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POSTE ITALIANE S.p.A. Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003
Rivista Mensile N. 29 - Aprile 2015
“nel nome di chi non può parlare”
Padova CMP Restituzione
Contributo € 2,80
Notizie
Editoriale Editoriale
- Sommario - Sommar Sommario S o m m a rio rio -
Notizie Notizie
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Lo sapevi sapevi che... che... Lo
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“nel nome di chi non può parlare” nel nome di chi non può parlare RIVISTA MENSILE N. 29 T-AAPRILE 2015 RIVIST MENSILE
Primo Piano Dalle unioniedilafatto etero ai matrimoni gay Mammona contraccezione
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I conviventi hanno tanti diritti. Solo diritti Lucrare sulla strage degli innocenti - l’aborto Gianfranco Amato
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La Babele moderna Bastauele soldi sporchi di sangue Emmanuele W Wundt undt
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Sovvertire la realtà naturale vuol dire distruggere l uomo Fecondazione Giovanni Reginato artificiale: un vero affare (per alcuni) Federico (in)civili, Catani Unioni imposte dai giudici Francesca F r rancesca rances Romana P Poleggi oleggi Una merce molto redditizia: la donna
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Federico F e ederico Catani Alessandro Fiore
Lorenza Perfori
Andrea Mazzi
Giulia Tanel
Il grande business dei matrimoni gay
Giuliano Guzzo Attualità
Una preghiera inerme, eppure insopportabile
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Adrea Mazzi
Attualità Fecondazione eterologa
8 e anonimato dei venditori di gameti Il prossimo 10 maggio, in marcia per la vita 6 Virginia Lalli Rodolfo dedi Mattei 9 Drogati sesso Rodolfo maggio, de Mattei a Roma, le donne prolife del mondo 22-24 7 Come smascherare certe bugie 10 Francesca Baldini Giuliano Guzzo
Tutti al Palalottomatica, il 13 giugno
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Mario Adinolfi
È ora di gridare la verità dai tetti e nelle piazze
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Amombogì
Scienza e Morale La questione della fecondazione artificiale
Scienza Morale Mons. Ignacioe Barreiro Caràmbula
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24 Non credenti pro life Claudia di Cirami Oggi, che sesso sei? 22 Francesca Romana Poleggi 25 La buona notizia: Ginevra Paola Paola Bonzi Favorire la scelta per la vita 23 IlFlavio genocidio dei bambini Down 26 Della Croce Newlife
Famiglia ed Economia Una casa per l’evangelizzazione
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Editore N. 23 - OTTOBRE 2014 ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 Editore 38068 Rovereto (TN) ProVita Codice Onlus ROC 24182 Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Redazione Codice 24182 AntonioROC Brandi, Alessandro Fiore, Andrea Giovanazzi Piazza Municipio 3 - 39040 Salorno (BZ) Redazione redazione@notizieprovita.it - Tel. 329 0349089 Antonio Brandi, Alessandro Fiore, Andrea Giovanazzi. Direttore responsabile Piazza Municipio 3 - 39040 Salorno (BZ) Antonio Brandi redazione@notizieprovita.it -T Tel. el. l 329 0349089 Direttore responsabile editoriale Direttore Francesca Romana Poleggi Antonio Brandi Direttore editoriale ProVita Onlus Direttore Andrea Giovanazzi Francesca Romana Poleggi Progetto grafico copertina Direttore ProVita Onlus Gloria Ferraro Andrea Giovanazzi Progetto grafico Impaginazione Massimo F estini Festini T ipografia Tipografia Flyeralarm SrL, Viale Druso 265, 39100 Bolzano Editorial and Packaging Solution
Distribuzione Distribuzione MOPA AK SRL, Via Prima Strada 66 - 35129 Padova MOPAK SRL, Via Prima Strada 66 - 35129 Padova Hanno collaborato Hanno collaboratodi questo numero alla realizzazione alla realizzazione questo Gianfranco Amato, Pdi aola Bonzi,numero Amombogì, Mario Adinolfi, Francesca Baldini, Mons. Ignacio Barreiro Caràmbula, Federico Catani, Federico Catani, Brian Clowes, Flavio Della Croce, Claudia Cirami, Rodolfo de Mattei, Giuliano Guzzo, Rodolfo de Mattei, Luca Di Tolve, Alessandro Fiore, Virginia Andrea Mazzi, Newlife, GiulianoLalli, Guzzo, Andrea Mazzi, Lorenza Perfori, F rancesca Romana RomanaPoleggi, Poleggi,Giulia Giovanni Francesca TanelReginato, Emmanuele Wundt.
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Luca Di Tolve
Effetto domino
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Brian Clowes
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Editoriale
Editoriale
Soldi, soldi, soldi! Lo scorso febbraio si è tenuto a Bologna un seminario dal titolo Senza figli non c’è crescita. Diamo uno stipendio a ogni mamma. Con l’occasione la Comunità Papa Giovanni XXIII ha proposto un vero e proprio stipendio di 800 euro al mese alle mamme, fino al terzo anno di vita del figlio. Anche in quella circostanza, l’economista Ettore Gotti Tedeschi ha sottolineato che non si può parlare di crescita economica senza occuparsi della crescita demografica. Invece, in Italia, interventi concreti a favore della natalità, e quindi a favore della famiglia, non se ne fanno. Anzi si cerca di destrutturare ancor di più il nucleo fondante della società con divorzio breve e matrimonio gay. Diceva un grande giornalista americano (George Horace Lorimer): “È bene avere il denaro e le cose che il denaro può comprare, ma è bene anche, ogni tanto, controllare ed essere sicuri di non aver perso le cose che il denaro non può comprare”. Invece la nostra società opulenta e iper tecnologica non si è fermata a controllare e ha perso per strada quei valori che servono all’umanità e che non sono fatti di soldi e di materia. Anzi: tenta di distruggerli proprio per far soldi, dimenticando che tutto ciò che è immorale si traduce presto o tardi in un disastro anche dal punto di vista economico. Abbiamo imparato a far soldi su cose che distruggono l’umanità. Abbiamo imparato a far soldi e a commercializzare quello che non si può e non si deve mercanteggiare: la vita, la morte, i figli. Promuoviamo falsi diritti (contraccezione, aborto, cambiamento di sesso, procreazione artificiale e matrimonio omosessuale) per far soldi: dalla pornografia, all’utero in affitto, i
guadagni del grande capitale che c’è dietro sono stratosferici. Parte di questi guadagni, poi, si rinvestono per sovvenzionare la corruzione e la destrutturazione dell’uomo (che passa per la distruzione della famiglia): una società di persone sole, deboli, senza radici, senza legami, senza valori né punti di riferimento, è una società di perfetti consumatori, ciechi, obbedienti, malleabili. E’ una società di infelici, fatti in serie, che vivono per se stessi e per soddisfare i propri istinti nella ricerca di piacere effimero. Questa prospettiva non ci alletta. Questo futuro distopico non vogliamo si realizzi e non lo vogliono la maggioranza degli Italiani che ancora credono con buon senso e razionalità che gli affetti e le relazioni - a cominciare dalla famiglia, appunto - sono imprescindibili. E poi, i primi a soffrire di tutto questo sono i più piccoli, indifesi: i bambini. “Nel nome di chi non può parlare” ProVita fa appello a tutte le realtà associative che vogliono contrastare il pensiero unico, mortifero e distruttivo delle élite che hanno potere economico e mediatico, ma che sono certo una minoranza. Il tempo delle maggioranze silenziose ora è finito. Dobbiamo far sentire la nostra voce. Dobbiamo scendere in piazza. Dobbiamo ricreare i presupposti per un nuovo family day, come quello del 2007, che sia votato alla difesa della dignità dei bambini dalla provetta e dalla cosificazione; che sia votato a ribadire i diritti dei bambini a una famiglia con una mamma e un papà; che sia votato a costruire un futuro dove le leggi ritornino a vigere nell’ordine della morale e non nell’interesse dell’ideologia e del profitto. Antonio Brandi
Le file oceaniche dei “consumatori perfetti” in attesa di comprare i nuovi modelli Apple…
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Lo sapevi che...
COMBATTI PER LA VITA E PER LA FAMIGLIA CON NOI! La Famiglia è il fulcro e il fondamento della società umana fin dalle origini della civiltà. È “famiglia”, atta a generare, educare e custodire la Vita, dall’inizio alla sua fine naturale, solo se c’è la complementarietà tra due coniugi, che promettono stabilmente di sostenersi a vicenda. Oggi la Famiglia e la Vita subiscono attacchi continui, di cui le prime vittime sono i bambini, volti a distruggere l’umanità. ProVita si batte nei Tribunali con i Giuristi per la Vita (17 denunce nel 2014 contro la pornografia e il gender nelle scuole), collabora in maniera trasversale con tutti i politici che difendono la Vita e la Famiglia. Per sensibilizzare la popolazione pubblica annunci sui giornali, organizza convegni, cineforum, conferenze stampa e dà sostegno a madri in difficoltà con figli disabili, nonché ad organizzazioni che aiutano mamme con gravidanze difficili.
Dai il tuo contributo alla buona battaglia in difesa della Famiglia e della Vita Per agire a difesa della vita, della famiglia, dei bambini, aiutaci a diffondere Notizie ProVita: regala abbonamenti ai tuoi amici, sostienici mediante una donazione intestata a “ProVita Onlus”: c/c postale n. 1018409464 oppure bonifico bancario presso la Cassa Rurale Alta Vallagarina, IBAN IT89X0830535820000000058640 (indica sempre nome cognome indirizzo e CAP). Avanti per la Vita!
Ora è legale in Gran Bretagna formare embrioni con il Dna di tre persone, una pesante manipolazione genetica con conseguenze poco prevedibili per gli eventuali nati e, in generale, per le generazioni future. Fra le tante polemiche una in particolare: la denuncia della cloning connection, un accordo di collaborazione commerciale fra tre compagnie: la prima, americana (Mitogenome Therapeutics), dedicata allo sviluppo commerciale della sostituzione del Dna dei mitocondri; la seconda (BoyaLife) è cinese e si occupa di cellule staminali, mentre la terza (H-Bion) fa parte della società per la clonazione animale di Seoul (la Sooam Biotech Research Foundation). Ma perché un accordo di questo tipo? Per realizzare in Cina - dov’è decisamente più facile - quegli esperimenti non praticabili negli Usa e in Corea, sugli esseri umani. Se lo scopo dichiarato è curare patologie genetiche dovute ad anomalie dei mitocondri, un ulteriore possibile obiettivo è quello di “ringiovanire” gli ovociti di donne in età biologica avanzata, sostituendone i mitocondri con quelli di donne più giovani: una “terapia” per l’infertilità femminile fisiologica dovuta all’età, con un mercato potenziale vastissimo. Ma l’obiettivo finale secondo molti osservatori è la clonazione. L’aborto “terapeutico” è un’invenzione della neolingua che con la scusa della “vita non degna di essere vissuta” e con una falsa compassione, nasconde il rifiuto di un figlio “imperfetto”. Questa invenzione linguistica fa sì che, le donne, che – spesso travolte dagli eventi e mal consigliate dai medici (che tra l’altro sovente sbagliano) – compiano un gesto penoso, doloroso e comunque devastante. Le mamme che lasciano i loro piccoli in ospedale, però, scelgono comunque la vita. E sicuramente in qualche modo saranno ripagate (per esempio non soffriranno della sindrome post aborto). E poi accadono cose come quelle che sono successe a Jen Bricker. La madre naturale non ha avuto il coraggio di tenerla, perché nata senza le gambe. La bimba però è stata adottata da una famiglia amorevole. E’ cresciuta con la passione per la ginnastica artistica. E quella piccolina senza gambe…. è diventata campionessa competendo con le altre ragazze ”normodotate”. Cercate su youtube la sua testimonianza: “Mai dire non posso” è il suo motto. La pagina web di collegamento, ‘Il filo e la rete’, coordinata dal Forum delle famiglie in Puglia, illustra progetti
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per l’educazione all’affettività e alla sessualità non ideologizzati e a misura di bambino (o ragazzo). Per esempio Eros (Educazione, ricerca, orizzonte, sessualità), realizzato con il sostegno dell’Ufficio scolastico regionale Puglia e la collaborazione della ‘Bottega dell’orefice’; ‘Il corpo racconta’, invece, è rivolto alle ragazze preadolescenti che sono invitate a seguire gli incontri insieme alle loro mamme. Attraverso una traccia ludica ma scientificamente ineccepibile si valorizza il linguaggio del corpo, si ricorda che c’è un sano senso del pudore, e che la verità e la libertà dell’amore, nel loro significato autentico, sono iscritte nel cuore di ogni persona. Dal Forum delle associazioni familiari dell’Umbria arriva poi ‘Rispettiamoci’, progetto interdisciplinare con il coinvolgimento di genitori e insegnanti: sviluppa nei bambini e nei ragazzi la consapevolezza della dimensione affettiva, la coscienza della propria identità e della relazione esistente tra sentimenti e desideri, alla scoperta dell’alterità maschile e femminile e della valorizzazione della reciprocità tra i sessi. ‘Cogito et volo’ è invece un blog rivolto agli adolescenti su sogni, amicizia, amore e sessualità. Un ciclo di incontri, che prevede anche il coinvolgimento dei genitori, si intitola ‘Una storia unica’, e punta a sviluppare le capacità di vivere responsabilmente le relazioni affettive, gestire le proprie emozioni e stimolare la riflessione sul concetto di identità sessuale. C’è poi TeenStar, ’Per amare ed essere amato’, che da quasi trent’anni diffonde i fondamenti dell’antropologia cristiana su sessualità e fertilità. Su un versante espressivo, ma non meno interessante, è il progetto ‘Io Tarzan, tu Jane’ che sfrutta alcune delle più note sequenze cinematografiche, per spiegare che le differenze sessuali non sono invenzioni confessionali, ma verità che accompagnano da sempre anche la storia del cinema e della letteratura. Certe storie che alcuni definiscono miracolose, altri inspiegabili, sono iniezioni di speranza e di fiducia nella vita, che possono aiutare forse a prevenire qualche aborto terapeutico. Katy Evans, alla sedicesima settimana di gestazione, nell’agosto dell’anno scorso, ha perso buona parte del liquido amniotico. In ospedale le consigliarono di abortire per evitare infezioni, dato che il bambino aveva meno dell’1% di probabilità di sopravvivere. E se fosse sopravvissuto aveva buone probabilità di nascere senza arti. “Sono una persona positiva e mi sono rifiutata di terminare la gravidanza o piangere questo bambino prima di sapere cosa stesse accadendo” ha riferito Katy. Quindi si è informata, ha cercato persone che avessero fat-
