ProVita Novembre 2015

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POSTE ITALIANE S.p.A. | Spedizione in AP - D.L. 353/2003 | (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) | art. 1, comma 1, NE/PD | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003 | Contributo spese suggerito € 2,80

Padova CMP Restituzione

Notizie

“nel nome di chi non può parlare” Anno IV | Rivista Mensile N. 35 - Novembre 2015

La teoria gender: una rivoluzione antropologica

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- Sommario Editoriale

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“nel nome di chi non può parlare” RIVISTA MENSILE

Edizione speciale: gender - Le radici del male “Mamma, perché Dio è maschio?”

N. 35 - NOVEMBRE 2015

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Antonio Brandi

Chi ci guadagna? 6

Editore ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Codice ROC 24182

Federico Ferrari

Redazione Antonio Brandi, Alessandro Fiore, Andrea Giovanazzi Piazza Municipio 3 - 39040 Salorno (BZ) www.notizieprovita.it/contatti - Tel. 329 0349089

Edizione speciale: gender - Negare la realtà

Direttore responsabile Antonio Brandi

Identità sessuata e teoria del gender: dalla biologia all’ideologia

Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi

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Direttore ProVita Onlus Andrea Giovanazzi

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Impaginazione Massimo Festini

Massimo Gandolfini

“E i due saranno una cosa sola” Daniele Sebastianelli

Tipografia

Edizione speciale: gender - Ma se c’è, dov’è? L’ideologia del gender nei mass media e gli stereotipi da combattere

Distribuzione MOPAK SRL, Via Prima Strada 66 - 35129 Padova

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Alba Mustela

La moda del transgenderismo

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Romana Fiory

Come è arrivata l’ideologia gender nella scuola

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Alessandro Fiore

Gender a scuola: cosa fare? Federico Catani

Sostieni le nostre attività di solidarietà sociale, al fine di difendere il diritto alla vita e gli interessi delle famiglie, dei bambini delle madri, richiedi l’abbonamento al mensile Notizie ProVita (11 numeri).

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Francesca Romana Poleggi

L’offensiva istituzionale del gender

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Antonio Brandi, Federico Catani, Federico Ferrari, Alessandro Fiore, Romana Fiory, Massimo Gandolfini, Alba Mustela, Francesca Romana Poleggi, Daniele Sebastianelli

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• € • € • € • € • €

20,00 30,00 60,00 100,00 250,00

contributo studenti e disoccupati contributo ordinario contributo sostenitore contributo benefattore contributo patrocinatore

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L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto. Fonte immagini: Freepik.com


Editoriale

Editoriale

Abbiamo realizzato questo numero speciale di Notizie ProVita perché tanti lettori ci scrivono preoccupati per le cose che accadono nelle scuole dei loro figli. Perciò abbiamo pensato di approfondire il tema del gender, in seguito al nostro numero di febbraio, e offrire una più ampia panoramica su questo argomento: esiste o non esiste la teoria del gender? E se c’è, dov’è? Corrono pericolo i bambini a scuola? Consigliamo sempre di leggere il Vademecum che abbiamo pubblicato on line, che è riassunto a pag. 29, e che presto sarà disponibile in edizione cartacea riveduta e approfondita. Indubbiamente l’arma migliore per i genitori che vogliono salvaguardare i propri figli è la richiesta di consenso informato . Resta, poi, comunque il diritto e dovere dei genitori di vigilare e di esercitare la prerogativa di “istruire ed educare la prole” come vuole la nostra Costituzione e come sanciscono i trattati internazionali e il diritto naturale. Non bisogna, però, perdere la calma. Bisogna essere cortesi e collaborativi. E’ importante capire che le ignobili linee guida dell’OMS, in quanto linee guida, non sono una legge. Ma esse sono ispirate a quell’ideologia nefasta che comprende non solo il gender in senso stretto, ma l’omosessualismo e la sessualizzazione precoce dei bambini, che mira a “decostruire” i valori, la famiglia naturale e, in ultima analisi, l’individuo. E’ quella “cultura della morte” di cui parlava Giovanni Paolo II, è quel “relativismo etico” di cui parlava Benedetto XVI, è la “colonizzazione ideologica” di cui parla Francesco. E’ un’ideologia che ha radici malvage che arrivano fino ai tempi della rivoluzione francese. Radici che affondano nel marxismo culturale, e dal ‘68 in poi germogliano e si riproducono dappertutto, sempre più indisturbate.

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La rivoluzione del “gender”, una rivoluzione antropologica Oggi, i documenti dell’ONU, le risoluzioni dell’UE, i famigerati libretti dell’UNAR, o il “Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” si ispirano a questa ideologia. Sono improntati a “idee” che sono di pochi. Ma, chi ce le ha, ha i soldi e tenta molto subdolamente, a poco a poco, di insinuarle nelle teste di tutti, soprattutto dei più piccoli. Di solito lo fanno in modo cauto, con doppi sensi, infilando idee malvage in mezzo a tante cose giuste: sì al rispetto, no alla discriminazione, no alla violenza, no al bullismo… Pure nel documento dell’OMS ci sono scritte anche cose vere e giuste. Molto, alla fine, dipende dalle persone che impartiscono le lezioni ai nostri figli: lo stesso progetto di educazione all’affettività può essere svolto da insegnanti di buon senso oppure da chi comincia a parlare ai bambini o ai ragazzi di sesso, in modo prematuro e non opportuno oppure in modo completamente sconnesso dalla morale e dai valori di rispetto del corpo e del pudore che normalmente (senza esagerazioni in senso opposto) le famiglie cercano di trasmettere. Purtroppo però il pericolo che il gender (e tutte quelle idee di cui sopra) ci si infili nella testa (non solo dei figli, ma anche la nostra) non viene solo dalla scuola. Anzi. Il pericolo maggiore è in TV, al cinema, nei talk show, su internet, nelle mode e nei “modelli” che ci propongono. E lì la battaglia è davvero dura: per preservare noi stessi e i nostri figli non c’è nessun “consenso informato” che ci possa aiutare. Tuttavia noi di ProVita siamo certi che la ragione e il buonsenso trionferanno! ​ Antonio Brandi


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Antonio Brandi

Imprenditore di professione, si dedica alla difesa dei diritti dei più deboli per passione. Per dar voce a chi non ha voce ha fondato e dirige Notizie ProVita.

Né maschio né femmina... o un po’ dell’uno e un po’ dell’altra... o nessuno dei due?

“Mamma, perché Dio è maschio?”

Chissà se la Torti conosce l’associazione inglese Women and the Church, che vuole eliminare i riferimenti al Creatore in senso maschile: il “Padre Nostro” dovrebbe diventare “Madre nostra”. Anche Dio è uno stereotipo di genere! di Antonio Brandi Fiabe, modelli familiari, immagini televisive o pubblicitarie, libri scolastici: a tutto questo, e ad altro ancora, attingono i bambini e le bambine alle prese con la costruzione della propria identità e con la percezione del proprio genere. E, per genere, come scrive Rita Torti, autrice del libro “Mamma, perché Dio è maschio?”, si intende “l’insieme di quelle culture, storie, ma anche stereotipi, che si sono accumulati nel tempo e che ci fanno percepire quello che significa nel contemporaneo essere donna o essere uomo”. Genere è il significato sociale e culturale che viene attribuito al corpo maschile e femminile. Tali imperativi possono divenire dei “‘dover essere’ faticosi, talvolta dolorosi, in ogni caso degli ostacoli allo sviluppo e crescita libera soprattutto di chi è piccolo o piccola”, afferma l’autrice e si chiede “come liberare i bambini e le bambine da immagini che prescrivono certe attività o propensioni cosiddette naturali per i due sessi?”. La Torti si lamenta, per esempio, che la gestione dell’infanzia e della casa siano ancora quasi totalmente appannaggio femminile e cita Chiara Valentini: “Credere che allevare i bambini e crescerli spetti alla madre è frutto di modelli culturali e sociali che vengono da lontano, di stereotipi che non si vogliono mettere in discussione e che sono molto utili per mantenere i privilegi di un genere sull’altro”. Perciò la Tosti, la Valentini ed altri “teorici” del genere sono convinti che sia diffusa una divisione di caratteri, competenze ed obiettivi diversi per maschi e femmine che sono ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che la nostra società considera appropriati per donne e uomini. Riguardo a queste diverse attitudini degli uomini e delle donne, “imposte dalla società”, questi teorici del genere non sono forse al corrente del “paradosso norvegese”: una interessante esperienza che ci viene dal nord Europa, considerato “faro di civiltà”. Per più di 30 anni,

I nostri media negano che esista l’ideologia del gender, pur sostenendola e propagandandola, e non ci raccontano dell’esperienza che viene dal “civile” nord Europa… milioni e milioni di Euro di fondi pubblici sono stati investiti nel “Nordic Gender Institute”, fin quando le Autorità non hanno preso consapevolezza dell’esistenza di studi rigorosi che mostrano che la teoria gender è priva di basi scientifiche. Tre esempi fra tanti: Il prof. Lippa ha condotto uno studio su 200.000 soggetti in 53 paesi ed ha confermato che gli uomini tendono natu­ ralmente a scegliere professioni diverse dalle donne e viceversa: anzi, quanto più era alto il livello di “pari oppor­tunità” per uomini e donne nel paese studiato, tanto più risultavano differenti le scelte compiute dagli uomini, da una parte, e dalle donne dall’altra. Il prof. Disieth, del National Hospital di Oslo, ha studiato, invece, le differenze di genere, con l’aiuto di giocattoli tipi­ camente maschili (come macchinine, palloni, ...) ed altri femminili (bambole, ecc.). Ebbene, bambini di pochi mesi lasciati liberi di fronte a questi giocattoli si sono diretti in modo spontaneo (tendenzialmente) verso i giocattoli considerati appropriati al proprio sesso. Il prof. Simon Baron-Cohen del Trinity College di Dublino ha invece condotto uno studio su neonati osservando il comportamento degli stessi davanti a due tipi di immagini: quella di un dispositivo meccanico e quella di un volto. Egli ha riscontrato che la neonata, mediamente, passa più tempo ad osservare il volto e il neonato è invece media­mente più interessato al dispositivo meccanico. Nei nidi dei reparti maternità è stato rivelato che quando un neonato piange, normalmente le femmine “si


Edizione speciale: gender - Le radici del male

L’amore materno è un mito che gli uomini hanno creato per far sì che le donne pensassero che loro svolgono questo lavoro meglio di chiunque altro?L’istinto materno femminile è una costruzione culturale? interessano” e piangono con lui, mentre i maschi restano “indifferenti” a dormire. In seguito al video realizzato da un noto comico norve­gese, che ha messo in luce i risultati di questi studi, le Autorità di Oslo hanno deciso di ritirare i finanziamenti al “Nordic Gender Institute” il quale, successivamente, ha dovuto chiudere. Strano che i nostri media negano che esista l’ideologia del gender, pur sostenendola e propagandandola, e non ci raccontano dell’esperienza che viene dal “civile” nord Europa. In tutto il libro della Torti, destinato a docenti ed educatori, vi sono continui riferimenti al genere ed alla necessità di superare gli stereotipi di genere. Nella terza parte si accusa anche la Chiesa di aver promosso la società patriarcale e di aver sempre messo le donne in posizione di inferiorità, dimenticando la Vergine Maria Immacolata e Assunta in cielo (“umile e alta, più che creatura”) e dimenticando che, nei vangeli, le donne sono spesso quelle più vicine a Gesù; sono le uniche persone ad accompagnare il Signore nel suo viaggio attraverso la sofferenza verso la morte e sono i primi testimoni della resurrezione. La frase di Simone De Beauvoir, citata dalla Torti, «Donna non si nasce, lo si diventa» rappresenta lo slogan che sintetizza la teoria del gender. Essa parte dall’ipotesi che maschi e femmine - al di là del sesso biologico - non siano naturalmente differenti. Il processo di differenziazione delle rispettive identità sarebbe unicamente un prodotto sociale/culturale legato all’apprendimento, fin dalla più tenera età, di stereotipi che vedranno la bambina assumere certi comportamenti, mentre il bambino altri. Sono la famiglia e la società, quindi, ad imporre il “genere”. Chaz Bono afferma che «La tua identità di genere riguarda chi sei, cosa ti senti di essere ed il sesso che vuoi manifestare» e il giudice della Corte Suprema, Ruth Bader Ginsburg ha dichiarato: «L’amore materno non è nato come tale. In un certo senso è un mito che gli uomini hanno creato per far sì che le donne pensassero che loro svolgono questo lavoro meglio di

