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“nel nome di chi non può parlare” Anno IV | Rivista Mensile N. 34 - Ottobre 2015
Più siamo meglio stiamo! Aborto, matrimonio gay e satanismo
Basta bugie! L’ideologia gender al potere?
- Sommario Editoriale
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“nel nome di chi non può parlare”
Lo sapevi che...
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RIVISTA MENSILE N. 34 - OTTOBRE 2015
Primo Piano Spendiamo la vita per la vita
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Giulia Tanel
Unioni civili (o matrimoni gay), demografia e stato sociale 19 Michael Galster
Neo-malthusianesimo: bugie grosse, danni irreparabili
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Francesca Romana Poleggi
Siamo veramente troppi?
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La Rosa Bianca
Impaginazione Massimo Festini Tipografia
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Laura Bencetti
Il Giglio e la Rosa
Direttore responsabile Antonio Brandi
Direttore ProVita Onlus Andrea Giovanazzi
Attualità
Il suicidio dopo l’aborto: un dramma vero di cui non si parla
Redazione Antonio Brandi, Alessandro Fiore, Andrea Giovanazzi Piazza Municipio 3 - 39040 Salorno (BZ) www.notizieprovita.it/contatti - Tel. 329 0349089
Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi
Antonio Brandi
Basta bugie!
Editore ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Codice ROC 24182
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Francesca
Distribuzione MOPAK SRL, Via Prima Strada 66 - 35129 Padova
Claudia Cirami
Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Gian Paolo Babini, Laura Bencetti, Antonio Brandi, Federico Catani, Claudia Cirami, Michael Galster, La Rosa Bianca, Francesca, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel
Scienza e Morale
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Il “tanto” di chi può fare poco
Aborto, matrimonio gay e satanismo
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Federico Catani
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Famiglia ed Economia La Scuola Libera “G.K. Chestrerton” Gian Paolo Babini
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Editoriale
Editoriale
In Italia, dal 1994, sono più quelli che muoiono che quelli che nascono. E recentemente abbiamo conquistato un triste primato in quanto abbiamo raggiunto il “punto di non ritorno”: il numero di persone sopra i sessant’anni supera quello di coloro che sono sotto i venti. Le proiezioni dicono che è molto improbabile che si riesca ad invertire la tendenza. Questo è il segno che l’ideologia neo–malthusiana qui da noi ha avuto un’efficacia più distruttiva che altrove e si è diffusa capillarmente a livello culturale. Del resto la propaganda del pensiero “denatalista” gode dell’appoggio di potenti lobby finanziarie internazionali e di organizzazioni “umanitarie”: basterà per esempio rileggere il numero di maggio di questa rivista. In queste pagine aggiungiamo dati e fatti sulla questione demografica che è bene sapere, visto che i mass media di regime non ne parleranno mai: bisogna saper controbattere a chi dice che siamo troppi e che l’uomo è una specie di cancro della Terra la cui riproduzione va limitata: più siamo meglio stiamo, invece. Anche per sconfiggere la crisi economica! E la cosa è comprovata dai dati pubblicati dalla FAO e da giornali laici come il Sole 24 Ore. Sarà anche un utile spunto di riflessione considerare che le stesse istanze dei neo-malthusiani (contraccezione, aborto, matrimonio gay) sono ampiamente ed esplicitamente condivise dalle sette sataniche. Potete leggere in proposito l’articolo a pag. 25. Vi offriamo poi il completamento del discorso cominciato lo scorso mese: luoghi, date e fatti degli ultimi decenni che spiegano l’affermarsi nei centri di potere dell’ideologia gender (fortemente imparentata con il neo-malthusianesimo, in quanto tende all’annichilimento dell’essere umano). Con buona pace di chi dice che l’ideologia gender non esiste.
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Più siamo, meglio stiamo!
E infine potrete leggere una bella testimonianza su una scuola parentale che funziona molto bene, da anni, a San Benedetto del Tronto: un incoraggiamento per quelle che stanno sorgendo in questi ultimi mesi in altre regioni italiane. Laddove è possibile, i genitori possono e debbono riappropriarsi del diritto di educare i propri figli, soprattutto se la scuola ostacola la trasmissione dei valori condivisi in famiglia. Parleremo anche di post aborto, e poi vedremo l’esperienza di un gruppo di Siciliani coraggiosi che hanno - nel loro piccolo - avviato grandi progetti, per… cambiare il mondo. Perché noi tutti possiamo e dobbiamo darci da fare per raddrizzare questo “mondo alla rovescia”. La nostra cultura e le nostre strutture sociali costringono le donne a reprimere il desiderio legittimo e naturale di un figlio (la prima gravidanza, in media, è ormai dopo i trent’anni). L’orologio biologico, però, dice che più si va in là, più è difficile restare incinta - specie dopo anni di contraccettivi ormonali o pillole abortive. Allora si offre a pagamento il “figlio a tutti i costi”, quello sintetico, prodotto in laboratorio, o - peggio - partorito da una schiava che dà l’utero in affitto. Sta a ciascuno di noi contrastare tutto questo e promuovere la cultura della vita. Qualcuno ha detto: “Crescete e moltiplicatevi”: e se l’ha detto Lui vuol dire che è giusto così, per il nostro bene. Antonio Brandi
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Lo sapevi che... È stata una bella testimonianza quella di alcuni giovani americani: una vacanza pro vita camminando per l’America. Durante le scorse vacanze estive, 39 studenti universitari hanno camminato attraverso gli Stati Uniti, per 36 Stati, accumulando un totale di 564 mila chilometri. I ragazzi, tutti giovanissimi dai 18 ai 26 anni, si sono uniti sotto la bandiera della causa pro life. Durante il cammino facevano sosta in una chiesa al giorno, davano una mano laddove ce ne fosse stato bisogno e invitavano a pregare e a impegnarsi maggiormente nella difesa della vita umana dando informazioni a chi ne avesse bisogno, ma soprattutto hanno saputo fare opera di consulenza per donne incinte in crisi. Alla fine, tutti i gruppi di “camminatori” si sono riuniti il 15 agosto a Washington per una manifestazione al fine di incoraggiare i legislatori a difendere con maggiore concretezza la causa della vita. Questo tipo di marcia si ripete annualmente da 22 anni, da quando, nel 1993, Papa Giovanni Paolo II ha incoraggiato i giovani a girare per il mondo diffondendo la cultura della vita. Kim Devis, un’impiegata del Kentucky, si è rifiutata di rilasciare licenze per la celebrazione di matrimoni gay. La donna ha scelto di avvalersi del diritto all’obiezione di coscienza, peraltro tutelato dalla Costituzione americana. E’ stata arrestata (poi rilasciata con la condizionale). L’accusa mossa alla donna è di oltraggio alla Corte Suprema. Il giudice distrettuale David Bunning ha scritto nella motivazione che l’idea di un diritto naturale superiore all’autorità di una corte sarebbe un precedente pericoloso. Nonostante gli sforzi propagandistici delle lobby LGBT e delle cliniche che ci guadagnano sopra, la pratica ignobile dell’utero in affitto crea non pochi problemi nei Paesi dove è maggiormente diffusa. Dopo la Tailandia, anche il Nepal e l’India hanno cominciato a emanare norme restrittive. A Kathmandu, il massimo tribunale nepalese ha stabilito che, almeno provvisoriamente, dovrà cessare ogni affitto di utero da parte di coppie straniere. In India, il giudice della Corte Suprema Ranjan Gogoi ha fissato un’udienza in cui si dibatterà se limitare, o magari addirittura
proibire, questa attività. Davvero paradossale che, mentre chi vive sulla propria pelle simili esperienze vuole porre dei limiti o addirittura abrogare l’utero in affitto, in Italia, con il ddl Cirinnà, che prevede la stepchild adoption, si vuole invece legittimarne la pratica. 100 ginecologi uruguaiani hanno vinto la battaglia legale contro il governo per il diritto all`obiezione di coscienza e l`astensione dalla pratica dell`aborto. Avevano presentato un ricorso contro 11 dei 42 articoli della legge sull’aborto emanata nel 2012, che permette l’aborto libero fino alla dodicesima settimana di gravidanza. Finora i medici potevano esercitare l`obiezione di coscienza e rifiutare di praticare l’aborto, ma erano costretti a partecipare alle fasi di pre- e post- aborto. Né potevano consigliare le loro pazienti al fine di prospettare soluzioni alternative all’aborto, né informarle sulle conseguenze psicofisiche che potrebbero scaturirne. Come era facile ipotizzare, il via libera alla fecondazione eterologa si sta rivelando un autentico boomerang per le amministrazioni locali. Lo scorso anno la conferenza delle regioni ha emanato delle linee guida in materia, pur in assenza di centri autorizzati per l’eterologa e di un registro nazionale dei venditori di gameti. Il sì sbrigativo (spinto da interessi delle cliniche private) all’eterologa non ha permesso di cogliere a pieno la complessità della tematica. Si è così incentivato il business delle cliniche private e il mercato nero dei gameti, il tutto a scapito della salute delle donne. Se la vendita di spermatozoi è, infatti, più semplice, la donna deve invece sottoporsi a iperstimolazione ovarica e poi a un intervento chirurgico in anestesia. Insomma, una tecnica invasiva come la donazione di midollo. La cultura della morte ha subito una sonora sconfitta in Portogallo, grazie ad un’iniziativa popolare. I cittadini portoghesi, tra l’ottobre 2014 e il febbraio 2015 hanno raccolto 48.000 firme (ne bastavano 35.000), hanno soddisfatto gli altri adempimenti previsti dalla legge e hanno costretto un Parlamento molto riluttante a modificare in senso restrittivo la legge sull’aborto. Alcune norme sono immediatamente applicabili: per
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esempio è stato abolito il registro degli obiettori di coscienza (che ricordava le antiche liste di proscrizione: venivano schedati e subivano ingiuste discriminazioni professionali e amministrative) e ora questi medici sono liberi di svolgere attività di consulenza (tipo consultorio) alle madri in difficoltà. La maternità e la paternità sono valori sociali fondamentali, e la legge protegge sia la donna che l’uomo (interessante che finalmente contempli la figura paterna: forse che il figlio è anche del padre?!) da qualsiasi pressione o deminutio a motivo dei figli. Alle donne che chiedono l’aborto vanno offerte informazioni chiare sui sostegni sociali pubblici e privati esistenti e sulle “indennità genitoriali” cui hanno diritto per la gravidanza e il parto. Prima dell’aborto, durante un periodo di riflessione, i genitori devono essere accompagnati da consulenti o psicologi e la consulenza di questi è obbligatoria.
si stanno moltiplicando in modo preoccupante. Il distaccamento del Ministero che ha sede a Ottawa, ha dichiarato che in un anno nella sua zona di competenza, c’è stato un aumento generale del 76%. In più del 90% di questo 76% dei casi si tratta di uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini. Nella città di Newfoundland, recentemente, è stato emanato un pubblico avviso che invita i gay a fare il test. Anche nel Regno Unito, un rapporto scientifico di questa estate invitava a considerare una priorità di pubblica salute la prevenzione e la cura della sifilide e della gonorrea, visto il considerevole aumento dei casi diagnosticati tra la popolazione omosessuale, rispetto ai casi che si riscontrano in generale. Della diffusione e della recrudescenza delle malattie sessualmente trasmissibili tra gli omosessuali si tende sottacere. Non si può dire, per non essere bollati come “omofobi”. Ma se è omofobo chi “vuole male” agli omosessuali, non sarà davvero omofobo chi nasconde o minimizza i seri problemi di salute in cui essi possono incorrere?
Laddove la natura non cede il passo, si rimedia con la scienza scientista e prometeica che inventa la fecondazione artificiale e l’utero in affitto per far comprare figli a chi non può averne. Un’altra bella invenzione (un po’ più facile ed economica, in realtà) è in vendita sul celebre sito per acquisti on line di nome Amazon: Mr. Milker, che letteralmente vuol dire qualcosa tipo “Signor Lattaio”. Per soli 47$ e 50 cent ora anche gli uomini possono allattare al seno! Si tratta a quanto pare di una specie di giubetto dotato di appositi orifizi che – immagino – si riempia di latte per bambini. Dalla pagina di Amazon: “Mr Milker è l’apparecchio originale per l’allattamento al seno, disegnato specificamente per gli uomini. Taglia unica, ma perfettamente vestibile, incorpora due separati biberon facilmente assemblabili. Materiale atossico e privo di piombo. Consegna in due o tre giorni”. Chissà se potranno usarlo anche quelle mamme che non hanno latte, pur avendo il seno, e che finora si sono arrese alla natura e si sono accontentate del classico biberon.