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Lo sapevi che... to la sua stessa esperienza, attraverso i social network: la speranza non l’ha abbandonata. “Ho scoperto con quanta forza si può combattere per il proprio figlio. Volevo che questo bambino ce la facesse” ha detto Katy. E così ogni giorno, ogni settimana è stata un traguardo, una conquista, finché Katy è arrivata alla numero 34, quando le si sono rotte nuovamente le acque. Il piccolo Leo ha trascorso solo 24 ore in una incubatrice. Ora Leo ha quasi un anno, è un bimbo felice e il suo sviluppo è regolare. A Bologna Lucio Rizzo Nervo, assessore allo sport, ha proposto di consentire la gestione degli impianti sportivi solo a chi abbia una sorta di “patente antiomofobia”. La proposta è emersa in un convegno organizzato dall’UISP (Unione Italiana Sport Per tutti) e da Arcilesbica. Ha detto che non gli basta il “Don’t ask, don’t tell” dell’esercito americano che nello sport spesso viene declinato con “non me ne frega nulla che tu sia gay o lesbica, basta che non si veda”. Ma come si fa a sapere se uno che voglia gestire una palestra o un centro sportivo è omofobo? A guardarsi in giro e vedere le accuse di omofobia che piovono con sdegno e aggressività su chiunque osi pensare che i bambini hanno bisogno di un padre e una madre, che la famiglia è basata sul matrimonio di un uomo e una donna, che l’educazione sessuale dei bambini spetta in primis ai genitori… bhè, saranno ben poche le persone che possano dirigere un centro sportivo in Emilia Romagna. Certamente sarà possibile agli iscritti ad Arcigay e Arcilesbica e ad associazioni e partiti contigui… Dice l’assessore: “Perché non imporre per legge un codice etico alle società sportive che preveda espressamente il rifiuto delle discriminazioni?” E “Le persone devono essere libere” secondo Rizzo: tutte tranne quelle a cui “la legge impone un codice etico”, diciamo noi. Il Servizio Sanitario Nazionale Inglese distribuisce, tra i ragazzi giovanissimi a partire dai 12 anni, una “carta di credito per condom” o più simpaticamente definita “C-card”, che consente loro di ricevere gratuitamente preservativi nei campi sportivi, nei club e persino dal barbiere, nelle scuole, nelle biblioteche, nei centri sanitari e nelle farmacie, all’insaputa dei genitori. Con la carta vengono dati 12 preservativi, un lubrificante ed una scheda di istruzioni. I ragazzi dai 16 anni in su possono utilizzare questa carta sei volte, mentre quelli di età compresa tra i 13 ed i 15 anni la possono usare tre volte, dopodiché deve essere rinnovata. Il sistema C-card nega ai genitori la possibilità di consigliare e proteggere i propri figli dalle conseguenze fisiche ed emotive del sesso precoce. Piuttosto che aiutarli
a fare sesso, bisogna proteggerli da esso. Lasciare che i bambini siano bambini. Ricordiamo che il Regno Unito vanta il più alto tasso di gravidanze tra le adolescenti in Europa occidentale (con conseguente elevatissimo numero di aborti), nonostante l’enorme diffusione di programmi contraccettivi. Diversi studi hanno ripetutamente dimostrato che l’educazione al “sesso sicuro” ed il facile accesso ai preservativi non riduce il tasso di gravidanze tra adolescenti e nemmeno l’incidenza delle malattie a trasmissione sessuale. Il professor David Paton, della cattedra di economia industriale presso l’Università di Nottingham, ha scoperto che l’educazione sessuale nelle scuole del Regno Unito non ha portato quasi alcun cambiamento nelle statistiche del tasso di gravidanze adolescenziali negli ultimi 40 anni. Anzi. Il facile accesso ai contraccettivi, in combinazione con un messaggio permissivo ed incoraggiante da parte degli insegnanti e di altre figure autorevoli, non fa altro che incoraggiare gli adolescenti minorenni ad iniziare precocemente la propria attività sessuale. Il poliamore è il rapporto promiscuo tra più persone (di numero, sesso e “genere” imprecisato) che pretendono di amarsi e di fare famiglia: quella che in termini un po’ triviali si chiamerebbe un’ammucchiata. Per qualcuno potrebbe anche essere divertente, e ciò dovrebbe bastare. Invece no. Si pretende che sia considerata una forma d’amore, naturale. (Non è una scelta: è una pulsione innata, irrefrenabile…) Di solito, nel parlare di queste cose, interviene qualcuno che dall’alto della sapienza “vera”, quella politicamente corretta, considera certe derive del tutto marginali, i nostri assurdi allarmismi, casi limite che i “bigotti” adducono a sproposito per metter paura rispetto ai “sani” rapporti omosessuali che non sono contro natura, che la teoria del piano inclinato (che quando lo prendi non sai dove si va a finire) è una stupidaggine… Ebbene: l’ FYI è la sezione giovanile del partito Moderaterna, il più grande partito moderato in Svezia, membro in Europa dell’ EPP. A Skâne, nel sud della Svezia, ha elaborato un documento che promuove il poliamore, o – meglio ancora – il matrimonio a numero neutro (i Verdi, invece, promuovono “leggi di coabitazione” che sostituiscano definitivamente il matrimonio). “Lo Stato non deve interferire nel modo in cui le persone vivono la loro vita”. “Proprio come si è permesso di sposare chiunque (maschio o femmina), così dovrebbe essere consentito di sposarsi in quanti si vuole”. “Non sono i politici che decidono di chi ci si innamora, e in quanti ci si vuole sposare”. Queste sono le considerazioni di chi promuove il “poliamore”.
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Attualità
Rodolfo de Mattei
Laureato in Scienze Politiche, è Amministratore di RdMedia Srl, società attiva nel settore della comunicazione e di Internet. E’ autore di Gender Diktat (Solfanelli).
Il prossimo10 maggio, in marcia per la vita Anche quest’anno accogliamo l’invito a partecipare alla Marcia di Roma: un invito all’unità, pur nelle specificità e nelle differenze delle diverse associazioni. di Rodolfo de Mattei
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omenica 10 maggio 2015, con partenza alle ore 14 da Castel Sant’Angelo, si svolgerà a Roma la V Marcia nazionale per la Vita, divenuto ormai un appuntamento internazionale con la partecipazione di rappresentanti delle principali istituzioni che operano in tutto il mondo in difesa della vita e della famiglia. La Marcia per la Vita riunisce infatti ogni anno a Roma migliaia di persone, italiane e straniere provenienti da numerosi Paesi del mondo, dall’Europa all’America, dall’Africa all’Asia, fino all’Australia. Sono uomini e donne di buona volontà, legati da un solo vincolo: vogliono riaffermare l’intangibilità e l’indisponibilità della vita umana innocente, dal concepimento alla morte naturale, senza alcuna eccezione e alcun compromesso. Per capire il senso e l’unicità della Marcia è importante ribadire e sottolineare cosa la Marcia non è. Non è un’iniziativa partitica, in quanto è indipendente da ogni gruppo o partito politico, ma si propone di incidere sul potere legislativo, italiano e internazionale, manifestando il rifiuto di ogni legge che legalizzi l’uccisione dell’essere umano innocente. Non è una iniziativa ecclesiale, perché non è promossa dalle autorità ecclesiastiche, ma da uomini e donne di buona volontà decisi a difendere quei princìpi che appartengono a tutti, credenti e laici, in quanto incisi nel cuore di ogni essere umano. Non è un movimento,
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ma un evento che riunisce una volta all’anno a Roma, gruppi, associazioni, e soprattutto famiglie, in spirito unitario e in un clima amichevole e festoso. La Marcia per la Vita è un momento di incontro, un punto di convergenza tra realtà diverse che, per un giorno, mettono da parte le loro differenze di sensibilità, di impostazione, di strategia, per ritrovarsi insieme in piazza ad esprimere il loro sì alla vita e il loro no all’aborto, senza alcun compromesso. Per questo lo sforzo è di rinunciare ad ogni protagonismo e di dimenticare tutte le rivalità e i dissapori che inevitabilmente nascono anche tra chi combatte la buona battaglia. La Marcia per la Vita è aperta ad ogni singolo, famiglia, gruppo che vi vorrà partecipare, secondo le forme e le modalità che sceglierà, con i propri simboli, cartelli e striscioni, gridando i propri slogan, cantando, pregando. Nessun gruppo e nessun leader è, da solo, rappresentativo del grande popolo della vita. La Marcia per la Vita è un’occasione straordinaria non solo per unire, nello spazio di una giornata, gruppi e movimenti che durante tutto l’anno marciano divisi, ma per creare, nuove iniziative in questo spirito colla-
borativo. Così, ad esempio, sono nati i Giuristi per la Vita e anche Notizie Pro-Vita, che si è affermata in Italia per la sua capacità di informare capillarmente il mondo pro-life, e con essa altri gruppi e associazioni che hanno in comune uno spirito di sincera collaborazione, pur nella differenza delle specifiche identità. Facciamo dunque appello a tutte le numerose realtà pro life italiane, che svolgono il loro prezioso lavoro in difesa della Vita, a diffondere quanto più l’iniziativa, dando appuntamento a tutti domenica 10 maggio alle ore 14.00 a Castel Sant’Angelo per dire no all’aborto e sì alla Vita senza compromessi! La sera del 10 maggio, la Marcia per la Vita si scioglierà e ognuno riprenderà la battaglia nella propria famiglia, gruppo, associazione, posto di lavoro, con la gioia di aver fatto, per un giorno, “fronte comune”. ■
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Attualità
Benedetto XVI e Olimpia Tarzia alla prima conferenza internazionale della WWALF
22-24 maggio, a Roma, le donne prolife del mondo Il congresso internazionale della WWALF - una rete mondiale di donne appartenenti al mondo culturale, accademico, istituzionale, opinion leader alleate per la vita e per la famiglia. di Francesca Baldini
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l genio femminile nel mobilitare e nell’organizzare dota le donne di abilità e motivazioni per sviluppare reti in continua espansione volte alla condivisione di esperienze e alla produzione di nuove idee. I risultati della WWALF e delle UMOFC/WUCWO ne sono un esempio eccezionale e incoraggiano i loro membri a perseverare nel proprio generoso servizio alla società. Che la sfera della vostra influenza continui ad ampliarsi a livello regionale, nazionale e internazionale per la promozione di diritti umani basati sul fondamento saldo del matrimonio e della famiglia”. Con queste parole si apriva il messaggio che Benedetto XVI nel 2009 rivolgeva alle partecipanti della prima conferenza internazionale dal titolo: “Vita, famiglia, sviluppo: il ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani”, promosso dalla WWALF (World Women’s Alliance for Life and Family), in collaborazione con il Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace e la UMOFC/WUCWO (World Union of Catholic Women’s Organisation). Un evento che ha permesso di creare una rete in oltre 50 Paesi in tutto il mondo: tale è, infatti, la rete di donne alleate per la
vita costituita dalla WWALF. Oggi a distanza di cinque anni, tanto lavoro sul territorio e uno scenario mondiale che sta cambiando il ruolo della donna nella società, WWALF, sempre in collaborazione con WUCWO e il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, propone un secondo meeting internazionale per discutere delle sfide del nuovo millennio e delle nuove schiavitù, a partire dallo sfruttamento della pratica dell’utero in affitto. Abbiamo incontrato l’on. Olimpia Tarzia, presidente della WWALF, che ci ha dato qualche anticipazione sull’evento che si svolgerà a Roma dal 22 al 24 maggio prossimo. On. Tarzia prima di raccontarci dell’evento in programma per fine maggio, vuole spiegare ai nostri lettori come nasce la WWALF? «Nasce a seguito di una richiesta da parte dell’allora presidente del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace, S.Em. il card. Martino, che mi propose di costruire una rete mondiale di donne appartenenti al mondo culturale e accademico, istituzionale, opinion leader alleate della vita e della famiglia. Io allora rivestivo il ruolo di segretaria generale del Movimento per la Vita Italiano e di battaglie a difesa della
vita ne avevo fatte tante. Accolsi la sua proposta con entusiasmo, se pure con trepidazione: davvero era un grande compito! Nacque così la WWALF, con l’intento, anche attraverso questi meeting internazionali, di fare rete tra tutte le donne prolife del mondo e dare voce e corpo ad un nuovo “femminismo”». Dal 2009 ad oggi sono passati un po’ di anni, cosa vi ha spinte come WWALF a proporre di nuovo un incontro internazionale? «Sono passati cinque anni dalla prima conferenza mondiale che ha riunito donne da ogni parte del globo, delegate dalle conferenze episcopali, in cui il confronto fu molto fruttuoso, seguendo quelle indicazioni che si ispiravano al “nuovo femminismo” che Giovanni Paolo II aveva indicato nell’enciclica Evangelium Vitae. Oggi gli scenari internazionali sono cambiati, ma la necessità di difendere la vita e il più povero tra i poveri, come Madre Teresa definiva il piccolo bambino non ancora nato e di contrastare gli attacchi alla famiglia si rende ancora più urgente. Basti pensare alla pratica dell’utero in affitto, in aumento in ogni parte del mondo, che porta ad una vera e propria mercificazione di esseri umani
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Attualità e sottopone le donne più povere ad una nuova, terribile schiavitù». Quali sono le urgenze su cui punta questa seconda conferenza internazionale? «Intanto un confronto per capire qual è la situazione di questa inaccettabile pratica presente in vari Paesi. Inoltre un approfondimento degli SDG (Sustainable Development Goals), che le Nazioni Unite si pongono come obiettivi per i prossimi anni e che verranno discussi in previsione di Pechino 2020, ovvero il congresso mondiale organizzato dall’ONU. Tra questi 17 punti, ovviamente, rientra non solo la lotta alla povertà, alla fame e il rispetto per l’ambiente, ma anche la necessità di maggiore equità per le donne e il contrasto allo sfruttamento tra esseri umani». Può già darci qualche anticipazione sul congresso? «Vista la portata globale dell’evento posso solo anticipare che sarà veramente di altissimo livello, sia per le partecipanti, che ovviamente lavorano in varie parti del mondo in ambiti fondamentali, ma soprattutto per le relatrici. Si affronteranno il tema della donna vista come una risorsa sia nell’ambito del lavoro, sia in quello dell’educazione, ma anche i rischi che la donna corre nei confronti di nuove schiavitù, come, appunto, l’utero in affitto. Oltre alle relazioni non mancheranno momenti di lavoro e di testimonianza. Al termine verrà predisposto un documento finale, che verrà diffuso in tutte le sedi opportune.»
