Antologia di Notizie ProVita - Terzo Volume

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Notizie

“Nel nome di chi non può parlare”

ANTOLOGIA PROVITA MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES

3° Volume 2015 - 2016 “Il meglio di Notizie ProVita”


SOMMARIO

MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES

EDITORIALE 3 ANTOLOGIA DI NOTIZIE PROVITA 2015-16

Notizie

NVD: il partito dei pedofili 4 Toni Brandi

ANTOLOGIA - 3° VOLUME

Psichiatri, artisti e giuristi, amici degli orchi 6

Editore ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Codice ROC 24182

Gianfranco Amato

La grande storia di Gregorio il piccolo

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Jacopo e Giuditta Coghe

Redazione Toni Brandi, Federico Catani, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel Piazza Municipio 3 - 39040 Salorno (BZ) www.notizieprovita.it/contatti Cell. 329 0349089

Direttore responsabile Toni Brandi

Le conseguenze fisiche dell’aborto di cui non parla nessuno 12 Francesca Romana Poleggi

Il matrimonio e il bene comune 13 Alessandro Fiore

Identità sessuata e teoria del gender: dalla biologia all’ideologia 15 Massimo Gandolfini

«Quando il genio esce dalla bottiglia, è difficile rimetterlo dentro»

Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi

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Federico Catani

Una merce molto redditizia: la donna

Progetto e impaginazione grafica

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Giulia Tanel

Il grande business dei matrimoni gay

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Giuliano Guzzo

Un’agenzia dell’ONU con le mani lorde di sangue Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Gianfranco Amato, Gian Paolo Babini, Toni Brandi, Federico Catani, Brian Clowes, Jacopo e Giuditta Coghe, Alessandro Fiore, Daniela Fraioli, Massimo Gandolfini, Giuliano Guzzo, Lorenza Perfori, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel, Harry Wu

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Harry Wu

Quando la legge positiva viola la legge naturale, va in crisi anche la democrazia

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Lorenza Perfori

SOS Vita: un’alternativa online

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Daniela Fraioli L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.

Non possiamo fare a meno del diritto naturale

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Giovanni Stelli

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EDITORIALE

I Toni Brandi Imprenditore di professione, si dedica alla difesa dei diritti dei più deboli per passione. Per dar voce a chi non ha voce ha fondato e dirige ProVita Onlusß.

nostri abbonati già sanno che ProVita Onlus, con il sito web www.notizieprovita.it e questa rivista mensile, è nata a seguito della seconda Marcia per la Vita, avvenuta quasi contestualmente alla morte della mia cara amica Chiara Corbella Petrillo: il primo numero di Notizie ProVita è uscito nell’ottobre 2012. Da allora ad oggi siamo grati a voi tutti, cari Lettori, perché ci avete consentito di crescere e di continuare la buona battaglia, mietendo grandi successi, nonostante lo strapotere della cultura della morte che avanza. Abbiamo condotto le nostre campagne, le nostre produzioni multimediali, la nostra attività “ordinaria” di informazione e formazione, con convegni piccoli e grandi, continui e sistematici, per «parlare in nome di chi non ha voce», abbiamo avuto molte occasioni di aiutare concretamente delle mamme e delle famiglie in difficoltà, abbiamo contribuito sostanzialmente al grande Family Day del Circo Massimo: una festa della famiglia su scala nazionale. Certo, la cultura della morte avanza, appare potente il potere che la promuove, ma in noi si rafforza la consapevolezza che il male è destinato a soccombere: per quanto sembra che mieta vittorie (come le unioni civili), per quanto abbiano in cantiere progetti perniciosi (droga, eutanasia, omofobia…), studiando in modo approfondito le loro azioni e le loro posizioni, abbiamo acquisito la certezza che questa macchina di morte è marcia dentro. Anzi – peggio – è vuota, è in continua contraddizione con se stessa, è destinata ad autodistruggersi. È proprio vero che il male divora se stesso. Quindi la speranza nella vittoria è in realtà una certezza. Anche quest’anno, per ringraziarvi, abbiamo compilato una Antologia degli articoli più significativi che abbiamo pubblicato. Questo è il terzo volume, che va dal novembre 2014 all’ottobre 2015. Per ovvie ragioni di spazio abbiamo dovuto procedere a una selezione. Non ne abbiano a male gli Autori che così sono rimasti escludi: dobbiamo ringraziarli tutti, uno ad uno, perché la loro collaborazione, sempre a titolo amichevole, è certamente imprescindibile per la nostra attività. Speriamo che sia cosa gradita e utile a tutti per recuperare e rispolverare strumenti culturali importanti per proseguire la buona battaglia in difesa della vita e della famiglia. Toni Brandi


NVD: IL PARTITO DEI PEDOFILI

Toni Brandi

Da diversi anni, a livello internazionale, si sta facendo strada un’ideologia perversa che punta alla “normalizzazione” della pedofilia. Ecco a voi – senza commenti, perché non servono – un’antologia di dichiarazioni rese pubblicamente da noti politici italiani (reperibili su internet, da fonti neutre)

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iamo nel 2006. Nasce in Olanda il primo partito apertamente pedofilo. Si chiama NVD, acronimo di “Amore del prossimo, libertà e diversità”. I suoi obiettivi: la liberalizzazione della pornografia infantile, ridurre da 16 a 12 anni l’età minima per avere rapporti sessuali (per poi eliminare col tempo ogni divieto), legalizzare la zoofilia (il sesso con gli animali), la libertà assoluta di circolare nudi in pubblico, oltre la legalizzazione di tutte le droghe. Qualcuno ha il coraggio di sostenere il diritto di esistere di simili congreghe. C’è addirittura chi, pubblicamente e senza vergogna, si dice convinto che se la pedofilia fosse regolata da leggi, «non ci sarebbe violenza, ma soltanto amore» e difende il diritto dei pedofili olandesi ad avere il loro partito. È di antica data la propensione dei radicali ad occuparsi in un certo modo di pedofilia. Marco Pannella l’ha rivendicato più volte. Ad esempio, in una dichiarazione del 28 maggio 2001: «Quando noi radicali abbiamo avuto l’onestà intellettuale e l’intelligenza di occuparci di questo fenomeno di massa – dichiarò Pannella – mettendo a pubblico

confronto opinioni qualificate e autorevoli in proposito, portandolo quindi finalmente alla luce della conoscenza, della riflessione, della presa di coscienza civile, si è ripetuta immediatamente la vecchia, logora, sconcia operazione già attuata con il divorzio, l’aborto, la persecuzione antiomosessuale: i tenutari della Sacra Rota, dell’immensa industria degli aborti clandestini, industria di massa, di classe, clericale, gli oppressori e i negatori della libertà e della responsabilità nell’amore, nella vita sessuale, hanno avuto l’impudicizia di ergersi ad accusatori di coloro che operavano per superare i flagelli morali e sociali che essi stessi avevano creato e promuovevano, e promuovono». Tre anni prima, il 27 ottobre dl 1998, l’ex deputato radicale Roberto Cicciomessere, insieme a Daniele Capezzone – che di lì a poco sarebbe diventato segretario dei Radicali Italiani, per poi essere nominato da Silvio Berlusconi, portavoce di Forza Italia – avevano promosso un convegno dal titolo: «Pedofilia e Internet: vecchie ossessioni e nuove crociate». Nel programma, si leggeva: «Obiettivo del convegno è analizzare e denunciare le pericolose conseguenze sulle libertà personali, sul diritto alla privacy e sullo sviluppo delle nuove tecnologie telematiche delle iniziative legislative e giudiziarie condotte sotto la spinta della recente campagna aperta – con patenti falsificazioni della verità – nei confronti della pedofilia in generale e del binomio ‘Internetpedofilia’ in particolare. Con il pretesto di perseguire in forme nuove e “definitive” gli antichi fenomeni degli abusi sessuali sui minorenni, della prostituzione e della pornografia minorile che avrebbero trovato nella rete Internet l’occasione e lo strumento congeniale e “connivente” per diffondersi nel

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ANTALOGIA 3° VOLUME


mondo e in Italia, è in corso una campagna politica e giornalistica basata su premesse false, che ha già prodotto gravissime violazioni e restrizioni alle libertà personali e al diritto alla riservatezza e rischia di pregiudicare lo sviluppo dei nuovi mezzi di comunicazione basati sulla rete Internet. [...] La disinformazione sulla realtà del drammatico problema degli abusi contro i minori, le ossessioni sessuofobiche che ancora caratterizzano la parte vincente della cultura politica italiana e l’irriducibile avversione a ogni mezzo di comunicazione che - come Internet appaia indisponibile a forme di controllo corporativo o istituzionale sono le componenti costitutive di questa crociata politica e giornalistica contro il nuovo demone della “pedofilia telematica” [...]. Contestare le forme di questa crociata antipedofila non significa riconoscere il “buon diritto” di qualcuno a intrattenere relazioni sessuali con bambini in tenera età; si tratta di difendere il “buon diritto” di ciascuno a non essere giudicato e condannato solo sulla base della riprovazione morale suscitata dalle proprie preferenze sessuali.

Per Pannella noi siamo «negatori della libertà e della responsabilità nell’amore, nella vita sessuale» e abbiamo creato e promuoviamo «flagelli morali e sociali», perché condanniamo la pedofilia

Nessuno sembra rendersi conto dei rischi connessi a una normativa, che autorizza ogni sorta di sospetto, e consente ogni sorta di persecuzione giudiziaria o di criminalizzazione pubblica nei confronti di individui non già responsabili di atti concreti, ma “colpevoli” di sentimenti o desideri giudicati – a torto o a ragione – anomali, deviati, perversi e patologici. D’altra parte, cosa intendiamo parlando di pedofilia e, soprattutto, di violenza sessuale contro minori? Certo, esistono casi in cui è evidente una coercizione fisica o psicologica dei minori ad attività sessuali, cui essi non possono consentire in modo consapevole. Ma siamo certi, come osserva Gianni Vattimo, che gli adolescenti a cui in molti

ANTALOGIA 3° VOLUME

Paesi del mondo attribuiamo la capacità di rispondere in giudizio delle proprie azioni non abbiano invece pari consapevolezza e responsabilità nell’ambito sessuale? In ogni caso in uno Stato di diritto essere pedofili, proclamarsi tali o anche sostenerne la legittimità non può essere considerato reato; la pedofilia, come qualsiasi altra preferenza sessuale, diventa reato nel momento in cui danneggia altre persone. È invece certo che criminalizzare i pedofili in quanto tali – come “categoria” – non sulla base dei loro comportamenti ma della loro ‘condizione’, non è ulteriormente tollerabile, e alimenta forme di psicosi sociale, e accessi di intolleranza che non costituiscono un argine alla violenza contro i minori, ma uno stimolo a una caccia agli ‘untori’ letteralmente devastante sul piano civile o politico». Daniele Capezzone chiarisce meglio il pensiero radicale in una dichiarazione del 5 dicembre del 2000: «Nessun ordinamento, se non un ordinamento nazista o comunista – dice Capezzone – può criminalizzare un orientamento sessuale in quanto tale, come “stato”, come “condizione”, come “essere”. Ogni orientamento sessuale, ogni preferenza, ogni scelta potranno e dovranno invece essere perseguiti se e quando si tradurranno in comportamenti violenti e dannosi per altre persone, minori o maggiori che siano. Criminalizzare i “pedofili” in quanto tali, al contrario, non serve certo a ‘tutelare i minori’ (che dovrebbero piuttosto essere tutelati da chi immagina questo tipo di tutele), ma solo a creare un clima incivile, né umano né – vorremmo dire – cristiano». “Cristiana” è invece la proposta di legge depositata dalla senatrice radicale Donatella Poretti, che chiede l’abrogazione degli articoli 564 e 565 del Codice penale sui reati contro la morale della famiglia. L’articolo 564 del Codice penale prevede la reclusione da uno a cinque anni per chiunque commetta incesto con un discendente o un ascendente, o con un fratello o con una sorella. In un’intervista realizzata dal sito www.losai.eu del 13 luglio 2013, consultabile su internet, Marco Pannella spiega così le posizioni radicali: «Si continua a ritenere – dice – il minorenne, minorato. Si continua a ritenere il ragazzo, il ragazzino, privo di una sua personalità. Mentre sappiamo che anche il neonato, anche dentro la pancia, ha istinti di carattere sessuale». ■ 5


PSICHIATRI, ARTISTI E GIURISTI, AMICI DEGLI ORCHI

Gianfranco Amato

È ormai considerato un punto di arrivo ineludibile. Dopo lo sdoganamento culturale, politico e giuridico dell’omosessualità, ora tocca alla pedofilia. Diversi sono, purtroppo, i segnali che da tempo fanno apparire sempre più verosimile questo scenario agghiacciante

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e ideologie radical-libertarie e materialiste che minano la nostra civiltà si sono prepotentemente infiltrate nella cultura dominante. Nel campo delle arti, della scienza e del diritto, si è affermato l’omosessualismo, si fa strada l’ideologia del gender e ora prende piede la pedofilia. È tristemente nota la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, del dicembre 2013, che già mi sono trovato a dover commentare sul La Nuova Bussola Quotidiana e in diverse altre sedi: la Corte sollecita l’applicazione dell’attenuante del «caso di minore gravità» di cui all’art. 609-quater, quinto comma, del Codice Penale, per un’ipotesi di plurimi rapporti sessuali completi tra un sessantenne ed una bimba di undici anni, sulla considerazione che tra autore del reato e vittima vi era un “rapporto amoroso”, e che la vittima era innamorata dell’adulto. Tale pronuncia è inaccettabile sotto il profilo giuridico, poiché ammette la possibilità di una relazione amorosa tra un uomo di sessant’anni ed una undicenne, rischiando quindi di offrire il destro a quella preoccupante deriva ideologica che tende a fare riconoscere la pedofilia non quale grave e depravata patologia, ma come semplice orientamento sessuale.

