POSTE ITALIANE S.p.A. Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD In caso di mancato recapito inviare al CMP di PADOVA per la restituzione al mittente previo pag. rel. tariffa resi
Rivista Mensile N. 25 - Dicembre 2014
“nel nome di chi non può parlare”
Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003
Contributo € 2,80
Notizie
LA BUONA NOTIZIA “OGGI È NATO PER vOI UN SALVATORE!”
La grande storia di Gregorio il piccolo
È nato il comitato articolo 26
Editoriale Editoriale
- Sommario - Sommar Sommario S o m m a rio rio -
Notizie Notizie 3 3
Lo sapevi che... Lo sapevi che...
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N. 25 T-ADICEMBRE RIVIST MENSILE 2014
Primo Piano Piano Primo La grande di Gregorio il piccolo gay Dalle unionistoria di fatto etero ai matrimoni Jacopo Giuditta Coghe Federico F e edericoe Catani
per hanno la vita: tanti Gloria Ferraro IGiovani conviventi diritti. Solo diritti
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Andrea Giovanazzi Gianfranco Amato
UnaBabele luce nel buio demografico italiano La moderna
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Rodolfouele de Mattei Emmanuele W Wundt undt
Se il confronto fosse civile evuol costruttivo 19 Sovvertire la realtà naturale dire distruggere l uomo 1 7 Gianna Cupani Giovanni Reginato
Unioni dai giudici Le luci (in)civili, della cittàimposte Salvare i bambini dall’aborto: si può, si deve
Direttore responsabile editoriale Direttore Francesca Romana Poleggi Antonio Brandi
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Direttore editoriale ProVita Onlus Direttore Andrea Giovanazzi Francesca Romana Poleggi
Giulia Tanel
Progetto grafico copertina Direttore ProVita Onlus Gloria Ferraro Andrea Giovanazzi
Attualità Una preghiera inerme, eppure insopportabile Attualità
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Adrea Mazzi
F Il econdazione miracolo dellaeterologa vita 6 8 eAlessandro anonimato Fiore dei venditori di gameti Virginia Lalli
Le buone battaglie si possono vincere 9 9 Drogati di sesso Gian Paolo Babini Rodolfo de Mattei
Erode è ancora tra noi 10 Come smascherare certe bugie 10 Claudia Cirami Giuliano Guzzo
Scienza e Morale Scienza e Morale Le conseguenze fisiche dell’aborto di cui non parla nessuno La questione della fecondazione artificiale
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Morire come cani Non credenti pro life
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Basta bambini, largo ai cani! La buona notizia: Ginevra
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Il genocidio dei bambini Down
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Francesca Romana Poleggi Mons. Ignacio Barreiro Caràmbula Antonio Brandi Claudia Cirami Giorgio Celsi Paola P aola Bonzi Newlife
Famiglia ed Economia Il Comitato Articolo 26
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Danilo Quinto
Come districarsi nella giungla digitale della vita e della morte
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Gorgia Petrini
Andiamo contro natura, fino in fondo Alba Mustela
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Editore N. 23 - OTTOBRE 2014 ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 Editore 38068 Rovereto (TN) ProVita Codice Onlus ROC 24182 Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Redazione Codice 24182 AntonioROC Brandi, Alessandro Fiore, Andrea Giovanazzi Piazza Municipio 3 - 39040 Salorno (BZ) Redazione redazione@notizieprovita.it - Tel. 329 0349089 Antonio Brandi, Alessandro Fiore, Andrea Giovanazzi. Direttore responsabile Piazza Municipio 3 - 39040 Salorno (BZ) Antonio Brandi redazione@notizieprovita.it -T Tel. el. l 329 0349089
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Francesca F rrancesca rances Rossi Romana P Poleggi oleggi Eleonora
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“nel nome di chi non può parlare” nel nome di chi non può parlare RIVISTA MENSILE
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N. 25 - DICEMBRE 2014 N. 23 - OT OTTOBRE TOBRE 2014
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Progetto grafico Impaginazione Massimo F estini Festini T ipografia Tipografia Flyeralarm SrL, Viale Druso 265, 39100 Bolzano Editorial and Packaging Solution
Distribuzione Distribuzione MOPA AK SRL, Via Prima Strada 66 - 35129 Padova MOPAK SRL, Via Prima Strada 66 - 35129 Padova Hanno collaborato Hanno collaboratodi questo numero alla realizzazione alla realizzazione questo Gianfranco Amato, Pdi aola Bonzi,numero Gian Paolo Babini, Antonio Brandi, Giorgio Celsi, Mons. Ignacio Barreiro Caràmbula, Federico Catani, Claudia Cirami, Jacopo e Giuditta Coghe, Gianna Cupani, Claudia Cirami, Rodolfo de Mattei, Giuliano Guzzo, Andrea Giovanazzi, Rodolfo de Mattei, Alessandro Fiore, Virginia Lalli, Andrea Alba Mustela, GiorgiaMazzi, Petrini,Newlife, Francesca Romana Poleggi, F rancesca Romana Poleggi, Giovanni Reginato, Danilo Quinto, Eleonora Rossi, Giulia Tanel Emmanuele Wundt.
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La Buona Notizia “Oggi è nato per voi un Salvatore”: questa è la Buona Notizia che anche i non credenti, in un modo o nell’altro, ascoltano volentieri: tutti gradiscono gli auguri di Buon Natale. Oggi, allora, voglio porgere a tutti i lettori un augurio profondo e sincero a nome di tutta la Redazione. In occasione del Natale, poi, ci siamo imposti di lasciare un po’ da parte le questioni spinose e urgenti su cui siamo costretti di solito ad allertare e sensibilizzare coloro che hanno la bontà di seguirci. Purtroppo, però, non ci è stato possibile fare un numero in cui ci fossero solo buone notizie: il Nemico è sempre all’opera e la cultura della morte continua ad attaccare i bambini, la famiglia, gli anziani, i disabili, la Vita, insomma, e soprattutto la vita dei più deboli e indifesi, per i quali non ci stancheremo mai di parlare. Però, per lo meno in Primo Piano, in questo numero natalizio abbiamo voluto pubblicare solo articoli che diano una buona dose di speranza. Tra questi, non posso non segnalare ai lettori “La grande storia di Gregorio il piccolo”, per la quale sento la necessità di ringraziare pubblicamente la famiglia Coghe: ci ha dato una prova dell’esistenza di un misterioso intreccio di dolore e Amore che purifica, salva ed eleva il cuore. Un mistero davanti al quale bisogna fermarsi e contemplare. Non ci sono parole per spiegare o commentare. Si contempla e basta. E’ un segnale che indica verso il Cielo, in mezzo a tanto male, a tanta stupida superficialità, al materialismo edonista, alla cattiveria. Alla fine della seconda parte del Signore degli Anelli, Sam dice: “Lo so.
