentito parlare di un business della fecondazione e di ‘Far West’ o ‘turismo procreativo’, la Corte Costituzionale è arrivata a pronunciare un’importantissima sentenza in tema di fecondazione assistita, con particolar riguardo a quella eterologa, dichiarando illegittima la norma della legge 40 del 2004 che vieta il ricorso ad un donatore esterno di ovuli e spermatozoi per le coppie infertili, la sentenza n.162 del 9 Aprile 2014.1 Ricorrere al materiale genetico di un terzo donatore da adesso sarà possibile nei casi di sterilità assoluta e qualunque uomo o donna fertile sarà libero di donare il proprio seme. L’ovodonazione torna dunque ad essere lecita. Parliamo di fecondazione eterologa quando il seme oppure l’ovulo provengono da un soggetto esterno alla coppia. Le coppie che necessitano di questi trattamenti posso rivolgersi alle banche del seme, dove i donatori depositano campioni di gameti che vengono conservati nel centro ed utilizzati da coppie nelle quali solitamente uno dei partner ha problemi di fertilità. Ben diversa dunque dalla fecondazione omologa, in cui il seme e l’ovulo utilizzati per la procreazione medicalmente assistita appartengono ai futuri genitori del nascituro, il quale erediterà dunque il loro patrimonio genetico. -
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.” - Mercoledì 9 Aprile 2014.
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Nasce dunque un dibattito morale e giuridico che ha coinvolto la nostra società in questi anni a causa del divieto di ricorrere a trattamenti leciti per coppie non affette da infertilità assoluta. La prima ragione del dibattito da una legge che si poneva e si pone ancora come obiettivo primario quello di “favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana” . Questo in violazione dell’art. 33 della nostra Costituzione, che risulta essere leso ogni qualvolta il legislatore tratti in modo irragionevolmente eguale situazioni che siano tra loro diverse o quando tratti in modo diverso situazioni, in realtà, tra loro uguali. Da diversi anni, alcuni tribunali italiani avevano sollevato la questione di costituzionalità sul divieto di fecondazione eterologa dinanzi alla Corte Costituzionale in riferimento ad alcuni articoli di tale legge. Infatti la recente pronuncia è arrivata in seguito alle ordinanze dei tribunali di Firenze, Milano e Catania e ad un’altra sentenza, quella della I sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo del 2010 in cui l’Austria era stata sanzionata per l’analogo divieto di donazione dei gameti con un richiamo diretto dell’art. 117 Cost., che obbliga gli stati, dunque anche l’Italia, a conformarsi agli obblighi internazionali e quindi alla Convenzione, diventata questa parte integrante del diritto italiano in virtù del Trattato di Lisbona, in relazione all’art.8 CEDU “Diritto al rispetto della vita privata e familiare” letto in combinato disposto con l’art. 14 “Divieto di discriminazione” della CEDU.4 2 Art. 1. Legge 19 Febbraio 2004, n.40 infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito. co. 2 Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano 3 senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni -
4 Art. 8 Cedu co.1 Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio doco.2 che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democo
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A Primo fra tutti ad aver rimesso la trattazione alla consulta è stato il Tribunale di Milano con un’articolatissima ordinanza del 29 marzo 2013, facendo riferimento alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, dell’art. 9, commi 1 e 3, e dell’art. 12, comma 1, della legge n.40 del 2004 per contrasto con gli artt. 117, 2, 3, 29, 31 e 32, commi 1 e 2, della Costituzione. In tale occasione si è evidenziato come la legge italiana non sia al passo con il progresso della scienza medica ed il progredire della società stessa, non rispondendo dunque a criteri di proporzionalità e ragionevolezza in riferimento alla piena realizzazione dell’individuo nella vita privata e familiare, e conseguentemente al diritto di formare una famiglia e tuali vizi di legittimità di una legge, orientamento confermato e affermato dalla Corte in più sentenze, come nelle sentenze nn. 404/88 e 89/96. In quest’ultima sentenza, in riferimento al caso concreto presentato dal giudice rimettente, la Corte afferma che “i giudizio di ragionevolezza, vale a dire un apprezzamento di conformità tra la regola introdotta e la causa normativa che la deve assistere: ove la discipli-
. La decisione n. 162 del 9 Aprile 2014 della Corte Costituzionale, secondo le indiscrezioni giornalistiche, non è stata presa però all’unanimità, ciò è una dimostrazione della presenza di una ancora viva discussione in materia, ma non può nascondersi il nuovo orientamento della Corte nel puntare ad una maggior tutela e difesa del diritto di uguaglianza, bussola della nostra carta dei diritti, e nel garantire sostanzialmente tale riconoscimento.
