(AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE:BZ N6/03DELL'11/04/2003)
POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTOPOSTALE - DL353/2003 (CONV.INL27/02/2004 N. 46) ART.1 COMMA1 NE/TN
Organo informativo ufficiale dell’associazione Pro Vita & Famiglia Onlus - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale -
DA RW I N DAY ANNO VIII FEBBRAIO 2020 RIVISTA MENSILE N. 82
P. 19
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Francesco Avanzini
Luciano Leone
Giulia Tanel
Il magico mondo delle terapie olistiche
Darwinismo: scienza o mito imposto ai sudditi?
L’uomo, la scimmia, il caso e Dio. Intervista a Francesco Agnoli
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Notizie Pro Vita & Famiglia
In Italia, il 12 febbraio, il Darwin Day viene celebrato soprattutto, anche se non esclusivamente, dall’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, ai quali volentieri dedichiamo questo numero di Notizie Pro Vita & Famiglia.
febbraio 2020
Editoriale
Un modo subdolo con cui la cultura della morte si insinua nelle nostre teste, al fine di destrutturare - cioè distruggere - l’uomo è quello di sminuirne la dignità rispetto agli animali e al creato (è vero: è più di moda chiamarlo “ambiente”, ma per noi è e resterà il “creato”). Strumento principe di questo lavorìo, come la proverbiale goccia che buca le pietre, è la diffusione su larga scala e con ogni mezzo della teoria per cui l’uomo non è che una scimmia un pochino più evoluta; e il Darwinismo, nelle sue diverse sfaccettature, è divenuto un dogma indiscutibile, predicato soprattutto dai libri scolastici e dagli insegnanti nelle scuole di ogni ordine e grado. Eppure lo stesso Darwin ammise che fino a quel momento non c’era alcuna prova della transizione fra la scimmia e l’uomo; ma, diceva, certamente in futuro se ne sarebbero rinvenute. Tuttavia, quasi 150 anni dopo, questo “anello mancante" non è ancora stato trovato. Comunque, da quando il celebre naturalista morì, nel 1882, il 12 febbraio di ogni anno si celebra il Darwin Day per ricordarne il dies natalis. Nell’occasione, noi abbiamo pensato di regalare a tutti i nostri Lettori ben venti pagine di riflessione e approfondimento sul darwinismo e sull’evoluzionismo, come antidoto al veleno che ci sorbiamo a piccole dosi da decenni. In Italia, i Darwin Day vengono celebrati dal 2003 grazie soprattutto, anche se non esclusivamente, all’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, ai quali volentieri dedichiamo questo numero di Notizie Pro Vita & Famiglia.
Toni Brandi
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Sommario 3
Editoriale
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Lo sapevi che...
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Dillo @ Pro Vita & Famiglia
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Versi per la vita Silvio Ghielmi
Vuoi ricevere anche tu, comodamente a casa, Notizie Pro Vita & Famiglia (11 numeri) e contribuire così a sostenere la cultura della vita e della famiglia? Invia il tuo contributo: € 20,00 studente/disoccupato € 30,00 ordinario € 60,00 sostenitore € 100,00 benefattore € 250,00 patrocinatore
«Aprite le porte alla vita» p. 10
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Vita «Aprite le porte alla vita»
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I bambini non si comprano e non si regalano
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Giuliano Guzzo
Tommaso Scandroglio
Una lettera a Virginia Raggi Aldo Bonet Salute La fioritura dell’arte medica? È opera di medici santi Fabio Piemonte
Il magico mondo delle terapie olistiche Francesco Avanzini
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12 febbraio: Darwin Day Darwinismo: scienza o mito imposto ai sudditi?
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La Creazione intelligente
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L’uomo, la scimmia, il caso e Dio Giulia Tanel
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Luciano Leone
Umberto Fasol
Bambini Il vuoto lasciato dall’Onmi
Giorgio Vaccaro
Redazione Toni Brandi, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel Piazza Municipio 3 39040 Salorno (BZ) www.provitaefamiglia.it Cell. 377.4606227 Direttore responsabile Toni Brandi Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi Progetto e impaginazione grafica Co.Art s.r.l. Tipografia
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In cineteca
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In biblioteca
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Editore Pro Vita & Famiglia Onlus Sede legale: via Manzoni, 28C 00185 Roma (RM) Codice ROC 24182
Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Francesco Avanzini, Aldo Bonet, Umberto Fasol, Silvio Ghielmi, Giuliano Guzzo, Luciano Leone, Fabio Piemonte, Tommaso Scandroglio, Giulia Tanel, Giorgio Vaccaro
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Lo sapevi che... Chi ha a cuore i sofferenti non offre loro un aiuto a morire, ma a vivere Ingebjørg Blindheim, quando una sua amica si è tolta la vita, ha capito che un semplice clic può indurre una persona a dire addio al mondo o dissuaderla dall’insano proposito. Spesso i giovani affidano ai social il loro dolore, perché si sentono soli e perché sono soli. Ingebjørg ha deciso di tendere virtualmente la mano a coloro che su
Instagram manifestano una certa aspirazione suicidaria. Monitora gli hashtag considerati a rischio, come “sue”, abbreviazione per “suicide”, o “cutting”, che rimanda alla pratica autolesionista del tagliarsi. Segue i profili di circa 500 utenti privati e quando avverte che il confine tra pensiero e azione si assottiglia, e i suoi post non servono più a molto, invia richieste di aiuto alle autorità competenti.
Ginecologo transfobico perché si rifiuta di visitare un trans? Jonathan Yaniv è un attivista transgender canadese che si è dichiarato «scioccata... e confusa... e ferita», perché si è sentito dire da un ginecologo che non visita pazienti transgender. I ginecologi curano gli organi genitali femminili. E anche il trans che abbia avuto la ventura di farsi operare dal chirurgo plastico più bravo del mondo non ha né vagina, né utero, né ovaie: ma una semplice tasca di pelle a fondo cieco che rientra nelle competenze dei dermatologi. Chissà se Yaniv si rassegnerà. Si è dovuto rassegnare in passato a un centro estetico in cui le dipendenti si sono rifiutate di depilare l’inguine adiacente a organi genitali maschili (anche se ha fatto perdere il posto a diverse estetiste)... Ci sarebbe anche da dire che “Jessica”, che si definisce «orgogliosamente lesbica», è stato denunciato in diverse occasioni perché pare abbia una predilezione spiccata per le ragazzine di 12-15 anni. E pare che tale inclinazione l’avesse anche prima di diventare transgender. Se queste accuse risultassero accertate, è evidente che questa persona ha molto bisogno di aiuto e di vero amore puro. Come minimo dovrebbe “farsi curare”. Ma dirlo non si può perché si rischia di essere accusati di omotransfobia e di hate-speech, discorsi d’odio.
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La pillola anticoncezionale fa male al cervello Uno studio recentemente presentato alla Radiological Society of North America (RSNA) ha esaminato le risonanze magnetiche per immagini di 50 donne sane, 21 delle quali assumevano pillole contraccettive e ha scoperto che queste hanno un volume di ipotalamo significativamente più piccolo. L’ipotalamo è quella regione del cervello che aiuta a regolare le funzioni corporee chiave come l’appetito, il battito del cuore, la temperatura corporea e le emozioni. Un volume ipotalamico più piccolo è associato a una maggiore rabbia e presenta una forte correlazione con i sintomi depressivi. Lo studio non ha trovato alcuna correlazione significativa tra volume ipotalamico e prestazioni cognitive, ma il dottor Michael Lipton, professore di
radiologia e direttore medico dei servizi di risonanza magnetica presso il Montefiore Medical Center di New York City, che ha guidato lo studio, ha caldeggiato ulteriori ricerche sulla materia. Nel 2016, i ricercatori danesi che avevano studiato la storia medica di oltre un milione di donne in un periodo di 18 anni, avevano scoperto che le donne che usano contraccettivi ormonali hanno maggiori probabilità di essere depresse. Uno studio condotto da ricercatori tedeschi aveva scoperto che le pillole contraccettive potrebbero danneggiare il senso di connessione emotiva delle donne. Nel 2017, un altro studio danese ha suggerito un legame tra l’uso di contraccettivi ormonali e disturbi dell’umore legati all’aumento dei tassi di suicidio.
La cannabis è peggio dell’alcol Il dottor Antonio Onofri, psichiatra e psicoterapeuta e docente di Psichiatria presso la Facoltà di Farmacia e Medicina dell’Università La Sapienza di Roma, in un’intervista rilasciata a Pro Vita & Famiglia, ha detto tra l’altro che alcuni studi recenti indicano una grande pericolosità della cannabis sulla maturazione cerebrale degli adolescenti, persino maggiore di quella - già del resto ampiamente dimostrata - dell’alcol. Già un grande studio australiano condotto su una vasta popolazione di migliaia di adolescenti aveva mostrato la perdita di cinque punti di quoziente intellettivo in
chi, tra i 16 e i 25 anni, aveva fatto un uso frequente di cannabis. La realtà attuale è che nei ragazzi che fumano cannabis riscontriamo un progressivo aumento di apatia, mancanza di interesse e piacere nelle attività, ritiro sociale, prestazioni scolastiche sempre peggiori e soprattutto una pervasiva perdita di motivazione e progettualità. Il consumo di cannabis, inoltre, aumenta con grande significatività il rischio di sviluppare sintomi psicotici e i disturbi schizofrenici, questo è un dato ormai considerato certo perché più volte riscontrato e riportato nella letteratura scientifica.
Notizie dal cinema prolife
Chi cerca su Google trova tutto (quello che Google vuole)
È in distribuzione doppiato in italiano il dvd del film Atto di fede di cui abbiamo parlato nel numero del dicembre scorso di questa Rivista. Inoltre vogliamo avvertire i nostri Lettori che l’uscita nelle sale di Unplanned, la storia di Abby Johnson, convertitasi dalla direzione di un abortificio Planned Parenthood alla difesa strenua della vita nascente, è slittata ai prossimi mesi (marzo o aprile). Aiutiamo la Dominus Production: prenotiamo tanti biglietti sul sito dominusproductionstore.com
Il Wall Street Journal ha pubblicato un rapporto secondo il quale Google utilizza blacklist, modifiche all’algoritmo e un esercito di impiegati per interferire nelle ricerche degli utenti e modellare ciò che si trova secondo le sue preferenze. Gli algoritmi riceverebbero, quindi, un “aggiustamento regolare” non solo dagli ingegneri ma anche dai dirigenti, influenzati dalle loro idee (liberal e politicamente corrette, ovvio). Per esempio, il 39% dei risultati di ricerca di Google per “aborto” porta al sito di Planned Parenthood (rispetto al 14% di Bing e di Microsoft).
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Dillo @ Pro Vita & Famiglia
Salve, sono un vostro lettore e sostenitore. Dato che ultimamente i vari segretari di partito gareggiano a chi la spara più grossa (Renzi, per esempio, vuole rendere l’asilo nido obbligatorio), vorrei dire anch’io la mia. Premetto che non sono segretario di partito, né ho cariche di qualsiasi tipo: sono un dipendente statale del Miur, un comune uomo della strada, anziano, ma ancora dotato di buon senso. E mi chiedo: non sarebbe più utile "ritornare" al modello di famiglia "anni Sessanta"? Sono stato cresciuto in una famiglia "normale", almeno per quei tempi. Erano gli anni del boom economico, quando le famiglie erano la principale agenzia educativa, le donne erano prima di tutto mamme (oltre che mogli), i padri avevano uno stipendio in grado di mantenere (da soli) anche famiglie numerose, pur con qualche sacrificio. C'era molto più rispetto per l'autorità (sotto qualsiasi forma si presentasse), e via dicendo. Penso che se le donne fossero realmente libere di scegliere tra famiglia e carriera, la maggior parte sceglierebbe la famiglia e libereremmo tanti posti di lavoro per i giovani disoccupati. Complimenti, comunque, per il sito, per il lavoro che svolgete e per le tante iniziative che proponete. Buona continuazione. Marco
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Versi per la vita ECOLOGISMO Scusate buona gente: io non sapevo che fosse tanto oscuro il Medioevo. Scusate, vi confesso, io non capisco quello che ci vien detto, come un disco, che l’uomo è come tutti gli animali. E che, nel “bio”, la diversità, portasse a protezion di calabroni e scarto disinvolto degli embrioni di scarsa qualità. Scusate la mia fissa, per quel sacro segmento della vita che io apprezzo. Scusate pure, un poco, il mio ribrezzo per flusso ininterrotto di massacro. Scusate mia sofferta compassione per questa, abborracciata, religione.
SILVIO GHIELMI classe 1926, laureato in chimica a Milano, Master alla Harvard Business School, lunga esperienza nella produzione di materie plastiche, è il meno giovane di una famiglia numerosa (85 membri). Già cofondatore e presidente di Mani Tese, nel 1978 è stato uno dei fondatori del Movimento per la Vita. Poi, insieme a Giuseppe Garrone, mons. Michel Schooyans, Mario Paolo Rocchi e Francesco Migliori [nella foto], nel 1994 ha dato avvio al Progetto Gemma, la nota “adozione prenatale a distanza”, per sottrarre all’aborto le mamme incinte in difficoltà (le donazioni arrivano specificamente e direttamente alla persona prescelta, non si tratta di una generica questua). Diffonde queste meditazioni in versi come strumento di legame con chi resiste in difesa della verità e della vita. Lui ci ringrazia per questa pagina mensile dedicata ai suoi versi pro vita: noi ringraziamo lui e siamo onorati di ospitare il suo contributo.