È tutto sbagliato. Noi non dovremmo nemmeno essere qui. Ma ci siamo. È come nelle grandi storie, padron Frodo. Quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericoli, e a volte non volevi sapere il finale. Perché come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare com’era dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest’ombra. Anche l’oscurità deve passare. Arriverà un nuovo giorno. E quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso… Adesso so. Le persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l’hanno fatto. Andavano avanti, perché loro erano aggrappate a qualcosa”. E Frodo chiede: “Noi a cosa siamo aggrappati, Sam?” “C’è del buono in questo mondo, padron Frodo. È giusto combattere per questo”. C’è un Bambino che è venuto, viene e verrà… Noi andiamo avanti. Avanti per la Vita. Buon Natale a tutti. Antonio Brandi
Tintoretto, Adorazione dei pastori, 1577, Scuola di San Rocco (Venezia)
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Lo sapevi che... COMBATTI PER LA VITA CON NOI! La Famiglia è il fulcro e il fondamentodella società umana fin dalle origini della civiltà. È “famiglia”, atta a generare, educare e custodire la Vita, dall’inizio alla sua fine naturale, solo se c’è la complementarietà tra due coniugi, che promettono stabilmente di sostenersi a vicenda. O ggi la Famiglia e la Vita subiscono attacchi continui, volti a distruggere l’umanità. Dai il tuo contributo alla buona battaglia in difesa della Famiglia! Aiutaci a difendere la Vita! Per agire a difesa della vita, della famiglia, dei bambini, aiutaci a diffondere Notizie ProVita: regala abbonamenti ai tuoi amici, sostienici mediante una donazione intestata a “ProVita Onlus”: c/c postale n. 1018409464 oppure bonifico bancario presso la Cassa Rurale Alta Vallagarina, IBAN IT89X0830535820000000058640 (indica sempre nome cognome indirizzo e CAP). Avanti per la Vita! ProVita Onlus ha consegnato la petizione diretta a salvare i minori del Forteto, che ha raccolto più di 12mila adesioni, alle autorità governative e giudiziarie competenti. Visti i fatti a dir poco incredibili che si sono verificati al Forteto (pedofilia, violenze fisiche e psicologiche su bambini e disabili), si chiede una maggiore attività di controllo e verifica delle comunità alloggio presenti sul territorio nazionale, l’immediato allontanamento dei minori e dei disabili da quel luogo di orrori, e il commissariamento della comunità. Il Senatore Giovanardi ha posto anche una interrogazione parlamentare sulla questione. Non resta che sperare che almeno qualcuna delle autorità allertate faccia il proprio dovere.
L’UE ha finanziato la pubblicazione dell’ European Youth Advocacy Handbook, presentato al Parlamento Europeo dalla YouAct, un’organizzazione che difende i “diritti sessuali e riproduttivi” dei giovani allo scopo di “raggiungere l’uguaglianza di genere”. YouAct lotta per un mondo in cui i giovani siano liberi dalla discriminazione sessuale. Si tratta della solita propaganda, a nostre spese, per promuovere ogni istinto sessuale fra i nostri giovani allo scopo di sdoganare comportamenti sessuali contro natura, preparare carne fresca per i pedofili mediante il sesso precoce, ed arricchire le industrie del porno e del condom.
Janna Darnelle è lo pseudonimo di una donna, che, lasciata dal marito omosessuale, è divenuta vittima di bullismo e stalking da parte di attivisti gay, nell’indifferenza generale dei media, ovviamente, solo per aver raccontato la sua storia, “Rompere il silenzio: quando le donne e i bambini sono vittime della ridefinizione del matrimonio”. Racconta della sentenza punitiva emessa dal giudice, e del disagio in cui si trovano i bambini che sono stati affidati al padre e che vivono in un condominio per soli gay. A seguito della pubblicazione della sua testimonianza è cominciato un feroce attacco mediatico alla sua persona: cyber-bullismo e stalking efficace anche grazie all’ex marito che ha reso pubblico il suo
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vero nome. Rivka Edelman, una scrittrice femminista, attivista per i diritti dei bambini, cresciuta da una lesbica, si è mossa in difesa di Janna: anche lei ha denunciato le tattiche del bullismo gay, la loro palese misoginia, e gli sforzi in atto per distruggere la povera Janna. La gogna mediatica è stata immediatamente attivata anche nei suoi confronti. Attendiamo fiduciosi il giorno in cui questi atti di bullismo e discriminazione vengano stigmatizzati dalle associazioni LGBT.
L’obiezione di coscienza è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione, ma non dalla giunta Zingaretti. La Relazione ministeriale sulla 194, inoltre, smentisce la presunta necessità del decreto liberticida e discriminatorio emanato per i consultori del Lazio: dalla relazione annuale del Ministero della Salute sull’attuazione della legge 194/78, emerge chiaramente che il numero dei non obiettori nelle strutture ospedaliere è (purtroppo) congruo rispetto agli aborti effettuati. Su base regionale non emergono criticità nei servizi di aborto che vengono effettuati nel 64% delle strutture disponibili. Alla luce di questi dati, appare ancor più evidente la forzatura di natura ideologica messa in atto dal decreto del presidente Zingaretti che vieta l’obiezione di coscienza nei consultori del Lazio.
Con il pretesto, indimostrato e indimostrabile dell’omofobia dilagante, si vorrebbero far passare disegni di legge che violano la libertà di espressione, che minacciano la professione della Fede, che ignorano la necessaria tassatività delle leggi penali, e che risultano discriminatori al rovescio, nel senso che istituzionalizzano una “discriminazione positiva” nei confronti di una categoria a scapito di altre, magari ugualmente, o maggiormente bisognose di tutela. E, in effetti, rispetto agli omosessuali e ai transessuali, ci sono categorie di persone molto più a rischio. Rispetto all’omofobia, la “grassofobia”, ad esempio, rappresenta una vera e propria emergenza. L’episodio del ragazzino di Napoli, selvaggiamente violentato da tre giovani perché obeso, è solo la punta dell’iceberg del fenomeno della “grassofobia”. Essa dà vita
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Lo sapevi che... ad un corrispondente “bullismo lipofobico”, come lo chiama il pedagogista Francesco Baggiani, che si estrinseca nella derisione, nell’ingiuria, nell’esclusione, nelle minacce e nelle molestie, oppure nella vera e propria violenza fisica nei casi più gravi.