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chiunque altro». Perciò, secondo questi “filosofi”, non esiste niente di innato al di là dell’aspetto genitale-fisico: l’istinto materno femminile sarebbe una costruzione culturale (un ruolo creato da una cultura maschilista per liberarsi dall’obbligo di seguire i figli) al pari dell’idea che l’uomo sia fisicamente più forte della donna (la donna sarebbe fisicamente più debole perché per millenni la cultura maschilista l’avrebbe relegata ad una dimensione domestica e non le avrebbe permesso di sviluppare la sua forza). La femminista radicale Judith Butler sostiene che «Portata alle logiche conseguenze, la distinzione sesso/ genere suggerisce una discontinuità radicale tra i corpi sessuati e i generi costruiti socialmente». Perciò, ciascuno può avere un proprio “genere”, secondo le convenzioni sociali o secondo ciò che uno “sente” di essere: gay, lesbica, bisessuale, transessuale, transgender e decine di altri “generi” (ultimamente alcuni ne contano 71), indipen­ dentemente dal proprio corpo sessuato. La cosa più assurda di questa bizzarra ideologia è che chi la sostiene non si preoccupa minimamente del fatto che le sue affermazioni sono contraddette palesemente dalla scienza, oltre che dal senso comune. Che le differenze psicologiche tra i sessi siano naturali e strettamente connesse alle differenze biologiche, in ultima analisi dipendenti dalla distinzione genetica fondamentale tra il maschile (presenza del cromosoma Y) e il femminile (assenza del cromosoma Y), è talmente evidente da risul­ tare quasi imbarazzante il doverlo dimostrare. “Mamma, perché Dio è maschio?” è un libro molto pericoloso perché, insieme a poche affermazioni condivisibili come la critica alla pubblicità e ai media che spesso rappresentano la donna come un oggetto sessuale, fa una continua propaganda delle teorie di genere. L’ ideologia del genere vuole scatenare la più radicale e più pericolosa rivoluzione antropologica che la società umana abbia mai visto dal suo inizio. Milioni di euro sono spesi dagli enti locali, dal MIUR e dall’ UNAR per promuovere il genere, e di conseguenza l’omosessualità e la transessualità, fra gli studenti e i bambini, sin dagli asili. I progetti di questo tipo, con il pretesto di educare all’uguaglianza e di combattere le discriminazioni, il bullismo e la violenza, spesso promuovono l’indifferentismo sessuale, ignorano le differenze e la complementarietà fra i due sessi, equiparano ogni orientamento sessuale e ogni tipo di “famiglia”, e operano una sessualizzazione precoce, insinuando nei bambini una pericolosa confusione psico-fisica.

Nei “corsi base” di catechismo si è sempre insegnato che Dio non è né maschio né femmina e qualsiasi cristiana ragionevole si sente più che ben rappresentata nelle sfere celesti dalla Beata Vergine Maria. L’Antico e Nuovo Testamento è pieno di riferimenti all’Amore divino come amore di una madre per i suoi figli. Del resto, se l’Amore di Dio è perfetto, è superiore e incomprensibile a noi umani. Ma, come minimo, è certamente il massimo di quello che noi possiamo immaginare: l’amore di una madre e di un padre, insieme, complementari.


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Chi ci guadagna?

Sta diventando un segno di liberazione, evoluzione, civiltà, dichiarare al mondo: “Mi* figli* è trans”. E il mercato, ovviamente, segue con interesse la nuova moda. di Federico Ferrari A Milano, dal 2 al 4 ottobre, ha avuto luogo la prima Convention sul business LGBT. L’obiettivo era quello di dimostrare come negli affari la causa LGBT porti ricchezza. L’evento è stato organizzato dall’Associazione LGBT “Edge” (Excellence & Diversity by Lgbt Executives”), sono intervenuti politici e imprenditori, e ha avuto il patrocinio del Comune di Milano. Recentemente, è venuto in Italia, ospite dell’Ambasciata USA, Justin Nelson, cofondatore e presidente della americana “Camera di Commercio per Gay e Lesbiche”. Ha spiegato lo scopo delle conferenze che terrà: “Vorrei far capire che escludere i gay è nocivo specialmente per il business”. Infatti, secondo Nelson il mercato gay in Italia vale 120 miliardi di euro (880 miliardi di dollari negli USA). Ed è per questo che negli Usa le grandi imprese e colossi finanziari hanno costretto la politica ad ascoltare quello che avevano da dire: la politica è particolarmente sensibile alle ragioni dell’economia. “Anche in Italia può accadere lo stesso”. Anche perché a chi non si dimostri gay friendly gli affari non potranno che andare male! Afferma Nelson: “Se in Italia non esiste ancora una legge sui matrimoni gay o sulle unioni civili, allora occorre far sapere alle imprese che devono diventare alleate di questo diritto… Avere le aziende dalla propria parte è importante perché i politici ascoltano con attenzione il mondo del business. Se l’economia e la finanza americana non avessero dato il supporto alle nozze gay, forse saremmo ancora agli albori…” In definitiva, mentre in una società normale è la politica che decide gli obbiettivi, l’economia studia i mezzi e le risorse a disposizione per raggiungerli e la finanza è semplicemente uno strumento dell’economia, oggi chi comanda è la finanza e il dio profitto. Infatti, tutti i grandi media e i principali partiti in

Occidente si sono schierati con l’ideologia del gender, a favore dei matrimoni e le adozioni gay e la cosiddetta educazione sessuale nelle scuole. L’ideologia, che si rifà alla scuola di Francoforte, quindi a Marcuse, Adorno, al pansessualismo Freudiano e alla rivoluzione sessuale di Reich, vuole capovolgere tutti i parametri antropologici sui quali si è basata la società umana dal suo inizio. Ma al di là dell’impianto ideologico ci sono grandi interessi finanziari. - Secondo l’ideologia del gender e l’indifferentismo sessuale che ne deriva, non è necessario essere biologicamente maschio e femmina per mettere su famiglia. Quindi ben vengano i matrimoni gay con tanto di adozione: “basta l’amore”. Già il solo matrimonio gay, la semplice celebrazione, e i festeggiamenti che ne derivano, è calcolato che muovono un indotto miliardario: Forbes ha valutato che col matrimonio gay il PIL americano aumenterà di 9,5 miliardi. Ma la cosiddetta “famiglia” omogenitoriale non è in grado di procreare. Quindi, in caso di due lesbiche, si dà un notevole impulso alla fecondazione artificiale. Secondo Research and Markets, istituto leader di ricerche, il business mondiale della fecondazione artificiale si attestava attorno ai 9,3 miliardi nel 2012 e, di qui al 2020, favorendo sempre più l’accesso a tali tecniche anche a coppie dello stesso sesso, potrebbe diventare di circa 21,6 miliardi. Nel caso di due maschi si muove la stessa fecondazione artificiale e in più l’industria schiavista dell’utero in affitto. Comprare un bambino, a Milano, per esempio, costa mediamente 100 mila euro.

Le sole nozze gay, la semplice celebrazione, e i festeggiamenti che ne derivano, è calcolato che muovano un indotto miliardario.


Edizione speciale: gender - Le radici del male

La “pseudo-famiglia” omogenitoriale non è atta a procreare. Perciò, legalizzando il matrimonio gay si dà notevole impulso al giro d’affari miliardario della fecondazione artificiale e dell’utero in affitto. - Quanto alle operazioni di cambiamento di sesso, secondo alcune fonti LGBT si tratterebbe di una persona su 30.000 tra i maschi e una persona su 100.000 tra le femmine che cambiano sesso ogni anno. Sembra una valutazione esagerata. Secondo la Reuters, invece, sono 25.000 le persone che cambiano sesso ogni anno e il numero è in crescita. Vediamo i costi dell’operazione: arrivano fino a 30.000 dollari. Se consideriamo una media di 20.000 euro, e consideriamo l’ipotesi minimale di Reuters, il business si aggira intorno ai 500 milioni di euro annui, senza contare i costi dei trattamenti ormonali prima e dei farmaci prima e dopo l’operazione. - Ora chiediamoci chi trae vantaggio dalla sessualizzazione precoce dei nostri bambini, promossa in primis (ma non solo) dagli ideologi del gender per abbattere gli stereotipi. I bambini che ricevono informazioni sessuali sbagliate e prima del tempo in cui sono psicologicamente e fisicamente pronti a riceverne, sono spinti ad avere rapporti sessuali precoci. Lasciamo correre la questione morale, le gravidanze indesiderate, gli aborti e le malattie veneree (che sono in notevole espansione, nei paesi ricchi e spregiudicati). Guardiamo ai numeri dell’industria dei contraccettivi: sempre secondo Research and Markets, ricavava 15,5 miliardi di dollari nel 2010 che dovrebbero arrivare a 19,2 miliardi di dollari nel 2017. Inoltre, i bambini che ricevono un’educazione sessuale prematura e sbagliata divengono più facilmente di altri vittime della pornografia.

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L’industria del porno, secondo numerose fonti come NBC, ha un fatturato che si aggirava intorno ai 97 miliardi di dollari nel 2006. Alcune stime per il 2010 hanno calcolato il business mondiale del porno a 145 miliardi. E’ difficile trovare statistiche accurate per l’intero settore poiché una buona parte dell’industria opera in maniera sotterranea e gran parte delle compagnie dedite alla produzione o alla distribuzione della pornografia non pubblicano bilanci. Ma dire che nel 2015 siamo vicini ai 200 miliardi sembra essere una stima non esagerata. Un esempio: “Gola profonda”, il film che rese famosa la Lovelace nel 1972, costò complessivamente 25.000 dollari e ne incassò nelle varie trasmissioni mondiali 100 milioni, che divennero 600 con l’uscita in home video. La logica del profitto, in una cultura materialista, edonista e consumista, purtroppo supera qualsiasi altra considerazione. Un esempio: la Bayer tenne nascosti gli effetti collaterali della pillola contraccettiva “Yasmin”. Non è difficile immaginare il perché: nel 2008 la vendita della pillola aveva prodotto un miliardo di euro. Le autorità tedesche parlarono di 7 donne morte e fra il 2004 e il 2008 negli USA ce ne furono 50. Pensiamo anche a quanti farmaci sono necessari al sesso libero, oltre gli anticoncezionali: il famoso Viagra (sildenafil), di cui sono sempre stati nascosti gli effetti collaterali come diarrea, vomito, cefalea e vampate, produce introiti per un 1 miliardo di sterline l’anno. - Ci dobbiamo anche chiedere perché circa 400 grandi compagnie e multinazionali americane hanno scritto alla Corte Suprema degli Stati Uniti affinché la stessa approvasse i matrimoni gay: dalla Apple a Bill e Melinda Gates, la Coca Cola, dalla Open Society di George Soros, alla MacArthur Foundation, dalla Fondazione Ford, alla Goldman Foundation, e poi


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George Soros. Con i Gates, i Rockefeller e altri grandi potenti della finanza internazionale hanno sempre sovvenzionato contraccezione, aborto ed ora attivismo LGBT: per ridurre la popolazione mondiale?

