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Anno VII | Febbraio 2018 Rivista Mensile N. 60
MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES
Notizie
“Nel nome di chi non può parlare”
POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 NE/TN
Organo informativo ufficiale dell’associazione ProVita Onlus - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale -
PER LA VITA: CHE NON SIA SOLO UNA GIORNATA! L’uomo, la bestia e il pudore
«A nessuno importava che io piangessi»
EMILIANO FUMANERI, p. 6
Elga Di Raimondo, p. 19
Quello che conta Teresa Moro, p. 30
MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES Notizie
Anno VII | Febbraio 2018 Rivista Mensile N. 60 Editore ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Codice ROC 24182 Redazione Toni Brandi, Federico Catani, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel G r aMunicipio, f i c a i l l u s3t r- a39040 t r i c e Salorno (BZ) Piazza www.notizieprovita.it/contatti Cell. 329-0349089 Direttore responsabile FRANCESCA GOTTARDI Antonio g r a f iBrandi ca illustratrice Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi Progetto e impaginazione grafica
Tipografia
EDITORIALE 3 LO SAPEVI CHE...
4
ARTICOLI L’uomo, la bestia e il pudore
6
Emiliano Fumaneri
Solo corpi, non esseri umani
Virginia Lalli
Perché non sono nato cagnolino?
Don Giuseppe Magrin
Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Marco Bertogna, Elga Di Raimondo, Emiliano Fumaneri, Giuliano Guzzo, Una mamma, Virginia Lalli, Don Giuseppe Magrin, Teresa Moro, Francesca Romana Poleggi, Lorenzo Ponziani, Luca Scalise, Aldo Rocco Vitale
La verità, l’aborto e le donne
Francesca Romana Poleggi
35,00 50,00 100,00 250,00 500,00
Sostenitore ordinario Promotore Benefattore Patrocinatore Protettore della Vita
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15
«A nessuno importava che io piangessi» 19
Elga Di Raimondo
La lettera di una mamma
21
Gianna Jessen in Italia
24
Famiglie numerose, politicamente scorrette 26
Giuliano Guzzo
Quello che conta Teresa Moro
28
Il malato: qualcosa, o qualcuno?
Luca Scalise
32
Dover pagare per non aver ucciso
35
Lorenzo Ponziani
Scienza al di là del bene e del male
Aldo Rocco Vitale
38
FILM: Fireproof 42 Marco Bertogna
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PRIMO PIANO
Distribuzione
10
24
38 L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto. La rivista Notizie ProVita non ti arriva con regolarità? Contatta la nostra Redazione per segnalare quali numeri non ti sono stati recapitati e invia un reclamo online a www.posteitaliane.it Grazie per la collaborazione! Le immagini presenti in questo numero sono state scaricate legalmente da www.pixabay.it
Toni Brandi
EDITORIALE
15
M
ai come quest’anno la celebrazione della Giornata per la Vita stride con la realtà in cui siamo immersi: la legge 194 del 1978 compie quarant’anni. In questi quarant’anni è stato ucciso – almeno – un bambino ogni cinque minuti. Hanno ragione i santi e i filosofi che hanno individuato nell’aborto legale la radice di tutti i mali moderni: laddove si consente a una madre di uccidere il bambino che porta in grembo, si può consentire ogni altra aberrazione perché qualsiasi prevaricazione dell’uomo sull’uomo non sarà mai così crudele e vile come la soppressione dell’essere più innocente e debole, incapace di difendersi. Tuttavia alla cultura della morte che in questi quarant’anni si è andata diffondendo non è bastato uccidere l’innocente: si è adoperata con successo a cancellarne radicalmente l’entità. Come scriveva tempo fa il professor Benedetto Rocchi, «oggi la gran parte degli europei, anche quelli che si dichiarano cattolici, spesso praticanti, talvolta anche sacerdoti, non riescono più a provare il giusto orrore che l’aborto dovrebbe suscitare. Ai loro occhi il bambino che viene ucciso con l’aborto non esiste più. All’aborto si attribuisce tutt’al più una vaga negatività, come se fosse una sconfitta della donna che lo decide, senza tuttavia che il suo diritto “all’autodeterminazione” venga minimamente messo in discussione. L’aborto non è più una questione di vita e di morte». Eppure gli stessi che vedono l’aborto solo come un diritto – o al massimo un problema – della donna, le negano la verità sull’aborto: non parlano mai dei suoi perniciosi effetti collaterali sulla sua salute fisica e psichica. Per colmare questa grave lacuna abbiamo prodotto il libretto allegato a questa Rivista: informare le madri è il primo passo verso una degna celebrazione della Giornata per la Vita. Infatti, più il male è grande e più propaga i suoi effetti di dolore e di morte. La gente per bene è con noi, gli italiani sono per la vita. Con la forza che ci dà questa certezza e con il vostro sostegno continueremo a promuovere la cultura della vita fino a quando l’iniqua legge 194 non verrà abrogata.