Art.14 Cedu Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere as-
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A Infatti è ora possibile per le coppie che lo desiderano poter accedere ai trattamenti di fecondazione eterologa garantiti da numerosi centri italiani che si occupano di fecondazione assistita. Prima di questa apertura, l’art. 4 comma 3 vietava infatti il “ il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo”. Tale divieto aveva condotto un numero spropositato di coppie italiane, con gravi problemi di fertilità, a recarsi all’estero per ricorrere alla fecondazione eterologa, per loro unica possibilità di diventare genitori, in Italia ancora illecita. Già nel 2010 le coppie del cosiddetto ‘turismo procreativo’ erano state 2700, protagoniste di viaggi, nei casi migliori, verso la Spagna, la Svizzera, la Repubblica Ceca e costrette a sostenere costi elevati per pratiche mediche e permanenza (dai 5.000 ai 10.000 euro per tentativo), sottoponendosi in alcuni casi al rischio di contrarre malattie per quelle coppie che raggiungevano paesi con bassi standard sanitari. 5 Secondo la quarta indagine dell’Osservatorio per il turismo procreativo del 2012, erano . A tal ragione si è parlato spesso di una discriminazione anche di tipo economico nei confronti delle coppie che non disponevano di un capitale che potesse coprire queste spese e che spesso sono andate incontro anche a truffe. Questa discriminazione è dunque venuta meno con la pronuncia di incostituzionalità dell’art.4 della legge in questione, estendendosi anche ai suoi corollari racchiusi nei seguenti articoli. Infatti, anche l’art.9 delle medesima legge, con riferimento ai commi 1 e 3, è stato dichiarato incostituzionale, essendo un inciso del citato articolo 4 e trattando i temi del disconoscimento della paternità e della relazione giuridica parentale tra donatore e nato, nelle possibili situazioni di violazione dell’art.4, in cui le coppie potevano incorrere.6 5 Stime del III rapporto dell’osservatorio per il turismo procreativo presentato a Bologna nel 2010. 6 Art.9 Legge 19 Febbraio 2004, n.40 co. 1 eri 1) e 2), del codice civile, né l’impugnazio con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi.
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Incostituzionale anche l’art.12 comma 1, in tema di sanzioni, che prevedeva una sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 per “chiun. Questo traguardo è di fondamentale importanza per coloro che in questi anni non hanno fatto altro che attendere di veder tutelato concretamente il proprio diritto alla salute, sancito nella nostra costituzione. L’American Society for Reproductive Medicine una malattia. Dunque non vi è ragione per non considerarla come tale, anche ai tutelata e l’unico modo di cui disponiamo per permetterlo è garantire alle coppie Prima del deposito delle motivazioni della consulta, avutosi con la sentenza 10 giugno 2014, n. 162, permaneva però un disorientamento generale delle coppie che si domandavano ancora a chi rivolgersi e cosa fare per accedere alle pratiche di fecondazione assistita. È ancora di fondamentale importanza l’emanazione di linee guida da parte del ministero della Salute per stabilire l’iter che le coppie e i numerosi centri dovranno seguire. Il numero delle coppie richiedenti i vari trattamenti è aumentato in maniera esponenziale dopo la pronuncia del 9 Aprile, in soli 22 giorni, si sono registrate 3400 richieste7. Ad aumentare, secondo l’indagine dell’associazione Cecos, sono anche “le richieste di ovodonazione e non solo limitatamente fertilità è stata purtroppo compromessa a cause di neoplasie o menopausa precoce o lattia genetica, o i casi di ripetuti tentativi fallimentari che portano la coppia stessa a intraprendere altre strade”. In riferimento a tali istruzioni, il ministero stesso aveva dichiarato la necessità di una regolamentazione in sede parlamentare. Chiare le parole del ministro Lorenzin tipo parlamentare” sottolineando che “ci sono alcuni aspetti estremamente delicati che non coinvolgono solamente la procedura medica, ma anche pro-
7 “un costante e continuo incremento della domanda di fecondazione eterologa da parte delle coppie” - Indagine associazione Cecos.