la Rockefeller Foundation, la Kodak, l’American Airlines, la Pepsi, Nike, Motorola… Perché i cospicui finanziamenti che le associazioni Lgbt ricevono da parte delle grandi multinazionali in questione? Perché la particolare attenzione che gli organismi sovranazionali pongono nei confronti della promozione dell’ideologia di gender (basti pensare alle famigerate linee guida che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha introdotto negli standard per l’educazione sessuale in Europa)? Federico Iadicicco, coordinatore del Dipartimento Vita e Famiglia del partito Fratelli d’Italia, al convegno che si è tenuto il 30 settembre scorso all’Angelicum di Roma, organizzato anche da ProVita, ha spiegato nella sua relazione che “dalla disgregazione dei corpi intermedi nasce l’uomo solo, consumatore e suddito perfetto”. La decostruzione antropologica derivante dal gender, dall’omosessualismo, dal transgenderismo, dall’ipersessualizzazione della società e delle nuove generazioni, favorisce il potere economico di questi “grandi della Terra”. Ha detto Iadicicco: “L’involuzione del sistema economico mondiale ha prodotto la concentrazione del capitale nelle mani di pochissimi che prediligono la speculazione finanziaria e lo sfruttamento della manodopera a basso costo tramite le delocalizzazioni piuttosto che investire e intraprendere al fine di accrescere la ricchezza comune. Questi pochi hanno ormai una capacità finanziaria così grande da poter determinare e influenzare le scelte politiche. Il potere politico subisce l’influenza di questi potentati economico-finanziari ed ha ormai perso la sua autonomia decisionale. Questi poteri puntano ora alla disgregazione di tutti i corpi intermedi, distruggendo i legami comunitari e relazionali con il chiaro obiettivo di ampliare il loro potere rendendo l’uomo sempre più solo e incapace di relazioni. Distruggere la famiglia significa rendere l’uomo solo, consumatore e suddito perfetto, un uomo

che consuma compulsivamente al fine di colmare la sua solitudine e non è più in grado di intessere relazioni sociali e comunitarie che possano creare un’insidia alla gigantesca industria che ci governa. La prospettiva però più pericolosa, il vero salto di qualità per questi poteri finanziari avviene con la pratica dell’utero in affitto: quando l’uomo non saprà più chi sono sua madre e suo padre, quando avranno distrutto anche i legami genitoriali e con essi la nostra stessa identità, solo allora il loro disegno sarà compiuto”. “In tutte le Nazioni del cosiddetto Occidente sono promosse leggi contro la famiglia: una legge contro l’ “omofobia” per mettere il bavaglio a chi la pensa in altro modo, una legge sulla diffusione della teoria del gender nelle scuole per strumentalizzare i nostri bambini, un intervento per abbreviare e semplificare i tempi e modi del divorzio che diviene una banale pratica da studio legale e infine una legge che introduca il matrimonio e le adozioni omosessuali. Una vera e propria agenda dettata dagli organismi sovranazionali eterodiretti dalle oligarchie finanziarie”. Un ultimo esempio. Il business dei sexy toys e delle attrezzature più o meno “serie” fatte per assecondare le fantasie di chi non è soddisfatto dal piacere che trae “dell’attrezzatura” che gli fornisce la natura è roba vecchia. In genere, infatti, si dice che per i sexy shop non c’è mai la crisi economica.

La sessualizzazione precoce dei bambini conviene al mercato del porno e della contraccezione.


Edizione speciale: gender - Le radici del male Adesso, allora, il business si mette al passo con i tempi: nascono “attrezzi” (in silicone di ottima qualità, igienici, ecc.) adatti a bambini e adolescenti. Delle giuste dimensioni e proporzioni. Non bastano le “sexy box” con i genitali di peluche per i più piccini, che giravano per le scuole primarie della Svizzera qualche tempo fa. Oggi, on line, pronta consegna, a prezzi modici, si vendono peni posticci in lattice, materiale di ottima qualità, molto richiesti dai genitori per i loro bambin*. Ci sono vari modelli, di vario genere e funzionalità. Ci sono, per esempio, degli affari che le femmine possono mettere tra le gambe per fare pipì in piedi, e - ovviamente - la biancheria intima di contorno. Ripetiamo: non solo roba per adulti, ma anche roba per bambini e adolescenti (modelli esclusivi per bambin* dai 5 ai 12 anni, di diverso colore o peso, circoncisi o non circoncisi). Anzi il sito Tranzwear, per esempio, si premura a dire che genitori e terapeuti ne fanno grande richiesta per aiutare i bambini nella “transizione”. In home page, poi, c’è un avvertimento molto serio: “In nessun modo sono destinati a sessualizzare il vostro bambino, né vanno presentati come “sexy toys”, come invece dicono “i gruppi di odio” … Sosteniamo terapeuti e famiglie perché quegli attrezzi servono a far sentire i bambini sicuri nel loro corpo, a casa, a scuola, e al parco giochi”. Andando a leggere nel dettaglio, vincendo un certo disgusto comprensibile solo a causa della nostra transfobia e del nostro “odio”, apprendiamo

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La “liberazione” dei bambini dagli “stereotipi” ingenera confusione sessuale e disforia di genere: perciò foraggia il mercato della chirurgia per il cambiamento del sesso.

che alcuni di quei “cosi” sono particolarmente adatti a una penetrazione non profonda (c’è scritto così). Quindi, ci chiediamo, non servono come sexy toys? Ovviamente il sito richiede che siano i maggiorenni ad accedere e acquistare. Lo faranno, quindi i genitori premurosi per dotare i propri figliol* di tutto il necessario per vivere con soddisfazione la loro identità di genere. Magari sarà roba utile anche a qualche pedofilo? Chissà. I pedofili, comunque, ne sanno anche fare a meno di tutta questa attrezzatura.

Secondo The Telegraph, il quotidiano inglese, i “generi” sono 71: i simboli indicati in questa foto non sono sufficienti



Edizione speciale: gender - Negare la realtà

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Identità sessuata e teoria gender: dalla biologia all’ideologia

Le tecnologie più avanzate ci hanno consentito di documentare differenze anatomiche e funzionali fra il cervello del maschio e quello della femmina: la critica scientifica all’ideologia gender è rigorosa e inattaccabile. di Massimo Gandolfini

La premessa necessaria per affrontare il tema in oggetto è precisare che lo strumento di lavoro adatto è la ragione. Si racconta che S.Tommaso fosse solito iniziare le sue conferenze mostrando all’auditorio una mela, accompagnando quest’atto con le parole: “Questa è una mela. Chi non è d’accordo può andar via”. Lo stesso K.Popper, uno fra i più autorevoli rappresentanti della filosofia relativista, affermò che la “corrispondenza al reale” è principio ineludibile per analizzare ogni tematica in termini di rigore oggettivo. La domanda di fondo da cui dobbiamo partire è la seguente: maschio o femmina è una realtà oggettiva o una libera scelta soggettiva? Maschio o femmina si nasce o si sceglie di diventarlo? Il nostro specifico sesso è un apriori che ci siamo trovati addosso oppure è il frutto di una opzione personale? In termini ancora più generali, l’essere umano si presenta sulla scena della storia con un dimorfismo sessuale ben preciso che conosciamo dai primordi dell’umanità oppure è un essere asessuato o pansessuale che si autodetermina secondo un genere arbitrario? La biologia ci insegna che esistono due sessi, maschio e femmina, ciascuno portatore di caratteristiche differenti e complementari, secondo

La “corrispondenza al reale” è principio ineludibile per analizzare ogni tematica in termini di rigore oggettivo.

Massimo Gandolfini

Neurochirurgo e psichiatra, padre di sette figli e nonno di due nipotini, direttore del Dipartimento di Neuroscienze della Fondazione Poliambulanza dell’Istituto Ospedaliero di Brescia. Membro della Commissione etica dell’Ordine dei Medici della Provincia di Brescia, è anche Consultore neurochirurgo della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi presso la Santa Sede. Membro del Consiglio esecutivo di Scienza & Vita, è presidente di Vita è.

un progetto ben definito: il patrimonio cromosomico genetico. In tutte le cellule del nostro organismo, fra i 46 cromosomi che caratterizzano la specie umana, ve ne sono due, chiamati X e Y, cromosomi sessuali, che condizionano la strutturazione e lo sviluppo dell’organismo secondo le due linee del maschio o della femmina, con i correlati caratteri sessuali, primari e secondari. Questa sessuazione dimorfica coinvolge l’intero corpo umano, cervello compreso, tanto che oggi si parla di cervello maschile e cervello femminile. Le tecnologie più avanzate di neuroimaging - quali la RMN funzionale e la SPECT - ci hanno consentito di documentare differenze anatomiche e funzionali fra il cervello del maschio e quello della femmina. Senza entrare in dettagli troppo tecnici, possiamo dire che il primo è caratterizzato da una rigida lateralizzazione delle funzioni simboliche, quali il linguaggio, con aree funzionali specifiche nell’emisfero


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Perfino la pedofilia è entrata nel dibattito dei possibili generi a disposizione. dominante (solitamente il sinistro). Al contrario, nella donna vi sono aree deputate al linguaggio anche nell’emisfero destro, e il sistema di interconnesione fra i due emisferi (soprattutto il corpo calloso) è maggiormente rappresentato - anatomicamente e funzionalmente - rispetto al maschio. Tutto ciò ci dà ragione di quanto la psicologia del comportamento ci dice da molti anni: il funzionamento della mente è differente fra maschio e femmina. Il maschio è caratterizzato, in linea di massima, da un pensiero che definiamo “lineare”, cioè in grado di gestire appieno un compito per volta, mentre il cervello femminile appare idoneo a gestire adeguatamente - con ottimi risultati - più compiti contemporaneamente. Per questa ragione lo denominiamo pensiero “circolare”, cioè non sequenziale. Non senza una certa dose d’ironia, si dice che le donne sono “multitasking” e gli uomini no! Ma da dove origina questa differenza che coinvolge la totalità del nostro corpo? Deriva dal patrimonio genetico, dai cromosomi, che abbiamo ereditato dai nostri genitori. La mamma ci ha trasmesso 22 autosomi ed un cromosoma sessuale, il cromosoma X, tramite il gamete femminile, l’ovocita o cellula uovo, mentre il papà, insieme ai suoi 22 autosomi, ci ha dato un cromosoma sessuale che può essere X o Y, tramite il gamete maschile, lo spermatozoo. Risultato: 46XX o 46XY, femmina o maschio. Fino alla settima settimana di vita gestazionale (intrauterina) la sessuazione gonadica (ovaie o testicoli) è bipotenziale. A quella scadenza entra in gioco il cromosoma Y, indirizzando la differenziazione gonadica verso la formazione dei testicoli; in sua assenza, lo sviluppo si indirizza verso la formazione delle ovaie. Il cromosoma Y è il vero “determinante biologico” della mascolinizzazione: caratteri sessuali primari e secondari, ormoni, sessuazione cerebrale. La femminilizzazione non avviene per processo attivo, ma si compie in assenza di ormoni maschili (androgeni), regolati dal cromosoma Y. Il cromosoma Y, benchè morfologicamente e strutturalmente molto più piccolo della X (è lungo 1/3 della X, contiene circa 100 geni contro i circa 1500 della X, e “solo” 65 milioni di basi) è dotato di una grande efficienza e penetranza biologica, condizionata da una complessa rete di interazioni geniche (gene SRY, chiamato “interruttore maschile”, gene SOX3, gene SOX9, geni della spermatogenesi, ecc.). E’ abbastanza facile intuire che - data la complessità dei processi in gioco - è possibile, ad ogni livello, che questo affascinante meccanismo s’intoppi,

passando dalla biologia fisiologica descritta alle forme patologiche dello sviluppo sessuale. La medicina moderna descrive patologie riguardanti il sesso genetico, il sesso gonadico, il sesso fenotipico: tutte situazioni condizionate e provocate da specifiche alterazioni dell’assetto normale dei meccanismi di differenziazione sessuale. Allo scopo di evitare confusioni o interpretazioni erronee, va chiarito che l’omosessualità non è riferibile alle situazioni patologiche sopra elencate. Si tratta di una condizione molto più complessa, in parte ancora molto poco conosciuta nei suoi determinanti più strutturali, che esula dalla finalità del presente lavoro. Può, invece, essere utile - nel contesto del tema della sessuazione cerebrale - affrontare il tema del “transessualismo”. La “disforia di genere” (GID: Gender Identity Disorder) o transessualismo è la condizione vissuta da un soggetto di un dato sesso che si sente “imprigionato in un corpo sbagliato”. Si parla di due varianti: da maschio a femmina (M/F), e da femmina a maschio (F/M). Circa la causa, peraltro ancora non ben definita, si propende per una genesi multifattoriale, in cui prevalgono le componenti ambientali-relazionali (famiglia, ambiente sociale e culturale), rispetto al dato biologico-genetico (sessualizzazione atipica legata al testosterone).

Quella del gender non è una “teoria” ma una “ideologia”: moderna edizione della filosofia gnostica, autoreferenziale che non solo non ha alcun legame con il dato biologico strutturale, ma nega perfino il popperiano principio della “corrispondenza con il reale”.


Edizione speciale: gender - Negare la realtà

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La biologia ci insegna che esistono due sessi, maschio e femmina, ciascuno portatore di caratteristiche differenti e complementari, secondo un progetto ben definito: il patrimonio cromosomico - genetico.

