Provita aprile 2013

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Notizie

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Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD

Rivista Mensile N. 4 - Aprile 2013

Infosportpagine

“nel nome di chi non può parlare”

In marcia per la Vita Le menzogne che hanno portato alla legalizzazione dell’aborto

La legge 194 è contro la verità scientifica

Washington, Palermo, Biella: aspettando di incontrarci il 12 maggio a Roma Copertina_n7.indd 1

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- Sommario -

Notizie

Editoriale 3 Notizie dall’Italia

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RIVISTA MENSILE N. 4 - APRILE 2013

Notizie dal mondo

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Primo Piano A Washington, in 650 mila

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Marco Respinti

Biella per la vita

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Pietro Brovarone

La gioia della Sicilia in marcia

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Diego Torre

Tutti a Roma, 12 maggio 2013

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Federico Catani

Editore MP cooperativa giornalistica Sede legale Via Marlengo 49/b, 39012 Merano (BZ) Autorizzazione Tribunale BZ N6/03 dell’11/04/2003 Codice ROC MP 12603 Redazione Francesca Romana Poleggi, Antonio Brandi, Mario Palmaro, Andrea Giovanazzi Largo della Caffarelletta 7, 00179 Roma. Tel/fax: 06-3233035 Direttore Responsabile Francesca Lazzeri Progetto grafico Massimo Festini

Attualità Il Convegno Nazionale per la Vita

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Redazione

Culle per la Vita

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Francesca Romana Poleggi

Un’incredibile voglia di vivere

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Irene Bertoglio

Giuristi per la vita

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Elisabetta Frezza

Solo la via della Vita è la via della Verità

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Marisa Orecchia

Scienza e Morale RU 486: a chi giova?

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La l.194 è contro la verità scientifica

www.prolifenews.it

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don Matteo Graziola

Magistero e gioia

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don Massimo Pelliconi

Evangelium Vitae: un invito alla lettura

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don Giuseppe Tonello

Famiglia ed Economia Educare all’amore piuttosto che alla sessualità

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Elisa Corbella

Ascoltare, per aprire un cuore chiuso Cinzia Baccaglini

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Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero Roberto Algranati, Cinzia Baccaglini, Irene Bertoglio, Antonio Brandi, Pietro Brovarone, Federico Catani, Elisa Corbella, Elisabetta Frezza, don Matteo Graziola, Marisa Orecchia, Giuseppe Noia, don Massimo Pelliconi, F. Romana Poleggi, Renzo Puccetti, Marco Respinti, don Giuseppe Tonello, Diego Torre.

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Giuseppe Noia

Facciamo, per esempio, un’ipotesi...

Distribuzione MOPAK SRL, Via Prima Strada 66 - 35129 Padova

per un aggiornamento quotidiano:

Roberto Algranati

Il feto come paziente

Tipografia Aesse Stampa, Via Pirandello, 12, 82100 Benevento

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Renzo Puccetti

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Testata Infosportpagine-ProVita

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Prezzo: 3,50 euro Abbonamenti: Semplice 30,00 euro Sostenitore 60,00 euro Benefattore 100,00 euro Patrocinatore 250,00 euro

Per abbonamenti, acquisti e donazioni Conto Corrente presso Banca Popolare di Puglia e Basilicata IBAN IT94 X053 8515 0000 0000 0003 442 oppure Conto Corrente Postale n.1009388735 intestati a M.P. Società Cooperativa Giornalistica a.r.l. L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.

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Editoriale

Notizie

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Editoriale

In marcia per la vita

Il 13 Maggio dell’anno scorso sono riuscito a partecipare alla seconda Marcia Nazionale per la Vita solamente per un’ora, a causa di problemi di salute. Anche se breve, è stata un’esperienza meravigliosa vedere migliaia di persone di ceto ed opinioni diverse marciare, cantare e pregare tutte insieme per la Vita e contro l’iniqua legge 194: studenti, religiosi, stranieri, famiglie, donne e uomini di tutte le età. Sono state la Marcia e la morte di Chiara Corbella, che conoscevo dall’infanzia, che hanno fatto nascere Notizie Pro Vita e www.prolifenews.it. Quel 13 Maggio del 2012 ho sentito un entusiasmo ed una stupenda spinta all’azione che, temo, sia generalmente assente oggi nella nostra società, a causa del relativismo spirituale e dell’edonismo pratico dilaganti. La condanna dell’aborto non è una prerogativa della religione cristiana. Ippocrate, il famoso medico greco vissuto nel V secolo a.C, con solenne giuramento prese l’impegno di non somministrare mai a una donna una medicina per uccidere il feto. Ancora oggi ebrei, mussul-

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mani, buddisti e molti che si considerano pagani condannano l’aborto come il peggiore degli omicidi. Se siamo cattolici, inoltre, dobbiamo ricordare San Giacomo (2,26): “La fede senza le opere è morta” e Pio XI: “La vita non si può concepire senza azione se non come morte”. Nel messaggio per la giornata mondiale della pace, il Santo Padre Benedetto XVI ha affermato: “La fuga dalle responsabilità, che svilisce la persona umana, e tanto più l’uccisione di un essere inerme e innocente, non potranno mai produrre felicità o pace”. Invece, molti cattolici sembrano aver dimenticato la necessità della testimonianza della Verità, costi quel che costi, come fanno oggi tantissimi cristiani in Cina, in Pakistan, in Nigeria ed in molti altri paesi: soffrono, sono perseguitati e spesso muoiono per la loro Fede. Come ho scritto in precedenti numeri di Notizie Pro Vita, i Successori di Pietro sono stati chiari e limpidi nella loro condanna dell’aborto e della legge 194. Sono loro che noi dobbiamo seguire. Dobbiamo “orare et pugnare” per la Verità e per la Vita e marciare fa parte della nostra lotta per far sentire la nostra voce. Come ha affermato S.E. il cardinale di Cracovia, Stanislav Dziwisz, «La Chiesa insegna chiaramente che i cattolici sono obbligati a non accettare il compromesso, ma a puntare alla protezione totale della Vita». Pertanto vi aspetto a migliaia, al Colosseo, il 12 Maggio. La Terza Marcia Nazionale per la Vita partirà alle 9.00. Avanti per la Vita! Antonio Brandi

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Notizie dall’Italia

Notizie

Notizie dall’Italia

4 Da Rimini a Padova, da Udine a Fiumicino, sta girando in Italia la mostra “Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi?” – genetica e natura umana nello sguardo di Jerome Lejeune. La mostra propone un’indagine sulla “natura umana”, a partire dalla testimonianza di Lejeune, fondatore della genetica clinica, che contestava l’idea che ci sia un gene anche per ogni caratteristica psichica e caratteriale. La moderna biologia evolutiva ci dice che il corredo genetico non è un “programma esecutivo”, ma un insieme di “strumenti” che l’organismo biologico usa, insieme a molte altre fonti di informazione, per costruire la sua vita. L’essere umano è unico e contingente, libero, ma non indipendente. È un mistero che resta incomprensibile finché non accetta la sua condizione di figlio, in relazione a un Padre datore di vita. A Benevento, il 15 Marzo, si è svolta la “Festa della Vita” organizzata da Carlo Principe in collaborazione con il CAV e numerose scuole cittadine. In mattinata più di 500 studenti hanno potuto apprezzare il VideoConcerto “Il Mondo di Lucy”. In serata, è stato proiettato “October Baby”. Durante la giornata è intervenuta Alessandra Pelagatti che ha spiegato come, dopo l’esperienza devastante dell’aborto, ha ritrovato la Vita e la Fede. Toni Brandi ha ricordato il sacrificio di Chiara Corbella, l’immoralità dell’aborto e il suo impatto negativo sull’economia.

Se un’amministrazione comunale, quella del Comune di Legnano, un’amministrazione di centrosinistra, firma un protocollo d’intesa con un’associazione privata, dichiaratamente antiabortista per la sepoltura dei prodotti abortivi, “l’attacco ai diritti delle donne si fa veramente pesante”. Questo ritengono i politicamente corretti (la citazione è di un comunicato stampa del Comune di Canegrate). A noi, onestamente, sfugge il collegamento tra “i diritti delle donne” e “ la pietà nei confronti dei morti”, che fin dagli albori della civiltà, nella preistoria, l’uomo ha sempre coltivato.

Il 14 aprile la redazione di Notizie Pro Vita e di Prolifenews.it ha organizzato presso la Parrocchia San Bernardo di Chiaravalle, a Roma, una rappresentazione del musical “Il mondo di Lucy” che narra la storia di una coppia che ha rifiutato di abortire nonostante la diagnosi infausta ricevuta durante la gravidanza, e ha cominciato una nuova vita all’insegna dell’amore e della gioia. Jorge Mario Bergoglio, dal 13 marzo Papa Francesco I, quando il parlamento argentino stava legiferando sul riconoscimento legale delle unioni omosessuali, ha scritto: “È in gioco l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. È in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati della loro maturazione umana che Dio ha voluto avvenga con un padre e con una madre. È in gioco il rifiuto totale della legge di Dio, incisa anche nei nostri cuori… Qui pure c’è l’invidia del Demonio, attraverso la quale il peccato entrò nel mondo: un’invidia che cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra”. Giusi Spagnolo, da bambina, quando le dicevano che era “Down”, rispondeva: “Io non sono Down, sono Giusi!”. Ora, a 26 anni, ha conseguito la laurea in lettere presso l’Università di Palermo con 105/110. Circondato dall’affetto dei suoi cari, è morto, a 45 anni, Salvatore Crisafulli. Nel 2003, a seguito di un incidente stradale, gli avevano diagnosticato lo “stato vegetativo permanente”. Invece, nel 2005, proprio mentre in USA veniva uccisa Terri Schiavo, lui ha cominciato a risvegliarsi. Crisafulli testimoniò che, quando tutti lo davano per spacciato e privo di coscienza, lui in realtà sentiva e vedeva tutto. La Onlus La Quercia Millenaria, ha tenuto un Convegno a Rieti sul tema “Nelle braccia dell’Amore”. Ospite d’onore il prof. Giuseppe Noia, professore di Ginecologia e Ostetricia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Responsabile del Centro Diagnosi e Terapia Fetale Day Hospital di Ostetricia del Policlinico Agostino Gemelli, il cui intervento era intitolato “la Bellezza e il Valore della Vita Umana”.