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Prima del 10 Giugno, le associazioni Hera Onlus di Catania, SOS Infertilità Onlus di Milano e Cittadinanzattiva hanno messo a punto un vademecum sulla donazione dei gameti. Questi i punti fondamentali: 1. I donatori possono essere i fertili, oppure gli infertili che donano parte dei loro gameti durante i loro cicli di PMA. I gameti potranno ne che ancora non ne hanno avuti; 2. I donatori dovranno essere di una
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3. I donatori dovranno essere in buone condizioni di salute generale e non presentare nella loro storia ereditaria e familiare indizi verso alcuna malattia. Saranno esaminati i rischi per malattie genetiche e per malattie infettive; Sarà limitato il numero di donazioni: per ragioni di equilibrio genico, da ogni donatore non possono risultare più di 6 gravidanze; 5. I gameti donati saranno posti in quarantena per almeno 6 mesi per natore; La donazione deve essere assolutamente motivata da una spinta al. La donazione deve essere lontana da contaminazioni commerciali oltretutto vietate dalla stessa legge 40 nel comma 6 dell’Articolo 12.8 7. I donatori devono essere anonimi come previsto dalla legislazione attuale sulla donazione di organi, di cui ai Decreti Legislativi 191/2007 e 16/2010.
Il presidente di SOS Infertilità, Rossella Bartolucci, commenta dicendo che plicazione di tali criteri consentirà anche in Italia di procedere alla feconperando le obiezioni di carattere giudirico-bioetico e rendendo pienamente effettivo il diritto alla genitorialità”. 8
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Le iniziative prese dalle associazioni sono molte: a Milano, presso la sede della Casa dei Diritti nasce uno spazio informativo per i cittadini e gli operatori sanitari, chiamato “Tutta la genitorialità possibile”, a cui è possibile rivolgersi per ottenere chiarimenti su aspetti medici e legali in tema di procreazione assistita. Possiamo comunque ritenere che questo potrebbe non essere l’ultimo stravolgimento per questa legge. Sono ancora molti i temi su cui si dibatte e, a tal proposito, bisogna dire che la Corte di Strasburgo è stata chiamata a risolvere un’altra questione legata alla legge 40/2004 sulla Procreazione medicalmente assistita. Il 18 giugno, la Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha tenuta un’udienza pubblica per il ricorso promosso da Adele Parrillo, moglie di un civile italiano rimasto ucciso nell’attentato di Nassiriya del 2003, che ha chiesto di donare i propri in attesa che la Corte Costituzionale si pronunci a riguardo. Ancora aperto resta il confronto/scontro sul divieto di sperimentazioni sugli embrioni, sancito dall’art.13 della medesima legge.9 Nel 2012 il giudice civile di Firenze ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sulla norma servati e rimasti inutilizzati dopo i trattamenti di fecondazione assistita (ad esempio perché malati) e per questo destinati ad essere distrutti dopo qualche anno. salute degli stessi pazienti o della collettività risulterebbe del tutto illogico e irragionevole” come ha dichiarato l’avvocato Gianni Baldini, difensore della coppia da cui era partito il ricorso. Altro aspetto ancora fortemente discusso è quello dei soggetti legittimati ad accedere a tali pratiche mediche, ma il divieto di accedere alla procreazione medicalmente assistita resta in vigore per single e coppie dello stesso sesso.10 Secondo la Consulta, come affermato nella sentenza del 10 Giugno n.162, la procreazione medicalmente assistita coinvolge plurime esigenze costituzionali11, esigenze solitamente 9 Art. 13 Legge 19 Febbraio 2004, n.40 co .1 co. 2 metodologie alternative 10 di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o 11 Sentenza n.357/1998.