I media continuano il loro battage pubblicitario a favore dell’eutanasia (o suicidio assistito), dicendo che serve ai casi limite, ai malati terminali. Mentono sapendo di mentire. E’ sotto gli occhi di tutti (quelli che vogliono vedere) cosa accade laddove l’eutanasia sia stata legalizzata: in Europa (e ora anche in Canada), nel giro di pochissimo tempo i paletti sono caduti. Si uccidono persone sane, solo perché stanche della vita, si uccidono persone non consenzienti, perfino all’insaputa dei parenti. In Colorado è stato proposto un emendamento costituzionale per cui “gli adulti con capacità d’intendere e di volere, residenti nello Stato, sono sovrani in fatto di decisioni sanitarie personali e hanno la libertà di decidere del tempo e del modo della loro morte, senza dover chiedere permesso a chicchessia”. E chiunque (anche non medico), qualsiasi persona o gruppo che assista un individuo capace di intendere e di volere per aiutarlo a morire, non è imputabile di alcun reato. Una proposta di legge avanzata in California, invece, prevede che i documenti raccolti a proposito del desiderio di morire di persona sana di mente ecc. ecc. devono essere secretatati per rispetto della privacy del paziente e del medico e non possono essere usati in alcun modo in un eventuale processo: neanche per dimostrare che il paziente non voleva morire!
In Canada, quello che da noi è il Ministero della Salute, ha lanciato un allarme nella comunità LGBT: i casi di sifilide, in alcune zone più popolose,
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Anche il prestigioso dizionario di Oxford ha aggiunto a “Mr.” e “Mrs.” (sig. e sig.ra) il neutro “Mx.”
Basta bugie!
Questa è la storia della conquista concreta del potere da parte dell’ideologia gender. E’ una storia che dura da più di mezzo secolo: oggi ne vediamo la seconda parte. Nel numero di settembre abbiamo visto la prima. di La Rosa Bianca Vogliamo dare una mano a quanti ritengono che sia giunta l’ora di dire la verità a proposito di quell’ideologia gender, che i fautori del progresso vorrebbero far passare come fandonia inventata da fanatici bigotti, ripercorrendo brevemente le tappe della sua ascesa al potere. Siamo partiti dall’UNESCO, che nel 1949 sancì che l’educazione deve stabilire l’unità morale del genere umano, e passando per John Money e il ’68 siamo arrivati agli anni ’70, quando l’American Psychiatric Association, dopo aver visto boicottati due dei suoi congressi annuali dagli attivisti gay, decise, con una votazione tra gli iscritti, che l’omosessualità non era più da considerarsi una malattia (decisione quindi, non di natura scientifica bensì politica) e diede l’avvio alla normalizzazione dell’omosessualità intesa come variante naturale del comportamento sessuale umano.
In Svezia, nell’asilo nido Egalia, si usa il pronome neutro “hen” per i bambini, in modo che non siano costretti in “stereotipi di genere” come “lui” o “lei”.
L’American Psychiatric Association sancì con una votazione tra gli iscritti che l’omosessualità non era più da considerarsi una malattia: la decisione, quindi, non fu di natura scientifica bensì politica. - Nel 1989, crollava il muro di Berlino, finiva la guerra fredda e, sotto l’egida dell’UNESCO, tutti gli Stati si dovevano riunire per delineare le nuove tappe da perseguire per il progresso e il bene dell’umanità, sempre in linea con le direttive dell’UNESCO alla ricerca di una fantomatica “unità morale del genere umano”. Nel nuovo mondo progressista l’uguaglianza non era più un diritto naturale evidente di per sé che si acquisisce alla nascita (in quanto figli di un Dio Creatore), nel nuovo mondo l’uguaglianza era diventata un prodotto umano che doveva essere garantito dal progresso tecnologico, dal positivismo giuridico e dalla politica. L’agenda dell’ONU per il nuovo ordine mondiale, oggi, è la seguente: 1. diritto alla sessualità intesa come divertimento (fate l’amore non la guerra); 2. diritto alla “salute sessuale e riproduttiva”: contraccezione, aborto e tecniche riproduttive per tutti, onde evitare “odiose discriminazioni”; 3. diritto al matrimonio per gli omosessuali come fossero coppie formate da uomo e donna, atte a generare la prole; 4. diritto all’educazione sessuale per i bambini come premessa per i successivi diritti sessuali dei bambini; 5. diritto alle “pari opportunità” (il passaggio del
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L’uguaglianza non non è più un diritto naturale che si acquisisce in quanto figli di un Creatore: nel nuovo mondo è un prodotto dell’arbitrio umano garantito dal progresso tecnologico, dal positivismo giuridico e dalla politica. potere alle donne attraverso il sistema delle quote, che andrà successivamente suddiviso tra i vari generi); 6. attacco alle religioni che si appellano alla difesa della legge naturale; 7. attacco alle tradizioni perché sono legate alle religioni. - Nel 1993, viene nominata alla Corte Suprema degli Stati Uniti Ruth Bader Ginsburg, sarà lei a sostituire la parola sesso con la parola genere nei documenti ufficiali della Corte. Caduto il supporto “scientifico” del prof. Money, bisognava cambiare strategia, bisognava far dimenticare che la nuova frontiera del progresso proveniva da quell’ambiente accademico che l’aveva presentata come una grande conquista scientifica dell’umanità e che ormai era stata sconfessata, anche se silenziosamente. Il termine “genere” veniva allora introdotto nei testi giuridici al posto di sesso come modo più sofisticato e gentile di definire il sesso maschile e femminile, con l’obiettivo di portare avanti l’ideologia gender con altri mezzi decisamente più coercitivi, ma subdoli. Contemporaneamente il termine “genere” entrava nelle Conferenze dell’Onu. - Nel 1993, nella conferenza ONU sulla “Eliminazione della violenza contro le donne” tenutasi a Nairobi, il termine genere passò inosservato e senza che i vari delegati ne comprendessero il significato e la pericolosità. - Nel 1994, durante la Conferenza sulla Popolazione e Sviluppo tenutosi al Cairo, il termine gender suscitò non poche contestazioni perché ritenuto ambiguo.
- Nel 1995, durante la IV Conferenza Mondiale sulle Donne “Uguaglianza, Sviluppo e Pace”, fallì il tentativo di annoverare l’aborto tra i “diritti umani”, data la reazione di alcuni Stati membri; il termine genere, però, era ormai entrato nel gergo senza che se ne definisse chiaramente il significato progressista (Dale O’Leary “The Gender Agenda” ed. originale 1997, “Maschi o Femmine, la guerra del genere”ed. italiana Rubettino, 2006). - Nel 1995, il Consiglio d’Europa nella sezione Eguaglianza e Democrazia denunciava: “La nascita di tutte le forme di fondamentalismo religioso viene vista come una minaccia che non consente alle donne di poter usufruire dei diritti umani e la loro partecipazione a tutti i livelli decisionali della società”. Per il mondo liberal-progressista che crede nel processo evoluzionistico è solo questione di tempo. Il tragitto culturale e tecnologico è inarrestabile per cui alla fine l’uomo sarà in grado di creare la vita in laboratorio senza l’ausilio femminile. Solo a quel punto sarà raggiunta la vera uguaglianza tra i sessi. In attesa del momento fatidico in cui la vita sarà creata in laboratorio e non ci sarà più bisogno dell’ausilio femminile era necessario difendere quanto ottenuto in termini di falso progresso usando la terminologia ambigua del gender. - Nel 2006, il Parlamento Europeo approva una Risoluzione sulla prevenzione e lotta all’omofobia definita come “un’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT) basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, all’antisemitismo
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L’ideologia e non la ragione, né la scienza, hanno guidato le riforme tese a combattere le discriminazioni.
e al sessismo”. L’escamotage di delineare una nuova patologia mentale da cui sarebbero affetti i fanatici bigotti rappresenta solo una tattica difensiva per impedire che il “progresso” fin qui ottenuto con la frode e la scienza politicamente corretta possa essere fermato o addirittura cancellato. Sempre nel 2006, 31 “esperti” stilano I Principi di Yogyakarta, una sorta di guida universale ai (nuovi) “diritti umani” che tutti gli Stati devono adottare. I Principi sanciscono la scomparsa dei due sessi biologici e la nascita di 5 generi (maschi, femmine, gay, lesbiche, transessuali) a cui devono essere garantiti pari opportunità e “diritti”. Non a caso in Italia a occuparsi della questione è l’UNAR, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale, a testimonianza che il genere rappresenta una nuova razza creata in laboratorio dagli scienziati dell’ingegneria sociale del XX secolo, così finendo in gloria quegli esperimenti iniziati e portati avanti dalla medicina nazista d’inizio secolo.
- Il 2007 è l’Anno delle Pari Opportunità per Tutti (secondo l’ideologia di genere). Obiettivi da perseguire: 1. sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti della diversità, 2. suscitare un dibattito, 3. celebrare e facilitare la “diversità”, 4. stanziamento di fondi a disposizione del progetto per: manifestazioni, campagne di informazione, sceneggiati, studi e inchieste a livello nazionale e comunitario (fondi statali e comunitari per la propaganda a favore dell’ideologia gender in ogni luogo in cui si formano le opinioni). - Nel 2010, il Consiglio d’Europa approva la Risoluzione 1728 che proibisce la discriminazione in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere. La pedofilia è un orientamento sessuale come gli
Si lascino in pace i bambini, a vivere la loro infanzia: lo Stato non si sostituisca ai genitori nell’educazione sessuale che è di competenza delle famiglie.
altri, e siamo in attesa di capire se nel nuovo mondo la psicologia e la medicina politicamente corrette prevedano anche quest’altro traguardo progressista da perseguire per evitare la stigmatizzazione e la discriminazione delle “persone attratte dai minori”. - Nel 2015, in Italia pendono tre leggi (Cirinnà, Fedeli, Scalfarotto) che, qualora approvate certificheranno e metteranno in pratica l’ideologia di genere, quella inventata dal mondo liberal/progressista, da John Money alla John’s Hopkins University, e non dai fanatici bigotti. La riforma della scuola, attuata con la l. 107 del 2015, prevede in tutte le scuole l’educazione alla parità di “genere”, richiamando testi decisamente ideologizzati come la Convenzione di Istanbul. E’ ora che il mondo liberal/progressista, che ha sposato il darwinismo sociale, quello inaugurato dal regime nazista, ammetta che l’ideologia e non la scienza han guidato i suoi passi negli ultimi decenni, rientri nell’alveo della ragione, abolisca la scienza politicamente corretta e lasci i bambini in pace a vivere la loro infanzia. Lo Stato non si sostituisca ai genitori nell’educazione sessuale che è di competenza delle famiglie. Il rispetto e la salvaguardia delle persone, di qualunque orientamento sessuale o identità di genere, non può nascere dal tentativo di ingabbiare la scienza dentro uno schema politicamente corretto destinato al fallimento, ma riconoscendo che tutti gli esseri umani sono figli di un Dio creatore, l’unica fonte di uguaglianza possibile in questo mondo che ha perso la bussola da quando ha creduto di poter modificare le leggi di natura. ■
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Il suicidio dopo l’aborto: un dramma vero di cui non si parla
I sostenitori del “diritto all’aborto”, spesso negano che il bimbo ucciso sia una persona umana, sempre sostengono che l’aborto tuteli la salute delle donne. Peccato che numerosi studi scientifici dimostrino ben altro. di Laura Bencetti Il bambino in grembo non è l’unica vittima dell’aborto: la madre è fortemente esposta alla conseguente, spesso drammatica, sindrome post abortiva. A confronto, la depressione post partum è un’inezia: questa, infatti, si può risolvere nel giro di pochi mesi, mentre la sindrome post aborto può covare nella donna per anni prima di esplodere in tutta la sua violenza, scatenando i suoi effetti deleteri. Forti sensi di colpa, risentimento e sentimenti di ostilità e odio nei confronti di coloro che hanno contribuito a farle scegliere l’aborto; ansia, angoscia, tristezza, senso di vuoto; forme di autopunizione, ricorso all’alcool o a droghe e autolesionismo; disordini alimentari; drastica perdita di autostima. Ma una delle conseguenze più terribili scatenate da questo atto è l’istinto suicida. Questi effetti si manifestano soprattutto in determinate ricorrenze, come l’anniversario dell’aborto o della data presunta del parto. Ne fa un’ottima analisi il libro “50 Domande e Risposte sul Post Aborto” della dott.ssa Cinzia Baccaglini, psicologa e psicoterapeuta con specializzazione sistemico-relazionale, tra le massime esperte in Italia sulle conseguenze psichiche dell’aborto. Ben pochi sembrano preoccuparsi degli effetti che l’aborto produce nella donna. Sicuramente, sottolinea la dott.ssa Baccaglini, non sono gli stessi per tutte, poiché le reazioni variano da soggetto a soggetto. Tuttavia il problema esiste ed è serio. Infatti, è vero che non sempre le conseguenze di un aborto sono immediate, ma è altrettanto certo che i disturbi psichici, più o meno pronunciati, prima o poi si presentano, anche dopo anni e anni. L’aborto è purtroppo una ferita indelebile, che la donna porta con sé per sempre. “Non si cancella
Laura Bencetti
26 anni, praticante avvocato con il pallino per le cause pro life: ama battersi per la Vita e la Famiglia. Oltre che con ProVita, collabora con il Centro per la Vita di San Giuseppe al Trionfale a Roma.