Circa l’aspetto “cerebrale” è interessante quanto indagini di neuroimaging ci hanno documentato: soggetti transessuali M/F hanno una normale lateralizzazione del linguaggio con caratteristiche maschili, e soggetti transessuali F/M con caratteristiche femminili. Ebbene, in ambito di cure per riassegnazione del sesso finalizzate al superamento della condizione disforica, queste caratteristiche di sessuazione cerebrale risultano non essere modificabili con terapia ormonale post-natale. L’imprinting ormonale intrauterino ha condizionato la sessuazione cerebrale in modo non più modificabile. Ciò può costituire una chiave interpretativa del fatto che, in una grande maggioranza di casi, soggetti che hanno compiuto tutto il lungo percorso di riassegnazione sessuale, giungendo fino al traguardo tanto desiderato ed atteso, appaiono profondamente insoddisfatti, inappagati, ancora sofferenti. Concludendo, la biologia ci consegna una umanità caratterizzata da un chiaro dimorfismo sessuale, maschio e femmina, oggettivamente intellegibile e descrivibile. Forme “grigie” esistono e le abbiamo elencate, precisando che si tratta non già di condizioni fisiologiche, bensì di patologie, altrettanto ben studiate ed oggettivabili. L’identità sessuata di ogni essere umano, sul piano biologico, non lascia spazio ad interpretazioni personali o a scelte individuali. Avendo, dunque, ben chiaro tutto quanto sopra argomentato, passiamo ad analizzare la cultura della cosiddetta “teoria del gender”. Per “gender” (genere) si intende una libera scelta soggettiva ed individuale, variabile nel tempo, che il soggetto compie sulla base della percezione che egli ha di se stesso, in un dato tempo, e che è, quindi, slegata dalla propria appartenenza di sesso: si può biologicamente appartenere ad un determinato sesso, ma scegliere per sé un diverso genere, modificabile nel tempo. Stante questa condizione, si è passati nel giro di pochi anni, dalla possibilità di scelta fra cinque generi (LGBTQ) alle recenti proposte di 53 o 56 generi diversi.

Effettivamente, considerato che il principio che regola la scelta è - come abbiamo detto - la percezione di sé (che, oltretutto, non è fissa, ma continuamente mutevole e variabile) è conseguenziale che i “generi” devono essere numerosi, teoricamente, senza limiti di numero, dovendo rendere disponibile ogni opzione, comprese le più naif. Non a caso perfino la pedofilia è entrata nel dibattito dei possibili generi a disposizione (con l’unica clausola che il minore sia “consapevole e consenziente”!). E’ in quest’ottica che proprio Judith Butler, nel 2004 (“Undoing Gender”, Routledge, New York) ha sostenuto la liberazione dal gender rigido e fisso, proponendo un “sesso fluido”, piegando il concetto stesso di gender (il termine utilizzato è “to bend gender”, piegare il genere), a favore di un “queer” che contempla scelte sempre rivedibili, modificabili, modellabili, ristrutturabili nel tempo, figlie di “identità fluide”. Sul piano filosofico, il genere “queer” affonda le sue radici nel principio del “nomadismo”: l’uomo è un essere privo di identità, sconosciuto all’altro


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Si può biologicamente appartenere ad un determinato sesso, ma scegliere per sé un diverso genere, modificabile nel tempo?

e nomade a se stesso, dotato della libertà più assoluta di costruire e decostruire, fare e disfare la propria identità, fondando la totale “performatività dell’agire e del fare” (opera citata). Per la verità, già Donna Haraway, nel suo lavoro “Manifesto Cyborg”, nel 1991, e Rosi Braidotti in “Nomadics Subjects”, 1994, avevano affrontato il tema della “liquefazione dell’umano”, preconizzando il nomadismo antropologico come tappa intermedia di un percorso di evoluzione dell’umano che - partendo dall’eguaglianza, identitaria e sessuale, e dalla decostruzione di ogni stereotipo rigido (sessista e addirittura “genderista”) - traghetta l’uomo all’indifferentismo e - grazie allo sviluppo tecnologico (clonazione, riproduzione agamica extracorporea, utero artificiale) - al “transumanesimo”. L’uomo supera se stesso modificando la biologia, rifonda l’umano stesso, elimina ogni categoria antropologica, e si automodella (autopoiesi) arbitrariamente. Nasce così la proposta culturalmente oggi più avanzata sul fronte dell’ideologia di rifondazione dell’umano: abolire il termine stesso “gender” sostituendolo con “nuovi modi di essere”, collegati al cosiddetto “queer not labeling” (non classificabile). Il nuovo acronimo proposto (2008), per soppiantare

La proposta culturalmente oggi più avanzata: abolire anche il termine “gender” sostituendolo con “nuovi modi di essere”, collegati al cosiddetto “queer not labeling” (non classificabile).

l’ormai datato LGBT, è FABGLITTER (Fetish - cioè “feticista”, Allies - cioè eterosessuali gay friendly, Bisexual, Gay, Lesbian, Intersexual, Transgender, Transexual, Transexual Engendering Revolution). A questo punto, penso si possa concludere evidenziando l’enorme diversità fra il concetto di identità sessuata e la “teoria” del gender. La prima ha radici precise, chiare, rigorose, non opinabili, scientificamente comprovate ed argomentate; la seconda è un classico esempio di “ideologia”, moderna edizione della filosofia gnostica, autoreferenziale, che non solo non ha alcun legame con il dato biologico strutturale, ma nega perfino il popperiano principio della “corrispondenza con il reale”. Ci troviamo di fronte ad un arbitrio autoperformante che - a mio parere - tanto ricorda “l’abominio della desolazione stare nel luogo santo”(Mt. 24, 15-20). Ove “santo” è molto semplicemente la vita, la vita naturale.


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“E i due saranno una cosa sola”

Vista l’attualità del Sinodo ordinario sulla famiglia, che mentre andiamo in stampa ancora si deve concludere, riteniamo di far parte ai nostri lettori di quanto è stato detto in un simposio internazionale che ha ribadito l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio. di Daniele Sebastianelli In vista del Sinodo ordinario sulla famiglia, si è svolto sabato 26 settembre al Centro Congressi Cavour di Roma il Simposio Internazionale The two shall become One: the creation of Adam and Eve and the foundations of Holy Marriage (I due diventeranno una cosa sola: la creazione di Adamo ed Eva e i fondamenti del Santo Matrimonio). L’iniziativa, promossa da “The Kolbe Center for the study of creation” con la collaborazione di “Human Life International”, ha focalizzato l’attenzione sul tema della famiglia partendo dalla creazione di Adamo ed Eva come fondamento della dottrina della Chiesa sul matrimonio. Davanti una platea di esperti in filosofia, teologia e scienze naturali, è stato mostrato come la dottrina tradizionale della Chiesa sulla creazione si armonizza con le più recenti scoperte nel campo della biologia, la genetica e la paleontologia. Presenti al simposio anche il padre sinodale mons. Georges Bacouni vescovo dell’arcieparchia di Akko, in Israele, e monsignor Cornelius Korir, vescovo della diocesi di Eldoret in Kenya. Numerosi gli interventi che si sono susseguiti durante l’intera giornata. Il professor McInerny, docente di filosofia presso il seminario di Nostra Signora di Guadalupe a Denton, in Nebraska, ha mostrato come la filosofia riconosce una natura umana immutabile, caratterizzata dalla complementarietà maschile e femminile, che fornisce il fondamento naturale per la dottrina cristiana del matrimonio. Questo fondamento filosofico è essenziale per arrivare a capire quello che sta accadendo e come combatterlo. Il professore si è soffermato sull’importanza del realismo filosofico e come le idee errate che circolano oggi siano i frutti marci provenienti e sostenuti da una filosofia idealista. Basta pensare al Marxismo come filosofia Alcuni relatori, tra cui Hugh Owen, fondatore del Kolbe Center, con la moglie, Don Giordano, Padre Crean, il Dottor Sanford, la Dottoressa Macfarlane.

Daniele Sebastianelli

Laureato in Comunicazione Istituzionale alla Pontificia Università della Santa Croce, collabora con HLI e ha collaborato con la Sala Stampa della Santa Sede e con l’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana.

La filosofia riconosce da sempre una natura umana immutabile caratterizzata dalla complementarietà maschile e femminile. idealista che pretende che la conoscenza sia usata per dominare la realtà, un pensiero profondamente divergente con quello classico che vede nella gnoseologia la possibilità di venire ad una maggior conoscenza della realtà. Un altro esempio può essere quello della ideologia/teoria gender. Il tomista P. Thomas Crean, dal canto suo, ha chiarito come gli scritti del Dottore Angelico espongono la perfezione dei nostri primi genitori nel loro stato di santità originale, una santità subordinata a Dio in tre modi: nella ragione, nelle passioni e nell’immortalità. Nonostante questo stato prelapsario dell’uomo, la sua conoscenza di Dio è sempre stata mediata in qualche modo. L’ultima e più perfetta mediazione viene in Cristo nello stato postlapsario dell’uomo. In tal modo, il fatto che ci sia voluto così tanto tempo, affinché ci fosse l’incarnazione, dimostra la crescente perfezione nel tempo necessaria per arrivare al Salvatore. Questo tempo è dovuto anche al fatto che sia necessario che l’ uomo veda a quale degrado possa essere sceso a causa del peccato. In tale contrasto, il Cristo non può che risplendere. Bai Macfarlane ha poi esposto la crisi matrimoniale attuale alla luce della Creazione e del Codice del Diritto Canonico, ricordando quello che Leone XIII aveva cercato di affermare in Arcanum divinae sapientiae nel 1880, cioè che il matrimonio non sia sotto la potestà dello Stato ma della Chiesa. Oggi, poco a poco, questo


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Fin dall’800, Papi come Leone XIII, Benedetto XV, e Pio XI erano consapevoli della manipolazione crescente da parte degli Stati tesa a cambiare la natura stessa del matrimonio.

Don Francesco Giordano

pensiero di Leone XIII viene dimenticato, e con la facilità già esistente nelle dichiarazioni di nullità matrimoniali il processo canonico può davvero parere come un divorzio cattolico. Riaffermando quanto detto dal Cardinale Burke, Macfarlane ci ricorda che il problema non è tanto il processo come tale, quanto la preparazione di coloro che lo istruiscono, una scarsa preparazione che costringe i giudici ad allungare il processo. P. Thomas Hickey, docente di Sacra Scrittura presso il Seminario Santi Apostoli, ha ricordato che qualsiasi dichiarazione definitiva da parte della Chiesa per quanto riguarda il matrimonio si è sempre basata sulla realtà storica della creazione speciale di Adamo ed Eva. La storia della Genesi, per quanto riguarda la creazione di Adamo ed Eva, costituisce infatti la base per il diritto canonico e degli scritti dei santi, dei mistici e dei Dottori della Chiesa sul matrimonio, mentre la negazione di questa dottrina erode le fondamenta del matrimonio cristiano. Questa era la grande preoccupazione dei Papi Leone XIII, Benedetto XV, e Pio XI perché erano consapevoli della manipolazione crescente da parte degli Stati tesa a cambiare la natura stessa del matrimonio. Basta pensare al Concilio Anglicano di Lambeth che accettò per la prima volta nella storia da parte d’una realtà cristiana la contraccezione. Pio XI, con occhio lungimirante, vide l’ostacolo per la famiglia che ne sarebbe risultato. Dal punto di vista della scienza naturale, il genetista di fama internazionale, John Sanford della Cornell University, ha messo in evidenza come tutte le prove disponibili in genetica possono conciliarsi con la speciale creazione di Adamo ed Eva in uno stato di perfezione, mentre nessun ramo delle scienze naturali è riuscito a trovare supporto sostanziale all’ipotesi evoluzionista. Ha smontato le presupposizioni comuni che abbiamo oggi che l’uomo sia sulla terra da milioni di anni. Il Professore ha dimostrato, invece, che sia molto più probabile quanto indicato dalle Sacre Scritture. Inoltre, ha dimostrato che l’uomo, piuttosto che un’evoluzione, stia subendo una degenerazione.