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lasciate in modo primario alla valutazione dello stesso legislatore, ma resta irragionevole bilanciamento delle esigenze e dei valori ai quali di ispirano. La libera deincoercibile” costituendo “espressione della fondamentale e generale libertà . In risposta all’Avvocatura dello Stato, viene ribadito come con l’illegittimità del divieto non nasce alcun vuoto normativo. Restano infatti in vigore le norme della legge 40 del 2004 in riferimento ai requisiti soggettivi, alle norme sul consenso informato, alle modalità tecniche di svolgimento, all’utilizzazione di Linee Guida con la correlata individuazione delle strutture autorizzate a praticarla. Precisa poi, in tema di gratuità e volontarietà della donazione, di modalità del sanitario che è possibile ricavare una prima regolamentazione con l’utilizzo di ordinari strumenti interpretativi dalla disciplina concernente, in linea cipi generali pur nelle diversità delle fattispecie che “la preclusione assoluta di accesso alla PMA di tipo eterologo introduce . Dopo l’esecutività garantita al divieto con tale pubblicazione, il primo accenno alle Linee Guida italiane si è avuto durante il congresso europeo dell’Eshre, a Monaco. Si è parlato di un counseling psicologico, da garantire soprattutto alle donne in attesa dei trattamenti e si discute sulla possibilità di introdurre un rimborso spese, magari con la previsione di un rimborso di alcuni tentativi per pazienti con particolati patologie, come malattie genetiche, menopausa precoce o patologie ovariche da chemioterapia, permettendo i trattamenti anche a chi non ne abbia la disponibilità economica. Possiamo comunque affermare che quella del 9 Aprile è una sentenza che ha aperto la strada ad una nuova concezione della salute dell’individuo che, con più ampie vedute, vi fa rientrare anche quella di una salute ‘procreativa’ o ‘riproduttiva’. La salute è, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità assenza dello stato di malattia o di infermità”, descrivendo come benessere quello “stato ottimale di salute di singoli individui e di gruppi di persone”, at-
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traverso “la realizzazione delle massime potenzialità di un individuo a livelaspettative del proprio ruolo nella famiglia, nella comunità, nella comunità religiosa, nel luogo di lavoro e in altri contesti”. In questo modo la nostra Corte ha permesso a queste coppie di poter intraprendere un cammino che possa porre rimedio alle problematiche che la sterilità stessa porta in grembo, offrendo loro l’opportunità di conseguire nella parola ‘genitorialità’, non una vana speranza, ma il raggiungimento della meta a cui, in tutti questi anni, hanno aspirato.
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A In Nome del Cielo: Una Storia di Fede Violenta di Jon Krakauer
Ferdinando Vella
Il Congresso non promulgherà leggi per il riconosci-
Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America
In una repubblica democratica che aspira a proteggere la libertà religiosa, a chi toccherebbe il diritto di di-
un uomo per avere aderito con zelo alla propria fede?
Jon Krakauer 1
Il mormonismo è una delle confessioni religiose più importanti degli Stati Giorni (Church of Jesus Christ of the Latter-days Saints), e venne fondato il 6 aprile 1830 dal profeta statunitense Joseph Smith. Nonostante la sua inne1 Jon Krakauer, duzione di Manuela Frassi)
Milano, Corbaccio, 2003 (tra-
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A (si pensi solo che l’ultimo candidato repubblicano alla Casa Bianca, Mitt Romney, è un fervente mormone) poco si sa della dottrina e soprattutto della storia di questa religione, tanto da confonderla spesso, nel linguaggio comune, con altri movimenti completamente diversi (come gli amish o i quaccheri). Ad oggi i mormoni nel mondo sono oltre quindici milioni (di cui fedeli. Mi sono imbattuto quasi per caso nel libro di Jon Krakauer del 2003, In nome del cielo, dove il giornalista autore di Nelle terre selvagge (da cui è staInto the wild) si confronta con la storia del mormonismo analizzandone alcuni aspetti controversi e diversi episodi particolarmente inquietanti, tra cui un violento omicidio avvenuto nello Utah nel 1984. Nel suo lavoro Krakauer concentra la sua attenzione su un ramo minoritario della Chiesa dei Santi degli Ultimi Giorni, quello di credere e professare l’unica e vera religione fondata da Joseph Smith. In particolare i mormoni fondamentalisti si differenziano dai mormoni ortodossi per esercitare tuttora una delle pratiche più criticate e problematiche di tutta la storia del mormonismo: la poligamia. Ma forse è meglio procedere per gradi.