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I figli “so’ piezz’e core”, ma i gatti pure: la Corte di Cassazione ha riconosciuto al micio di casa collocato presso il coniuge separato, un regolamento di spese analogo a quello del figlio minore. Perché l’animale è un essere senziente. Se i pro life riuscissero a far equiparare ai gatti i bimbi nel grembo materno, potrebbero più facilmente veder riconosciuti i loro diritti? Una donna che voglia praticare l’aborto nella Asl Bari sarà costretta a recarsi negli ospedali pubblici delle vicinanze oppure rivolgersi alle strutture convenzionate private. Certo, c’è anche il Policlinico che però non fa parte della Asl. Ma anche lì le procedure di Ivg vanno a rilento per difficoltà organizzative e scarsa presenza di non obiettori, solo 272 Ivg nel 2011 su un totale di 3676 in tutta la Asl. Come al solito i benpensanti si scandalizzano per tali notizie. Noi ne siamo veramente lieti.

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Notizie dal mondo

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In Belgio, dove l’eutanasia per gli adulti è già legale, hanno constatato che di fatto ad essa ricorrono anche i minori. Perciò è stato proposto di renderla legale anche in questo caso. Si discute sino a che età sia necessario il consenso dei genitori. Faranno lo stesso anche quando si renderanno conto che nel paese ci sono furti, truffe, e altri reati, o il Belgio ne è totalmente immune?

Un altro “miracle baby” è il piccolo Elia che, nel Wisconsin, è stato estratto a 20 settimane dal grembo materno, operato al petto per una grossa cisti che gli comprimeva il cuore, e riposto nell’utero dove è riuscito a rimanere altri 2 mesi. Dopo un periodo in incubatrice è finalmente a casa con i genitori, che hanno dichiarato di considerarsi benedetti da Dio.

Franck Talleu, che passeggiava a Parigi con moglie e figli il lunedì di Pasqua, è stato multato e arrestato perché indossava una felpa con il logo della manifestazione pro famiglia tenutasi in Francia per protesta contro i matrimoni gay. Comincia una nuova resistenza, quella di chi passeggia al braccio della moglie e con i figli per mano! Compriamoci tutti la “terribile” felpa con i pupazzetti di mamma, papà e bambini stampati sopra: questa è la vera, “scioccante” trasgressione del futuro. (http://boutique.lamanifpourtous.fr/index.php). È stata pubblicata anche sul Journal of Obstetrics and Gynecology la storia di una donna inglese che alla 22esima settimana di gravidanza aveva cercato di abortire con la pillola RU 486. Il bambino è sopravvissuto a ben tre tentativi. Quando, dopo il terzo, la madre ha sentito ancora il piccolo muoversi dentro di sé, ha cambiato idea e ha cercato di salvare il bimbo. “Miracle Baby”, nato a 24 settimane, ha lottato tenacemente in incubatrice ed infine la mamma, pentita e felice, lo ha portato a casa.

In Svezia, da tempo sono stati istituiti gli asili “che trattano in maniera indifferente i bambini e le bambine”. Ora anche in Francia, a Saint-Ouen, in Seine-Saint-Denis, è stato aperto il primo asilo per “lottare contro i pregiudizi sessisti” nell’educazione e per promuovere l’uguaglianza uomo/donna. Di conseguenza, le bambine non sono incoraggiate a giocare con le bambole o i maschietti a fare lavori manuali, “si preferisce piuttosto incoraggiare le pratiche inverse, a rischio di spingere i bambini ad andare contro le loro voglie”.

Il Presidente dell’Uruguay, il socialista José Mujica, ha sorpreso il suo stesso partito, perché ha appoggiato la proposta di un referendum sulla legge da lui stesso promulgata, che ha depenalizzato l’aborto in caso di stupro.

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In Svizzera è partita una raccolta di firme intitolata “La protezione della vita colma una lacuna miliardaria”, per proporre di aggiungere alla Costituzione la frase: “la vita umana è protetta” e impedire l’aborto, l’aiuto al suicidio e la ricerca sulle cellule staminali embrionali. I gruppi pro life che hanno intrapreso questa iniziativa sostengono, tra l’altro, che gli aborti sono nefasti per l’economia svizzera, dato che riducono il prodotto interno lordo e il consumo. È attualmente all’esame delle Camere, intanto, una proposta di legge per eliminare il rimborso delle interruzioni volontarie di gravidanza.

Notizie dal mondo

I ricercatori dell’Università della California, a San Francisco, hanno scoperto cellule staminali pluripotenti che si possono ricavare dal seno. Un’ulteriore conferma che non è affatto necessario smembrare embrioni innocenti per riparare i danni subiti dai diversi organi umani. I risultati della ricerca sono stati pubblicati in Proceedings of the National Academy of Sciences.

Una bambina nata con l’Aids sembra essere “guarita” dal virus dopo un’aggressiva terapia antiretrovirale a cui è stata sottoposta due anni fa. A meno di 30 ore dalla nascita. Lo hanno riferito i ricercatori americani durante la conferenza annuale “Retroviruses and Opportunistic Infections” ad Atlanta, nello stato americano della Georgia.

La multinazionale farmaceutica Bayer ha annunciato di aver perso soldi per colpa delle sue pillole contraccettive. Alla presentazione del bilancio dell’ultimo trimestre 2012, l’azienda ha dichiarato un utile netto in discesa (374 milioni di euro contro i 397 dello scorso anno) nonostante le vendite ancora in salita. Questo perché, alla fine del 2012, ha messo in preventivo di spendere 455 milioni di euro nelle cause legali in cui è stata trascinata per danni collegati agli effetti collaterali di alcuni dei suoi ultimi anticoncezionali. I processi hanno preso il via dalle denunce di danni o decessi causati da coaguli (la maggior parte trombosi o embolie). La sua pillola di nuova generazione è vendutissima e presentata come molto più tollerabile delle altre.

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Attualità

Notizie

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11 maggio 2013 Convegno Nazionale per la Vita Anche quest’anno, il giorno prima della Marcia, l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in via degli Aldobrandeschi, 190, a Roma, ospiterà un Convegno a cui parteciperanno esponenti della scienza, della cultura e della politica, provenienti da tutta Italia. Qui di seguito riportiamo il programma dei lavori, certi della partecipazione interessata di tutti i nostri lettori. Durante la mattinata i lavori si svolgeranno nell’Auditorium. 8.30: Accoglienza dei partecipanti. 8.40: Introduzione del convegno. Prof. Filippo Boscia, Università degli Studi di Bari; presidente A.M.C.I. (Associazione Medici Cattolici Italiani). 9.00: Le virtù del medico. Prof. Gonzalo Miranda, LC, Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, Roma. 9.20: Infertilità, casistica andrologica. Prof.ssa M. Antonella Bertozzi, U.O. Andrologia, Università degli studi di Pisa. 9.40: Infertilità, ruolo dei metodi naturali. Prof.ssa Elena Giacchi, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; Centro Studi Regolazione Naturale della Fertilità, Roma. 10.00: La società infertile e la infertilità come disagio psichico. Prof. T. Cantelmi, Università LUMSA, Roma; presidente AIPPC – Roma. 10.20: Palliazione fetale: come curare il feto e lenirne il dolore. Prof. Giuseppe Noia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; presidente A.I.G.O.C. 10.40: La prognosi del neonato fortemente pretermine. Dott. Carlo Bellieni, Azienda Ospedaliera Universitaria, Siena. 11.00: Inizio vita e obiezione di coscienza. Dott. Antonio Oriente, Azienda Sanitaria Provinciale di Messina. 11.20: La sindrome post-abortiva. Status quaestionis. Dott.ssa M. Cristina Del Poggetto, Società Medico-Scientifica Promed Galileo, Area Psichiatrica, Pisa. 11.40: Il colloquio di salvataggio. Dott.ssa Cinzia Baccaglini, Psicoterapeuta, Ravenna. 12.00: Lectio Magistralis di S. E. R. Card. Caffarra. 13.00: Chiusura della sessione mattutina. Nel pomeriggio i lavori riprenderanno alle 15, in Auditorium e nell’Aula Tesi. 15.00: Prolusione di Monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste. 15.30: La Comunità papa Giovanni XXIII al servizio della vita nascente. Enrico Masini, animatore generale Servizio Maternità difficile della Comunità papa Giovanni XXIII, Rimini. 16.00: “Cos’è l’uomo perché te ne curi?” Massimo Gandolfini, neurochirurgo, vicepresidente nazionale Scienza & Vita, Brescia. 16.30: Il feto malformato: l’accoglienza come terapia. Sabrina Paluzzi, cofondatrice de La Quercia Millenaria, Roma. 16.50: I Giuristi per la vita, Gianfranco Amato, avvocato, Grosseto. 17.10: Saluti dei rappresentanti delle associazioni pro life di altri paesi del mondo. 17.30: Premiazione di alcune personalità che si sono distinte nella cultura della vita e nell’attività di aiuto e sostegno alla maternità difficile. Aula Tesi (per i giovani): 15.00: Costanza Miriano (giornalista), Serena Taccari (fondatrice dell’associazione Il Dono), Roberto Marchesini (psicoterapeuta), Alessandra Pelagatti (attrice): I giovani, la vita affettiva e la morale sessuale della Chiesa. 16.30: Visione del film October baby.

