ProVita Luglio/Agosto 2018 - Anteprima

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Trento CDM Restituzione

Anno VII | Luglio / Agosto 2018 Rivista Mensile N. 65

MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES

Notizie

“Nel nome di chi non può parlare”

POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 NE/TN

Organo informativo ufficiale dell’associazione ProVita Onlus - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale -

S W E N E K FA O T R O B A ’ SULL IL CASO SEVESO

FAKE NEWS E DISINFORMAZIONE SULL’ABORTO

BISOGNA PROVARE, PER PARLARE

di GiULIANO GUZZO, p. 32

di FRANCESCA ROMANA POLEGGI, p. 25

di GIUSEPPE FORTUNA, p.16


MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES

EDITORIALE ARTICOLI La più grande campagna pro life di sempre!

Notizie

Anno VII | Luglio / Agosto 2018 Rivista mensile N. 65 Editore ProVita Onlus Sede legale: viale Manzoni, 28 C 00185, Roma (RM) Codice ROC 24182 Redazione Toni Brandi, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel Piazza Municipio, 3 - 39040 Salorno (BZ) www.notizieprovita.it/contatti Cell. 377 4606227 Direttore responsabile Antonio Brandi Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi Progetto e impaginazione grafica

3 4

Dillo a ProVita 6

Versi per la Vita Silvio Ghiemi

7

Grazie mamma, grazie papà

9

Amedeo Rossetti

Eugenetica ed eutanasia

12

Aldo Vitale

Bisogna provare, per parlare

“Venire alla luce”: dal concepimento alla nascita

Giulia Bovassi

Catia Colombi

Siamo umani, e per questo unici PRIMO PIANO Fake news e disinformazione sull’aborto

19 23

25

Francesca Romana Poleggi

Il caso Seveso

Tipografia

16

Giuseppe Fortuna

32

Giuliano Guzzo

Quando vince la disinformazione: il referendum in Irlanda

Distribuzione

Hanno collaborato a questo numero: Marco Bertogna, Angelo Bottone, Giulia Bovassi, Catia Colombi, Giuseppe Fortuna, Silvio Ghielmi, Giuliano Guzzo, Francesca Romana Poleggi, Amedeo Rossetti, Aldo Vitale

36

Angelo Bottone

I bruchi e le farfalle, leggenda tailandese FILM: Avengers: Infinity War

40 42

Marco Bertogna

LETTURE PRO-LIFE

43

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32

36 L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto. La rivista Notizie ProVita non ti arriva con regolarità? Contatta la nostra Redazione per segnalare quali numeri non ti sono stati recapitati e invia un reclamo online a www.posteitaliane.it Grazie per la collaborazione! Le immagini presenti in questo numero sono state scaricate legalmente da www.pixabay.it

Toni Brandi

EDITORIALE

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Oggi si fa un gran parlare di fake news, di notizie fasulle. E ne parlano molto gli gnostici che, credendosi depositari della verità, si arrogano il diritto di censurare la libertà d’espressione altrui (come hanno fatto con i manifesti e i camion vela che dicevano la verità sull’aborto a Roma e altrove). Codesti censori sono gli esponenti di quella cultura della morte che da quarant’anni ha costruito la propaganda sull’aborto proprio su bugie gigantesche e omesse verità. In questo numero di Notizie ProVita, allora, vogliamo sfatare alcune delle più grosse fake news che circolano dagli anni Settanta a proposito dell’aborto. Ringraziamo, per il contributo determinante che ci hanno dato in proposito, il professor Giuseppe Noia e la dottoressa Marina Bellia che, insieme alla nostra Francesca Romana Poleggi, hanno inviato un articolo alla rivista scientifica internazionale Medic intitolato Fake news sull’aborto. È importante essere informati correttamente su certi temi: lo spauracchio delle fake news viene spesso utilizzato per mettere a tacere chi cerca di dire la verità (scomoda), mentre le notizie false vengono comunque divulgate, anche da fonti di informazione al di sopra di ogni sospetto oppure nell’ambito della stessa comunità scientifica. L’unico modo per difendersi dalla disinformazione è garantire al massimo la libertà di manifestazione del pensiero, perché solo nella libertà e nella pluralità delle fonti si può sviluppare il senso critico per confrontare e discernere il falso dal vero. E questo è ancora più importante nell’ambito scientifico, quando si tratta della salute e della vita delle persone.