L’arte non può essere utilizzata come alibi per sdoganare l’esecrabile e odioso fenomeno che va sotto il nome di pedofilia. I fratelli Chapman e tutti gli esponenti di questo abominevole filone “artistico” se ne facciano una ragione

L’esperienza insegna che i provvedimenti giudiziari in questa delicata materia rischiano di destabilizzare l’opinione pubblica se non sono adeguatamente soppesati e valutati. Lo scorso 2 aprile 2013, la sentenza della Corte d’Appello olandese di Arnhem-Leeuwarden, in riforma della decisione di primo grado, ha stabilito di non doversi disporre lo scioglimento del gruppo di 6

ispirazione pedofila Stitching Martijn, che propone la liberalizzazione dei contatti sessuali tra adulti e minori. Mentre al Parlamento italiano è stata da tempo depositata la proposta di depenalizzazione dell’incesto, non sono incoraggianti i segnali che giungono dai Paesi europei ove è in atto un dibattito sull’abbassamento dell’età minima per il consenso sessuale, come dimostra, ad esempio, il caso discusso nel Regno Unito a seguito della proposta di portare il limite a 13 anni: anche laddove il consenso fosse maturo e responsabile, siamo certi che esso di per sé sia sufficiente per qualificare un gesto come moralmente lecito e legittimo? Possiamo definire inquietante il fatto che l’American Psychiatric Association (APA) lo scorso 30 novembre 2013 abbia rettificato l’ultima versione del Dsm-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), pubblicata quest’anno, in cui la pedofilia era stata declassata da “disordine” ad «orientamento sessuale» (dieci anni fa nel Dsm-4 era già stata derubricata da «malattia» a «disordine»). L’Apa, poi, distingue tra pedofilia e atto pedofilo, nel senso che considera il desiderio sessuale nei confronti dei minori un orientamento come gli altri, mentre ritiene l’atto sessuale “disordinato” solo per gli eventuali effetti negativi che può determinare nei confronti degli stessi minori. È una distinzione assai pericolosa che ricorda da vicino il ragionamento surrettizio che ha portato allo sdoganamento dell’omosessualità. Né si può dimenticare il controverso studio intitolato, A Meta-Analytic Examination of Assumed Properties Properties of Child Sexual Abuse Using College Samples pubblicato nel luglio del 1998 sul prestigioso Psyichological Bulletin della stessa APA, e redatto dal Dr. Bruce Rind del Dipartimento di Psicologia della Temple University, dal Dr. Philip Tromovich della Graduate School of Education presso la University of Pennsylvania, e dal Dr. Robert Bauserman del Dipartimento di Psicologia della University of Michigan. In quello studio si è ridefinito il concetto ANTALOGIA 3° VOLUME


di «abuso sessuale sui minori», partendo dalla considerazione che «le classificazioni scientifiche dei comportamenti sessuali devono prescindere da criteri di ordine legale e morale», e definendo come «alquanto modeste» le conseguenze derivanti dagli abusi sessuali subiti da minori di ambo i sessi, ritenute comunque «non produttive di conseguenze negative di lunga durata». Secondo i tre accademici, infine, «il sesso consensuale tra bambini e adulti, e tra adolescenti e bambini, dovrebbe venire descritto in termini più positivi…». Ancora più inquietante è il dibattito che si è svolto lo scorso 14 febbraio presso la Queen’s University tra il Dr. Vernon Quinsey, professore emerito di psicologia della medesima università e il Dr. Hubert Van Gijseghem, ex professore di psicologia presso l’Università di Montreal, in cui si è “scientificamente” sostenuto come la pedofilia debba essere considerata un orientamento sessuale paragonabile all’eterosessualità e all’omosessualità. Roberto Marchesini nel suo ottimo articolo Pedofilia “variante naturale della sessualità umana”?, pubblicato su Libertà e Persona, commenta: «L’OMS finirà per dichiarare che la pedofilia è una “variante naturale della sessualità umana”», e il «Ministero per le pari opportunità farà delle campagne per combattere la “pedofobia”, mentre nei corsi di educazione sessuale si insegneranno le tecniche con le quali i bambini possono soddisfare sessualmente gli adulti». In campo artistico Conchita Wurst, il transgender noto

Il desiderio sessuale nei confronti dei minori è considerato dall’American Psychiatric Association un orientamento sessuale come gli altri

come “donna barbuta”, canta davanti al Parlamento Europeo, mentre dobbiamo tollerare che la direttrice del museo di “arte” contemporanea Maxxi di Roma difenda la scultura “Piggyback”, da lei esposta, perché: «La crudezza fa parte del lavoro dei fratelli Chapman… che denunciano una realtà malata, che mettono in discussione la falsa moralità e vogliono suscitare dibattito, e crediamo fermamente e sosteniamo la libertà di espressione degli artisti»: libertà che consiste nel rappresentare figure adolescenziali nude alle prese con organi genitali maschili…

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Per questa oscenità, i Giuristi per la Vita e l’associazione ProVita Onlus hanno inoltrato un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma; così come, nell’ottobre dell’anno scorso, avevano denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna la coreografia intitolata “Victor”, presentata in occasione dell’undicesima edizione del noto festival gay-lesbico “Gender Bender”, durante la quale un adulto e un bambino quasi completamente nudi danzavano avvinghiandosi… Eppure nel 2012 il legislatore italiano, con la legge del 1 ottobre, n. 172, aveva ratificato la “Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale”, detta anche “Convenzione di Lanzarote”. In ossequio all’art. 4 di tale Convenzione è stata creata una nuova fattispecie criminosa, quella prevista dall’art. 414 bis c. p. (istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia), in base alla quale, tra l’altro, «non possono essere invocate, a propria scusa, ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume». Poiché non intendono assistere passivamente a questa degenerazione da incubo, i Giuristi per la Vita hanno lanciato un appello «a tutte le competenti Istituzioni Pubbliche affinché non vengano introdotte nell’ordinamento giuridico disposizioni normative tali da attenuare la gravità sociale dell’odioso fenomeno della pedofilia, né vengano adottati provvedimenti giurisdizionali che possano apparire non rigorosamente severi nei confronti del predetto fenomeno». E si sono dichiarati disposti ad «opporsi in ogni sede e con ogni mezzo, a qualunque tentativo di legittimare, per via legislativa o giudiziaria, ogni forma o espressione riconducibile all’abominevole fenomeno della pedofilia». ■

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LA GRANDE STORIA DI GREGORIO IL PICCOLO

Jacopo e Giuditta Coghe

Per leggere questa testimonianza, chiediamo ai lettori, credenti e non, di porsi in atteggiamento di religioso silenzio, per aprire il cuore al mistero dell’Amore che a volte si presenta intimamente intrecciato al dolore: ma che lo sublima e lo riscatta

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on possiamo raccontare la storia di Gregorio senza parlare della nostra storia di sposi e di genitori. Ci chiamiamo Jacopo e Giuditta Coghe, ci siamo sposati il 28 Dicembre 2008 e quel giorno sapevamo che Dio Padre ci avrebbe mostrato meraviglie, ma non avremmo mai potuto immaginare di vedere i Cieli aperti sopra di noi. Dopo circa due anni di matrimonio sembravano non arrivare figli, cercammo perciò di capire la causa di questa infertilità, ma gli esiti degli esami non erano buoni. Ci recammo allora a Norcia, al santuario della casa natale dei Santi Benedetto e Scolastica dove chiedemmo a Dio la Grazia di donarci un figlio, promettendo di consacrare a Lui

Ogni figlio che viene al mondo non toglie nulla, anzi dona, moltiplica e aumenta tutto: l’amore, la Provvidenza, le energie e le gioie di ogni membro della famiglia

la sua vita. Pochi giorni dopo ci sottoponemmo ad una visita presso il Policlinico Gemelli e qui ci venne dato esito negativo sulla possibilità di generare senza l’aiuto di trattamenti medici. Era il 4 Ottobre del 2010 e nel grembo di Giuditta era già vivo il nostro primo figlio, Benedetto, ma noi ancora non lo sapevamo. Questo Dono che Dio ci stava facendo cominciò immediatamente a portare frutti perché rafforzò la nostra Fede e ci permise di ripensare tutte le nostre priorità e adeguare i nostri progetti all’accoglienza di una nuova vita. Prendemmo quindi con gioia la decisione che Giuditta non avrebbe più lavorato per dedicarsi completamente alla famiglia. Non volevamo rinunciare nemmeno in parte all’impegno e alla 8

gioia di crescere personalmente nostro figlio. Il 9 Giugno 2011 nacque Benedetto, dopo un lungo travaglio e varie complicazioni durante il parto. Il suo arrivo fu per tutta la famiglia una gioia indescrivibile e accrebbe ancora di più in noi il desiderio di moltiplicare questa Grazia. Così dopo 10 mesi dalla sua nascita scoprimmo di aspettare la nostra secondogenita, Brigida, nata anche lei da parto cesareo e viva miracolosamente nonostante un nodo vero al cordone ombelicale: era il 4 gennaio del 2013. L’arrivo di questa nuova creatura ci insegnò che ogni figlio che viene al mondo non ci toglie nulla, anzi dona, moltiplica e aumenta tutto: l’amore, la Provvidenza, le energie e le gioie di ogni membro della famiglia. Ci siamo resi conto di quanto ogni momento passato con i nostri figli sia un dono, mentre intorno a noi l’accanimento contro la vita e l’odio per la famiglia aumenta. L’esperienza di crescere i nostri figli in questa società disorientata e assoggettata ad un relativismo assoluto ci convinse ad impegnarci attivamente in difesa della famiglia naturale e della libertà di educazione, e, in questi mesi d’intenso lavoro e proficuo sacrificio,

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La famiglia Coghe

Dio Padre volle portare avanti la Sua opera con noi: l’8 ottobre del 2013 scoprimmo infatti di aspettare il nostro terzo figlio. A sole 8 settimane di gestazione però Agostino fu richiamato in Cielo. La separazione da lui fu una grande sofferenza, ma la certezza del valore inestimabile della Vita umana già dal grembo materno, a prescindere dalla sua durata, è stata per noi di enorme consolazione.

passavano e sotto gli occhi stupiti dei medici la gravidanza proseguiva: senza liquido e senza poter valutare il piccolo. Grazie all’esperienza e al sostegno del Prof. Giuseppe Noia, riuscimmo a trasferirci al Policlinico Gemelli dove effettuammo dei trattamenti per tentare di valutare lo stato di salute del bambino.

Dopo solo un mese da questi fatti scoprimmo di aspettare il nostro quarto figlio, Gregorio. Questa volta la gravidanza iniziò senza apparenti problemi, ma verso la 12a settimana di gravidanza Giuditta cominciò ad accusare dei dolori. Perciò ci recammo all’ospedale di Terni, sua città natale, per una visita di controllo: era il 3 aprile del 2014. I medici capirono subito che c’erano seri problemi, infatti il liquido amniotico era praticamente assente. Fu ipotizzata una rottura del sacco e Giuditta fu ricoverata e costretta all’immobilità assoluta. I medici ci dissero che il bambino sarebbe morto entro poche ore e con estrema naturalezza ci consigliarono di abortire subito. In quel momento Giuditta era sola di fronte al medico il quale, senza nemmeno aver valutato lo stato di salute del bambino, la invitò a “liberarsi” di quel problema, come se fosse semplicemente un dente cariato. Ci rifiutammo però di buttare via il nostro bambino e ci affidammo con tutte le forze a Santa Gianna Beretta Molla perché con la sua intercessione e il suo esempio ci guidasse. I giorni

Un medico, senza nemmeno aver valutato lo stato di salute del bambino, invitò la madre a “liberarsi” di quel problema, come se fosse semplicemente un dente cariato

ANTALOGIA 3° VOLUME

Per difendere la sua vita fummo chiamati ad affrontare tante prove, diversi mesi di ospedale, attese e silenzi infiniti, la lontananza dai bambini e soprattutto l’attacco costante e deciso del Nemico che tentava di convincerci che la vita di questo bambino non aveva senso, che era meglio uccidere che accogliere un figlio che di certo sarebbe morto subito e che eliminare nel grembo della madre una creatura innocente fosse una “terapia” indolore per liberarsi di una seccatura. Dopo circa due mesi arrivò la diagnosi: agenesia renale bilaterale, ovvero l’assenza di entrambi i reni. Fummo informati del fatto che, se fosse riuscito ad arrivare al termine della gravidanza, il nostro bambino sarebbe di certo morto subito non potendo respirare da solo. 9


Sabrina e Carlo Paluzzi, di poter tenere la mano di Giuditta nella sala operatoria durante tutto l’intervento. Alle 10 e 40 un pianto pieno di vita ruppe il nostro silenzio e la nostra angoscia: «È un maschio!».