Le priorità di Amnesty International sono cambiate e tradiscono lo spirito che animava il suo fondatore. Forse avrete notato che già da anni – per Amnesty – ci sono certi diritti umani (quelli dei Cinesi, dei Tibetani e degli Uiguri, per esempio: in Italia ne parla la Laogai Research Foundation, e chi altro?) che sono meno “diritti” o meno “umani” degli altri. Da un po’ di tempo, poi, la vera “emergenza diritti umani” è la necessità di combattere l’omofobia: vera priorità nazionale, secondo Amnesty. Quindi la stessa organizzazione è lì pronta a tenere corsi di indottrinamento omosessualista e gender nelle scuole dei nostri figli. Con buona pace dei veri perseguitati, Peter Benenson si rivolta nella tomba.
L’ideologia gender nelle scuole, sappiamo che punta a fare un vero e proprio lavaggio del cervello alle nuove generazioni, per farle crescere sempre più deboli (e quindi facilmente assoggettabili), privandole persino della certezza della dimensione sessuale data da madre natura. Avvisiamo i lettori che circolano nelle scuole mozioni indirizzate agli insegnanti (da presentare al Collegio Docenti) e ai genitori, da presentare al Consiglio di Istituto, per far entrare la propaganda omosessualista e gender in tutte le scuole di ogni ordine e grado, a cominciare dalla materna, sotto la parvenza di “Educazione alle differenze”. Di solito il riferimento alle discriminazioni è generico al fine di poter successivamente trattare le questioni di genere. Bisogna diffidare quindi delle proposte collegate al tema della discriminazione, a espressioni come “bullismo omofobico” o “rispetto delle diversità” : altro non sono che un cavallo di Troia per la propaganda gender.
Politiche aziendali – costose – politicamente corrette di grandi imprese di fama internazionale, sono in realtà contro le donne, biecamente maschiliste: lo chiamano progresso, in realtà è lo specchio della decadenza della nostra civiltà. Facebook e Apple sono pronte a elargire un ‘benefit’ di migliaia di dollari per consentire alle dipendenti più promettenti di congelare i loro ovuli in favore della carriera, posticipando la maternità. Questo è uno svilimento delle donne, che si vedono costrette ad adattare la propria natura su modelli maschili, negando così la propria predisposizione al dono di sé e all’accoglienza dell’altro. La battaglia culturale che va fatta è quella per una reale conciliazione della vita lavorativa, se necessaria, con la maternità. Politiche come quelle portate avanti da Facebook e da Apple, oltre a sfidare l’orologio biologico, mascherandosi dietro alla libertà di scelta, vanno a colpire l’intimità stessa dell’essere donna.
Human Rights Watch, che vanta tra i suoi finanziatori anche George Soros, sta facendo pressione sulla magistratura italiana affinché giustifichi le posizioni dei contromanifestanti che hanno aggredito le Sentinelle in Piedi, a volte in modo violento, anche fisicamente. Judith Sunderland, ricercatrice di Human Rights Watch, si è espressa chiaramente: “Il Pubblico Ministero deve ritirare le accuse”. Anche la famosa ong milionaria vuole far passare il concetto che le Sentinelle sono omofobe e, quindi vanno eliminate. Fisicamente.
Quando si parla di “unioni civili” il concetto viene lasciato più o meno volutamente sul vago: modello inglese, modello tedesco… in buona sostanza, però, le unioni civili “alla Renzi” sono praticamente la stessa cosa del matrimonio. Come ha più volte dichiarato Scalfarotto, “l’unione civile non è un matrimonio più basso, ma la stessa cosa. Con un altro nome per una questione di realpolitik.”
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Attualità
Alessandro Fiore
Primo di 11 figli, è laureando in giurisprudenza e ha svolto studi anche in storia, filosofia e teologia. È Direttore delle Comunicazioni di Pro Vita Onlus e Caporedattore della nostra Notizie ProVita.
Il miracolo della vita In diverse città dell’Italia settentrionale è stata presentata la mostra itinerante “Il Miracolo della Vita”, organizzata dalle associazioni Onora la Vita (www.onoralavita.it) e Mai Nati (www.associazionemainati.it), che credono fermamente nella sacralità della vita, tanto disonorata oggigiorno. di Alessandro Fiore
O
gni vita è sacra, anche quella invisibile a occhio nudo di poche cellule nel grembo materno: poche cellule che costituiscono un organismo completo, in via di sviluppo, un essere umano unico e irripetibile, con la stessa dignità di qualsiasi altra persona. Non bisogna credere all’inganno della più grande e redditizia industria: l’aborto e la contraccezione muovono un giro d’affari miliardario a vantaggio delle lobby e delle case farmaceutiche e sulla pelle dei bambini e delle donne. Non possiamo credere alla falsa pietà e alla falsa carità di chi pretende di sopprimere chi
Non bisogna credere all’inganno della più grande e redditizia industria: l’aborto e la contraccezione muovono un giro d’affari miliardario a vantaggio delle case farmaceutiche e sulla pelle dei bambini e delle donne.
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non rispetta determinati canoni di integrità fisica ritenuti necessari perché la vita sia “degna di essere vissuta”: ciascuno ha diritto di nascere e di perseguire il bene. Abbiamo intervistato, Anna Maria Pacchiotti, Presidente di Onora la Vita, che ci illustra il contenuto e il senso della mostra da lei curata.
ricevuto la richiesta di creare una Mostra in occasione del Mese per la Vita 2014 dall’ex Parroco del Corpus Domini, il carmelitano Padre Renzo Bertoli. La collaborazione fra la mia onlus “Onora la Vita” e “Mai Nati” prosegue ininterrottamente con la stampa di volantini, opuscoli e adesivi SOS vita davanti a Scuole, Ospedali e ovunque possano essere utilmente visti.
Lei è una degli organizzatori della mostra “Il Miracolo della Vita”. Come è nata l’idea di una mostra?
In che senso, a suo avviso, la vita è un “miracolo”?
La mostra “Il Miracolo della Vita” è il risultato di un percorso iniziato con corsi di bioetica e sfociato nel volontariato attivo, prima ospedaliero e poi per la vita in diversi Centri di Aiuto alla Vita (Pinerolo, Varese, sportello ospedaliero a Cassano Magnago). Ho avuto la grande occasione di aiutare nella Casa di Accoglienza di Giuseppe Garrone, uno dei fondatori del Movimento per la Vita, creatore di SOS Vita e Progetto Gemma, che, assieme al prof. Mario Palmaro, si staccò dal Movimento per la Vita Italiano quando nel 2004 fu approvata la legge 40 sulla fecondazione artificiale. Nel frattempo ho incontrato Leonardo Chiesa, Presidente dell’Associazione “Mai nati onlus” di Milano, e abbiamo
Quale è stato l’intento principale della mostra?