La sindrome post aborto può covare nella donna per anni prima di esplodere in tutta la sua violenza, scatenando i suoi effetti deleteri.
un dolore così – afferma la dott.ssa Baccaglini – Si può però arrivare a far sì che questa sia una ferita accompagnatoria. Un’assenza presente nel cuore, nella mente e nell’anima e non una presenza-assenza persecutoria. A tratti anche il senso di colpa riemergerà e a quel punto bisognerà trasformarlo ogni volta in senso di responsabilità e di vita per se stessi e i propri cari”. La situazione si complica ulteriormente quando l’aborto è chimico, ad esempio tramite la pillola Ru486: vivere il processo abortivo in solitudine, a casa, con nausea, vomito, diarrea, emorragie, vedendo e riconoscendo il bambino espulso, fa aumentare i sensi di colpa, fa aumentare i rischi di depressione e suicidio. Mika Gissler, dell’Istituto nazionale per la salute e il benessere finlandese, è l’autore principale di uno studio del 1997, che ha rilevato che il tasso di suicidi tra le donne che hanno abortito è tre volte superiore rispetto alle donne che non hanno abortito, e sei volte superiore rispetto alle donne che hanno partorito. Tali dati sono confermati da ricerche condotte negli Stati Uniti e in Danimarca. In Australia, il rapporto dell’ente governativo per la cura materna e perinatale del 2013, ha rilevato
10 N. 34 - OTTOBRE 2015 che il suicidio è la principale causa di morte nelle donne dopo l’interruzione della gravidanza. Infine, uno studio del 2011, pubblicato sul British Journal of Psychiatry ha rilevato che il 10% dei problemi di salute mentale tra le donne, tra cui il 35% dei comportamenti suicidari, è attribuibile all’aborto. Questi risultati sono stati tratti dalla ricerca incrociata su tutti gli studi pubblicati tra il 1995 e il 2009, su un campione di 877.181 donne provenienti da sei paesi: le donne che hanno abortito hanno l’81% di probabilità in più di avere problemi di salute mentale rispetto alle donne che non hanno Soo Joo Park - Humanity, Luca Hennig, 2014 abortito, e il 55% di probabilità in più rispetto alle donne che hanno partorito dopo regali. Giovani donne, pensateci prima, salvate voi una gravidanza non programmata o indesiderata. stesse da questo terribile incubo”. Inoltre, uno studio pubblicato nel 2013 dal prof. Un’altra donna ancora soffre per un aborto avuto nel David Fergusson, che si definisce ateo e pro-choice, 1977, a 16 anni: che combina i risultati di otto studi condotti su donne “Ho cominciato a bere, poi a drogarmi. Sono andata che hanno vissuto gravidanze indesiderate, ha concluso in depressione e ho cercato di uccidermi. Ancora che “non ci sono prove che dimostrano che l’aborto ha oggi soffro di terribili incubi notturni: vedo bambini e effetti terapeutici e riduce i rischi per la salute mentale di persone che vogliono uccidermi. Ancora oggi cado donne che devono affrontare gravidanze indesiderate”. in depressione e piango molto. Prego ancora Dio che Ma le statistiche non esprimono l’angoscia di singole faccia sapere al mio bambino che non lo odiavo e che donne. Su National Right to Life News leggiamo quattro desidero tenerlo tra le braccia così tanto che mi fa male. testimonianze davvero significative. Voglio che lui lo sappia”. Nelly R., 16 anni, è stata spinta ad abortire dal suo Un’altra, Jeanene Clark: “Ho il terrore che mi ragazzo. “Quando hanno cominciato la procedura vengano sottratti i figli che ho (ne ho quasi perso ho chiesto a un’infermiera quale fosse il sesso del uno per aborto spontaneo: certamente causato dal bambino: volevo dirgli che lo amavo e che non avevo precedente aborto volontario). Ho cercato di sostituire altra scelta…poi non ricordo più niente. Mi sono due bambini vivi al bambino morto, ma non è servito. Ho svegliata piangendo e urlando con tutta la forza dei passato anni a cercare di dimenticare, non considerare, miei polmoni, perché non era stato un brutto sogno. ma costantemente mi torna in mente cosa farebbe quel Sono caduta in depressione e ho tentato il suicidio. bambino se fosse vivo. Quando, per esempio, avrebbe Non me ne importava più niente né di me né degli altri. frequentato la prima elementare, non sopportavo la Ero un’assassina. Ero anche andata alla polizia per vista dei bambini di prima elementare. denunciarmi, sperando che mi punissero”. Sono furiosa. Sono arrabbiata con me stessa, con Un’altra donna, già madre di una bambina e in la clinica degli aborti, con i consulenti, i dottori (che crisi col marito, ha abortito due gemelli. “Dopo ammazzano quotidianamente) e col Governo che scrive l’aborto sono diventata uno straccio. Ho avuto un “In God we trust” (Noi crediamo in Dio) sulle monete esaurimento nervoso. Ho perso la voglia di vivere e sulle banconote e poi legalizza l’uccisione brutale e e ho cercato il suicidio: volevo stare con i miei premeditata delle persone più piccole, deboli, indifese bambini. Li potevo sentire che mi chiamavano di e innocenti della società”. notte e cercavano di raggiungermi, ma io non potevo Di testimonianze come queste ce ne sono migliaia. toccarli…li vedevo spegnere le candeline, scartare i Molte di queste donne si sono suicidate. Molte altre hanno tentato di farlo. Queste donne non possono essere lasciate sole. Infatti, se ricevono un’assistenza adeguata da parte di Il tasso di suicidi tra psicoterapeuti preparati, possono superare il trauma e le donne che hanno persino riaprirsi alla vita. abortito è tre volte Meglio ancora sarebbe prevenire, invece che superiore rispetto curare: assistere le donne che devono affrontare una alle donne che non gravidanza difficile e dissuaderle dall’aborto: la verità hanno abortito, e è che mentre di donne pentite dell’aborto ce ne sono sei volte superiore tantissime, non c’è neanche una mamma pentita di rispetto alle donne aver deciso per la vita. ■ che hanno partorito.
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Il Giglio e la Rosa
Il Giglio e la Rosa è un aiuto concreto per chi deve affrontare una gravidanza imprevista e indesiderata. Ha un sito internet, accessibile anche col telefono cellulare: www.ilgiglioelarosa.com di Francesca e le donne de Il Giglio e la Rosa Come dicevamo nelle pagine precedenti, la sindrome post aborto non si cura da sé e non passa col tempo. Anzi, al contrario, col tempo si presenta in modo sempre più prepotente. Le donne che hanno abortito devono farsi aiutare. E c’è una nuova realtà che è disposta a tendere loro la mano. Questa nuova realtà si chiama “Il Giglio e la Rosa”. Siamo un gruppo di donne che hanno avuto a che fare direttamente con l’aborto o con chi ha scelto di abortire: perché spesso chi lo fa non conosce i sostegni possibili, le alternative e soprattutto le conseguenze che l’aborto implica. Donne che tutt’oggi, ogni anno, al ricorrere di quel “fatidico giorno” si recano in Chiesa per accendere una candela al loro bambino mai nato. Donne che quando vedono un bambino pensano a come sarebbe il loro. Donne che non hanno più avuto figli, quando lo hanno poi desiderato. Donne, ma non solo: anche padri mancati e non sempre per loro volontà, che spesso hanno taciuto il loro dolore portandolo con sé per anni. Abbiamo creato il sito www.ilgiglioelarosa.com (ora anche in versione per telefonia mobile) con l’intento di fornire a colei che si trova in una situazione così difficile e così decisiva per il suo futuro, le informazioni necessarie per consentirle di scegliere veramente: “Essere informati per una vera scelta”, questo il punto chiave del nostro sito. Chi non conosce le alternative all’aborto, le conseguenze che quella decisione comporta, non può scegliere veramente, ma - cieca a se stessa - procede su una strada che non è la sua. Un video toccante sul tema del post-aborto che gira parecchio in rete e che potete vedere visitando il nostro sito, è quello intitolato “Aaron”.
“Essere informati per una vera scelta”, questo il punto chiave del nostro sito.
Le immagini arrivano dritte al cuore e non lasciano libere interpretazioni: una madre, un figlio, un compleanno, i giochi nel parco... ma un unico e drammatico punto essenziale: quel figlio non esiste, non ha mai visto la luce, quel figlio non c’è. Il video mette bene in luce il dramma di una donna che anno dopo anno si deve confrontare con una scelta che le ha cambiato la vita per sempre. Comprendiamo bene quello che è stato scritto in un articolo pubblicato nel numero di settembre di questa rivista: la sindrome post aborto colpisce anche i fratelli e le sorelle del bambino non nato: “Io stessa penso spesso al fratello o alla sorella che non ho avuto, perché mia madre ha abortito, nel silenzio, rivelandolo solo molti anni dopo... Le lacrime spesso rigano il mio viso, non conoscerò mai il suo sorriso, i suoi pensieri, i suoi sogni, le sue speranze, lui vive solo nel mio cuore, che solo ogni tanto trova pace.” Un sito come Il Giglio e la Rosa può offrire un servizio ed essere di aiuto affinché altre donne non si trovino a compiere una “non scelta”: perché l’aborto non è mai una scelta, è una condanna. La madre che decide per l’aborto non si rende conto che decide il destino di più persone: togliendo la vita al proprio figlio, segna inevitabilmente la propria vita, quella del padre, se è presente, e anche quella di altri figli, già nati o che ancora debbono nascere. Sei una mamma in difficoltà? Ricorda che non sei sola: anche se apparentemente nel momento di grave disperazione che vivi, non ti appare via di uscita, parla con chi ti può veramente aiutare a capire quale sia la scelta giusta per te. Non ti arrendere alle pressioni di chi ti sta intorno e ti prospetta una soluzione rapida (che è rapida, sì, ma non è indolore), lotta e vinci, per te stessa e per il tuo bambino. ■
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Claudia Cirami
Siciliana, ha una laurea in filosofia e il magistero in Scienze Religiose. È insegnante di religione cattolica. * sorrialba@gmail.com
Il “tanto” di chi può fare poco
In una piccola città siciliana, un gruppetto di persone di buona volontà ha reso possibile la realizzazione di tre eventi importanti per la difesa della famiglia e della vita dalla deriva antropologica in atto. Ed è solo l’inizio… per cambiare il mondo! di Claudia Cirami Si può cambiare la realtà nazionale partendo da un piccolo centro? No, certo. Si può, però, operare perché la realtà da cambiare venga conosciuta anche in un piccolo centro. Si possono combattere le ideologie con pochi mezzi e poche persone? Probabilmente no. Si può, però - e si deve - dire il proprio “non sono d’accordo”, lì dove viviamo. Così, il piccolo gruppo eterogeneo (per età, sesso, professione, provenienza ecclesiale) di cui faccio parte, ha deciso che anche a Canicattì, in provincia di Agrigento, era tempo di muoversi e dare un contributo perché chi non sapeva o chi era poco informato fosse messo al corrente di quello che sta accadendo a livello mondiale e, purtroppo, ora anche a livello nazionale. Utero in affitto, ddl Scalfarotto, ddl Cirinnà, introduzione del gender nelle scuole: ecco i temi caldi. La domanda da cui siamo partiti è stata: siamo certi che tutti sappiano cosa bolle in pentola e quali conseguenze etiche potrebbero esserci? La seconda domanda è stata conseguenziale: cosa possiamo fare perché tutti siano informati? Così, tra una telefonata e una discussione sui social network, tra un incontro e un messaggio su whatsapp, il piccolo gruppo di persone ha intrapreso alcune iniziative perché queste domande non cadessero nel vuoto. La prima iniziativa è stata sostenere la raccolta firme indetta dal locale Circolo Voglio la Mamma per una moratoria internazionale sull’utero in affitto. E’ stata chiesta e ottenuta la collaborazione di vari sacerdoti e
Chi ha il coraggio di agire per una buona causa scopre di non essere solo, ed è proprio vero che l’unione fa la forza.