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Attualità

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Culle per la vita

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Dal 1992 una nuova organizzazione di volontariato per la vita salva i bambini dall’abbandono in luoghi malsani, dove sarebbero destinati a morte certa. Le sue origini, però, sono molto antiche nel tempo

li stati democratici dell’Occidente si vantano di promuovere la solidarietà sociale. Certamente, però, gli ospedali e le scuole per i poveri non sono stati inventati dalla mentalità laica e secolare. Così come gli orfanotrofi e i brefotrofi, anche le “ruote degli esposti” erano strutture d’accoglienza per bambini abbandonati annesse a qualche istituto religioso o a qualche chiesa. Il primo ricovero per neonati abbandonati fu istituito a Milano nel 787 dall’arciprete Dateo. In Francia comparvero alla fine del XII secolo le ruote: dalla strada si deponeva il neonato all’interno di un cilindro di legno collocato nel vano di una finestra sita a pian terreno e si suonava una campanella posta lì accanto. Da dentro l’edificio, udito il suono, facevano girare il cilindro sul proprio asse e prendevano il bambino. La prima ruota in Italia pare

La ruota degli esposti

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Le istituzioni di assistenza sociale, sanitaria e scolastica sono state “inventate” dal Cristianesimo e dalla Chiesa fosse quella dell’ospedale di Santo Spirito in Sassia, a Roma. Fu voluta, nel 1198, da Papa Innocenzo III, turbato dall’incubo ricorrente dei corpicini di neonati che venivano ripescati nel Tevere. Dal Medio Evo in poi le ruote ebbero ampia diffusione in tutta Italia: a metà dell’800 se ne contavano più di mille. Ma da allora prese piede un movimento abolizionista che portò al progressivo smantellamento dell’istituzione: in parte il fronte abolizionista fu alimentato dal pensiero malthusiano. Si riteneva infatti che le ruote salvassero troppi bambini (alcuni dati dell’inizio dell’800 riferi-

scono che il 30% dei nati, a Milano, era allevato nei brefotrofi) e che la crescita della popolazione a spese della collettività fosse divenuta insostenibile. Dal 1923 la legge impose che l’abbandono dei neonati fosse possibile solo in forma non anonima. Oggi la legge consente alle donne di partorire in ospedale, con tutte le cure del caso, in assoluto anonimato, cosicché il bambino viene prestissimo dichiarato adottabile. Nonostante ciò, negli ultimi decenni, spesso sono tristemente venute alla ribalta della cronaca le notizie del ritrovamento di neonati abbandonati nei cassonetti tra le immondizie, o luoghi simili. Questo scosse la coscienza sinceramente cristiana di Giuseppe Garrone (co-fondatore di SOS Vita e del Progetto Gemma), che, nel 1992, ideò i “Cassonetti per la vita”, poi ribattezzati “Culle per la vita”. Come le vecchie ruote, consentono di lasciare i bimbi nel pieno anonimato. I neonati però sono perfettamente protetti, sicuri, al caldo. Le postazioni sono vigliate 24 ore su 24 e forniscono immediatamente l’assistenza di un medico e di una puericultrice. Oggi in Italia esistono più di 40 “Culle per la vita” dislocate in quasi tutte le regioni, gestite da diverse organizzazioni e istituzioni religiose o diocesane o di volontariato, in coordinamento con i Centri di Aiuto alla Vita. Francesca Romana Poleggi

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Un’incredibile voglia di vivere Un ricordo di Salvatore Crisafulli che, risvegliatosi dal coma profondo, ha raccontato che “lui c’era” e desiderava tanto comunicare la sua grande voglia di vivere.

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ome un testamento spirituale, riecheggiano nella mia mente le parole che Salvatore Crisafulli, pochi mesi prima di morire, aveva dedicato alla mia intervista: «Dal mio letto di quasi resuscitato alla vita cerco anch’io di dare un piccolo contributo al dibattito sull’eutanasia. Il mio è il pensiero semplice di chi ha sperimentato indicibili sofferenze fisiche e psicologiche, di chi è stato lungamente giudicato dalla scienza di mezza Europa un vegetale senza possibile ritorno tra gli uomini e invece sentiva irresistibile il desiderio di comunicare a tutti la propria voglia di vivere». Salvatore, a cui oggi va il nostro affezionato ricordo, si era risvegliato dal coma dopo un grave incidente e ha lottato, insieme con la sua famiglia, per far comprendere ai medici che sentiva e capiva tutto. Purtroppo, nonostante il codice deontologico e il solenne giuramento di Ippocrate, la professione del medico oggi sembra svuotarsi sempre più di umanità per lasciare spazio alla tecnica e alle macchine, mentre il

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Salvatore ha lottato, insieme con la sua famiglia, per far comprendere ai medici che sentiva e capiva tutto. paziente viene considerato non di rado come un oggetto meccanico che si è guastato. Allo stesso tempo, al medico non viene più chiesto di porsi nei confronti del paziente in un rapporto empatico di condivisione della sofferenza, ma viene richiesta solo una competenza tecnica, finalizzata alla risoluzione del problema contingente della salute. L’uomo che si ritrova improvvisamente in un letto di ospedale rischia di cadere nelle mani di un’équipe medica che non si fa carico di lui se non in termini di funzionalità, in un clima di raggelante solitudine. La scienza medica ha, invece, come scopo principale la carità: l’occuparsi anche della dimensione umana del malato è un presupposto imprescindibile per chi voglia dedicare la propria vita a questa professione, pena la degenerazione nella scelta arbitraria di chi è degno o meno di vivere, secondo parametri meramente utilitaristi ed efficientisti: l’impressione più che fondata è che si stia sviluppando una concezione sempre più permissiva verso la cosiddetta cultura della morte, anche a causa di un’oculata campagna mass-mediatica, campagna che fa leva su un errato senso di pietà e su una difficile accettazione del dolore. La vera compassione infatti ci rende solidali con la sofferenza degli altri e non elimina

la persona di cui non si riesce a sopportarne l’aspetto drammatico. Come afferma anche Giuliano Zincone, «se i mass media esaltano la nobiltà dell’eutanasia, rischiamo di fabbricare una cultura che a poco a poco potrebbe convincere gli invalidi e gli anziani non autosufficienti a vergognarsi di se stessi, a sentirsi colpevoli perché disturbano la famiglia, i sani, le ASL». Per contrastare questa mentalità malata occorre ribadire con forza il senso intrinseco della vita come dono, anche quando questa è sofferente. Perché è proprio nella malattia e nel dolore che molti riscoprono il senso della vita, Salvatore docet: «Ma cos’è l’eutanasia, questa morte brutta, terribile, cattiva e innaturale mascherata di bontà e imbellettata col cerone di una falsa bellezza? Dove sarebbe finita l’umana solidarietà se coloro che mi stavano attorno durante la mia sofferenza avessero tenuto d’occhio solo la spina da sfilare del respiratore meccanico, pronti a cedermi come trofeo di morte, col pretesto che alla mia vita non restava più dignità? Credetemi, la vita è degna di essere vissuta sempre, anche da paralizzato, anche da intubato, anche da febbricitante e piagato». Irene Bertoglio

La cultura della morte vuole convincere gli invalidi e gli anziani a vergognarsi di se stessi, a sentirsi colpevoli perché disturbano la famiglia, i sani, le ASL.

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Giuristi per la Vita

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Per dare voce e coraggio a chi non intenda conformarsi all’imposizione dall’alto di un nuovo ordine etico contro natura

’esordio dell’attività dei Giuristi per la Vita dimostra, nei fatti, come l’associazione sia oggi più che mai preziosa, in un tempo in cui la pressione incombente e pervasiva delle ideologie antiumane rischia di annichilire ogni azione e voce dissenziente. La disponibilità a offrire assistenza tecnica a chiunque veda messo in pericolo il diritto fondamentale alla vita, e l’attenzione costante alle realtà diffuse in cui esso riceve insulto, offre un osservatorio privilegiato per comprendere come una vera e propria dittatura del politicamente corretto e dell’umanamente ostile si stia affermando con subdola prepotenza e a una velocità imprevista. La presenza dei GpV inoltre, come effetto indiretto ma non meno rilevante, contribuisce a dare voce e coraggio a chi, in nome dei principi immutabili su cui si fonda ogni umana convivenza, non intenda conformarsi all’imposizione dall’alto di un nuovo ordine etico contro natura. La nostra società, scristianizzata e svirilizzata, è, infatti, più che mai prona a essere consegnata senza resistenze all’anti ragione e a consegnare a sua volta le

L’associazione offre assistenza tecnica a chiunque veda messo in pericolo il diritto alla vita, contro la dittatura del politicamente corretto che spesso si appoggia sulla giurisprudenza.

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nuove generazioni, inermi, al male oscuro di un pensiero autodistruttivo. È sempre più evidente, in tal senso, la complicità di scuola, autorità accademiche, istituzioni. Una volta preparato il terreno con una manipolazione mediatica e culturale capace di creare proficue suggestioni collettive, sono poi i giudici, nazionali e sovranazionali, a consacrare aberrazioni già parzialmente digerite, suggellandole con il crisma dell’autorità: il comune denominatore delle sentenze che mirano a sdoganare ad libitum aborto, eutanasia, eugenetica, “omogenitorialità”... è l’attacco alla vita, condotto in un vero e proprio delirio di onnipotenza attraverso l’abuso giuridico, spesso mimetizzato nelle pieghe di chilometriche motivazioni defatiganti e ridondanti, elusive e contraddittorie. Per mezzo di queste sentenze-manifesto, che sovvertono principi basilari del diritto naturale e positivo, si afferma incontrastato il principio assoluto dell’autodeterminazione del singolo; e la loro carica eversiva è direttamente proporzionale all’ancestrale rispetto per l’autorità dei giudici, visti e sentiti dal cittadino come voce della legge. Il diritto sembra, allora, avere definitivamente smarrito la propria funzione di salvaguardia della società. Sembra essere diventato, ormai, soltanto un’arma utilizzata pervicacemente per distruggerne i fondamenti antropologici.

Ecco perché, di fronte a un quadro tanto allarmante, diviene fondamentale scendere nell’agone per difendere concretamente la vita con tutti i mezzi consentiti dalla legge; ed ecco perché la vita da tutelare va senz’altro intesa in senso lato: sì vita biologica, dal concepimento alla morte naturale, ma anche vita nel suo evolversi, mediante un’armonica formazione dell’individuo. La mostruosa reificazione cui essa viene oggigiorno sottoposta appare, infatti, parimenti evidente sia quando la si sopprima innocente (nel grembo materno con l’aborto, o nel momento di maggiore debolezza e minorata coscienza con l’eutanasia), sia quando la si produca artificialmente in laboratorio, sia quando infine si falsifichino le condizioni naturali del suo sviluppo distorcendo il significato della famiglia, luogo naturale di trasmissione della vita e di accompagnamento nella stessa. In tutti questi casi si assiste, indifferentemente, all’esercizio di una violenza contro le leggi della natura; una violenza che, per giunta, si pretenderebbe di imporre a tutti, come regola accettata e da rispettare. Elisabetta Frezza

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Solo la via della Vita è la via della Verità Le bugie degli abortisti per diffondere la cultura della morte