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Notizie Pro Vita & Famiglia
«Aprite le porte alla vita» Giuliano Guzzo
«Vivere significa necessariamente essere figli, accolti e curati, anche se talvolta in modo inadeguato». (Papa Francesco)
«La vita non è un oggetto da possedere o un manufatto da produrre», bensì «una promessa di bene, alla quale possiamo partecipare».
«Aprite le porte alla vita»: si intitola così il Messaggio dei Vescovi per la 42a Giornata per la Vita prevista il 2 febbraio 2020. Un messaggio con cui si ricorda che «la vita non è un oggetto da possedere o un manufatto da produrre», bensì «una promessa di bene, alla quale possiamo partecipare, decidendo di aprirle le porte». In effetti, aprire le porte alla vita non è importante: è decisivo. Ne va del concetto stesso di umanità. Purtroppo, a livello globale le porte non chiuse, ma proprio sbattute in faccia alla vita sono in continuo aumento. Lo dimostra, anzitutto, il caso dell’aborto volontario: ogni anno tra i 40 e i 50 milioni di bambini vengono soppressi nel ventre materno. Una «strage silenziosa», com’è stata più volte - e opportunamente - chiamata, che non indigna nessuno benché molte siano le ragioni per provare tale sentimento. Pensiamo solo all’aborto sesso-selettivo, che tra il 1970 e il 2017 ha visto eliminate 45 milioni di bambine. Il femminismo 2.0, che tanto protesta per qualsivoglia forma di patriarcato vero o presunto, avrebbe avuto un’ottima occasione per inalberarsi: e invece non lo ha fatto, con l’aborto sesso-selettivo che si radica sempre più, ormai, anche in Occidente. Un altro drammatico esempio di porte sbattute in faccia alla vita è quello quella «cultura dello scarto», che ha nell’eutanasia e nel suicidio assistito il suo apice. Pochi ci hanno fatto caso, ma grazie al cosiddetto “diritto di morire”, negli ultimi anni sono state soppresse in Belgio, Olanda, Lussemburgo e Svizzera - su cioè un territorio che, per popolazioni sommate, vale la metà dell’Italia - oltre 115.000 persone. Solamente l’atroce guerra in Siria, per stare a eventi contemporanei, ha mietuto così tante vittime. Eppure eutanasia e suicidio assistito non solo non vengono percepiti per i crimini che sono, ma i suoi sostenitori si fanno in quattro per promuoverne la diffusione. Il risultato è che ove la «dolce morte» prende piede, si
spalancano abissi di orrore inimmaginabili. Recentemente, tanto per dire, nella provincia canadese del Quebec, un rapporto della Commissione sul fine vita relativo al periodo fra il 1° aprile 2018 e il 31 marzo 2019, sulle persone che hanno avuto accesso all’“aide médicale à mourir” (o Maid, “Medical aid in dying”), ha rilevato almeno 13 casi in cui i requisiti legali per l’eutanasia erano stati violati e, in tre di questi, le persone erano state uccise in seguito - non è uno scherzo - a «una frattura dell’anca». Si stenta a crederci, ma è la verità. Un terzo esempio di porte chiuse a scapito della vita è quello dell’utero in affitto. Parliamo di un mercato orrendo, che umilia la dignità femminile - e che talvolta arriva anche a uccidere, come mostrano le drammatiche vicende di Premila Vaghela e Brooke Lee Brown. Ciò nonostante, gran parte della
cultura dominante, degli intellettuali à la page e dei cosiddetti vip, non solo non disapprova l’utero in affitto, ma se ne rende testimonial, come dimostrano i casi di Elton John, Ricky Martin, Kim Kardashian, Cristiano Ronaldo, Sarah Jessica Parker e tanti altri. Tutto questo significa che quanti credono che la vita umana non sia «un oggetto da possedere o un manufatto da produrre» hanno oggi un lavoro enorme da fare. Tuttavia è una missione che merita di essere svolta perché, come si diceva all’inizio, non ne va della sorte di una parte politica, di un credo religioso marginale o di un’organizzazione particolare. No, no: in ballo c’è il destino stesso dell’umanità, ora divisa tra il rischio di regredire a giungla senz’anima e la possibilità - e per questo occorre lottare - di tornare pienamente umana.
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Notizie Pro Vita & Famiglia
I bambini non si comprano e non si regalano Tommaso Scandroglio
Anche il fronte femminista, pro-choice, è spaccato al suo interno, a proposito di utero in affitto. A meno che non si ipotizzi un contratto a titolo gratuito, un “utero in comodato”: già i Radicali chiedono la legalizzazione della “surrogazione solidale”.
Il fronte pro-choice si interroga da tempo se la maternità surrogata debba essere promossa oppure vietata e il risultato è una spaccatura profonda al suo interno. Tale risultato era inevitabile. Infatti è l’esito di un ineludibile corto circuito che nasce dal principio di autodeterminazione inteso in senso assoluto e quindi inteso in senso erroneo. C’è dunque chi argomenta nel seguente modo: se l’utero è mio e lo gestisco io, questo deve valere non solo per l’aborto, ma anche per la nascita. Dunque se la donna, proprietaria del suo corpo, interiora comprese, decide di gestire una gravidanza per terzi, nessuno deve fiatare. Di contro c’è chi replica nel modo seguente: la donna che vende il proprio corpo, vedi prostituzione e utero in affitto, degrada la sua dignità. La maternità surrogata, molto voluta dalla comunità gay maschile e un po’ meno da quella lesbo, sfrutterebbe il corpo delle donne, dunque va rigettata alla radice. Esiste però un’ipotesi che potrebbe mettere d’accordo tutti. Qualora la maternità surrogata fosse a titolo gratuito, nulla quaestio. In tal modo faremmo salvo il principio di autonomia della donna ed eviteremmo la commercializzazione del suo corpo. Ma anche in questo caso, aggiungiamo noi, la maternità surrogata non sarebbe moralmente lecita. I motivi per rifiutare questa
I bambini non si comprano (e neanche si regalano!).
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pratica sono molti. Innanzitutto prima dell’impianto dell’embrione nell’utero della donna ospitante, occorre procedere alla fecondazione artificiale (il rapporto sessuale è pressoché escluso per tale pratica). La fecondazione artificiale è contraria alla morale perché scindendo il significato unitivo da quello procreativo reifica il concepito, ossia lo tratta come se fosse una cosa. Infatti l’unico atto volto al concepimento consono alla dignità della persona del figlio è il rapporto d’amore tra i coniugi. Far venire al mondo un bambino in altro modo significa non comportarsi in modo adeguato alla sua preziosità intrinseca. Inoltre la procedura della fecondazione artificiale comporta per il nascituro un rischio elevatissimo di morire: più del 90% morirà prima di venire alla luce. Passiamo ora alla maternità surrogata. Gestire una gravidanza per conto terzi svaluta la donna e il bambino che porta in grembo. Infatti riduce la donna a una incubatrice di carne e il bambino a un prodotto commissionato da terzi. La stessa coppia richiedente diventa meramente una coppia di clienti, di committenti. Senza poi tenere in considerazione che, in riferimento al bambino, questi crescerà non con la sua madre biologica, qualora l’ovocita non appartenga alla donna della coppia richiedente, e non con il suo padre biologico, qualora il gamete maschile non provenga dal maschio della coppia richiedente. Le asserite somiglianze con l’istituto dell’adozione sono inesistenti. Infatti nell’adozione si cerca di riparare a un danno (la mancanza di uno o entrambi i genitori), nell’utero in affitto si ingenera volutamente quel danno, ossia si priva il bambino della sua mamma. Ma anche qualora il bambino cresca con la sua madre biologica, è contro natura che venga partorito da una donna che non è sua mamma. Tutte queste riserve rimangono in piedi anche nel caso di maternità surrogata di tipo “samaritano”, ossia anche nel caso in cui, più teorico che reale, la donna non voglia un becco di un quattrino per il suo “disturbo”. Infatti la liberalità del gesto della donna cosifica ugualmente la gestante, ridotta a un forno che sforna bebè, seppur gratuitamente. In modo analogo dovremmo concludere che anche il bambino viene nuovamente reificato, perché da prodotto venduto diventa prodotto regalato, pacco dono. Ma i bambini non possono essere regalati. Non sono cose. Detto ciò, tutte queste argomentazioni appariranno troppo sofisticate per le rozze orecchie dei militanti del fronte radical-levantino-femminista i quali, escluso il mercimonio della rispettabilità della donna, daranno semaforo verde anche in Parlamento all’utero in affitto. Pardon, all’utero in comodato d’uso.
Fare venire al mondo un bambino in modo diverso da quello predisposto in natura (un amplesso d’amore tra un uomo e una donna) significa non comportarsi in modo adeguato alla sua preziosità intrinseca.
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Notizie Pro Vita & Famiglia
Una lettera a Virginia Raggi
Un estimatore del Sindaco di Roma le ha scritto questa lettera, che ha inoltrato per conoscenza anche a Toni Brandi, dandoci il permesso di pubblicarla.
Cara Virginia, lo sai che ti voglio bene fraternamente, penso che le mie e-mail te lo abbiano dimostrato in questi anni. Oggi io ho due figli, il più grande di 37 anni. 37 anni fa avrei potuto non averlo: eravamo, io e mia moglie, disoccupati entrambi e lei incinta senza che lo sapessimo. Mia moglie, allora la mia fidanzata, svenne mentre faceva la fila alle poste e, ricoverata, abbiamo saputo che era incinta di 12 settimane. I medici ospedalieri, quelli dal camice bianco, ci proposero come soluzione alla nostra povertà l’aborto. Dopotutto a 12 settimane il feto era solo in lombrico vermiforme, così ci dissero. E, se disponevamo di 500.000 lire (quasi uno stipendio all’epoca), in una clinica privata avrebbero fatto loro stessi l’aborto. Di fronte a queste forme malavitose io ho sempre reagito in malo modo e dissi all’infermiera che mandarono in avanscoperta a comunicarmelo: «Se non si allontana entro due secondi, la prendo a calci!». Ce lo tenemmo, quel bambino, pur nella nostra povertà, e oggi è un bravissimo e bellissimo ragazzo. Scoprimmo solo più avanti, con stupore per la nostra ignoranza, che a 12 settimane il feto è tutt’altro che vermiforme! Ci cascammo pure noi nell’imbroglio, per la fiducia nella conoscenza medica che può darti un camice bianco. Fummo felici però di non esserci fatti trascinare in un omicidio premeditato con l’uso della comunicazione ingannevole. Vedo invece che tu, Virginia, hai censurato e multato un’associazione [Pro Vita, all’epoca dei maxi-manifesti, ndR] per aver dato una comunicazione utile e scientificamente vera. Grave errore, anzi, gravissimo. Vorrei poter contribuire a sostenere questa associazione, ma la mia domanda per il reddito di cittadinanza è stata respinta, qui a Trento, per pochissimi euro. Sono un povero quasi assoluto. Per lo Stato. Potresti donare tu al mio posto? Credimi Virginia, te lo dico con cuore fraterno, ti toglieresti un pezzo grosso del macigno che il Tar ti ha messo sopra la testa, condannandoti a perdere il mondo più sano e pulito che dovrà venire. Grazie, un abbraccio. Aldo Bonet
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La fioritura dell’arte medica? È opera di medici santi
Fabio Piemonte
Ne L’arte del guarire Paolo Gulisano propone una storia della medicina dall’antichità ai giorni nostri, soffermandosi in particolare su quelle figure di medici, infermieri e farmacisti santi che hanno offerto il proprio contributo per il progresso della scienza medica, attraverso il loro servizio umile, competente e amorevole ai malati, soprattutto ai più deboli e bisognosi.