Lo sbocciare della Vita nel grembo materno, appena si approfondisce davvero quanto accade nell’istante del concepimento, è un vero «miracolo». Il più grande miracolo che esista in natura in quanto riguarda la procreazione, la nascita di un essere umano, di una persona.
L’intento della Mostra è quello di sopperire, per quanto possibile, alla totale diseducazione alla vita, che nel momento storico attuale crea un vero stato di emergenza. I “media” diffondono messaggi totalmente contrari alla verità (e alla stessa legge naturale oltre che alla
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Attualità religione). Ora che il Parlamento Europeo sta diffondendo “l’educazione gender LGBTQ” a ogni livello, possiamo solo appellarci al normale buon senso degli insegnanti. La buona educazione, sia sessuale che religiosa, inizia in famiglia. Se la famiglia è disgregata dal divorzio, se solamente “ci si accoppia” senza pensare minimamente al futuro e ai sacrifici che comporta la sacralità del Matrimonio, a farne le spese sono i figli. Penso a quanti problematici casi io abbia dovuto seguire nei Centri di Aiuto alla Vita in cui ho collaborato. Ci può dire, tra le testimonianze di Santi, scienziati, medici e personaggi pubblici raccolte alla mostra, quale è quella che la colpisce di più?
centemente per passare a miglior vita. Lei lo ha conosciuto personalmente. Ci potrebbe dire qualche parola su di lui?
I pannelli riguardanti i Santi sono diversi: da Santa Gianna Beretta Molla, madre eroica, a Santa Faustina Kowalska, alla quale il Signore fece provare i dolori dell’aborto. In un pannello sono raccolte frasi di San Pio da Pietrelcina e Madre Teresa. Fra tutti, forse quello che amo di più è il Servo di Dio Jerome Lejeune, il grande genetista francese studioso della trisomia 21, grande amico di Giovanni Paolo II. Egli non ricevette il premio Nobel in quanto antiabortista. Il pannello a lui dedicato è stato posto accanto a quello del “Giuramento di Ippocrate”, che lui davvero rispettò. Altri pannelli sono dedicati a frasi pronunciate in merito alla sacralità della vita umana da laici e volti noti sia nel mondo culturale che in quello cinematografico.
Dire in poche parole quello che mi ha dato la conoscenza col professor Mario Palmaro non è semplice. Ho visto per la prima volta il professor Palmaro a Bologna, dove presiedeva il Convegno annuale del Comitato Verità e Vita. Ci siamo rivisti alcune volte durante conferenze, e alla Santa Messa nel Duomo di Monza alla quale partecipava con la sua bella famiglia: i bimbi in veste di chierichetti. L’ultimo saluto è stato nell’intimità della sua casa, poco prima della sua dipartita, e ci ha affidato un preciso quanto prezioso compito: di continuare la sua opera senza perderci d’animo, divulgando il più possibile la Verità. Ha visionato l’albo dei pannelli della mostra, che ha molto gradito e divulgato ai colleghi dei Comitato. La sua morte ha lasciato orfani tutti noi che crediamo davvero ai valori umani, “senza se e senza ma...”.
Fra i pannelli esposti si trova anche uno sul professor Mario Palmaro, che ci ha lasciato re-
Viviamo una vera e propria emergenza culturale: i media diffondono messaggi totalmente contrari alla verità e alla legge naturale.
Quali sono state le impressioni comuni dei visitatori della mostra “Il miracolo della vita”? Dall’entusiasmo al “vivi e lascia vivere”; dalla meraviglia di fronte al pannello inerente alla crescita fetale al “credo che il fatto che la vita nasca in quel momento sia un parere” … Ci sono anche testimonianze di donne eroiche, di dottori e dottoresse obiettori di coscienza, di ottimi padri e madri di famiglia, sia anziani che giovani. Ho assistito
alcune donne vittime di sindrome post-abortiva, facendo loro presente che la femminilità della donna è stata tradita dalla legge 194, non favorita dal fatto di poter eliminare il proprio figlio (infatti i pannelli finali sono dedicati al cammino di risurrezione dopo l’aborto). Qualcuno ne esce felice; lasciando la propria firma e indirizzo mail: qualcuno ne esce sconvolto. A tutti fa bene pensare all’orrore che continua ad accadere con il placet della legge, fuori e dentro gli ospedali, per di più col denaro pubblico. Un’esposizione di libri in tema fa parte dell’insieme: fra questi, “Aborto & 194, fenomenologia di una legge ingiusta” del professor Palmaro, “Il Cardinale Coraggioso” del medesimo Autore, “Il cammino di Risurrezione dall’Aborto” di Giuseppe Garrone. Vuole trasmettere ai nostri lettori un messaggio conclusivo? Penso che nel momento in cui la maggior parte dei genitori, degli educatori, dei catechisti (dopo 36 anni di legge iniqua) sono totalmente disinformati, la mostra itinerante, se sfruttata a fondo da chi ce la richiede, è un’abile mossa per contrastare la pessima mentalità corrente. Per le prossime mostre, desideriamo predisporre altri pannelli, riguardanti il Magistero dei Papi Pio XII e di Paolo VI e l’orrenda e innaturale fecondazione in vitro, argomento scottante sul quale ho trovato assurdamente impreparati anche infermieri e cattolici che frequentano abitualmente il Santuario.
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Notizie
Attualità
Gian Paolo Babini
Avvocato, è membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Giuristi per la Vita, della quale è uno dei soci fondatori. E’ altresì curatore del blog maipiucristianofobia.org, che raccoglie materiali sulle discriminazioni dei cristiani nel mondo.