Nel suo intervento, John Wynne ha esaminato invece le prove delle forme di transizione tra gli esseri umani e i loro presunti antenati primati, per dimostrare che tutti gli “anelli mancanti” o sono umani, o sono scimmie, oppure risultano essere delle frodi che non offrono alcun supporto sostanziale all’ipotesi evoluzionistica. Ha concluso i lavori, don Francesco Giordano, direttore dell’ufficio romano di Human Life International che ha trattato il tema della natura ed il fine del matrimonio. “Attraverso la contraccezione o la pratica della pianificazione familiare naturale usata con una mentalità contraccettiva - ha affermato don Giordano - la natura ed il fine del matrimonio vengono violati con grave danno per le anime, per le famiglie e per la società”. L’auspicio degli organizzatori è che i delegati alla sessione finale del Sinodo sul matrimonio e la famiglia siano ispirati da queste relazioni a difendere la verità della rivelazione di Dio riguardo l’uomo come è stata intesa nella Chiesa fin dall’inizio. “È giunto – affermano in una nota – il momento di dissipare gli errori che per tanti decenni hanno eroso la fede dei cattolici riguardo il racconto della Genesi. È giunto il momento di ristabilire le fondamenta della nostra fede in modo che una nuova evangelizzazione possa fiorire e l’era della pace, profetizzata da Nostra Signora di Fatima, possa essere concessa al mondo”.

Le idee errate che circolano oggi, come le gender theories, sono i frutti marci provenienti e sostenuti dalla filosofia idealista che pretende che la conoscenza possa dominare la realtà.


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Trasmissioni come questa, seguite soprattutto dai giovani, sono veicoli importanti di propaganda dell’ideologia gender

L’ideologia del gender nei mass media e gli stereotipi da combattere. Non esiste il gender? Diteci allora qual è il nome di questa tendenza. di Alba Mustela Il gender è la cornice ideologica dell’omosessualismo e del transessualismo. La radice è nell’individualismo più esasperato, quello che in nome dei desideri e degli istinti del singolo pretende diritti e arriva a negare la realtà. Ciò implica che la complementarietà psicofisica maschile e femminile diviene assolutamente irrilevante. Ciò che piace, ciò che soddisfa i propri istinti è bene necessario, è diritto da acquisire: ma non solo nella propria sfera privata. Va imposto come regola alla società. Insomma: ciò che faccio in camera da letto deve divenire di pubblico dominio, tanto da assurgere a modello per gli altri. A questo i media ci hanno abituato da decenni. Da quando con la “liberazione” della rivoluzione sessuale si è andato perdendo ogni senso del pudore, si è andato considerando il corpo proprio e altrui come mero strumento da usare per trarne piacere fisico, si è andata pubblicizzando la promiscuità sessuale, si è andato idealizzando prima l’uomo stracciacuori, che cambia donna ogni sera, poi la donna disinibita, anche lei incline a cambiare partner secondo l’umore del momento, e che comunque vive per sedurre. Un inciso: si fa un gran parlare di prevenzione del bullismo nelle scuole. Qualcuno ha mai notato che tra le persone più emarginate e bullizzate - spesso da altre ragazze - ci sono le “verginelle”, quelle che non vestono in modo sufficientemente provocante, che non hanno mai avuto rapporti sessuali, o che non ne intessono in modo sufficientemente disinibito rispetto al trend generale? Di pari passo, a poco a poco, l’omosessualità è divenuta sempre più simpatica, comune, e ora è del tutto “normale”. Quindi sta diventando “normale” perfino il rifiuto del proprio corpo sessuato alla ricerca di un’apparenza che - per quanto gli ormoni e la chirurgia

Con la rivoluzione sessuale si è andato perdendo ogni senso del pudore, si è andato considerando il corpo proprio e altrui come mero strumento da usare per trarne piacere fisico. plastica, se ben pagati, riescano a fare “miracoli” - non sarà mai un cambiamento di sesso per davvero, ma sempre e solo una mutilazione mascherata. Cinema, teatro, varietà, talk-show, da decenni fanno propaganda all’omosessualismo e al transgenderismo. Gli esempi sono talmente tanti che è difficile scegliere i più significativi. Conchita Wurst calca l’Ariston a Sanremo e si esibisce al Parlamento Europeo; “La vita in diretta”, un programma pomeridiano della RAI, racconta un giorno sì e uno no di splendidi, meravigliosi, intensi, amori omosessuali. Real Time presenta il programma “Vite divergenti: storie di un altro genere” che è dedicato al racconto di storie di persone in transizione, che stanno trasformando la loro apparenza da maschio a femmina o viceversa. La Giannini sporgerà pure le sue denunce nei confronti di chi dice che esiste l’ideologia gender, ma intanto il Grande Fratello 14 ha cominciato con la dichiarazione di Rebecca: “Sono nato Sebastiano, pensavo di poter vivere da Don Mauro, ho capito di essere semplicemente Rebecca”. E finalmente nella casa del Grande Fratello sono approdati Arianna e Marco, alias Maurizio e Michela: due transgender che si sono innamorati e sposati felicemente. In America, dove - si sa - “stanno avanti”, da tempo la serie televisiva “Transparent” gioca con le parole


Edizione speciale: gender - Ma se c’è, dov’è?

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I media, ormai, raccontano la sessualità come un processo fluido in continua definizione. Ma siamo proprio convinti che il processo binario (maschio e femmina) sia davvero “una trappola per l’umanità”?

inventate - sono esseri umani da rispettare (e talvolta compatire), come tutti gli esseri umani con il loro vissuto, le loro gioie, il loro dolore. Quello che, invece, ci sentiamo di dover contrastare e combattere con tutta la forza della nostra voce è la normalizzazione di certi comportamenti e di certe scelte di vita. Non tutto ciò che esiste è davvero comune. Ma se anche è comune non è detto che sia normale, solo per il fatto di esistere.

“trasparente” e “parent” (cioè genitore) “trans”. E’ arrivata a giugno anche nella programmazione Sky. L’ha definita un capolavoro un’intellettuale di grido come Maria Laura Rodotà: “È un romanzo borghese con implicazioni universali in forma di serie tv. Parla di identità sessuale ed egoismi personali. Di inevitabilità della famiglia e di liti immobiliari e di segreti. Fa molto ridere, anche. Si svolge a Los Angeles, in una famiglia ebrea come quella della creatrice-showrunner Jill Soloway il cui padre, un distinto psichiatra di Chicago, quando era già ultrasessantenne uscì allo scoperto come transgender». E ancora: «Nessuno è un personaggio monoblocco. L’identità sessuale viene raccontata come un processo fluido, in continua definizione. Non solo attraverso Mort che diventa Maura (e Jeffrey Tambor, come Maura ha vinto un Emmy)». «Jill ed io non incaselliamo la sua sessualità», ha spiegato Landecker. «Sarah vive un continuum di amore e sesso. E lavorando alla serie ci siamo sempre più rese conto di quanto il pensiero binario sia una trappola per l’umanità». (Corriere della Sera, martedì 11 agosto, pagina 23) Se tutto questo non è ideologia gender, diamogli un altro nome. Ma finché non l’avremo trovato, noi continuiamo a chiamare così tutto l’apparato ideologico che sostiene l’azione mediatica tesa a far apparire normale ciò che normale non è. Coloro che ci criticano, ci accusano costantemente di odio e di omofobia (o transfobia). Non comprendono - o non vogliono comprendere - che ovviamente, per noi, tutte le persone coinvolte in questi show - ammesso che siano tutti autentici, e che le storie non siano un po’

Nei progetti sul gender promossi dall’UNAR e da molte autorità locali leggiamo spesso della necessità del superamento degli stereotipi. Primo tra gli stereotipi da decostruire è la famiglia naturale con due genitori, maschio e femmina. Poi, con la scusa di decostruire gli stereotipi, si parte dal concetto (condivisibile) che tutti in casa devono collaborare se ci sono i piatti da lavare, che non è necessariamente un compito della mamma o delle donne di casa, arrivando però a negare e a contrastare le diverse inclinazioni dei maschi e delle femmine che per natura (si veda pag. 4) sono tendenzialmente portati a fare cose diverse, a scegliere giochi, passatempi, studi, sport, diversi. Raramente in questi progetti ci si pone il proposito di combattere gli stereotipi negativi promossi (se non imposti) dai media e che danneggiano gravemente lo sviluppo sano dei bambini e della società in generale. L’uomo che domina, che ha come interesse primario e ricorrente la sola soddisfazione dei propri bisogni di piacere sessuale. Ha il potere e il desiderio di cambiare donna quando vuole, ha il controllo sulla donna. In una relazione deve avere rapporti sessuali il prima possibile e si fa notare con segni di potenza, sicurezza di sé, corpo muscoloso, prestante. E’ ricco, ha una bella macchina, è infedele. Mentre la donna viene presentata come un oggetto sessuale, il cui solo valore è basato sull’apparenza fisica, sulla desiderabilità e sulla disponibilità al rapporto sessuale: o sei una bomba sexy o non vali niente. I media presentano personaggi nelle fiction e attori nelle vite reali che sono simpatici, attraenti, potenti, famosi, affascinanti e i loro comportamenti sessuali

René Magritte, “Questa non è una pipa”, 1948. La provocazione intellettuale dei grandi maestri del surrealismo, come Magritte, è divenuta “certezza dell’incertezza” nei teorici del gender. Ma negando l’oggettività del reale si approda infine al nichilismo più disperato.


20 N. 35 - NOVEMBRE 2015 Thomas “Tom” Neuwirth, più noto come Conchita Wurst

provocanti e seducenti vengono immagazzinati dal pubblico come standard desiderabili da ricercare e imitare. Spesso vediamo la presenza decorativa di bei corpi femminili o maschili, frequentemente semi nudi, accanto al prodotto che si vuole vendere sui cartelloni, sul web, sulle riviste, sui calendari. La donna viene utilizzata come “bella decorazione” della scena, esprime spesso sottomissione sessuale ed è rappresentata almeno implicitamente come oggetto di godimento del maschio. I rapporti sessuali superficiali e fine a se stessi appaiono sempre più normali, buoni e giusti. La definizione ristretta e ridotta di femminilità e mascolinità in termini sessuali che viene spinta dai media, porta i bambini sin dall’infanzia a focalizzarsi su apparenza fisica e attrazione sexy. La donna, per essere al passo con i suddetti modelli, si auto-oggettivizza nei comportamenti giornalieri. Frequente è il “sexting” delle ragazze che mandano proprie foto provocanti mediante lo smartphone. Del resto le bambine e le ragazze hanno imparato che il loro valore è dato da quanto sono magre e sexy. I bambini e i ragazzi che valgono quanto più sono alla moda e “sciupafemmine”. Da ultimo anche l’iPhone è dotato di un programma in grado di monitorare l’attività sessuale, che potrà quindi essere rielaborata dal processore: ci dirà lui se ne facciamo abbastanza, se facciamo bene o male… e potremo condividere il tutto sull’iCloud!

L’APA (American Psychiatric Association) ha pubblicato un rapporto nel 2007 sull’ipersessualizzazione dei bambini dovuta ai media e afferma come questa focalizzazione sulle apparenze fisiche e talvolta auto-oggettivanti è fattore di rischio per stress, insicurezza, demoralizzazione, vergogna, ansia e persino disperazione. I bambini, infatti, passano più tempo sui media che in qualsiasi altra attività e vengono bombardati da messaggi e scene con contenuto sessuale. Non a caso la maggioranza delle pubblicazioni per le donne e le ragazze parlano di trucco e cosmesi, abbigliamento trasgressivo e diete che possono causare seri problemi come l’anoressia e la bulimia. Spesso questo clima favorisce la ricerca e la fruizione della pornografia, una vera e propria droga, che comporta l’aumento di rischio di molestie, abusi, problemi in famiglia, nei rapporti sessuali con il coniuge, meno ore al lavoro e più stress legato anche alla perdita del sonno. Le persone diventano corpi vuoti di personalità e di coscienza, concentrati sul presente e sulla continua ricerca del piacere senza riferimenti saldi e credibili fondati sui valori e vie impegnative per perseguire la realizzazione personale; alla ricerca continua di sensazioni forti e immediate, ma effimere. Una storia degna di nota è stata raccontata sia dalla BBC che dal New York Times: negli anni novanta nell’isola principale delle Fiji, Viti Levu, vennero trasmessi per la prima volta programmi televisivi occidentali, come “Melrose Place’’ e ‘’Beverly Hills.’’ La cultura locale fino a quel momento considerava la “grassezza mezza bellezza” e le figure arrotondate erano la regola: in pochi anni il 74% delle donne si sentiva troppo grassa, il 69% si era messa a dieta, il 29% soffriva di disturbi alimentari e l’11% si procurava il vomito. Accanto al battage mediatico di cui abbiamo accennato finora, negli ultimi anni è cominciata un’altra moda. Oggi sempre più sovente vengono proposti nuovi modelli, esagerati nel senso opposto: donne androgine, in carriera, prive di senso materno, e uomini deboli, effeminati. Le persone da imitare ora sono di genere indefinito, fluido, sono modelli completamente “a-gender”, neutri, di cui parleremo nelle prossime pagine.