Una manifestazione con l’ombrello, usato come simbolo della volontà di proteggere la famiglia dalla pioggia acida dei diversi attacchi che le stanno arrivando da più parti. la raccolta firme è stata effettuata in alcune parrocchie. Era la prima esperienza di coinvolgimento di persone ed è andata molto bene. È stato bello informare chi non era a conoscenza di cosa c’è dietro quella che viene chiamata mediaticamente “gestazione di sostegno”, ma che in realtà è appunto solo un contratto di vendita con cui una donna viene pagata, un utero affittato, un bambino prenotato e acquistato. Tra chi non sapeva e chi, invece, aveva sottovalutato le sofferenze del bambino e della madre, molte persone si sono fermate non solo per firmare, ma anche per commentare, domandare, esprimere la loro indignazione verso questa pratica. Al di là della raccolta di firme – sappiamo come spesso la politica internazionale e nazionale non tenga conto della volontà popolare – è stato importante far capire che su certe pratiche, presentate dai diversi mass media in modo asettico e come se fossero ormai date per scontate, esiste invece un dibattito, all’interno del quale è ancora possibile esprimere la propria contrarietà. La seconda iniziativa è stata forse più ambiziosa. L’idea era quella di organizzare una manifestazione per la famiglia il 27 Giugno. Il motivo? Informare quanti più genitori, educatori e persone possibili sulla diffusione dell’ideologia gender, il ddl Cirinnà, il ddl Scalfarotto. Abbiamo chiesto alle persone di portare con loro un ombrello nel luogo scelto per la manifestazione. L’ombrello è servito per testimoniare la volontà di
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proteggere la famiglia dalla pioggia acida dei diversi attacchi che le stanno arrivando da più parti. Alcuni di noi hanno poi spiegato i vari temi: abbiamo scelto di fare interventi brevi e chiari perché tutti potessero comprendere, rinunciando alla lettura di qualche comma di legge e preferendo un linguaggio più informale, anche se sempre rispettoso della realtà dei fatti. Era sabato, era mattina, c’era caldo: ci aspettavamo un flop e invece è stato un successo. Le persone convenute, infatti, non solo sono state numerose ma sono rimaste per entrambe le due ore di manifestazione. Tanti gli ombrelli aperti e tanti anche i bambini presenti che, alla fine, sono stati coinvolti nella realizzazione di un cartellone con frasi spontanee sulla famiglia. Il bello di questa manifestazione è stato, ancora una volta, che si è proposta come un sì alla famiglia e un no all’ideologia, senza tuttavia dimenticare il rispetto che si deve ad ogni essere umano. Non una manifestazione contro le persone, ma per le persone, anche quelle che hanno un pensiero purtroppo opposto. La terza iniziativa, invece, ha condotto il gruppo fuori dal paese. La meta è stato l’annuale corso degli insegnanti di religione, tenuto a Villaggio Mosè (Ag), suddiviso in giornate per gli insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria, per gli insegnanti di scuola secondaria, e per gli aspiranti. All’interno di alcune di queste giornate, dove è stato affrontato il tema delle fonti della Scrittura, ci è stato concesso un breve lasso di tempo per poter informare gli insegnanti di religione sulla teoria del gender. Anche in questo caso, alla fine dei brevi interventi, sono stati in molti ad avvicinarci, durante la pausa, per saperne di più e chiedere di portare avanti altre iniziative informative anche nei loro paesi di provenienza (dato che il corso riunisce gli insegnanti di tutta la diocesi). Dopo il riposo estivo, abbiamo ripreso le nostre attività, e stiamo invitando nella nostra provincia qualcuno dei relatori più noti su questi argomenti. C’è anche il desiderio di coordinare ancor di più
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le attività del gruppo, che, nel frattempo, si è ingrandito, per poter dire sempre il nostro sì alla famiglia e al naturale corso della vita, dal concepimento fino alla morte naturale. Quest’esperienza è stata molto importante per due motivi. Prima di tutto, guardando al lato umano, è stato importante scoprire che eravamo già in tanti ad osservare con preoccupazione le inquietanti novità di natura politicosociale ed etica che stanno arrivando o che vorrebbero arrivare. Portare avanti quello in cui si crede è giusto anche quando si è soli, ma indubbiamente poterlo fare in compagnia è tutta un’altra storia. Entusiasmo, voglia di fare, capacità di sacrificare il proprio tempo libero: ognuno ha dato qualcosa perché le iniziative potessero avere un buon riscontro. Collaborare è stato davvero un arricchimento personale. Il secondo motivo, non certo meno importante del primo, è stato vedere come, una volta partiti, le difficoltà sembravano appianarsi da sole, ai problemi si rispondeva con soluzioni efficaci, e nulla è parso impossibile da realizzare (anche nel caso della manifestazione organizzata in poco tempo). Questo non ci ha reso presuntuosi nel valutare le nostre effettive forze, ma, al contrario, ci ha riempito di gratitudine per Colui che, certamente, ha permesso che potessimo portare frutto. Perché, ovviamente, il nostro punto di partenza è stato la comune fede cristiana. Solo che, per la manifestazione, abbiamo voluto un taglio non confessionale: siamo stati, infatti, tutti d’accordo nel sostenere che su questi temi occorre cercare la collaborazione di uomini e donne di buona volontà perché sono temi che riguardano tutta l’umanità, non soltanto la cattolicità. Così, se questo mio articolo può servire a qualcosa, vorrei dire ai lettori: collaborate con gli altri e impegnatevi. Anche se vi sembra di essere decentrati, deboli, insufficienti, il vostro essere “poco” può trasformarsi in “tanto”. Vale la pena provare. ■
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Spendiamo la vita per la vita
L’Italia invecchia e muore nell’indifferenza dei governanti e dell’opinione pubblica. Ma ci sono ancora dei giovani semi di speranza… di Giulia Tanel In Italia non nascono più bambini. Visto il trend degli ultimi anni, solo parzialmente mitigato dalle nascite di bambini figli di stranieri, questa affermazione non rappresenta una novità, se non fosse che nel 2014 il dato registrato è quello peggiore dai tempi dell’Unità d’Italia. Nell’arco dei dodici mesi sono state, infatti, registrate solamente 509 mila nascite, cinquemila in meno rispetto al 2013, mentre i decessi sono stati 597 mila. Il numero medio di figli per donna è pari a 1,39, come nel 2013, mentre l’età media al parto è salita a 31,5 anni. Riassumendo, dunque, lo scorso anno la popolazione residente ha registrato un incremento demografico dello 0,4 per mille, il più basso degli ultimi dieci anni. In termini assoluti esso è pari a 26 mila unità in più, per una popolazione totale, al 1° gennaio 2015, di 60 milioni 808 mila residenti. L’età media della popolazione ha oramai raggiunto i 44,4 anni, così distribuita: il 13,8% fino a 14 anni di età, il 64,4% da 15 a 64 anni e il 21,7% da 65 anni in su. In questa ultima fetta circa 19 mila persone sono ultracentenarie. Le statistiche Istat non lasciano quindi margini a dubbi interpretativi: se non cambierà qualcosa, il futuro del Bel Paese non si prospetta roseo. In tal senso la politica dovrebbe cominciare a interrogarsi seriamente su come dare ai giovani i mezzi e il contesto necessari per aiutarli a riacquistare fiducia in se stessi e nella società, tanto da incentivarli a ‘correre il rischio’ di fare famiglia e mettere al mondo dei figli. Perché in realtà nei giovani questo desiderio è ancora vivo: una recente ricerca condotta dall’Istituto Toniolo ha acclarato che il 70% di essi considera la famiglia un pilastro essenziale della propria vita e che ben il 94% desidera costituire una
famiglia e avere dei figli. Un altro studio dello stesso Istituto – condotto in collaborazione con diversi docenti dell’Università Cattolica su un campione di circa 9.000 giovani tra i 18 e i 29 anni – ha accertato inoltre che circa il 58% del campione (con una lieve differenza percentuale a vantaggio delle donne) desidera avere almeno due figli; un risicato 8% dichiara di volere solamente un figlio, mentre un buon 15% si spinge ad affermare che ne vorrebbe tre. Questi dati, che infondono speranza, si accompagnano però a un dato che non va sottovalutato: i giovani, anche una volta che hanno dato vita a una propria famiglia e dato alla luce dei figli, tendono a rimanere legati al nucleo familiare d’origine: per motivi economici (il 90,38% richiede ai genitori un aiuto economico occasionale, mentre il 54,51% riceve un’integrazione fissa al proprio reddito), per accudire ai figli (93,23%), ma anche nello svolgimento delle faccende domestiche (55,26%). Insomma, viviamo in un frangente storico di grande difficoltà. In tale contesto vi sono tuttavia anche dei giovani che hanno il coraggio di andare controcorrente, dando vita a famiglie numerose. Marcello ed Emanuela, genitori di sette figli, sono una testimonianza vivente che ‘sfidare la crisi’ è possibile e, anzi, è fonte d’immensa gioia.
Nel 2014 sono state registrate 509 mila nascite, cinquemila in meno rispetto al 2013, mentre i decessi sono stati 597 mila. L’età media della popolazione è di 44,4 anni.
“Un po’ di figli” con la mamma
Giulia Tanel
Laureata in Filologia e Critica Letteraria, scrive per passione. Collabora con www.libertaepersona.org e con altri siti internet e riviste; è inoltre autrice, con Francesco Agnoli, di Miracoli - L’irruzione del soprannaturale nella storia (Ed. Lindau).
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Elia e Giacomo
Come mai avete deciso di formare una famiglia numerosa? Vi destabilizziamo subito: è la famiglia numerosa che ha scelto noi. All’inizio di tutto c’è stato un incontro, una corrispondenza d’amore, un’attrazione profonda, non da ultimo fisica. Dopo un percorso anche un po’ accidentato abbiamo compreso entrambi che lo snodo fondamentale non poteva che essere il matrimonio. Per noi il matrimonio cristiano. Un’esperienza di offerta reciproca che ci chiedeva tutto, senza riserve, fondata non solo sul sentimento, ma soprattutto sulla volontà, sulla decisione di spendersi liberamente in un impegno grande, definitivo e irrevocabile ma anche consolante perché innestato in un amore che sovrabbonda il nostro. Ci siamo sposati giovani, rispettivamente a 26 e 22 anni. Dopo quattro anni di matrimonio avevamo già tre figli: Elia, Sara e Giacomo, che oggi hanno 18, 17 e 15 anni. Dopo una ‘pausa’ di quattro anni sono arrivate due gemelline: Anna ed Emma, che oggi hanno quasi 11 anni. Questo è stato un passaggio incredibile: la doppia gravidanza, totalmente inaspettata, ci ha chiamato a maturare una nuova fiduciosa apertura alla vita che bussava. E così anche dopo, con l’arrivo di un altro maschio, Tommaso, e della più piccola di casa, Veronica, che oggi hanno 6 e 3 anni.