In quel momento parve che il Cielo si chiudesse sopra di noi. Il dolore, l’incapacità di comprendere, l’angoscia per un figlio sofferente e la paura per un altro parto che si prospettava ancora più difficile sembrò per un attimo soffocarci. Era giunto il momento della prova, quella prova in cui un cristiano è chiamato a dare ragione della sua Fede e nella quale solo la Grazia può sostenerti. Tante persone ci dicevano che eravamo coraggiosi o bravi ad aver scelto di “tenere” questo bambino nonostante tutto, tante altre invece ci reputavano folli, egoisti e incoscienti, ma la verità è che non siamo stati nulla di tutto questo, abbiamo agito semplicemente come agirebbero un papà e una mamma, cioè abbiamo accolto e protetto nostro figlio come un dono prezioso. Nonostante ogni previsione il bambino cresceva e ogni volta che Giuditta era triste e angosciata lui non mancava di farsi sentire, come a voler dire: «Mamma, io ci sono, sono vivo, sono dentro di te e ti amo!». La consolazione che derivava da ogni suo piccolo calcetto è stata un’esperienza indescrivibile. La forza della Vita prepotentemente si faceva avanti e ci chiamava ad accoglierla ed amarla. Fummo chiamati al difficile compito di dare un senso alla vita di questo bambino anche di fronte ai suoi fratellini, che lo attendevano con ansia per abbracciarlo e ai quali abbiamo spiegato che solo per un momento ci saremmo allontanati da lui, perché ci aspettava in Cielo e che lo offrivamo con gioia a Dio per amore di Gesù. Arrivò quindi il 26 Agosto 2014, giorno stabilito per il cesareo, giorno della nascita al mondo e al Cielo del nostro piccolo Santo. Il personale del Policlinico si presentò aperto e disponibilissimo, ci fu permesso di far entrare lo zio Diacono per battezzare il piccolo appena fosse nato. Fu consentito a Jacopo di assistere dal corridoio per poter salutare suo figlio e fu permesso ai meravigliosi operatori della Quercia Millenaria, 10

Era nostro figlio, era Gregorio ed era vivo! Fu subito visitato e ne fu appurata l’inaspettata vitalità, fu quindi battezzato con grande consolazione e gioia di noi tutti, poi fu posto tra le braccia del suo papà che con amore e tremore lo contemplò come un mistero infinitamente più grande di noi. Poi rientrato in sala parto fu il momento della mamma che poté baciarlo, tenerlo con lei e cantargli una ninna nanna, come aveva fatto per gli altri suoi figli. Fu anche inaspettatamente consentito ai parenti di conoscerlo e salutarlo. Contrariamente ad ogni aspettativa la nostra vita con lui durò ben 40 minuti, durante i quali fu amato e coccolato. Lo pregammo di intercedere per noi e per i suoi fratelli e senza che ce ne accorgessimo, dalle braccia del suo papà terreno passò a quelle del Padre Celeste. Questa fu la vita che Dio aveva previsto per il nostro Gregorio e che noi genitori gli abbiamo semplicemente lasciato vivere, una vita che ha riempito il cuore di tante persone e che con nostro grande stupore continua a fare. Gregorio è passato per questa terra e ci ha mostrato con la sua santità la via del Cielo; è passato nelle nostre vite con la forza di un guerriero mostrandoci che i piani del Signore sono piani di Amore. Gregorio è stato festeggiato dalla Chiesa come un Santo, le campane hanno suonato a festa per lui, la santa Messa che abbiamo celebrato è stata quella degli Angeli, nella cui compagnia ora si trova per l’eternità. Il nostro cuore è stato consolato ed è in pace, nonostante la mancanza fisica che inevitabilmente soffriamo. Questo non sarebbe stato possibile se quel 3 aprile del 2014 avessimo deciso che la vita di Gregorio non era abbastanza importante per proseguire, se Giuditta avesse deciso che il suo grembo, invece di essere la culla che accoglieva e nutriva suo figlio, sarebbe diventato la sua tomba. La vita di Gregorio è un lume e come tale non possiamo tenerlo sotto il moggio: è per questo che abbiamo deciso di condividere la storia del nostro piccolo santo con quanti vorranno. ■ ANTALOGIA 3° VOLUME


Gli occhi sono velati di lacrime, cominciano a scendere sulle mie guance fino ad arrivare sul petto e a bagnare il camice, sembra arrivino quasi a toccare il cuore che si stringe nel mio petto mentre sul mio viso un sorriso tradisce l’agitazione che sto provando. Sono le 10:40 del 26 agosto 2014 e mi trovo dentro la sala parto, guardando la tua mamma che viene sistemata sul lettino operatorio. Ci scambiamo sorrisi e sguardi complici, si respira un’atmosfera surreale che dopo pochi minuti viene interrotta dal tuo pianto, un urlo come a dire: «Ce l’ho fatta, sono nato, eccomi!». Un’infermiera ti porta verso di me, facendomi notare che sei un maschio: sei Gregorio! Scalpito, faccio cenni alla tua mamma, mi tolgo la mascherina e con il labiale le comunico la sorpresa, mentre le mie lacrime continuano a scendere. Anche lei piange, e ride tanto è forte l’emozione. Eccoti, sei bellissimo e sembri pieno di forza, tanto che i medici per qualche istante hanno dei dubbi sulla tua diagnosi. Zio ti dà il Battesimo e tiro un sospiro di sollievo: ora fai parte anche tu dell’enorme popolo di Dio. La dottoressa si avvicina e ti mette tra le mie braccia, sono senza fiato, dopo tante attese e tante paure finalmente tu! Amore di papà! Mi danno il permesso di entrare dentro la sala operatoria per mettermi vicino alla mamma che, quando ti vede tra le mie braccia, si illumina raggiante di gioia; ti appoggio tra il mio petto e il suo viso e sembrano momenti lunghi un’eternità, mentre la mamma ti canta la ninna nanna e insieme piangiamo stringendoci forte.

ANTALOGIA 3° VOLUME

Pare che in quel momento il Cielo sia aperto sopra di noi come nel sogno di Giacobbe, dove gli Angeli salgono e scendono dalla scala, in questo caso come se raccogliessero le nostre lacrime di gioia e sofferenza per portarle a Dio… mi risuonano le parole che ti sussurra la tua mamma nell’orecchio: «Portaci in Cielo con te…». Il tuo respiro comincia a farsi sempre più lento e mentre ti accarezziamo la pelle liscia come la seta non ci accorgiamo neppure che dalle mie braccia passi direttamente a quelle del Padre Celeste. Sento una Pace nel cuore, una gioia e al contempo un forte dolore: sei il Dono più bello che il Signore possa avermi fatto, mi sento indegno di essere stato scelto per accoglierti con tutti i miei difetti e i miei limiti. Sei morto tra le mie braccia e sono felice, forse sembrerò pazzo agli occhi delle ostetriche e dei medici che mi vedono e che scappano per nascondere le loro lacrime, sembrerò pazzo agli occhi del mondo che avrebbe preferito che io e tua madre ti uccidessimo abortendoti prima che potessi vedere la luce. Tante persone nel vedere il pancione di mamma e scoprendo della tua patologia ci hanno candidamente consigliato di ucciderti: non sanno cosa sia l’aborto, pensano solo che sia una terapia per scacciare il dolore di un figlio malato… a me sembrano solamente tutti anestetizzati dalla propaganda di morte di questo mondo, non conoscono alternative, ma tu sei la mia alternativa: l’averti abbracciato, l’aver potuto accarezzare la tua pelle candida e l’aver sentito il tuo profumo di Santità. Caro Gregorio, ti abbiamo dato il meglio di noi, il meglio che un papà e una mamma potessero donare ad un figlio: non ci hai visto litigare o discutere, hai ricevuto 40 minuti di PURO AMORE!! Non ci siamo risparmiati neppure per il tuo ultimo addio, come dice un amico “una Santa Messa da mille e una notte”. Ho dovuto fare un gran lavoro interiore a causa della mia terrificante paura della morte per poter entrare in Chiesa con te stretto tra le mie braccia nella piccola bara bianca in un ultimo saluto terreno, ma posso dire che ne è valsa veramente la pena. Sei un Dono bellissimo, il Signore inviandoci te è stato fedele alle Sue promesse e sta provando con noi quello che ha già attuato con te: portarci sulla via della santità. Caro amore di papà ricordati di noi, portaci in Cielo con te, al cospetto di Dio! AD MAIOREM DEI GLORIAM GREGORIO A DIO! SANCTE GREGORI ORA PRO NOBIS. Papà

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F. Romana Poleggi

LE CONSEGUENZE FISICHE DELL’ABORTO DI CUI NON PARLA NESSUNO Chi conosce le conseguenze negative dell’aborto sulla salute fisica delle donne e dei bambini? Il “diritto alla salute” delle donne importa o no?

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nostri lettori già sanno della censura che la cultura mortifera politicamente corretta opera sulle tragiche conseguenze psicologiche dell’aborto: non si parla o si nega la sindrome post aborto che colpisce innanzitutto le madri e i padri, ma anche le altre persone (parenti e operatori sanitari) coinvolti nell’uccisione di un innocente.

Esiste però un’altra censura, ancora più perversa, che colpisce le ricerche mediche e scientifiche che evidenziano le conseguenze fisiche che l’aborto può avere sulla salute delle madri e dei fratellini dei bambini abortiti: il link ABC e il rischio di nascita prematura. Dalle ricerche scientifiche e gli studi medici internazionali che vengono sistematicamente censurati a proposito dell’aborto e delle sue nefaste conseguenze sulla salute della donna, la dottoressa Mary Davemport, della Reproductive Research Audit ci ricorda che è stato autorevolmente dimostrato che un aborto aumenta del 44% il rischio di cancro al seno (se gli aborti sono 2 o 3 il fattore di rischio aumenta al 76 e all’89%). Si tratta del legame “ABC” (Abortion - Breast Cancer) che è stato trattato principalmente dagli studi di Joel Brind, fin dal 1996, e confermato quest’anno dal team di Hubei Huang (in Cina, ahinoi, la politica del figlio unico costringe ad aborti plurimi le donne da trent’anni a questa parte: la vasta popolazione del paese ha offerto un bacino di dati imponenti per le rilevazioni statistiche e ha consentito a Patrick Carroll di formulare una triste proiezione sulla prevedibile crescita dell’incidenza del cancro al seno su scala nazionale, anche in Occidente). Contro tali evidenze si è messa in moto la macchina della censura mediatica, anche nell’ambito della comunità scientifica: alla stessa dottoressa 12

Davemport è stato fisicamente impedito di parlare, all’ultimo momento, a un convegno della MWIA (Associazione internazionale delle donne medico), a Seul; negli Stati Uniti, a un seminario del National Cancer Institute (NCI) su “Eventi riproduttivi precoci e il cancro al seno” del 2003, l’epidemiologa Louise Brinton ha esplicitamente soppresso le informazioni raccolte sul link ABC: non è politicamente corretto dire alle donne che avere bambini è un modo per ridurre il rischio di cancro al seno, anche se è un dato di fatto, riconosciuto perfino dai sostenitori dell’aborto. Intanto dall’India, altri 12 studi scientifici, regolarmente pubblicati, conducono alle stesse conclusioni. Un altro argomento tabù è il fatto acclarato che un aborto pregresso causi poi parti prematuri, con rischio anche grave, per la vita e la salute psico-fisica del bambino. La nascita pretermine è la principale causa di morte neonatale, che colpisce centinaia di migliaia di bambini ogni anno, con un costo di 26 miliardi di dollari, nei soli Stati Uniti. Essa è aumentata del 20% tra il 1990-2006. Ci sono 135 studi provenienti da luoghi diversi in tutto il mondo che evidenziano il rapporto tra aborto e parto pretermine, che vengono sistematicamente ignorati dall’OMS e dall’ACOG (American College of Obstetrician and Gynecologists). Quindi, “la salute sessuale e riproduttiva” delle donne importa o no? Va tutelata a livello internazionale o no? I bambini hanno “diritto” a nascere sani o no? L’incoerenza e la contraddittorietà della posizione di chi pretende il “diritto” ad abortire con l’intenzione di tutelare la salute delle donne è evidente. Come anche quella di chi invoca l’aborto (o l’eutanasia) per garantire salute perfetta ai bambini. Incoerenza e contraddittorietà che comportano un’irrazionale propensione per il male e per la morte, a tutti i costi. ■ ANTALOGIA 3° VOLUME


IL MATRIMONIO E IL BENE COMUNE

Alessandro Fiore

L’impressionante studio del professor Fernando Pliego Carrasco, della Universidad Nacional Autónoma de México, è una metanalisi delle 351 ricerche statisticamente più significative che dimostrano che la famiglia naturale fondata sul matrimonio produce più benessere per tutti

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entre i governi discutono se riconoscere o no le unioni di fatto, le unioni tra persone dello stesso sesso, se ammettere o meno il divorzio breve, et similia, uno studio del professore messicano Fernando Pliego Carrasco, ci obbliga a guardare la verità in faccia: le “famiglie” non sono tutte uguali; le diverse strutture familiari non hanno lo stesso effetto sul benessere della società; solo una struttura familiare merita di essere promossa dallo Stato: quella composta da mamma e papà biologici uniti in matrimonio. Il professor Pliego ha pubblicato i risultati delle sue ricerche nel mese di settembre 2013, nello studio Le famiglie in Messico e in un libro intitolato I tipi di famiglia e il benessere di bambini e adulti, realizzando poi una seconda edizione dei suoi lavori nel mese di giugno 2014. Pliego si propone di analizzare le conseguenze che le diverse forme di “famiglia” hanno sul benessere degli adulti e dei bambini che le compongono. Il punto di forza del suo studio (che lo rende più unico che raro) è il seguente: Pliego svolge la metanalisi di tutti gli studi più rappresentativi dal 1995 fino a oggi.