Paolo Uccello, San Giorgio e il drago, 1456, National Gallery (Londra)
Le buone battaglie? Si possono vincere I Giuristi per la Vita hanno ottenuto numerosi risultati positivi nei primi due anni della loro attività, nel corso dei quali sono stati supportati in più occasioni dall’Associazione Pro Vita Onlus, editrice di questa rivista. Ricordiamone alcuni. di Gian Paolo Babini
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el luglio 2013, i GpV sono stati i primi ad accorgersi del pericolo per la libertà di pensiero e religiosa, costituito dal c.d. progetto di legge Scalfarotto contro l’omofobia. Hanno così intrapreso un’intensa campagna di sensibilizzazione, con l’aiuto di numerosi alleati (riviste, associazioni, ecc), grazie alla quale il testo normativo – sebbene approvato dalla Camera dei Deputati – è attualmente fermo in Senato. In altra occasione, il presidente dei GpV, Avv. G. Amato, con un articolo pubblicato l’11 febbraio scorso sul quotidiano Avvenire, ha attirato l’attenzione su tre opuscoli commissionati dall’UNAR all’Istituto A.T. Beck, intitolati “Educare alla diversità”. Oltre ad essere destinati alle scuole di ogni ordine e grado per la diffusione tra gli allievi dell’ideologia gender, questi opuscoli erano gravemente lesivi del sentimento religioso. A seguito della polemica che ne è scaturita, sia il dipartimento per le Pari Opportunità che il Ministero dell’Istruzione si sono dissociati dall’iniziativa dell’UNAR. L’ideologia gender vuole limitare la libertà religiosa, poiché la religione considera peccaminose le condotte omosessuali. Ne consegue il moltiplicarsi di prodotti mediatici dai contenuti blasfemi,
come uno sketch trasmesso da Rai 2, nel maggio scorso, in cui Gesù baciava sulla bocca un apostolo durante l’Ultima Cena, trasformata per l’occasione nel loro banchetto nuziale. A seguito della denuncia presentata da GpV e Pro Vita Onlus, lo sketch è stato rimosso dal sito web della Rai. Nel mese di agosto, le due associazioni hanno altresì inoltrato un esposto-denuncia contro un’asserita “opera d’arte” - decisamente pedopornografica - di Jack e Dinos Chapman, esposta al MAXXI di Roma, raffigurante due bambine, di cui una con un membro maschile che fuoriesce dalla bocca. L’opera è stata successivamente rimossa. Nel mese di ottobre, il Sindaco di Empoli, al pari di altri suoi colleghi, ha disposto la trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni omosessuali contratti all’estero. GpV e Pro Vita Onlus hanno prontamente presentato al Prefetto di Firenze un esposto con-
Il sostegno dei nostri lettori è essenziale per poter proseguire la nostra azione in difesa della Vita e della Famiglia.
tro tale iniziativa. Accogliendo la doglianza, il Prefetto ha ordinato al Sindaco di astenersi dalla trascrizione, poiché contraria al nostro ordinamento, mentre - alcuni giorni più tardi - il Ministro dell’Interno ha emanato una circolare con il medesimo invito a tutti i sindaci della Repubblica. Riguardo alla tutela alla vita sin dal concepimento, GpV, Pro Vita Onlus ed altre tre associazioni sono ricorse quest’anno al Tar del Lazio contro il provvedimento del Ministero della Salute che ha eliminato dal foglietto illustrativo della c.d. “pillola del giorno dopo” il riferimento ai suoi possibili effetti abortivi. La richiesta di un provvedimento cautelare, che sospendesse la modifica di tale foglietto in attesa della pronuncia finale, è stata sbrigativamente respinta dal TAR. Il Consiglio di Stato, lo scorso settembre, ha rigettato il successivo appello, ma - diversamente dal primo giudice ha ritenuto la questione di non facile soluzione e destinata ad essere approfondita nel corso del giudizio di merito. Sebbene questa decisione non possa soddisfare i ricorrenti, poiché la riconosciuta complessità della materia avrebbe ben giustificato la sospensione del provvedimento impugnato, è anche vero che il Consiglio di Stato ha confermato la non manifesta infondatezza delle questioni sollevate.
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Claudia Cirami
Siciliana, ha una laurea in filosofia e il magistero in Scienze Religiose. È insegnante di religione cattolica. * sorrialba@gmail.com
Antonio Garcia Vega, Infanticidio, 1978
Erode è ancora tra noi Chi celebra la festa dei Martiri Innocenti, il 28 dicembre, pensa alla famosa strage come a un evento lontano, passato, simbolico. Invece ci sono moderni Erode, vivi e con un certo seguito, che ritengono le vite dei bambini senza valore. Bisognerebbe che leggessero l’articolo che voi potete trovare a pagina 12. di Claudia Cirami
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mmaginare un bambino in grembo andare incontro alla morte causata da un aborto volontario è terribile. Negli anni, però, è stata oltrepassata anche un’altra terrificante frontiera: il divieto di sopprimere un bambino già nato. L’infanticidio a tutti gli effetti viene perpetrato in modo legale, con il consenso di medici e genitori, principalmente a causa di gravi malattie o disabilità permanenti, ma già c’è chi lo giustifica per cause più futili. In molti hanno pensato subito al paragone con Sparta. Secondo la tradizione, nella città-stato del Peloponneso il gruppo sociale più potente, gli spartiati, abbandonava sul monte Taigeto i figli nati con problemi fisici, condannandoli a morte. Un criterio di efficienza motivava questa scelta: gli spartiati, guerrieri, che detenevano il potere, erano numericamente inferiori agli altri gruppi sociali. Erano dunque “condannati” alla perfezione e a ben dosare tempi e risorse. Il paragone è azzardato? No. Anche oggi un sottinteso criterio di efficienza motiva i sostenitori di questa pratica turpe: in una società fondata su “valori” quali bellezza, giovinezza, salute - in cui malattia e disabilità sono messe al bando - chiunque
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non è in linea con questa pressante richiesta di perfezione è guardato con sospetto e, spesso, fatto oggetto di proposte da “soluzione finale”. A Sparta, però, non si trinceravano dietro motivi umanitari, né soprattutto abbiamo la certezza che ciò avvenisse davvero: recenti studi sembrano disconfermare questa tradizione. Ciò che invece accade oggi è reale e, in nome di una presunta libertà individuale e di un malinteso senso di pietà, si pretende di disporre della propria vita e di quella altrui con arroganza prometeica. Già San Giovanni Paolo II aveva sottolineato: “Si delinea e consolida una nuova situazione culturale, che dà ai delitti contro la vita un aspetto inedito e — se possibile — ancora più iniquo suscitando ulteriori gravi preoccupazioni: larghi strati dell’opinione pubblica
Oggi, in nome di una presunta libertà individuale e di un malinteso senso di pietà, si pretende di disporre della propria vita e di quella altrui con arroganza prometeica.