LO SAPEVI CHE...
4 N. 60
ABORTO FARMACOLOGICO FAI-DA-TE
La Francia ha annunciato l’intenzione di ritirare dal mercato – entro il marzo 2018 – il Misoprostol, commercializzato dalla Pfizer con il nome di Cytotec, destinato al trattamento delle ulcere gastriche, per via dei suoi gravi effetti collaterali (emorragie, infezioni). Un farmaco che causa anche le contrazioni uterine: contiene infatti lo stesso principio attivo della RU486. È noto che l’aborto farmacologico è molto più pericoloso dell’aborto chirurgico: le donne morte per RU486 (cioè Misoprostol, cioè Cytotec) sono dieci volte di più di quelle morte per aborto chirurgico. Eppure l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’aveva inserito nell’elenco dei farmaci essenziali (in quanto abortivo) fin dal 2005. Chissà se l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) prenderà in considerazione la cosa... vedremo se e quanto ha a cuore la salute delle donne e ci domandiamo: se il Misoprostol è pericoloso, perché la “santa” Emma Bonino, con tutti i suoi devoti, vuole la liberalizzazione della RU486?
UOMINI E DONNE: NATURALMENTE, PROFONDAMENTE DIVERSI
Le diversità tra uomini e donne non dipendono solo dal cromosoma Y. Tutti sanno che gli uomini hanno, in ogni cellula del corpo, cromosomi sessuali X e Y e che le donne hanno due cromosomi X. Uno dei 27 geni presenti nel cromosoma Y si chiama SRY: è presente nell’individuo fin dal concepimento e dà il via alla crescita dei testicoli già dodici settimane dopo la fecondazione. Fino a poco tempo fa si credeva che solo la presenza o l’assenza di questo gene SRY distinguesse gli uomini dalle donne. Tuttavia, una recente ricerca dei genetisti Gershoni e Pietrokovsk ha dimostrato che, al di là dei geni X e Y, ben un terzo (più di 6.500) degli elementi del nostro genoma si comportano in modo molto diverso negli uomini e nelle donne e che la maggior parte di questi geni non appartengono ai cromosomi sessuali Y o X. Queste scoperte potrebbero far fare un passo avanti alla “medicina di
genere” e far capire perché gli uomini e le donne siano spesso diversamente suscettibili alle malattie – ad esempio, un’altra recentissima ricerca ha appurato che è effettivamente vero che gli uomini influenzati soffrono di più delle donne – e rispondono diversamente alle cure. Per il parlamento dell’UE la Polonia è rea di troppa democrazia: il popolo polacco elegge i suoi rappresentanti che propongono leggi pro vita e raccoglie 830.000 firme per vietare l’aborto eugenetico a sostegno della analoga iniziativa legislativa del Governo (cosa che qui da noi sembra fantapolitica…) e gli arrivano le reprimende dell’UE. Infatti, vietando l’aborto eugenetico, la Polonia violerebbe i principi fondamentali dell’UE in materia di «diritti umani e valori democratici», tra i quali evidentemente rientra la selezione della razza. I meccanismi costituzionali polacchi poi, secondo l’UE, non garantiscono alla magistratura sufficiente indipendenza dagli altri poteri dello Stato; inoltre, il parlamento UE chiede alla Polonia di abrogare una recente legge promulgata dal presidente polacco Andrzej Duda che vieta la vendita senza ricetta medica della pillola del giorno dopo. La sanzione paventata è la sospensione a tempo indeterminato dei diritti di voto della Polonia nel Consiglio Europeo. Per essa, però, ci vorrebbe il consenso unanime di tutti gli altri membri del Consiglio il che non è affatto scontato, visto che l’Ungheria e la Croazia tendono a resistere a questo tipo di ingerenze dell’UE.