Gli indicatori di benessere favoriscono in modo significativo le persone sposate e i bambini che vivono con entrambi i genitori biologici, 71 volte di più (84,9 / 1.2) rispetto agli altri tipi di famiglia

La sua preoccupazione di ammettere solo ricerche dotate di una forte rappresentatività statistica lo ha spinto ad esigere che ciascuna ricerca si basasse su un minimo di 800 casi. Pliego ha così trovato ben 351 pubblicazioni accademiche o ufficiali, basate su inchieste altamente rappresentative (alcune si basano ANTALOGIA 3° VOLUME

su più di 100mila casi) o su statistiche coinvolgenti tutta la popolazione di un paese. In più, le ricerche analizzate hanno una rappresentatività che potremmo dire “mondiale” visto che provengono da 13 paesi democratici, anche molto diversi tra di loro: Australia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Spagna, Stati Uniti, Olanda, Giappone, Messico, Norvegia, Perù e Gran Bretagna. I dati rilevati dalla metanalisi sono impressionanti per la loro chiarezza e univocità: la famiglia composta da padre e madre, uniti in matrimonio, e figli biologici, è sempre, sistematicamente, costantemente migliore di ogni altra, non importa quale tipo di “indicatore” di benessere si guardi. E più ci si allontana dalla forma tradizionale di famiglia (unioni di fatto, coppie di divorziati risposati, genitori dei quali uno non è quello biologico, padre o madre soli, coppie dello stesso sesso, etc.) più sono gravi le conseguenze, da ogni punto di vista, sia per i figli che per gli adulti coinvolti. Riportiamo solo qualche esempio: la donna in una unione di fatto ha il doppio della probabilità di essere vittima di violenza fisica rispetto a una donna sposata; rispetto alla famiglia tradizionale, la probabilità che i bambini siano vittime di abusi sessuali è di 5 volte superiore nelle coppie di fatto, 19 volte nelle famiglie composte dal padre e da altra persona in unioni di fatto, 5 volte in famiglie con un solo genitore. Statistiche simili valgono anche per le violenze fisiche sui bambini. La probabilità, rispetto alla famiglia tradizionale, che i figli adolescenti abbandonino la scuola è doppia nelle famiglie in cui la madre è divorziata o separata, e tripla e quadrupla rispettivamente nelle unioni lesbiche e gay. Anche la quantità di droghe consumate dalle donne aumenta nelle diverse situazioni familiari: rispetto alle donne sposate, il consumo di droghe da parte di donne in coppie di fatto è 3,1 volte superiore, 2,5 volte per le donne separate o divorziate e 2,8 volte per le donne sole 13


Lo studio permette anche di sfatare alcuni luoghi comuni: «Per garantire ai figli lo stesso livello di benessere basta l’amore di due persone (qualsiasi)». Falso: tutti gli studi considerati mostrano esattamente il contrario. Non è indifferente quanto al benessere dei figli che il ruolo genitoriale venga ricoperto dalla mamma e dal papà biologico oppure da altre persone. «Due genitori sono sempre meglio di uno»: questo è rigorosamente vero solo nel caso dei genitori biologici sposati mentre in altre ipotesi non è sempre vero (ad esempio quanto al pericolo di abusi sessuali e violenze fisiche sui bambini, al rischio di abbandonare la scuola, alla probabilità che la donna consumi droghe, ecc). Potremmo prendere uno ad uno tutti gli “indicatori di benessere”: educazione; sicurezza fisica; relazioni tra genitori e figli; funzionamento della coppia; salute sessuale e riproduttiva; salute mentale; salute fisica; reddito e lavoro; qualità dell’abitazione; dipendenze; livello di soddisfazione (benessere soggettivo) … in tutti i casi la famiglia composta da mamma e papà sposati e dai figli stravince. Diamo la parola al professor Pliego perché ci riassuma le sue conclusioni: «l’84,9% dei record [Pliego ne conta ben 3318 nei 351 studi analizzati, n.d.r.] indica che le persone sposate e i bambini che vivono con entrambi i genitori biologici, hanno un benessere maggiore e statisticamente significativo, in tutti gli indicatori, senza distinzione tra un paese e l’altro.… Invece, solo l’1,2% dei record mostra una tendenza inversa [benessere minore e significativo, n.d.r.]».

E continua: «Riassumendo, notiamo che gli indicatori di benessere favoriscono in modo significativo le persone sposate e i bambini che vivono con entrambi i genitori biologici, 71 volte di più (84,9 / 1,2) rispetto agli altri tipi di famiglia. Differenza notevole! … Si può costatare che in questo tipo di famiglia [naturale fondata sul matrimonio, n.d.r.] c’è meno violenza contro le donne e i bambini; gli indicatori di salute fisica sono migliori; i problemi di salute mentale si verificano in misura minore; i redditi sono più alti e la disoccupazione meno frequente; le condizioni abitative sono più favorevoli; c’è una maggiore cooperazione nelle relazioni di coppia; i legami tra genitori e figli sono più positivi; il consumo di droga, alcool e tabacco è statisticamente minore; il comportamento sociale dei bambini è più cooperativo e ci sono tassi inferiori di criminalità tra i minori; il rendimento scolastico dei bambini è migliore…». E tutto ciò è vero qualsiasi sia il paese analizzato: «Il tipo di paese non è rilevante: possono essere anglosassoni o latini, orientali o occidentali; in forte, media o bassa crescita economica; con sistemi politici democratici consolidati o recenti. In ogni caso, le persone sposate e i bambini che vivono con entrambi i genitori biologici dimostrano livelli più elevati di benessere rispetto ad altre possibili situazioni familiari o di coppia».

I risultati degli studi del professor Pliego sono pubblicati in un libro, «I tipi di famiglia e il benessere di bambini e adulti», che è già alla seconda edizione

che non si sono mai sposate. In paragone alle persone sposate, il rischio di depressione aumenta del 49% nelle persone divorziate o separate, e del 103% nelle persone rimaste singole e non sposate.

Insomma la famiglia naturale fondata sul matrimonio è quella che garantisce l’essere e il benessere dei bambini, degli adulti e della società tutta. È per questo che essa viene riconosciuta dallo Stato come sua cellula fondamentale, ed è per questo che lo Stato deve giustamente “discriminare” tra le forme di unione, favorendo il matrimonio, e non favorendo altri tipi di unioni che, come minimo, fanno diminuire il benessere della società in tutti i sensi. Questa è l’unica scelta politica possibile. Ogni altra sarebbe non solo innaturale ma anche anti-scientifica. ■ Statua di genitori con un figlio, in via Hrobakova, a Bratislava (Rep. Ceca).

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IDENTITÀ SESSUATA E TEORIA DEL GENDER: DALLA BIOLOGIA ALL’IDEOLOGIA

Massimo Gandolfini

Le tecnologie più avanzate ci hanno consentito di documentare differenze anatomiche e funzionali fra il cervello del maschio e quello della femmina: la critica scientifica all’ideologia gender è rigorosa e inattaccabile

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a premessa necessaria per affrontare il tema in oggetto è precisare che lo strumento di lavoro adatto è la ragione. Si racconta che S. Tommaso fosse solito iniziare le sue conferenze mostrando all’auditorio una mela, accompagnando quest’atto con le parole: «Questa è una mela. Chi non è d’accordo può andar via». Lo stesso K. Popper, uno fra i più autorevoli rappresentanti della filosofia relativista, affermò che la “corrispondenza al reale” è principio ineludibile per analizzare ogni tematica in termini di rigore oggettivo. La domanda di fondo da cui dobbiamo partire è la seguente: maschio o femmina è una realtà oggettiva o una libera scelta soggettiva? Maschio o femmina si nasce o si sceglie di diventarlo?

Le tecnologie più avanzate di neuroimaging – quali la RMN funzionale e la SPECT – ci hanno consentito di documentare differenze anatomiche e funzionali fra il cervello del maschio e quello della femmina. Senza entrare in dettagli troppo tecnici, possiamo dire che il primo è caratterizzato da una rigida lateralizzazione delle funzioni simboliche, quali il linguaggio, con aree funzionali specifiche nell’emisfero dominante (solitamente il sinistro). Al contrario, nella donna vi sono aree deputate al linguaggio anche nell’emisfero destro, e il sistema di interconnesione fra i due emisferi (soprattutto il corpo calloso) è maggiormente rappresentato – anatomicamente e funzionalmente – rispetto al maschio.

Il nostro specifico sesso è un apriori che ci siamo trovati addosso oppure è il frutto di una opzione personale? In termini ancora più generali, l’essere umano si presenta sulla scena della storia con un dimorfismo sessuale ben preciso che conosciamo dai primordi dell’umanità oppure è un essere asessuato o pansessuale che si autodetermina secondo un genere arbitrario? La biologia ci insegna che esistono due sessi, maschio e femmina, ciascuno portatore di caratteristiche differenti e complementari, secondo un progetto ben definito: il patrimonio cromosomico - genetico. In tutte le cellule del nostro organismo, fra i 46 cromosomi che caratterizzano la specie umana, ve ne sono due, chiamati X e Y, cromosomi sessuali, che condizionano la strutturazione e lo sviluppo dell’organismo secondo le due linee del maschio o della femmina, con i correlati caratteri sessuali, primari e secondari. Questa sessuazione dimorfica coinvolge l’intero corpo umano, cervello compreso, tanto che oggi si parla di cervello maschile e cervello femminile.

Tutto ciò ci dà ragione di quanto la psicologia del comportamento ci dice da molti anni: il funzionamento della mente è differente fra maschio e femmina. Il maschio è caratterizzato, in linea di massima, da un pensiero che definiamo “lineare”, cioè in grado di gestire appieno un compito per volta, mentre il cervello femminile appare idoneo a gestire adeguatamente – con ottimi risultati – più compiti contemporaneamente.

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Per questa ragione lo denominiamo pensiero “circolare”, cioè non sequenziale. Non senza una certa dose d’ironia, si dice che le donne sono “multitasking” e gli uomini no! Ma da dove origina questa differenza che coinvolge la totalità del nostro corpo? Deriva dal patrimonio genetico, dai cromosomi, che abbiamo ereditato dai nostri genitori. La mamma ci ha trasmesso 22 autosomi ed un cromosoma sessuale, il cromosoma X, tramite il gamete femminile, l’ovocita o cellula uovo, mentre il papà, insieme ai suoi 22 autosomi, ci ha dato un cromosoma sessuale che può essere X o Y, tramite il gamete maschile, lo spermatozoo. Risultato: 46XX o 46XY, femmina o maschio.

La “corrispondenza al reale” è principio ineludibile per analizzare ogni tematica in termini di rigore oggettivo

Fino alla settima settimana di vita gestazionale (intrauterina) la sessuazione gonadica (ovaie o testicoli) è bipotenziale. A quella scadenza entra in gioco il cromosoma Y, indirizzando la differenziazione gonadica verso la formazione dei testicoli; in sua assenza, lo sviluppo si indirizza verso la formazione delle ovaie. Il cromosoma Y è il vero “determinante biologico” della mascolinizzazione: caratteri sessuali primari e secondari, ormoni, sessuazione cerebrale. La femminilizzazione non avviene per processo attivo, ma si compie in assenza di ormoni maschili (androgeni), regolati dal cromosoma Y. Il cromosoma Y, benchè morfologicamente e strutturalmente molto più piccolo della X (è lungo 1/3 della X, contiene circa 100 geni contro i circa 1500 della X, e “solo” 65 milioni di basi) è dotato di una grande efficienza e penetranza biologica, condizionata da una complessa rete di interazioni geniche (gene SRY, chiamato “interruttore maschile”, gene SOX3, gene SOX9, geni della spermatogenesi, ecc.). È abbastanza facile intuire che – data la complessità dei processi in gioco – è possibile, ad ogni livello, che questo affascinante meccanismo s’intoppi, passando dalla biologia fisiologica descritta alle forme patologiche dello sviluppo sessuale. 16

La medicina moderna descrive patologie riguardanti il sesso genetico, il sesso gonadico, il sesso fenotipico: tutte situazioni condizionate e provocate da specifiche alterazioni dell’assetto normale dei meccanismi di differenziazione sessuale. Allo scopo di evitare confusioni o interpretazioni erronee, va chiarito che l’omosessualità non è riferibile alle situazioni patologiche sopra elencate. Si tratta di una condizione molto più complessa, in parte ancora molto poco conosciuta nei suoi determinanti più strutturali, che esula dalla finalità del presente lavoro. Può, invece, essere utile – nel contesto del tema della sessuazione cerebrale – affrontare il tema del “transessualismo”. La “disforia di genere” (GID: Gender Identity Disorder) o transessualismo è la condizione vissuta da un soggetto di un dato sesso che si sente “imprigionato in un corpo sbagliato”. Si parla di due varianti: da maschio a femmina (M/F), e da femmina a maschio (F/M). Circa la causa, peraltro ancora non ben definita, si propende per una genesi multifattoriale, in cui prevalgono le componenti ambientali-relazionali (famiglia, ambiente sociale e culturale), rispetto al dato biologico-genetico (sessualizzazione atipica legata al testosterone). Circa l’aspetto “cerebrale” è interessante quanto indagini di neuroimaging ci hanno documentato: soggetti transessuali M/F hanno una normale lateralizzazione del linguaggio con caratteristiche maschili, e soggetti transessuali F/M con caratteristiche femminili. Ebbene, in ambito di cure per riassegnazione del sesso finalizzate al superamento della condizione disforica, queste caratteristiche di sessuazione cerebrale risultano non essere modificabili con terapia ormonale post-natale. L’imprinting ormonale intrauterino ha condizionato la sessuazione cerebrale in modo non più modificabile. Ciò può costituire una chiave interpretativa del fatto che, in una grande maggioranza di casi, soggetti che hanno compiuto tutto il lungo percorso di riassegnazione sessuale, giungendo fino al traguardo tanto desiderato ed atteso, appaiono profondamente insoddisfatti, inappagati, ancora sofferenti. Concludendo, la biologia ci consegna una umanità caratterizzata da un chiaro dimorfismo sessuale, maschio ANTALOGIA 3° VOLUME


e femmina, oggettivamente intellegibile e descrivibile. Forme “grigie” esistono e le abbiamo elencate, precisando che si tratta non già di condizioni fisiologiche, bensì di patologie, altrettanto ben studiate ed oggettivabili. L’identità sessuata di ogni essere umano, sul piano biologico, non lascia spazio ad interpretazioni personali o a scelte individuali. Avendo, dunque, ben chiaro tutto quanto sopra argomentato, passiamo ad analizzare la cultura della cosiddetta “teoria del gender”. Per “gender” (genere) si intende una libera scelta soggettiva ed individuale, variabile nel tempo, che il soggetto compie sulla base della percezione che egli ha di se stesso, in un dato tempo, e che è, quindi, slegata dalla propria appartenenza di sesso: si può biologicamente appartenere ad un determinato sesso, ma scegliere per sé un diverso genere, modificabile nel tempo. Stante questa condizione, si è passati nel giro di pochi anni, dalla possibilità di scelta fra cinque generi (LGBTQ) alle recenti proposte di 53 o 56 generi diversi. Effettivamente, considerato che il principio che regola la scelta è – come abbiamo detto – la percezione di sé (che, oltretutto, non è fissa, ma continuamente mutevole e variabile) è conseguenziale che i “generi” devono essere numerosi, teoricamente, senza limiti di numero, dovendo rendere disponibile ogni opzione, comprese le più naif. Non a caso perfino la pedofilia è entrata nel dibattito dei possibili generi a disposizione (con l’unica clausola che il minore sia “consapevole e consenziente”!).