Cosma e Damiano, Ildegarda di Bingen, Nicolò Stenone, Camillo de Lellis, Riccardo Pampuri, Giuseppe Moscati e Gianna Beretta Molla sono solo alcuni dei «medici, infermieri e farmacisti santi che spesero le loro vite per lenire i mali del corpo senza dimenticare le esigenze dell’anima. Infatti la storia della medicina non è soltanto la storia di invenzioni, di scoperte, di progressi scientifici; è anche la storia di uomini che hanno dedicato la propria vita a prendersi cura di chi soffre». È questo il leitmotiv della documentata storia della medicina del medico e scrittore Paolo Gulisano, condensata nel saggio L’arte del guarire (Ancora, pp. 187). Dalla medicina rudimentale delle antiche civiltà al Medioevo che, nell’anelito di mettere in pratica la carità del Medico celeste, inventa gli ospedali; dal Rinascimento alla modernità ipertecnologica, dove chi soffre ha bisogno anzitutto di una presenza umana accanto a sé, si susseguono tante figure che hanno praticato «in modo eroico, fino alla santità, l’arte del guarire». «In principio le cause di una malattia erano imputate a fattori soprannaturali, in quanto essa era considerata
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una conseguenza dell’ira e del castigo divino alle cattive azioni degli uomini. Con gli Egizi la medicina è una tra “le prime scienze autentiche”, tanto che Erodoto li chiama “popolo dei sanissimi”. Basti ricordare che curavano l’igiene di bocca e denti con bicarbonato». In ambito greco, in relazione alla peste che colpì Atene nel 430 a.C., «Tucidide è stato in qualche modo il precursore della moderna informazione sanitaria e della promozione della salute secondo un metodo preventivo». Si deve invece a Ippocrate, fondatore di una vera e propria scuola medica e autore di una settantina di opere, il “Giuramento del medico”, «una formula dall’altissima valenza etica, che dal IV secolo a.C. in poi i sanitari hanno pronunciato all’inizio della loro missione». Egli elabora «un vero e proprio metodo scientifico, basato sull’osservazione diretta del malato, eseguita con grande attenzione: nasce qui il concetto di clinica e della conseguente diagnosi. La medicina deve essere una ricerca continua, serena e disinteressata alla quale bisogna dedicarsi solo per amore di essa e della salute delle persone. Ippocrate inventa la cartella clinica, teorizza la necessità di osservare razionalmente i pazienti, prendendone in considerazione l’aspetto e i sintomi, e introduce, per la prima volta, i concetti di diagnosi e prognosi». I Romani comprendono piuttosto che «la cura dell’igiene preveniva l’insorgere di molte malattie, soprattutto trasmesse attraverso
La storia della medicina non è soltanto una storia di invenzioni, di scoperte, di progressi scientifici; è anche la storia di uomini che hanno dedicato la propria vita a prendersi cura di chi soffre.
La medicina deve essere una ricerca continua, serena e disinteressata alla quale bisogna dedicarsi solo per amore di essa e della salute delle persone.
acque infette, motivo per il quale realizzano i loro acquedotti. L’esercizio della professione era anche allora remunerativo, e molti, del tutto inesperti, come ciabattini e tessitori, diventavano da un giorno all’altro medici, spesso facendo esperienza sulla pelle dei loro pazienti: “I medici imparano a nostro rischio e pericolo e fanno esperimenti con la morte; soltanto il medico gode di impunità completa quando ha provocato la morte di qualcuno”, scrive Plinio nella sua Naturalis historia». Tra i medici latini più accreditati c’è sicuramente Celso, il quale «tratta approfonditamente di patologia, di clinica, di igiene, ma soprattutto di chirurgia». Egli è esperto nella pratica «della legatura dei vasi nelle emorragie più imponenti, della sutura delle ferite profonde, di interventi sul torace, del trattamento di varie ernie e di diverse tecniche chirurgiche in oculistica». Nel ministero di Cristo «la cura dei malati rappresenta una prova dell’avvento del regno di Dio. L’attività terapeutica esercitata dal medico Gesù è il segno dell’amore di Dio per l’uomo», rileva l’autore. «I Vangeli sottolineano che Gesù cura i malati, e il verbo greco therapèuein, “curare”, ricorre ben trentasei volte, mentre altre diciannove volte troviamo il verbo iàsthai, “guarire”. Tra i primi medici cristiani c’è san Luca, come conferma il suo maestro san Paolo, che in un’epistola scrive: “Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema” (Col 4,14)». Nel suo Vangelo, Luca, quando racconta la celebre parabola del Buon Samaritano, precisa che costui «fasciò le lesioni del ferito e vi versò
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i santi medici martiri dei primi secoli basti citare Ursicino, Alessandro Lionese, Papilo, che edifica una sorta di casa di ricovero per anziani, Talaleo e Ciro di Alessandria.
I santi Cosma e Damiano, patroni dei medici, raffigurati nell’abside della omonima basilica a Roma.
sopra dell’olio e del vino, curandolo, cioè, secondo i metodi del tempo: la fasciatura a scopo protettivo, l’olio come lenitivo e il vino come blando disinfettante». Con l’avvento delle prime comunità cristiane, «una parte degli episcòpi - le residenze dei vescovi - viene destinata al riparo dei malati, assistiti dal clero. Le persone da assistere con il passare del tempo diventano sempre più numerose anche perché i cristiani, come ebbe a riconoscere loro persino un implacabile nemico quale fu l’imperatore Giuliano l’Apostata, non si limitano ad accogliere i propri correligionari. Alle porte della città di Cesarea viene realizzata una vera e propria “città dei malati’”. Il progetto di grandi luoghi di ospitalità, che dà in seguito il nome all’Ospedale (dal latino hospitale), è ripreso da sant’Elena, madre di Costantino che, nel corso del suo pellegrinaggio in Terra Santa, fa costruire intorno a Gerusalemme case per la cura dei poveri, dotate di camere per i malati e gli infermi di ogni tipo, affidati alle cure di medici e infermieri che a loro volta dispongono di locali propri dove vivere». Tra
Tra i santi taumaturghi vi sono Sebastiano e Pantaleone, che esercita la professione per puro spirito di carità. Egli, dopo aver guarito un cieco in nome di Cristo, dinanzi all’imperatore che lo accusava di aver rinnegato Asclepio, guarisce anche un altro malato sempre pronunciando il nome di Gesù. Vi è poi Diomede, il primo medico dei carcerati, e Sansone che, nel V secolo, si china sulle piaghe dei più derelitti e guarisce persino l’imperatore Giustiniano. Questi, in segno di gratitudine, gli dona alcuni locali adiacenti la basilica di Santa Sofia dove poter assistere con cure mediche i più bisognosi: sorge così il primo ospedale. Nell’Alto Medioevo sant’Isidoro fonda la scuola medica di Siviglia e la medicina diviene una “seconda filosofia”. La tradizione della medicina galenica è alla radice della fioritura della medicina monastica, mentre sant’Alberto Magno compone diversi trattati scientifici che sono all’origine della medicina scolastica e alla base delle nascenti facoltà universitarie. E ancora, «tutte le tecniche mediche usate da sant’Ildegarda sono tecniche accessorie per far sì che Cristo possa operare come medico», evidenzia Gulisano. «Sono strumenti che bisogna saper utilizzare, come le piante, come la musica». Nel Rinascimento san Martino de’ Porres allestisce un ospedale nella casa della sorella, mentre è notevole il contributo all’anatomia del medico, scienziato e sacerdote danese Nicolò Stenone, che scopre il dotto parotideo e contribuisce agli studi sul cervello umano, sul sistema circolatorio e su quello ghiandolare. Significative sono poi le figure di san Giovanni di Dio, che fonda l’ordine religioso per l’assistenza ai malati dei Fatebenefratelli; di Giovanni Leonardi, il santo farmacista, e di san Camillo de Lellis che, insieme a cinque compagni, si consacra al servizio dei malati,
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Santa Gianna Beretta Molla
dando vita alla Compagnia dei Ministri degli Infermi. Divenuto «uno dei pionieri dell’assistenza infermieristica negli ospedali, Camillo è solito affermare che “per i malati bisogna essere madri”». Verso la fine del Settecento Edward Jenner inventa un antidoto per garantire l’immunizzazione da virus di animali: nasce il “vaccino”. Nell’Ottocento il frate agostiniano Gregor Mendel pone le basi della genetica con la scoperta dell’ereditarietà dei caratteri; mentre il beato Laval fonda la Cassa della carità per le cure dei più bisognosi e inizia quella lunga schiera di missionari medici che negli ultimi due secoli avrebbe prestato la propria opera per l’evangelizzazione e la promozione umana nei Paesi più poveri del mondo.
«Tucidide è stato in qualche modo il precursore della moderna informazione sanitaria e della promozione della salute secondo un metodo preventivo».
Infine, tra le altre figure di medici di grande spessore umano e scientifico, meritano di essere citati il convertito a Lourdes Alexis Carrel, Premio Nobel nel 1912 per le suture vascolari; san Giuseppe Moscati «che ogni giorno si chinava sul dolore umano; trascorreva tutto il tempo che poteva in ospedale al capezzale degli infermi, cercando di alleviarne le sofferenze. Per lui il dolore non era soltanto un problema fisico, ma era il grido di un’anima che chiedeva aiuto. Egli era consapevole che gli ammalati sono “figure di Cristo”». Oltre al santo nelle corsie di ospedale, ci sono anche il “medico condotto” fra Riccardo Pampuri e la pediatra santa Gianna Beretta Molla. Il contributo di questi medici lascia trasparire pienamente il ruolo autentico dell’arte del guarire che, più che un lavoro, è una “missione specifica”, la quale deve essere scandita - come ebbe a dire Benedetto XVI in un incontro con gli operatori sanitari - «dal perseguimento di tre obiettivi: guarire la persona malata o almeno cercare di incidere in maniera efficace sull’evoluzione della malattia; alleviare i sintomi dolorosi che la accompagnano, soprattutto quando è in fase avanzata; prendersi cura della persona malata in tutte le sue umane aspettative. […] Ogni singolo paziente, anche quello inguaribile, porta con sé un valore incondizionato, una dignità da onorare, che costituisce il fondamento ineludibile di ogni agire medico. Il rispetto della dignità umana, infatti, esige il rispetto incondizionato di ogni singolo essere umano, nato o non nato, sano o malato, in qualunque condizione esso si trovi». Alla luce di tali parole, in un contesto culturale in cui fa spesso capolino il concetto di “qualità della vita” a detrimento della dignità umana del paziente, la missione del medico è quanto mai preziosa e assolutamente necessaria nella misura in cui egli riesce, per dirla con un adagio francese del XV secolo, a «guarire qualche volta, alleviare spesso, confortare sempre».
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Il magico mondo delle terapie olistiche Francesco Avanzini
L’Autore è un medico che esprime fortissimi dubbi sul valore della “medicina alternativa”, che oggi va tanto di moda.
«Venghino, signori, venghino!»: suonano così le allettanti sirene delle cosiddette medicine complementari o alternative, che dir si voglia. Come redivivi Dulcamara che promettono elisir miracolosi, gli esponenti del magico mondo delle terapie dette anche olistiche nascondono, in realtà, vari tipi di tranelli, quando non veri e propri pericoli per l’uomo. Sto parlando di tutto quel variegato mondo che comprende vari tipi di trattamenti, o presunti tali: omeopatia, omotossicologia, cristalloterapia, fiori di Bach, medicina antroposofica, pranoterapia, iridologia, ayurvedica, shiatsu, reiki, ma anche agopuntura, chinesiologia, bioenergetica e pure certe pratiche come lo yoga, la meditazione trascendentale e l’ipnosi. Si sarà intuito che tutti questi trattamenti, in misura maggiore o minore, derivano o sono fortemente caratterizzati dal pensiero orientale, e infatti molti di questi sono nati in Oriente e
Si è registrata un’esplosione dell’utilizzo delle “medicine alternative” grazie all’aspetto seducente delle filosofie orientali, alla diffusione del movimento New Age e al cataclisma provocato dalla rivoluzione sessantottina.
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sono poi facilmente penetrati, ormai da molto tempo, nel mondo occidentale, grazie all’aspetto seducente delle filosofie orientali e al ripudio operato dalle società occidentali delle loro radici storiche e culturali, quando non al vero e proprio disprezzo per le proprie origini. Questo spiega anche come si sia registrata una esplosione del loro utilizzo con la nascita del movimento della New Age e con il cataclisma provocato dalla rivoluzione sessantottina, abilmente orchestrata da cattivi maestri del pensiero tra cui Marcuse, Althusser, Simone de Beauvoir e anche da società segrete come i Rosacroce. Il resto del successo di questi rimedi fatti passare per “naturali” è dovuto a una abile strategia di comunicazione, per certi aspetti paragonabile alla moda del cibo biologico. Comunque, per affrontare in modo corretto e comprensibile il tema di questo articolo, è necessario subito chiarire che esistono due aspetti da considerare a proposito: il primo è relativo al meccanismo d’azione di queste metodiche o, detto più semplicemente, come e a che livello agirebbero; il secondo invece attiene agli aspetti etici e, mi spingerei a dire, spirituali legati al loro utilizzo. L’elemento unificante di tutte queste pratiche è per la maggior parte dei casi riconducibile, anche se non esclusivamente, a concetti energetici: nel corpo c’è una energia che, se carente o mal distribuita all’interno dell’organismo, è in grado di causare e sostenere la malattia. Ricorrendo a questi trattamenti, l’energia si incanalerebbe nel modo più giusto nel corpo del soggetto. Ora, tutti i metodi di rilevazione dell’energia, da quella termica a quella elettromagnetica, da quella radiante a quella atomica, non hanno mai potuto spiegare di che tipo di energia emanata nel e dal corpo umano si tratti, né, tanto meno, in che modo venga modificata da queste pratiche ed eserciti quindi un effetto terapeutico. Probabilmente questa energia è riconducibile a forme di energie di tipo spirituale, e allora introduce il secondo livello del problema, che deve interrogare i cristiani ma anche la retta coscienza del laico. Ci si chiede dunque se sia lecito modificarla in un paziente e se questo apporti un bene all’animo umano. Sta di fatto che la Chiesa invita a una estrema prudenza
Omeopatia, omotossicologia, cristalloterapia, fiori di Bach, medicina antroposofica, pranoterapia, iridologia, ayurvedica, shiatsu, reiki, agopuntura, chinesiologia, bioenergetica, yoga, meditazione trascendentale e ipnosi: sono tutte pratiche legate al pensiero orientale e alla New Age.