L’UE, LA POLONIA E LA DEMOCRAZIA
La violenza sulle donne da parte delle compagne lesbiche è una realtà grave, ma che forse sta venendo alla luce. A Bologna infatti, ci informa La Repubblica, è stata attivata una linea telefonica per le donne che subiscono violenza da altre donne (detta “linea lesbica”). «Il movimento Lgbt – recita un comunicato stampa di ArciLesbica Bologna – ha taciuto riguardo alla violenza e al conflitto all’interno delle relazioni same sex temendo che, in una realtà priva di riconoscimento, il far emergere gli aspetti negativi potesse allontanarci invece che farci avvicinare all’ottenimento dei diritti».
DONNE CHE FANNO VIOLENZA SULLE DONNE
La storia di Mya DeRyan non è solo la storia di una seconda possibilità di vita, ma è un avvertimento per i fautori della legalizzazione dell’eutanasia, anche sotto forma di biotestamento vincolante per i medici. Mya DeRyan pensava di avere una malattia terminale e ha deciso di suicidarsi. Si è gettata nelle acque gelate del mare dal traghetto che la portava a Vancouver, ma l’hanno vista e l’hanno ripescata. Dopo una settimana d’ospedale per ipotermia, i dottori le hanno detto che non era affatto malata terminale. La donna è rinata a nuova vita, si considera benedetta dalla fortuna (o dal Cielo, a seconda dei punti di vista) ed è tornata a casa dal figlio. Se avesse chiesto l’eutanasia, se avesse inserito la richiesta di morire in un biotestamento, ora sarebbe morta...
A TUTTO C’È RIMEDIO, FUORCHÉ ALLA MORTE
5 N. 60
L’uomo, di Emiliano Fumaneri
la bestia e il pudore Il pudore è necessario all’uomo, alla donna e al vivere civile
IL PUDORE È IL NATURALE SENTIMENTO DI RISERVATEZZA CHE SORGE IN NOI NEL MOMENTO IN CUI VIENE SVELATA AL PUBBLICO LA NOSTRA INTIMITÀ 6 N. 60
C’è qualcosa che appare paurosamente latitante negli innumerevoli progetti di educazione all’affettività. È il sempre più bistrattato senso del pudore, quel naturale sentimento di riservatezza che sorge in noi nel momento in cui viene svelata al pubblico la nostra intimità. Tutto in queste “lezioni” viene ridotto a tecnica di gestione della genitalità. E il pudore, anche qualora venisse menzionato, sarebbe banalizzato o assimilato a un’inservibile anticaglia. Non è un caso che il pudore scompaia nella misura in cui le relazioni intime sono ridotte ad amministrazione genitale. Vediamo perché. Il pudore è una componente indispensabile nell’amore tra i sessi. Lo testimonia un insospettabile come David Herbert Lawrence, l’autore de L’amante di Lady Chatterley e quindi decisamente poco sospettabile di pruderie. Proprio nel poscritto di quel romanzo scandaloso (soggetto a una lunghissima censura in Gran Bretagna) Lawrence sostiene,
in controtendenza, che solo le donne con scarsa vitalità sessuale hanno bisogno di scoprirsi per attirare gli uomini. Ma non è finita qui. Lo scrittore inglese elogia apertamente gli inviti al pudore della Chiesa che, così facendo, promuove una sana concezione del sesso. Per Lawrence anche la difesa cattolica del matrimonio merita un encomio, giacché impedisce alle famiglie di diventare una semplice appendice dello Stato (un giudizio, questo, condiviso anche da G.K. Chesterton). Anche per il maschio pudore, matrimonio e famiglia sono fattori protettivi. Senza di essi l’uomo regredisce nel pulsionale. Agitato da istinti viscerali, incapace di controllare le pulsioni immediate, diventa un essere violento e brutale. Il pudore è qualcosa di più della caricatura moralistica che sovente ci viene presentata. Differenzia l’uomo dall’animale. Una società
spudorata ritorna a essere un branco disorganico, animalesco. Gli Antichi ne erano consapevoli. Nel dialogo di Protagora, Platone racconta il famoso mito di Prometeo, incaricato dagli dei, assieme al fratello Epimeteo, di distribuire saggiamente delle “buone qualità” tra gli esseri viventi, fornendo loro i mezzi per sopravvivere. Sennonché Epimeteo (l’improvvido, colui che ha il “senno di poi”) chiede al fratello di poter ripartire da solo i doni divini, con il risultato che l’imprevidente Epimeteo esaurisce tutte le facoltà per gli animali, lasciandone sprovvisti gli uomini. Allora Prometeo, per salvare la specie umana, ruba ad Atena e a Efesto la sapienza tecnica e il fuoco, donandoli agli uomini. Zeus, infuriato, punirà severamente il furto del Titano. Questa la parte più nota del mito. Meno conosciuto è il seguito. Platone ci avverte che la sola potenza tecnica non basta a tenere assieme una società di uomini. Gli uomini grazie all’industria delle arti si procurano case, vestiti, cibo, sviluppano il linguaggio, la religione. Ma con la sola tecnica sono incapaci