Non tutto ciò che esiste è davvero comune. Ma se anche è comune non è detto che sia normale, solo per il fatto di esistere.


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La moda del transgenderismo

La propaganda dell’ideologia gender ha già fatto molti danni. Il transgenderismo sta diventando una moda, anche tra i bambini. di Romana Fiory Sono sempre più frequenti, sulle riviste patinate e nelle cronache dei giornali, i casi in cui cantanti, attori e altri modelli cui fanno riferimento le nuove generazioni, si dichiarino di “genere fluido” o “a-gender”, neutri, senza un genere definito: se, poi, la bella Angelina Jolie vanta una figliola di una decina d’anni che si sente maschio, si veste da maschio ecc., tutti ne parlano con ammirazione. E così sono sempre più numerosi i casi in cui la stampa ci presenta famiglie felici con bambini transgender felici: il transgenderismo diventa una moda e i genitori, vittime (non sempre incolpevoli) di questo lavaggio del cervello mediatico, rovinano i ragazzini con le loro mani. Intanto, le cliniche per la riassegnazione del sesso e le case farmaceutiche che vendono gli ormoni fanno soldi a palate e la società si popola di gente disadattata e squilibrata. Se si andasse ad approfondire e a cercare la verità senza paraocchi ideologici, si capirebbe cosa voglio dire. La disforia di genere è una malattia che esiste. Molto rara, almeno finora. Certo se la moda persiste e l’ideologia continua la sua propaganda efficacemente, sarà sempre più diffusa, sarà addirittura indotta, nei bambini. La disforia di genere, accompagnata da problemi genetici (cromosomi XXY o cose del genere), è rarissima e in molti casi comporta anche altri problemi genetici, ritardo mentale ecc. In questo caso è una patologia soprattutto fisica. Allora potrebbe essere davvero necessaria un’operazione chirurgica ai genitali - che potrebbero essere ambigui. Quando, però, non è una vera e propria patologia genetica, laddove una disforia di genere si manifesti nell’infanzia, nel 90% dei casi rientra da sé, con la crescita. I genitori, se presenti non solo di corpo, ma di cervello e questo potrebbe essere un problema, visto come va la moda - dovrebbero lasciar stare il bambino. Dovrebbero mostrare che lo apprezzano molto e lo amano così come

Bruce Reimer, il ragazzino che - avendo perso il pene - dai primissimi anni di vita è stato allevato come una femmina, su consiglio del dottor John Money, colui che ha introdotto il nuovo significato del termine “gender”. Durante l’adolescenza Reimer stava impazzendo. Quando ha saputo la verità ha voluto operarsi per ridiventare maschio, ma non ha mai più trovato la pace che gli era stata tolta fin da piccolino e a 38 anni, nel 2002, si è suicidato.

Il transgenderismo diventa una moda: i genitori, vittime (non sempre incolpevoli) del lavaggio del cervello mediatico, rovinano i ragazzini con le loro mani. Intanto, le cliniche per la riassegnazione del sesso e le case farmaceutiche che vendono gli ormoni fanno soldi a palate e la società si popola di gente disadattata e squilibrata. è (cosa che qualsiasi genitore normale fa) e magari sottolineare al momento giusto che apprezzano in modo particolare la sua mascolinità o femminilità. E qui gioca un ruolo essenziale la presenza di un genitore maschio e un genitore femmina (!): di un padre con cui giocare a qualcosa, aggiustare, costruire; di una madre con cui condividere interessi, passatempi... Se nonostante tutto questo la disforia persistesse dopo lo sviluppo (che deve essere naturale!), allora lo psicologo può intervenire. Uno psicologo onesto non consiglierebbe un’ operazione di riassegnazione del sesso, che comporta bombardamenti ormonali e mutilazioni e chirurgia plastica, e che, in più, nella stragrande maggioranza dei casi non risolve il malessere psicologico del soggetto in questione. Perché cambiare sesso, davvero, non si può: quel famoso cromosoma Y o c’è, o non c’è. Se c’è, sei maschio e resti maschio, anche dopo 100 operazioni. Perché, se c’è, sta dentro ogni cellula del corpo umano, dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi. Le madri che oggi finiscono in cronaca, suscitando stima e commozione, perché forniscono ormoni sessuali


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Quando non è una vera e propria patologia genetica, laddove una disforia di genere si manifesti nell’infanzia, nel 90% dei casi rientra da sé, con la crescita. ai loro figli adolescenti, si comportano come i genitori di Bruce Reimer (vedere foto a pag. 21). Ma non solo hanno incontrato il “dottor Money” della situazione: sono state influenzate anche da tutto il bombardamento mediatico che stiamo subendo su quanto sia bello e normale essere transgender. Quelle madri stanno rovinando i propri figli. E’ come se a una figlia anoressica che si vede grassa dicessero: “E’ vero. Mettiti a fare una cura dimagrante” e fornissero medicine per ridurre il peso. Non ci vuole tanta scienza per capirlo, basterebbe il buon senso e un po’ di sano realismo. Roberto Marchesini, un autorevole psicologo e psicoterapeuta, aveva scritto sulla Nuova Bussola Quotidiana del 9 marzo scorso un articolo sul cambiamento di sesso e il transgenderismo. In esso rileva come sia assurdo assecondare chi - per esempio - afferma di essere una ragazza in un corpo di ragazzo, perché si sente “l’anima” di una ragazza. “Può dimostrare di avere un’anima femminile? No. C’è modo di vedere quale sia il sesso della sua anima? No. Immaginiamo (mi è accaduto realmente) che incontri un uomo che afferma di avere un’anima angelica in un corpo umano. Nessuno può vederlo, ma egli è un arcangelo imprigionato in un corpo umano. Cosa penseremmo? Gli crederemmo? Prenderemmo seriamente le sue parole, al punto da impiantargli un paio d’ali? Il suo dramma finirebbe sul blog del Corriere della Sera?”. Perché il paziente di Marchesini viene considerato affetto da un disturbo mentale da non assecondare, diversamente dal bambino transgender?

“Semplice: a causa dell’ideologia di genere. É l’ideologia di genere che ci fa credere una cosa assurda, cioè che sia possibile “cambiare sesso”. Si chiama ideologia proprio per questo. È l’ideologia di genere che ci fa credere che un ragazzino sia qualcosa di diverso da quello che tutti possono vedere (e la scienza può dimostrare). È l’ideologia di genere che mette queste storie sul blog dei principali quotidiani nazionali. È a causa dell’ideologia di genere che tanti ragazzini verranno sottoposti a trattamenti degni del dottor Mengele. Tra l’altro: non ci hanno insegnato a inorridire e a sdegnarci quando leggiamo che nel secolo scorso dei luminari della medicina sottoponevano le persone con tendenze omosessuali a trattamenti ormonali? Nel loro caso è una tortura, nel caso di un ragazzino è una bella cosa? Non dimentichiamo l’alleato più forte dell’ideologia di genere, l’alleato migliore di qualsiasi ideologia: il conformismo. Nel 1956 lo psicologo Solomon Asch condusse un celebre esperimento. Il protocollo prevedeva che si radunassero in una stanza 8 soggetti, dei quali 7 erano complici dello sperimentatore. Al gruppo veniva mostrato un cartoncino con tre linee di altezza decrescente, accanto ad una linea solitaria alta quanto la prima delle tre linee. Veniva loro chiesto di indicare quale linea del gruppo di tre avesse una lunghezza uguale a quella solitaria. I sette complici rispondevano sempre in maniera errata; così come il vero soggetto, che rispondeva (quasi) sempre adeguandosi al gruppo. Oggi tutti credono a un angelo senza ali per adeguarsi ai complici dello sperimentatore”.

Miley Cyrus, cantante e attrice molto seguita dai giovanissimi, si fidanza a volte con uomini, altre con donne e si è dichiarata “a-gender”.


Edizione speciale: gender - Ma se c’è, dov’è?

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Come è arrivata l’ideologia gender nella scuola Proviamo a spiegare, ancora una volta, senza sterili allarmismi, senza “terrorismo psicologico”, com’è che arriva l’ideologia gender nelle nostre scuole. di Francesca Romana Poleggi Cadono calcinacci in testa ai ragazzini, di tanto in tanto, nelle scuole italiane: la manutenzione costa, si risparmia su tutto. Ma l’attività didattica ed educativa è prioritaria, rispetto agli strumenti e alle infrastrutture. Allora ben vengano le spese per i progetti tesi ad ampliare il “Piano dell’Offerta Formativa”. E siccome l’educazione non è solo istruzione, la scuola deve sostenere l’attività educativa della famiglia rilanciando in un contesto sociale più ampio i valori della solidarietà, della legalità, dell’impegno finalizzato alla crescita del singolo e del bene comune. D’altro canto, la famiglia è spesso troppo assente: i genitori passano troppo poco tempo con i figli, un po’ per il lavoro, un po’ perché la TV e internet assorbono e isolano i cervelli e i corpi anche se vivono sotto lo stesso tetto. Per non parlare poi dei casi sempre più numerosi di famiglie divise e allargate in cui i ragazzi, sempre e comunque, chi più e chi meno, soffrono nel profondo una “mancanza”. Allora la scuola si sente in dovere - giustamente - di intervenire. Ma così facendo, a volte, varca i confini delle sue competenze. L’esempio più significativo: l’educazione sessuale. L’insegnante è un tecnico che può dare informazioni tecniche, oggettive - sulla biologia, l’anatomia, la fisiologia - che devono essere adatte al “gruppo classe”. Per quanto egli si sforzi di “individualizzare” l’insegnamento, non potrà conoscere le esigenze intime di ciascun alunno. E - vorrei dire non deve conoscerle. Il rapporto alla fine resta di “uno a molti”, quindi deve necessariamente trasmettere nozioni che vadano bene per tutti, mediamente. Invece, nel 2010 sono arrivati gli standards dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’educazione sessuale in Europa: sembra che l’obiettivo prioritario dell’educatore sia quello di insegnare che il corpo è strumento di piacere (a tutte le età). Non solo:

Francesca Romana Poleggi

​ adre di tre figli, moglie, insegnante, fa parte M del movimento ecclesiale “Fede e Luce”. ​ Dal 2008 è impegnata sul fronte dei diritti umani con la Laogai Research Foundation. Co-fondatrice di ProVita Onlus, è ​ direttore editoriale di questa Rivista​.