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sia nella pratica, sia nella fruizione di queste metodiche di “terapia”. La pranoterapia, per esempio, che utilizza il prana (energia o soffio vitale), deriva dal tantrismo (una forma di yoga che ha strettamente a che fare con certe pratiche sessuali estreme) e la religione indù sostiene che il dio del vento Voyu la doni a chi è a lui fedele. Joseph Ratzinger, da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ebbe a dichiarare nel corso di un’intervista rilasciata nel marzo 1999: «Tra le varie ramificazioni della New Age c’è la cosiddetta “medicina alternativa”, nella quale ha un posto importante la pranoterapia. Alcune persone affermano di possedere un fluido nelle mani che può curare i malati, e lo confondono con il carisma delle guarigioni… Il carisma delle guarigioni si manifesta in primo luogo nell’assenza totale di elementi di magia e si realizza in uno spirito di preghiera… mezzi e contesti spirituali alieni dalla fede e dalla ragione sono espressione di un terribile mondo sotterraneo».
Che tipo di energia è emanata nel e dal corpo umano? In che modo viene modificata? Come può essere misurata?
Non è questa la sede per descrivere tutti questi tipi di trattamenti. Siccome però, come è stato detto, tutti si rifanno più o meno agli stessi principi, mi limiterò a fare alcuni accenni, oltre che alla pranoterapia, alla omeopatia, se non altro perché è, forse, la più conosciuta e diffusa. Vorrei allora brevemente raccontare la storia dei suoi inizi. La data di nascita dell’omeopatia può essere fissata nell’anno 1790 (il clima è quello della Rivoluzione francese), quando un medico sássone e massone, Christian Friedrich Samuel Hahnemann (1755-1843), non avendo molta fortuna nell’arte medica, per mantenere la famiglia si dedica alle traduzione di testi scientifici e alla chimica. Non ebbe nemmeno una vita serena, segnata come fu da molte disgrazie, tra le quali l’uccisione di due figlie e altre morti inspiegabili di un’altra figlia e dell’unico figlio maschio. Non deve essere stato nemmeno un genio dato che, pur essendo affiliato alla massoneria e data la notevole carenza di medici a quel tempo, non riuscì a esercitare la sua professione.
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Fu così che, traducendo il testo Materia medica di un allora noto medico scozzese, tale William Cullen, fece la scoperta del (fine) secolo: le malattie si possono curare con gli stessi agenti che le provocano, da cui il motto «similia similibus curantur», il noto principio della “similitudine” in base al quale «il simile guarisce il simile». Le sostanze, alcune delle quali derivate da piante, somministrate a diluizioni infinitesimali e con un procedimento di scuotimento in acqua detto succussione, che trasmetterebbe misteriosamente attraverso la cosiddetta dinamizzazione la “forza cosmica”, innescherebbero nell’organismo una reazione tale per cui il corpo si “autocura”. Le diluizioni, identificate con la lettera D, possono essere così elevate che nel preparato non si trova, a partire dalla diluizione D30, nemmeno una molecola del “principio attivo”. Cosa dice la scienza sull’omeopatia? Riporto solo il risultato di una cospicua rassegna effettuata dal sistema sanitario
del governo australiano, che ha analizzato ben 1.800 studi sulla medicina omeopatica. Ebbene, di questi 1.800 studi solo 225 presentavano una rigorosità sufficiente per essere sottoposti all’analisi. Comunque la conclusione è stata che nessuno possedeva una qualità tale da presentare l’evidenza dell’efficacia del trattamento omeopatico in varie malattie. Quindi anche per l’omeopatia, come nel caso della pranoterapia e delle altre pratiche della medicina complementare, vale lo stesso principio esoterico di un misterioso flusso di energia veicolato da una sostanza evanescente o, peggio ancora, da una sorta di “medium”. Allora facciamo buon uso della ragione, affidiamoci alla scienza e alla coscienza di quanti amano l’uomo e la sua salute fisica e spirituale, e diffidiamo dei Dulcamara olistici. E per i disturbi meno gravi, perché no, facciamo visita a un bel monastero o a un’erboristeria, dove troveremo qualche rimedio efficace, privo di pericoli e di pratiche magiche.
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Darwinismo: scienza o mito imposto ai sudditi? Luciano Leone
L’argomento che stiamo per affrontare è assai complesso, poiché implica nozioni di biologia, di embriologia, di paleontologia, etc. Spero di essere perdonato per un certo grado di semplificazione che i limiti di questa modesta summa impongono. Coloro che vorranno approfondire l’argomento, troveranno utile qualche indicazione in bibliografia.
LA NASCITA DELLA VITA E IL “BRODO PRIMORDIALE” Nel Seicento molti illustri scienziati (ogni epoca dispone di molti illustri scienziati…) affermavano con sicumera che gli insetti nascessero dal fango o da carogne di animali: era la teoria della generazione spontanea. Però Francesco Redi, medico e umanista (Arezzo 1626-Pisa 1698) li confutò dimostrando che le mosche nascono dalla carne putrefatta soltanto quando altre mosche depongono in essa le uova, mentre carne putrefatta sigillata non produce alcun insetto (Esperienze intorno alla generazione degli insetti, 1668). Nel Settecento altri illustri scienziati ripresero la teoria della generazione spontanea affermando che moscerini e altri insetti nascessero dal brodo. Però Lazzaro Spallanzani, gesuita, grecista, vero attento studioso (Scandiano 1729-Pavia 1799),
Si ringraziano sentitamente il professor Paolo Pettinelli e il dottor Leonardo Leone per la revisione dell’articolo e per le loro preziose indicazioni.
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“Evoluzione”
Intervistato da un giornalista che gli domandava se l’universo fosse frutto del caso, Francis Crick (premio Nobel per la Medicina nel 1952 insieme a James Watson, con quale aveva identificato la struttura a doppia elica del Dna) rispose: «Sarebbe come credere che, se mettessimo in un hangar tutti i pezzi che compongono un aereo, dopo milioni di anni, tra terremoti e tutto quanto possa accadere, ci troveremmo di fronte a un Boeing pronto all’utilizzo».
ripartì brodo in diversi barattoli. Ne sigillò e sterilizzò alcuni, mentre altri ne lasciò aperti: soltanto da questi ultimi, nei quali insetti deponevano uova, inevitabilmente originavano altri insetti (Saggio di osservazioni microscopiche, 1765). Ma, è noto, i falsi spesso si perpetuano. Il brodo non fa nascere insetti, ma il brodo primordiale dei darwinisti “fece nascere la vita sulla Terra”. Ovviamente tale “nascita” viene collocata in un passato mitico, «milioni di anni fa…». Se cerchiamo una definizione di “vita”, possiamo dire che gli esseri viventi sono costituiti da una o più cellule (organismi uni- o pluricellulari) e possiedono un alto grado
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di organizzazione:
La professoressa Marie Christiane van Oosterwyck-Gastuche, dopo aver consultato geologi, sedimentologi, embriologi, genetisti, etc., sulle prove riguardo ai lunghi periodi evolutivi, è giunta a due importanti conclusioni: 1. Non c’è alcuna prova, neanche la più piccola, di un’origine animale del genere umano; 2. Le misurazioni isotopiche, che “datano” le ere geologiche, non hanno alcun senso cronologico. Se le discipline non fossero separate in comparti, gli scienziati avrebbero da tempo abbandonato le tesi di Darwin.
1) nascita: nascono da un altro essere vivente o dalla interazione tra due esseri viventi (polline di una pianta maschile e fiore di una pianta femminile; spermatozoo di un maschio e uovo di una femmina); 2) metabolismo e nutrizione: sono dotati di un metabolismo. Per le loro attività consumano energia, che viene ottenuta dall’assunzione di sostanze nutritive dall’ambiente esterno (processi più o meno elaborati di nutrizione); 3) omeostasi e adattamento: sono cioè capaci di preservare, entro certi limiti, la loro organizzazione in rapporto con le variazioni dell’ambiente esterno; 4) crescita e riproduzione: attraversano un periodo di accrescimento e raggiungono uno sviluppo, che consente loro di riprodurre altri esseri viventi simili a loro; 5) invecchiamento e morte: subiscono processi degenerativi, che si concludono con la perdita dell’omeostasi e quindi con la morte. Si precisa che i virus sono invece esseri viventi difettivi, poiché per attuare il loro ciclo vitale devono parassitare le cellule di altri organismi. La struttura dei virus è comunque complessa, così come quella degli esseri viventi cellulari. La complessità di queste operazioni interessa non soltanto l’organismo pluricellulare, costituito da miliardi di cellule differenziate e interagenti attraverso mediatori chimici, bensì anche il più semplice organismo unicellulare come un batterio o un’ameba, poiché ogni singola cellula consta di:
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- nucleo con Dna, stabilizzato e regolato da molteplici molecole; sintesi proteica attraverso diversi tipi di Rna; - membrana cellulare per separare la cellula dall’ambiente esterno, ma dotata anche di sistemi di trasporto per la nutrizione della medesima cellula ed eventualmente per l’immissione di prodotti nell’ambiente esterno; - citoplasma in cui si svolgono elaborati processi di produzione di energia e di sintesi; - altri organuli o strutture come ribosomi, mitocondri e flagelli. Risulta quindi giustificato il quesito: come può essere nata una cellula, anche la più semplice, dal brodo primordiale? Ovviamente la risposta dei darwinisti è: «Nel corso di milioni di anni…»: una risposta che prescinde da qualsiasi verifica obiettiva. Resta invece il fatto, l’obiettività, che nessuna molecola, anche la più piccola, è in grado di mantenersi a lungo e di organizzarsi con altre molecole neppure nel brodo primordiale. Direi che il brodo primordiale dei darwinisti non è in alcun modo attendibile: sembra un parente prossimo del clinamen di Tito Lucrezio Caro, il quale peraltro era un grande poeta e ci ha offerto un bell’inno a Venere. Mentre Darwin e seguaci ci vogliono propinare sequenze, ancor più immaginarie, di uominiscimmia. Parimenti non risulta attendibile l’ipotesi che cellule si siano agglomerate, organizzate, differenziate per dare origine a organismi pluricellulari più o meno complessi. I batteri sono organismi monocellulari dotati di un
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unico cromosoma “ad anello”, mentre le cellule degli organismi pluricellulari nella fase di duplicazione o di produzione di cellule destinate alla riproduzione (dette gameti e dotate di metà dei cromosomi della cellula di origine) organizzano cromosomi “a ics”. Le mutazioni sono molto frequenti nella enorme popolazione dei batteri, ma nessun batterio ha mai presentato una mutazione per la quale il suo cromosoma “ad anello” sia “evoluto” in un cromosoma “a ics”. Quando invece in un organismo pluricellulare, per mutazione, un gamete reca un cromosoma alterato “ad anello”, l’organismo che derivi dal processo riproduttivo mostra devastanti patologie malformative. Inoltre, pur riproducendosi ogni 20-30 minuti, i batteri, studiati in più di 150 anni di osservazioni scientifiche, non hanno mai dato origine a nuove specie: uno streptococco è sempre rimasto uno streptococco, una klebsiella è sempre rimasta una klebsiella. Precisiamo che nelle cellule dell’organismo (cellule somatiche) i cromosomi sono presenti in coppie; ciascuna coppia è formata da un cromosoma paterno e da un cromosoma materno: i gameti, infatti, spermatozoo paterno e uovo materno, recano metà del corredo cromosomico; la loro unione genera il nuovo individuo con corredo cromosomico, completo di coppie di cromosomi. La biologia cellulare sarebbe sufficiente a seppellire ogni velleità delle teorie dei darwinisti, ma questi nella loro cucina hanno in serbo, oltre al brodo primordiale, anche pastina primordiale e minestrina primordiale da servire a noi sudditi.