Per tornare alla domanda, la decisione c’è stata, ma in modo dinamico. Sono stati i figli, arrivando uno per volta – o quasi! –, a farci maturare lungo il cammino. Riempiendoci la vita di gioia, di desiderio di bene, d’incontenibile confusione e, certo, anche di tanta fatica. Abbiamo scoperto un passo per volta che andare controcorrente ha reso ancora più entusiasmante la nostra storia. Non abbiamo stabilito come ‘ragionieri’ un numero di figli prefissato, ma neppure ci siamo messi a figliare così all’impazzata, indiscriminatamente, senza fare discernimento, senza interrogarci sul bene della nostra famiglia. Abbiamo intrapreso un percorso che ci ha portato, pian piano, dalla tipica ‘mentalità contraccettiva’, così pervasiva e per nulla messa in dubbio, alla scoperta dei metodi naturali, grazie ai quali siamo cresciuti in maturità e accoglienza della verità integrale di noi stessi. L’obiezione più comune, in chi è contrario ad avere tanti figli, è quella economica. Voi come fate ad arrivare alla fine del mese? Avete stipendi stellari, vi hanno svelato una ricetta segreta…? In effetti, l’obiezione economica è quella che più ci viene rinfacciata. Si imposta il giudizio a partire da standard di benessere quantomeno dubbi, mentre invece secondo noi tutto dipende da quello che si ritiene veramente essenziale. Noi ci chiediamo costantemente: “Di cosa hanno veramente bisogno i nostri figli?”. Emanuela non lavora, perché si è dedicata con tutta se stessa alla nostra famiglia, con gioia, con grande pazienza e con un amore commovente. Negli anni è diventata una maga dell’economia domestica! Certamente abbiamo fatto una scelta molto impegnativa, soprattutto in Italia dove lo Stato disattende in modo vergognoso quanto è scritto nella Costituzione, che promette di agevolare con “particolare riguardo” le famiglie numerose. Di sicuro se ci fossimo fatti prendere troppo dai conti ora non avremmo neppure un figlio. Saremmo ancora lì a tentennare, a tergiversare, a risparmiare per affrontare chissà quale calamità di là da venire, perché in fondo non esiste mai il momento perfetto
In Italia, purtroppo non è più un problema di mancanza di famiglie numerose, ma di famiglie con almeno due figli, il minimo per non far crollare tutto il sistema. E quello che è più sconvolgente è che i nostri politici continuano pervicacemente a ignorare l’allarme. Chi si sposa oggi e fa dei figli, anziché essere sostenuto è disincentivato. Panni da lavare…
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le giornate cambiano piega dalla sera alla mattina e tanti scogli che sembravano insormontabili, ce li ritroviamo stupefatti alle spalle. Non di rado ci capita di incontrare coppie con un solo figlio che sono prostrate dall’ansia, costantemente agitate e in apprensione sul da farsi. Per noi i figli sono un dono grande, ne sentiamo tutta la responsabilità, ma non ci appartengono, ci sono stati affidati. In una famiglia numerosa si hanno pochi attimi per intervenire e prendere posizione quando i figli tendono all’anarchia ribelle. Questo ha affinato in noi un approccio, in apparenza forse spiccio e brutale, con il quale affidiamo compiti diversi ai nostri figli a seconda dell’età, e che ci aiuta a risolvere sul nascere quella tendenza all’egocentrismo capriccioso e indolente tipica di ogni uomo. Tutti noi, se siamo diventati adulti e padroni di noi stessi, capaci di amare e provvedere alle persone che ci stanno vicine, dobbiamo ringraziare chi si è caricato di questo lavoro che si chiama ‘educazione’. Come vivono i vostri figli il far parte di una famiglia numerosa? Elia nel giorno del suo diciottesimo compleanno
per fare un figlio. Sembra non esserci mai posto, sembra mancare sempre qualcosa: soldi, spazio, forze, tempo… Naturalmente è doveroso essere responsabili e prudenti, ma lasciando aperta la porta a qualcosa che ci supera. Non possiamo governare tutto ciò che accade secondo i nostri progetti. Cosa rispondete a chi vi apostrofa con la classica domanda: “Ma sono tutti vostri?” In quasi vent’anni di matrimonio ci è successo di tutto: tanto sdegno e giudizi, ovviamente non richiesti e forniti a bruciapelo, ma anche tanti sorrisi, tanta generosità, tanti incoraggiamenti e anche un certo senso di gratitudine. La frase più gettonata in assoluto, usata a profusione, è l’originalissima: “Ma a casa non avete la televisione?”. Oppure, già al terzo figlio e senza nessun tipo di confidenza pregressa, arrivavano reprimende morali del tipo: “Adesso basta, vero?”. Un’altra domanda che scatta quando c’è un minimo di frequentazione in più è questa: “Ma sono tutti voluti?”. A noi piace rispondere: “Se ci sono, visto che oggi si possono orribilmente eliminare – e guai a contestare questo ‘diritto’! – significa che sono voluti!”. Così come è voluto il fatto che oltre ai nostri figli spesso teniamo anche nipoti e amichetti: più si dona amore, più la vita si riempie. Questa è la nostra vocazione. Siamo persone normalissime; semplicemente abbiamo acconsentito alla vita di allargarci il cuore!
Occupandosi sempre uno dell’altro e facendolo con naturalezza; condividendo quello che hanno tra di loro, non solamente cose materiali ma anche gli affanni adolescenziali; chiacchierando e consigliandosi fino a notte fonda… e anche litigando a non finire per stupidate inenarrabili. Recentemente Giacomo, il nostro terzo figlio quindicenne, ha cominciato a provocarci sulla nostra scelta di avere più figli delle famiglie ‘normali’, in questo modo: “Se aveste fatto solo tre figli (furbo!), potremmo avere oggi più opportunità come famiglia: più soldi, più vacanze, più tutto”. E noi abbiamo risposto: “Certo, Giacomo, avremmo potuto farne solo uno o al massimo due, come le famiglie ‘normali’ di oggi e TU non ci saresti!”. Silenzio.
Con tanti figli aumentano anche le difficoltà nel gestire la quotidianità e le preoccupazioni. Come riuscite ad affrontare tutto? Un passo per volta, giorno dopo giorno, cercando di vivere nel presente senza affannarci inutilmente per un futuro che non sta tutto nelle nostre mani. Spesso
…ma alla fine c’è sempre posto per tutti!
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Pian piano, dalla tipica ‘mentalità contraccettiva’, così pervasiva e per nulla messa in dubbio, siamo giunti alla scoperta dei metodi naturali, grazie ai quali siamo cresciuti in maturità e accoglienza della verità integrale di noi stessi: il matrimonio è una chiamata a uscire da se stessi, a perdere la propria vita per ritrovarsela moltiplicata. Trattenerla non fa che avvizzirci. Non è una metafora e nemmeno un’esperienza circoscritta alla coppia. È tutta la società che rinsecchisce.
Tommaso, Anna e Emma cominciano la scuola
Al di là di questo episodio, i nostri figli sono piuttosto sereni e, abituati come sono alla compagnia abbondante, appena per qualche ora manca qualcuno in casa, subito chiedono: “Dove sono gli altri?”. Sono così ‘addestrati’ all’interazione reciproca, a passare il tempo insieme, a sgomitare per trovare il loro spazio, che quando sono fuori di casa sono già pronti ad affrontare la fatica e la bellezza delle relazioni senza troppe pretese di protagonismo. Infine, un’ultima domanda. In un periodo in cui l’Europa, il Giappone e altri Paesi stanno letteralmente morendo a causa della denatalità, cosa vi sentite di dire alle giovani famiglie? Perché vale la pena fare tanti figli? Diremo loro queste parole, adatte anche per chi non vive la Fede: “Giovani innamorati, lasciatevi interrogare almeno dal vostro cuore – inteso come nucleo profondo della persona tutta e non come riduttivo simbolo di sentimento, che è sempre ondivago – e abbiate il coraggio di rispondere all’amore, quello vero, che chiede tutto!”. La vita donata genera altra vita. E questo è lo specifico dell’unione tra maschio e femmina, differenti ma reciproci, complementari. Il matrimonio è una chiamata a uscire da se stessi, a perdere la propria vita per ritrovarsela moltiplicata. Trattenerla non fa che avvizzirci. Non è una metafora e nemmeno un’esperienza circoscritta alla coppia. È tutta la società che rinsecchisce. Non esiste un numero di figli in qualche modo da imporre… ma permetteteci di dire che i figli
crescono meglio con qualche fratello, crescono più forti, più ‘vaccinati’ e pronti ad affrontare il mondo. Il figlio unico può ritrovarsi molto più facilmente alle soglie dell’età adulta ancora convinto di essere il “centro dell’universo”. Certo un figlio, anche uno solo, cambia la vita per sempre: saremo per sempre padri e madri, non si torna indietro. Non facciamoci fregare da questo pensiero debolissimo, come un liquido in cui siamo immersi, che disprezza qualsiasi decisione ferma, qualsiasi gesto di offerta totale di sé. Ci ritroviamo la vita tra le mani, senza averla richiesta, e nel momento in cui decidiamo di accoglierla, dobbiamo decidere cosa farne. Ci sono solo due opzioni: trattenerla per sé, o spenderla per qualcuno. Noi abbiamo scelto questa seconda via e non ne siamo rimasti fregati, anzi! Abbiamo una vita piena, anche di sacrifici e di fatica, ma cento volte più ricca in umanità. In ogni caso, almeno in Italia, purtroppo non è più un problema di mancanza di famiglie numerose, ma di famiglie con almeno due figli, il minimo per non far crollare tutto il sistema. E quello che è più sconvolgente è che i nostri politici continuano pervicacemente a ignorare l’allarme. Chi si sposa oggi e fa dei figli, anziché essere sostenuto è disincentivato. Basti pensare che se noi ci separassimo avremmo un sacco di vantaggi fiscali. Una follia! Il problema ha anche risvolti di ingiustizia sociale, per la quale va certamente portata avanti una battaglia, ma se avessimo aspettato che ci venisse incontro lo Stato non avremmo la famiglia che abbiamo. Quindi coraggio, spendiamo la vita per la vita, perché è questo che primariamente le dà senso e che, contemporaneamente, riedifica il futuro anche in termini economici. ■
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Unioni civili (o matrimonio gay), demografia, e stato sociale
La questione del matrimonio gay, o unioni civili, è considerata da molti necessaria all’uguaglianza, perché a casi eguali spetterebbero uguali trattamenti. Ma il matrimonio gay, è davvero uguale al matrimonio tra un uomo e una donna? di Michael Galster Nello Stato sociale, le generazioni attive pagano la previdenza (pensione sanità) alle generazioni anziane. La sostenibilità dello stato sociale dipende quindi dall’equilibrio intergenerazionale, demografico, che ormai - come abbiamo visto nelle pagine precedenti - si è eroso, mettendo a repentaglio l’intero sistema sociale. Oggi, infatti, il costo della nuova generazione, cioè dei figli, è prevalentemente a carico delle famiglie. I benefici dei figli invece, ossia la loro capacità di mantenere le generazioni anziane attraverso i contributi previdenziali e le tasse, vanno a tutti. Allora è nell’interesse dello Stato sociale riservare un trattamento distinto alla famiglia, cioè a quella formazione sociale in grado di procreare: infatti, gli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, sono stati approvati anche dalla sinistra comunista, oltre che dall’ala riformista dell’epoca. Chi chiede l’equiparazione delle unioni omosessuali alla famiglia basata sul matrimonio lo motiva solitamente con il fatto che la società si sarebbe evoluta sul piano morale e dei costumi. In realtà però il riconoscimento della famiglia basata sul matrimonio, intesa come “società naturale” che precede quindi la politica e le istituzioni statali, non era e non è basato su fattori di morale sessuale, bensì sociale. Ovvero il trattamento “privilegiato” della famiglia, richiesta dalla Costituzione, ha come primario obiettivo la tutela dei più deboli, dei bambini, e, in una prospettiva politico-economica di medio-lungo termine, la sostenibilità del welfare, che presuppone equilibrio demografico.
Michael Galster
Consulente aziendale per la Conciliazione Lavoro Famiglia, lavora frequentemente in un contesto interculturale ed è abituato a valorizzare le differenze. È laureato in Economia Politica presso l’Università di Berlino e presiede l‘Associazione di Solidarietà Familiare di Milano.