Le origini dei mormoni vane Joseph Smith, Jr. (1805 – 1844) riceve la visita di un angelo che si fa chiamare Moroni e che dice di essere un antico profeta vissuto in America na, perché lì vi troverà delle tavole d’oro sulle quali è custodito un fondamentale testo sacro. Smith rinviene le tavole, ma è autorizzato dall’angelo a prenderle solo quattro anni dopo, il 22 settembre 1827. Smith, esaminando assai ostico da leggere e interpretare. Egli chiamò tale lingua egiziano riformato, e poiché ovviamente né lui né nessun altro era in grado di tradurla, con il volto dentro un cappello in cui aveva inserito una pietra, Smith veniva ispirato divinamente e riusciva a tradurre il contenuto delle tavole. Dopo
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A 1829, e nel marzo del 1830 venne pubblicata la prima edizione del Libro di Mormon, uno dei testi sacri più importanti del mormonismo. In questo libro vengono narrate le vicende di un’antica tribù ebraica che, partita da Gerusalemme nel VII secolo a.C., raggiunse il continente americano attraverso un viaggio via mare. La tribù era guidata da un certo Lehi, che giusti e di pelle chiara, e i lamaniti, gente pigra piena di cattiveria e astuzia, che Dio punì rendendo nera la loro pelle. In seguito, poco dopo la resurrezione, Gesù visitò l’America settentrionale per portare il nuovo vangelo e nel V secolo d.C. si scatenò una terribile guerra, che vide i lamaniti vittoriosi rebbe stato, mille e quattrocento anni dopo, quello di rivelare la storia del suo popolo a Joseph Smith e di contribuire alla salvezza dell’umanità. Nonostante i parecchi critici che si opposero alla nuova dottrina di Smith, il carisma di quest’ultimo e la novità inedita di un cristianesimo totalmente americano esercitarono uno straordinario fascino su moltissime persone mormoni delle origini non fu affatto facile. La loro presunzione di essere gli unici custodi della verità rivelata da Dio non fu per nulla digerita dai tendenza a occupare territori non di loro proprietà e la pratica della poligamia (sul punto torneremo tra breve). A causa di queste numerose tensioni i mormoni furono costretti ad un lungo esodo verso l’Ovest, durante il quale furono oggetto di numerosi episodi di violenza, che culminarono nel 1844 quando Joseph Smith, rinchiuso in prigione con l’accusa di aver dato alle di gentili armati.
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Poligamia, mormoni fondamentalisti e fanatismo Il volume Dottrina e Alleanze (DeA) è con il Libro di Mormon il testo sacro rivelazioni che Joseph Smith ebbe da Dio stesso durante la sua vita. Il passo più problematico del libro è senza dubbio la Sezione 132, in cui Dio rivelò a Smith che
a lui per moltiplicare e per riempire la terra, secondo il mio comandamento2
Va da sé che questo dogma causò parecchi problemi ai mormoni, innanziStati Uniti. La poligamia era considerata una delle professioni di fede più importanti, e lo stesso Joseph Smith arrivò ad avere trentaquattro mogli. Il governo statunitense ovviamente fece di tutto per opporsi, inviando costantemente nello Utah3 agenti federali per sradicare la poligamia. L’Edmundsto tutte le proprietà mormoni. Nel 1890 i gerarchi della Chiesa si arresero, dunque uno scisma all’interno della Chiesa da cui si svilupparono diverse importante delle quali è la Chiesa Fondamentalista dei Santi degli Ultimi 2 Dottrina e Alleanze, Sezione 132, 61-63 3 Il lungo esodo dei mormoni si concluse in quello che oggi è lo Stato dello Utah, all’epoca un territorio praticamente deserto. Sullo stemma dello Utah è rappresentato un alveare, che è un simbolo dell’operosità mormone. Oggi lo Utah è uno degli Stati più religiosi degli Stati dello Utah è mormone.
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Giorni. Essa conta attualmente circa diecimila fedeli, la maggior parte dei Colorado City è una vera e propria enclave della Chiesa Fondamentalista nello Utah. La città è quasi interamente di proprietà della Chiesa, che è retta dal suo presidente, il quale ha praticamente lo stesso potere di un monarca assoluto. Assegna le mogli ai fedeli, prende le decisioni politiche più importanti, sceglie i funzionari più adatti al benessere della comunità. Quasi tutti gli uomini qui hanno più di una moglie: spesso vengono scelte minorenni, e non raramente capita che i mariti decidano di prendersi in moglie le giomorto a novantadue anni nel 2002, aveva settantacinque mogli e sessantadi loro, e calcolare i gradi di parentela è un compito quasi impossibile. Per un osservatore esterno sembra impossibile che lo Stato non intervenga per dire la sua, soprattutto quando di mezzo ci sono numerose vite di ragazze minorenni, spesso ancora bambine, che vengono regolarmente violentate dai propri mariti/patrigni. In realtà la situazione non è facile come sembra, in quanto, come già accennato, i politici del luogo sono in concreto tutti scelti dai presidenti della Chiesa, che negli anni sono riusciti a creare una alla Chiesa Fondamentalista: nel 2006 l’ultimo presidente, Warren Jeffs, è stato inserito nella lista dei dieci latitanti più ricercati dall’FBI, per i nuall’ergastolo. Molti altri episodi criminosi sono legati alla Chiesa Fondamentalista (come del resto a moltissime altre sette religiose), ma uno dei più terribili è l’omi1984, a cui Krakauer dedica un ampio spazio nel suo libro. Il crimine è stato perpetrato da due cognati di Brenda, Dan e Ron Lafferty. Quest’ultimo, dopo aver abbracciato la fede fondamentalista grazie al fratello Dan, venperiodo di profonda depressione, e si convinse che l’origine di tutti i suoi mali era proprio Brenda, che aveva sposato il fratello di Dan e Ron, Allen lismo. Ron disse di aver ricevuto una rivelazione in cui Dio gli ordinava di uccidere cognata e nipote, “poiché esse sono in verità divenuti ostacoli sul Mio cammino e Io non consentirò che la Mia opera sia interrotta”. Ron parlò di questa rivelazione con il fratello Dan, e insieme decisero che, se quello
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era il volere di Dio, non potevano fare nulla per evitarlo. Il progetto omicida venne eseguito il 24 luglio 1984. Poco dopo entrambi furono arrestati: Dan fu condannato all’ergastolo e Ron alla pena di morte, che a tutt’oggi non è stata ancora eseguita.