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IL DARWINISMO Il darwinismo, che deriva dalle prime ipotesi di Charles Darwin (Shrewsbury 1809-Londra 1882), nelle sue cangianti versioni postula che: 1. tutti gli esseri viventi sono (sarebbero) discendenti modificati di un antenato comune. Forme di vita più complesse fanno (farebbero) seguito a forme di vita meno complesse; 2. il principale meccanismo di modificazione è (sarebbe) la selezione naturale operante per mezzo di variazioni non pianificate cioè da mutazioni del Dna, dalle quali originano nuove specie ed esseri più adatti alla sopravvivenza; 3. tali processi non guidati sono (sarebbero) sufficienti a spiegare tutte le caratteristiche degli esseri viventi. Tutto ciò che sembra progettato è (sarebbe) in realtà il risultato di eventi casuali, cioè del caso. Ciò che i darwinisti affermano con sicumera apodittica dev’essere invece ricondotto a ipotesi: per questo motivo ho posto tra parentesi il verbo al condizionale. Esaminiamo e confutiamo i singoli postulati. 1. L’uomo deriverebbe, come noto, da antenati
appartenenti alla specie delle scimmie. Senonché, il corredo cromosomico (cariotipo) umano consta di 23 coppie di cromosomi, quello delle scimmie di 24 coppie. Per tenere in piedi (con stampelle o con deambulatore, non è dato sapere) la loro teoria della derivazione degli esseri umani dalle scimmie, i darwinisti hanno inventato la teoria della riduzione cromosomica, in base alla quale nel gamete di una scimmia si sarebbe verificata la perdita di un cromosoma (la perdita di un cromosoma viene chiamata monosomia). Peccato che la perdita di un cromosoma (monosomia) in un organismo così complesso come quello di un mammifero risulti incompatibile con la vita (aborto spontaneo) oppure nel caso in cui il cromosoma perduto sia connesso con la differenziazione sessuale (cromosomi detti X e Y), produca un individuo sterile. Alla ricerca delle forme di transizione dalla scimmia all’uomo, dette anelli mancanti della catena evolutiva, Ernst Haeckel, studioso di scienze naturali (Potsdam 1834-Jena 1919), sostenne l’esistenza del Pitecanthropus erectus, un essere dalle limitate capacità di parola e di pensiero. Un allievo di Haeckel scoprì, o meglio credette di scoprire, resti fossili del Pitecanthropus, quando nel 1891 rinvenne
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Jacques Monod, ne Il caso e la necessità, pubblicato nel 1970 e molto celebre all’epoca, intendeva divulgare nozioni di biologia, commiste con le sue elucubrazioni filosofiche; e conclude: «L’antica alleanza è infranta; l’uomo finalmente sa di essere solo nell’immensità indifferente dell’Universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo». Dal Libro della Sapienza (2, 1-2): «I malvagi dicono infatti tra loro, ragionando male: “Noi siamo figli del caso, e dopo la morte saremo come se non fossimo mai esistiti, poiché il soffio vitale non è che tenue fumo, e il pensiero è una scintilla eccitata dal movimento del cuore”».
nell’isola di Giava una calotta cranica, un femore e due molari, peraltro dispersi nel raggio di una dozzina di metri. Il ridicolo montaggio di tali reperti fu accreditato da Haeckel, il quale in quell’occasione confermò l’astrattezza della propria teoria scrivendo all’allievo un telegramma di congratulazioni così concepito: «Dall’inventore del Pitecantropo al suo felice scopritore». Risale, invece, al 1912 la vicenda dei resti fossili dell’Uomo di Piltdown, “scoperto” dall’avvocato Charles Dawson e denominato in suo onore Eoanthropus dawsoni, mirabile
anello di congiunzione tra scimmia e uomo: in realtà la “congiunzione” era stata fabbricata dall’avvocato Dawson unendo un cranio umano con una mandibola di scimmia. La truffa, accreditata dall’autorevole paleontologo sir Arthur Smith Woodwar, curatore del settore Geologia del British Museum (si crede volentieri a ciò che corrisponde alle proprie credenze), venne smascherata soltanto nel 1951-1953 da studiosi inglesi onesti, ma per quarant’anni aveva contribuito ad accreditare il darwinismo. Così la “moneta falsa” del darwinismo aveva continuato a circolare incontrollata. Sulle note del buon Rossini si potrebbe intonare «il darwinismo è un venticello…». 2. Le mutazioni del Dna, operate dal caso, trasformerebbero una specie in un’altra, la quale grazie ai nuovi caratteri acquisiti sarebbe favorita per la sopravvivenza e per l’espansione numerica in rapporto con i fattori ambientali, cioè con la selezione naturale. L’uomo, allora, rispetto alla scimmia avrebbe successivamente perso la protezione termica offerta dal pelo abbondante; il pollice opponente agli arti inferiori; la robusta dentatura atta a mordere a scopo difensivo e offensivo. Seguendo le teorie dei darwinisti, si conclude che la scimmia, non l’uomo, è favorita per la sopravvivenza e per l’espansione numerica. Il darwinismo postula inoltre che una singola mutazione possa attuare una mirabile trasformazione positiva per la sopravvivenza. Ma è evidente che la complessità della formazione di un organo o apparato (organogenesi) è tale da richiedere più mutazioni successive, tutte dovute al caso, ma mirabilmente atte a produrre un risultato finale positivo. L’esperienza, cioè la realtà dei fatti osservati, dimostra, all’opposto, che le mutazioni in organismi complessi producono tipicamente danni, più o meno nocivi per la sopravvivenza dell’individuo.
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Consideriamo a questo punto gli uccelli: al fine di alleggerire il peso dell’animale le loro ossa sono diventate cave, quindi povere di midollo osseo, l’apparato che produce il sangue. Seguendo l’ipotesi darwiniana delle forme intermedie, queste, poverette, risulterebbero anemiche. Le ali durante i passaggi evolutivi si sono dapprima più o meno bene abbozzate, cosicché le forme intermedie per sopravvivere avrebbero dovuto arrangiarsi soltanto con gli arti inferiori; poi magari sono diventate mezze-ali, cosicché le forme intermedie avranno potuto trovare un ingaggio in qualche squadra di calcio, prima di ottenere, finalmente, ali complete ed efficienti, con le quali volare. In conclusione le forme intermedie darwiniane, se esistessero, sarebbero incompatibili con la selezione naturale darwiniana. Risulta inoltre incomprensibile quale sarebbe il vantaggio evolutivo di ali atrofiche per uccelli come struzzi e kiwi.
Ma c’è di più. Per dimostrare che tutti gli esseri viventi discenderebbero da un unico antenato comune, il già citato Ernst Haeckel selezionò degli embrioni di alcune specie di animali vertebrati, i quali effettivamente allo stadio embrionale mostrano talune somiglianze, ma per accreditare la sua ipotesi ne falsificò deliberatamente la morfologia per amplificare tali somiglianze. Il Lettore può facilmente comprendere la validità di una teoria che per accreditarsi ricorre al falso! Di grazia che l’aggettivo tedesco ernst significa serio! Si aggiunga che Haenkel evitò scrupolosamente di includere nella sua tabella, tuttora acriticamente riprodotta in
Disegno di Ernst Haeckel, che rappresenta embrioni di alcune specie di animali vertebrati con somiglianze reali e con somiglianze falsificate dal disegnatore.
pubblicazioni e in testi scolastici, gli embrioni di altri vertebrati, che non presentano somiglianze con quelli da lui appositamente selezionati. Questo procedere del darwinismo per somiglianze morfologiche ha punti di contatto con la fisiognomica di Johann Kaspar Lavater (Zurigo 1741-1801), e con l’antropologia criminale di Ezechia Marco, detto Cesare, Lombroso (Verona 1835-Torino 1909), teorie entrambe che alla loro epoca venivano accettate e acclamate, mentre da tempo ormai riscuotono… saporose risate. Non si comprende come il darwinismo, invece, possa essere ancora considerato da alcuni una teoria valida. Molto pertinente
«Il DNA è come un programma per computer, ma molto, molto più avanzato di qualunque software mai creato» (Bill Gates)
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risulta l’affermazione (anno 1972) di Ernst Boris Chain, premio Nobel per la Medicina: «L’evoluzionismo di DarwinWallace si basa su assunti così deboli, principalmente di natura morfologicoanatomica, che difficilmente può essere definito una vera teoria. Preferisco credere alle favole che in questa folle speculazione». (Nb: Chain non era un “retrivo” cattolico come lo scrivente, bensì di religione ebraica). Con l’espandersi degli studi di biologia molecolare i darwinisti hanno proposto, sempre in base a somiglianze, alberi genealogici di diverse molecole, come per esempio l’emoglobina. Il valore epistemologico (dal Greco epistéme, conoscenza) di questi alberi genealogici resta comunque nullo, essendo del tutto analogo a quello delle somiglianze macroscopiche, sopra descritte e confutate. In compenso questi studi e la loro elaborazione costano ai contribuenti cifre vertiginose, che vengono equamente ripartite tra costi di laboratori e stipendi, premi, cattedre, convegni e viaggi per i ricercatori darwiniani. Accanto ai nomi degli autori citati sono state riportate le date, affinché il Lettore possa comprendere che l’ambiente culturale, in cui vivevano e operavano, era quello del Positivismo. 3. Inoltre le mutazioni, nonostante il fatto che dipendano dal caso, secondo i darwinisti dovrebbero esitare in organizzazioni sempre più complesse e perfezionate.
Se consideriamo la complessità del sistema nervoso dell’uomo, con i suoi organi sensoriali (orecchi per l’udito e per l’equilibrio statico-dinamico e per la valutazione della provenienza dei suoni attraverso l’effetto doppler; occhi per la visione diurna e notturna e per la valutazione stereoscopica) e con le sue molteplici interazioni anche ormonali e immunologiche, inevitabilmente dobbiamo domandarci come una serie di successivi eventi casuali possa aver prodotto una tale complessità. Ovviamente i darwinisti possono appellarsi soltanto al loro mitico «Nel corso di milioni di anni…». PALEONTOLOGIA La paleontologia è la scienza che studia animali e piante, vissute sulla Terra in epoche trascorse, rilevate attraverso i loro resti fossili. La datazione paleontologica comunemente applicata risale a Charles Lyell (Kinnordy
Batteri
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1797-Londra 1875), ricco avvocato inglese, ateo convinto, caro amico di Darwin, geologo dilettante, il quale postulò, cioè suppose a priori, sia la correttezza della teoria del suo amico Darwin per cui «forme di vita più complesse fanno (farebbero) seguito a forme di vita meno complesse», sia che in ogni strato geologico si potesse rinvenire un fossile caratteristico, cosicché concepì la sua scala stratigrafica, come da tabella qui sotto.
ERA
FOSSILE MILIONI DI ANNI FA CARATTERISTICO IPOTIZZATI
Archeana
alghe e batteri
3000 - 600
Paleozoica
pesci
600 - 225
Mesozoica
rettili
225 - 70
Cenozoica
mammiferi
70
Pleistocene
ominidi
Tra 6 ovvero 2 milioni di anni fa
In base ai postulati dell’avvocato Lyell e con gioia di Darwin, gli strati geologici si sarebbero disciplinatamente sovrapposti, ciascuno col suo bravo fossile di riferimento (teoria dell’uniformitarismo). Purtroppo per i due amici, le cui teorie si sostengono reciprocamente come il gatto e la volpe in Pinocchio, gli strati geologici e quanto in essi contenuto vanno in realtà soggetti a immani pressioni e quindi a spostamenti in base alla tettonica delle placche (quelle - per intenderci - che causano anche i terremoti) e all’azione ancor più banale e più frequente delle correnti marine e fluviali, cosicché strati e contenuti risultano rimescolati e confusi. L’eruzione del vulcano Saint Helens nel 1980 ha inoltre offerto la prova tangibile che strati geologici, in apparenza antichissimi, possono formarsi nel giro di appena 36 ore: i medesimi strati in base all’analisi del potassio-argon, considerata attualmente affidabilissima e di riferimento per gli studi di paleontologia, venivano datati tra 900mila e 2,8 milioni di anni fa. Sic transit gloria mundi… Fatti di questo genere rimettono in discussione tutto un sistema di datazioni, date per scontate, ma in realtà tutt’altro che certe. Parimenti la datazione paleontologica di reperti riferibili a esseri umani o supposti umani (paleoantropologia), in base ai quali sono stati costruiti e via via rimodellati con indefettibile sicumera dapprima la linea evolutiva, poi il cespuglio evolutivo della specie umana, è conseguentemente totalmente da rivedere. Per esempio l’Homo antecessor della Gran Dolina di Atapuerca in Spagna non sembra volersi adattare alle ricostruzioni darwiniane?
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Il 18 maggio 1980 l’eruzione del vulcano Saint Helens, situato nello Stato di Washington, negli Stati Uniti, fu una delle più rilevanti mai avvenute nel XX secolo. Mount St. Helens cambiò radicalmente: la cima del vulcano lasciò spazio a un enorme cratere che si estende in obliquo dall'altezza massima del cono vulcanico fino alle pendici.
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Nessun problema: i darwiniani lo dichiarano comunque estinto ancor prima di averne studiato il Dna! «Il tufo vulcanico K.B.S. conteneva dei resti umani, il teschio di un bambino ‘Teschio 1470’. Fu scoperto da Richard Leakey, che commentò la propria scoperta in questo modo: “O si taglia fuori questo teschio, o le nostre teorie sugli uomini primitivi vengono tagliate fuori” (R. Leakey, 1973). La reazione degli scienziati al ‘Teschio 1470’ fu semplice: tagliarono fuori il teschio, e tennero le proprie teorie (darwiniste)» (Marie Christiane van Oosterwyck-Gastuche, studiosa di mineralogia, 2016). In realtà la maggior parte delle forme viventi compaiono contemporaneamente, concentrate in un breve arco di tempo, nel Cambriano (periodo iniziale dell’era Paleozoica); si parla infatti di esplosione cambriana. In un raro momento di lucidità autocritica Darwin stesso in L’origine delle specie ammetteva: «La maniera in cui le specie appartenenti a diverse delle principali divisioni del regno animale appaiono improvvisamente nelle rocce fossilifere, può essere in verità utilizzata come un valido argomento contro le concezioni qui esposte». Ovviamente nessuna teoria evoluzionista spiega la persistenza attuale di forme viventi quali felci e sauri, che resterebbero immodificate da milioni di anni. Evidentemente felci e sauri sono biechi creazionisti, refrattari alla gloriosa teoria darwiniana. Sul banco degli imputati a rispondere dell’accusa di “creazionismo aggravato continuato” siederà anche il celacanto, pesce che in base ai suoi fossili si ostina a rimanere immodificato dall’era Paleozoica: resosi latitante per milioni di anni (era ritenuto estinto), è poi ricomparso nel 1938 dalle acque del Sudafrica e successivamente dell’Oceano Indiano con il deliberato proposito criminoso di sconvolgere le teorie dei darwinisti.