Quando vince la disinformazione: il referendum in Irlanda

di Angelo Bottone

Una riflessione a freddo sull’esito del referendum irlandese che ha legalizzato l’aborto. Scrive un docente di Filosofia presso l’University College di Dublino e Research Officer dello Iona Institute

Abbiamo perso. Speravamo, temevamo, siamo stati a volte incerti, a volte più convinti, ma nessuno si aspettava un risultato così netto. Due elettori su tre hanno scelto per l’aborto. Hanno scelto di rimuovere ogni protezione costituzionale del nascituro. Hanno rimosso, forse caso unico al mondo, il diritto alla vita della madre e di suo figlio dalla sezione della Costituzione che elenca i diritti fondamentali, per sostituirlo con una licenza, a favore dei politici, di poter legiferare sull’aborto o, come amano dire usando un eufemismo ipocrita, legiferare sull’interruzione di gravidanza. Ma il parto termina una gravidanza, mentre l’aborto termina una vita. Questa semplice verità è stata rigettata, chiaramente e perciò tremendamente, da un Paese ora smarrito. I sondaggi ci davano in svantaggio ma le centinaia di volontari che bussavano alle porte o che facevano Primo piano

propaganda per le strade, ci raccontavano di risposte incoraggianti. Nessuno, neppure i nostri oppositori, aveva previsto un risultato così netto, che però in qualche modo mostra che nessuna campagna avrebbe potuto cambiare un elettorato sostanzialmente schierato. La trasformazione sociale è profonda e non è avvenuta nelle ultime settimane, e neppure negli ultimi mesi. È stato un lento ed inesorabile

adeguarsi della società irlandese alle pressioni di una cultura della morte che ha dimensioni internazionali. Per anni, i mezzi di comunicazione hanno corroso i tradizionali valori irlandesi con storie penose, casi estremi. Per anni, l’Ottavo Emendamento è stato presentato come la causa di tanti mali. La crisi che ha colpito la Chiesa cattolica locale (gli scandali – invero montati in buona parte – sulla

«Non avevo idea che volessero legalizzare l’aborto fino a sei mesi»

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pedofilia del clero, ndR) ha sicuramente contribuito a minare l’autorevolezza morale dei vescovi e delle organizzazioni cattoliche, ma quello che ha contato più di tutto è una cultura diffusa che si appella a una concezione egoista dello scegliere, per la quale una gravidanza non desiderata deve essere rigettata in nome della scelta e dell’autodeterminazione. A questo, poi, si sono aggiunti l’ostilità della classe politica, ed in particolare di quanti erano prolife prima delle elezioni e poi hanno tradito, corrotti dal desiderio di potere ma anche dalle multinazionali del business abortista. Il fronte del «No» non ha nulla da rimproverarsi. Non sono stati fatti grandi errori. Le due maggiori organizzazioni prolife hanno avuto stili diversi, sperando di convincere settori differenti della popolazione. “Love both” (“Ama entrambi”) è stata una campagna più pacata, incentrata su storie positive, mentre “Save the 8th” (“Salva l’Ottavo”) ha usato toni più polemici, slogan diretti. Ma c’era poco da fare. È impossibile combattere contro un’inesorabile e continua disinformazione che per anni, decenni, ha corroso un popolo una volta cristiano. Nel 1983, quando l’Ottavo Emendamento fu introdotto, già un terzo degli elettori si 38 N. 65

oppose. Oggi la proporzione tra le due parti è la stessa, ma ribaltata. Un terzo dei votanti è passato da prolife a prochoice. Un terzo dei votanti, che corrisponde a circa il 20% della popolazione adulta. Si tratta di uno spostamento non radicale, se consideriamo che sono passati 35 anni ma, nonostante questo, significativo. Significativo non solo per il risultato referendario ma anche per le conseguenze di lunga durata, perché sappiamo che questo andamento non si invertirà presto. Ora ci aspetta, subito, una nuova battaglia su eutanasia e suicidio assistito, poiché il desiderio di morte non si sazia mai. Prima del referendum il ministro della Sanità, Simon Harris, aveva presentato una proposta di legge che prevedeva l’aborto su richiesta fino a 12 settimane e, in caso di pericolo per la salute fisica o psichica della madre, fino a sei mesi (quindi a richiesta, come in Italia, ndR). A questa proposta, già di per sé terribile, ora (mentre andiamo in stampa, ndR) pare che verranno aggiunti nuovi dettagli ancora più negativi per chi non la condivide. Ad esempio, il ministro vuole vietare assembramenti pubblici intorno agli ospedali, impedendo così un lavoro