Oggi il costo dei figli è a carico delle famiglie. Invece, i benefici che i figli danno alla società, ossia la loro capacità di mantenere le generazioni anziane attraverso i contributi previdenziali e le tasse, vanno a tutti. Non è vero, perciò, che “il matrimonio gay o le unioni civili non tolgono niente alla famiglia”. Il vero problema sta nel cambiamento della definizione di matrimonio: se esso diventa per lo Stato il “luogo degli affetti”, che di per sé non ha più niente a che fare con la possibile nascita della futura generazione, lo stesso Stato si alleggerisce di parte delle sue responsabilità verso le future generazioni. Ovviamente per lo Stato è meno oneroso essere custode dell’amore dei suoi cittadini piuttosto che essere custode delle future generazioni e garante della sostenibilità dello Stato sociale. Se la reversibilità della pensione e altri benefici (per esempio il contributo all’acquisto della prima casa) sono motivati soltanto con la cura che i coniugi si prestano vicendevolmente e non più con gli oneri di cura della futura generazione, questi stessi trasferimenti perdono la loro legittimazione: le future finanziarie decurteranno ulteriormente i trasferimenti alla famiglia, tra cui in primo luogo la pensione di vedovanza. Infatti, la discussione tra i costituzionalisti sulla legittimità della reversibilità della pensione, così come degli altri trasferimenti
20 N. 34 - OTTOBRE 2015 alle coppie sposate, in alcuni di quei paesi (come la Germania) che hanno già provveduto all’equiparazione della famiglia generativa a quelle formazioni sociali a priori non feconde, è già in pieno corso. La politica nella società capitalista degli ultimi 30 anni ha fatto sì che i figli sono diventati un bene di lusso per pochi. Il crollo demografico e l’impossibilità di mantenere il sistema pubblico e mutualistico del welfare costringeranno sempre di più a una radicale ristrutturazione del sistema previdenziale, passando da un sistema pubblico mutualistico-solidaristico a un sistema “a capitalizzazione”, lasciando ampie parti della popolazione in povertà, ma creando nuove opportunità di business per l’industria finanziaria. È da sempre vero che non tutte le persone sposate hanno dei figli e in base a questo ragionamento i promotori del matrimonio per tutti tentano di eliminare il trattamento distintivo della famiglia rispetto alle altre formazioni di convivenza. Ma resta sempre vero che l’unica formazione sociale da cui possono nascere figli è l’unione tra un uomo e una donna e pertanto il trattamento distinto della famiglia, come richiesto dalla Costituzione, sotto un determinato profilo, è da considerarsi un investimento nel futuro. E il fatto che non ogni singolo “investimento nel futuro” effettuato dalla politica (ad esempio i contributi all’innovazione per le imprese per favorire l’occupazione) porti il risultato auspicato, non è un motivo valido per negarlo e lasciare tutto solo ai meccanismi del mercato libero. I fautori del pari trattamento della relazione tra due persone di uguale sesso e di differente sesso chiedono la reversibilità della pensione anche per le coppie omosessuali, motivando tale posizione con il fatto della mutua assistenza tra i partner, mentre in realtà la “giustificazione” della reversibilità della pensione è basata sul carattere “intergenerazionale” della famiglia e sul carattere generativo della coppia uomo donna. L’incremento delle libertà individuali degli ultimi trent’anni su tutti i campi ha portato a una serie di deregolazioni che hanno generato degli effetti assai negativi (basti pensare alle bolle finanziarie più o meno frequenti) anteponendo sistematicamente l’interesse individuale a quello collettivo. La deregolazione del diritto di famiglia, attraverso il matrimonio gay o la creazione di istituti nei fatti equipollenti, renderà impossibile impostare politiche in grado di invertire le politiche neo-malthusiane in essere da decenni. Le
giovani donne italiane oggi statisticamente desiderano avere mediamente 2,2 figli, l’esatto numero necessario per mantenere il nostro sistema sociale, ma in realtà il sistema politico-economico gli permette di averne 1,4, pena la povertà e l’esclusione sociale, se non si adeguano alle regole dello stesso sistema capitalista. I numeri scaturiti da più di vent’anni di matrimoni gay o unioni civili nei cosiddetti paesi avanzati, d’altro canto, hanno dimostrato che il vincolo del matrimonio non risponde a un bisogno reale delle persone LGBT. I diritti delle persone conviventi, da un lato, sono stati enormemente allargati (per visitare il partner in ospedale, per esempio, non c’è assolutamente bisogno di un’unione civile o simile. Infatti, nel Vademecum delle coppie di fatto, emesso nel 2013 dalla giunta Pisapia del Comune di Milano, sono annoverati tutti i diritti dei conviventi e le relative vie legali per garantirseli). Inoltre, l’esperienza dei paesi “più avanzati” dimostra che il numero delle coppie gay che scelgono la formalizzazione della loro relazione resta irrisorio, visto che solo una minoranza all’interno della minoranza dei gay è interessata a una scelta di tipo matrimoniale. E questa scelta, come dimostrano i numeri in Paesi come il Canada, l’Olanda e altri, è destinata a restare invariata attraverso gli anni. Non c’è nel modo più assoluto necessità di deregolare il diritto di famiglia e di equiparare ciò che dal punto di vista della sua rilevanza sociale uguale non è. ■
Il riconoscimento e la protezione legale della famiglia che genera e educa la prole non scaturisce necessariamente da esigenze morali: è anche un’esigenza “materiale”, economica e sociale. Non è vero, perciò, che “il matrimonio gay o le unioni civili non tolgono niente alla famiglia”.
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Neo-malthusianesimo: bugie grosse, danni irreparabili
Le bugie neo-malthusiane hanno alimentato la cultura denatalista che oggi è alla base dell’attuale crisi demografica ed economica. di Francesca Romana Poleggi La mentalità neo-maltusiana diffusa da decenni in Occidente ci sta offrendo i suoi frutti amari, in termini di crisi demografica, invecchiamento della popolazione e conseguente crisi economica. Nel numero di luglio 2013 di questa Rivista, il professor Ettore Gotti Tedeschi ci ha già spiegato come la crisi economica sia inscindibilmente legata alla crisi demografica. Dal ’94 in Italia, muoiono più persone di quante ne nascano: i numeri li abbiamo già dati nelle pagine precedenti. Nel box in basso, se volete approfondire, potete leggere alcune delle pubblicazioni, di diversi autori, che ripetono incessantemente la stessa triste storia: L’Italia, l’Europa, il Giappone stanno invecchiando inesorabilmente; siamo condannati alla “morte demografica” da quando abbiamo imparato a controllare artificialmente e a contrastare il più elementare degli istinti di sopravvivenza: fare dei figli. La prestigiosa rivista Forbes ha titolato un suo numero: “Cosa c’è dietro al declino dell’Europa? La demografia, stupido”. Non serve citare uno studio condotto dalla Rand Corporation, per conto della UE, per capire che “la riduzione del capitale umano” è causa della riduzione della produttività e del collasso del sistema pensionistico. I giovani sono costretti a pagare tasse più alte per mantenere la popolazione anziana e questo crea ulteriori difficoltà per le nuove generazioni a mettere su famiglia: la crisi economica, la crisi demografica e l’invecchiamento della società fanno un circolo vizioso che il saggista americano Eric Cohen chiama “la via dell’estinzione”. Questa spaventosa crisi demografica, però, tocca meno, investe più marginalmente, il continente americano… Abbiamo anche visto, nel numero di maggio di questa Rivista, quanto le organizzazioni “umanitarie” internazionali abbiano assorbito e diffuso le idee
neo - malthusiane sulla “salute riproduttiva”. La cosa non sorprende se si considera la forte influenza che hanno gli Stati Uniti in detti consessi e se si conosce il “rapporto Kissinger” del 1974, rimasto secretato fino al 1989. Rino Cammilleri su La Nuova Bussola Quotidiana, spiega: “Per mantenere la loro potenza nel mondo gli Stati Uniti dovevano impedire la crescita demografica negli altri Paesi e quindi finanziare la contraccezione e l’aborto all’estero. E questo è quello che è accaduto”. “The Kissinger Report si chiama per l’esattezza NSSM 200, cioè «National Security Study Memorandum 200 Implications of Worldwide Population Growth for U.S. Security and Overseas» che in italiano vuol dire: «Implicazioni della crescita della popolazione mondiale per la sicurezza degli Stati Uniti (e i loro interessi, NDR) oltremare». Tale studio di ingegneria sociale fu stilato dopo che l’economista e demografo Colin Clark divulgò un suo famoso libro (edito da Ares) «Il mito dell’esplosione demografica». Ma l’autore originario dell’allarme “bomba demografica” era stato il ben più famoso Club di Roma. Il primo tentativo di far accettare una politica di controllo delle nascite non riuscì: nell’agosto del 1974 si tenne a Bucarest un vertice mondiale sulla popolazione organizzato dall’Onu in cui la delegazione statunitense venne sconfitta quando molti Paesi meno sviluppati si resero conto che la “crescita demografica” da “ridurre” era la loro”. Oggi la resistenza più tenace contro le politiche denataliste dell’Occidente si ha ancora nei Paesi dell’Africa e del Sud America che sanno bene che l’unica ricchezza dei poveri sono i figli.
Francesca Romana Poleggi
adre di tre figli, moglie, insegnante, fa parte M del movimento ecclesiale “Fede e Luce”. Dal 2008 è impegnata sul fronte dei diritti umani con la Laogai Research Foundation. Co-fondatrice di ProVita Onlus, è direttore editoriale di questa Rivista.
Thomas Robert Malthus
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Per mantenere la loro potenza nel mondo gli Stati Uniti dovevano impedire la crescita demografica negli altri Paesi e quindi finanziare la contraccezione e l’aborto all’estero. Un passaggio del rapporto Kissinger recita: «I Paesi che lavorano per colpire i livelli di fertilità dovrebbero avere la priorità nei programmi di sviluppo e nelle strategie sulla salute e l’educazione che hanno un effetto decisivo sulla fertilità. La cooperazione internazionale dovrebbe dare la priorità all’assistenza di questo genere di sforzi nazionali». Da allora il neomaltusianismo ha continuato e continua la sua indefessa e miliardaria propaganda. E pensare che alla radice di tutto c’è un’enorme, colossale, errore: la teoria della popolazione di Thomas Robert Malthus (1766 - 1834). L’economista inglese sostiene che la popolazione cresce in proporzione geometrica (2, 4, 8, 16…), mentre le risorse crescono in proporzione aritmetica (2, 3, 4, 5…), perciò divengono prima o poi insufficienti, se le guerre o le epidemie non eliminano di tanto in tanto un po’ di “commensali”. Queste teorie sono state ampiamente sbugiardate dai dati di fatto. Ma - soprattutto negli anni 70 - sono state riprese con toni d’allarme apocalittico e sono state poste come verità scientifiche inconfutabili per giustificare contraccezione, aborto e controllo della popolazione. E così sono intrisi di neomalthusianesimo quelli che tuonano contro questo mondo infame in cui i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e le risorse non sono sufficienti. Ebbene, pur non ottenendo alcuna risonanza, anche il laico “Il Sole 24 ore” lo scorso 26 aprile ha dedicato diverse pagine al primo “Rapporto Fondazione HumeSole 24 ore” - corredato da numeri e grafici - da cui si evince che “negli ultimi 15 anni si sono ridotti gli squilibri a livello globale”. L’Esposizione universale che nel 2015 ha come tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita” avrebbe dovuto dichiarare ufficialmente morta e sepolta proprio quell’ideologia apocalittica che da Malthus, passando per Darwin e Marx, è arrivata a noi
con le teorie del Club di Roma diventate poi pensiero dominante negli organismi internazionali. Già nel1870 - ci fa notare Antonio Socci su Libero del 3 maggio scorso - il filosofo americano Emerson criticò Malthus per non aver considerato il vero fattore decisivo dell’economia politica: l’ingegno umano. Lo fa notare anche, sul sito “Agrarian Sciences”, Luigi Mariani, già docente di Agronomia e Agrometeorologia all’Università di Milano, che nel XX secolo “le produzioni delle grandi colture sono aumentate di 5-6 volte a fronte di un aumento di 4 volte della popolazione mondiale. Questo è stato un fattore decisivo (insieme alle migliori cure mediche e alle migliori condizioni di vita) per scongiurare la catastrofe malthusiana”. Lo stesso discorso fatto per le colture vale anche per le materie prime e le fonti di energia che – paradossalmente – invece di diminuire, aumentano grazie all’ingegno umano (cioè scienza, tecnologia e impresa). Quindi, grazie alla tecnologia, oggi (dati Fao) l’89 per cento della popolazione mondiale gode di sicurezza alimentare, mentre nel 1970 ne godeva solo il 63 per cento e nel 1950 meno del 50 per cento. Ciò vuol dire che se 60 anni fa vivevano sulla Terra 2 miliardi di persone e 1 miliardo faceva la fame, oggi siamo, sì, 7 miliardi, ma 6,2 miliardi hanno cibo a sufficienza. E gli esodi di massa sono dovuti in parte a guerre e oppressioni, in parte si verificano proprio nelle terre che non hanno “il cibo come merce”, ossia non hanno quello sviluppo fondato su industria, tecnologia e mercato. E sono quei Paesi dove manca quel substrato culturale cristiano che da noi ha favorito la crescita basata su istruzione, impresa, ricerca scientifica, investimenti e tecnologia, dentro un orizzonte che favorisce la democrazia e il rispetto dei diritti sociali e umani. Tanti si battono per proteggere la biodiversità, ma assai pochi si battono per quella che Benedetto XVI ha chiamato l’ecologia umana, a salvaguardia della vita, dell’integrità e della dignità dell’essere umano. Che è il grande “principio non negoziabile”. ■
Oggi l’89 per cento della popolazione mondiale gode di sicurezza alimentare, mentre nel 1970 ne godeva solo il 63 per cento e nel 1950 meno del 50 per cento (dati Fao).
Henry Kissinger e Nelson Rockefeller, vicepresidente USA nel 1975
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Siamo veramente troppi?