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hi non rispetta la vita, e si adopera perché possa venire impunemente uccisa con l’aborto, può forse rispettare la verità? Evidentemente no. Manipolazione della realtà, alterazione di dati, costruzione di veri e propri castelli di menzogne, sono state le armi messe in campo negli anni settanta dai fautori della legalizzazione dell’aborto presentata come necessaria per porre fine a una situazione dipinta come intollerabile. Sì, perché, a loro dire, l’aborto clandestino imperava, arricchendo cucchiai d’oro e mammane mentre le donne rischiavano la vita e morivano in gran numero. Secondo le cifre fornite dalla propaganda radicale, ogni anno, di aborto clandestino, in Italia, sarebbe morto un numero tale di donne da superare di gran lunga quello di tutte le donne in età fertile dai quindici ai quarantanove anni, morte per qualunque altro motivo, mentre ogni donna avrebbe fatto, nell’arco della sua vita, in media da sette a nove aborti. (Cfr. P. G. Liverani “Aborto anno uno”, pag. 81). Cifre assolutamente fantasiose, prese però come oro colato da un’opinione pubblica abilmente pilotata da quasi tutto il sistema massmediatico. Per la legalizzazione dell’aborto nel nostro Paese i radicali, che guidavano la partita, hanno col-

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In Italia, secondo i numeri dei Radicali, le donne morte per aborto clandestino sono state di più di tutte le donne morte per qualunque altro motivo. laudato e messo in atto il meglio delle loro strategie. In particolare, due sono stati gli episodi che sono serviti da test e collaudo a strumenti per future battaglie: quello relativo alla vicenda del C.I.S.A. e quello di Seveso. I fatti sono noti. A Firenze nel 1975 viene alla ribalta il Centro Informazione Sterilizzazione e Aborto, dove da tempo si praticano aborti clandestini. Emma Bonino, lì alacremente impegnata, si autodenuncia: oltre centomila donne sono state “aiutate” a liberarsi da una gravidanza indesiderata. Occorre una legge che cancellando il reazionario Codice Rocco in vigore, consenta alle donne di farlo alla luce del sole, in asettici reparti ospedalieri, senza rischio per la loro salute. Dei bambini eliminati nessuna parola. Nell’estate del ’76, a Seveso, sui timori e sulle preoccupazioni di una popolazione sfrattata dalle case ricoperte dalla nube tossica sprigionatasi dallo stabilimento dell’Icmesa, Emma Bonino, da poco eletta in parlamento, gioca la sua battaglia pro aborto. Data per certa l’ipotesi di danni teratogeni causati dalla diossina, invoca a gran voce l’aborto per le donne incinte. Viene montata una campagna media-

tica angosciosa, martellante, che non dà requie. “O aborto o mostro” è lo slogan impietoso con cui vengono terrorizzate le donne di Seveso, 43 delle quali cedono e abortiscono feti che poi, ai laboratori di Lubecca, dove furono mandati per essere analizzati, risultarono perfettamente sani. Ma ormai la strada all’aborto era aperta. Vero capolavoro di menzogne furono negli Stati Uniti i casi che portarono alla legalizzazione dell’aborto nel 1973, montati ad arte da vari gruppi abortisti. Due donne, con gli pseudonimi di Mary Roe e Jane Doe, ricorsero alla Corte Suprema per avere il

Secondo i numeri dei Radicali, ogni donna avrebbe fatto, nell’arco della sua vita, in media da sette a nove aborti.

diritto di abortire. Esse non abortirono affatto, ma furono usate dagli abortisti come grimaldello per forzare la proibizione vigente in tutti gli Stati dell’Unione all’aborto volontario. Due donne perfette per quell’operazione: giovani, povere, senza istruzione, appartenenti a ceti diseredati. Indotte con l’inganno a firmare petizioni per aborti che non volevano e che non fecero. Oggi Norma Mc Corvey alias Mary Roe e Sandra Cano alias Jane Doe denunciano il raggiro di cui sono state vittime, lottano contro l’aborto e chiedono di riaprire i loro casi per arginare la strage degli innocenti. Marisa Orecchia

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A Washington, in 650mila Quella di Washington è la “madre” delle marce per la Vita. Quest’anno, nonostante il clima impietoso, hanno partecipato più di seicentomila persone, di ogni credo, età e condizione sociale L’aborto in USA ha mietuto 56 milioni di vittime in 40 anni

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ufera di neve e clima polare. Il freddo inclemente sembra essere un classico ricorrente della March for Life di Washington, ma quest’anno, il 25 gennaio, tutto era da record. Sarà perché anche il Cielo piangeva nel quarantennale della legalizzazione dell’aborto americano, costato – dicono le stime degli abortisti – 56 milioni di vite innocenti, la purezza della coscienza di un Paese intero – come scrisse, in un saggio famoso, il presidente Ronald Reagan nel 1983 – e l’innocenza di tutti, vittime comprese, per via di quel cumulo di menzogne spaventose su cui si basa. Il 22 gennaio 1973, infatti, la Corte Suprema federale (che avrebbe solo il compito di vegliare sulla costituzionalità dell’operato del legislatore) si arrogò il diritto di legiferare in modo autonomo, cancellando, con un tratto di penna, le norme a difesa della

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vita umana nascente che allora vigevano nella maggior parte degli Stati Uniti e che nei rimanenti consentivano l’interruzione della gravidanza solo come eccezione in casi particolarmente gravi. S’inaugurò così quella tirannide della magistratura che ha inanellato uno scempio dopo l’altro (sempre imbellettata attraverso l’altra ancora più odiosa tirannide, quella delle “buone intenzioni” speciose, ma dentro marce come la rubiconda mela avvelenata di Biancaneve) fondandosi su un falso clamoroso, quello della fantomatica “Jane Roe”. Ecco, 40 anni dopo tanto male, sotto le lacrime gelate del cielo di Washington, 650mila persone (contro le 400mila dello scorso anno) hanno dimostrato, con il sorriso sereno sul volto e senza il minimo lamento per il gelo, si trattasse di giovani o di anziani, di madri con le carrozzine o di suore, di costretti sulla sedia a rotelle o dei molti ospiti venuti da Paesi stranieri, che la vita è più forte. Sempre. Il corteo è partito dal National Mall e si è snodato lungo Constitution road per giungere davanti alla sede della Corte Suprema. Il cardinale Sean O’Malley, arcivescovo di Boston, ha ottenuto un applauso travolgente dai partecipanti quando ha comunicato alla folla il messaggio del Papa Benedetto XVI: “Mi unisco da lontano a tutti coloro che marciano per la vita. E prego che i politici vogliano proteggere i bambini non ancora nati, e vogliano promuovere una cultura della vita”.

Come sempre, la stampa ha fatto spallucce. I pochi inviati hanno prodotto reportage stringati, insufficienti a rendere testimonianza vera della festa di quel popolo che, senza falsi pudori, ha il coraggio di mostrarsi al mondo. La Casa Bianca, a pochi metri dai pro-lifer festanti, è rimasta silenziosa. Ebbene, ho marciato accanto a giovani teen-ager cattolici e a più attempati rappresentanti del mondo anglicano; ho visto ebrei ortodossi con riccioli e copricapo che manifestavano pacati accanto a suore del Divino Amore; ho visto amministratori e uomini politici darsi tutti per la vita e una rassegna variegata di aderenti a Chiese e ad associazioni protestanti. Non è la prima volta che marcio a Washington per la vita con così tanti, sconosciuti amici, ma è sempre come fosse la prima. Un’emozione enorme, mai sentimentalistica e sempre ragionata. Quella di appartenere a una famiglia più grande. Marco Respinti

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Biella per la vita Non tutti gli uomini, e in particolare i cristiani, accettano che si uccidano gli innocenti nel silenzio assordante di una società sempre più materialista e atea.

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ualcuno ebbe a scrivere: “perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione”. La rinuncia all’azione, soprattutto di tipo culturale, è stata la regola nella battaglia contro l’aborto procurato e legalizzato. I “buoni” hanno preferito rinunciare alla lotta aperta contro il più atroce degli atti violenti in danno di una persona innocente. L’aborto è, ormai, pratica “medica” contro la quale pare non si possa fare nulla e, quindi, è “meglio” non essere troppo sfacciati e aggressivi nel ricordare che l’aborto è un delitto e un peccato gravissimo: ciò non piace a quell’intelligenza laica con la quale si cerca il dialogo. Ma la verità di un fatto così grave non può essere sottaciuta per nessun bene maggiore, anche perché non esiste bene maggiore della difesa del dono della vita che Dio accende nel seno materno. Perciò la città di Biella è scesa in piazza per la Vita. Il 23 Marzo, presso la Chiesa Antica di S. Biagio la dott. Virginia Coda Nunziante, organizzatrice della Marcia Nazionale per la Vita, ha ricordato che è compito

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dei cristiani e degli uomini di buona volontà dare visibilità pubblica alla lotta contro l’aborto. Poi alle 16, il popolo della vita di Biella si è incontrato al Giardino Alpini d’Italia, per la partenza della marcia. Tutto il percorso è stato segnato da una pioggia fine: anche il tempo ha voluto sottolineare, con quelle gocce sottili e costanti, il dolore correlato all’aborto. Il sindaco ha portato per tutto il percorso lo striscione in testa al corteo, insieme al suo assessore alla cultura; uomini, donne, bambini, nonni, ragazzi e ragazze, religiosi e semplici cristiani, cattolici ed evangelici, hanno camminato silenziosamente, sino a giungere davanti all’ingresso dell’ospedale di Biella, ove alcuni bimbi hanno deposto piccole rose bianche per fare memoria delle 10.000 vite negate tra le mura di quel luogo che dovrebbe essere deputato alla salvaguardia della vita umana. Il percorso si è concluso in piazza Duomo, dove Marina, con umiltà e coraggio, ha condiviso il dolore di aver volontariamente abortito il suo primo figlio quando aveva diciotto anni. Nel ripercorre il cammino di una scelta sbagliata ha testimoniato l’amore misericordioso del perdono ricevuto da Dio, per il tramite della sua Chiesa, che però non ha eliminato il senso di vuoto lasciato dal figlio non accolto. Procedere insieme lungo le vie

della città dell’uomo per ricordare le nefandezze dell’aborto procurato è un mezzo pratico con radici antiche, funzionale a toccare il cuore dell’uomo. Dio mandò il profeta Giona a percorrere in lungo e in largo la città di Ninive per chiederne la conversione, perché Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Marciare per la vita serve a rompere il silenzio assordante di una società sempre più materialista e atea sulle uccisioni degli innocenti, che lo Stato non può, con leggi inique, avallare. L’aborto è l’archetipo del dio Urano che divora i suoi figli per paura di essere detronizzato. Questa società, che sta stravolgendo le basi stesse della creazione, ha bisogno delle madri, dei padri, dei figli e dei nonni che hanno marciato in difesa della vita; per bloccare il trionfo del male, per non essere complici, per protestare a gran voce “ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita …e proclamare che nessuno ha l’autorità di distruggere la vita non nata…” (Giovanni Paolo II). Pietro Brovarone