giustificano alcuni delitti contro la vita in nome dei diritti della libertà individuale e, su tale presupposto, ne pretendono non solo l’impunità, ma persino l’autorizzazione da parte dello Stato, al fine di praticarli in assoluta libertà ed anzi con l’intervento gratuito delle strutture sanitarie” (Evangelium Vitae, n. 4). Parliamo dall’eutanasia neonatale. Come ricorda il New England Journal of Medicine, riportando altri studi, nei Paesi Bassi il 45% dei neonatologi ha ammesso di aver soppresso bambini. Negli ultimi anni, a fornire le linee guida per tale pratica è il Protocollo di Groningen che “contiene cinque criteri principali di ammissibilità dell’eutanasia: 1) diagnosi e prognosi devono essere certe, 2) devono essere presenti sofferenze incurabili e insopportabili, 3) si deve ottenere una seconda opinione di conferma da parte di un medico indipendente, 4) entrambi i genitori devono dare il consenso informato e 5) la procedura deve essere eseguita con attenzione, in ottemperanza agli standard medici” (Micromega, 9/13). Una rigida procedura che sembrerebbe fatta per evitare abusi, ma che ha dato il via a una pratica fuori controllo, e che tace sull’abuso più grande: togliere la vita ad un bambino. Di recente, poi, è stato presentato in
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In una società fondata su “valori” quali bellezza, giovinezza, salute, chiunque non è in linea con questa pressante richiesta di perfezione è fatto oggetto di proposte da “soluzione finale”.
Ludovico Mazzolino, Strage degli Innocenti, 1525, Uffizi (Firenze)
Olanda un documento (Decisioni mediche sulle vite dei neonati con gravi malformazioni) in cui si fa riferimento anche alla sofferenza dei genitori nel vedere il protrarsi di un’agonia, per giustificare una maggior celerità nell’uccisione. Che sia necessario anche il consenso dei genitori rende la situazione paradossale: coloro che generano la vita si trasformano in collaboratori dell’esecuzione di una sentenza di morte. Nessuno afferma che crescere un bambino malato o disabile sia un impegno da poco, emotivamente, fisicamente ed economicamente. La sofferenza di un padre e di una madre deve essere compresa, e non si deve giudicare con durezza lo scoramento quando si presenta: la vita di un bambino, però, è al di sopra delle sofferenze e delle difficoltà che vivono i genitori e deve essere tutelata, anche nei casi più complessi e dolorosi. La legalizzazione dell’eutanasia neonatale per cause gravi non è però l’unico orrore. Il peggio, infatti, è arrivato nel febbraio 2012, quando due ricercatori italiani, Alberto Giubilini e Francesca Minerva, che lavorano a Melbourne, hanno teorizzato che non solo la gravità delle condizioni, ma anche motivi non strettamente legati alla salute, come condizioni psicologiche, sociali o economiche sfavorevoli possono determinare l’aborto post nascita (la soppressione del bambino nato). Terribile? Senz’altro. Ma anche profondamente coerente: gli stessi motivi che valgono
per l’aborto di bambini nel grembo – dicono i due – devono valere anche nel caso dell’aborto post nascita. Perché un bambino può essere un problema prima e dopo. Due, dunque, i punti fondamentali di questa teoria: 1) il feto e il neonato si equivalgono; 2) come per l’aborto, anche l’aborto post nascita può essere praticato indipendentemente dalle condizioni di salute del bambino. Per questo motivo, i due autori non prediligono il termine eutanasia: infatti, “l’interesse principale di chi muore non è necessariamente il criterio principale per la scelta, contrariamente a quanto accade nel caso dell’eutanasia” (n. d. T, Journal of Medical Ethics, 02/12). Invitati in un incontro a Torino nel 2013, i due hanno ribadito il loro pensiero: “Se pensiamo che l’aborto è moralmente permesso perché i feti non hanno ancora le caratteristiche che conferiscono il diritto alla vita, visto che anche i neonati mancano delle stesse caratteristiche, dovrebbe essere permesso anche l’aborto postnascita”, lamentandosi anche
Se il feto e il neonato si equivalgono, come l’aborto anche l’aborto post nascita può essere praticato indipendentemente dalle condizioni di salute del bambino.
dell’accoglienza non proprio calorosa che la loro teoria ha ricevuto presso l’opinione pubblica (Avvenire, 12/01/13). Ispirati dall’opera di Peter Singer, uno dei teorici delle più perniciose ideologie mortifere, gli allievi hanno superato il “maestro”. Del resto - e chi ha buon senso lo sa - accettare come normale qualcosa di estremamente grave e sbagliato è solo il primo passo verso l’abisso. Certo, i due rifiutano il termine di infanticidio perché “lo status dell’individuo ucciso è più simile a quello del feto che a quello del bambino” (Il Foglio, 13/05/13). Ma non ha paura di usare questo termine Eduard Verhagen. Questo pediatra olandese, sostiene che l’infanticidio (o l’eutanasia neonatale) sia addirittura preferibile all’aborto perché dopo la nascita è superiore il livello di conoscenza che si ha riguardo ad un bambino e c’è più tempo per poter decidere di sopprimerlo (Il fatto quotidiano, 08/05/13). Ecco perché è necessario ribadire l’impegno per la vita nel grembo materno: se non abbiamo rispetto per la vita nascente, non ne avremo nemmeno per la vita che è già venuta al mondo. Come giustamente ha sostenuto la Congregazione per la Dottrina della fede (Dichiarazione sull’aborto procurato, 18/11/74): “Dal momento in cui l’ovulo è fecondato, si inaugura una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora”.
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Primo piano Le foto (di Carlo Paluzzi) che vedete in queste pagine sono preziose: documentano alcuni momenti della vita terrena di Gregorio.