MANIFESTO del NUOVO FEMMINISMO Nella molteplicità dei rapporti umani esiste una profonda e unica alleanza: quella che lega la madre al proprio bambino non ancora nato. Se si punta su quest’alleanza, se si aiuta la donna a volgere lo sguardo verso il figlio concepito e ad ascoltare la sua voce “silenziosa”, si restituisce alla donna il suo specifico ruolo nell’accoglienza alla vita, nel prendersi cura dell’altro, soprattutto del più debole e indifeso, del più emarginato, del più povero tra i poveri, come Madre Teresa definiva il piccolo bambino non ancora nato. Se, al contrario, si spezza questa alleanza, si va ad incrinare profondamente uno degli equilibri più importanti che stanno alla base stessa dell’umanità. Questa alleanza, a volte straordinariamente coraggiosa, spesso vissuta nel silenzio, è troppe volte sovrastata dal frastuono prodotto da poche voci ma molto amplificate che, assumendo posizioni radicalmente contro la vita, si arrogano il diritto di parlare a nome di tutte le donne. CREDIAMO SIA MATURO IL TEMPO PER UN NUOVO FEMMINISMO È una cultura che sta cambiando. È una consapevolezza che è sempre più personale, convinta, coraggiosa, capace di farsi carico di tante attese di “liberazione” presenti nell’universo femminile: liberazione dalla menzogna sulla vita nascente, liberazione da una pervasiva cultura di morte, liberazione dai luoghi comuni falsi e ingannevoli sull’emancipazione femminile, liberazione dagli ostacoli culturali, sociali, politici, economici e giuridici che si frappongono tra la donna e il figlio concepito. Convinte che la maternità rappresenti un valore sociale che le istituzioni sono chiamate a tutelare, riteniamo fondamentale: • accogliere e sostenere le donne lasciate sole di fronte ad una maternità inattesa per operare, insieme a loro, una reale tutela della maternità che garantisca loro la libertà di non abortire • perseguire tutte quelle iniziative che, a livello culturale e di opinione pubblica, siano idonee a promuovere la tutela della vita nascente Presidente W.W.A.L.F. Olimpia Tarzia
Insomma manca poco, ma c’è tanto lavoro da fare! «Sicuro, e ciò non ci spaventa affatto perché il nostro obiettivo è chiaro: ampliare e rafforzare la rete che valorizzi il ruolo della donna nella società come alleata della vita e testimone di quel “nuovo femminismo” suggerito da ■ Giovanni Paolo II.
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La WWALF alla manifestazione prolife di Madrid del 17 ottobre 2009
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Attualità ProVita ha dedicato un numero speciale, nell’ottobre 2013, alla denuncia del barbaro mercimonio dell’utero in affitto
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Rivista Mensile N. 9 - Ottobre 2013
“nel nome di chi non può parlare”
Donne schiave, bambini oggetto NU
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Tutti al Palalottomatica, il 13 giugno 2015 Ecco l’invito di Mario Adinolfi, direttore de La Croce. di Mario Adinolfi
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figli non si pagano”. Si chiama così la mobilitazione del quotidiano La Croce, per la moratoria Onu sull’utero in affitto. Abbiamo già raccolto decine di migliaia di firme, saranno centinaia di migliaia il 13 giugno 2015, giorno in cui si terrà un raduno di tutti i firmatari nello spazio coperto più grande e più capiente che ci sia in Italia: il Palalottomatica. L’invito a partecipare lo rivolgiamo a tutte le associazioni, tutti i movimenti, tutte le persone di buona volontà che vorranno fisicamente dimostrare il loro impegno a far sì che questo obbrobrio che trasforma le persone in cose, i bambini in oggetti di compravendita, le donne in meri corpi da sfruttare facendo leva sulle condizioni di bisogno, sia bloccato da una iniziativa mondiale che obblighi gli Stati se non a abrogare le leggi, almeno a bloccarne gli effetti mortiferi. Sono solo dieci le nazioni in cui l’utero in affitto può essere praticato. La comunità della Nazioni Unite comprende 198 paesi, nella stragrande maggioranza dei quali svolgere la pratica dell’utero in affitto è considerato grave reato. Ipocritamente però se ne legittimano gli effetti, per cui un italiano che affitta un utero all’estero molto spesso ne vede riconosciuti gli effetti alla nostra anagrafe. E quando non accade, c’è sempre una Corte europea a bacchettare l’Italia. Noi, proprio da italiani siamo convinti che una nazione può essere faro
di civiltà se rifiuta la mercantilizzazione della vita umana e se rifiuta l’umiliazione del corpo delle donne. E’ un insegnamento che viene da lontano, dalle nostre radici culturali e religiose. E allora chiediamo al segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon di farsi promotore di una sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in cui si possa discutere anche della moratoria sull’utero in affitto. Porteremo le firme che materialmente stanno arrivando in redazione (spedite i moduli tratti dal quotidiano La Croce a piazza del Gesù 47, 00186 Roma) anche al Presidente del Consiglio, e al Presidente del Parlamento Europeo, affinché si facciano latori presso l’Onu della nostra richiesta. L’importante però è il manifestarsi di un’opinione pubblica che con nettezza esprima il proprio no all’utero in affitto. E’ importante in Italia, perché - mentre questa rivista va in stampa - al Senato è in discussione nel ddl Cirinnà (sull’equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio) anche la “stepchild adoption” cioè la legittimazione dell’utero in affitto. E’ anche interesse di un senatore che ha ampiamente pubbliciz-
“I figli non si pagano”: sia fermata la compravendita di bambini, sia fermato lo sfruttamento del corpo della donna.
I vip che pagano e le povere donne che partoriscono
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Il prossimo passo: l’utero artificiale
Il dibattito sull’utero in affitto in Italia
zato d’aver affittato un utero negli Stati Uniti per “avere un figlio” con il proprio compagno gay, pagandolo decine di migliaia di dollari. Se ci mobiliteremo gridando con forza che “i figli non si pagano” fermeremo questa oscenità. Dovremo mettere in gioco i nostri corpi, ritrovandoci tutti insieme il 13 giugno alle 15 a Roma al Palalottomatica. Vi chiedo di sostenere La Croce, quotidiano in edicola tra i pochissimi che rifiutano qualsiasi finanziamento pubblico: abbonatevi alla versione digitale tramite il link www.lacrocequotidiano.it: avrete tutti i giorni la vostra copia a disposizione pagandola molto meno rispetto al quotidiano cartaceo in edicola. E, soprattutto, raccogliete le firme utilizzando la pagina-manifesto pubblicata dal quotidiano. Sia fermata la compravendita di bambini, sia fermato lo sfruttamento del corpo della donna che spesso provoca ferite fisiche e psicologiche indelebili, che portano fino alla morte. L’umanità dica no a una pratica disumana. Ci incontriamo tutti a Roma il 13 giugno 2015 al Palalottomatica. Se avete a cuore la vita e la dignità della persona umana, non potete mancare. ■ Su Facebook (I figli non si pagano) si possono trovare tutte le informazioni. A ifiglinonsipagano@gmail.com potete segnalare la vostra presenza e l’organizzazione di pullman dalla vostra città di provenienza.
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È ora di gridare la verità dai tetti e nelle piazze E’ ora di impegnarci tutti in prima persona, è l’ora di “sguainare le spade”, come direbbe Chesterton, per dimostrare che i maschi sono diversi dalle femmine, che i forti devono rispettare i deboli, soprattutto i bambini… di Amombogì
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bbiamo superato le centomila firme alla petizione per una sana educazione all’affettività e alla sessualità dei nostri bambini. Ma c’è ancora moltissimo da fare, visto il pericoloso totalitarismo cui stanno lavorando certe elite per manipolare il pensiero delle masse. Penso ad esempio alla stepchild adoption che, se passerà, agevolerà l’operato dei giudici “creativi”, sdoganando di fatto l’utero in affitto: il che non è il venir incontro a delle persone sofferenti, ma soltanto una maniera per stravolgere il modo di considerare la vita. Oggi si parla ossessivamente dei gay perché in questo modo, per avere un figlio (che oggi non è considerato un dono ma un diritto), gli stessi dovranno ricorrere alla fecondazione assistita e/o al cosiddetto utero in affitto. In ambo i casi si riduce la figliolanza a una compravendita, il figlio non è più una persona da accogliere ma diviene una cosa che si vuole e che si possiede. Se un figlio viene ridotto a merce, lo si può stimare, valutare, scartare, tutto a seconda dei gusti dei suoi acquirenti. Se non avrà i capelli o gli occhi del colore che vogliamo, lo si potrà buttar via e sostituire con un altro, che fa lo stesso, giacché l’unicità (che è un parametro
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legato al concetto di persona, che appunto è unica) viene a decadere per essere sostituito dal parametro di serie, laddove un oggetto è sostituibile da un altro. Insomma, l’eugenetica. Questo ricorda il nazismo, ma più in generale ciò è l’ennesima manifestazione della gnosi, tentativo sempre perenne di autosalvazione dell’uomo slegato da Dio e dal suo amore che dona la felicità. E l’autosalvazione consiste appunto nel soddisfacimento a tutti i costi dei propri desideri, strappando la felicità da noi stessi (il mito di Prometeo è sempre attuale), e più in generale consiste nel tentativo di eliminare ogni forma di sofferenza, che l’uomo moderno, in modo totalmente cieco, relega alla semplice materia, credendo che la malattia fisica coincida necessariamente con l’infelicità.
Dobbiamo agire subito, dobbiamo gridare ora, dobbiamo scendere in piazza, perché se lasciamo che le leggi mortifere facciano il loro corso, dopo potrebbe essere troppo tardi.
Utopie come questa cercano di portare il paradiso sulla terra, un tentativo tanto più tragico quanto più il supposto paradiso porta sempre a un inferno concreto, facendo milioni di vittime nella carne e nello spirito. E’ quanto il filosofo Augusto Del Noce chiamava eterogenesi dei fini, vale a dire intenzioni che si rovesciano nel loro contrario. Se lasciamo che l’ideologia gender, sfruttando le sofferenze delle persone omosessuali, giunga a far approvare il matrimonio gay e l’utero in affitto, lo scenario futuro sarà terribile, sul tipo de “Il mondo nuovo” descritto così bene da Aldous Huxley. Tra qualche decennio potremmo trovarci a batterci il petto e a dire che la Chiesa aveva avuto ragione, così come l’ha sempre avuta di fronte ai totalitarismi del recente passato. Il tragico è che solo la Chiesa resta come baluardo della civiltà e dell’umano. Infatti, è solo dove regna Dio che regna la libertà; senza Dio regna solo il potere dell’uomo sull’uomo, perché se non c’è Dio non c’è più limite a nulla. E’ il celebre “tutto è permesso” dostoevskiano. Morto Dio, è l’uomo stesso che diviene un dio, e per un dio non esistono leggi cui sottomettersi. Proprio per questo motivo don Giussani, nel libro “Il senso religioso”, scriveva che “l’unica remora, l’unico limite, l’unico confine alla
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Il Family Day del 2007 a Piazza San Giovanni, a Roma.
dittatura dell’uomo sull’uomo, si tratti di uomo o di donna, si tratti di genitori e di figli, si tratti di governo e di cittadini, si tratti di padrone e di operai, l’unica remora e l’unico confine, l’unica obiezione alla schiavitù del potere, è la religiosità”. Eliminata la religiosità, dove starebbe il limite del sopruso? E chi potrà stabilire un limite se non il potere stesso? Non fa meraviglia che un intellettuale contemporaneo, Peter Singer, stia portando avanti la giustificazione dell’infanticidio (che viene chiamato aborto postnatale, come vuole la neolingua che corrompe la realtà tramite la parola), e invita a eliminare tutti i bambini malformati. Sparta gettava i suoi figli malati giù dal monte Taigeto, noi più “civilmente” facciamo lo stesso spacciandoci per brava gente. E Peter Singer non è un folle cui tutti voltano le spalle. Come ai tempi del nazismo, in cui le teorie eugenetiche venivano insegnate nelle università, Peter Singer ha discepoli in tutta Europa, docenti che girano per le nostre università a tenere conferenze per spargere ovunque il loro nuovo verbo. Nei suoi romanzi, Dostoevskij insegna giustamente che, più che gli uomini, sono le idee che uccidono. Sono infatti certe idee malsane che creano le ideologie, e sono soltanto
E’ necessario muoversi ora, muoverci tutti, con coraggio, consapevoli che la posta in gioco è altissima.
