Luca Serianni - Il gioco linguistico nella poesia di Toti Scialoja

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IL GIOCO LINGUISTICO NELLA POESIA DI TOTI SCIALOJA* Nonostante un’attività poetica dispiegatasi in un lungo arco di anni (1961-1998), non si può dire che alla figura di Scialoja poeta abbia arriso una fama pari a quella che ha conosciuto il pittore. Se guardiamo alle antologie, un tipico indicatore della fortuna di un poeta novecentesco, è facile constatare come siano molte quelle che lo ignorano senz’altro. Non fosse che per la data di uscita, relativamente alta, non ci aspetteremmo comunque di trovarlo in due classici del genere, quelli compilati da Sanguineti e da Mengaldo.1 Ma Scialoja è assente anche in antologie pubblicate molti anni dopo: non solo in opere che trovano altrove le ragioni di un’interpretazione critica dei poeti ospitati (Testa), ma anche in repertori votati a un’ideale rappresentatività di valori e di tendenze (Cucchi-Giovanardi) Rondoni).2 Eppure Scialoja è stato apprezzato da critici-scrittori di eccezione: da Antonio o che potremmo immaginare sensibili alle sperimentazioni del poeta-pittore (Loi- Porta – che lo ha accolto in una sua nota antologia3 e gli ha dedicato acuti interventi, soffermandosi su varie raccolte a partire da ATC, definito «folgorante libretto»4 – fino a Giorgio Manganelli, per il quale la sua invenzione linguistica costituisce «uno dei fatti più singolari della letteratura italiana di questi anni»,5 e a Giovanni Raboni, che ha additato in lui «il talento poetico più originale e compiuto rivelatosi in Italia nel corso degli anni Settanta e Ottanta».6 Quel che è certo è che la fisionomia poetica di Scialoja stenta ad apparentarsi con quella dei poeti a lui contemporanei. Se per certi esiti qualche critico ha pensato allo sperimentalismo del “Gruppo 63”,7 è notevole la sua estraneità al plurilinguismo e al pluristilismo tipici non solo di quel cenacolo ma di tanta parte della poesia del secondo Novecento.8 Qualche tangenza si può riconoscere, semmai, in singoli episodi. Per esempio * Citerò le poesie di Scialoja dalle seguenti raccolte: Amato topino caro, Milano, Bompiani, 1971 [= ATC; anni 1961-1969; senza numerazione delle pagine]; Una vespa! Che spavento. Poesie con animali, Torino, Einaudi, 1975 [= VSP; anni 1969-1974]; La stanza la stizza l’astuzia, Roma, Cooperativa Scrittori, 1976 [= SSA; anni 1973-1976]; Ghiro ghiro tonto, in Id., Versi del senso perso, Milano, Mondadori, 1989 [= GGT; anni 1976-1978]; La mela di Amleto, Milano, Garzanti, 1984 [= MAM; anni 1974-1980]; Poesie 1961-1998 [= POE; in realtà il volume abbraccia il quindicennio 1983-1998 e comprende, come si legge nella quarta di copertina, «quella parte della produzione poetica di Toti Scialoja che non ricade nell’ambito della poesia per bambini e del nonsense»]. Indico il confine di verso col segno /, quello di strofa col segno //. 1 Cfr. Poesia italiana del Novecento, a cura di Edoardo Sanguineti, Torino, Einaudi, 19722 e Poeti italiani del Novecento, a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, Milano, Mondadori, 1978. 2 Cfr. rispettivamente Dopo la lirica. Poeti italiani 1960-2000, a cura di Enrico Testa, Torino, Einaudi, 2005; Poeti italiani del secondo Novecento (1945-1995), a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, Milano, Mondadori, 1996; Il pensiero dominante. Poesia italiana 1970-2000, a cura di Franco Loi e Davide Rondoni, Milano, Garzanti, 2001 (la dichiarazione che potrebbe autorizzare un atteggiamento di simpatia per la poesia di Scialoja si legge a p. 14 dell’Introduzione: «la poesia si distingue dalla prosa per la propria libertà rispetto a una intenzione e a un ordine narrativi e per la sua assoluta attenzione ai suoni»). Per altre informazioni sulla presenza di Scialoja poeta in antologie rinvio all’accurata tesi di laurea di Orietta Bonifazi, Toti Scialoja poeta-pittore. «Un percorso imperfetto verso l’invisibile» (relatrice Bianca Maria Frabotta), discussa nell’Università di Roma La Sapienza nel 2004-2005 e consultabile in Internet all’indirizzo www.disp.let.uniroma1.it/fileservices/filesDISP/Toti%20Scialoja.doc. 3 Poesia degli anni Settanta, a cura di A. Porta, Milano, Feltrinelli, 1979, pp. 195-96 (con la Nota ai testi, p. 71). 4 Nella prefazione a SSA, p. 6. 5 Cfr. I percorsi della scrittura, a cura di F. Cavallo – M. Lunetta, Napoli, Istituto ital. di studi filosofici, 1988, p. 28. 6 Cfr. T. Scialoja, Animalie (catalogo della mostra), a cura di A. Ranchi, Bologna, Grafis, 1991. 7 Per Bianca Maria Frabotta, ad esempio (Toti Scialoja: le malinconie di un poeta comico, in Il comico nella letteratura italiana, a cura di S. Cirillo, Roma, Donzelli, 2005, pp. 489-503, a p. 490), MAM «poco si distingue dal funambolismo programmatico» di alcuni esponenti di quel gruppo. 8 A titolo di curiosità, noterò l’eccezionalità di fatti post-grammaticali, e tutti nelle poesie più tarde: regionalismi («son mica il bagatto!» grida un «macilento in ciabatte» in un’allucinata visione infernale di POE 460), tecnicismi («è certo un effetto vasovagale»: POE 435), arcaismi (pressoché nulla da registrare,

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