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La gioia della Sicilia in marcia Il successo della IX Marcia per la Vita di Palermo ci viene raccontato dal Delegato del Forum degli organizzatori, Diego Torre

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stato l’ennesimo successo! Sì, anche quest’anno (siamo alla 9ª edizione) è stato un successo per le adesioni di una cinquantina di associazioni, movimenti religiosi e laici, nonché dei liberi cittadini. È andata bene, al di là di ogni più rosea aspettativa, nonostante l’inclemenza del tempo e il mitragliamento della grandine, bissando il successo della Marcia del 2012. Il 9 febbraio, in occasione della 35ª Giornata per la Vita, c’è stata un’apoteosi di gioia, di entusiasmo, di colori, di palloncini e di numerosi striscioni con slogan a favore della vita. Quest’anno la manifestazione è partita dalla centralissima Piazza Croci e si è conclusa nella suggestiva cornice del Teatro Massimo. Il corteo si è aperto con le carrozzine dei neonati e degli invalidi insieme; una era mestamente vuota e trasportava un cartello con la scritta ”volevo esserci anch’io!”. Poi vi era il blocco giovani formato dagli scout e da altri, soprattutto provenienti da scuole superiori palermitane; erano presenti anche esponenti politici (gli on. Cannella, Fallica, Caputo, Oliveri, il presidente del consiglio provinciale Tricoli) sacerdoti, e il gonfalone del Comune di Palermo. Seguivano le

Più di 50 Associazioni e centinaia di cittadini hanno partecipato con entusiasmo, nonostante l’inclemenza del clima.

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associazioni; fra esse, tante del mondo cattolico, due chiese evangeliche e due parrocchie ortodosse. Il popolo dei marciatori è stato gestito dal servizio d’ordine formato dai volontari, identificabili per l’abito che indossavano. Al centro del corteo vi era anche un camion con l’amplificazione dal quale venivano trasmessi canzoni sulla vita, nonché gli slogan. Nel volantino, distribuito anche durante la Marcia, erano riportate due frasi: “Generare la vita per vincere la crisi” (anche economica) e: “Donare e generare la vita significa scegliere la via di un futuro sostenibile per un’Italia che si rinnova”. Tale messaggio era indirizzato particolarmente agli uomini politici. A noi Siciliani non è mancato il messaggio del 6 febbraio di S.E.R. il Card. Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, e del Card. Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. L’attenzione mediatica è stata superiore agli scorsi anni. In particolare vanno segnalate, prima della Marcia, le interviste dell’agenzia delle Chiese di Sicilia e della CEI, poi la presenza della marcia su numerosi siti e quotidiani dell’isola. Alla Marcia avevamo TGS, TG3-regione, SAT 2000, TVM, “La Sicilia” di Catania, “Il Giornale di Sicilia” e altri ancora.

A fine Marcia è intervenuto un rappresentante delle Chiese Evangeliche, e hanno dato il saluto le rappresentanze francese e belga. La testimonianza quest’anno è toccata al dott. Antonio Oriente, Vice-presidente Nazionale dell’Associazione Italiana Ginecologi ed Ostetrici Cattolici ed esperto di problematiche femminili post-aborto. Egli ha voluto condividere il dolore del periodo in cui praticava gli aborti e la gioia della sua rinascita, anche spirituale, che è avvenuta quando anche lui si è schierato a favore della vita. Ho concluso, come Delegato del Forum, leggendo passi del messaggio del Card. Romeo e ringraziando il Comune, la Provincia e l’Università degli Studi di Palermo, nonché la Presidenza dell’Assemblea Regionale Siciliana, patrocinatori dell’evento, e ho dato appuntamento a tutti alla marcia nazionale del 12 maggio prossimo. Diego Torre

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Roma, 12 maggio 2013: III Marcia Nazionale per la Vita La difesa del diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale, deve tornare al centro del dibattito politico e culturale

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i fronte al crollo di ogni principio del diritto naturale, è sempre più urgente risvegliarsi dal torpore e ingaggiare una battaglia di civiltà. La difesa del diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale, deve tornare al centro del dibattito politico e culturale. Il mondo cattolico, per troppo tempo tendente al compromesso e ad una linea di tipo minimalista, sembra ora aver trovato la strada del riscatto. Le realtà pro-life crescono ogni giorno di più e sono sempre più combattive. Così, in Italia si è già arrivati alla terza edizione della Marcia Nazionale per la Vita, che anche quest’anno si terrà a Roma, nella mattinata del prossimo 12 maggio. Preceduta, il giorno prima, da un convegno al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum e da una veglia di preghiera nella Basilica di Santa Maria Maggiore, la Marcia per la Vita, partendo dal Colosseo e concludendosi a Castel Sant’Angelo, attraverserà le vie della capitale della Cristianità. Forte del successo

degli scorsi anni, il Comitato organizzatore dell’evento, guidato dalla dott.ssa Virginia Coda Nunziante, vuole dare un’impronta sempre più internazionale anche alla mobilitazione pro-life italiana, capace pertanto di collocarsi sulla scia di altre manifestazioni, come quelle di Washington, Parigi, Bruxelles, Berlino e di altre capitali del mondo occidentale. Le adesioni italiane sono già numerosissime, così come il sostegno dell’episcopato nazionale e di esponenti della Curia Romana. Tante anche le adesioni di realtà associative straniere, specialmente statunitensi. D’altronde, lo stesso mons. Carrasco de Paula, Presidente della Pontificia Accademia della Vita, ha dichiarato che “la Chiesa sostiene le marce in tutto il mondo”. Per sensibilizzare la politica, l’opinione pubblica e persino certi ambienti cattolici, è necessario riappropriarsi della piazza, dello spazio pubblico, gridando a gran voce un secco e deciso no all’aborto e alla criminale legge 194, che in oltre trent’anni ha causato più di cinque milioni di morti.

La Marcia per la Vita vuole essere l’occasione per dar voce a chi non ha voce e per difendere il più debole, ovvero il bambino nella pancia della mamma. Combattere per la vita è combattere per la civiltà, perché, come diceva la beata madre Teresa di Calcutta, “l’aborto è la più grave minaccia alla pace del mondo”. Parole riprese più volte dal beato Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI che, sulla scia del Concilio Vaticano II, non hanno esitato a definire l’aborto un “abominevole delitto”. Sulla legge 194, pertanto, non ci possono essere distinguo e compromessi. I partecipanti alla Marcia del 12 maggio a Roma, tra cui tanti giovani, saranno concordi nel dire un fermo no ad essa, senza se, senza ma, senza alcuno sconto, certi che giustizia sarà fatta solo quando questa odiosa norma sarà totalmente abrogata. Per giungere a tale ambizioso risultato è bene iniziare mobilitandosi e mostrando che in Italia c’è una parte di cittadini, di ogni appartenenza confessionale e politica, che non si rassegna e non accetta quella mentalità un po’ farisaica e pilatesca secondo cui occorre “essere per la vita e non contro l’aborto” (sic!). La Marcia, in cui non saranno ammessi simboli politici, resta dunque aperta a tutti, perché la difesa della vita è la difesa del diritto naturale, di quella legge scritta nel cuore di ogni persona e che ogni uomo di buona volontà deve voler tutelare. In marcia per la vita dunque, con gioia e spirito militante. Tutti a Roma il 12 maggio! Federico Catani

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RU 486: a chi giova? Non certo ai bimbi che uccide, né alle donne, la cui salute compromette seriamente. Certamente ci guadagnano le case farmaceutiche e i medici abortisti Il professor Lejeune definì la pillola abortiva “pesticida anti-umano”

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bbiamo visto nel numero di Gennaio di questa Rivista come l’introduzione dell’aborto con il metodo chimico non assicura, studi alla mano, alcun vantaggio in termini di sicurezza, tollerabilità, o efficacia, rispetto al metodo eseguito chirurgicamente, a parità di età gestazionale. Avevamo promesso di dare quelle che riteniamo siano le vere ragioni che stanno alla base del sostegno politico all’aborto chimico, cioè all’introduzione nel nostro paese di quella pillolina che il professor Lejeune, lo scopritore della causa della sindrome di Down, definì “pesticida anti-umano”. Da un punto di vista morale, per chi come me considera la dignità umana inseparabile dall’appartenenza alla specie homo sapiens (indipendentemente da dimensioni, età, intelligenza, autonomia, qualità della vita, autoconsapevolezza e tutto l’ammennicolo di motivazioni con le quali si vuole artificiosamente creare e asservire la classe dei sub-umani), la modalità con cui gli embrioni, questi nostri fratelli in umanità, vengono soppressi non fa differenza; ma fa differenza se l’introduzione di una procedura abortiva è in grado di influire sul numero degli aborti. L’ex ministro della salute ed ex-parlamentare Livia Turco (colei che inviò tramite il proprio rappresentante Maura Cossutta i saluti ai partecipan-

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ti del convegno mondiale degli operatori dell’aborto che si svolse a Roma nel 2006, dove la RU 486 era il tema caldo del momento) riferì in parlamento che su questo punto c’era da stare tranquilli: disse che, dopo l’introduzione della pillola, gli aborti non sarebbero aumentati. Peccato che i dati che pubblicammo di lì a poco sull’Italian Journal of Gynaecology & Obstetrics dicessero proprio il contrario: il rapporto di abortività aumentava in Inghilterra, Scozia, Francia, Svezia, paesi

Le statistiche dimostrano che con le pillole il numero degli aborti aumenta presi in esame perché già da tempo avevano sul mercato la pillola killer. Anche negli USA, in un contesto caratterizzato da un avanzamento della sensibilità pro-life che ha condotto a provvedimenti legislativi restrittivi e a una conseguente riduzione degli aborti, dopo l’introduzione della RU 486 voluta dal presidente Clinton la discesa degli aborti è rallentata. Ma che cosa c’è dietro il sostegno alla RU 486? Il primo interesse proviene dal mondo dei medici abortisti che vedono così la possibilità di svolgere mansioni più accettabili: il counselling, la prescrizione, il controllo intra- e post- procedura. Sono gli studi scientifici a dimostrare che con l’aborto chimico c’è un trasferimento del

carico di lavoro dal medico che pratica l’aborto al personale para-medico e con questo il peso psicologico, compreso il rischio di burn-out. Il secondo interesse è volto a ottenere la domiciliazione dell’aborto come tappa intermedia, ma fondamentale, per la completa privatizzazione dell’aborto stesso. Culturalmente questo è un obiettivo primario per la completa affermazione dell’abortismo libertario. L’estrazione violenta del bambino dal grembo della madre ridotta al rango di un qualsiasi intervento sanitario, come un’estrazione dentale, una tonsillectomia, interventi che legittimamente il paziente può ottenere da qualsiasi medico abilitato. È l’affermazione del bambino ridotto ad appendice e proprietà della donna a interessare le intellighenzie abortiste. Questo è il vero obiettivo che i politici pro-morte hanno raggiunto e ancora una volta certi paladini - a parole - dei principi non negoziabili non hanno saputo difendere il più nudo tra i nudi, il più povero tra i poveri, il più debole tra i deboli. Renzo Puccetti