La questione del pluralismo e della libertà religiosa negli Stati Uniti Il libro di Jon Krakauer, oltre ad essere una sconvolgente testimonianza sulla potenzialità distruttiva del fondamentalismo religioso, offre al lettore una serie di delicati interrogativi di ordine politico, sociale, giuridico e morale. La garanzia del pluralismo e delle libertà religiose negli Stati Uniti implica l’analisi di questioni complesse e, a una prima lettura, contraddittorie: basti pensare, ad esempio, che un principio fondamentale, espresso nella Costituzione al Primo Emendamento, è quello della separazione tra Stato e In God We Trust (che troviamo anche sui dollari) e che vige ancora la formula religiosa del giuramento (il Presidente neoeletto giura sulla Bibbia nella cerimonia di insediamento alla Casa Bianca). Facendo qualche sommaria e necessariamente sintetica considerazione storico-sociale si può dire che gli Stati Uniti, una nazione giovane ma dalle solide radici religiose (si pensi al concetto di “separatismo religioso”, fortemente rappresentativo della peculiarità nord americana, lontana dai processi di secolarizzazione invalsi negli Stati liberali dell’Europa post illuminista), sono stati e sono ancora un terreno più che mai fertile per innumerevoli correnti che, volendo concorrere alla costruzione dell’identità e delle tradizioni nazionali, hanno attecchito nelle anime di moltissimi fedeli alla ricerca di una risposta alla questione del divino. Il mormonismo è solo uno di questi movimenti religiosi, e per un elenco esaustivo non basterebbero le pagine di questa rivista. Non solo: innumerevoli sono anche le scissioni e gli scontri interni che hanno caratterizzato ciascuna di queste correnti. Non è raro trovare negli Stati Uniti, forse più che in qualsiasi altro paese del mondo, confessioni religiose composte da poche decine di fedeli, eppure strutturate secondo una precisa organizzazione dottrinale e gerarchica. Del resto ciò che colpisce di più del testo di Krakauer è la facilità con cui centinaia di persone hanno dichiarato e dichiarano di ricevere rivelazioni divine di ogni genere, e di essere perciò convinti della propria supremazia rispetto alle altre confessioni religiose e in generale al resto dell’umanità. La giurisprudenza statunitense ha approfondito i numerosi problemi posti
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A damentali di pluralismo e di libertà religiosa senza rinunciare alle prerogative essenziali di una repubblica democratica.Il divieto di una o più religioni di Stato (Establishment Clause) e la tutela della libertà di religione (Free Exercise Clause) sono, in argomento, i principi chiave dell’ordinamento costituzionale americano, entrambi (Religious Clauses) formulati nel Primo Emendamento. Il testo è tuttavia laconico se confrontato con disposizioni costituzionali di altre Nazioni (l’art. 8 della Costituzione italiana, per esempio, garantisce a tutte le confessioni religiose dinnanzi alla legge e a quelle diverse dalla cattolica il diritto di organizzarsi secondo i no; il successivo art. 19 garantisce a tutti il diritto di professare liberamente tratti di riti contrari al buon costume), ragione per la quale la Corte Suprema degli Stati Uniti ha avuto il delicato compito di estenderne la portata attraverso una compiuta attività interpretativa. Ed è qui che ci si ricollega con la storia del mormonismo. Una delle decisioni più importanti in materia è, appunto, del 1879, proprio sugli episodi di poligamia nelle originarie comunità mormoni: in questa occasione la Corte operò la fondamentale distinzione tra Religious (le credenze religiose in senso stretto), protette senza alcun dubbio dal Primo Emendamento, e Religious Pratices (non solo corrispondenti ai riti di cui si parla al già richiamato art. 19 Cost. it., ma alle pratiche menzionate dagli artt. 9 CEDU e 10 della Carta dei diritti fondamentali UE), che non possono contrastare con la legge