«Una nuova teoria scientifica non trionfa convincendo i suoi avversari e facendo loro vedere la luce, ma piuttosto perché i suoi avversari alla fine muoiono, e una nuova generazione cresce avendo familiarità con la nuova teoria» (Max Planck, fisico quantistico, 1949)
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DISEGNO INTELLIGENTE Riscontrare in natura, sia nelle strutture del cosmo sia negli esseri viventi, un progetto, che in base a fatti tangibili giustifichi il funzionamento di un ente complesso, conduce a inferire che l’ente complesso nasca da un disegno intelligente, e non dal caso. Inferire significa svolgere un ragionamento in cui si dimostri logico conseguire una verità da un’altra verità. L’esistenza di enti complessi giustifica l’esistenza di un progetto costitutivo, il progetto costitutivo giustifica l’esistenza di un disegno intelligente. Stephen Hawking, astrofisico, scrive: «Gli eventi non accadono in modo arbitrario, bensì riflettono un certo ordine sottostante». Gerald L. Schroeder, fisico, ha pubblicato sull’argomento Universo sapiente. Antony Flew, filosofo dell’ateismo scientifico fin dal 1950, ha infine capitolato, all’età di 81 anni, nel 2004, annunciando di dover riconoscere nel cosmo, in base alle evidenze scientifiche e al ragionamento, l’esistenza di Dio. In realtà nulla di nuovo rispetto alle riflessioni filosofiche di Platone e di Aristotele, ma certamente un ragionamento confortato da un sempre maggior numero di fatti, verificati nel micro e nel macro-cosmo.
La realtà, un fatto, può essere spiegato attraverso tre modelli: la regolarità; il caso; il progetto. - Regolarità: un cristallo di cloruro di sodio risponde al primo modello, poiché corrisponde all’organizzazione regolare degli atomi che lo compongono; - caso: il vento che sconvolge un giardino è un tipico evento casuale; - progetto: la Divina commedia di Dante Alighieri o qualsiasi opera simile, la struttura di una singola cellula, organi e apparati di un essere vivente non possono essere spiegati in base a semplice regolarità e tantomeno in base al caso, bensì dimostrano l’attuazione di un progetto. Un progetto richiede un disegno intelligente. Già nel 1913 Emile Borel, matematico, aveva posto il quesito quale fosse la probabilità di ottenere un’opera di Shakespeare consentendo a un milione di scimmie di azionare i tasti di un milione di macchine per scrivere. I darwiniani occupano tuttora cattedre universitarie e laboratori di ricerca, dai quali lucrano stipendi e vantaggi sociali, cosicché avversano sistematicamente e con tutti i
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mezzi la teoria del disegno intelligente, e si avvalgono delle posizioni di potere detenute nelle università per ottenere il licenziamento e stroncare la carriera dei sostenitori del disegno intelligente, e per attivare giudici compiacenti a vietare sia critiche al darwinismo, sia la diffusione della teoria del disegno intelligente. In totale carenza di argomenti scientifici a loro favore i darwiniani ricorrono a bavagli e a manette. Scene paragonabili a quelle viste in molta politica mondiale e nazionale. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Da quanto esposto, sia pure in maniera succinta, si può ritenere dimostrato che il darwinismo non è altro che la riproposizione in termini pseudo-scientifici di miti materialistici (generazione spontanea). Tali miti vengono però imposti sia alle persone comuni sia negli ambienti di studio da un’abitudine sclerotica all’accettazione acritica del darwinismo, o addirittura, come sopra delineato, da un intreccio di interessi ben strutturati tra cattedre universitarie e poteri politici di stampo materialista. Esistono certamente persone in buona fede che credono in teorie darwiniste più o meno aggiornate, ma queste persone sono -
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a mio parere - decisamente male informate e non hanno appuntato la loro attenzione sulla illogicità del darwinismo. Anziché aderire al mito darwiniano sembrerebbe più attendibile e più piacevole attenersi al mito greco di Deucalione e Pirra. Il darwinismo rappresenta anche uno degli aspetti del materialismo pseudo-scientifico dell’Ottocento: positivismo, darwinismo, marxismo, antropologia criminale, psicanalisi freudiana sono in misura minore o maggiore intrecciati. Tutti coloro, che vi hanno contribuito, sono di ascendenza giudaica o protestante, avversa alla “Chiesa papista”, e intrattennero spesso rapporti tra loro. Ad esempio Ernst Haeckel fu anche uno dei maestri del tenebroso psicanalista Carl Gustav Jung (Kesswil 1875-Kusnacht 1961), il quale sosteneva che condizione per il superamento della nevrosi è l’integrazione del divino con il demoniaco. Sigmund Freud (Freiberg, in Moravia, 1856-Hampstead, presso Londra, 1939), cocainomane e nevrotico, affermava: «Mi considero uno dei più pericolosi nemici della religione, ma essi non sembrano neppure sospettarlo. Il nemico è la religione, la Chiesa cattolica»; e all’inizio del suo scritto L’interpretazione dei sogni collocava la
«Non è la Chiesa cattolica che allontana la scienza: sono certi scienziati che hanno eretto un muro tra loro e la Chiesa cattolica. Perché sono ignoranti» (Jacalyn Duffin, medico ematologo, in un’intervista rilasciata a Tempi il 7 aprile 2014)
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citazione: «Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo», cioè «se non posso piegare i cieli, smuoverò le forze dell’inferno» (Eneide VII, 312). Il positivista Lombroso, che ricercava nelle caratteristiche anatomiche esterne e nelle anomalie dell’encefalo la genesi della criminalità, era dedito allo spiritismo. Freud parimenti frequentava medium. Anche le critiche pseudo-scientifiche ai Vangeli di David Friedrich Strauß (Ludwigsburg 1808-1874) a base di filosofia hegeliana, quelle di Joseph-Ernest Renan (Tréguier 1823-Parigi 1892, l’unico di famiglia cattolica), e poi la Formgeschichte di Rudolf Karl Bultmann (Wiefelstede 1884-Marburg 1976) appartengono tutte a tale periodo storico. Il darwinismo, perfettamente inserito nel materialismo positivista, pone le basi per l’uomo-bestia, per l’eugenetica, il procurato aborto, il razzismo. «Tra i selvaggi i deboli di corpo e di mente vengono eliminati. Noi uomini civili ostacoliamo il processo di eliminazione: costruiamo ricoveri per gli incapaci, per gli storpi, per i malati. Chiunque sia interessato all’allevamento di animali domestici, non dubiterà che questo fatto sia molto dannoso per la razza umana»: frase tratta non dai deliri nazionalsocialisti di Adolf Hitler, bensì da L’origine dell’uomo di Charles Darwin. Si noti che Darwin applica agli esseri umani criteri come se si trattasse di animali da allevamento! Ernst Haeckel fu uno dei primi fautori della cosiddetta eugenetica: il procurato aborto nella sua opinione sarebbe lecito, poiché gli embrioni umani sarebbero, come nel suo schema comparativo con altre specie, soltanto forme animali inferiori. In L’origine dell’uomo Darwin sosteneva pure: «In un tempo avvenire le razze umane civili stermineranno le razze selvagge e si sostituiranno a esse. La lacuna tra l’uomo e i suoi prossimi affini (= le scimmie) sarà allora più larga», e citava come esseri inferiori gli aborigeni australiani. Ottime premesse per l’“opera civilizzatrice” dell’impero britannico, creato dalla rapace classe dominante calvinista, che aveva preso il potere in Inghilterra fin dall’epoca di Enrico VIII e di Elisabetta I, inventori della riforma anglicana. Haeckel, il quale amava il disegno, gratificava poi Darwin rappresentando un uomo africano appollaiato su un albero in compagnia di uno scimpanzé, di un gorilla, e di un orango. Il darwinismo ha quindi costituito, e costituisce, un’ottima giustificazione pseudo-scientifica e filosofica per le aberrazioni che hanno infettato e insanguinato il XX, e tuttora insanguinano, il XXI secolo.
NOTA BIBLIOGRAFICA 1) B. Dallapiccola, Nuove sindromi cromosomiche. SEU, Torino 1978; 2) P. L.Giorgi, R. Freddara, L. Leone, Le più comuni sindromi malformative. In: Diagnosi differenziale in Pediatria. C.G. Ediz. Medico-Scientifiche, Torino 1982; 3) J. Wells, Le balle di Darwin. Guida politicamente scorretta al darwinismo e al disegno intelligente. Rubbettino ed., Soveria Mannelli (Catanzaro) 2009; 4) G. Sermonti, in E. Innocenti, Critica alla psicoanalisi. Sacra Fraternitas Aurigarum, Roma 2011, pp. 219221; 5) M. Blondet, La disfatta evoluzionista. L’uccellosauro ed altri animali. Effedieffe ed., Proceno (Viterbo) 2012; 6) A. Muscio: recensione ad: E. Innocenti: Critica alla psicanalisi. http://www.muscio.it/psicanalisi. htm; 7) M. C. van Oosterwyck-Gastuche: inserendo questo nominativo in un motore di ricerca si può attualmente leggere l’intero capitolo, pp. 179 ss. 8) A. Socci, Indagine su Gesù. Rizzoli ed., BUR, Milano 2008, pp. 9 e ss. 9) E. Sala, Elisabetta la sanguinaria. La creazione di un mito. La persecuzione di un popolo. Ed. Ares, Milano 2010, pp. 8-9.
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La Creazione intelligente Umberto Fasol
Credere nella Creazione del mondo e dell’uomo è un atto di logica e ragionevolezza
Mons. Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, faceva spesso questo esempio: «Se io potessi uscire dal grembo di mia madre con la consapevolezza che ho adesso, da uomo maturo, e vedessi per la prima volta tutto quello che si può vedere, resterei a bocca aperta, pieno di stupore per l’esistente». L’atteggiamento che il mondo suscita nel bambino che vede per la prima volta la neve, o il sole al tramonto, o il mare è proprio quello della meraviglia; oggi si direbbe che è l’effetto «Wow!». Non si tratta di un sentimento, che può andare e venire, ma piuttosto di un assetto della ragione, che riconosce che quello che ha di fronte è un mondo che la abbaglia con la sua bellezza e la supera con il suo mistero.
Il nostro mondo è riconducibile a lunghissime stringhe di dati che possono essere raccolti, confrontati e interpretati: l’uomo ne è un concentrato particolarmente complesso.
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Lo sguardo della mamma, la corsa del cavallo e il fiore del giardino sono lì, con tutta la loro fisicità e con tutta la loro bellezza, amalgamate così bene da farti riconoscere che non riesci a spiegarti perché esistano. Io stesso, da adulto, so che non mi sono fatto da solo; so che nessun dettaglio del mio corpo è stato plasmato dal sottoscritto, tantomeno la data di nascita e quella della morte. So anche, da adulto, che i miei genitori non si sono fatti da soli. E so che la catena di generazioni non può essere infinita… rimarrebbe senza spiegazione. C’è una chiave di lettura del mondo che è tipicamente contemporanea e che mi pare assolutamente condivisibile: l’informazione. È un termine che non poteva usare Aristotele, ma nemmeno san Tommaso o Newton. Oggi sappiamo che tutti i dispositivi tecnologici che utilizziamo sono pacchetti, più o meno grandi, di informazioni. L’ultima branca della scienza si chiama Big data intelligence: i satelliti, i media, le telecamere, ovunque ci sono dispositivi high tech che raccolgono dati perché possano poi essere analizzati, interpretati e sfruttati. Il nostro mondo è riconducibile a lunghissime stringhe di dati che possono essere quindi raccolti, confrontati e interpretati. Gli esseri viventi ne sono un concentrato particolare: una singola cellula uovo di donna, fecondata, passa da poche decine di micron a quaranta/cinquanta centimetri in poco meno di quaranta settimane, moltiplicandosi in miliardi di cellule e dando forma a testa, braccia, gambe, busto, organi interni, etc. Da una cellula indifferenziata si passa a 254 tessuti cellulari diversi, che formano organi e apparati diversi che collaborano per formare un bambino. Le informazioni necessarie per l’esecuzione di questo mirabile progetto non sono misurabili, ma sono sicuramente tendenti all’infinito e sicuramente estremamente complesse. Da dove può venire tanta intelligenza nella materia? Io credo che questa intelligenza non possa
che provenire da un’altra Intelligenza che non vediamo nel mondo, ma che ne è la Causa. Intelligenza chiama intelligenza. Infatti, se seguo a ritroso la catena delle generazioni umane, mi devo fermare a una prima coppia che deve aver dato origine a tutto l’albero genealogico. Ora, questa prima coppia non può essersi fatta da sola, perché non ne ha la capacità. Non può nemmeno derivare per trasformazione da una coppia di “altro”, per lo stesso motivo (chi di noi può trasformarsi in altro da sé?). La prima coppia dev’essere stata prodotta da qualcosa di simile a lei, come contenuto di intelligenza, ma invisibile (altrimenti l’avremmo già identificata) e infinitamente potente. La creazione, ovvero la comparsa dal nulla del mondo, della vita e del genere umano, per opera di un’Intelligenza superiore e capace di generare, è la logica conseguenza della presenza di tanta informazione intelligente nelle cose. Il mondo non può esistere da sempre perché se così fosse avrebbe ormai raggiunto lo zero termico, ovvero l’annientamento di tutte le cose. Non può essere uscito per caso, perché è ricco di informazione. E allora che cosa possiamo pensare sulla sua origine? La Creazione non riguarda solo l’istante iniziale, quello in cui Dio ha concepito e voluto tutto ciò che esiste, bensì abbraccia ogni attimo e
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ogni atomo di ciò che esiste. È il Suo abbraccio costante che dona la vita alla materia e alle leggi che ne descrivono il comportamento. Se Dio volesse, potrebbe ritirare l’essere a ogni cosa in questo preciso istante, e tutto si annichilirebbe. Nessuna stella, nessun pianeta, nessun filo d’erba ha in sé la ragione per esistere. Il disegno dell’universo e dei suoi abitanti, concepito per amore nella mente di Dio, si è disteso nel tempo e nello spazio secondo ritmi e modalità che sono e saranno sempre oggetto di ricerca: la creazione è come un rotolo che viene dispiegato lentamente e che supera le nostre limitate capacità di comprensione. “Evolvere” significa letteralmente “srotolare un rotolo di pergamena”, cioè, leggere un libro. L’immagine della natura come libro ha le sue origini nel cristianesimo ed è rimasta cara a molti scienziati. Galileo vedeva la natura come un libro il cui autore è Dio così come lo è delle Scritture. È un libro la cui storia, la cui evoluzione, la cui “scrittura” e il cui significato “leggiamo” secondo i diversi approcci delle scienze, presupponendo per tutto il tempo la presenza fondamentale dell’autore che vi si è voluto rivelare. Questa immagine ci aiuta a comprendere che il mondo, lungi dall’essere stato originato dal caos, assomiglia a un libro ordinato. È un cosmo. Nonostante elementi irrazionali, caotici e distruttivi nei lunghi processi di cambiamento
Una singola cellula uovo, di donna, fecondata, passa da poche decine di micron a cinquanta centimetri in poco meno di quaranta settimane.