di costruire la città, la polis. Pertanto vivono isolati, finendo per essere divorati dalle bestie feroci. Zeus allora, temendo per l’estinzione del genere umano, incarica Ermes di portare agli uomini il pudore (aidos) e la giustizia (dike) «affinché fossero ornamenti e vincoli, d’amicizia conciliatori». Pudore e giustizia, ammonisce Zeus, non vanno distribuiti come le arti. Non vanno concessi soltanto ad alcuni (cosicché taluni possiedono l’arte della medicina e altri no). No, pudore e giustizia sono virtù pubbliche. Tutti perciò devono esserne muniti. Il mito platonico contiene un insegnamento profondo: solo con il pudore il soggetto si “decentra” e arriva a tessere la trama della società. L’uomo pudico, l’uomo capace di con-tenersi mettendo lo slancio al servizio di un progetto, è l’opposto dell’uomo-bestia. Questi non è altro che un egocentrico, un piccolo dittatore del desiderio che aspira soltanto a saziare le proprie brame immediate. Acquisendo il pudore, l’uomo si apre all’altro, diventa un essere capace di relazione. Solo astraendosi dalla
propria situazione particolare (cioè dal proprio “io”) è in grado di praticare la giustizia. Finché gli uomini sono assorbiti dall’immediatezza miope non possono sentire la necessità della giustizia, la quale è la condizione stessa della vita in società. C’è perciò un legame profondo tra pudore e giustizia. Una società spudorata s’incammina sulla via della dissociazione anarchica. O sulla strada di una tirannia esercitata da un potere immenso e tutelare su una massa sconnessa di individui. È quanto accade in Noi, il romanzo distopico del russo Evgenij Zamjatin. Scritto tra il 1919 e il 1921, il racconto descrive una società 7 N. 60
Pudore, matrimonio e famiglia sono fattori protettivi per gli esseri umani
ridotta a una spaventosa prigione meccanizzata, dove un mostruoso Stato unico amministra “scientificamente” la vita dei propri cittadini, identificati come numeri. Attenzione: il sesso per lo Stato unico di Noi è considerato solo un bisogno fisico come un altro, perfettamente risolvibile dalla tecnica. Il sesso, si legge, «che per gli antichi era fonte di innumerevoli stupidissime tragedie, da noi è stato ricondotto a una armonica, piacevole e utile funzione dell’organismo allo stesso modo del sonno, del lavoro fisico, dell’alimentazione, della defecazione e simili». Anche la vita sessuale è stata organizzata matematicamente; vige infatti una lex sexualis, che recita così: «Ognuno dei numeri ha diritto, come prodotto sessuale, a un altro numero a fini sessuali. Il resto è soltanto una questione di tecnica». Ogni cittadino-numero deve recarsi per una visita nei laboratori dell’Ufficio Sessuale, dove viene determinato il contenuto degli «ormoni del sesso» nel sangue e stabilita per lui una tabella dei «giorni sessuali». Inutile dire che per avere i propri «giorni sessuali» è necessario presentare una richiesta all’ufficio competente, dal quale si riceve un
8 N. 60
corrispondente libretto rosa provvisto di talloncini. Nel mondo di Noi il pudore, neanche a dirlo, è stato semplicemente abolito: le abitazioni (e qualsiasi altro oggetto) sono state costruite esclusivamente in vetro e in materiali trasparenti, così che ogni individuo sia visibile (e controllabile) in qualsiasi momento della giornata. Quello che appare come il brutto sogno di uno scrittore si sta pericolosamente realizzando nella nostra società, brulicante di corpi in vetrina, esposti alla luce del sole, dove il messaggio rilanciato dai mass media è inequivocabile: il sesso, ci viene ossessivamente ripetuto, è una pura attività di intrattenimento. Si sta realizzando con la numerazione “parentale” (Genitore 1 – Genitore 2), con i corsi di “educazione sessuale” che equiparano l’esercizio della sessualità a un bisogno fisiologico, nella cornice di un semplice problema “tecnico”. In verità mancano ancora le tabelle sessuali e il libretto con i talloncini, ma possiamo stare certi che alcuni zelanti funzionari pubblici stanno già lavorando per Noi…
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