“Il nostro compito, nelle scuole, è aiutare ogni bambino a trovare la propria reale identità sessuale”. Ma chi l’ha detto? A queste cose ci pensano i genitori e semmai degli psichiatri o psicologi o genetisti di loro fiducia! bisogna decostruire gli stereotipi, maschio e femmina, e insegnare ai bambini che possono avere “l’identità di genere” che più gli aggrada. E quel che è più grave è che certi insegnamenti vanno impartiti scavalcando le famiglie, considerate inadatte, ignoranti, troppo condizionate dalle credenze religiose. In Italia, l’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, presso la Presidenza del Consiglio) subito ha elaborato una «Strategia nazionale per il contrasto alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere» con la consulenza delle maggiori associazioni LGBT. Con l’occasione, promuove il concetto che i generi e le tendenze sessuali sono tutti naturali: dalle razze all’identità di genere la competenza dell’Unar è cambiata illegittimamente, senza alcuna norma istitutiva. E ci chiediamo: forse l’Unar considera le persone LGBT una razza a parte? Questa sì che sarebbe omofobia! E così con la consulenza di enti quali il Circolo intitolato a Mario Mieli, ideologo della pederastia, della pedofilia e della coprofagia, l’Unar produce “Educare alla diversità a scuola”, opuscoli destinati a tutte le età. Nonostante questi libretti siano stati disconosciuti dal Ministero e ritirati - anche grazie all’azione di Associazioni come ProVita - la propaganda gender, omosessualista e “ipersessualista” s’è scatenata. In Friuli Venezia Giulia è stato distribuito un


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La legge 107, nota come “Buona scuola”, invita implicitamente a educare all’identità di genere. E richiama norme nazionali e internazionali decisamente ispirate all’ideologia gender. questionario per vedere se i professori ce l’avevano con gli omosessuali. A Roma, nel primo biennio di diverse scuole superiori si fa leggere il libro di Melania Mazzucco «Sei come sei» , con passaggi fortemente pornografici. Sempre a Roma duecento insegnanti di asili nido si prendono la briga (e il gusto) di progettare “La scuola fa la differenza” per promuovere la pluralità dei modelli familiari e dei ruoli sessuali. A Treviso i ragazzini di terza media si devono sorbire «Le migliori cose del mondo» di Lais Bodansky su un padre scopertosi omosessuale con tanto di scene masturbatorie. Un po’ dappertutto arrivano nelle scuole e nelle biblioteche comunali (a Venezia in dieci asili nido e in 36 materne) fiabe omosessualiste o transgenderiste: dai pinguini gay nello zoo di New York, a Zaff, “la principessa col pisello”. Alcune di queste fiabe sono decisamente ambigue: non c’è niente di male che una principessa vesta l’armatura per liberare una sua amica dal drago, ma la fiaba “Salverò la principessa” interpretata in un contesto di “decostruzione degli stereotipi” e di “ricerca della propria identità di genere” offre il destro per far propaganda lesbica. E di casi analoghi abbiamo - purtroppo - potuto riempire un dossier di diverse pagine, a cui di tanto in tanto si aggiunge qualcosa di nuovo. In un corso di formazione per docenti e genitori tenuto dall’associazione Scosse, a Roma, lo scorso settembre, abbiamo ascoltato con i nostri orecchi i formatori dire: «Solitamente nei primi 3 anni di vita del bambino si può stabilire se sia un cisgender - persona a proprio agio con il genere attribuito alla nascita o transgender, cioè che non si sente rappresentato dal genere di nascita” (chi sostiene una cosa del genere non ha alcuna dimestichezza con i bambini da 0 a 3 anni, né con la realtà); “Ogni 400 persone ce n’è uno intersessuale, ossia con cromosoma XXY”, dice il relatore del workshop: falso. La sindrome di

Klinefelter capita all’incirca a 1 maschio (e i maschi sono leggermente meno numerosi delle femmine) su 1000. E queste malattie genetiche non hanno niente a che fare con la moda trans e gender neutral che si sta diffondendo. “Un genitore capisce fin da subito la tendenza sessuale del proprio figlio: dai giochi preferiti al portamento, fino alla parlata. Il nostro compito, nelle scuole, è aiutare ogni bambino a trovare la propria reale identità sessuale”. Ma chi l’ha detto? Se davvero fosse necessario aiutare un bambino di 3 anni a trovare la sua identità sessuale (a 3 anni!?) ci penserebbero i genitori e semmai degli psichiatri o psicologi o genetisti di loro fiducia! Quando un’insegnante chiede: «E se il bambino o la bambina volessero cambiare?», “A quel punto si avvierebbe il percorso verso l’intervento chirurgico per modificare il corpo” risponde il relatore. “Noi siamo qui, con l’aiuto di medici specializzati, per insegnare che si può cambiare e occorre avere rispetto per le diversità». Capite, allora, perché nel nostro Vademecum per genitori, diciamo di diffidare dei progetti “contro le discriminazioni e per il rispetto delle diversità”? La legge 107, nota come riforma per la “Buona scuola” invita implicitamente a educare all’identità di genere. E richiama norme nazionali e internazionali decisamente ispirate all’ideologia gender. Quando questi documenti dicono: “bisogna educare alla identità di genere”, questo “apre la porta” a qualsiasi cosa. Se per me vuol dire lasciar giocare i maschietti a palla e le femminucce con le bambole (per me il genere coincide col sesso: o maschi o femmine e basta), per altri vuol dire “costringere” i bambini a scambiarsi i ruoli. Se per me un bambino che gioca con le bambole spontaneamente, perché magari ha sorelle in casa, non vuol dire niente, per altri vuol dire che è transgender. Se per me un bambino timido, è timido e basta, per altri è gay e bisogna insegnargli a fare “outing” e a combattere “l’omofobia interiorizzata”. E magari bisogna “bloccargli lo sviluppo” con gli ormoni, come fanno in Olanda, in Inghilterra e altrove, così da grande deciderà lui se “diventare” maschio o femmina. Può succedere poi che davvero mio figlio soffra di disforia di genere (sono casi rari e di solito si risolvono spontaneamente): me ne vorrei occupare io, avvalendomi della consulenza di professionisti scelti da me. Ma se mi fanno il lavaggio del cervello e mi mettono in testa (perché me l’hanno insegnato fin dai banchi di scuola) che quello che fa Angelina Jolie è giusto e necessario, potrei fare la fine dei genitori di Bruce/Brenda/David Reimer. La Costituzione e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dicono che il diritto di educare i propri figli spetta ai genitori. Lo Stato, secondo il principio di sussidiarietà, interviene mettendo a disposizione i mezzi per provvedere all’istruzione: può certamente trasmettere anche valori positivi come il rispetto del prossimo e la buona educazione, ma non può imporre una determinata visione del mondo, né interferire nella sfera intima della sessualità dei ragazzini.


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difendi la famiglia e i BamBini

STOP MaTriMOniO STOP e adOziOni Gay! cirinnà! Sta per essere approvato alle Camere il ddl Cirinnà, che istituirebbe di fatto il matrimonio gay in Italia, e che aprirebbe le porte anche all’adozione per le coppie omosessuali. Il DDL Cirinnà è:  Pretestuoso › perché quasi tutti i diritti che si reclamano per i conviventi sono già riconosciuti dall’ordinamento;  Contrario › all’art. 29 della nostra Costituzione in quanto prevede un regime sostanzialmente identico al matrimonio per coppie dello stesso sesso;  Deleterio › per il futuro dei bambini in quanto favorirebbe il ricorso all’aberrante pratica dell’utero in affitto all’estero;  In conflitto › con il principio di uguaglianza e non discriminazione che impone non solo di trattare ugualmente situazioni uguali ma anche di trattare diversamente situazioni diverse;  Discriminatorio › verso le persone, come gli ufficiali di stato civile, che non potranno usufruire del loro diritto alla libertà di espressione e di religione;  Dannoso › ogni legge ha una forza pedagogica e situazioni problematiche e innaturali sarebbero percepite dalla collettività come “normali”.

per fermare l’ingiusto ddl cirinnà firma e fai firmare su

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Alessandro Fiore

Primo di undici figli, è laureato in giurisprudenza e ha svolto studi anche in storia, filosofia e teologia. È portavoce di ProVita Onlus e Caporedattore della nostra Notizie ProVita.

Vladimiro Guadagno, detto Luxuria, è uno dei più noti transgender italiani.

L’offensiva istituzionale del gender

Presentiamo una sintesi della situazione nazionale e internazionale riguardo all’avanzata della teoria di genere all’interno delle istituzioni. di Alessandro Fiore Si è fatta strada, fino alla più alte sfere, l’idea cardine della teoria di genere, cioè che il sesso biologico avrebbe rilevanza esclusivamente nella dimensione genitale-fisica, mentre non ne avrebbe a livello psicologico e sociale: a questo livello, alla perdita di importanza del sesso biologico corrisponde la prevalenza del “genere” (percezione sociale) o dell’ “identità di genere” (percezione soggettiva) sul sesso biologico. Com’è noto, la teoria di genere, nata nel contesto dell’antropologia-sessuologia americana negli anni ’50 e ’60, poi incontratasi con lo strutturalismo francese e, più in generale, con il pensiero femminista radicale, ha intrapreso, a partire soprattutto dagli anni ’90, un cammino di progressiva infiltrazione all’interno degli organismi sovranazionali e nazionali. La nozione di “genere”, e la sua distinzione dal sesso biologico, saranno questioni dibattute in diverse conferenze internazionali, come quella di Pechino (1995). Una definizione di “genere”, chiaramente distinto dal sesso biologico, si ritrova nella Convenzione di Istanbul (2011), in tema di contrasto al femminicidio. La lotta alla violenza contro le donne (cosa ovviamente lodevole e condivisibile) viene re-interpretata in chiave

Chi parla di “identità di genere” fa già capire l’adesione al principio dell’indifferenza del sesso biologico, rispetto a ciò che costituisce l’uomo e la donna nel senso più profondo.

Nella “prospettiva di genere”, la violenza contro le donne è conseguenza necessaria (“strutturale”) delle nozioni di uomo e donna socialmente condivise.

femminista e in una nuova prospettiva: quella, appunto, di “genere”. Nel preambolo si legge: “Riconoscendo la natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere […]”. Il “genere”, poi, è definito come l’insieme di: “ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini” (art. 3). In altre parole, in questa “prospettiva di genere” (anch’essa esplicitamente menzionata e promossa dalla Convenzione), la violenza contro le donne è conseguenza necessaria (“strutturale”) delle nozioni di uomo e donna socialmente condivise. La Convenzione richiede inoltre di essere attuata dagli Stati firmatari “senza alcuna discriminazione fondata sul sesso, sul genere, sulla razza, sul colore […] sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, ecc.”. Si fa quindi riferimento anche alla non-discriminazione sulla base dell’identità di genere, chiave giuridica che apre la porta ai c.d. diritti transgender, al contrasto alla transfobia, all’educazione secondo la prospettiva di genere, e così via. Più recentemente, un chiaro esempio di documento internazionale “gender” è rappresentato dalla Risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del


Edizione speciale: gender - Ma se c’è, dov’è?

Una Risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa chiede agli Stati di adottare procedure basate sull’autodeterminazione per cambiare il nome e il sesso anagrafico delle persone transgender.

Consiglio d’Europa, approvata lo scorso 22 aprile 2015, intitolata: “Discriminazione contro le persone transgender in Europa”. Al paragrafo 6.2.1 si chiede agli Stati di prevedere “procedure rapide, trasparenti e accessibili, basate sull’autodeterminazione, per cambiare il nome e il sesso anagrafico delle persone transgender sui certificati di nascita, carte d’identità, [ecc.]”. Al paragrafo 6.2.4 si chiede agli Stati di “considerare l’introduzione di un’opzione al terzo genere sulle carte d’identità per coloro che lo richiedono”. Al 6.3.3 si chiede di “promuovere la revisione delle classificazioni internazionali, in modo da garantire che le persone transgender, inclusi i bambini, non siano considerati come affetti da patologia mentale”. La Risoluzione chiede, in sostanza, che venga depatologizzata la “disforia di genere”: il contrasto tra il sesso biologico e l’identità di genere (identità transgender) non è considerato necessariamente problematico, perché il sesso biologico sarebbe indipendente dal profilo psicologico. Il Rapporto esplicativo della Risoluzione nota con grande soddisfazione (p.13, n. 57) che l’11 giugno 2014 il Parlamento danese ha approvato delle procedure di riconoscimento del genere che hanno reso la Danimarca “il primo paese in Europa a basare il riconoscimento legale del genere esclusivamente sull’ autodeterminazione della persona transgender”. Del resto, la Danimarca è ormai in buona compagnia: con il “Gender Recognition Bill” anche l’Irlanda consente il cambiamento di sesso (rectius: di genere) in base alla sola autodeterminazione del soggetto transgender. In Norvegia, poi, si discute la possibilità di cambiare il sesso anagrafico sulla base, anche qui, di una semplice auto-dichiarazione: la particolarità è che si vuole estendere questo “diritto” anche ai bambini a partire dai 7 anni. La teoria di genere, promossa a livello internazionale, non poteva che introdursi in qualche modo, sia per via culturale che istituzionale, anche in Italia. A livello delle fonti primarie, molto si è discusso sulla legge c.d. “Buona scuola”. Il famoso comma 16 promuove oppure no la prospettiva “gender”? Per dare una risposta bisogna analizzare il contesto normativo. Il comma 16 rinvia all’art. 5, comma 2, del decreto legge n. 93/2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119/2013. Questo quadro normativo si riferisce

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più volte al contrasto delle discriminazioni “di genere”, alla “prospettiva di genere”, alla modificazione delle “rappresentazioni di genere”. Quale è il significato di “genere” in queste disposizioni? È equivalente a “sesso biologico”, oppure assume un significato coincidente con quello della prospettiva “gender”? La risposta è agevole se consideriamo che il decreto legge n. 93 e la legge n. 119/2013 costituiscono l’attuazione della summenzionata Convenzione di Istanbul, la quale, come abbiamo visto, promuove la visione del femminismo radicale e definisce il “genere” come costruzione culturale, distinto dal sesso biologico. Non è un caso quindi che “Il Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere”, adottato dal Governo lo scorso maggio, previsto all’art. 5 della Legge 119/2013 (al quale rimanda il comma 16 della “Buona Scuola”), disponga che “Obiettivo prioritario deve essere quello di educare alla parità e al rispetto delle differenze, in particolare per superare gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell’essere donne e uomini […] nel rispetto dell’identità di genere, culturale, religiosa, dell’orientamento sessuale […] mediante l’inserimento di un approccio di genere nella pratica educativa e didattica” (§5.2.). In Italia tuttavia, la teoria gender è stata promossa soprattutto a livello amministrativo a causa dell’attivismo dell’UNAR. Pensiamo alla famosa “Strategia nazionale per il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, 20132015”, che promuove la cultura LGBT e la prospettiva gender anche in ambito scolastico. Pensiamo alle “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT”. In questo documento troviamo facilmente le definizioni, i principi e le conseguenze della prospettiva gender. La definizione di “identità di genere” a p. 7 fa già capire l’adesione al principio dell’indifferenza del sesso biologico, rispetto a ciò che costituisce l’uomo e la donna nel senso più profondo, e al principio della prevalenza dell’identità di genere sul sesso biologico: “Identità di genere è […] ciò che permette a un individuo di dire: ‘Io sono un uomo, io sono una donna’, indipendentemente dal sesso anatomico

Per il Governo italiano è un obiettivo prioritario educare alla parità e al rispetto delle differenze, in particolare per superare gli stereotipi che riguardano il significato dell’essere donne e uomini, nel rispetto dell’identità di genere.