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del cosmo, la materia in quanto tale è “leggibile”. Possiede una “matematica” innata, come ha detto Benedetto XVI il 31 ottobre 2008, nel discorso all’Accademia Pontificia della Scienza: «Il big-bang, che oggi si pone all’origine del mondo, non contraddice l’intervento creatore divino, ma lo esige. L’evoluzione nella natura non contrasta con la nozione di creazione, perché l’evoluzione presuppone la creazione degli esseri che si evolvono». «Dio ha creato gli esseri e li ha lasciati evolvere secondo le leggi interne che Lui ha dato a ognuno perché si sviluppassero, perché arrivassero alla propria pienezza. Egli ha dato l’autonomia agli esseri dell’universo al tempo stesso in cui ha assicurato loro la sua presenza continua, dando l’essere a ogni realtà» (Papa Francesco, 26 ottobre 2014, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze). La fede nella Creazione è dunque un atto di ragione.
Galileo vedeva la natura come un libro il cui autore è Dio, così come lo è delle Scritture.
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«L’uomo non è solo animale, come non è soltanto polvere/terra, è anche molto di più. È una creatura spirituale, che pensa, vuole, parla, che ha senso morale e che ama in un modo unico».
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L’uomo, la scimmia, il caso e Dio Giulia Tanel Diciamocelo, tutti siamo soliti sentire ripetere il mantra: «L’uomo deriva dalla scimmia». Professor Agnoli, com’è possibile rispondere, senza entrare troppo nei tecnicismi, a una affermazione simile? «Si può rispondere ricordando che l’uomo è, certamente, un animale: si è sempre detto e sempre saputo. L’uomo partecipa alla natura dell’universo (è fatto di “polvere di stelle”), ma anche alla natura animale: ha un’anima che lo muove, che gli dà vita... possiede istinti, bisogni fisici, etc. Ma l’uomo non è solo animale, come non è soltanto polvere/terra, è anche molto di più. È una creatura spirituale, che pensa, vuole, parla, che ha senso morale e che ama in un modo unico. Queste differenze sono qualitative e non quantitative, cioè non sono colmabili. Sono soprattutto differenze che rendono l’uomo superiore alla natura che lo circonda: solo l’uomo, più che essere modificato dall’ambiente, lo modifica lui stesso; solo lui studia la natura, la comprende e se ne serve, dimostrando così, sia nel conoscere che nell’operare, di essere nello stesso tempo parte della natura e a essa superiore. Nessun animale sa fare qualcosa di simile: nessuna scimmia si pone domande sull’origine dell’universo, sulla struttura della materia, sulle leggi della chimica, e quindi nessuna scimmia opera in modo analogo sulla natura. Nessun animale, infine, si chiede il senso della sua esistenza e sente in sé il convivere di finito e infinito, tempo ed eternità». E a chi non si accontenta di una simile argomentazione, quale risposta scientificamente fondata si può dare? «Il biologo e genetista Edoardo Boncinelli, famoso
Abbiamo conversato con un amico, il professor Francesco Agnoli, che tra i tanti suoi interessi culturali cura il sito www.filosofiaescienza.it. Ha pubblicato, tra gli altri, diversi libri di storia della scienza come: Lazzaro Spallanzani e Gregor Mendel. Alle origini della Biologia e della Genetica; Creazione ed evoluzione: dalla geologia alla cosmologia. Stenone, Wallace e Lemaître; Il misticismo dei matematici; Scienziati dunque credenti e Dieci brevi lezioni di filosofia, collabora con l'Università Regina Apostolorum di Roma nel Master in Scienza & Fede.
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per essere il “Dawkins italiano” (con riferimento al celebre biologo ateo autore del libro L’Illusione di Dio), nel suo Le forme della vita. L’evoluzione e l’origine dell’uomo (Einaudi, 2006), spiega perché la preistoria umana è ancora, per molti aspetti, un mistero insondato, una “provincia inesplorata”: “Abbiamo sin qui esposto il nocciolo della teoria neodarwiniana… Sin dall’inizio si è chiarito che questa teoria spiega benissimo certe cose, meno bene altre, e pochissimo altre ancora. Quello che è successo prima della esplosione del Cambriano e gli eventi che hanno portato all’evoluzione della specie umana esulano un po’ da ciò che la teoria spiega bene”. “A un certo momento - continua Boncinelli però è avvenuto qualcosa che almeno ai nostri occhi appare eccezionale”. Cosa è accaduto? La comparsa dell’uomo, con la sua coscienza, con il suo linguaggio, che non sono una conseguenza del cambiamento di postura e della diminuzione dei peli: sono ben altro!». Quindi? «Quindi la scienza oggi sa benissimo che la comparsa dell’uomo è un salto, un enorme salto. I salti per la verità sono tre: la nascita dell’Universo, la nascita della vita e la nascita
«L'evoluzionismo materialista è tramontato presso la gran parte degli scienziati, ma rimane appiccicato nella cultura perché è stato sposato da tutte le peggiori ideologie: il positivismo, il comunismo, il nazionalsocialismo...». dell’uomo. Per tutti questi avvenimenti molti scienziati, anche agnostici, parlano oggi di “mistero” o di “miracolo”: non ne conosciamo il perché, la Causa. Per molti essa rimanda a qualcosa che per noi è inafferrabile, con gli strumenti della scienza. “L’indecifrabilità della vita umana, dei destini dell’uomo, non potrà mai essere racchiusa in una formula”: così Erwin Chargaff, uno dei padri della moderna biologia molecolare, nel suo capolavoro intitolato Mistero impenetrabile, nel quale lo sguardo del grande scienziato lo porta a concludere che “ci sono misteri (la vita, l’anima, Dio…, ndr) per riconoscere i quali è necessaria molta saggezza”. Per concludere la risposta precedente, cito due numeri della rivista super darwinista Le Scienze. Nel novembre 2014 l’intera edizione è dedicata a La nostra storia e vi si ammette che la ricostruzione classica è del tutto incompleta e inesatta. Basti il titolo dell’editoriale: Riscrivere
«Le differenze tra l’uomo e gli animali sono qualitative, non quantitative: cioè non sono colmabili».
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l’evoluzione. Un’ondata di nuove scoperte sta costringendo a ripensare la nostra vicenda evolutiva. A scuola si insegnano come certezze molte cose che non sono affatto certe e che spesso sono, certamente, superate!». E l’altro numero? «È dedicato ad ammettere quello che spesso si nega: l’unicità dell’uomo! È del novembre 2018 e si intitola: Essere umani. Uno degli articolisti, Kevin Laland, professore americano di biologia comportamentale ed evolutiva, comincia così il suo lungo pezzo: “Gran parte delle persone su questo pianeta crede allegramente, per lo più senza alcuna base scientifica, che gli esseri umani siano speciali, diversi dagli altri animali. È curioso notare come gli scienziati meglio qualificati per valutare questa affermazione sembrino spesso restii a riconoscere l’unicità di homo sapiens, forse per paura di rinforzare l’idea dell’eccezionalità dell’essere umano portata avanti nelle dottrine religiose”. Fermiamoci un attimo, prima della frase decisiva: tutto sembra andare in una direzione, la solita! E invece anche il più ideologico dei preamboli può riservare la sorpresa. Infatti Laland prosegue riconoscendo, suo malgrado, la giustezza, dati scientifici alla mano, della visione “allegra” dell’uomo comune e delle religioni: “Eppure sono state raccolte grandi quantità di dati scientifici rigorosi, in campi che vanno dall’ecologia alla psicologia cognitiva, che affermano che quella umana è davvero una specie particolare”! Ohibò! E non è finita: “L’essere umano si distingue davvero come un
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animale molto diverso dagli altri. Sembra che la nostra cultura ci separi dal resto della natura...”. È così evidente!». Lo scarto tra uomo e scimmia non è dunque puramente quantitativo, bensì qualitativo. Perché dunque la teoria evoluzionista non pare conoscere tramonto? «Diciamo subito che l’evoluzione è una cosa, l’evoluzionismo materialista un’altra. L’evoluzione è un fatto. Tra il resto l’evoluzione della Terra, cioè la storia della Terra, è stata scoperta da Niccolò Stenone, che è diventato vescovo e beato (è il padre della stratigrafia); quella dell’Universo da un prete, il padre del Big bang, George Eduard Lemaitre, mentre quella della vita ha due scopritori: uno, Charles Darwin, che si definiva agnostico e non ateo, e l’altro, Sir Wallace, che era uno spiritualista convinto. L’evoluzionismo materialista è un’interpretazione atea dell’evoluzione, che sostiene che essa è casuale e non guidata, cieca e non intelligente. Però ciò che noi vediamo è che la storia dell’Universo, come quella della vita, pur contemplando anche eventi contingenti, è nel suo complesso perfettamente direzionata: si va verso una sempre maggior perfezione, complessità, ricchezza... perché questo accada ci vogliono ordine, precisione, intelligenza. L’uomo, ultimo arrivato, sia nel Genesi sia secondo la scienza, è possibile soltanto perché una quantità incredibile di “coincidenze” si sono realizzate. L’evoluzionismo materialista, per rispondere
«Nessun animale si chiede il senso della sua esistenza e sente in sé il convivere di finito e infinito, tempo ed eternità».
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alla sua domanda, è tramontato presso la gran parte degli scienziati, ma rimane appiccicato nella cultura perché è stato sposato, nel recente passato, da tutte le peggiori ideologie: il positivismo, il comunismo, il nazionalsocialismo... Se uno oggi legge Lenin e Stalin, Hitler o il giovane Mussolini, troverà che combattevano tutti l’idea di un Dio creatore usando l’evoluzionismo materialista. Il loro influsso, e quello di tanti filosofetti materialisti, non è scomparso». Il creazionismo fa così paura? «Facciamo anche qui una distinzione. Perchè con “creazionismo” di solito si intende l’idea di creazione tipica dei protestanti, che interpretano la Genesi alla lettera, in modo fondamentalista, e dicono che la creazione è avvenuta in sei giorni. Ciò è assurdo, ma questa non è, e non è mai stata, l’interpretazione cattolica. I cattolici credono nella creazione come dipendenza dell’Universo da un Dio trascendente, e come nascita del cosmo in un istante di tempo che ha dato vita al tempo. Senza minimamente voler trarre dalla Bibbia insegnamenti naturalistici ulteriori, che non interessano nulla per la salvezza. Ebbene, l’idea di creazione, così come concepita per esempio da sant’Agostino o san Tommaso, è oggi del tutto attuale e interessa moltissimo a tanti fisici e astrofisici. Lo spiega bene, per esempio, Piero Benvenuti, uno dei più famosi astrofisici al mondo, già Segretario generale dell’Unione Astronomica Internazionale, nel suo Genesi e Big bang. Se qualcuno deride il creazionismo protestante come antiscientifico, facendo finta che coincida con l’idea filosofica e teologica di creazione, o non ha capito, o bara».