LA VITTORIA DEL «SÌ» SI DEVE ALLA CRISI DELLA CHIESA IRLANDESE, ALLA CORRUZIONE E AI TRADIMENTI DEI POLITICI, ALLE MULTINAZIONALI ABORTISTE E – SOPRATTUTTO – A UNA SISTEMATICA CAMPAGNA DI DISINFORMAZIONE CHE PER DECENNI HA CORROTTO UN POPOLO UNA VOLTA CRISTIANO

di dissuasione e di offerta di alternative a chi ha deciso di abortire. Un altro fronte su cui il ministro, forte del risultato, sta minando la posizione prolife riguarda l’obiezione di coscienza: sarebbe prevista solo per i singoli, e non per le istituzioni, e obbligherebbe i medici di base a contribuire indirettamente all’aborto che non condividono, tramite il dovere di scrivere lettere di referenza. Se l’obiezione non dovesse essere estesa alle istituzioni, ci ritroveremo che gli ospedali

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cattolici, ad esempio, non potranno esimersi dall’offrire aborti se c’è qualche dottore pronto a praticarli. Il fronte politico prolife, che non è concentrato in un solo partito ma, invece, lavora come gruppo trasversale, è risultato decisamente indebolito dal risultato referendario e quindi le prospettive di fare approvare emendamenti a noi più favorevoli, sono molto limitate. Cosa attende le organizzazioni prolife? Oltre alla battaglia politica, c’è da continuare quella culturale, in termini di informazione e formazione delle coscienze. Ci sarà da ampliare la rete di agenzie di supporto e di counselling, offrendo anche aiuto pratico a chi è tentato di abortire. C’è anche da fare pressione perché migliori la cura prenatale e postnatale, particolarmente

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per le gravidanze che hanno ricevuto una diagnosi di anomalia cromosomica letale. Le organizzazioni prolife irlandesi dovranno superare le divisioni del passato e continuare a lavorare insieme, anche se non necessariamente in un’unica formazione. Non siamo riusciti a salvare l’Ottavo Emendamento, ma almeno ci siamo salvati l’anima, facendo quello che era giusto. Non avremo morti sulla coscienza e non ci piegheremo alle pressioni sociali. Abbiamo perso, sì, ma abbiamo perso tutti perché la rimozione di un diritto fondamentale dalla Costituzione non può mai essere una vittoria.

NON SIAMO RIUSCITI A SALVARE L’OTTAVO EMENDAMENTO, MA ALMENO CI SIAMO SALVATI L’ANIMA, FACENDO QUELLO CHE ERA GIUSTO. NON AVREMO MORTI SULLA COSCIENZA

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I bruchi e le farfalle La saggezza popolare (o “populista”, come direbbe qualcuno oggi) racconta la verità con parole semplici e dirette, avvalendosi spesso di leggende o racconti che parafrasano realtà profonde. È il caso di una leggenda tailandese che racconta la gente del posto

«Un giorno, narra la storia, per combattere la caccia di frodo ad alcune specie di farfalle in via di estinzione, fu promulgata una legge molto severa che puniva con l’arresto chi era sorpreso a catturare esemplari di questi preziosissimi insetti. Ma i cacciatori di frodo si organizzarono per aggirare la legge con uno stratagemma: avrebbero prelevato le farfalle prima della metamorfosi, raccogliendo i bozzoli. Uno di questi astuti cacciatori fu però preso con le mani nel sacco e sottoposto a giudizio. Il lestofante si sentiva al sicuro e già certo della vittoria, perché la legge parlava di farfalle, non di bozzoli. La sentenza, però, con sua enorme sorpresa, fu di assoluta condanna. E la pena fu maggiorata per la dissimulazione del reato. Le motivazioni, espresse dal saggio giudice, furono: “Se la vita di una farfalla è considerata così preziosa, altrettanto prezioso non può che essere il bozzolo”». Leggenda popolare tailandese

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