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In Italia due “donne” potrebbero avere naturalmente un figlio: cioè una donna (più o meno) normale, e una “donna” transgender con genitali maschili integri. di nascita”. Gli stessi principi sono esemplarmente espressi alla p. 12, rispetto alla transessualità: “Per la transessualità vale il principio dell’identità. Se la persona di cui si parla transita dal maschile al femminile, non importa in che fase della transizione si trovi, né se si sta sottoponendo all’iter della riassegnazione chirurgica del sesso, se lei sente di essere una donna va trattata come tale”. Sul fronte giurisprudenziale alcuni giudici hanno incominciato ad affermare quel “diritto all’autodeterminazione di genere”, sancito in contesto europeo e in qualche ordinamento nazionale. Nel maggio 2013, ad esempio, il Tribunale di Rovereto ha riconosciuto il diritto di un uomo di essere considerato donna (“Lucia”), semplicemente perché si percepiva come tale. Più recentemente la Corte di Cassazione (sentenza n. 15138/2015), pur senza arrivare ancora alla pura autodeterminazione del genere, ha riconosciuto il diritto di una persona (un uomo) transgender di essere riconosciuto come donna, anche sul piano anagrafico, senza la modificazione chirurgica dei genitali (alla quale l’uomo aveva rinunciato, dopo aver subito interventi

La sede del Consiglio d’Europa (cui fa capo la CEDU): l’ente sovranazionale nato per la tutela dei diritti umani, non va confuso con l’U.E., che è composta da meno Stati e con tutt’altre finalità.

sui caratteri sessuali secondari). La giurisprudenza prevalente condizionava la modificazione degli atti anagrafici almeno al trattamento chirurgico sugli organi genitali. La Cassazione ha però rovesciato le precedenti decisioni e dato ragione al trans. Insomma, si riconosce l’autodeterminazione di genere, potremmo dire, condizionata a qualche “apparenza” del sesso/ genere desiderato: bastano le somiglianze a livello dei caratteri sessuali secondari e non più dei caratteri primari. I giudici dunque assecondano sempre più facilmente la disforia di genere (una patologia ancora internazionalmente riconosciuta). Il paradosso è che, in Italia, ora, per via giurisprudenziale, due “donne” potrebbero avere naturalmente un figlio: cioè una donna (più o meno) normale, e una “donna” transgender con genitali maschili integri (lo stesso varrebbe, viceversa, per due “uomini”). Il gender dunque avanza, su più binari. Tuttavia la situazione è più complessa che mai, la critica all’ideologia è ormai diffusa, il popolo si mobilita, le famiglie sono preoccupate. La battaglia non è persa. Anzi, è forse arrivato il tempo della riscossa.


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Gender a scuola: cosa fare? di Federico Catani

Cosa può fare concretamente un genitore nel caso in cui nella scuola dei propri figli si attuassero progetti ispirati alla teoria gender? A breve pubblicheremo un utile Vademecum al riguardo, che approfondisce e integra quello già on line su www.notizieprovita.it. Già ora, però, possiamo dare alcuni suggerimenti. Per prima cosa vanno evitati isterismi e inutili allarmismi che sono soltanto controproducenti e non portano a nulla se non a un “muro contro muro”. È necessario invece avere sempre un atteggiamento cordiale e costruttivo verso le istituzioni scolastiche: questa è la premessa fondamentale prima di ogni altro discorso. I docenti e i dirigenti scolastici sono persone normali, spesso padri o madri con figli e forse non sempre molto ben informati. Un buon rapporto con loro è essenziale. La maggioranza dei docenti, infatti, è di buon senso, in grado di neutralizzare qualsiasi progetto strano, diseducativo o disorientante per i ragazzi. Pertanto: • i genitori debbono vigilare con grande attenzione, intervenendo sul singolo insegnante e/o presso il Preside qualora avvertano che vengono impartiti insegnamenti in contrasto con i propri valori morali. Buona pratica sarebbe che più genitori incontrassero il Preside prima di iscrivere i loro figli per esprimere le proprie preoccupazioni. Per questo è indispensabile: • dialogare maggiormente con i propri figli: farsi raccontare, tranquillamente, senza condizionarli o spaventarli, quello che hanno imparato durante il giorno di scuola e farsi descrivere eventuali attività particolari, insolite, soprattutto se riguardavano l’amore, le differenze tra bambini e bambine, famiglie particolari, ecc. • conoscere bene gli insegnanti. Nella maggior parte dei casi saranno persone ragionevoli e di buon senso che devono sentirsi sostenuti da genitori e studenti, soprattutto in sede di Consiglio di Classe e Consiglio d’Istituto. Se invece si dovesse incappare in docenti ideologizzati e/o irragionevoli, bisogna far

Federico Catani

L​aureato in scienze politiche e religiose, è insegnante di religione. È giornalista pubblicista e collabora con Provita.

Vanno evitati isterismi e inutili allarmismi che sono soltanto controproducenti. È necessario invece avere sempre un atteggiamento cordiale e costruttivo verso le istituzioni scolastiche sentire loro, in modo educato e rispettoso, ma fermo, che le famiglie sono presenti, vigilanti e pronte ad esercitare i loro diritti. Quindi, è essenziale che: • i genitori partecipino alla vita della scuola, ai Consigli d’Istituto, ai Consigli di Classe e si facciano eleggere negli organi collegiali e nel nuovo organo di valutazione dei docenti. In ogni caso, bisogna partecipare attivamente alle riunioni organizzative o di gestione ad ogni livello, facendo mettere a verbale le proprie opinioni, richieste, proteste. Si deve scrivere e chiedere “cortese riscontro scritto” entro un tempo ragionevole. In particolare, vi sono due documenti che riguardano le famiglie: il “Patto di corresponsabilità educativa” ed il “Piano di Offerta Formativa”. • Il “Patto di corresponsabilità educativa” riguarda solo le scuole secondarie di primo e secondo grado. Va firmato da genitori e Dirigente e normalmente non rappresenta un “pericolo”. È solo uno strumento che permettere agli insegnanti, ai ragazzi e alle loro famiglie di confrontarsi e collaborare e serve a rendere esplicite e condivise le regole vigenti nella scuola. È bene comunque leggere sempre attentamente tutte le circolari e gli avvisi che i ragazzi portano a casa. Va chiesto ai propri figli di essere attenti e puntuali nel consegnarli a casa. Non sarà male anche visionare i libri di testo e farsi raccontare quei libri letti a scuola ma che non vengono portati a casa. • Il documento che però i genitori devono controllare nei minimi dettagli e, se del caso, non approvare


30 N. 35 - NOVEMBRE 2015

Il Patto di corresponsabilità educativa riguarda solo le scuole secondarie di primo e secondo grado. Va firmato da genitori e Dirigente e normalmente non rappresenta un pericolo

(a costo di far cambiare scuola ai figli) è il Piano di Offerta Formativa (POF), che rappresenta il documento fondamentale riguardante i progetti e i programmi, l’ispirazione culturale-pedagogica che muove l’Istituto, la progettazione curricolare, extracurricolare, didattica ed organizzativa delle sue attività. Questo controllo dettagliato è assolutamente necessario perché delle azioni educative ideologizzate potrebbero essere inserite nei programmi sia curriculari che extracurriculari. Il POF è triennale e può venire aggiornato annualmente. Nel POF bisogna fare specifica attenzione ai progetti mirati ad “educare all’uguaglianza”, a “combattere le discriminazioni”, “il bullismo”, “la violenza di genere” o “i cattivi stereotipi” poiché sono, purtroppo, divenuti il cavallo di Troia per promuovere l’omosessualità, la transessualità e i nuovi modelli di famiglia. I genitori hanno il diritto di chiedere tutti i chiarimenti che desiderano, coinvolgendo tutte le istituzioni scolastiche, ad ogni livello: consiglio di classe, consiglio di istituto, collegio dei docenti ed ovviamente il Preside, che con la legge “Buona Scuola” ha anche acquisito più poteri. Considerando poi che durante l’anno scolastico possono essere aggiunti dal Dirigente scolastico, in accordo con il Consiglio d’Istituto, altri corsi extracurriculari, talvolta suggeriti e/o finanziati da enti regionali, provinciali o comunali; e dato che qualsiasi insegnante potrebbe essere promotore dell’ideologia gender, anche durante le lezioni curriculari (ad esempio, nelle ore di scienze naturali, con insegnamenti sul corpo umano e le sue funzioni, compresa la funzione riproduttiva), è necessario allegare all’atto di iscrizione del figlio a scuola, o comunque presentare, anche successivamente, la lettera di “consenso informato”

I genitori devono controllare nei minimi dettagli e, se del caso, non approvare (a costo di far cambiare scuola ai figli) il Piano di Offerta Formativa

(scaricabile sul nostro sito www.notizieprovita.it). Questa lettera sul consenso informato va firmata, consegnata in segreteria e protocollata (è un obbligo di legge), oppure spedita per raccomandata A.R., o ancora per posta elettronica certificata. Come già detto, mentre un progetto di educazione sessuale è immediatamente individuabile come “critico” e può essere vagliato preventivamente dai genitori, un progetto contro il bullismo, per esempio, potrebbe essere un progetto utile e sacrosanto. Solo in corso d’opera, magari, ci si accorge che il corso è tenuto da attivisti LGBT che, con la scusa di condannare le ingiuste discriminazioni che subiscono i ragazzini timidi, per esempio, vanno a insegnare che i bambini sono timidi perché gay e che ciò è perfettamente naturale e soddisfacente… Una “lezione” del genere, a chi ha mandato la lettera, dovrebbe essere risparmiata: di qui l’utilità di firmarla e presentarla. Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo. Ma, nella malaugurata ipotesi in cui non venga presa in considerazione, sarà la scuola a risultare inadempiente rispetto al dovere di informazione nei confronti della famiglia. Resta il fatto che, di fronte a qualsiasi atteggiamento ostativo dell’Istituzione scolastica, consigliamo di contattare le Associazioni, come la nostra, impegnate in questo settore. Spesso, solo queste possono esercitare una “pressione” sufficiente a bloccare o ridimensionare certe iniziative. In certi contesti, è infatti fondamentale fare rete. “Allearsi” ad altre famiglie che condividono le stesse preoccupazioni e informare altri genitori. L’azione in comune sarà sempre più incisiva che l’iniziativa di uno solo. E insieme, anche con le associazioni, sarà eventualmente possibile presentare sane proposte (alternative) di educazione all’affettività, di cui la scuola dovrà tenere conto nel programmare le attività. Infine, utilissimo è anche organizzare conferenze e incontri sul tema per sensibilizzare l’opinione pubblica.

È necessario allegare all’atto di iscrizione del figlio a scuola, o comunque presentare, anche successivamente, la lettera di consenso informato

Questo è un bagno per ogni genere


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