La grande storia di Gregorio il piccolo Per leggere questa testimonianza, chiediamo ai lettori, credenti e non, di porsi in atteggiamento di religioso silenzio, per aprire il cuore al mistero dell’Amore che a volte si presenta intimamente intrecciato al dolore: ma che lo sublima e lo riscatta. di Jacopo e Giuditta Coghe
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on possiamo raccontare la storia di Gregorio senza parlare della nostra storia di sposi e di genitori. Ci chiamiamo Jacopo e Giuditta Coghe, ci siamo sposati il 28 Dicembre 2008 e quel giorno sapevamo che Dio Padre ci avrebbe mostrato meraviglie, ma non avremmo mai potuto immaginare di vedere i Cieli aperti sopra di noi. Dopo circa due anni di matrimonio sembravano non arrivare figli, cercammo perciò di capire la causa di questa infertilità, ma gli esiti degli esami non erano buoni. Ci recammo allora a Norcia, al santuario della casa natale dei Santi Benedetto e Scolastica dove chiedemmo a Dio la Grazia di donarci un figlio, promettendo di consacrare a Lui la sua vita. Pochi giorni dopo ci sottoponemmo ad una visita presso il Policlinico Gemelli e qui ci venne dato esito negativo sulla possibilità di generare senza l’aiuto di trattamenti medici. Era il 4 Ottobre del 2010 e nel grembo di Giuditta era già vivo il nostro primo figlio, Benedetto, ma noi ancora non lo sapevamo. Questo Dono che Dio ci stava facendo cominciò immediatamente a portare frutti perché rafforzò la nostra Fede e ci permise di ripensare tutte le nostre priorità e adeguare i nostri progetti all’accoglienza di una
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nuova vita. Prendemmo quindi con gioia la decisione che Giuditta non avrebbe più lavorato per dedicarsi completamente alla famiglia. Non volevamo rinunciare nemmeno in parte all’impegno e alla gioia di crescere personalmente nostro figlio. Il 9 Giugno 2011 nacque Benedetto, dopo un lungo travaglio e varie complicazioni durante il parto. Il suo arrivo fu per tutta la famiglia una gioia indescrivibile e accrebbe ancora di più in noi il desiderio di moltiplicare questa Grazia. Così dopo 10 mesi dalla sua nascita scoprimmo di aspettare la nostra secondogenita, Brigida, nata anche lei da parto cesareo e viva miracolosamente nonostante un nodo vero al cordone ombelicale: era il 4 Gennaio del 2013. L’arrivo di questa nuova creatura ci insegnò che ogni figlio che viene al mondo non ci toglie nulla, anzi dona, moltiplica e aumen-
Ogni figlio che viene al mondo non toglie nulla, anzi dona, moltiplica e aumenta tutto: l’amore, la Provvidenza, le energie e le gioie di ogni membro della famiglia.
ta tutto: l’amore, la Provvidenza, le energie e le gioie di ogni membro della famiglia. Ci siamo resi conto di quanto ogni momento passato con i nostri figli sia un dono, mentre intorno a noi l’accanimento contro la vita e l’odio per la famiglia aumenta. L’esperienza di crescere i nostri figli in questa società disorientata e assoggettata ad un relativismo assoluto ci convinse ad impegnarci attivamente in difesa della famiglia naturale e della libertà di educazione, e, in questi mesi d’intenso lavoro e proficuo sacrificio, Dio Padre volle portare avanti la Sua opera con noi: l’8 Ottobre del 2013 scoprimmo infatti di aspettare il nostro terzo figlio. A sole 8 settimane di gestazione però Agostino fu richiamato in Cielo. La separazione da lui fu una grande sofferenza, ma la certezza del valore inestimabile della Vita umana già dal grembo materno, a prescindere dalla sua durata, è stata per noi di enorme consolazione. Dopo solo un mese da questi fatti scoprimmo di aspettare il nostro quarto figlio, Gregorio. Questa volta la gravidanza iniziò senza apparenti problemi, ma verso la 12a settimana di gravidanza Giuditta cominciò ad accusare dei dolori. Perciò ci recammo all’ospedale di Terni, sua città natale, per una visita di controllo: era il 3 Aprile
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La famiglia Coghe
del 2014. I medici capirono subito che c’erano seri problemi, infatti il liquido amniotico era praticamente assente. Fu ipotizzata una rottura del sacco e Giuditta fu ricoverata e costretta all’immobilità assoluta. I medici ci dissero che il bambino sarebbe morto entro poche ore e con estrema naturalezza ci consigliarono di abortire subito. In quel momento Giuditta era sola di fronte al medico il quale, senza nemmeno aver valutato lo stato di salute del bambino, la invitò a “liberarsi” di quel problema, come se fosse semplicemente un dente cariato. Ci rifiutammo però di buttare via il nostro bambino e ci affidammo con tutte le forze a Santa Gianna Beretta Molla perché con la sua intercessione e il suo esempio ci guidasse. I giorni passavano e sotto gli occhi stupiti dei medici la gravidanza proseguiva: senza liquido e senza poter valutare il piccolo. Grazie all’esperienza e al sostegno del Prof. Giuseppe Noia, riuscimmo a trasferirci al Policlinico Gemelli dove effettuammo dei trattamenti per tentare di valutare lo stato di salute del bambino. Per difendere la sua vita fummo chiamati ad affrontare tante prove, diversi mesi di ospedale, attese e silenzi infiniti, la lontananza dai bambini e soprattutto l’attacco costante e deciso del Nemico che tenta-
va di convincerci che la vita di questo bambino non aveva senso, che era meglio uccidere che accogliere un figlio che di certo sarebbe morto subito e che eliminare nel grembo della madre una creatura innocente fosse una “terapia” indolore per liberarsi di una seccatura. Dopo circa due mesi arrivò la diagnosi: agenesia renale bilaterale, ovvero l’assenza di entrambi i reni. Fummo informati del fatto che, se fosse riuscito ad arrivare al termine della gravidanza, il nostro bambino sarebbe di certo morto subito non potendo respirare da solo. In quel momento parve che il Cielo si chiudesse sopra di noi. Il dolore, l’incapacità di comprendere, l’angoscia per un figlio sofferente e la paura per un altro parto che si prospettava ancora più difficile sembrò per un attimo
Un medico, senza nemmeno aver valutato lo stato di salute del bambino, invitò la madre a “liberarsi” di quel problema, come se fosse semplicemente un dente cariato.
soffocarci. Era giunto il momento della prova, quella prova in cui un cristiano è chiamato a dare ragione della sua Fede e nella quale solo la Grazia può sostenerti. Tante persone ci dicevano che eravamo coraggiosi o bravi ad aver scelto di “tenere” questo bambino nonostante tutto, tante altre invece ci reputavano folli, egoisti e incoscienti, ma la verità è che non siamo stati nulla di tutto questo, abbiamo agito semplicemente come agirebbero un papà e una mamma, cioè abbiamo accolto e protetto nostro figlio come un dono prezioso. Nonostante ogni previsione il bambino cresceva e ogni volta che Giuditta era triste e angosciata lui non mancava di farsi sentire, come a voler dire: “Mamma, io ci sono, sono vivo, sono dentro di te e ti amo!”. La consolazione che derivava da ogni suo piccolo calcetto è stata un’esperienza indescrivibile. La forza della Vita prepotentemente si faceva avanti e ci chiamava ad accoglierla ed amarla. Fummo chiamati al difficile compito di dare un senso alla vita di questo bambino anche di fronte ai suoi fratellini, che lo attendevano con ansia per abbracciarlo e ai quali abbiamo spiegato che solo per un momento ci saremmo allontanati da lui, perché ci aspettava in Cielo e che lo offrivamo con gioia a Dio per amore di Gesù.