federale. Non si può dunque impedire al legislatore di intervenire su materie che egli ritenga fondamentali per il proprio ordinamento, secondo il principio, proprio anche del diritto ecclesiastico statunitense, della separazione degli ordini. Un’importante evoluzione della giurisprudenza in materia di diritti inviolabili si ebbe durante gli anni ’60 del XX secolo, durante i quali la Corte Suprema, presieduta dal giudice Earl Warren, sviluppò in modo decisivo il c.d. standard di strict scrutiny (scrutinio restrittivo), per cui lo Stato poteva intervenire in materia di diritti inviolabili solo in presenza di determinati requisiti e dopo un’attenta valutazione di tutti gli effetti possibili. Fu sem4 pre la Corte presieduta da Warren, nel caso del 1963, ad 4 Il caso vedeva coinvolta Adele Sherbert, fedele della Chiesa cristiana avventista del Setti-
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introdurre il concetto di compelling interest (interesse primario), per cui gli interventi dello Stato che si scontrano con la libertà religiosa devono sempre essere approfonditamente motivati e ragionevoli. Su questa scia si è posta la recente, e discussa, sentenza del gennaio 2012, con la quale la Corte Suprema ha offerto un’interpretazione decisamente estensiva della cosiddetta ministerial exception (criterio di bilanciamento tra la libertà organizzativa delle confessioni religiose e il divieto di discriminazione senza distinzione di religione dei lavoratori – ministri di culto alle dipendenze degli enti confessionali), con ampi margini di favore per il divieto di ingerenza pubblica negli interna corporis delle Chiese, garantite nei .
Da questa brevissima analisi emerge dunque la tendenza della giurisprudenza della Corte Suprema di salvaguardare il diritto, individuale e collettivo, di libertà religiosa e di limitare le possibili frizioni tra Stato e confessioni religiose attraverso una netta distinzione di competenze tra l’uno e le altre. Il rischio di fanatismi incontrollati è sempre molto alto, e il libro di Krainvasamento, tra ragione e follia, non solo sia labile, ma anche assai incerto. L’explicit del libro di Krakauer, tuttavia, lascia intravedere un barlume di speranza. A parlare è DeLoy Bateman, un ex appartenente alla Chiesa Fondamentalista dei Santi degli Ultimi Giorni, che intervistato da Krakauer afferma:
«Se vuoi sapere la verità, credo proprio che la gente che sta nella religione –
»
sabato, come previsto dal suo credo. La norma che prevedeva tale esclusione fu dichiarata incostituzionale per contrasto con la
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A “Il giudizio di un inquirente” Intervista al sostituto Procuratore della Repubblica di Palermo Antonino Di Matteo a cura di Paolo Petralia Camassa
Se si trovasse dalla parte del legislatore, quali sarebbero i suoi primi
puntare sulla necessità di recidere, una volta per tutte, i rapporti che la l’imprenditoria. Per far questo è necessario partire da un dato certo: la lotta al fenomeno della corruzione non va considerata come qualcosa di reati, quindi, contro la pubblica amministrazione costituiscono il amministrazioni. A mio parere, sarebbe necessario e urgente mirare ad severa, da un punto di vista edittale delle pene, quanto ai reati contro la pubblica amministrazione. Il dato di fatto è impressionante; attualmente le statistiche ministeriali ci dicono che, rispetto a quasi 60.000 detenuti che popolano le nostre carceri, soltanto poche unità - credo addirittura corruzione. Il dato dimostra che il fenomeno della corruzione attualmente è sostanzialmente impunito e ciò accade per una serie di ragioni legate soprattutto alla previsione di pene molto blande e quindi all’inevitabile maturarsi della prescrizione prima che i processi abbiano terminato il loro corso. Credo fermamente che per fare un vero salto di qualità nella stessa medaglia e che pertanto devono essere caratterizzate da uguale rigore e incisività.