I vertici della Chiesa sembrano consapevoli di tutto questo: di recente il Papa ha posto l’attenzione sul pensiero unico che, sotto il costante martellio dell’ideologia del gender, oggi cerca di fare il lavaggio del cervello al popolo (e soprattutto ai bambini), come un tempo si faceva alla gioventù hitleriana. Ma grazie a Dio ci sono anche persone di buona volontà. Contro questi miti di falso progresso, noi di ProVita ci battiamo giornalmente. Insieme a noi Gianfranco Amato e i Giuristi Per la Vita, Mario Adinolfi, le Sentinelle in Piedi, la Manif Pour Tous, il Forum delle Famiglie, il popolo della Marcia per la Vita e tante altre realtà associative portano in giro per l’Italia la verità. E quando la luce della verità incontra le tenebre della menzogna, le tenebre si dissolvono come neve al sole. Però dobbiamo agire subito, dobbiamo gridare ora, dobbiamo scendere in piazza, perché se lasciamo che le leggi mortifere facciano il loro corso, dopo potrebbe essere troppo tardi. Se attendiamo troppo, faremo la fine dei giovani della Rosa Bianca durante il nazismo, cristiani che cercavano di trasmettere i valori della verità e della libertà, ma destinati a soccombere per la presenza massiccia dei “rinoceronti” di cui scriveva Ionesco. E’ quindi necessario muoversi ora, con coraggio e senza paura, consapevoli che in gioco c’è moltissimo: una visione antropologica da difendere a tutti i costi. ■
le ideologie che possono uccidere milioni di uomini. Come faceva notare bene Solzenicyn nel suo capolavoro “Arcipelago gulag”: “La fantasia e le forze spirituali dei malvagi shakespeariani si limitavano a una decina di cadaveri; perché mancavano di ideologia. L’ideologia! E’ lei che offre la giustificazione del male che cerchiamo e la duratura fermezza occorrente al malvagio. Occorre la teoria sociale che permetta di giustificarci di fronte a noi stessi e agli altri. Grazie all’ideologia è toccato al secolo ventesimo sperimentare una malvagità esercitata su milioni”. Certe idee mortifere di oggi sono davvero tremende, specie se i media possono diffonderle con una velocità e una pervasività spaventosa. Per questo dobbiamo rimboccarci subito le maniche e combattere contro queste idee prima che sia troppo tardi. E’ dunque urgente sensibilizzare l’opinione pubblica: dobbiamo scendere a milioni in piazza, manifestare in difesa dei nostri bambini, come fu nel Family Day che è ancora nelle nostre memorie e nei nostri cuori! Dobbiamo dimostrare che esistono maggioranze contrarie che si oppongono alla diffusione di questo virus mortale. Mi viene in mente la bellissima opera di Ionesco intitolata Rinoceronti, in cui tutti gli uomini, uno dopo l’altro, vengono infettati dalla rinocerontite: il simbolo di ogni idea totalitaria che travolge tutti senza scampo. Pietro Paolo Rubens, Prometeo incatenato, 1611
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Alessandro Fiore
Primo di 11 figli, è laureando in giurisprudenza e ha svolto studi anche in storia, filosofia e teologia. È Direttore delle Comunicazioni di ProVita Onlus e Caporedattore della nostra Notizie ProVita.
Gli anticoncezionali fruttano miliardi ai produttori e ai distributori, ma degli effetti collaterali sulla salute delle donne non parla nessuno.
Mammona e la contraccezione Dietro a “pianificazione familiare”, “controllo delle nascite” e “sesso sicuro”, si nasconde non solo Thanatos, dio della morte, ma anche, più banalmente, Mammona: il dio profitto. di Alessandro Fiore
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ecentemente Mons. Emmanuel Badejo vescovo di Oyo, nigeriano e presidente per l’Apostolato per le comunicazioni della Conferenza episcopale nigeriana, ha protestato contro quello che ha chiamato “colonizzazione ideologica”: ha fatto sapere che gli Stati Uniti si sono detti disposti ad aiutare la Nigeria contro il terrorismo di Boko Haram solo se il paese modifica le sue leggi sull’omosessualità, sulla pianificazione familiare e sul controllo delle nascite. Un pesante “ricatto” da parte degli Stati Uniti che, se confermato, la direbbe lunga sulla direzione intrapresa dall’establishment nordamericano in questioni di bioetica. Le ragioni di questa folle scelta politica (e geopolitica) sono sicuramente molteplici e profonde, ma c’è un aspetto che, benché non rappresenti che una spiegazione parziale, non può essere misconosciuto: l’aspetto economico. Non può sfuggire come i tre oggetti della richiesta statunitense, specialmente la pianificazione familiare e il controllo delle nascite, abbiano una forte relazione con la contraccezione. E la contraccezione produce miliardi di dollari. Se la Nigeria cambiasse le sue leggi sui punti indicati, si aprirebbe o allargherebbe un nuovo appetibile mercato per le multinazionali del preservativo, delle pillole e dei metodi contraccettivi in genere. Per capire le dimensioni degli interessi in gioco è necessario considerare qualche dato. I contraccettivi muovono soldi. Molti soldi. Negli Stati Uniti, una donna può arrivare a spendere fino a $1.200 all’anno in contraccettivi orali (pillole),
$1.200 all’anno per anelli vaginali e gli Stati Uniti si stima che la pillola abbia fino a $6.000 per la sterilizzazione chi- causato la morte di più di 50 persone tra rurgica. Tra i produttori di contraccettivi il 2004 e il 2008, tra cui anche ragazze troviamo naturalmente le più importanti di 17 anni. La Bayer si rifiutò di pubblicase farmaceutiche come la Bayer (lea- care i dati sugli effetti collaterali dei suoi der mondiale dei contraccettivi ormona- contraccettivi, dichiarando di “non voler li), la Teva Pharmaceutical e la Pfizer (che allarmare gli utenti”. risulta essere la “Big pharma” in testa alla Davanti all’impressionante volume classifica dei ricavi complessivi nel 2008 d’affari e di ricavi dietro al business dei e con un guadagno netto di 19 miliardi contraccettivi, non può che venire il “dubdi dollari nel 2006). bio” (per utilizzare un eufemismo) che, Quale è la rilevanza economica della dietro a certe politiche basate sul controlvendita di contraccettivi per queste azien- lo delle nascite e il planning familiare, non de? E’ difficile fare una stima precisa ma ci sia tanto una preoccupazione (falsasi tratta di decine di miliardi all’anno. Nel mente) filantropica di promozione dei co2008 sono stati spesi 9 miliardi di dolla- siddetti diritti sessuali e riproduttivi, quanri solo in pillole anticoncezionali. Senza to le pressioni di forti centri di interesse parlare degli altri tipi di contraccettivi (pre- che seguono la logica del profitto. Dietro servativi, IUD, ecc.). Stiamo parlando di a “pianificazione familiare”, “controllo una quantità di soldi tale da far sì che, più delle nascite” e “sesso sicuro”, si naspesso di quanto non si creda, la logica sconde non solo Thanatos, dio della della salute e del benessere di milioni morte, ma anche, più banalmente, il di persone ceda alla logica del profitto. dio Mammona. ■ Così, ad esempio, la Bayer tenne nascosti gli effetti collaterali negativi della pillola contraccettiva “Yasmin”, minimizzando i rischi in confronto ad altre pillole contraccettive. Non è difficile immaginare il perché: nel 2008 (per prendere un solo anno) la vendita della pillola aveva prodotto un miliardo di euro. Le autorità tedesche parlarono di 7 morti legate all’uso “I reali costi della pianificazione delle nascite” di Yasmin mentre ne- Fonte: “The High Costs of Birth Control” - www.americanprogress.org
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Lorenza Perfori
Scrive e dipinge per passione. Collabora con libertaepersona.org. Ha pubblicato, con la casa editrice Fede & Cultura, “Scegliere la vita” e “La 194 ha fallito”.
Lucrare sulla strage degli innocenti Coloro che difendono e promuovono l’aborto sono generalmente gli stessi che ne traggono immensi profitti economici: c’è una stretta sinergia tra lobby ideologiche e lobby economiche. di Lorenza Perfori
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hi dice di essere paladino del “diritto alla scelta” e del “diritto alla salute riproduttiva” delle donne, in realtà - a ben vedere - è molto attento al business. Per esempio negli USA. I dati pubblicati ogni anno dall’Alan Guttmacher Institute, che svolge ricerca per la Planned Parenthood Federation, l’ente abortista più grande del mondo, parlano di entrate per circa 500 milioni di dollari dagli aborti praticati nel primo trimestre e poco meno da quelli praticati nel secondo e terzo trimestre (l’aborto costa tanto di più quanto più è avanzata la gravidanza). Se a queste cifre si aggiungono i contributi statali (a spese dei contribuenti) il giro d’affari di Planned Parenthood supera certamente il miliardo di dollari l’anno. Abby Johnson, ex direttrice di un’importante clinica abortista del Texas, ha rivelato a Fox News che la politica di Planned Parenthood è tutta tesa a moltiplicare le entrate moltiplicando il numero degli aborti: per ammissione degli stessi dirigenti, la politica di prevenzione non va implementata perché non altrettanto redditizia. Altri ex impiegati di PPF hanno dato testimonianze analoghe: il profitto prima di tutto (e prima anche degli standard minimi igienico-sanitari: sono innumerevoli le cliniche PPF che le agguerrite
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associazioni pro life americane riescono a far chiudere denunciandole per violazione delle regole sanitarie basilari). Sul fronte politico, per promuovere e diffondere l’aborto nel mondo, esistono associazioni come l’americana Emily’s List che si occupa di selezionare e formare donne pro choice che possano candidarsi nelle liste dei partiti progressisti. Per queste organizza poi campagne elettorali milionarie con le quali si vanta di aver fatto eleggere decine di militanti pro aborto al Congresso, al Senato e al Governo di diversi Stati federati. In Europa l’organizzazione Marie Stopes International (MSI) riceve dal governo britannico milioni di sterline. Collabora anche con la Cina insieme all’ UNFPA (agenzia
Somme enormi di denaro non arrivano unicamente dall’esecuzione degli aborti, ma anche dallo smercio del “materiale di scarto”, ovvero dalla vendita dei poveri feti abortiti per scopi cosmetici, farmacologici e di ricerca
dell’ONU per la pianificazione familiare) nel brutale programma di pianificazione delle nascite: sterilizzazioni e aborti forzati, fino al nono mese, che alimentano oltre tutto un ignobile traffico di feti e di placente. Somme enormi circolano anche intorno al business della pillola abortiva Ru486. La fabbrica francese Exelgyn, che la produce e la distribuisce, nel 2009 ha registrato un giro d’affari di oltre 14 milioni di euro. Ricorda Ilaria Nava che, in America, il brevetto dell’Ru486 viene donato nel 1994 dalla Roussel Uclaf (l’azienda che in origine produceva la pillola) all’Istituto di ricerca Population Council di New York, il quale subito dopo riceve dalla Buffet Foundation (finanziatore anche della Planned Parenthood) un prestito senza interessi da 2 milioni di dollari. La commercializzazione vera e propria della pillola inizia, però, solo nel 2000, quando l’azienda distributrice negli USA, Danco Laboratories (che ha tra i suoi prodotti solo l’Ru486), sceglie come produttore l’azienda statale cinese Hua Lian Pharmaceuticals, con sede a Shangai, che già produceva la pillola per la Cina da almeno 9 anni. Ad aiutare la casa farmaceutica cinese a raggiungere gli standard di produzione richiesti negli USA, interviene con consistenti elargizioni la Rockefeller Foundation. La Danco, a
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Somme enormi circolano anche intorno al business della pillola abortiva Ru486. sua volta, riceve un prestito di 10 milioni di dollari dalla David e Lucile Packard Foundation, un’organizzazione che si occupa di “salute riproduttiva” nelle aree del mondo ad alta fertilità, come India, Nigeria, Etiopia, Pakistan e Filippine. Insomma, come osservavamo all’inizio: un bell’intrico di interessi economici e ideologici. In Spagna la quasi totalità degli aborti (97%) è realizzata in strutture private. Scriveva Avvenire che il business degli aborti in questo Paese raggiunge ricavi annuali di circa 50 milioni di euro, senza contare le interruzioni pagate in nero, senza alcuna traccia fiscale. Il ginecologo Carlos Morìn grazie al denaro guadagnato con gli aborti, abita in una villa del valore di 4,2 milioni di euro (la “Villa Morìn”) con campo da golf, piscina, Ferrari e diverse altre auto di lusso. Nel 2005, la Ginemedex, una delle sue cliniche più attive, ha fatturato 1,5 milioni di euro, ma il giro d’affari è sicuramente sottostimato, dato che l’inchiesta ha scoperto che le ragazze che passavano sotto le sue mani pagavano i compensi in nero. Il business dell’aborto non finisce qui: somme enormi di denaro non arrivano unicamente dall’esecuzione delle interruzioni, ma anche
dallo smercio del “materiale di scarto”, ovvero dalla vendita dei poveri feti abortiti per scopi cosmetici, farmacologici e di ricerca. Nell’aprile 2011, l’avvocato Virginia Lalli, responsabile del Settore Donne per Nuove Frontiere onlus, aveva scritto che i ricercatori dell’Università di Losanna hanno notato che i bambini che subivano interventi chirurgici mentre si trovavano nell’utero materno, non presentavano alcuna cicatrice grazie alla capacità rigeneratrice delle cellule fetali, quindi hanno pensato che tali cellule potevano essere utilizzate per il trattamento delle ustioni. Dalla medicina alla cosmesi il passo è stato breve: gli studiosi si sono associati al laboratorio Neocutis, autorizzandolo a commercializzare la prima crema antirughe a base di cellule di pelle
“Uccidere è il nostro affare e gli affari sono un bene! - Siamo orgogliosi di essere responsabili del 25% degli aborti che avvengono ogni giorno in America. In media uccidiamo 910 bambini al giorno. Questa, sì, che è dedizione nel costruire un aborto di nazione!” - Vignetta tratta da www.standtrue.com
di feto. La crema si può comprare negli USA su prescrizione medica al prezzo di 180 dollari, e via internet in Europa a 90 euro. Nel 2004 il Guardian aveva pubblicato un articolo a proposito di una compagnia cinese che fabbrica cosmetici utilizzando feti abortiti. Ma in Cina il traffico e l’uso di feti e neonati morti è angosciante: nel 2003, l’ufficio di Pubblica sicurezza del Guangdong ha cercato di bloccare notizie secondo cui in alcuni ristoranti della provincia meridionale si serviva brodo di bambino. Nel 2009 un dossier di Harry Wu, sulla crudele politica del figlio unico, ribadiva la notizia e vi aggiungeva disgustosi particolari (una porzione costa 3500 RMB, circa 500 euro). Ad agosto 2011 le autorità doganiere di Seul hanno sequestrato all’incirca 17.450 compresse composte per il 99,7% di materiale umano. E tuttavia il business dell’aborto non finisce nemmeno qui: i bambini abortiti sono smerciati anche per finalità legate alla ricerca come,
Un feto deve avere 28 settimane di vita perché sia riconosciuto legalmente come essere umano. Prima di questo momento equivale a spazzatura.