Perfino la pedofilia è entrata nel dibattito dei possibili generi a disposizione

È in quest’ottica che proprio Judith Butler, nel 2004 (Undoing Gender, Routledge, New York) ha sostenuto la liberazione dal gender rigido e fisso, proponendo un “sesso fluido”, piegando il concetto stesso di gender (il termine utilizzato è “to bend gender”, piegare il genere), a favore di un “queer” che contempla scelte sempre rivedibili, modificabili, modellabili, ristrutturabili nel tempo, figlie di “identità fluide”. Sul piano filosofico, il genere “queer” affonda le sue ANTALOGIA 3° VOLUME

radici nel principio del “nomadismo”: l’uomo è un essere privo di identità, sconosciuto all’altro e nomade a se stesso, dotato della libertà più assoluta di costruire e decostruire, fare e disfare la propria identità, fondando la totale «performatività dell’agire e del fare» (opera citata). Per la verità, già Donna Haraway, nel suo lavoro “Manifesto Cyborg”, nel 1991, e Rosi Braidotti in “Nomadics Subjects”, 1994, avevano affrontato il tema della “liquefazione dell’umano”, preconizzando il nomadismo antropologico come tappa intermedia di un percorso di evoluzione dell’umano che – partendo dall’eguaglianza, identitaria e sessuale, e dalla decostruzione di ogni stereotipo rigido (sessista e addirittura “genderista”) – traghetta l’uomo all’indifferentismo e – grazie allo sviluppo tecnologico (clonazione, riproduzione agamica extracorporea, utero artificiale) – al “transumanesimo”. L’uomo supera se stesso modificando la biologia, rifonda l’umano stesso, elimina ogni categoria antropologica, e si automodella (autopoiesi) arbitrariamente. Nasce così la proposta culturalmente oggi più avanzata sul fronte dell’ideologia di rifondazione dell’umano: abolire il termine stesso “gender” sostituendolo con “nuovi modi di essere”, collegati al cosiddetto “queer not labeling” (non classificabile). Il nuovo acronimo proposto (2008), per soppiantare l’ormai datato LGBT, è FABGLITTER (Fetish – cioè “feticista”, Allies – cioè eterosessuali gay friendly, Bisexual, Gay, Lesbian, Intersexual, Transgender, Transexual, Transexual Engendering Revolution). A questo punto, penso si possa concludere evidenziando l’enorme diversità fra il concetto di identità sessuata e la “teoria” del gender. La prima ha radici precise, chiare, rigorose, non opinabili, scientificamente comprovate ed argomentate; la seconda è un classico esempio di “ideologia”, moderna edizione della filosofia gnostica, autoreferenziale che non solo non ha alcun legame con il dato biologico strutturale, ma nega perfino il popperiano principio della “corrispondenza con il reale”. Ci troviamo di fronte ad un arbitrio autoperformante che - a mio parere - tanto ricorda «l’abominio della desolazione stare nel luogo santo» (Mt 24, 15-20). Ove “santo” è molto semplicemente la vita, la vita naturale. ■ 17


Federico Catani

«QUANDO IL GENIO ESCE DALLA BOTTIGLIA, È DIFFICILE RIMETTERLO DENTRO» In Italia sta montando la marea che vuole introdurre una legge sull’eutanasia, o suicidio assistito, o testamento biologico: non perdiamoci in sottili distinguo. Piuttosto impariamo da ciò che accade nei paesi dove la legge c’è già

Oltre a ciò, si sta facendo credere che l’eutanasia è una conquista di civiltà. Le “magnifiche sorti e progressive” imporrebbero ai medici di uccidere, anziché curare e assistere il malato, con buona pace del tradizionale giuramento di Ippocrate, che recitava: «Non somministrerò a nessuno, neppure se richiesto, alcun farmaco mortale, e non prenderò mai un’iniziativa del genere». Nel nostro Paese, dunque, si vuole discutere su una materia, la legalizzazione dell’eutanasia, che già tante perplessità suscita in quegli Stati dove è stata introdotta da diversi anni. Per non cadere nel tranello dei radicali e di tutti quei sapientoni che nei salotti buoni disquisiscono per il solo gusto di essere alla moda, occorre prendere in considerazione gli ammonimenti di un esperto vero, come il professor Theo Boer, docente all’università di Utrecht e per nove anni membro del comitato di sorveglianza sull’applicazione della legge sull’eutanasia 18

nei Paesi Bassi. Un tempo convintissimo sostenitore della “dolce morte” e del suicidio assistito, oggi il prof. Boer ha riveduto totalmente la sua posizione. Lo ha fatto dopo aver analizzato cosa accade attualmente in Olanda. I dati sono impressionanti. Tanto per cominciare, solo nel 2013 sono stati uccisi ben 650 bambini con l’eutanasia infantile, perché i loro genitori o i medici hanno giudicato insopportabili le loro sofferenze. Non solo. Benché l’eutanasia sia stata introdotta come opzione per i malati terminali, sempre più numerosi sono i casi in cui si ricorre al suicidio assistito a prescindere dalla gravità del proprio male.

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ei mesi scorsi, l’Associazione Luca Coscioni ha diffuso un video in cui settanta persone, tra personaggi pubblici, malati, medici e infermieri, si alternano per chiedere ai politici di avviare la discussione in tema di eutanasia e di testamento biologico. Lo stesso Giorgio Napolitano, da Capo dello Stato, ha più volte sollecitato il Parlamento a legiferare in tal senso e addirittura, quando si è trattato di salvare la vita alla povera Eluana Englaro, ha deciso che fosse giusto non intervenire, lasciandola morire di fame e di sete. Anche in Italia sono sempre più forti le pressioni di chi vorrebbe introdurre il diritto a “morire con dignità”. La strategia è la stessa che si è usata per far passare il divorzio e l’aborto: si parte da singoli casi pietosi, si dice che la legge eviterà gli abusi e sarà ben delimitata e si finisce con il consentire qualsiasi pratica.

I malati vengono indotti subdolamente a togliere il disturbo per non gravare sulle proprie famiglie

È il caso ad esempio di Gaby Olthuis, donna di 47 anni e madre di due figli. Affetta da acufene, un fastidioso e persistente ronzio alle orecchie, si è fatta ammazzare perché evidentemente riteneva insopportabile la sua malattia: ha lasciato due figli di 13 e 15 anni. Un’altra signora, di 80 anni, ha chiesto di morire semplicemente perché non voleva vivere nella casa di cura in cui era stata ricoverata. Episodi del genere sono diventati ormai la norma. Nel 2013 sono stati eliminati 42 pazienti con problemi psichici, ben il triplo rispetto al 2012 e ovviamente ciò è avvenuto senza il consenso dei diretti interessati. Basta una depressione o la paura della solitudine e si finisce nella clinica in cui si somministra l’iniezione letale.

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Anche dall’Italia, per esempio, c’è chi parte alla volta della Svizzera con l’intento di porre fine ai suoi giorni. Altro che casi limite! Nei Paesi Bassi, nel 2013 si è registrato un aumento del 15% nel numero di decessi per eutanasia: si è passati da 4.188 casi nel 2012 a 4.829 casi. Si calcola inoltre che tale aumento è stato del 13% nel 2012, del 18% nel 2011, del 19% nel 2010 e del 13% nel 2009. Mai si è avuto un calo. Nel complesso, i morti per eutanasia, che rappresentano ufficialmente il 3% di tutti i decessi in Olanda, sono aumentati del 151% in soli sette anni. Se poi a tali cifre si aggiungono tutti i casi in cui si narcotizzano i pazienti poco prima di togliere definitivamente loro i sondini per l’alimentazione e l’idratazione artificiali, l’eutanasia potrebbe rappresentare circa il 12,3% di tutte le morti nei Paesi Bassi; in pratica una morte su otto. Il caso olandese mostra molto chiaramente come, una volta aperto il vaso di Pandora, tutto può diventare possibile. Il succitato Theo Boer ha riconosciuto che se si legalizza l’eutanasia il rischio di uno “slippery slope”, ovvero di un piano inclinato, diviene realtà. A suo dire, la situazione olandese è ormai fuori controllo: «Una volta che il genio è uscito dalla bottiglia – ha dichiarato - non è più possibile rimetterlo dentro». Non va certo meglio in Belgio. Nel 2013 i dati ufficiali riportano che i casi di eutanasia sono aumentati del 26,8%, fino a 1.816 uccisioni. Nel 2012 sono stati 1.432, nel 2011 1.133 e nel 2010 erano 954. Risulta inoltre che il 32% di tutti le morti assistite sono avvenute senza il consenso del paziente. Vi sono anche molti casi in cui i medici o gli infermieri agiscono di loro spontanea iniziativa, non curandosi di avvisare i parenti del malato. Belgio e Paesi Bassi non sono Stati isolati. In tutti i Paesi dove è legalizzata l’eutanasia si va ben oltre il dettato della legge, senza alcun controllo e vigilanza sulla sua corretta applicazione. Sembra che il mondo occidentale, decadente e agonizzante, abbia ormai come unico obiettivo la ricerca del modo migliore per morire. L’eutanasia viene vista come l’unica soluzione ad una vita priva di senso e insopportabile. Anziché accompagnare e consolare chi soffre, si cerca di risolvere ogni problema togliendo di mezzo il malato. Con la scusa della pietà e della compassione, le lobby pro-eutanasia perseguono scopi ANTALOGIA 3° VOLUME

eugenetici: eliminare i difettosi, gli inabili, tutti coloro che costituiscono un costo e un peso per la società. Dietro la maschera del buonismo, si cela la volontà di non perdere tempo ed energie con chi non è più considerato nemmeno essere umano, bensì un prodotto avariato da scartare. E questa sarebbe la solidarietà tanto decantata? La realtà è che abbiamo perso il senso del mistero e del rispetto di fronte alla morte. Di fatto, con l’introduzione dell’eutanasia, si tenta di controllare persino la fine della vita, cercando disperatamente di dominarla. Non bisogna poi dimenticare che, in tal modo, i malati vengono indotti subdolamente a togliere il disturbo per non gravare sulle proprie famiglie o sul Servizio Sanitario Nazionale. Nonostante il mondo liberal continui a nascondersi dietro l’autodeterminazione e i diritti individuali, nei fatti la legalizzazione dell’eutanasia costituisce una pressione psicologica indebita sui malati. Tanto che, come appunto avviene in Belgio e in Olanda, alla fine si fanno fuori anche coloro che non lo chiedono e tanti saluti all’autonomia individuale.

Per concludere, di fronte a questo orrore ci chiediamo: come si può stabilire per legge quando un’esistenza non è più degna di essere vissuta? Quali criteri si utilizzano? La sofferenza, infatti, non potrà mai essere valutata e definita da parametri oggettivi, perché è percepita e tollerata in maniera diversa da soggetto a soggetto. E riguardo al testamento biologico, chi può garantire che il mio pensiero in un dato momento e in una data condizione di salute sarà lo stesso in un’altra circostanza e in una diversa condizione psico-fisica? Qui si sta scherzando col fuoco. Stiamo dunque molto attenti e non cediamo di un millimetro davanti ai cultori della morte. ■ 19


UNA MERCE MOLTO REDDITIZIA: LA DONNA

Giulia Tanel

La nostra società a parole promuove “l’emancipazione femminile”, in pratica usa in modi vecchi e nuovi i corpi delle donne come fonte di guadagno

E

alla fine vi è la morte delle donne. Questa affermazione, a prima vista molto forte, se in parte vuole essere una provocazione, nasconde tuttavia una verità con la quale siamo chiamati a confrontarci: nella società contemporanea le donne sono sempre più spesso svilite nella loro dignità e, purtroppo, rese oggetto di desiderio o di guadagno. Vediamo alcuni esempi. Anzitutto c’è il giro d’affari miliardario del mercato della prostituzione. Alle donne normalmente toccano le briciole. Recentemente ha fatto molto discutere la dichiarazione del Sindaco di Roma Ignazio Marino circa l’apertura di un quartiere a luci rosse nella Capitale. Un’ipotesi per fortuna non supportata dal Prefetto di Roma e che ha sommerso Marino di critiche, tanto da costringerlo a una retromarcia. L’idea del Sindaco di Roma era quella di emulare il modello olandese, che nel 2000 ha rimosso il divieto sulle “case chiuse”.