«L’indecifrabilità della vita umana, dei destini dell’uomo, non potrà mai essere racchiusa in una formula» (Erwin Chargaff)
Da ultimo, da storico e appassionato di scienza, come sintetizzerebbe il miracolo della complessità umana? «Con le frasi di due grandi matematici e fisici, Blaise Pascal e Leonardo Eulero, il “principe dei matematici”. Il primo notava che l’uomo è piccolissimo nel tempo e nello spazio, quanto al suo corpo, ma possiede una capacità unica nell’Universo, quella di pensare e di amare, mentre tutte le montagne, gli animali, le galassie non sanno produrre “un solo pensiero, un solo atto d’amore”. Quanto è piccolo, e quanto è grande, l’uomo! Il secondo, Eulero, in una lettera intitolata Sulla natura degli spiriti criticava i filosofi materialisti (nessuno dei quali scienziato) perché “nulla vi potrebbe essere di più urtante del dire che la materia è capace di pensare. Pensare, giudicare, ragionare, sentire, riflettere e volere sono qualità incompatibili con la natura dei corpi, e gli esseri che ne sono in possesso devono essere dotati di una natura del tutto differente. Tali esseri sono le anime e gli spiriti, fra i quali quello che possiede tutte queste qualità nel più alto grado di perfezione è Dio”».
«A scuola si insegnano come certezze molte cose che non sono affatto certe e che spesso sono, certamente, superate!»
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Il vuoto lasciato dall’Onmi Giorgio Vaccaro
L’inchiesta giornalistica che si è occupata dei fatti di Bibbiano ha scoperchiato una falla nel sistema delle norme di tutela all’infanzia grazie alla quale operatori senza scrupoli possono compiere dei veri e propri abusi Lo scorso 20 novembre la Giornata Mondiale dell’Infanzia è stata particolarmente significativa, perchè son trascorsi sessant'anni dell’approvazione - da parte dell’Assemblea Generale della Nazioni Unite - della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo (20.11.1959), che costituisce la prima dichiarazione di principi dell’Onu specificamente immaginata per tutelare i più piccoli. A questi principi ha poi fatto seguito la Convenzione sui Diritti della Infanzia e della Adolescenza, come trattato internazionale del quale fanno parte oltre 190 Stati e al quale l’Italia ha aderito sin dal 1991.
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Nella mente e nella cultura degli operatori di diritto è dunque ben chiara, o almeno lo dovrebbe essere, l’importanza della tutela del minore e della sua crescita. Nei medesimi trattati internazionali, così come nelle successive dichiarazioni dei principi della Comunità europea, il minore e le sue relazioni familiari costituiscono dei capisaldi, apparentemente indiscussi. Ancora, sempre per inquadrare al meglio le forme di tutela “istituzionale” che le nazioni hanno nell’ultimo secolo dedicato alla figura del minore, non si può non ricordare come l’Italia fu tra le prime nazioni a dotarsi di un tribunale dedicato a “comprendere” la particolare realtà del minore di età laddove fosse coinvolto nella commissione di un reato, come autore o come parte offesa, e a questi fini venne varato il Tribunale “per” i minorenni, con una competenza territoriale diversa dal Tribunale ordinario. Curia alla quale, dalla sua costituzione, venne dedicata una particolare attenzione anche nella stessa composizione dei collegi giudicanti, che diversamente dagli altri giudici che si trovavano a trattare di una moltitudini di questioni di diritto,
Nei trattati internazionali e nelle dichiarazioni dei principi della Comunità europea, il minore e le sue relazioni familiari costituiscono dei capisaldi, apparentemente indiscussi.
si dovevano occupare solo della materia minorile. Erano gli anni nei quali il nostro Paese si dotò, rielaborandoli e rendendo le norme di legge funzionali tra loro, dei quattro Codici (civile con la sua procedura, penale con la sua procedura); erano gli anni nei quali venne istituita l’Opera nazionale maternità e infanzia, il cui scopo specifico era «la protezione e l’assistenza della maternità, la protezione dell’allattamento materno, l’igiene sociale della prima infanzia, la profilassi antitubercolare infantile, l’igiene scolastica, l’educazione fisica, la protezione igienica del fanciullo nel lavoro, la repressione degli abusi della patria potestà, la protezione sociale del fanciullo nella vita, la repressione degli abusi e dei delitti contro l’infanzia, l’educazione dei fanciulli anormali, l’assistenza e la protezione dei fanciulli materialmente o moralmente abbandonati, la prevenzione della mendicità, del vagabondaggio e della criminalità dei minorenni, la rieducazione dei fanciulli traviati, il trattamento dei delinquenti» (Atti Parlamentari, Senato del Regno, Legisl. XXVII, Documenti, Disegni di legge e Relazioni, doc. N. 79). L’Opera nazionale maternità e infanzia è stata sciolta come ente inutile nel 1975 e, al di là delle valutazioni su questa scelta, che appartengono ad altra analisi, non si può non sottolineare come nessuno, apparentemente, si sia accorto di come con tale abolizione si causasse un danno irreparabile e mai risolto al delicato meccanismo della tutela di emergenza esistente in Italia e prevista ancora oggi con il pieno vigore dell’art. 403 del codice civile, il cui testo prevede: «Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato, o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per
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altri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione». Con lo scioglimento come ente inutile della Onmi era infatti venuta meno quella pubblica autorità che coordinava immediatamente e senza gestire alcun proprio interesse la fase delicata dell’allontanamento del minore dal suo contesto familiare. Per comprendere al meglio la centralità della tutela del minore, all’epoca della riorganizzazione normativa di quegli anni in Italia, si deve studiare - come è richiesto sempre dalle regole dell’interpretazione, ogni qual volta si debba capire il senso di una qualunque legge - la Relazione di accompagno al codice civile, e nello specifico il tema regolato dall’art. 403 dello stesso codice. Ecco il testo della Relazione del ministro guardasigilli Dino Grandi al codice civile del 4 aprile 1942: «Nell’art. 403 del codice civile si riporta, nella sua sostanza, la disposizione dell’art. 21 del testo unico delle leggi sulla protezione e l’assistenza della maternità e dell’infanzia Opera nazionale maternità e infanzia, approvato con regio decreto 24 dicembre 1934-XIII, n. 2316, che stabilisce l’intervento della pubblica autorità (nella figura dei patroni) a favore dei minori abbandonati. È vero che nel richiamo generale, fatto nell’art. 400 del c.c., alle leggi speciali per quanto concerne l’assistenza ai minori è compresa anche l’accennata disposizione, ma è sembrato
che fosse sommamente opportuno riaffermare in questa materia un principio direttivo della legislazione fascista e cioè l’intervento diretto della pubblica autorità a favore dei minori abbandonati. L’assunzione di questa norma nel codice civile vuol significare che l’intervento dell’autorità a favore dell’infanzia abbandonata o allevata in modo non conveniente, costituisce nel nuovo diritto non tanto una funzione amministrativa di carattere eccezionale, quanto una normale pubblica attività nell’interesse della sanità fisica e morale della stirpe. La nuova sistemazione presenta inoltre il vantaggio di sottrarre la norma alla frequente mutabilità della legislazione speciale, e fissa un criterio informatore, di importanza fondamentale, del diritto civile fascista. Considerata sotto questo profilo, la disposizione dell’art. 403 ha una portata assai vasta, perchè l’attività dell’autorità amministrativa viene a incontrarsi con quella che è la competenza speciale del tribunale e del giudice tutelare in materia di patria potestà e di tutela. Sono evidenti i molteplici vantaggi che la collaborazione fra i detti organi apporterà in tutti i casi in cui sia urgente provvedere per la tutela di minorenni abbandonati o allevati con pericolo per la loro sanità fisica o morale». Linguaggio e termini superati dalla Storia ma, certamente, principi non superabili come quelli della “collaborazione fra organi competenti” all’epoca esistente e poi abolita, perché ritenuta inutile - pena il disastro che è stato salutato in questi mesi, con l’inchiesta più nota in tema di danno ai minori, quella conosciuta dalla
L’Opera nazionale maternità e infanzia (Onmi) è stata sciolta nel 1975 e nessuno si è accorto di come ciò abbia causato un danno irreparabile al delicato meccanismo della tutela di emergenza.
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pubblica opinione come l’inchiesta di Bibbiano. In poche e semplici parole l’abolizione, cieca, della pubblica autorità di riferimento prevista dall’art. 403 del codice civile ha creato una vera e propria falla nel sistema della tutela e della protezione dell’infanzia. Da quel momento è scomparsa, e non è mai stata ricostituita, alcuna autorità centrale che fosse messa a conoscenza di quanto posto in opera dai nuovi organi di protezione dell’infanzia che, intervenendo, su propria valutazione, avessero allontanato un minore immaginato in pericolo e collocato «in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione». L’indagine della magistratura penale è ancora in corso in tutto il nostro Paese ma lo scandalo di una realtà normativa che ha consentito senza reagire immediatamente riparando il vulnus al diritto alla tutela della infanzia, resta e deve continuare a essere percepito come un enorme scandalo! L’interesse incontrollato e incontrollabile di coloro che si occupano degli “allontanamenti” dei minori dalle loro famiglie, senza alcun previo vaglio della magistratura, per un tempo “indeterminato” e in luoghi dove si ottengono delle “sovvenzioni” per mantenervi i minori, non può infatti essere tollerato. Così come accadde nella storia del giornalismo con l’inchiesta che il mondo ricorda con il termine Watergate, l’inchiesta giornalistica che si è occupata dell’indagine dei fatti di Bibbiano ha scoperchiato una realtà che nessuno può negare: il sistema delle norme di tutela
L’Onmi è stato considerato un inutile retaggio sessista del regime fascista. Perciò, a seguito della creazione del Ssn e del decentramento è alle regioni che spetta l’assistenza sanitaria e il coordinamento delle attività dei nuovi consultori familiari.
all’infanzia ha una “falla” - ormai nota a tutti -, nella quale operatori senza scrupoli possono compiere dei veri e propri abusi senza alcun controllo, proprio a danno di quel minore che le norme nazionali e internazionali vogliono proteggere senza se e senza ma.
L’interesse incontrollato e incontrollabile di coloro che si occupano degli “allontanamenti” dei minori dalle loro famiglie non può essere tollerato.
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In Cineteca
Segnaliamo in questa pagina film che trasmettono almeno in parte messaggi valoriali positivi e stimolano il senso critico rispetto ai disvalori che vanno di moda. Questo non implica l’approvazione o la promozione globale da parte di Pro Vita & Famiglia di tutti i film recensiti.
Una canzone per mio padre: quando la musica trasforma il cuore Titolo: I Can Only Imagine Produzione: Usa, 2018 Regia: Andrew Erwin e Jon Erwin Durata: 110 min Genere: Biografico, Drammatico
Un altro film portato in Italia dalla benemerita Dominus Production. Narra la storia di Bart Millard e di cosa lo abbia ispirato nello scrivere la celebre canzone I Can Only Imagine, che ha vinto un doppio disco di platino e ha emozionato milioni di persone in tutto il mondo. Bart bambino è stato abbandonato dalla madre ed è cresciuto in balia di un padre alcolizzato e violento. Da adolescente ha cercato di nascondere i suoi problemi per paura di compromettere il suo rapporto con la fidanzata e, per cercare l’ammirazione e l’approvazione dal padre, si è dedicato al suo stesso sport, al football americano, nonostante non fosse la sua vocazione. Poi, per caso, scopre il suo talento canoro e
la sua passione per la musica. La convivenza con il padre nel frattempo è sempre più insostenibile, e dopo il liceo scappa di casa. Gira l’America con un complesso musicale che diviene la sua seconda famiglia, vivendo alla giornata, finché non incontrano un produttore importante. Brickell farà comprendere a Bart l’importanza di vivere la vita senza fuggire dal proprio dolore. Di lì comincia un profondo lavoro interiore e Bart scriverà la sua canzone più bella, che cambierà la sua vita e quella di molte altre persone. Il film è stato un successo sia in termini di incassi, sia di critica. La maggioranza degli spettatori intervistati ha assegnato alla pellicola il massimo dei voti.
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In biblioteca Si fa sera e il giorno ormai volge al declino Robert Sarah Cantagalli
Dizionario elementare dei luoghi comuni Frasi, detti, modi di dire alla luce del pensiero cattolico Tommaso Scandroglio (a cura di) IdA, Istituto di Apologetica
«Alla radice del collasso dell'Occidente c'è una crisi culturale e identitaria. L'Occidente non sa più chi è, perché non sa più e non vuole più sapere chi l'ha creato, chi l'ha plasmato. Molti Paesi ignorano la propria storia. Questo soffocarsi conduce a una decadenza che apre la strada a nuove civiltà di barbari». Queste parole del cardinale Robert Sarah sono lo spunto di questo libro-intervista con Nicolas Diat. Il cardinale mette in evidenza la gravità della crisi che stiamo attraversando, ma apre alla speranza: perché è ancora possibile evitare l'inferno di un mondo senza Dio (che poi è un mondo senza l’uomo).
140 voci (“Era una bugia detta a fin di bene” “L’importante è l’amore” - “Grazie alla legge 194 sono diminuiti gli aborti” - “I preti sono tutti pedofili” - “Io credo a modo mio” - “Una ragazza si può vestire come vuole”…), oltre 500 pagine per imparare a rispondere alla dilagante marea anticattolica che si nasconde in centinaia di luoghi comuni diffusi e acriticamente accettati. Da tenere a portata di mano per aiutare familiari, amici, colleghi di lavoro, compagni di scuola e di università, ma anche perfetti sconosciuti prigionieri del politicamente corretto: garantisce l’IdA, la casa editrice del Timone.
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Diretto da Maurizio Belpietro