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In Cina con i bambini abortiti si fanno compresse medicinali. Ma quando l’aborto avviene a gravidanza molto avanzata, in ristoranti extra lusso, per pochi eletti servono pietanze prelibate…
per esempio, elaborare vaccini o testare sostanze nocive: pare che il commercio dei feti a questo scopo nel 2000 rendesse già un miliardo di dollari americani. Troppi sono gli scandali finiti sui giornali, fin dagli anni ’80. Ricorda la Lalli, ad esempio, che molte ricerche mediche sono state effettuate, e lo sono ancora oggi, su bambini sopravvissuti fortuitamente all’aborto. In Inghilterra la Langhman Street Clinic (specializzata in aborti) vendeva feti vivi tra la 18a e la 22a settimana al Middlesex Hospital. Philip Stanley, portavoce della clinica, ha dichiarato: “La posizione è chiara. Un feto deve avere 28 settimane di vita perché sia riconosciuto legalmente come essere umano. Prima di questo momento equivale a spazzatura”. La Lalli prosegue osservando che vi sono cliniche che consigliano alla donna che vuole abortire di ritardare l’intervento, per poter usufruire di bambini ben sviluppati, con organi
funzionali e in perfette condizioni. Questi bambini di 18 settimane e più, vengono estratti con taglio cesareo, permettendo così al medico abortista di soddisfare le richieste degli acquirenti (industria farmaceutica, cosmetica, ricercatori universitari). Costoro pagheranno per il feto abortito tra i 70 e i 150 dollari, ricevendolo con il certificato: estratto dal seno materno “in stato di vita”. La Lalli fa anche notare la coincidenza temporale tra la scoperta di alcuni vaccini, tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, e la legalizzazione dell’aborto nei paesi cosiddetti “democratici”. Nel 2012, in Russia alcuni cercatori di funghi hanno rinvenuto cinque botti di legno contenenti 248 embrioni umani delle dimensioni di circa 10 centimetri. Elena Mizulina, presidente del Comitato della Duma per le questioni della famiglia, delle donne e dei bambini, ipotizzava si trattasse di traffico illegale di em-
“Chiamare Planned Parenthood una clinica per la salute, è come chiamare Auschwitz-Birkenau un ospedale” - Vignetta tratta da www.standtrue.com
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brioni. “Ogni anno nel nostro Paese - ha detto Mizulina - si fanno aborti illegali nell’ordine di 5-6 milioni”, nonostante la legge sia ancora molto liberale. In Russia agisce un’intera industria che fornisce materiale abortivo alle aziende farmaceutiche e a quelle che producono cosmetici, “non si esclude che si aspettassero un controllo degli organi di sorveglianza e perciò abbiano deciso di liberarsi di prove del reato”. Ora si comprende meglio perché, a livello globale, vi è interesse a tacere le conseguenze sulla salute delle donne causate dall’aborto: se le donne si rendessero conto di essere state ingannate da chi ha agitato loro lo specchietto per allodole del “diritto di scelta” e “diritto di aborto”, e ricominciassero a portare avanti le gravidanze invece di interromperle, e a pretendere dai governi politiche economiche, sociali e fiscali a sostegno della maternità, legittimate dal fatto che i figli sono una ricchezza che va a beneficio dell’intera collettività, coloro che oggi si arricchiscono armeggiando nei loro grembi, coloro che ingrassano il conto in banca con il sangue innocente, con il dolore delle madri e a discapito della loro salute, dovrebbero dire addio ai loro enormi e facili guadagni. Care donne che gridate “l’aborto è un diritto”, c’è chi si frega le mani pensando al grasso profitto! ■
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Andrea Mazzi
Membro dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, punto di riferimento nell’associazione per la campagna di obiezione di coscienza alle spese abortive.
La campagna di Obiezione di coscienza alle Spese Abortive (OSA) è un gesto concreto di ribellione contro l’ ingiustizia: essa chiede che cessi ogni forma di finanziamento pubblico legato all'uccisione della vita nascente. Ci si propone l'obiettivo di ottenere una opzione fiscale in denuncia dei redditi affinché si possa destinare la propria quota di tasse per garantire il diritto alla vita dei cittadini più deboli e indifesi sostenendo le gestanti in difficoltà.
Basta soldi sporchi di sangue La Comunità Papa Giovanni XXIII ripropone a ciascuno di noi una questione che non vorremmo proprio sentire: “Le violenze contro la vita nascente hanno chi le finanzia: tu!” di Andrea Mazzi
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n questi ultimi anni abbiamo avuto occasione di sentir pronunciare tante volte la celebre battuta di Totò: “E io pago!”, in occasione di inchieste che rivelavano sprechi di denaro pubblico. Se si tratta di ospedali e strade mai terminate, stipendi da favola o rimborsi spese assurdi di rappresentanti politici, gli italiani mostrano di essere sensibili a cosa viene finanziato coi loro soldi. Pochi però si ricordano che i soldi dei contribuenti sono utilizzati anche per una cosa ben più grave: sopprimere la vita di centinaia di migliaia di bambine e bambini. Più volte mi è capitato di ricordare questo fatto, sia privatamente che in incontri pubblici, e di essermi trovato di fronte a facce incredule e stupite: infatti nessuno ne parla mai! Purtroppo è vero: tutti i costi legati all’esecuzione di un aborto, e dunque i colloqui in consultorio, le analisi cliniche, le ecografie, il ricovero, l’intervento chirurgico, non sono in nessun caso a carico di chi lo richiede: che la donna sia ricca o povera, italiana o straniera (anche clandestina), non deve mai pagare nulla. Se l’aborto, come sostiene qualcuno, fosse un atto di autodeterminazione della donna (ma sappiamo che poi così non è, non è quasi mai frutto di un’autentica libera scelta), a maggior ragione dovrebbe essere a suo carico, non nostro!
Invece l’art. 1 della legge 194/78 obbliga tutti gli italiani a pagare gli aborti di tasca loro. Mediamente alcuni calcolano che ogni contribuente deve versare almeno 3 euro all’anno per questo. Ma in realtà sono di più, perché non conosciamo i costi delle visite con ostetriche e ginecologi per l’ivg, perché questi costi confluiscono nel più ampio calderone dei costi dei consultori. Sappiamo invece quanto ci costano la degenza e l’intervento chirurgico. Per ognuna di queste ‘prestazioni’ infatti le Regioni rimborsano alle strutture sanitarie una cifra fissa, secondo il meccanismo delle cosiddette ‘tariffe DRG’. L’entità della cifra è stabilita da ogni Regione, ma gli importi non si discostano molto da quelli fissati a livello nazionale dal Ministero della salute. L’ultimo decreto del Ministero è il D.M. Salute 18/10/2012, che stabiliva i DRG fino al 31/12/14. I rimborsi per gli aborti sono previsti dai DRG 380 e 381. L’importo del più comune DRG 381, “aborto
Ma di fronte alla sordità delle istituzioni al grido dei poveri è necessario ribellarsi, per non essere complici.
con dilatazione e raschiamento, mediante aspirazione o isterotomia”, è pari a 1.099 euro per interventi in day hospital. Questi soldi la Regione li prende dalle nostre tasse: addizionale Iperf, bollo auto…, ma anche dai trasferimenti dallo Stato. Come cittadini abbiamo il diritto (e anche il dovere) di pretendere che i nostri soldi non siano usati per la morte. E di protestare con forza quando questo succede, altrimenti le cose non cambieranno. Pensaci: mentre dichiari di essere un difensore della vita, qualcuno usa i tuoi soldi per uccidere le persone che tu vorresti difendere. E non dici niente? La lotta non è semplice: chi sta al potere, per convinzione o per timore, non discute facilmente sui sostegni all’aborto. Una prova di questo si è avuta l’estate scorsa: la Commissione europea ha respinto la richiesta della Campagna ‘Uno di noi’, di non finanziare più le organizzazioni che promuovono l’aborto nel mondo. E’ stata così affossata la più grande petizione popolare d’Europa: certe richieste non si discutono, semplicemente si respingono! Ma di fronte alla sordità delle istituzioni al grido dei poveri è necessario ribellarsi, per non essere complici. L’obiezione di coscienza alle spese abortive è un modo concreto ed efficace per farlo. ■
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Federico Catani
Laureato in scienze politiche ed insegnante di religione, è attualmente laureando in scienze religiose. È giornalista pubblicista.
Fecondazione artificiale: un vero affare (per alcuni) Un po’ di cifre sul business mondiale, europeo e italiano dei bambini in provetta: ciò che non è moralmente accettabile frutta ad alcuni un sacco di soldi. Bella coincidenza. di Federico Catani
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a fecondazione artificiale è un grande business. Chi la promuove non lo fa per filantropia. Non lo fa per vedere il sorriso sul volto di una coppia che soffre a causa della sterilità. E nemmeno per difendere il “progresso”, la “civiltà” e il “diritto al figlio”, pur essendoci indubbiamente anche questa componente ideologica. Dietro il buonismo di facciata, c’è in realtà un grande giro di soldi. Secondo uno studio uscito lo scorso anno, realizzato da Allied Analytics LLP e pubblicato su Research and Markets, istituto leader a livello internazionale per le ricerche e l’analisi dei dati di mercato, il business mondiale della fecondazione artificiale si attesterebbe attorno ai 9 miliardi di dollari e, di qui al 2020, favorendo sempre più l’accesso a tali tecniche, potrebbe diventare di circa 21 miliardi. Solo in Europa si prevede nei prossimi anni un giro d’affari di 8 miliardi. Il tutto a vantaggio delle case farmaceutiche che hanno in mano il mercato degli ormoni, delle banche del seme, di chi vuole sperimentare sugli embrioni e, ovviamente, delle cliniche specializzate. Non è un caso che il numero dei centri dove si effettua la procreazione medical-
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mente assistita stia aumentando sempre più, anche in Italia. Nel nostro Paese, la Commissione Parlamentare d’Inchiesta sugli Errori e i Disavanzi Sanitari, ha stimato un costo medio di 12.300 euro per i potenziali genitori che vogliono ricorrere alla Fivet. Anche perché nei centri pubblici - dove ovviamente si hanno prezzi assai più modici - le liste d’attesa sono lunghissime e dunque molti si rivolgono ai privati o ai privati convenzionati. I dati forniti dai centri dell’elenco del “Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita” confermano tariffari che vanno da un minimo di 6.900 euro in Emilia-Romagna a un massimo di 15.600 euro in Lombardia. Queste cifre, abbastanza approssimative e non sempre facilmente quantificabili, sono comprensive dei costi necessari per la terapia riproduttiva a cui viene sottoposta la coppia, oltre alle spese per la gravidanza, le visite, le ecografie, gli esami, i relativi eventuali ricoveri. E se consideriamo che sarebbero circa 20mila le coppie di italiani che ogni anno scelgono la provetta per avere figli e che generalmente si sottopongono a più cicli di Fivet, si comprende bene quanto riescano a guadagnare queste cliniche specializzate. Lo scandalo più grande è che spesso i medici non si preoccupano minimamente di interve-
nire per risolvere i problemi di sterilità, ma indirizzano subito le donne ai centri dove si pratica la fecondazione artificiale, dando loro false speranze. Infatti, come rivela la Relazione 2013 sullo stato di applicazione della Legge 40, succede nel 90% dei casi che le metodologie di inseminazione artificiale non ottengano gli effetti sperati. Questo comporta di conseguenza la ripetizione dei cicli di fecondazione, moltiplicando così il numero di bombardamenti ormonali, che possono avere gravi effetti sulla salute. Senza contare poi il numero di embrioni scartati e sacrificati per ottenere un solo figlio. Ma tutto ciò conviene alle cliniche, che vedono crescere il loro profitto. Ovviamente, chi ha a cuore solo l’aspetto lucrativo non si preoccupa della dimensione etica. Ciò che conta è solo il dio denaro, anche se ottenuto sulla pelle di altri esseri umani. Insomma, quello della fecondazione artificiale è un vero e proprio mercato, in cui le persone divengono meri oggetti. Basti pensare al caso dell’eterologa, ormai sdoganata pure in Italia ad opera della Corte Costituzionale: essa prevede necessariamente la compravendita di ovuli e sperma per soddisfare i capricci di altrui e priva il bambino di un padre o una madre certi. Una vergogna dei nostri tempi. ■
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Giulia Tanel
Laureata in Filologia e Critica Letteraria, scrive per passione. Collabora con libertaepersona.org e con altri siti internet e riviste; è inoltre autrice, con Francesco Agnoli, di Miracoli - L’irruzione del soprannaturale nella storia (Ed. Lindau).