L’esperienza olandese dimostra che i quartieri a luci rosse non risolvono affatto il problema della prostituzione, ma anzi lo aggravano

Un provvedimento che si è dimostrato essere fallimentare. Già lo studio Daalder del 2007, commissionato dal Ministero della Giustizia olandese, aveva rilevato che: non vi era stato nessun “miglioramento significativo delle condizioni delle persone che si prostituiscono”; rispetto al 2001 il benessere delle donne che esercitano la prostituzione era peggiorato; era aumentato l’uso di sedativi; solo il 6% dei comuni offriva l’assistenza necessaria per uscire dal racket. Inoltre, pur potendo mettersi in proprio o prestando servizio presso un bordello legale, circa l’80% delle prostitute olandesi svolgeva la professione illegalmente. 20

Insomma, i quartieri a luci rosse non risolvono affatto il problema della prostituzione, ma anzi lo aggravano perché alimentano nel pensiero comune l’idea che la questione sia risolta, e quindi diminuiscono la sensibilità collettiva attorno allo sfruttamento del corpo femminile. In merito, il Responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII Giovanni Ramonda ha una visione molto limpida: «L’unico modo per aiutare davvero queste donne – ha dichiarato in seguito all’ipotesi avanzata da Marino – è quello di debellare il fenomeno inaccettabile della prostituzione: i clienti sono di fatto i primi sfruttatori della donna e in secondo luogo i finanziatori del racket. Debellare la prostituzione è possibile, da mesi abbiamo presentato al governo una proposta di legge per adottare in Italia il ‘modello nordico’ che sanziona i clienti». Altro che quartieri a luci rosse, quindi! Per sconfiggere questo sistema di schiavitù delle donne è necessario contrastare la domanda, non incentivarla con la creazione di zone ad hoc. Un’altra forma, purtroppo sempre più dilagante, di commercializzazione del corpo femminile- nonché della vita umana - è la barbara pratica del cosiddetto “utero in affitto”, o come vorrebbe la neolingua, “maternità surrogata”, o “gravidanza per altri”, oppure “gestazione di sostegno”: ossia, il dare alla luce un figlio “prenotato e pagato” da altri. L’origine di questa pratica va rintracciata negli Stati Uniti, alla fine degli anni Settanta. Inizialmente essa prevedeva che le donne si lasciassero inseminare per dare alla luce un figlio con i propri connotati genetici, che poi avrebbero ceduto in cambio di denaro. In seguito, con l’avvento della fecondazione artificiale è divenuto possibile impiantare nell’utero di una donna materiale genetico a lei estraneo, operando quindi una scissione tra la “madre biologica” e la “madre genetica”. L’indegno mercimonio dell’“utero in affitto” commercializza la vita, lede la dignità del ANTALOGIA 3° VOLUME


nascituro – che diviene oggetto di compravendita e che è programmaticamente privato della possibilità di conoscere i suoi veri genitori e di crescere con la propria madre gestazionale – e, non da ultimo, svilisce al massimo grado le donne e comporta un serio pericolo per la loro vita. Le donne che affittano il proprio utero sono infatti considerate quali meri contenitori di un “prodotto” non loro; inoltre, sia le donne che affittano il proprio utero, sia coloro che grazie alla procedura di iperstimolazione ovarica mettono in vendita i propri ovuli hanno un’elevata possibilità di incorrere in rischi fisici e di subire pesanti conseguenze a livello psichico. A questo proposito è stata recentemente resa nota la vicenda di Sushma Pandey, una diciasettenne indiana poverissima morta a causa della stimolazione ovarica cui, per la terza volta in diciotto mesi, si era sottoposta presso la clinica Rotunda Center for Human Reproduction di Mumbai. Eppure il giro d’affari che questa pratica muove è di milioni di dollari. Sono nate vere e proprie cliniche specializzate, attorno alle quali operano le figure degli intermediari. Attualmente negli Stati Uniti affittare un utero può costare tra i 100 e i 150 mila euro, tuttavia il prezzo può ridursi di molto se si accetta d’interfacciarsi con cliniche indiane, russe, ucraine… perché – anche qui – alle donne, alla fine, arrivano solo le briciole. Un ulteriore fronte che mette in chiara luce il problema della mercificazione delle donne, ridotte pressoché esclusivamente a una valutazione legata al loro corpo, è il grande business della pubblicità e dei concorsi di bellezza per bambine. Purtroppo, in relazione al primo aspetto, la gente è oramai assuefatta e spesso non si rende nemmeno più conto del fatto che tante note marche di vestiti e di intimo utilizzano le bambine (e i bambini) a fini di lucro. Accanto a questo, vi è inoltre il fenomeno ben più vasto e sconcertante dei concorsi di bellezza per bambine, del quale il reality “Little Miss America” – approdato in Italia su Real Time nel 2011 – fornisce uno spaccato alquanto sconcertante. Il programma ha per protagoniste bambine dai due-tre anni in su e mostra tutti i retroscena legati ai beauty child pageant, che negli Stati Uniti “vantano” circa 25.000 appuntamenti l’anno e fruttano milioni ANTALOGIA 3° VOLUME

Henri de Toulouse-Lautrec, Al Salon di rue des Moulins, 1894

di dollari. Le piccole modelle, spesso vittime del desiderio di rivincita delle madri, vengono truccate, pettinate e vestite come donne adulte per poi essere incitate a esibirsi e pavoneggiarsi – svendendo la propria innocenza – davanti ai giudici del concorso. Bambine rese quindi oggetto e cresciute fin dall’infanzia nell’errata convinzione che il loro valore sia direttamente proporzionale al loro modo di apparire. Se non ora, quando il mondo – femminile e maschile, senza distinzioni – si ribellerà a tutto questo e tornerà a guardare alle donne con rispetto e riconoscenza, rivalutando il genio femminile? Le donne costituiscono un unicum nel genere umano, esattamente come lo sono gli uomini. Le donne hanno una caratteristica, quella della vocazione alla maternità fisica e spirituale, che dovrebbe essere valorizzata. Invece molto spesso questo aspetto viene negato, per cui avere figli viene concepito come un peso da rimandare il più possibile e la predisposizione tipicamente femminile all’accoglienza dell’altro viene negata in favore di una pretesa efficienza sul piano lavorativo e sociale. Tuttavia, in definitiva, così facendo si determina una perdita a tutti i livelli: per la donna stessa, che non vede la propria natura riconosciuta; per gli uomini, che nelle donne non trovano più un aiuto a loro complementare, bensì delle “nemiche” con cui competere; per i bambini, cui spesso non viene nemmeno data l’opportunità di nascere (pensate alla strage d’innocenti che è quotidianamente provocata dall’aborto) e che vengono spesso educati da persone estranee alla famiglia; infine, per la società nel suo complesso, che si sta privando di una componente umana e affettiva importante, diventata sempre più asettica. ■ 21


IL GRANDE BUSINESS DEI MATRIMONI GAY

Giuliano Guzzo

Per ammissione degli stessi capitalisti coinvolti, i matrimoni gay sono una questione non solo di diritti civili, ma anche di business

Come quella per cui, nonostante il frequente tentativo di presentare le persone vicine al mondo Lgbt come povere, sole e discriminate – e quindi di far passare le loro come istanze meramente idealistiche – dietro al riconoscimento dei cosiddetti “diritti gay” gravitano, anche se forse non è politicamente corretto sottolinearlo, interessi economici; enormi interessi economici, ad essere precisi. Il perché lo possiamo senza difficoltà capire anzitutto considerando che, secondo alcune stime, la popolazione adulta Lgbt dichiarata ammonterebbe a 25 milioni di persone mediamente molto ricche (dato OMS), le quali avrebbero, nel loro insieme, un potere d’acquisto a dir poco stratosferico, pari a 835 miliardi di dollari, 65 dei quali solamente per viaggi e turismo. Un secondo, interessante elemento per quanto riguarda l’omosessualità quale «middle-class phenomenon» in grado di mobilitare ingenti risorse anche economiche, possiamo ricavarlo andando a vedere come l’istanza presentata alla Suprema Corte degli Stati Uniti contro il Doma – una legge introdotta sotto l’amministrazione Clinton che obbligava il governo federale a considerare matrimoni solo le unioni fra persone di sesso diverso – risulta sottoscritta, guarda caso, da ben 379 grandi aziende fra le quali, per esempio, troviamo la Coca Cola, la Pepsi Cola, Amazon, Apple, Facebook, Twitter, Moody’s Morgan Stanley, Goldman Sachs e Starbucks. Che si trattasse di 379 realtà, incluse potenti banche, mosse tutte e solo da interessi filantropici? Non si direbbe, dato che è stato proprio Lloyd Blankfein, CEO di Goldman Sachs, ad ammettere che «è una questione di diritti civili, ma anche di business». 22

A conferma della fondatezza di questa dichiarazione si può ricordare, sempre rimanendo in America, l’elenco dei potenti sostenitori - fra imprenditori, manager e banchieri - delle nozze gay coi rispettivi quantitativi versati o raccolti in questi anni per la causa: Cliff Asness (1,5 milioni di dollari), Jeff Bezos (2,5 milioni di dollari), Bill e Melinda Gates (500 mila dollari), Daniel Loeb (1,5 milioni di dollari), Jon Stryker (1,85 milioni di dollari), solo per citarne alcuni.

Forbes, nel 2009, ha stimato l’indotto complessivo dei matrimoni gay limitandosi all’America - circa 9,5 miliardi di dollari

P

er capire fino in fondo certe dinamiche e certo interessamento politico per alcuni temi è fondamentale non fermarsi alla superficie e guardare oltre: perché, oltre le apparenze, vi potrebbero essere delle sorprese.

Ed anche in Europa, naturalmente, le rivendicazioni Lgbt non sono promosse da poveri orfanelli, come dimostra semplicemente la spettacolare copertura mediatica che viene ad essere riservata. Eppure la strategia, come si diceva poc’anzi, è quella di presentare questioni come le nozze omosessuali sotto una mera ottica idealistica e di totale neutralità: se due persone si amano e desiderano coronare il loro amore con le nozze – è il tormentone – perché impedire loro di sposarsi? Nessuno che ricordi come già dieci anni fa il CBO – acronimo che sta per Congressional Budget Office – stimasse l’indotto delle nozze gay, una volta che queste fossero effettive in tutti e 50 Stati Usa, in un miliardo di dollari l’anno; e nessuno che ricordi, secondo un più recente e non meno autorevole contributo di Forbes del 2009, come l’indotto complessivo – sempre limitandosi all’America – sia decisamente più sostanzioso: circa 9,5 miliardi di dollari. Quasi che di queste impressionanti stime economiche fosse conveniente parlare, sì, ma sottovoce. Altrimenti la gente forse potrebbe aprire gli occhi ed iniziare a capire che le minoranze effettivamente bisognose e con diritti, ancorché codificati e formalmente riconosciuti, di fatto solo virtuali, sono ben altre: non certo quella Lgbt. ■ ANTALOGIA 3° VOLUME


UN’AGENZIA DELL’ONU CON LE MANI LORDE DI SANGUE

Harry Wu

Abbiamo l’onore di ospitare un contributo di Harry Wu. Il noto dissidente cinese ha pubblicato, grazie alla LRF - Italia, un saggio dal titolo Strage di innocenti, la politica del figlio unico in Cina

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al 1980, l’UNFPA ha sostenuto la politica di pianificazione familiare cinese con supporti logistici, informatici e formativi. Nel 1983, ha premiato la Cina perché «ha dato il più evidente contributo alla consapevolezza dei problemi demografici». Nel 1992 ha condotto una ricerca per esaminare gli effetti delle spirali contraccettive in acciaio che a quel tempo erano usate da almeno 75 milioni di donnecavie: le spirali in acciaio sono più economiche di quelle in rame, ma veicolano infezioni mortali.

Il Fondo per la popolazione fornisce consulenza e assistenza (e decine di milioni di dollari) a una politica di pianificazione familiare crudele, coercitiva, disumana, che massacra, letteralmente, donne e bambini. Il know-how e la tecnologia dell’ONU sono stati usati – tra l’altro – per organizzare il monitoraggio di tutte le donne cinesi in età fertile: esse devono presentarsi semestralmente ad un controllo ginecologico durante il quale si accerta che la spirale (obbligatoria) sia al suo posto e che la donna non sia incinta senza permesso. Se la spirale non c’è, scatta la sanzione. Se la donna è incinta senza permesso, anche per il primo figlio, aborto forzato. Se la donna non si presenta si sanzionano i parenti o i vicini di casa. Le testimonianze raccolte sul campo dalle organizzazioni umanitarie come il Population Research Institute, Radio Free Asia, Women Rights Without Frontiers, China Aid, e le denunce fatte in Occidente dai fuoriusciti sono agghiaccianti. Provengono sia dalle vittime, sia dagli stessi impiegati addetti alla pianificazione familiare: gli arresti arbitrari, gli aborti forzati, fino al nono mese, sono un metodo normale di applicazione della politica del figlio unico. Le punizioni per le donne che trasgrediscono vanno da multe esorbitanti, impossibili da pagare, all’arresto dei parenti, alla distruzione delle case (sì: distruzione della casa dei trasgressori e di chi, nel villaggio, li ha coperti o aiutati), alla sterilizzazione coatta. ANTALOGIA 3° VOLUME

I commenti rilasciati dai funzionari dell’UNFPA negli ultimi 25 anni non tolgono il sospetto (che si è fatto certezza) che l’Agenzia ONU abbia voluto non vedere e non sapere ciò che non poteva ignorare: la continua gravissima violazione dei diritti e della dignità delle donne e dei bambini e dei familiari coinvolti. Aprodicio Laquian, rappresentante dell’UNFPA a Pechino, disse che le accuse dell’Occidente alla normativa cinese erano senza fondamento; il precedente direttore esecutivo dell’organizzazione Nafis Sadik, diceva che il programma di pianificazione delle nascite cinese era totalmente volontario. Ma le denunce delle Associazioni umanitarie sono state corredate da prove inoppugnabili. Tanto che gli Stati Uniti tolsero i loro contributi economici all’UNFPA, dal 2001 al 2008. Per tutta risposta il deficit è stato colmato dall’Unione Europea. Poi nel 2009 Obama ha ripristinato il finanziamento. Perciò, a tutt’oggi, tutti noi cittadini dei paesi che aderiscono all’ONU finanziamo l’attività dell’UNFPA e – indirettamente – la politica coercitiva cinese contro le donne e i bambini, che continua indisturbata. Di tanto in tanto i media occidentali fanno da cassa di risonanza alle dichiarazioni d’intenti del Partito Comunista che dice che la politica del figlio unico sarà rivisitata: ma le violenze non sono cambiate. Nel marzo scorso, in occasione del ventesimo anniversario della Quarta Conferenza Mondiale sulla Donna, che si tenne proprio a Pechino, Reggie Littlejohn, Presidente di Women Rights Without Frontiers, ha denunciato pubblicamente, per l’ennesima volta, la complicità delle Nazioni Unite nella guerra più violenta che è in corso contro le donne: la politica di pianificazione delle nascite cinese. ■ 23


QUANDO LA LEGGE POSITIVA VIOLA LA LEGGE NATURALE, VA IN CRISI ANCHE LA DEMOCRAZIA

Lorenza Perfori

La “fine” che sta facendo la legge 40 impone alcune serie e importanti considerazioni

L

a legge 40, che ha tentato di regolamentare la fecondazione artificiale nel nostro Paese, è stata smantellata pezzo per pezzo da una giurisprudenza irrispettosa del mandato a legiferare che in democrazia il popolo concede al Parlamento e del referendum che la conferma. A volere lo smantellamento della legge 40 non sono solo i Radicali, ma anche i numerosissimi centri privati che si occupano di Pma. Il motivo è semplice: la fecondazione artificiale è in grado di generare profitti enormi, come sanno bene i lettori degli scorsi numeri di questa Rivista. La strategia usata da costoro è sempre la stessa. Come apripista per la demolizione della legge sono usati “casi drammatici” o “pietosi”, reperiti grazie alle associazioni e ai centri (miliardari) che si occupano di Pma; gli avvocati dell’Associazione Coscioni offrono loro il patrocinio, la vicenda privata viene elevata a livello di dibattito pubblico e politico, la legge che il Parlamento non vuole cambiare viene pian piano smantellata per via giudiziale (Tribunali, Corte Costituzionale, Corte Europea).