Le politiche per lo sviluppo sostenibile si basano sul controllo della popolazione. E’ un errore enorme, non solo dal punto di vista etico, ma anche economico di Antonio Brandi La cosiddetta sostenibilità si riferisce all’uso limitato delle risorse della terra, per non pregiudicare, a causa della loro scarsità, il benessere dei popoli. Il precursore di queste teorie era Malthus. Tuttavia, le sue previsioni non si sono realizzate e sono state anzi contraddette dalla storia recente (come possiamo leggere a pp. 21 e 22). Ed è esattamente in questa ottica malthusiana che si collocano le politiche dell’aborto e dell’eutanasia. Le ripercussioni della pratica abortiva, infatti, influiscono profondamente sul benessere e sull’evoluzione di una società, specialmente sulle persone appartenenti a strati sociali che vivono quotidianamente difficoltà di ogni tipo. L’aborto incide molto sulla denatalità e contribuisce alla crisi demografica, che oggi sappiamo essere una vera e propria minaccia per la sopravvivenza della nostra società, come sostiene l’economista Edward Hugh, che ha espresso le sue preoccupazioni in merito nel libro “Popolazione, la risorsa non rinnovabile”. Ebbene, mettendo da parte le considerazioni etiche, l’idea dello sviluppo sostenibile risulta sbagliata anche dal punto di vista economico. In effetti la storia ci dimostra come le risorse si siano moltiplicate più dell’aumento della popolazione, perché la stragrande maggioranza delle fonti utili non consiste in un quantitativo prefissato erogato dall’ambiente naturale, ma dipende e varia secondo la creatività e la capacità produttiva dell’uomo. Per esempio fra le risorse naturali - quali le foreste, i pascoli e il suolo agricolo in genere - lo sviluppo e il mantenimento delle caratteristiche di rinnovabilità dipendono dall’abilità e dalla cura dell’abitante o del coltivatore. È vero che esistono risorse come il
È l’ingegno dell’uomo, stimolato e provocato dalla necessità, che usa ed aumenta le risorse a disposizione. L’energia eolica non è ancora sfruttata a pieno.
Antonio Brandi
Imprenditore di professione, si dedica alla difesa dei diritti dei più deboli per passione. Per dar voce a chi non ha voce ha fondato e dirige Notizie ProVita.
Il problema non è nella mancanza di risorse, ma nella loro distribuzione: sono sempre più nelle mani di un numero decrescente di persone. petrolio, che non sono rinnovabili, ma ci sono numerose alternative al problema delle fonti energetiche come il sole, il vento, le maree, i salti d’acqua, le biomasse, ecc. Per esempio, anni fa si temeva che l’esaurirsi del rame avrebbe danneggiato il sistema mondiale delle telecomunicazioni, poi sono state scoperte le fibre ottiche, che hanno sostituito il rame con il silicio, che si trova nella sabbia comune. È l’ingegno dell’uomo, stimolato e provocato dalla necessità, che usa ed aumenta le risorse a disposizione. Fra le numerose cause della caduta dell’Impero Romano una, e non trascurabile, fu proprio la crisi demografica. Al contrario, il grande sviluppo culturale e socio-economico delle città in Europa intorno all’anno Mille si dovette al cambio delle colture nei campi e alla crescita demografica. Il problema non è nella mancanza di risorse, ma nella loro distribuzione: sono sempre più nelle mani di un numero decrescente di persone. Ricordiamo per esempio, lo strapotere delle multinazionali come Cargill, Louis Dreyfus, Archer Daniel Midland e Monsanto nella produzione e trasformazione dei prodotti agricoli in Italia e nel mondo. In Occidente, viviamo in una società dove lo spreco è enorme. Quello spreco alla cui origine stanno la sovrapproduzione e i bisogni non necessari, creati artificialmente dal consumismo. È logico che si sperperino o si distruggano milioni di tonnellate di derrate, mentre decine di milioni di persone muoiono di fame ogni anno? Non vi è qualcosa di profondamente sbagliato in un’economia basata nello stesso tempo sullo spreco e sulla scarsità? ■
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Aborto, matrimonio gay e satanismo
Al diavolo si può credere o meno. Chi si professa cattolico ha la certezza della sua esistenza e della sua azione nel mondo e sulle anime. Ma anche chi è agnostico o ateo non può ignorare certi dati oggettivi, che è bene non trattare con sufficienza. di Federico Catani In effetti, se anche non esistesse il demonio, di sicuro esistono i satanisti, che oggi, peraltro, spesso rivelano la propria “fede” alla luce del sole. E i satanisti hanno delle idee ben precise. Idee che spesso traducono in fatti concreti, riuscendo a esercitare un’influenza rilevante nella società. L’attuale politica internazionale in tema di “diritti civili” ne è una triste dimostrazione. Gli esempi sarebbero davvero tanti, ma qui ci limiteremo solo a qualche semplice considerazione, che magari i lettori potranno andare ad approfondire. Secondo lo storico delle religioni svedese Per Faxneld, che l’anno scorso ha pubblicato l’accurato studio “Satanic Feminism”, il femminismo, l’ideologia gender e la promozione dell’omosessualità hanno avuto origine in ambienti satanisti, così come il socialismo e il comunismo. Bisogna ricordare che Satana è il simbolo della ribellione a Dio e all’ordine da Lui stesso stabilito. Il diavolo è orgoglioso, vuole mettersi contro il suo Creatore. E i satanisti seguono le sue orme. Nella loro interpretazione delle Sacre Scritture, Dio ha torto, mentre Lucifero è un eroe, perché si oppone all’ingiusto progetto divino. Proprio perché rappresenta l’inversione della natura, Lucifero è sempre stato visto come custode e promotore delle pratiche omosessuali e persino del ripudio del proprio sesso d’appartenenza. Non è un caso che il fondatore del “Gay Liberation Movement”, Harry Hay (1912-2002), apparteneva a una Loggia californiana dell’Ordo Templi Orientis, la medesima setta di cui fu membro il grande ispiratore del satanismo Aleister Crowley. Nel suo libro, Faxneld sottolinea che molte autrici, come la poetessa lesbica francese Renée Vivien (pseudonimo di Pauline Mary Tarn, 1877-1909) e le
Chiaramente non tutti i sostenitori dell’aborto e del matrimonio gay sono satanisti. Di sicuro però tutti i satanisti approvano determinate pratiche e certe scelte politiche. romanziere, anch’esse lesbiche, Mary MacLane (18811929) negli Stati Uniti e Sylvia Townsend Warner (18931978) in Inghilterra, hanno aperto la strada al cosiddetto “femminismo satanico” e alla nascita dell’ideologia gender. Nei loro scritti, infatti, affermavano che Satana diede a Eva la possibilità di emanciparsi dal controllo patriarcale di Dio e di Adamo: per questo motivo, va celebrato e adorato come liberatore delle donne. Sempre in quanto simbolo dell’inversione e del rovesciamento, Satana insegna a scegliere liberamente la propria identità di genere, avallando così pure la pratica omosessuale. Queste autrici credevano pertanto nelle streghe, viste come donne libere, generalmente capaci di reinventarsi un’identità maschile oppure di affermarsi come lesbiche. Come si vede, in questi casi il collegamento fra adorazione del diavolo e ideologia gender è esplicito. Del resto, le testimonianze di Luca Di Tolve, ex militante gay, confermano tutto ciò: nei suoi incontri e nei suoi scritti ha, infatti, sempre ribadito di aver visto con i suoi occhi riti satanici in certi ambienti che frequentava quando era gay. Ma non finisce qui. Visitando – con sommo ribrezzo e orrore – i siti web di alcune sette sataniche, come ad esempio il Satanic Temple, si può ad esempio constatare che vengono sposate posizioni apertamente pro-choice. Un ex satanista statunitense, Zachary King, ha recentemente dichiarato che sta scrivendo un libro, “Abortion is a satanic sacrifice”, in cui racconta come il massimo tributo reso al diavolo sia offrirgli un
Zachary King: ha cominciato a “giocare” con la magia a 10 anni. A 13 è entrato in una setta satanica. Dopo 26 anni si è miracolosamente convertito. Ha scritto diversi libri, tra cui “Abortion is a satanic sacrifice” (L’aborto è un sacrificio satanico).
Federico Catani
Laureato in scienze politiche e religiose, è insegnante di religione. È giornalista pubblicista e collabora con ProVita.
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Michelangelo Buonarroti, Il peccato originale e la cacciata dal Paradiso, Cappella Sistina, SCV, 1510
bambino con un aborto. E confessa che lui stesso, in 26 anni di culto del maligno ha partecipato a oltre 140 cerimonie celebrate intorno donne incinte (di 9 mesi) su un lettino ginecologico. Il rito iniziava con un’orgia e spesso finiva con atti di cannibalismo. King ha anche rivelato che le sette sataniche hanno amici potenti tra i politici e soprattutto tra i medici e i paramedici che lavorano nelle cliniche dell’aborto. E, infatti, a volte il culto si celebra proprio dentro le cliniche abortiste. A tal proposito, non è un caso che recentemente, a seguito degli scandalosi video in cui si dà conto del truce mercanteggiamento di organi di bambini abortiti fatto da Planned Parenthood, a manifestare a favore dell’aborto davanti a una clinica del Michigan vi siano state anche un paio di dozzine di membri del Tempio Satanico di Detroit. In una sorta di rituale simbolico, a due donne inginocchiate hanno versato, addosso e in bocca, litri e litri di latte. Jex Blackmore, del Tempio Satanico, ha spiegato che il latte è simbolo della maternità che loro hanno rifiutato. I manifestanti avevano, tra gli altri, anche un cartello con su scritto: “Streghe per Planned Parenthood”. A quanto pare, tutto torna… Non molto tempo fa, in un’intervista concessa al quotidiano di Detroit Metro Times, Lucien Greaves, portavoce del gruppo satanista più noto degli Stati Uniti, “The Satanic Temple”, ha voluto presentare la sua setta come composta da persone per bene. E, infatti, questa è la nuova strategia: avere l’aria insospettabile in modo da strappare vittorie un tempo inimmaginabili. Lucifero è astuto e non vuole farsi scoprire, ecco perché, come scriveva Baudelaire, il suo più bel trucco è convincere che non esiste. O che non è poi tanto male. Greaves ha voluto precisare che nelle “stanze dei bottoni” il satanismo molte volte è di casa: politica, alta finanza, organismi internazionali sono composti da personale che strizza l’occhio agli angeli ribelli. Satana, come già ricordato, è simbolo della ribellione a Dio (“non serviam”). Pertanto, il Satanic Temple si dedica a campagne secolariste. Innanzitutto quella per i “diritti gay”, definita da Greaves “una delle cose che ci stanno più a cuore”. Evidentemente la sentenza
della Corte Suprema dello scorso giugno, non può che avergli fatto piacere, con buona pace dei buonisti di ogni tipo che si riempiono la bocca di “love is love”. Chissà che ne pensano i nostri che - nel momento in cui stiamo andando in stampa - si stanno adoperando per approvare la legge Cirinnà (col matrimonio gay camuffato da “unioni civili”). Far notare queste strane coincidenze forse farà storcere il naso ad alcuni e ci farà passare per fanatici. Ma i fatti sono fatti e bisogna prenderne atto. La gravità della situazione attuale ha portato persino a un grande esorcismo su scala nazionale. È accaduto in Messico lo scorso 20 giugno, quando due arcivescovi, otto esorcisti e un demonologo hanno supplicato Dio di allontanare dal Paese il male e la violenza, rappresentati particolarmente dalla depenalizzazione dell’aborto e dai tentativi fatti dallo Stato di legalizzare il matrimonio tra omosessuali. In effetti, come ricorda spesso anche padre Gabriele Amorth, in diversi esorcismi il demonio ha dovuto confessare che lui è il primo sponsor dell’aborto e della cultura gay. Il motivo è semplice: si tratta di distruggere il mondo e annientare l’uomo. E questo si può ottenere impedendo la procreazione, eliminando vite umane e ottenebrando la mente e la dignità con il degrado morale. Da qui alla dannazione eterna il passo è breve. Questo chiaramente non significa che tutti i sostenitori dell’aborto e del matrimonio gay o che vivano tali situazioni siano satanisti. Di sicuro però tutti i satanisti approvano determinate pratiche e certe scelte politiche. E ad ogni modo, dietro tutto ciò, per chi ci crede, vi è la longa manus di Lucifero. ■
Politica, alta finanza, organismi internazionali sono composti da personale che strizza l’occhio agli angeli ribelli.