Henri de Toulouse-Lautrec, Al Salon di rue des Moulins, 1894
Una merce molto redditizia: la donna La nostra società a parole promuove “l’emancipazione femminile”, in pratica usa in modi vecchi e nuovi i corpi delle donne come fonte di guadagno. di Giulia Tanel
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alla fine vi è la morte delle donne. Questa affermazione, a prima vista molto forte, se in parte vuole essere una provocazione, nasconde tuttavia una verità con la quale siamo chiamati a confrontarci: nella società contemporanea le donne sono sempre più spesso svilite nella loro dignità e, purtroppo, rese oggetto di desiderio o di guadagno. Vediamo alcuni esempi. Anzitutto c’è il giro d’affari miliardario del mercato della prostituzione. Alle donne normalmente toccano le briciole. Recentemente ha fatto molto discutere la dichiarazione del Sindaco di Roma Ignazio Marino circa l’apertura di un quartiere a luci rosse nella Capitale. Un’ipotesi per fortuna non supportata dal Prefetto di Roma e che ha sommerso Marino di critiche, tanto da costringerlo a una retromarcia. L’idea del Sindaco di Roma era quella di emulare il modello olandese, che nel 2000 ha rimosso il divieto sulle “case chiuse”. Un provvedimento che si è dimostrato essere fallimentare. Già lo studio Daalder del 2007, commissionato dal Ministero della Giustizia olandese, aveva rilevato che: non vi era stato nessun “miglioramento significativo delle condizioni delle persone che si prostituiscono”; rispetto al 2001 il benessere delle
donne che esercitano la prostituzione era peggiorato; era aumentato l’uso di sedativi; solo il 6% dei comuni offriva l’assistenza necessaria per uscire dal racket. Inoltre, pur potendo mettersi in proprio o prestando servizio presso un bordello legale, circa l’80% delle prostitute olandesi svolgeva la professione illegalmente. Insomma, i quartieri a luci rosse non risolvono affatto il problema della prostituzione, ma anzi lo aggravano perché alimentano nel pensiero comune l’idea che la questione sia risolta, e quindi diminuiscono la sensibilità collettiva attorno allo sfruttamento del corpo femminile. In merito, il Responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII Giovanni Ramonda ha una visione molto limpida: “L’unico modo per aiutare davvero queste donne - ha dichiarato in seguito all’ipotesi avanzata da Marino - è quello di debellare il fenomeno
L’esperienza olandese dimostra che i quartieri a luci rosse non risolvono affatto il problema della prostituzione, ma anzi lo aggravano.
inaccettabile della prostituzione: i clienti sono di fatto i primi sfruttatori della donna e in secondo luogo i finanziatori del racket. Debellare la prostituzione è possibile, da mesi abbiamo presentato al governo una proposta di legge per adottare in Italia il ‘modello nordico’ che sanziona i clienti”. Altro che quartieri a luci rosse, quindi! Per sconfiggere questo sistema di schiavitù delle donne è necessario contrastare la domanda, non incentivarla con la creazione di zone ad hoc. Un’altra forma, purtroppo sempre più dilagante, di commercializzazione del corpo femminile- nonché della vita umana - è la barbara pratica del cosiddetto “utero in affitto”, o come vorrebbe la neolingua, “maternità surrogata”, o “gravidanza per altri”, oppure “gestazione di sostegno”: ossia, il dare alla luce un figlio “prenotato e pagato” da altri. L’origine di questa pratica va rintracciata negli Stati Uniti, alla fine degli anni Settanta. Inizialmente essa prevedeva che le donne si lasciassero inseminare per dare alla luce un figlio con i propri connotati genetici, che poi avrebbero ceduto in cambio di denaro. In seguito, con l’avvento della fecondazione artificiale è divenuto possibile impiantare nell’utero di una donna materiale genetico a lei estraneo, operando quindi una scissione tra la “madre
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Debellare la prostituzione è possibile, sanzionando pesantemente i “clienti”. biologica” e la “madre genetica”. L’indegno mercimonio dell’“utero in affitto” commercializza la vita, lede la dignità del nascituro - che diviene oggetto di compravendita e che è programmaticamente privato della possibilità di conoscere i suoi veri genitori e di crescere con la propria madre gestazionale - e, non da ultimo, svilisce al massimo grado le donne e comporta un serio pericolo per la loro vita. Le donne che affittano il proprio utero sono infatti considerate quali meri contenitori di un “prodotto” non loro; inoltre, sia le donne che affittano il proprio utero, sia coloro che grazie alla procedura di iperstimolazione ovarica mettono in vendita i propri ovuli hanno un’elevata possibilità di incorrere in rischi fisici e di subire pesanti conseguenze a livello psichico. A questo proposito è stata recentemente resa nota la vicenda di Sushma Pandey, una diciasettenne indiana poverissima morta a causa della stimolazione ovarica cui, per la terza volta in diciotto mesi, si era sottoposta presso la clinica Rotunda Center for Human Reproduction di Mumbai. Eppure il giro d’affari che questa pratica muove è di milioni di dollari. Sono nate vere e proprie cliniche specializzate, attorno alle quali operano le figure degli intermediari. Attualmente negli Stati Uniti affittare un utero può costare tra i 100 e i 150 mila euro, tuttavia il prezzo può ridursi di molto se si accetta d’interfacciarsi con cliniche indiane, russe, ucraine… perché - anche qui - alle donne, alla fine, arrivano solo le briciole. Un ulteriore fronte che mette in chiara luce il problema della mercificazione delle donne, ridotte pressoché esclusivamente a una valutazione legata al loro corpo, è il grande business della pubblicità e dei concorsi di bellezza per bambine. Purtroppo, in relazione al primo aspetto, la gente è oramai assuefatta e spesso non si rende nemmeno più conto del fatto che tante note
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Premila Vaghela, con il marito e il figlio, è morta per una complicazione cardiaca durante una gravidanza su commissione: i medici si sono premurati di salvare il “prezioso” bambino, e lei è stata trascurata. Il silenzio del movimento femminista, in casi come questo, è assordante.
marche di vestiti e di intimo utilizzano le bambine (e i bambini) a fini di lucro. Accanto a questo, vi è inoltre il fenomeno ben più vasto e sconcertante dei concorsi di bellezza per bambine, del quale il reality “Little Miss America” - approdato in Italia su Real Time nel 2011 - fornisce uno spaccato alquanto sconcertante. Il programma ha per protagoniste bambine dai due-tre anni in su e mostra tutti i retroscena legati ai beauty child pageant, che negli Stati Uniti ‘vantano’ circa 25.000 appuntamenti l’anno e fruttano milioni di dollari. Le piccole modelle, spesso vittime del desiderio di rivincita delle madri, vengono truccate, pettinate e vestite come donne adulte per poi essere incitate a esibirsi e pavoneggiarsi - svendendo la propria innocenza - davanti ai giudici del concorso. Bambine rese quindi oggetto e cresciute fin dall’infanzia nell’errata convinzione che il loro valore sia
Attualmente negli Stati Uniti affittare un utero può costare tra i 100 e i 150 mila euro, tuttavia il prezzo può ridursi di molto se si accetta d’interfacciarsi con cliniche indiane, russe, ucraine…
direttamente proporzionale al loro modo di apparire. Se non ora, quando il mondo femminile e maschile, senza distinzioni - si ribellerà a tutto questo e tornerà a guardare alle donne con rispetto e riconoscenza, rivalutando il genio femminile? Le donne costituiscono un unicum nel genere umano, esattamente come lo sono gli uomini. Le donne hanno una caratteristica, quella della vocazione alla maternità fisica e spirituale, che dovrebbe essere valorizzata. Invece molto spesso questo aspetto viene negato, per cui avere figli viene concepito come un peso da rimandare il più possibile e la predisposizione tipicamente femminile all’accoglienza dell’altro viene negata in favore di una pretesa efficienza sul piano lavorativo e sociale. Tuttavia, in definitiva, così facendo si determina una perdita a tutti i livelli: per la donna stessa, che non vede la propria natura riconosciuta; per gli uomini, che nelle donne non trovano più un aiuto a loro complementare, bensì delle ‘nemiche’ con cui competere; per i bambini, cui spesso non viene nemmeno data l’opportunità di nascere (pensate alla strage d’innocenti che è quotidianamente provocata dall’aborto) e che vengono spesso educati da persone estranee alla famiglia; infine, per la società nel suo complesso, che si sta privando di una componente umana e affettiva importante, diventata sempre più asettica. ■
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Giuliano Guzzo
Ormai i “Gay pride”, le sfilate dell’orgoglio gay, sono permesse nelle principali città di questo Occidente corrotto e decadente. Anche ovviamente - in Italia. Qualcuno si è mai chiesto quanto costi organizzare queste volgari mascherate? La partecipazione di personaggi come Lady Gaga, che nel 2011 ha partecipato all’Euro Pride di Roma, pensate sia stata gratis?
Laureato in Sociologia e Ricerca Sociale, collaboracon diverse riviste e portali web fra i quali Tempi.it, Libertaepersona.org, Campariedemaistre.com, Cogitoetvolo.it, Uccronline.it e Corrispondenzaromana.it. È membro dell’Equipe Nazionale Giovani del Movimento per la Vita italiano * giulianoguzzo@email.com @GiulianoGuzzo : www.giulianoguzzo.com
Il grande business dei matrimoni gay Per ammissione degli stessi capitalisti coinvolti, i matrimoni gay sono una questione non solo di diritti civili, ma anche di business. di Giuliano Guzzo
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er capire fino in fondo certe dinamiche e certo interessamento politico per alcuni temi è fondamentale non fermarsi alla superficie e guardare oltre: perché, oltre le apparenze, vi potrebbero essere delle sorprese. Come quella per cui, nonostante il frequente tentativo di presentare le persone vicine al mondo LGBT come povere, sole e discriminate - e quindi di far passare le loro come istanze meramente idealistiche - dietro al riconoscimento dei cosiddetti “diritti gay” gravitano, anche se forse non è politicamente corretto sottolinearlo, interessi economici; enormi interessi economici, ad essere precisi. Il perché lo possiamo senza difficoltà capire anzitutto considerando che, secondo alcune stime, la popolazione adulta LGBT dichiarata ammonterebbe a 25 milioni di persone mediamente molto ricche (dato OMS), le quali avrebbero, nel loro insieme, un potere d’acquisto a dir poco stratosferico, pari a 835 miliardi di dollari, 65 dei quali solamente per viaggi e turismo. Un secondo, interessante elemento per quanto riguarda l’omosessualità quale «middle-class phenomenon» in grado di mobilitare ingenti risorse anche economiche, possiamo ricavarlo andando a vedere come l’istanza presentata alla Suprema Corte degli Stati Uniti contro il Doma - una legge introdot-
ta sotto l’amministrazione Clinton che obbligava il governo federale a considerare matrimoni solo le unioni fra persone di sesso diverso - risulta sottoscritta, guarda caso, da ben 379 grandi aziende fra le quali, per esempio, troviamo la Coca Cola, la Pepsi Cola, Amazon, Apple, Facebook, Twitter, Moody’s Morgan Stanley, Goldman Sachs e Starbucks. Che si trattasse di 379 realtà, incluse potenti banche, mosse tutte e solo da interessi filantropici? Non si direbbe, dato che è stato proprio Lloyd Blankfein, CEO di Goldman Sachs, ad ammettere che «è una questione di diritti civili, ma anche di business». A conferma della fondatezza di questa dichiarazione si può ricordare, sempre rimanendo in America, l’elenco dei potenti sostenitori - fra imprenditori, manager e banchieri delle nozze gay coi rispettivi quantitativi versati o raccolti in questi anni per la causa: Cliff Asness (1,5 milioni di dollari), Jeff Bezos (2,5 milioni di dollari), Bill e Melinda Gates (500
Forbes, nel 2009, ha stimato l’indotto complessivo dei matrimoni gay - limitandosi all’America - circa 9,5 miliardi di dollari.
mila dollari), Daniel Loeb (1,5 milioni di dollari), Jon Stryker (1,85 milioni di dollari), solo per citarne alcuni. Ed anche in Europa, naturalmente, le rivendicazioni LGBT non sono promosse da poveri orfanelli, come dimostra semplicemente la spettacolare copertura mediatica che viene ad essere riservata. Eppure la strategia, come si diceva poc’anzi, è quella di presentare questioni come le nozze omosessuali sotto una mera ottica idealistica e di totale neutralità: se due persone si amano e desiderano coronare il loro amore con le nozze – è il tormentone – perché impedire loro di sposarsi? Nessuno che ricordi come già dieci anni fa il CBO – acronimo che sta per Congressional Budget Office – stimasse l’indotto delle nozze gay, una volta che queste fossero effettive in tutti e 50 Stati Usa, in un miliardo di dollari l’anno; e nessuno che ricordi, secondo un più recente e non meno autorevole contributo di Forbes del 2009, come l’indotto complessivo - sempre limitandosi all’America sia decisamente più sostanzioso: circa 9,5 miliardi di dollari. Quasi che di queste impressionanti stime economiche fosse conveniente parlare, sì, ma sottovoce. Altrimenti la gente forse potrebbe aprire gli occhi ed iniziare a capire che le minoranze effettivamente bisognose e con diritti, ancorché codificati e formalmente riconosciuti, di fatto solo virtuali, sono ben altre: non certo quella LGBT. ■
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Francesca Romana Poleggi adre di tre figli, moglie, insegnante, fa parte M del movimento ecclesiale “Fede e Luce”. Dal 2008 è impegnata sul fronte dei diritti umani con la Laogai Research Foundation. Co-fondatrice di ProVita Onlus, è direttore editoriale di questa Rivista. Finché la Provvidenza le darà forza, “griderà dai tetti” la verità, perché solo la Verità rende liberi.