Con le pillole si ottiene la domiciliazione dell’aborto e la deresponsabilizzazione dei medici abortisti

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La legge 194 è contro la verità scientifica La legge 194 è una cattiva legge anche perché si fonda su basi anti-scientifiche. Il dottor Algranati ci illustra alcuni di questi aspetti

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ulla “capacità di sopravvivenza autonoma del feto”, anche in ambienti colti, regna una grave disinformazione. Si pensa che, nel seno materno, il feto non abbia una vita propria ma partecipi alla vita stessa della madre e che solo verso le 24 settimane di gravidanza, il nascituro acquisti in qualche modo misterioso una vita propria e “autonoma”, che gli permetterebbe di sopravvivere fuori del corpo della madre e gli conferirebbe un pieno diritto alla vita. Dal punto di vista scientifico questa idea è completamente falsa. Eppure gli articoli 6 e 7 della legge 194/78, sull’aborto legale nel secondo trimestre di gravidanza, si basano proprio su questa idea erronea. In realtà qualunque animale, uomo compreso, per mantenersi in vita deve nutrirsi, respirare ed eliminare i prodotti del metabolismo. Un adulto o un neonato adempiono queste funzioni per mezzo dei polmoni, del tubo digerente, e dei reni. Invece l’embrione o il feto umano, come tutti i mammiferi placentati, compie le stesse funzioni

Oggi i medici riescono a far funzionare sufficientemente i polmoni di un neonato molto prematuro anche quando questi, da soli, non sono ancora in grado di farlo.

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per mezzo di un unico organo, la placenta, che li rende capaci di utilizzare il sangue della madre, che circola nelle pareti dell’utero, come sorgente di ossigeno e di sostanze nutritive e come via di eliminazione dell’anidride carbonica e degli altri prodotti del metabolismo. La nascita, quindi, non è l’inizio della vita umana, ma solo un brusco cambiamento dell’ambiente di vita di un essere umano che già vive e si sviluppa fin dal concepimento. Il feto ha “capacità di sopravvivenza autonoma” quando i suoi polmoni, i suoi reni e il suo apparato digerente sono abbastanza sviluppati da sostituire le funzioni della placenta. Particolarmente importante è la funzione dei polmoni. Se essi non sono in grado di sostituire la placenta nell’assunzione di ossigeno e nell’eliminazione dell’anidride carbonica, il bambino muore per insufficienza respiratoria. È questa la causa di gran lunga più importante della non sopravvivenza del feto fuori dell’utero materno, e non già una presunta “mancanza di vitalità”, o un tipo di vita “inferiore”. Da questi dati scientifici risulta chiaro che è assurdo attribuire al feto un maggiore o minor grado di dignità umana, e quindi condizionare il suo pieno diritto alla vita, sulla base della sua capacità di sopravvivere fuori dell’utero, come stabilisce la legge 194 agli arti-

coli 6 e 7. È, infatti, irragionevole far dipendere il diritto alla vita sia dal modo con cui un essere umano si nutre e respira, sia dalla capacità di sopravvivenza al di fuori dell’utero perché questa dipende dal grado di assistenza medica disponibile. Cento anni fa nessun neonato sopravviveva se nasceva prima delle 30 settimane di gravidanza; oggi, sopravvive il 70% dei nati fra la 25ª e la 28ª settimana, il 10% dei nati fra la 25ª e la 23ª settimana, il 3% dei nati alla 22ª settimana. Ciò è possibile perché oggi i medici riescono a far funzionare sufficientemente i polmoni di un neonato molto prematuro anche quando questi, da soli, non sono ancora in grado di farlo. Perciò, alla luce della scienza, è evidente la natura ideologica e antiscientifica degli articoli 6 e 7 della legge 194/78, come del resto lo sono anche molti altri articoli. Ciò ha creato un insanabile conflitto fra la legge positiva e la realtà di fatto, da cui non si potrà mai uscire fin quando la legge continuerà a basarsi su pregiudizi ideologici senza tener conto dei dati oggettivi certi delle scienze biologiche. Roberto Algranati

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Il feto come paziente La terapia fetale come risposta all’eugenismo culturale. La terapia fetale negli ultimi vent’anni ha fatto passi da gigante. Oggi dà una concreta speranza di vita a una grossa percentuale dei bambini che fino a poco tempo fa venivano considerati spacciati.

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a medicina fetale ha negli ultimi 30 anni amplificato enormemente il suo braccio diagnostico mentre il suo braccio terapeutico non ha avuto lo stesso coinvolgimento di ricerche e di applicazioni cliniche. Le motivazioni risiedono nel fatto che spesso, dinanzi ad una condizione di patologia fetale grave, una sorta di “resa” culturale e una forma di medicina difensiva hanno oggettivamente frenato la possibilità di cure al feto in utero. La rivisitazione epicritica della nostra esperienza di terapia fetale (30 anni) dimostra, invece, che, condizioni fetali oggettivamente considerate incurabili, con l’evoluzione delle conoscenze dei quadri fisiopatologici e della storia naturale sono diventati curabili. Il riconoscere come le acquisizioni delle nuove tecnologie hanno cambiato la storia naturale di molte condizioni di patologia significa ridare una peculiare dignità alle applicazioni della scienza nel mondo pre-natale, che risultavano in qualche modo mutilate. Le modalità di terapia fetale più conosciute nel mondo sono essenzialmente quattro: 1. la terapia transplacentare che si attua attraverso somministrazioni di farmaci o in-

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terventi sul versante materno con l’intenzione di ottenere risultati sul versante fetale; 2. la terapia invasiva eco guidata che utilizza l’eco guida di aghi o dispositivi che entrano nel compartimento feto amniotico; 3. la terapia feto endoscopica che utilizza endoscopi molto piccoli per interventi molto particolari; 4. la chirurgia fetale aperta detta “open”, che interviene chirurgicamente e direttamente sul difetto strutturale del feto e che, pur “aprendo” l’utero, non esteriorizza il feto in maniera completa ma si apre solo un varco per curare quella zona anatomica da correggere chirurgicamente. Queste quattro modalità di terapia fetale individuano con la loro reciproca integrazione quel campo d’interventi della medicina fetale che viene giustamente definita terapia fetale integrata. Come nella medicina dell’adulto sia il braccio diagnostico sia il braccio terapeutico si integrano con interventi invasivi e non invasivi, così nella medicina del feto si realizza un insieme di procedure che definiscono il feto come paziente a tutti gli effetti. Una larga esperienza nell’umano è stata effettuata dal mio gruppo sia con terapie transplacentari (5 casi di tachicardia parossistica che hanno subito una cardioversione dando digitale e Derapamil alla madre e che hanno ottenuto la normale frequenza cardiaca fetale con sopravvivenza del 100%) sia con terapie fetali eco guidate per via intralesionale (22

cisti ovariche fetali drenate senza problemi materni o delle bambine che hanno conservato ambedue le ovaie), via intramniotica (rottura precoce delle memebrane al quarto mese e mezzo, sindrome da trasfusione feto-fetale, gozzo fetale, incontinenza cervicale con sacco amniotico in vagina con sopravvivenze passate in 20 anni dallo 0% al 65% e dal 12% al 42 % per tutte le forme di poliamnios complicanti le condizioni generali), via intravascolare (isoimmunizzazione Rh, trombocitopenia autoimmune, deficit congeniti della coagulazione, sopravvivenza passata dal 40% al 93%), via intraurinaria (nelle uropatie ostruttive basse con sopravvivenza triplicata dal 25% al 66%) e via intracavità sierose (nelle forme idropiche fetali non immuni, nelle asciti e nell’idrotorace con sopravvivenza passata dal 20% al 71%). Questi sono i dati pubblicati nei due libri “Le terapie fetali invasive” – Noia et al. Società Editrice Universo 1998 e “Terapie Fetali” – G. Noia Poletto Editore 2009. Come si vede esiste una risposta all’eugenismo culturale, come si vede c’è la possibilità di una medicina della speranza: non facciamoci rubare la speranza! (Papa Francesco). Giuseppe Noia

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Facciamo, per esempio, un’ipotesi… Sarebbe mai possibile che ricominciasse lo sterminio degli Ebrei nei campi di concentramento? Certamente no. È ovvio…

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upponete che in Germania il Bundestag oggi voti una legge per riaprire Auschwitz e gli altri campi di concentramento, e ricominciare in grande stile l’arresto e lo sterminio nelle camere a gas degli Ebrei, al ritmo di due o trecentomila l’anno. Udita questa notizia, rimanete attoniti e sbigottiti. Ma subito pensate: “Il popolo tedesco non accetterà mai una cosa simile!”. E, in effetti, si farà un referendum per abrogare la legge. E voi pensate: “Meno male, questa follia verrà stroncata subito”. Ma poi arriva il risultato del referendum: il 67% dei tedeschi ha votato a favore della legge di sterminio! Sconvolti, pensate che la comunità internazionale interverrà: tutto sarà bloccato dalle nazioni democratiche; gli Ebrei saranno salvati. Ma, sorpresa, anche l’America vota la stessa legge: gli Ebrei saranno da oggi sterminati in istituti specializzati che potranno uccidere 3500 persone al giorno, utilizzandone poi le cellule per realizzare dei farmaci e cosmetici. Il vostro sgomento è indescrivibile. E purtroppo non è finita. Dopo poco tempo arriva la notizia che anche l’Italia vota la stessa legge di sterminio. Il ritmo sarà di 500 vittime al giorno in ospedali pubblici.

In Italia la legge 194 ha consentito lo sterminio, mediamente, di 500 persone al giorno.