La fecondazione artificiale ha una percentuale di successo bassissima, circa del 10%, assolutamente sproporzionata al costo.

I Radicali non fanno altro che replicare il vincente “modello Englaro”. Furono, infatti, loro a convincere il padre di Eluana a trasformare una battaglia personale in un duello giuridico. Una battaglia che, se fosse stato per lui, Beppino Englaro non avrebbe mai intrapreso, come ebbe modo di dichiarare. V’è poi da rilevare che i Tribunali a cui vengono presentati i ricorsi sono sempre gli stessi. Tutti i pronunciamenti (più di 30) contro la legge 40 provengono, infatti, da soli sei Tribunali: Catania, Cagliari, Firenze, Salerno, Milano, Roma. Evidentemente, chi presenta i ricorsi sa che con questi giudici qui il colpo non finirà a vuoto. Con l’utero in affitto la strategia cambia leggermente visto che qui ci troviamo di fronte al fatto compiuto: le coppie non chiedono al giudice di fare una cosa vietata per legge, ma dal giudice ci arrivano perché la legge l’hanno già violata. In questi casi, nonostante alcune sporadiche condanne, prevale perlopiù una giurisprudenza “emotiva” orientata all’assoluzione dai reati commessi. In Italia, quindi, comanda un’oligarchia di potere: i giudici. I giudici fanno cadere i governi democraticamente eletti, si sostituiscono ai medici ordinando la prosecuzione di trattamenti (“metodo Stamina”)  considerati  dannosi dalla comunità scientifica, ordinano la trascrizione delle nozze gay celebrate all’estero, legittimano lo sfruttamento dell’utero in affitto, se ne infischiano del 75% degli italiani che ha fatto fallire il referendum popolare promosso dai Radicali sulla legge 40… Ha scritto Marcello Veneziani in un articolo dell’aprile 2014: «A me non piace vivere in un Paese in cui tutto è relativo meno il potere dei giudici, tutto è opinabile salvo le scelte ideologiche della Corte, c’è la divisione dei poteri tra legislativo, esecutivo e giudiziario ma il potere giudiziario

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sovrasta gli altri due. Non contano le leggi del Parlamento né i costumi e le tradizioni dei popoli. Il giudice è l’unico Assoluto in una società relativista. Gli altri, parlamentari, medici, preti ed esperti al più sono i suoi periti, in tutti i sensi». Ma se i giudici sono riusciti a smantellare con tanta facilità la legge 40 – v’è però da dire – è stato anche perché il Legislatore ha fatto la sua parte, partorendo leggi che si sono via via allontanate dal diritto naturale per andare sempre più incontro ai desiderata individuali. Norme nate dal compromesso, dalla logica del “male minore”, contraddittorie e senza una logica coerente, come lo sono appunto la legge 40, la sua precorritrice: la legge 194 sull’aborto e, prima ancora, la legge 898 sul divorzio.

Per fermare questa deriva giudiziaria bisogna ritornare a fare leggi fondate sul diritto naturale invece che sui desideri individuali

I giudici, aprendo alla fecondazione eterologa, hanno detto che il diritto al figlio è incoercibile, ma il diritto al figlio è già insito nella legge 40 che ha reso lecita la procreazione al di fuori del corpo della donna. Se la procreazione fuori del corpo della donna è lecita e il bambino diviene oggetto, non fa molta differenza se uno dei gameti o entrambi non appartengono alla coppia, o se il figlio assemblato viene incubato nell’utero di un’altra. Come sarebbe andata a finire era già scritto nella legge, altrimenti si sarebbe dovuto vietare qualsiasi tipo di fecondazione artificiale, omologa compresa, visto che anche quest’ultima non tutela la vita del nascituro ma solo i desideri della coppia. Visto che anche l’omologa toglie al figlio il carattere di “dono” e lo trasforma in oggetto, in proprietà da pretendere e ottenere. La liceità della fecondazione eterologa è anche consequenziale alla legge sul divorzio: con quest’ultima si è separata la famiglia giuridica, con l’altra la separazione della famiglia è avvenuta anche dal punto di vista biologico. L’eterologa non è altro che una forma di quella famiglia “allargata” che l’introduzione del divorzio ha sdoganato già da molto tempo.

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Il Palazzo di Giustizia, a Roma, sede della Cassazione, è chiamato per antica tradizione popolare il “Palazzaccio”.

Ma la legge 40 è anche figlia della legge sull’aborto. Se il nascituro fosse considerato persona non potrebbe essere ucciso. Il diritto incoercibile ad avere un figlio, che i giudici hanno logicamente tratto dalla legge 40, è lo specchio fedele del diritto, anch’esso incoercibile, a non avere un figlio, come previsto dalla 194. La legge 40 non fa altro che mimare la 194: il figlio non gode di alcun diritto, al primo posto vi è sempre l’arbitrio degli adulti. Il figlio è l’oggetto da rimuovere se in quel momento contrasta con l’autodeterminazione della madre, ed è l’oggetto da ottenere, anche con patrimonio genetico di altri, se l’autodeterminazione degli aspiranti genitori si orienta al suo raggiungimento. Nell’aprire all’eterologa, la Corte ha fatto riferimento al “diritto alla salute” psichica delle coppie. Si tratta della medesima salute fisica e psichica evocata dalla 194 che ha, di fatto, reso possibile ricorrere all’aborto in modo illimitato. In questo caso il nascituro è eliminato perché compromette la salute psichica della donna, nell’altro caso il nascituro è assemblato e fabbricato perché fa bene alla salute psichica della coppia. In conclusione: i giudici si sono sì comportati in modo arrogante, scavalcando sia il Parlamento che la volontà popolare, ma lo hanno potuto fare proprio grazie alle pessime leggi che i parlamenti hanno partorito a partire da quarant’anni fa. E adesso che i giudici hanno ufficialmente sancito ciò che tacitamente la legge stabiliva, prepariamoci a un’infinità di nuovi ricorsi e demolizione di altri divieti. Se il diritto al figlio è incoercibile e la salute psichica va tutelata a discapito del nascituro, perché la fecondazione artificiale dovrebbe essere preclusa alle coppie fertili con patologie genetiche? Perché vietare, quindi, l’eugenetica? Perché vietarla a single e coppie gay? Perché non dovrebbe essere legale anche l’utero in affitto? Perché non dovrebbe essere possibile 25


Il bambino è ormai considerato un oggetto, un bambolotto

revocare il consenso anche dopo la formazione degli embrioni se la salute psichica di chi li ha prodotti è in “pericolo”? Perché dovrebbe essere preclusa la fecondazione artificiale alle coppie anziane o la Pma post mortem…? E allora, cosa si può fare? Occorre intervenire con una legislazione puntuale, coerente col principio che il diritto esiste per difendere i più deboli, in questo caso i bambini. Ma occorre anche un lavoro culturale, della società civile, di formazione, che provi a costruire orientamenti alternativi, fondati sulla natura dell’uomo. Un lavoro lungo, che, però, se non avviato, non ci farà mai incontrare qualche giudice costituzionale che non riduca il bambino a un oggetto.

Se il nascituro fosse considerato persona non potrebbe essere ucciso. Il diritto ad avere un figlio è lo specchio fedele del diritto a non avere un figlio, come previsto dalla 194

Tommaso Scandroglio propone «battaglie come quelle che stanno conducendo i radicali, ma ovviamente alla rovescia». Anche i giuristi cattolici dovrebbero, da una parte, essere fastidiosi come zanzare e puntuali come le cartelle esattoriali nel difendere quelle persone che sono state vittime, ad esempio, della 194. Patrocinando, per esemplificare, cause di donne che dopo un aborto hanno sofferto la sindrome post-abortiva, dato che non sono state informate 26

prima dell’intervento di questo rischio. Cominciamo a portare all’attenzione dei Tribunali, i numerosissimi casi di donne che sono state ingannate dall’aborto di Stato “sicuro e indolore”, senza consenso informato, le madri che i danni al fisico e alla psiche li hanno subìti dopo il ricorso all’aborto volontario, e facciamo in modo – come fanno i Radicali – che nei ricorsi siano sostenute dalle tante associazioni che si occupano di “sindrome post-aborto”. E portiamoci, dai giudici, anche le donne che hanno rischiato la vita a causa dei trattamenti di stimolazione ovarica. Portiamoci anche le tantissime coppie che, dopo anni di tentativi e cicli falliti di Pma, si sono ritrovate senza il figlio agognato e con il fisico e la psiche a pezzi. Facciamo in modo che tutta questa immane sofferenza venga allo scoperto, che diventi argomento di dibattito pubblico, che la verità venga a galla e faccia pressione sul Parlamento. E, soprattutto, per fermare questa deriva giudiziaria bisogna ritornare a fare leggi fondate sul diritto naturale invece che sui desideri individuali. Se il diritto esiste per difendere i più deboli, bisogna che le leggi affermino il diritto alla vita e alla salute del grande dimenticato, del più debole fra i deboli: il concepito, il bambino non nato. Quest’operazione non può che passare per l’abrogazione delle leggi inique: la 194 in primis e a seguire la 40. Denunciare i colpi di mano giudiziari non basta più, il lavoro da fare è molto ed è lungo, occorrono persone di buona volontà disposte a iniziarlo. ■ ANTALOGIA 3° VOLUME


SOS VITA UN’ALTERNATIVA ONLINE

Daniela Fraioli

Le alternative all’aborto ci sono, come abbiamo visto. Anche al passo con i tempi del web 2.0

È

online dal 31 gennaio 2015 il nuovo sito del Movimento per la Vita Italiano, www.sosvita.it. L’attesa per questa nuova, essenziale, piattaforma a sostegno delle donne che affrontino una gravidanza indesiderata era altissima. L’aiuto è rivolto a tutte le donne che si trovino, o si siano trovate in passato, ad affrontare il dramma della “scelta” della continuazione o meno di una gravidanza, vissuta in qualsiasi situazione di disagio psicologico, economico, emotivo o relazionale. Il sito, di facile accesso e fruibilità, è disegnato per essere un luogo dove le donne in difficoltà possano ricevere aiuto concreto ed immediato, di natura sia psicologica che di sostegno oggettivo per la continuazione della gravidanza. La grafica, non a caso, si struttura intorno ad una barca, simbolo di solitudine, direzione da prendere, nella “tempesta” della vita, e le direzioni sono simboleggiate proprio dalle “bussole”, o meglio i tipi di sostegno offerti a chi lancia un SOS Vita, che puntano al nord, ad un luogo sicuro, fermo: ascolto, sostegno psicologico, consulenze gratuite mediche, legali e sociali, sostegno post-aborto, condivisione, sostegno concreto e soluzioni all’emergenza abitativa. Poggiandosi sulla rete capillare dei Centri Aiuto alla Vita italiani, da cui il primo numero verde SOS Vita è partito grazie al compianto e indimenticabile Giuseppe Garrone, www.sosvita.it utilizza i mezzi di comunicazione più moderni ed interattivi per raggiungere le donne anche là dove è difficile arrivare, per toccarle, anche se solo con la voce di un’operatrice, con un’email o un messaggio in chat, ed aiutarle ad esprimere le loro paure, affrontando così, al riparo dai giudizi e dalle pressioni sociali esterne, la paura che una gravidanza imprevista può rappresentare. Al fine di salvaguardare sia la madre che il bambino, la missione del sito è non solo quella di prevenire l’aborto, con mezzi di supporto reali, capillari e

ANTALOGIA 3° VOLUME

protratti nel tempo per la madre che decida di proseguire con la gravidanza, ma di proteggere le donne dalle conseguenze drammatiche, sia a livello fisico che mentale, causate dall’IVG e di sostenere, con operatori qualificati, le donne toccate direttamente da questo dramma che necessitino di aiuto psicologico, affinché possano ritrovare la serenità e riprendere in mano le loro vite. La rete di volontari che operano in SOS Vita, in continua adeguata formazione, è attiva 24/24h su ogni mezzo di comunicazione, dal numero verde 800 813 000, ai messaggi tramite chat o email, nonché in tutte le sedi CAV distribuite sul territorio nazionale. Il gruppo di coordinamento è composto da Maria Luisa Di Ubaldo, Giuseppe Grande, Paola Musso, Marialuisa Ranallo, Giovanna Sedda, Lara Morandi. Riservatezza ed anonimato sono priorità assolute. Oltre all’esperienza di siti internazionali, esperti del settore, che hanno contribuito nel consigliare alcuni dei metodi migliori per arrivare e comunicare con le donne in difficoltà tramite il web, SOS Vita è forte anche della rete “One of Us”, una delle prime iniziative dei cittadini europei registrati nell’Unione Europea con l’obiettivo di far progredire in Europa la protezione della vita umana sin dal concepimento. Ciò fa sì che donne anche fuori dall’Italia possano beneficiare del servizio di volontariato di SOS Vita, aperto, dunque, a qualsiasi donna in difficoltà. ■ 27


NON POSSIAMO FARE A MENO DEL DIRITTO NATURALE

Giovanni Stelli

Solo con l’avvento del positivismo nella seconda metà dell’Ottocento il diritto naturale è stato marginalizzato, ma la sua vigenza è sempre e dovunque necessaria

I

l diritto naturale come fondamento del diritto positivo è stato messo in luce in vario modo dai pensatori greci, fin dal V secolo a.C., all’epoca della Sofistica. L’idea, poi, è stata ripresa dai filosofi cristiani e infine riproposta dal giusnaturalismo dell’età moderna (Grozio e altri).