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Per limitare e indebolire la diffusione della criminalità organizzata
Il ruolo della cultura, delle arti, e in generale tutto ciò che proviene dal mondo della società civile è da considerare assolutamente decisivo in
è anche frutto di una mentalità che costantemente l’alimenta; un modo alle organizzazioni criminali, per debellare il quale è necessaria una vera e propria rivoluzione culturale. A mio parere, una vera rinascita culturale non potrà che partire dalle giovani generazioni, dagli studenti. Sono fermamente convinto, da cittadino prima ancora che da magistrato, un contributo culturale importante possa, soprattutto tra i giovani, contribuire seriamente a cambiare la mentalità, orientandola verso maggiore purezza e ansia di legalità. Il ruolo dei giovani e il loro impegno nel sociale saranno quindi decisivi per un positivo sradicamento della
Recentemente, in un programma televisivo, il senatore Carlo Giovanardi ha così dichiarato: “Paolo Borsellino, prima di essere la legalizzazione della droga sarebbe stato il più grande regalo fatto
Onestamente non conoscevo questa esternazione di Paolo Borsellino nonostante, essendomi occupato delle indagini sulla strage di Via D’Amelio, abbia riletto moltissimi degli interventi pubblici di Borsellino fatti in anni precedenti al luglio del ’92. Personalmente, per motivi non strettamente giuridici né legati ad una valutazione di opportunità investigativoprocessuale, sono da sempre contrario alla liberalizzazione delle droghe. Mi fa un po’ specie che di Paolo Borsellino, ammesso che questo intervento sia effettivamente corrispondente alla realtà, si ricordi questo convincimento, trascurando invece di menzionare molti messaggi che ha
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voluto mandare prima di essere ucciso e che riguardavano, per esempio, il ruolo e la responsabilità della politica e il fatto che quest’ultima non della politica di fare pulizia al suo interno liberandosi di rappresentanti non necessariamente attinti da indagini e processi penali. Nel corso di un intervento ad un convegno di studenti veneti, nell’anno 1992, Borsellino stigmatizzava proprio questo. Non mi pare che da questo punto di vista la politica 22 anni dopo la strage di via D’Amelio abbia fatto grandi passi in avanti. Anche oggi, nella migliore delle ipotesi, si attende la sentenza della magistratura per potere allontanare dall’agone politico un suo infatti, nonostante le sentenze abbiano accertato quei rapporti, i soggetti interessati hanno continuato e continuano ad avere un ruolo nell’attività politica. Quindi la situazione non è migliorata; anzi, per certi versi, è peggiorata. Per tornare alla domanda, credo dunque che un’eventuale liberalizzazione delle droghe leggere possa solo apparentemente
adattarsi alle varie situazioni e contingenze. Probabilmente se venisse dirotterebbero su altre attività la loro sete di guadagno. Non è necessario essere magistrati o investigatori particolarmente addentro alle situazioni di “Cosa Nostra” per vedere come, per esempio, svariati settori - da quello delle scommesse clandestine a quello del reimpiego in attività delle “famiglie” sul territorio. Quindi non credo che la liberalizzazione degli stupefacenti leggeri costituirebbe un passaggio decisivo per mettere
Io rispondo in maniera assolutamente sincera, anche a costo di apparire soltanto retorico: quando penso al mio ideale, al punto di riferimento di
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A Falcone, ad Antonino Saetta e Rosario Livatino; ed anche a quegli altri colleghi uccisi dai terroristi. Al di fuori di questo ambito di “servitori dello grado di incarnare i valori più belli dell’essere uomo di Stato, servitore della Costituzione, leale garante della legge e dell’uguaglianza sostanziale tra i cittadini. Sono purtroppo amaramente convinto che i veri e soli punti di riferimento rimangono soltanto quelli.
Spesso nelle nostre Università si spiega molto in termini di tecnica giuridica e poco invece di storia del diritto; molto spesso tra noi che un sano confronto di idee. Tentiamo, con questa intervista, di incrementare l’interesse nei confronti dello studio, nell’ottica di un’accademia creatrice e promotrice di idee, invece che un’Università tendente a formare persone che studiano meccanicamente pagine di Fin dalla tua prima domanda ne avevo inteso lo spirito proprio in questo senso e siccome condivido le tue osservazioni ho sempre più paura che dalle nostre università escano dei tecnici, magari estremamente preparati, essa di magistrato o comunque di operatore del diritto. Mi considero sempre aperto al dibattito, all’incontro con gli studenti, perché credo che il contatto diretto costituisca occasione di forte stimolo, talvolta anche di più che un approfondimento dell’ultima sentenza delle sezioni unite o della novella legislativa di turno. Credo anche che quello stesso confronto sia fondamentale pure per noi magistrati, permettendoci di uscire dal nostro condizionante angolo visuale e così percepire, respirare ciò che la società e specialmente i giovani si aspettano da noi.
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