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Andate con alcuni amici all’ingresso delle cliniche dove vengono portati gli Ebrei per essere soppressi: non si vedono, vengono portati in furgoni cellulari chiusi e insonorizzati. I poveri resti finiscono negli scatoloni dei rifiuti ospedalieri. Voi vi mettete a pregare e a gridare: “Non uccideteli! Che male hanno fatto?”. Ma nessuno vi ascolta: la gente passa indifferente, anzi, vi guarda con disprezzo e gira al largo. Scrivete ai giornali, chiamate la televisione, ma vi rispondono che è un argomento su cui ognuno deve essere libero di pensare quello che vuole: tutti sanno, ma non fanno una piega. Anzi alcuni biologi e intellettuali sostengono che si tratta di semplice materiale biologico: gli uomini sono pura materia, semplice materiale organico; uccidendoli non si commette nessun delitto. La cosiddetta legge di Dio è una creazione del Vaticano per assicurarsi il dominio sulla gente e togliere a essa la sacrosanta libertà di decidere e di fare ciò che si ritiene giusto. Gli anni passano. I morti sono

ormai decine, centinaia di milioni. Non si contano più. Escono nuove leggi che consentono di effettuare lo sterminio in casa, con farmaci potentissimi. L’ONU sostiene queste iniziative, le finanzia e inserisce tra i diritti inviolabili dell’uomo il diritto di eliminare gli Ebrei. Chi si oppone a tutto questo è bollato come fanatico e intollerante. Supponete ancora che i medici e gli infermieri che si rifiutano di prestare servizio in questi campi di sterminio vengano dichiarati indegni di esercitare la loro professione. Si discute se possano essere assunti nelle strutture statali. Supponete che anche i “cattolici adulti” dicono che un conto è la fede e un altro conto è la legge dello Stato e che quindi non ci si può opporre a una legge votata democraticamente. Supponete … Supponete … No, non c’è da supporre nulla. Ho descritto quello che è in atto. Non contro gli Ebrei, per loro fortuna, ma contro i nascituri di tutti i popoli, per loro sventura. Don Matteo Graziola

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Scienza e morale

Notizie

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Magistero e gioia

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Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia (Sal. 119,14)

olti percepiscono il Magistero della Chiesa sulla morale come un limite alla propria libertà. Perciò mi ero preparato accuratamente la lezione. Il tema era di capitale importanza: “Magistero della Chiesa e bioetica d’inizio vita”. Davvero un’occasione d’oro per portare i miei uditori (tra cui medici e infermieri) fuori dal groviglio di pregiudizi e diffidenze che la cultura dominante coltiva nei confronti dell’insegnamento della Chiesa, specie in materia di morale. Per questo non ero solo. Mi accompagnavano Federico e Barbara, sposi da dieci anni, col desiderio immenso di accogliere figli, tanti figli, ma senza averne ancora concepito alcuno. Avevo quindi concluso con un rapido excursus sulle tecniche di fecondazione extra corporea, riportando i due principali motivi per cui non possono essere moralmente lecite. Innanzi tutto esse non rispettano la vita. Attuarle significa programmare la morte di numerosi embrioni. Oppure ibernarli tra la vita e la morte, intrappolati in azoto liquido, sospesi tra l’esserci e il non esserci. Inoltre esse attuano procedure di laboratorio che corrispondono alla logica del fare. I figli vengono così commissionati, prodotti, e in ultima istanza, comprati. “Ho diritto ad avere un figlio!”, si sente dire. Il diritto, però, possiamo esercitarlo sulle cose che possediamo, mai sugli esseri umani. Le cose si producono tramite un fare, le persone si procreano tramite un agire. L’unione dei nostri genitori non è

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Il Magistero potrebbe indicarci anche vie insolite, verità difficili da accogliere, ma non ci inganna mai. stato un fatto accidentale, insignificante. Essi hanno compiuto un gesto per esprimere il loro reciproco amore attraverso una donazione fisica e spirituale. Il Magistero difende esattamente questa verità: «La procreazione di una persona deve essere il frutto e il termine dell’amore sponsale […] La persona umana dev’essere accolta nel gesto di unione e di amore dei suoi genitori; la generazione di un figlio dovrà perciò essere il frutto della donazione reciproca che si realizza nell’atto coniugale in cui gli sposi cooperano come servitori e non come padroni, all’opera dell’Amore Creatore» (Donum vitae). Poi Federico e Barbara hanno raccontato la loro storia. Giovani e innamorati, sposati da dieci anni e ancora nessun figlio. “Decidemmo di sottoporci a

visite specialistiche – racconta Federico – non per intraprendere la fecondazione, ma per capire ed eventualmente risolvere il problema. Mi vennero richiesti campioni di seme da analizzare. Pensavo che l’intenzione giustificasse l’atto, ma poi affiorò il dubbio sulla liceità morale degli atti che avrei dovuto compiere per sottopormi all’esame”. “Scoprimmo allora – continua Federico – che per raccogliere il seme in modo eticamente lecito avremmo potuto utilizzare un dispositivo che si chiama SCD (Semen Collection Device), ma procurarlo, guarda caso, fu più ostico di una caccia al tesoro. Questo dispositivo permette di non offendere in alcun modo l’atto coniugale, né obbliga ad atti moralmente illeciti. Dopo qualche titubanza, superammo l’imbarazzo offrendo quel difficile momento al Signore. Fu allora che accadde l’inaspettato. Mentre obbedivamo, acconsentendo al progetto di Dio, fummo sorpresi da un’affinità profonda e, a discapito di ogni previsione, ci sentimmo uniti in modo speciale”. Gli uditori erano in silenzio, coinvolti da questa potente testimonianza, mille volte più incisiva della mia povera lezione. Ed io ringraziavo, e ringraziavo ancora, perché tutti avevano intuito la cosa più importante. Il Magistero potrebbe indicarci anche vie insolite, verità difficili da accogliere, ma non ci inganna mai. E chi si fida della Chiesa, chi si lascia condurre dalla sua sapienza, approda sempre a orizzonti nuovi di libertà e di gioia. Don Massimo Pelliconi

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Scienza e morale

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Evangelium vitae: un invito alla lettura È questa la prima parte del contributo che Mons. Giuseppe Tonello, Cancelliere del Vicariato di Roma, dà alla nostra rivista. L’intento è quello di stimolare alla presa di contatto personale col Magistero della Chiesa Cattolica, una risorsa inesauribile e di solito sconosciuta ai più. Preliminarmente ci tiene a precisare che metterà in luce alcuni aspetti e inevitabilmente ne trascurerà altri. Perciò ci invita con sollecitudine alla lettura del testo integrale, facilmente reperibile sul web.

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l Vangelo della vita sta al cuore del messaggio di Gesù”: così inizia la Lettera enciclica del Beato Giovanni Paolo II “Evangelium vitae” (EV), che il 25 marzo scorso ha “compiuto”, se così si può dire, diciotto anni. Quasi un ventennio rappresenta, in un certo senso, l’età della maturità per un documento magisteriale ricco e profondo, che merita ancora oggi la nostra attenzione e considerazione, anche se dobbiamo confrontarci con una difficoltà di fondo con cui ogni testo del genere si scontra: la sua non-riconducibilità al sistema e ai canoni della comunicazione di massa, appassionata di cronaca ‘urlata’ (e non di rado manipolata, perlomeno fuorviante), nonché di facili slogan. E allora rompiamo subito uno schema mentale: è davvero nella cronaca che troviamo le domande giuste e le risposte per la nostra esistenza quotidiana? O non piuttosto nelle meraviglie di quella Sapienza che non passa mai di moda e tocca davvero

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la nostra quotidianità? Ridurre la quotidianità alla cronaca significa privare la persona umana del nucleo più intimo e più vero dell’esistenza, farle perdere contatto con se stessa. La cronaca chiassosa che riempie i nostri giornali e la televisione, per esempio, è la grande assente dai Vangeli, non compare propriamente se non in Lc 13,1-5… e sarebbe (ovviamente in altra sede!) davvero utile ed interessante vedere come Gesù argomenta in proposito. Siamo purtroppo osservatori distratti e ascoltatori ‘viziati’, vale a dire abituati a consumare velocemente, voracemente e superficialmente le molte suggestioni che ci arrivano da più parti, saltando disordinatamente da una all’altra, in uno “zapping” esistenziale ed emozionale che alla fine ci disorienta, perché ci aliena da noi stessi e ci lascia un senso di vuoto. Per questo è necessario anche fare un po’ di fatica (una parola abolita dal nostro vocabolario…), per cogliere davvero qualcosa di più di quanto già sappiamo, per andare oltre la banale conferma di quanto già è nostro patrimonio. È necessario camminare un po’ in salita, sapendo che è uno sforzo benedetto, perché poi l’aria più fresca e ossigenata ci risveglierà: proviamo a farlo insieme! Qui si apre subito un’importante sfida: proprio la nostra attenzione, la nostra intelligenza spesso - e forse soprattutto in questi giorni - si riducono ad emozionalità, a passionalità irriflessa, finendo per essere totalmente assorbite proprio dal clamore dei mass-media, che fa diventare la nostra capacità di cogliere la realtà molto selettiva - in senso negativo - appiattita verso il basso. L’eco mediatica dei fatti di cronaca, a sua volta, alimenta a dismisura ansie, paure e preoc-

cupazioni che ci fanno perdere di vista il nucleo centrale dell’esistenza, che con S. Paolo almeno noi credenti dovremmo saper identificare con la vita dello Spirito e nello Spirito. “Vita” (in contrapposizione a semplici ‘idee’, che finiscono per diventare ideologie) e “Spirito” (in contrapposizione a quel ‘sistema chiuso’ dell’uomo materiale senza rapporto con Dio, che S. Paolo definisce ‘carne’) sono quindi i due polmoni con cui tornare a respirare, dentro l’atmosfera intossicata del nostro tempo: da ciò quest’invito alla lettura della EV, offrendo alcune - necessariamente limitate - coordinate essenziali. Sul prossimo numero di questa Rivista, sulla base delle riflessioni fin qui maturate, andremo a considerare come il rifiuto della vita sia alla base del travaglio esistenziale individuale e sociale del nostro tempo. don Giuseppe Tonello

La scarsa considerazione per la Vita dipende molto dalla superficialità, dal materialismo e dal relativismo che dominano nella cultura odierna.

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Famiglia ed Economia

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Educare all’amore piuttosto che alla sessualità È necessario invertire una tendenza che ormai sembra inveterata, almeno da 30 anni. È un’utopia parlare di ‘rispetto della vita’ a persone cresciute con una concezione egoista.