Liberarsi con un gesto sprezzante di questa idea, magari affermando, come è stato fatto da qualche esponente Lgbt, che si tratta di “una contraddizione in termini” (!) è solo frutto di una colossale ignoranza della storia. Di fronte alla variabilità, alla “relatività” delle leggi positive e soprattutto di fronte al carattere ingiusto di molte di esse, è necessario individuare un nucleo di norme permanenti, giuste in sé, razionali in se stesse, oggettive, cioè non dipendenti dall’arbitrio e dalle scelte soggettive dei vari legislatori, motivate spesso dall’interesse di singoli, di ceti, di gruppi detentori del potere.

La norma giuridica positiva, cioè posta da chi ha il potere (lo Stato) è relativa, cioè cambia nel tempo e nello spazio. La legge naturale no: è intrinseca alla dignità dell’essere umano, immutabile ed eterna

Per esempio: in base alla legge positiva possono esistere schiavi e liberi, ma per natura tutti gli uomini hanno pari dignità. Così leggiamo in un frammento di un filosofo greco del V secolo. Il diritto naturale è pertanto un diritto non scritto, che l’uomo scopre con la ragione e che deve costituire la norma fondamentale del diritto positivo, delle leggi positive. Identificare le leggi naturali con una determinata costituzione o una determinata dichiarazione dei diritti è del tutto errato. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite, per esempio, è costituita da norme che sono relative a un tempo e a un luogo, e sono quindi frutto di una decisione storica. 28

Le norme del diritto naturale sono invece riconosciute dalla ragione e non create da decisioni politiche, magari prese a maggioranza. Ciò che si può e si deve esigere è che il diritto positivo non contraddica il diritto naturale e che ad esso faccia riferimento. Qualsiasi Stato che – pur definendosi democratico – non riconosca e garantisca i diritti inviolabili dell’uomo in modo sostanziale, e quindi non accetti la legge naturale come presupposto del diritto positivo, è uno Stato etico: pretende di decidere che cosa è il bene e che cosa il giusto e tende così a trasformarsi in Stato totalitario. Il diritto naturale pone invece un limite al potere legislativo dello Stato. Se così non fosse, i cittadini sarebbero soggetti a qualsiasi arbitrio del legislatore. Solo richiamandosi al diritto naturale è possibile criticare le leggi positive. In assenza di questo riferimento, ossia se ciò che è giusto (ciò che è legittimo) coincide con ciò che è stabilito dalla legge positiva (ciò che è legale), diventa impossibile opporsi, per es., ad una legislazione razzista, come quella introdotta da Hitler in Germania negli anni trenta del Novecento. In assenza di un riferimento ad una legge naturale non scritta, come sarebbe possibile giustificare l’operato dei vari tribunali internazionali che perseguono “crimini contro l’umanità” non sanzionati da leggi positive dei paesi a cui appartengono i criminali perseguiti? E come sarebbe possibile considerare questi crimini imprescrittibili? Il principio generale nulla poena sine lege – non si può parlare di crimine e di pena in assenza di una legge che tale crimine definisca – non viene violato proprio perché si assume che esista un diritto o una legge naturale, al di là delle varie leggi positive. Ognuno, per esempio, si rende perfettamente conto, razionalmente, che il primo di quelli che chiamiamo diritti naturali è il diritto alla vita. Ma la promozione dell’aborto, della fecondazione artificiale e dell’eutanasia non riconosce questo diritto proprio ai più deboli. ANTALOGIA 3° VOLUME


Marco Tullio Cicerone (Arpino, 3 gennaio 106 a.C. - Formia, 7 dicembre 43 a.C.) celeberrimo scrittore latino, fu avvocato, politico, oratore e filosofo.

L’espressione diritto (o legge) naturale può tuttavia prestarsi oggi a qualche equivoco che è bene dissipare. Il termine natura, nel pensiero greco e medievale, designa tutti gli enti, l’insieme ordinato degli enti (il cosmo). Ogni ente fa parte della natura ed ha, questo è fondamentale, una sua natura, una sua essenza, che ne costituisce il fine e che lo differenzia dagli altri enti. Così l’ente che chiamiamo uomo ha una sua essenza che lo differenzia dagli altri enti e che consiste nella razionalità: l’uomo è un animale che ha la ragione, il logos, come diceva Aristotele. In questo consiste la differenza specifica dell’uomo dagli animali con cui ha ovviamente in comune molte caratteristiche. Realizzare liberamente questa essenza (la razionalità) costituisce il fine dell’uomo, il suo compito specifico. All’interno di questa visione si comprende come diritto naturale equivalga a diritto razionale: si tratta di scoprire ciò che è conforme alla ragione, e quindi ciò che costituisce il fine della vita umana. Le leggi positive devono favorire il conseguimento di questo fine e qualsiasi legislazione positiva deve avere come orientamento e norma fondamentale ciò che è giusto in sé, la realizzazione della vita buona, il diritto naturale appunto. ANTALOGIA 3° VOLUME

E questo avviene in molti Stati “democratici”.

Nel corso del pensiero moderno il termine natura subisce però una profonda mutazione di significato: non designa più la totalità degli enti, ma un settore della realtà, la materia inanimata e animata, la res extensa di Cartesio, contrapposta al pensiero (la res cogitans) ossia all’uomo. In questo contesto diventa allora equivoco, anzi del tutto errato, parlare di un diritto naturale: se naturale sta a significare ciò che avviene nella natura inorganica e biologica, allora certamente naturale è l’incesto, naturale è cibarsi dei propri figli, naturale è uccidere il partner dopo l’accoppiamento, e così via, come avviene appunto in natura. E da questa “legge naturale” l’uomo deve uscire al più presto!

Negare l’esistenza del diritto naturale è frutto di una colossale ignoranza della storia e della natura umana

Ma è evidente che si tratta di intendersi sul significato del termine natura e cercare di usarlo in modo corretto. Il fondatore del giusnaturalismo moderno, Ugo Grozio, definiva la legge naturale come “il dettame della giusta ragione”. Ricordiamoci di questo nella polemica contro i negatori del diritto naturale. E forse, ma solo a scanso di equivoci, sarebbe meglio parlare sempre di essenza e fine dell’uomo, piuttosto che di “natura”. E ciò avrebbe anche questo vantaggio: è ben difficile negare che l’uomo abbia una essenza o un fine; infatti anche chi nega che l’uomo abbia un’essenza, non può fare a meno di assumerla implicitamente; se dico infatti: “l’uomo non deve realizzare alcun fine, ma può fare quello che vuole in base ai suoi desideri, di qualunque tipo essi siano”, assumo implicitamente che l’essenza dell’uomo è il desiderio, che l’uomo è un essere, per essenza, desiderante e così via. ■ 29


30 N. 42 - GIUGNO 2016

Avviso a paga

DIFENDI LA

FAMIGLIA

E I TUOI FIGLI

SOSTIENI

Alessandro Fiore, portavoce di ProVita, e Mario Agnelli, Il bene comune può essere realizzato solo attraverso la promozione senza compromessi della Vita portavoce dei Sindaci che hanno sollevato obiezione di coscienza alle unioni civili. e della Famiglia naturale fondata sul matrimonio. Notizie

Anno IV | Rivista Mensile N. 37 - Gennaio 2016

Padova CMP Restituzione

Anno V | Rivista Mensile N. 39 - Marzo 2016

ProVita ha pubblicato un “Patto per la famiglia naturale” con il quale i candidati Sindaci nei capoluoghi di Provincia e i candidati Sindaci e Consiglieri nei capoluoghi di Regione si impegnano

a difendere la Famiglia, la Vita e Saudita, i bambini e a lavorare nell’interesse e per il maggior bene di tutto offrire servizi in Mauritania, Arabia Yemen, il popolo della realtà territoriale in cui sono candidati. Somalia, in altri paesi dove l’omosessualità può essere Vai sul sito www.notizieprovita.it per leggere il “Patto per la famiglia naturale” e conoscere i nomi dei candidati “nel nomeche di lo chihanno nonsottoscritto! può parlare” punita con la pena di morte, e in Nigeria, dove il WWW.NOTIZIEPROVITA.IT comportamento omosessuale può essere punito con la fustigazione, la prigione, o la morte per lapidazione. 12. Salesforce, una società di software, ha minacciato che avrebbe ridotto gli investimenti in Georgia. Ma Salesforce opera serenamente in India dove Human Rights Watch spiega che il codice penale ha rafforzato l’idea che la discriminazione e i maltrattamenti delle persone LGBT sono accettabili. 13. Apple Inc.: protesta negli USA, ma produce in Cina e vende nei Paesi Arabi. 14. National Basketball Association (NBA): è preoccupata per l’omofobia in USA, ma organizza manifestazioni sportive in Sud Africa, dove il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha scritto in una relazione della sua preoccupazione per il razzismo e la xenofobia. 15. Netflix, leader mondiale della TV via Internet, ‘è una società inclusiva’, dice. Ma offre i suoi servizi per esempio in Libia, la patria delle violazioni del dirittoUTERO internazionale. SPECIALE IN AFFITTO di donne e bambini tollerato dalla “società civile” 16. Sony: ha un ufficio inIl mercato Kazakhstan, dove Amnesty International segnala che si pratica la tortura e dove le libertà di espressione, associazione e riunione pacifica sono limitate. POSTE ITALIANE S.p.A. | Spedizione in AP - D.L. 353/2003 | (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) | art. 1, comma 1, NE/PD | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003 | Contributo suggerito € 3,00

“nel nome di chi non può parlare”

5. La Weinstein Co., un grande studio cinematografico, ha minacciato che non avrebbe mai più girato un film in Georgia, ma gira e produce Shanghai, in Cina; No Escape in Tailandia. 6. AMC Networks Inc., produttrice della fortunata serie The Walking Dead, lavora in Russia, Paese ‘omofobo’ per eccellenza. 7. Time Warner: non avrebbe lavorato mai più in Georgia, ma a Singapore sì (un altro Paese che vieta penalmente l’attività omosessuale, secondo l’ International LGBTI). 8. La Walt Disney Co.: e la sua controllata Marvel Entertainment sono ‘aziende inclusive’, ma continuano ad espandersi in Cina, dove tra l’altro investono 5.5 miliardi di dollari per un parco a tema a Shanghai.

PROVITA

Chi salva i bambini,

salva le madri Una testimone davvero eccezionale: Margherita Borsalino Garrone

Proposta di legalizzare l’eutanasia alla Camera

Molte grandi imprese si indignano per ‘l’omofobia’ dei governi federati (che riconoscono il diritto all’obiezione di coscienza), ma che fanno affari d’oro fuori dagli USA, in Paesi dove l’omosessualità è addirittura reato, passibile di condanna a morte

9. General Electric Co., si dà da fare in Arabia Saudita, un Paese che criminalizza il comportamento omosessuale (nel 2014, un uomo saudita è stato condannato a tre anni di carcere e 450 frustate: aveva usato Twitter per organizzare incontri con uomini). 10. The Coca-Cola Co.: nel 2006, gli impianti di imbottigliamento della Coca-Cola sono stati accusati di interferire con i problemi di irrigazione nelle regioni dell’India e America Latina che soffrono per scarsità d’acqua. Più di recente, la Coca-Cola è stata accusata di rifornirsi di zucchero beneficiando di espropri non etici. Il sito della Coca-Cola, però, elenca la bio-diversità, la tutela dei diritti delle popolazioni locali, la sostenibilità come valori fondamentali (oltre che ‘l’inclusività’). Anche essa ha levato vibrata protesta contro le leggi omofobe della Georgia ecc. 11. PayPal addirittura è intervenuta nella polemica sulla legge per i bagni unisex. Ma PayPal continua a

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Gli attivisti LGBTQIA(...) pretendono che ognuno sia libero di andare nello spogliatoio o nel bagno ‘che si sente’: un uomo che apparentemente ha gli attributi da uomo, ma che ‘si sente donna’ dovrebbe poter andare nello spogliatoio (o nel bagno) delle donne

Insomma, sappiamo bene quanto sia faticoso, per tutte queste grandi imprese, barcamenarsi tra gli ideali e il portafoglio. Ma, alla fine, tutto sommato pare che conti di più il dio quattrino, non è vero?

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cuore

POSTE ITALIANE S.p.A. | Spedizione in AP - D.L. 353/2003 | (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) | art. 1, comma 1, NE/PD | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003 | Contributo suggerito € 3,00

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Anno V | Rivista Mensile N. 41 - Maggio 2016

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IN UNA GOCCIA CURA E CONFORTO PERINATALE

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