Famiglia ed Economia
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La Scuola Libera “G.K.Chesterton”
L’homeschooling, o scuola parentale, è una possibilità per le famiglie di riappropriarsi del diritto - dovere di istruire ed educare la prole. Si può organizzare con pochi amici e tanta buona volontà. di Gian Paolo Babini Marco Sermarini, avvocato di San Benedetto del Tronto, è Presidente della Società Chestertoniana Italiana ed è alla guida della “Compagnia dei Tipi Loschi del beato Pier Giorgio Frassati”. Gli abbiamo chiesto di parlarci della Scuola Libera “G. K. Chesterton”, di cui è stato uno dei fondatori e che attualmente dirige. Come è nata la Scuola Libera G. K. Chesterton di San Benedetto del Tronto e cosa la distingue dalle altre scuole? Alcuni amici ed io avevamo i figli che avevano terminato la scuola elementare e si dovevano iscrivere alle medie. Fino ad allora avevano ricevuto una formazione cattolica all’asilo e alle elementari, che però non poteva proseguire con la scuola media. Ci domandammo se dovevamo necessariamente iscriverli alla scuola media o avremmo potuto fare altro. Venni così a sapere che, in base al Testo Unico delle leggi sulla pubblica istruzione, era possibile fare la cosiddetta educazione paterna (o parentale), cioè educare i propri figli a casa secondo le proprie convinzioni effettuando una semplice comunicazione alle autorità competenti. E’ un’ipotesi che trova fondamento nella stessa Costituzione italiana, esattamente all’art. 30, che riconosce il diritto di educare, istruire e far crescere i figli secondo le proprie idee e le proprie convinzioni, e all’art. 33, che stabilisce la libertà dell’insegnamento delle scienze e delle arti. E’ un tipo di istruzione diffuso anche all’estero, sia in Europa che negli USA (dove molti praticano l’homeschooling). Mia moglie ed io riflettemmo su questo con i nostri amici e ne coinvolgemmo altri. In principio, quando iniziammo a cercare gli insegnanti, furono molti i no: chi diceva che era già impegnato con la scuola statale, chi diceva che non condivideva le nostre idee e che credeva nella
Gian Paolo Babini
Avvocato, è membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Giuristi per la Vita, della quale è uno dei soci fondatori. E’ altresì curatore del blog www.maipiucristianofobia.org, che raccoglie materiali sulle discriminazioni dei cristiani nel mondo.
A giugno 2008 parte l’idea. A settembre erano quattro gli allievi. Adesso sono circa una settantina, divisi in tre classi di medie, cinque classi complete di liceo delle scienze umane con opzione economico sociale e tre classi di istituto professionale per periti elettronici. scuola statale - tra cui tanti buoni cattolici - ecc. A un certo momento una persona accettò e lo considerai un segno positivo. Era un giovane che non aveva mai insegnato, però aveva detto di sì e per me era più che sufficiente. Dopodiché incominciai a guardarmi intorno, perché non partivamo da zero, la nostra “Compagnia dei Tipi Loschi” aveva già creato un doposcuola e altre attività per avvicinare i ragazzi alla fede. Ho visto che tra i miei amici c’erano persone che potevano insegnare matematica, inglese, ecc., così abbiamo incominciato a costruire questa scuola. Sto parlando dei mesi di giugno e luglio 2008 e la scuola ha aperto a settembre di quell’anno! Come diceva la buon’anima di Chesterton: “Se una cosa vale la pena di farla, vale la pena di farla male!”. Voleva dire che se aspetti che tutto sia perfetto non incomincerai mai a fare nulla. A settembre erano quattro gli allievi. Dopo, piano piano, il numero è cresciuto e adesso sono circa una settantina, divisi in tre classi di medie, cinque classi complete di liceo delle scienze umane con opzione economico sociale e tre classi di istituto professionale per periti elettronici. Alla fine di ciascun anno scolastico la preparazione dei ragazzi viene verificata con un esame su tutte le materie, che si può sostenere presso una scuola statale o paritaria.
28 N. 34 - OTTOBRE 2015
Dire che i ragazzi devono studiare le materie scientifiche, perché questo li aiuterebbe a trovare un lavoro, è un’idea utilitaristica di educazione. A noi importa lo studio per lo studio: studiando si conosce il mondo, non si cerca un lavoro.
La scuola è stata dedicata a G. K. Chesterton che, stimolato dall’Enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, ideò - assieme a Belloc - il Distributismo, terza via rispetto a Capitalismo e Socialismo. Questo concetto quanto ispira il vostro lavoro?
mondo, non si cerca un lavoro. Se uno sa come sta il mondo, non avrà problemi a orientarsi anche per il lavoro, se invece uno deve piacere al mercato è uno che va dove vuole il mercato, è come un pollo dentro una stia. E’ una grande stia, ma sempre una stia rimane.
La maggior parte delle persone pensa che la forma principale di lavoro sia quella di lavorare per qualcun altro e non di lavorare per sé. Chesterton faticava per fare comprendere che vi era altro. L’idea distributista è sintetizzata nel motto “tre acri e una mucca”. Tre acri di terra e una mucca sono, infatti, sufficienti per vivere. E’ un motto buffo, ma significa che uno può vivere del suo, non necessariamente lavorando la terra, è ovvio, ma dedicandosi ad arti, mestieri, professioni, ecc., secondo le proprie attitudini. Il lavoro dipendente – sostenevano Chesterton e Belloc - è invece una nuova schiavitù. Sembra un’affermazione astrusa, ma in realtà non lo è. Mio padre, che ha novant’anni, viveva con mio nonno che faceva il contadino: non avevano salariati e la loro famiglia viveva libera, perché viveva del proprio. Era questa la libertà. Chesterton e Belloc cercavano la libertà nel lavoro, nell’economia e nella politica. Se tu lavori per qualcun altro, non sei libero, sei schiavo di qualcuno: che questo si chiami lavoro dipendente o schiavitù poco importa. Anche per tale motivo la nostra scuola si rifà all’idea delle arti liberali, perché è un’idea di apertura a 360 gradi al mondo, alla verità, a tutto. Adesso si dice che i ragazzi devono studiare le materie scientifiche, perché questo li aiuterebbe a trovare un lavoro, ma è un’idea utilitaristica di educazione. A noi questo non interessa, a noi importa lo studio per lo studio, come diceva John Henry Newman. Studiando si conosce il
In concreto cosa significa tutto ciò nel rapporto insegnante-allievo? Questo pensiero di fondo ha ispirato il nostro lavoro nella concezione del rapporto tra scuola e famiglie, nel modo di essere insegnanti e nella stessa metodologia di insegnamento. La nostra preoccupazione era, prima di tutto, quella di dare continuità alla formazione che avevamo dato ai nostri figli a casa e che essi avevano ricevuto sino ad allora anche all’asilo e alla scuola gestita da suore. Questa idea si basa sul presupposto che la scuola svolge una funzione sussidiaria nel processo educativo. La famiglia è il nucleo da cui dipende tutta la società, se noi lavoriamo con la famiglia tutto va bene, se noi lavoriamo contro la famiglia o
Famiglia ed Economia
comunque prescindendo - o meglio pretermettendo - la famiglia, siamo veramente in braghe di tela. Basiamo allora il nostro lavoro su un’alleanza educativa tra famiglie e scuola. In che modo? Prima di tutto facilita questo se si considera che la scuola è fatta da famiglie, tant’è che – nel nostro caso – alcuni insegnanti sono anche genitori di allievi. Io personalmente insegno religione. La titolarità del diritto e del dovere di educare è della famiglia, non della scuola. La scuola è un soggetto a cui affidiamo i figli. Tuttavia il tuo diritto-dovere di educare i figli lo puoi affidare a qualcun altro se hai un’alleanza stretta con lui, altrimenti questo “qualcuno” cosa racconterà ai tuoi figli? Cosa ti aspetti che accada? La maggior parte delle persone non capisce questo, perché standardizzata sull’idea che l’unica scuola possibile è quella statale, al massimo quella paritaria. L’idea che i genitori siano titolari del diritto di educare i figli è invece estranea alla maggior parte dei genitori. Molti accettano di mandare i figli, che so, dalle suore o in qualche scuola cattolica sino alla quinta elementare, dopodiché fanno dei discorsi del tipo: “I ragazzi si devono aprire al mondo”, ed è invece proprio il momento peggiore quello delle scuole medie. Tu esponi i tuoi figli a una follia, visto che li affidi a persone a caso, perché non è possibile che tutti i professori siano bravi e che abbiamo le tue stesse idee sulla vita, sulla morte, sull’educazione, sulla fede, sul lavoro. Come detto, alcuni nostri insegnanti hanno i propri figli che frequentano la scuola, cosicché essi, di fatto, lavorano per se stessi. Ma anche se non insegni ai tuoi figli, pensi che c’è qualcuno che ti ha affidato i suoi e allora è la medesima cosa. Una persona che lavora per sé non ha il problema di quante ore trascorre a insegnare. Se deve stare un’ora in più non è un problema. C’è poi l’idea di insegnare in un certo modo. Certo, usiamo i libri e facciamo
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tutto quello che fanno le scuole normali però, se possiamo fare vedere le stelle, portiamo i nostri ragazzi di notte a vederle dove il cielo è scuro, tipo le Piane di Castelluccio. Non abbiamo problemi di permessi, di sindacati, di altro, non ce ne frega niente, usciamo da casa e lo facciamo, siamo liberi (sono i nostri figli). Se devo fare vedere il Caravaggio, prendo i ragazzi, li carico su di un pullman e andiamo. Così, ad esempio, siamo andati a incontrare un artigiano che costruisce clavicembali, a visitare una fabbrica di scarpe, una fattoria. Siamo andati a studiare l’inglese in Irlanda, siamo andati pure in America dove c’è la nostra scuola gemella, la Chesterton Academy, che – per una curiosa coincidenza – è nata anch’essa nello stesso anno della nostra e il cui il fondatore, come me, è presidente della società Chestertoniana locale. Ci sono anche altre realtà simili alla vostra in Italia? La prima è stata la scuola di Sant’Ilario d’Enza in provincia di Reggio Emilia, nata una trentina di anni fa. Ora ne stanno sorgendo altre, molte a causa della questione del gender. Per noi il gender è uno dei problemi della società attuale, ma non è certo l’unico; tuttavia riconosco che sta diventando occasione per riappropriarsi dell’educazione dei propri figli. Come vi finanziate, visto che, non essendo una scuola paritaria, non ricevete sussidi statali? Manteniamo rette molto basse per far sì che venga più gente possibile. Certo, reperire fondi non è facile, ma ci industriamo: abbiano indetto una raccolta su internet, facciamo delle lotterie, ci sono donazioni spontanee e, da quest’anno, abbiamo iniziato a fare il “Chesterton Gala”, un momento bello, elegante, per autofinanziarci. Trovi sempre qualcuno che ti vuole bene e ti aiuta. E poi esiste la Provvidenza di Dio, che è un occhio che vede tutto. ■
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STOP MaTriMOniO STOP e adOziOni Gay! cirinnà! Sta per essere approvato alle Camere il ddl Cirinnà, che istituirebbe di fatto il matrimonio gay in Italia, e che aprirebbe le porte anche all’adozione per le coppie omosessuali. Il DDL Cirinnà è: Pretestuoso › perché quasi tutti i diritti che si reclamano per i conviventi sono già riconosciuti dall’ordinamento; Contrario › all’art. 29 della nostra Costituzione in quanto prevede un regime sostanzialmente identico al matrimonio per coppie dello stesso sesso; Deleterio › per il futuro dei bambini in quanto favorirebbe il ricorso all’aberrante pratica dell’utero in affitto all’estero; In conflitto › con il principio di uguaglianza e non discriminazione che impone non solo di trattare ugualmente situazioni uguali ma anche di trattare diversamente situazioni diverse; Discriminatorio › verso le persone, come gli ufficiali di stato civile, che non potranno usufruire del loro diritto alla libertà di espressione e di religione; Dannoso › ogni legge ha una forza pedagogica e situazioni problematiche e innaturali sarebbero percepite dalla collettività come “normali”.
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Francesco Agnoli Creazione ed evoluzione: dalla geologia alla cosmologia. Stenoné, Wallace e Lemaître Cantagalli Creazione ed evoluzione: due parole che destano immagini scientifiche e dibattiti ad ogni livello. C’è accordo o disaccordo, tra questi due concetti? Compatibilità o incompatibilità? Si può conciliare la fede in un Dio Creatore fuori del tempo e dello spazio e le nostre conoscenze attuali sul divenire cosmico? Si tratta di una questione che appassiona scienziati, filosofi e teologi, e che difficilmente troverà una soluzione condivisa e indiscutibile, ma che viene qui indagata a partire dalla vita e dal pensiero di tre personaggi che lo hanno affrontato da molto vicino: il padre della geologia, e cioè dello studio dell’evoluzione della Terra, Niccolò Stenone; il co-scopritore della selezione naturale in biologia, Sir Alfred Wallace; il padre della teoria del Big Bang, Georges Edouard Lemaître.
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