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’educazione sessuale è inserita nel programma scolastico di molti paesi e i giovani ricevono continue informazioni soprattutto da media e amici. L’opposizione della Chiesa ai rapporti prematrimoniali e all’aborto è loro nota, ma non essendo informati adeguatamente sull’importanza del dono della sessualità non ne capiscono il senso, sperimentandolo così ancor prima di averne compreso il valore e ricorrendo facilmente all’aborto. Pensiamo di poter risolvere il problema fornendo ai ragazzi una spiegazione biologica e facendo loro credere che “essere responsabili” coincida con il “praticare sesso protetto”? Ognuno ha il dovere di conoscere il proprio corpo potendo arrivare a far delle vere e proprie “Laudi” a ogni parte che lo costituisce, come consigliano i frati di Assisi nei loro corsi, per apprezzarlo di più! Ma non bisogna fermarsi alla sua scoperta, altrimenti portiamo i giovani a esimersi dalle proprie responsabilità nell’atto di donazione. Infatti separiamo, dimenticando così il valore originario dell’atto di donazione, l’amore dalla sessualità, che invece nascono e crescono insieme. “Amare” significa perdersi, rinunciare a una parte di sé. Un adolescente che non è ancora padrone di sé fisicamente e psicologicamente,

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come può donarsi totalmente al/ alla fidanzato/a? Instaurerà una relazione egocentrica, egoista, non matura. E se la ragazza rimane incinta, le risulterà difficile prendersi cura del bambino. Con questi presupposti è un’utopia parlare di ‘rispetto della vita’ a persone cresciute con una concezione egoista! Se non offriamo alternative, continueremo ad avere cristiani intimoriti che evitano rapporti prematrimoniali solo per paura di essere giudicati o puniti da Dio, e giovani in cerca d’amore che si concedono prematuramente. Hanno il diritto di sapere come trovare, costruire

È possibile trovare, costruire e mantenere una relazione d’amore vera, non secondo il modello cinematografico “usa e getta”.

e mantenere una vera relazione d’amore non secondo il modello cinematografico “usa e getta”, per cui bisogna cogliere l’attimo di passione. Jason Evert e Crystalina (vedi su You Tube “La castità appassionante” oppure www.chastity. com) due giovani sposi americani, parlano ai ragazzi di castità in modo diretto, con esperienza e consigli concreti, quali confessione, amicizie giuste e partecipazione attiva a qualche gruppo, ma soprattutto annunciano che la grazia di Dio è sufficiente per farcela. Durante una conferenza

in un liceo Jason afferma: “La castità è una buona notizia”. Una lezione su questo tema non riguarda il “non fare sesso”, ma ha l’obiettivo di far nascere splendidi matrimoni, grandi vocazioni, e relazioni di cui non ci si debba pentire, comprendendo la differenza tra amore e concupiscenza. Si offre qualcosa, non si sta togliendo niente. Tutti vogliono l’amore e desiderano donarsi interamente a un’altra persona ed è un bisogno così profondo che molti accettano il rischio di una gravidanza o di una malattia se ci vedono la possibilità di essere amati: “è meglio ammalarsi che vivere senza amore”. Spesso siamo disorientati confondendo il sesso con l’amore! L’unica soluzione è la virtù della castità. La famiglia rimane la base per educare ai sentimenti e proporre la scelta non come rinuncia, ma come strumento che trasformi la sessualità in “dono” da accogliere e condividere al momento giusto con un’unica persona. Con giusta preparazione ed esperienza, abbiamo il dovere di annunciarla ai giovani nei diversi ambienti da loro frequentati. Una soluzione agli innumerevoli aborti? Educare all’amore piuttosto che alla sessualità! Elisa Corbella

Educare alla castità serve a far nascere splendidi matrimoni, grandi vocazioni, e relazioni di cui non ci si debba pentire.

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Notizie

Famiglia ed Economia

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Ascoltare, per aprire un cuore chiuso La testimonianza di una psicoterapeuta sulle dinamiche che spingono ad abortire, e sull’accoglienza e l’ascolto che salvano le vite.

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uando mi arrivò la telefonata di S. rimasi per un momento sconcertata. Era padre di un bimbo concepito con E. che lei voleva abortire e per cui aveva già il certificato redatto e l’appuntamento fissato. S. aveva già chiamato più persone prolife, avevano incontrato operatori sanitari sia nel consultorio che in realtà a difesa della vita, ma non c’era nulla da fare. E. voleva abortire. Non vi erano né problemi economici, poiché entrambi lavorano, né di casa, né altro… ma vi era il solito e unico problema che porta le donne ad abortire: la chiusura del cuore e della mente ad una creatura concepita e che ha solo bisogno di essere accolta, alla quale bisogna fare posto fisico, psichico e spirituale. Ma come fare, dato che E. aveva già parlato con tutte queste persone e percepiva le azioni di S. come un sopruso sulla sua libertà? Chiesi a S. di darmi il suo cellulare. Provai a chiamare. Nessuna risposta. Inviai un semplice sms con il seguen-

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Ciò che veramente spinge all’aborto è la chiusura del cuore e della mente all’accoglienza, di chi, in fondo, non si sente accolta.

te testo, che ancora conservo: “Avrei piacere di conoscerti poiché non vorrei che una persona splendida come te, con l’azione che sta per fare, si distruggesse la vita”. La risposta non tardò ad arrivare: “Come fai a sapere che sono una persona splendida?” A quel punto chiamai e le spiegai tutti i motivi che la rendevano splendida, preziosa. E. si mise a piangere dicendomi che non capivo. C’erano solo 2 giorni prima della data fissata per l’aborto. Poco tempo. Poi fu la Provvidenza a rendere possibile l’incontro, a seguito del quale capii cosa la turbava. Era sempre stata considerata la figlia di serie B e sua madre anche in quest’occasione non le risparmiava critiche. E. aveva avuto un incidente, e la madre spingeva per l’aborto in quanto, a dir suo, non poteva far fronte alle necessità di un neonato, senza peraltro assicurare aiuto pratico. E, infine, la convivenza con S., che durava da anni, non la rassicurava per il futuro. Ogni

atteggiamento di S., E. lo viveva come una mossa di potere su di lei. Non fu facile sbrogliare i nodi. Valorizzare tutto ciò che aveva fatto nella vita, persino reimparare a parlare e camminare dopo l’incidente. Aveva mostrato coraggio e forza di volontà, aveva continuato il suo lavoro impegnativo nella sanità, la gestione della casa. Ma soprattutto doveva fare una bella distinzione tra ciò che gli altri potevano pensare di lei e ciò che lei, invece, sapeva di se stessa. Un pianto a dirotto sancì la fine di quel colloquio. Non mi dette il certificato, voleva ancora pensarci. Nei 2 giorni successivi non ricordo più quanti sms e telefonate mi fece per essere certa che io continuassi a starle vicina. La mattina fissata per l’aborto E. non andò. Mi volle rivedere. Cominciò allora l’ascolto sistematico di tutto ciò che turbava il suo cuore. Mi mandò via mms la foto dell’eco della piccola M., che è nata non molto tempo fa e che tra poco sarà battezzata. Alcune cose si sono sistemate, con la madre e la sorella. Con S. ci sono ancora problemi relazionali acutizzati dalla nascita della piccola, ma vederla felice con la bimba in braccio è una gioia per gli occhi e per il cuore. La prima volta che presi M. in braccio si aggrappò sorridente a me in maniera del tutto inusuale e mentre mi guardava sua madre disse: “Sta guardando l’angelo custode in terra che il Signore le ha mandato”. E ripensando a quella frase ti rendi conto di quale responsabilità abbiamo tutti noi che facciamo colloqui di salvataggio, e ancora la commozione sale agli occhi. Cinzia Baccaglini

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Letture consigliate

Francesco Agnoli Scienziati dunque credenti € 14,90 Francesco Agnoli La grande storia della carità € 14,00 Per secoli uomini e donne straordinari, religiosi e laici, hanno fatto la storia dell’assistenza ai malati, agli indigenti, ai bambini trovatelli e senza famiglia. Fabiola e Marcella, Folco Portinari ed Ettore Vernazza, Giovanni di Dio e Camillo de Lelis, Vincenzo de Paoli, Florence Nightingale e madre Teresa, sono solo alcuni di questi giganti che hanno donato la loro vita, rinunciato ad ogni cosa, per scegliere l’amore che vince ogni cosa. E’ una grande storia che non va dimenticata, perche’ mostra la natura divina dell’uomo, le sue grandi aspirazioni; una storia che qua e la’ continua ancora, anche oggi, in Europa e nel resto del mondo.

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Il dibattito sulla bioetica porta spesso a domandarsi: c’è compatibilità tra scienza sperimentale e fede in un Dio creatore? Tra scienza e Chiesa? Se ne dibatte spesso, per lo più in termini filosofici. Lo si fa anche in questo libro, discutendo su Dio, l’anima, i miracoli, la Chiesa… Ma soprattutto si interrogheranno gli scienziati, i grandi fisici, astronomi, matematici e si scoprirà che tutti i padri della scienza moderna hanno creduto in Dio. Si scopriranno le preghiere di Keplero e di Pascal; gli interessi per la Bibbia di Newton; la fede genuina di Pasteur. Si apprenderà che un monaco, padre Benedetto Castelli, ha fondato l’idraulica ed ha inventato il primo pluviometro; che padre Andrea Bina ha inventato il primo sismografo moderno; che Niccolò Copernico era un religioso cattolico; che il primo teorizzatore del Big Bang e dell’espansione delle galassie è stato il sacerdote belga Georges Edouard Lemaître; si apprenderà che il padre dell’aeronautica, Francesco Lana de Terzi, è un padre gesuita, come il “principe dei biologi”, Lazzaro Spallanzani e come un pioniere dell’astrofisica, Angelo Secchi; che il padre della geologia e della cristallografia, Niels Stensen, si fece sacerdote e poi divenne vescovo, e che il fondatore della genetica fu il monaco Gregor Mendel. Si apprenderà che i matematici Gauss ed Eulero leggevano tutte le sere il Vangelo, che i matematici A. L. Cauchy, Ennio De Giorgi e Maria Gaetana Agnesi si dedicavano, oltre che alla matematica, all’assistenza ai poveri secondo lo spirito cristiano. Si vedrà come invece, oggi, in nome della scienza si vada, sovente, contro l’uomo.

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