Quando il piccolo Bruce Reimer per incidente perse il pene, il dottor Money lo fece trattare con ormoni, vestire ed educare come una bambina: Brenda. Dopo molte sofferenze, soprattutto durante l’adolescenza, venuto a sapere della verità, Bruce volle ritornare maschio (David) e addirittura si sposò. Purtroppo le ferite causategli dalla folle teoria di Money avevano lasciato il segno e David Reimer morì suicida nel 2006, a 38 anni.
Oggi, di che sesso sei? Il professor Paul McHugh, psichiatra, spiega come l’ideologia gender non abbia a cuore il vero bene delle persone che non accettano i connotati sessuali che la natura gli ha dato. di Francesca Romana Poleggi
M
cHugh è stato per molti anni a capo al Dipartimento di Psichiatria del Johns Hopkins Hospital, lo stesso centro dove esercitava il famigerato dottor Money (quello che sconvolse la vita di Bruce/Brenda/David Reimer, nella foto). E’ perciò storicamente uno dei primi centri al mondo specializzati nelle operazioni chirurgiche di cambiamento di sesso. In un’intervista al Wall Street Journal, riportata da Life Site News, McHugh ha ribadito che il transessualismo merita un adeguato trattamento - oltre che comprensione e non discriminazione “transfobica”, ovviamente. Ma ha detto chiaramente che, poiché il cambiamento di sesso è “biologicamente impossibile”, tutti coloro che promuovono l’intervento chirurgico di riassegnazione sessuale agevolano un disturbo mentale. La chirurgia non è la soluzione per le persone che soffrono della “disforia di genere” o “disturbo di presupposizione”. Infatti anche coloro che rimangono soddisfatti dell’operazione, non migliorano dal punto di vista dell’adattamento psicosociale rispetto a prima. La cosa è confermata dal tasso di suicidi tra le persone transgender che hanno fatto l’intervento, che è 20 volte superiore al tasso di suicidi tra le persone non transgender. McHugh ha inoltre citato gli studi della Vanderbilt University e della London
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Portman Clinic, riguardo ai bambini che manifestano atteggiamenti transgender, ma che, normalmente, nel corso del tempo perdono spontaneamente queste tendenze. I responsabili politici e i media che promuovono il transessualismo come normale non fanno alcun favore né al pubblico, né ai transgender, trattando le loro confusioni come un diritto da difendere piuttosto che come un disturbo mentale che merita comprensione, trattamento e prevenzione. È come se assecondassero un anoressico che si vede in sovrappeso. Nonostante ciò si diffonde la pratica di bloccare con delle sostanze chimiche la pubertà dei ragazzini per far scegliere loro il proprio genere - con calma - e procedere quindi immediatamente alla somministrazione degli ormoni adeguati, una volta fatta la scelta: queste pratiche sono state definite dall’intervistato veri e propri abusi sui minori. Il cambiamento di sesso è biologicamente impossibile. Le persone che si sottopongono a un intervento
Coloro che promuovono l’intervento chirurgico di riassegnazione sessuale agevolano un disturbo mentale.
chirurgico per cambiare sesso non si trasformano da uomini a donne o viceversa. Piuttosto diventano uomini femminizzati o donne mascolinizzate. I disturbi mentali che hanno determinato la non accettazione di sé, del proprio corpo, restano e - anzi - spesso risultano accentuati. In sostanza: è bene che chi soffre di disforia di genere non ricorra all’operazione. Certo, la cosa può comportare inconvenienti in ogni caso. Il primo di una serie di articoli del Corriere della Sera del febbraio scorso sul “terzo genere” intervista diversi transgender che non hanno fatto né hanno intenzione di fare l’operazione chirurgica di cambiamento di sesso: vestono e vivono come “si sentono”. Però sui documenti risultano nomi e connotati del sesso opposto: è un problema persino andare in posta a ritirare le raccomandate. Chi si opera ottiene il cambiamento dei documenti per legge, ma oggi solo qualche giudice più “sensibile” ha consentito la modifica degli stessi, anche senza operazione. La libertà individuale è un diritto inviolabile. Ergo è un diritto inviolabile “sentirsi come ci si sente”, ergo è un diritto inviolabile che l’anagrafe ne prenda atto (!). E se uno si sente un giorno maschio e un altro femmina, sarà cura dell’anagrafe fornire un documento double face o inventarsi qualcosa del genere. ■
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Scienza e morale
Flavio Della Croce
Medico di famiglia e psicoterapeuta, esercita a Ziano Piacentino (PC). E’ Presidente in carica della Sezione di Piacenza dell’Associazione Medici Cattolici Italiani.
Favorire la scelta per la vita L’esperienza di un medico che conosce bene l’angoscia delle donne davanti a una gravidanza indesiderata. di Flavio Della Croce
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llo stato attuale, in base alle rilevazioni effettuate per un monitoraggio dell’applicazione della legge 194, assistiamo ad una riduzione del numero assoluto delle interruzioni volontarie di gravidanza rispetto all’entrata in vigore ma, proporzionalmente, l’esecuzione di un’IVG ogni cinque nascite. Così come si rileva che il numero dei medici obiettori rispetto alla pratica abortiva è consistente, ma non tale da impedirne l’organizzazione. Il carico di aborti per medico non obiettore è limitato a 1,4 alla settimana da confrontare con il dato di 3,3 del decennio dopo il 1978, quando la legge 194 divenne pienamente applicabile.
Alcune considerazioni sono quindi possibili. In primo luogo che l’obiezione di coscienza non rappresenta un pratico impedimento della disponibilità dell’interruzione volontaria di gravidanza da parte delle strutture (purtroppo!), come invece viene affermato surrettiziamente da parte abortista. Secondariamente che la presenza di tanti obiettori sta a significare che la sensibilità dei medici verso la vita nascente è elevata, e non potrebbe essere altrimenti, tenuto conto delle conoscenze scientifiche e professionali in merito: il prodigio che si compie dal concepimento (compreso) fino alla nascita è troppo grande per non essere tutelato. Chi obietta nei confronti dell’aborto dà senso alla parte più consistente e
La fame di relazione che la società sembra incapace di soddisfare può incontrare il nutrimento del rapporto del medico con la persona che a lui si rivolge
basilare dell’ordinamento delle leggi: la dignità della persona. Infine, e in negativo, si può considerare che le richieste di aborto sono sempre tante, troppe; oggi mascherate anche in altri modi, tra cui la cosiddetta pillola del giorno dopo e le altre metodiche farmacologiche. Nella pratica di medico di famiglia e di psicoterapeuta mi è capitato tante volte di raccogliere lo sgomento della donna di fronte alla gravidanza non preventivata. La prima esigenza mostrata è quella di una solitudine da contenere ed è una solitudine fatta dal timore del giudizio dell’ambiente e dalla paura dell’ignoto. Spesso si tratta della paura data dal non conoscere la persona che sarà (e che già è), quale futuro la aspetti. C’è anche il timore di non essere all’altezza personalmente o di non poter condividere adeguatamente con il partner
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Scienza e morale
Oggi in Italia si realizza un aborto chirurgico ogni cinque nascite.
o con la famiglia un’esperienza appena iniziata. E come si succederanno gli eventi? È lo shock di fronte a qualcosa di grande e, perché tanto grande, sentito come soverchiante. In un’epoca di relazioni diluite o assenti, sembra difficile poter creare contatti capaci di accogliere solitudine, paura, angoscia. Quasi se ne dà per scontata l’impossibilità, sia all’interno, sia all’esterno del sistema-famiglia. Talora c’è il disagio fisico dei sintomi, peraltro fisiologici, dell’inizio della gestazione, che si mescolano al disagio psicologico, amplificandolo. Nell’esperienza professionale tante volte è stato semplice dare spazio alla persona e parola al suo sgomento. Solitudine, paura, angoscia, disagio sono messaggi di un io che cerca di esprimersi e cerca un dialogo con il mondo che lo circonda, che si chiede se un incontro è possibile.
In un’epoca di relazioni diluite o assenti, sembra difficile poter creare contatti capaci di accogliere solitudine, paura, angoscia.
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È un io da accogliere così come è. Il senso dell’ignoto può essere trasformato positivamente dalla messa a disposizione di informazioni scientificamente appropriate e dall’ascolto di un racconto che la donna ha già scritto in se stessa. La fame di relazione che la società sembra incapace di soddisfare può incontrare il nutrimento del rapporto del medico con la persona che a lui si rivolge. In tutto questo non hanno effetto i moralismi o i giudizi, né la contrapposizione ideologica, perché non è di solito su questo piano che può avvenire l’incontro. È invece possibile fare emergere un sentire profondo che può essere stato coperto dalle stratificazioni di cui si parlava, superficiali o esterne. Forse la parola-chiave è proprio semplicità, non si richiedono lunghi discorsi o spiegazioni complicate. Basta un’affermazione di valore per quello che sta avvenendo, una frase di conferma e di stima.
È capitato tante volte che la donna si sia allontanata con una decisione di scelta abortiva e sia tornata giorni dopo per comunicare con gioia l’intenzione di proseguire sulla strada della gravidanza. La felicità per la scelta a favore della vita va poi crescendo giorno per giorno e questa è la migliore premessa per una crescita affettivamente ricca del bambino che nascerà. Quello che dovremmo avere sempre presente è che favorire la scelta per la vita è una speranza donata alla donna, che scopre e realizza nuovamente la propria femminilità, ma anche una speranza per la famiglia, attraverso la ricchezza di senso che la vita nuova vi innesta, e per la società, che, a contatto con la bellezza di una vita piena di risorse, ridefinisce in tutti i campi della convivenza il valore del rispetto per la persona. ■
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iamo lieti di annoverare tra i nostri nuovi collaboratori, l’autore di questo brano: un illustre clinico, studioso, particolarmente sensibile verso le problematiche giovanili. Il dottor Flavio della Croce, laureato a Pavia nel ’79, a soli 24 anni, prima internista e poi specializzato in Ematologia Generale, in Malattie Infettive e in Psicoterapia e ipnosi, dal 1980 esercita la professione di medico di famiglia. In questo ambito ha animato corsi di formazione e aggiornamento per i medici di medicina generale, ha svolto la funzione di tutor per medici neolaureati; ha insegnato in seminari sulla “comunicazione in adolescenza” nel Corso Biennale in Medicina Generale a Modena e Bologna. Dopo aver presieduto la Sezione Provinciale di Piacenza della Società Italiana di Medicina Generale, ha diretto la sede di Piacenza della Scuola Emiliano-Romagnola di Medicina Generale ed è stato membro della Commissione Regionale per l’Infanzia e l’Età Evolutiva, della Commissione Regionale del Farmaco e del Gruppo Regionale per il Progetto Psichiatria - Medicina Generale. Si è specializzato e perfezionato, intanto, in Adolescentologia presso l’Università Ambrosiana di Milano, e in Counselling con l’adolescente presso l’Università Ambrosiana di Milano. Interviene nelle scuole in supporto a genitori, insegnanti e studenti. Presiede l’associazione “Piccoli al centro onlus”, che svolge attività aggregativa e formativa a favore di minori e ha presieduto la cooperativa sociale “Casa Ulisse”, con gestione dell’omonima comunità educativa. È socio della Società Italiana di Psicoterapia e Ipnosi e Presidente in carica della Sezione di Piacenza dell’Associazione Medici Cattolici Italiani. Ha pubblicato: “Animare, educare, far vivere la speranza”, ed. Berti, 2005; “Il padre prodigo”, ed. Berti,2008; “Significato e salute”, ed. Costa, 2013.
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Ti ringrazio per il sostegno.
Antonio Brandi
Notizie
Luca Di Tolve
Famiglia ed economia
Attivista gay, ricco e di successo, dopo una profonda conversione si sposa e ha una bambina. Ha scritto “Ero gay”, nuova edizione Città Nuova del 2015, che nonostante il boicottaggio subito è molto venduto. Anzi, diciamo a chi non lo trovasse in libreria di non arrendersi: può ordinarlo on line sul sito http://www.lucaditolve.it/
La cappella della Casa di spiritualità per famiglie Sant’Obizio.
Una casa per l’evangelizzazione della famiglia In Valcamonica provincia di Brescia, immersa nel verde, c’è una casa di spiritualità dove i singoli, le famiglie e i gruppi possono ritrovarsi per esercizi spirituali, per momenti di condivisione o per partecipare ai programmi offerti dall’associazione che la gestisce. di Luca Di Tolve
È
ad Angolo Terme, in provincia di Brescia, in Val Camonica, vicino a Boario. Si chiama Casa Sant’Obizio, www.casasantobizio.it. La casa, immersa nel verde, è strutturata su due corpi residenziali autonomi che consentono alle diverse realtà ospitate di programmare le loro giornate in assoluta autonomia. Dispone di camere singole, doppie e triple dotate di servizi con doccia, ascensore. Ci sono anche camere multiple adatte soprattutto alle famiglie e ai gruppi parrocchiali; c’è una cappella con 90 posti, varie sale per i diversi usi e per la ricreazione dei bambini, sale da pranzo, un parco meraviglioso, un campo da calcio e un ampio parcheggio. C’è la possibilità di fruire della pensione completa. Ma per i gruppi c’è anche la possibilità di autogestirsi: gli mettiamo a disposizione una cucina attrezzata dove possono cucinare da sé e una sala da pranzo. In questo centro di evangelizzazione per la famiglia, accogliamo gruppi di laici, sacerdoti, realtà parrocchiali, famiglie, gruppi di preghiera che intendono ritrovarsi insieme per praticare esercizi spirituali, per incontrarsi con altre famiglie per pregare e condividere le proprie esperienze, per trascorrere i campi ricreativi estivi coi giovani e gli adolescenti e per percorsi di evangelizzazione.
Le persone che lo desiderano, sia i gruppi, sia le famiglie, le coppie e anche i singoli, possono inoltre partecipare ai corsi di spiritualità organizzati dalla Comunità Gruppo Lot. È anzitutto spiritualità mariana: l’associazione fa apostoli di Maria, Regina della Pace, perché si realizzi la profezia di Fatima e ci sia su tutta la terra un tempo di amore e di Pace in Cristo. La sua specificità, poi, è quella di sostenere l’identità ferita dell’uomo e della donna. Da tempo, soprattutto dal 1968, è in corso una battaglia culturale che riguarda la persona umana e in particolare la sua identità sessuale, la verità dell’uomo, della donna, la sacralità della vita dal concepimento alla sua fine naturale. Ci basiamo sul Magistero e sul Catechismo della Chiesa Cattolica, e proponiamo, con la collaborazione di esperti, un aiuto a tutte le persone sofferenti e in disagio che portano dentro di sé ferite e dipendenze a livello emotivo, relazionale, d’identità sessuale, di abuso e di violenza, che hanno difficoltà nell’avere sane e buone relazioni, con il fine di ritrovare la propria identità, in Cristo. Non offriamo un percorso psicoterapeutico. E’ un percorso di “auto aiuto” e di “Cristoterapia”. Il percorso si chiama “Adamo, Eva, dove siete?”, ed è come il percorso “Living Water” che ho fatto io e che
hanno fatto tanti altri ragazzi come me, ma che è destinato a tutti, non solo ai gay. E quelli che l’hanno fatto, omosessuali ed eterosessuali, hanno ritrovato la serenità. Quando ero gay, nonostante i soldi e il successo, ad un certo punto mi sono crollati gli ideali: avevo creduto in quei disvalori sessantottini di libertarismo radicale, amore libero universale... Mi sono reso conto che era una facciata, era una finzione, dietro c’era il nulla. Ho cominciato ad essere stufo di quel tipo di vita, ho cominciato a provarne disgusto. Allora ho trascorso lunghi anni in crisi, in ricerca: il Signore mi ha cambiato il cuore, a poco a poco. Ho scoperto che non ci sono omosessuali, ma solo eterosessuali latenti. Si è trattato di scoprire la mia vera identità. Ma il riscoprire la verità su se stessi è un bisogno di tutti coloro che sono in crisi, non solo degli omosessuali. Imparare a conoscere e ad amare se stessi serve a non essere più schiavi dei desideri… Questa estate faremo una bella festa della famiglia così da poter passare una giornata insieme nella preghiera, nella condivisione, e anche nel divertimento. Vi faremo sapere con precisione i dettagli in modo che tutti gli amici di Notizie ProVita, visitando il portale internet www.notizieprovita.it possano conoscere la data e partecipare. ■
N. 29 - APRILE 2015
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Notizie
Famiglia ed economia
Effetto domino La legalizzazione del “matrimonio” gay porterà conseguenze aberranti e alla fine la distruzione della famiglia? di Brian Clowes
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l matrimonio eterosessuale è un disastro, la famiglia è profondamente in crisi, il “matrimonio” omosessuale è più raro e più sano”. Con questo assunto gli attivisti gay non accettano le critiche al matrimonio omosessuale da parte degli eterosessuali: è il loro istituto matrimoniale che è in crisi. I politici, che magari sono divorziati e risposati o sono stati colti dai giornali scandalistici in flagrante adulterio, non devono osare alcuna critica nei confronti del matrimonio gay, a meno di non voler essere considerati ipocriti. In realtà gli omosessualisti dovrebbero paragonare le loro unioni con i milioni di uomini e donne che hanno preso seriamente il loro impegno coniugale. Le persone che nonostante le crisi e le traversie che la vita offre a piene mani, a chiunque - costruiscono per lunghi decenni con coniuge e figli e nipoti e pronipoti una vita insieme, fatta di gioie e dolori “nella salute e nella malattia”… e certo questi, pur essendo tanti, non fanno notizia proprio perché - ancora - sono la “normalità”. Il matrimonio in sé, poi, non ha nulla che non va, soprattutto se inteso come sacramentum, esclusivo e per sempre. Sono le persone che lo contraggono, caso mai, che sono deboli.
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N. 29 - APRILE 2015
Ma è vero che c’è una crisi delle coppie sposate - soprattutto le più giovani - che obiettivamente caratterizza i nostri tempi. Essa è certamente conseguenza della “cultura” che attraverso i media e gli spettacoli da decenni promuove la promiscuità sessuale, e che attraverso le ideologie libertarie radicali e femministe promuove la contraccezione, l’aborto, il divorzio. Oggigiorno, la maggior parte dei matrimoni segue un periodo più o meno lungo di convivenza. La maggior parte dei matrimoni preceduti da convivenza finisce nel giro di poco tempo in un divorzio. Quasi la metà dei bambini nasce fuori dal matrimonio e vive con un genitore single (di solito la madre). La responsabilità è nostra, perché non abbiamo saputo batterci con-
La crisi del matrimonio è dovuta all’aver accettato la (falsa) libertà del legame precario, del “finché dura”, del “compagno” o dell’ “amico” col quale non cerchiamo un rapporto definitivo per paura del “legame”.
tro il divorzio, la contraccezione e l’aborto. Siamo noi che abbiamo accettato la (falsa) libertà del legame precario, finché dura, del “compagno” o dell’ “amico” col quale non cerchiamo un rapporto definitivo per paura del “legame”. Comunque, possiamo con dispiacere anche accettare l’idea che il matrimonio oggi sia come un’automobile disastrata, con le ruote sgonfie, il motore arrugginito, la carrozzeria sverniciata. Ma introdurre il “matrimonio” omosessuale vorrebbe dire sfasciarne anche i finestrini: non aiuta certo a rimetter l’auto in moto sulla strada! Il matrimonio, quello vero, non è quello celebrato da chi pratica sistematicamente adulterio, contraccezione, divorzio, pornografia. Il matrimonio che dobbiamo difendere è il matrimonio come dovrebbe essere: fedele, casto, prolifico, per sempre. Obiettano gli omosessualisti che il riconoscimento della dignità di matrimonio alle convivenze gay non vuol dire - come nella metafora dell’automobile - “sfasciare i finestrini”: il “matrimonio” gay non porterà alla distruzione, all’annichilimento, del matrimonio vero. Non sopportano sentir dire che - alla fine - si potrebbero legittimare tutti i più strambi tipi di “unione affettiva”. Bill Maher, per esempio, nel suo New Rules, ha scritto che “il matrimonio gay non porterà al matrimonio con
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Famiglia ed economia
gli animali. Non è vera la teoria del piano inclinato. … Le donne hanno ottenuto il diritto di voto, e oggi non votano né i criceti, né i salmoni.” Intanto, però, i media e gruppi di interesse ben organizzati (per esempio in Svezia), già chiedono il riconoscimento della poligamia, o - meglio - del poliamore. Aspettano pazientemente in fila il loro turno quelli che chiedono la legalizzazione dell’incesto, della bestialità, e dell’ “amore intergenerazionale” che è un modo politicamente corretto per definire gli abusi sessuali sui bambini. I poligamisti, in America, sono spalleggiati da importanti associazioni femministe e liberali come l’American Civil Liberties Union (ACLU) e la National Organization for Women (NOW). I media si associano: nel solo 2009 l’ABC News, la BBC, Showtime e Newsweek Magazine hanno mandato in onda diversi servizi favorevoli alla poligamia e al poliamore, indicati come la “prossima rivoluzione sessuale”. Il poliamore (o polifedeltà), ad essere precisi, è un passo successivo oltre la poligamia: Tizio ha una moglie e un’amante. L’amante ha un fidanzato che a sua volta è l’amante della moglie di Tizio, e il circolo è chiuso. Il gruppo, ovviamente, può essere più ampio, composto da persone con ogni tendenza sessuale: l’entrata e l’uscita sono rigorosamente libere. Gli ideologi di tutto questo dicono chiaramente che “questa nuova rivoluzione sociale rimpiazzerà il matrimonio e la famiglia con le sue
leggi obsolete e tradizionali”. Il manifesto della Polyamory Action Lobby (PAL) dice, inoltre, che il poliamore non è una scelta. E’ un bisogno innato di cui non si può fare a meno. I loro motti sono Marriage for All e Love is Love. Stesso copione già letto a proposito delle istanze omosessualiste, non e vero? Gruppi come la Polyamory Society, la Truthbearer.org e Principle Voices ammettono che vedono il matrimonio gay come il primo passo verso la loro vittoria. Su un altro fronte: sia negli USA che in Europa si sta formando un movimento di fratelli e sorelle che reclamano il diritto di sposarsi e di mettere al mondo bambini. Anche in questi casi il mainstream mediatico tratta i singoli casi come “vittime” cui è negato il diritto ad essere felici… E infine c’è la pedofilia. Il movimento omosessualista l’ha spalleggiata per decadi. Poi ha smesso quando la cosa stava divenendo troppo nota. Il giornale omosessualista The Sentinel, di San Francisco, scriveva che “l’amore tra uomini e bambini è alla base dell’omosessualità… Capitano casi di molestie, ma ci sono molte relazioni sessuali positive: dobbiamo sostenere gli uomini e i ragazzi coinvolti in queste storie.” (“No Place for Homophobia”, in San Francisco Sentinel, 26 marzo1992). Tutti i principali studi statistici hanno acclarato che le violenze su bambini da parte di omosessuali sono venti volte più frequenti di quelle praticate da eterosessuali. [Rimandiamo al numero di novembre 2014
di Notizie ProVita per ulteriori approfondimenti sui tentativi in atto di far passare anche la pedofilia come un orientamento sessuale e non una perversione, N.d.T.]. Poi, ci crediate o no, esiste anche un partito che chiede che venga consentito alle persone il matrimonio con gli animali. Chiedono che si parli di “zoofilia” e non di “bestialità”, che ha un’accezione troppo negativa. Philip Buble è sposato col suo cane e afferma che “gli zoofili sono nati con un vero e profondo amore per gli animali, che dura tutta la vita. Io e la mia Lady agli occhi di Dio siamo davvero sposati”. Prosegue spiegando che lo Stato del Maine non deve approvare la legge che punisce la bestialità: non serve a nessuno, ma spinge le coppie zoofile nella clandestinità e nell’emarginazione (Phillip Buble è citato da Mark Steyn, “Animal Husbandry of a Different Nature.” National Post, 16 agosto 2001). Per concludere, e per ribadire il vero pericolo che corre la società con la legalizzazione del “matrimonio” gay, lasciamo la parola a Paula Ettelbrick, direttore legale della associazione LGBT Lambda Legal Defense and Education Fund, che ha scritto: “Essere queer non vuol dire metter su casa con una persona dello stesso sesso e cercare l’approvazione sociale … Vuol dire abbattere i parametri comuni del sesso, della sessualità e della famiglia per trasformare alla radice la società”. “La mission a lungo termine del London Gay Liberation Front, hanno dichiarato gli stessi componenti dell’associazione, è liberare la società sessista dai ruoli di genere che sono alla base della nostra oppressione. Questo può avvenire solo se si abolisce la famiglia come luogo in cui crescono i bambini.” ■ (Traduzione a cura della Redazione)
Un sentito ringraziamento a Human Life International, che offre ai nostri lettori un altro brano del saggio The Scientific Case against Homosexual “Marriage’’, pubblicato in inglese sulla rivista The Wanderer.
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Letture consigliate Gianfranco Amato Gender (d)istruzione Le nuove forme d’indottrinamento nelle scuole italiane Fede & Cultura In questa sua ultima opera l’amico Gianfranco Amato ha coraggiosamente ricostruito in modo documentato il tentativo di indottrinamento gender operato nelle scuole italiane: perché “occorre sostenere il diritto dei genitori all’educazione dei propri figli e rifiutare ogni tipo di sperimentazione educativa su bambini e giovani, usati come cavie da laboratorio, in scuole che somigliano sempre di più a campi di rieducazione e che ricordano gli orrori della manipolazione educativa già vissuta nelle grandi dittature genocide del secolo XX, oggi sostituite dalla dittatura del pensiero unico” (Papa Francesco, 11 aprile 2014, discorso tenuto ai rappresentanti dell’Ufficio Internazionale Cattolico dell’Infanzia). Giacobbe Elia L’inganno delle ideologie - Il graffio del diavolo Koiné Con tono polemico e satirico, l’Autore amaramente assiste al suicidio di quel che rimane della civiltà cristiana, che rese l’Europa madre dei popoli. Gli Yes Men della comunicazione, oggi ci si presentano come portatori della libertà radicale e del libero pensiero, ma in realtà sono al soldo di un subdolo sistema totalitario che sottopone a manipolazioni violente e ciniche la vita, la genitorialità, la famiglia, la sessualità, la vera libertà dei singoli e dei popoli. In nome della libertà e della democrazia, siamo privati persino del diritto di esprimere il nostro dissenso verso chi ci governa.
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