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Arrivò quindi il 26 Agosto 2014, giorno stabilito per il cesareo, giorno della nascita al mondo e al Cielo del nostro piccolo Santo. Il personale del Policlinico si presentò aperto e disponibilissimo, ci fu permesso di far entrare lo zio Diacono per battezzare il piccolo appena fosse nato. Fu consentito a Jacopo di assistere dal corridoio per poter salutare suo figlio e fu permesso ai meravigliosi operatori della Quercia Millenaria Sabrina e Carlo Paluzzi, di poter tenere la mano di Giuditta nella sala operatoria durante tutto l’intervento. Alle 10 e 40 un pianto pieno di vita ruppe il nostro silenzio e la nostra angoscia: “E’ un maschio!”. Era nostro figlio, era Gregorio ed era vivo! Fu subito visitato e ne fu appurata l’inaspettata vitalità, fu quindi battezzato con grande consolazione e gioia di noi tutti, poi fu posto tra le braccia del suo papà che con amore e tremore lo contemplò come un mistero infinitamente più grande
Il nostro cuore è stato consolato ed è in pace, nonostante la mancanza fisica che inevitabilmente soffriamo.
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di noi. Poi rientrato in sala parto fu il momento della mamma che poté baciarlo, tenerlo con lei e cantargli una ninna nanna, come aveva fatto per gli altri suoi figli. Fu anche inaspettatamente consentito ai parenti di conoscerlo e salutarlo. Contrariamente ad ogni aspettativa la nostra vita con lui durò ben 40 minuti, durante i quali fu amato e coccolato. Lo pregammo di intercedere per noi e per i suoi fratelli e senza che ce ne accorgessimo, dalle braccia del suo papà terreno passò a quelle del Padre Celeste. Questa fu la vita che Dio aveva previsto per il nostro Gregorio e che noi genitori gli abbiamo semplicemente lasciato vivere, una vita che ha riempito il cuore di tante persone e che con nostro grande stupore continua a fare. Gregorio è passato per questa terra e ci ha mostrato con la sua santità la via del Cielo; è passato nelle nostre vite con la forza di un guerriero mostrandoci che i piani del Signore sono piani di Amore. Gregorio è stato festeggiato dalla Chiesa come un Santo, le campane hanno suonato a festa per lui, la santa Messa che abbiamo celebrato è stata quella degli Angeli, nella cui compagnia ora si trova per l’eternità. Il nostro cuore è stato consolato ed è in pace,
nonostante la mancanza fisica che inevitabilmente soffriamo. Questo non sarebbe stato possibile se quel 3 Aprile del 2014 avessimo deciso che la vita di Gregorio non era abbastanza importante per proseguire, se Giuditta avesse deciso che il suo grembo, invece di essere la culla che accoglieva e nutriva suo figlio, sarebbe diventato la sua tomba. La vita di Gregorio è un lume e come tale non possiamo tenerlo sotto il moggio: è per questo che abbiamo deciso di condividere la storia del nostro piccolo santo con quanti vorranno.
Per difendere la sua vita fummo chiamati ad affrontare tante prove: diversi mesi di ospedale, e soprattutto l’attacco costante e deciso del Nemico che tentava di convincerci che la vita di questo bambino non aveva senso, che era meglio uccidere un figlio che di certo sarebbe morto subito.
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A DIO, GREGORIO Gli occhi sono velati di lacrime, cominciano a scen- illumina raggiante di gioia; ti appoggio tra il mio petto dere sulle mie guance fino ad arrivare sul petto e a ba- e il suo viso e sembrano momenti lunghi un’eternità, gnare il camice, sembra arrivino quasi a toccare il cuo- mentre la mamma ti canta la ninna nanna e insieme re che si stringe nel mio petto mentre sul mio viso un piangiamo stringendoci forte. Pare che in quel momensorriso tradisce l’agitazione che sto provando. Sono le to il Cielo sia aperto sopra di noi come nel sogno di Gia10:40 del 26 Agosto 2014 e mi trovo dentro la sala par- cobbe, dove gli Angeli salgono e scendono dalla scala, to, guardando la tua mamma che viene sistemata sul in questo caso come se raccogliessero le nostre lacrime lettino operatorio. Ci scambiamo sorrisi e sguardi com- di gioia e sofferenza per portarle a Dio… mi risuonano plici, si respira un’atmosfera surreale che dopo pochi le parole che ti sussurra la tua mamma nell’orecchio: minuti viene interrotta dal tuo pianto, un urlo come a ”Portaci in Cielo con te…” dire: “Ce l’ho fatta, sono nato, eccomi!”. Un’infermiera Il tuo respiro comincia a farsi sempre più lento e ti porta verso di me, facendomi notare che sei un ma- mentre ti accarezziamo la pelle liscia come la seta non schio: sei Gregorio! Scalpito, faccio cenni alla tua mam- ci accorgiamo neppure che dalle mie braccia passi dima, mi tolgo la mascherina e con il labiale le comunico rettamente a quelle del Padre Celeste. Sento una Pace la sorpresa, mentre le mie lacrime continuano a scen- nel cuore, una gioia e al contempo un forte dolore: sei dere. Anche lei piange, e ride tanto è forte l’emozione. il Dono più bello che il Signore possa avermi fatto, mi Eccoti, sei bellissimo e sembri pieno di forza, tanto che sento indegno di essere stato scelto per accoglierti con i medici per qualche istante hanno dei dubbi sulla tua tutti i miei difetti e i miei limiti. Sei morto tra le mie diagnosi. Zio ti dà il Battesimo e tiro un sospiro di sol- braccia e sono felice, forse sembrerò pazzo agli occhi lievo: ora fai parte anche tu dell’enorme popolo di Dio. delle ostetriche e dei medici che mi vedono e che scapLa dottoressa si avvicina e ti mette tra le mie brac- pano per nascondere le loro lacrime, sembrerò pazzo cia, sono senza fiato, dopo tante attese e tante paure agli occhi del mondo che avrebbe preferito che io e tua finalmente tu! Amore di papà! Mi danno il permesso di madre ti uccidessimo abortendoti prima che potessi entrare dentro la sala operatoria per mettermi vicino vedere la luce. Tante persone nel vedere il pancione di alla mamma che, quando ti vede tra le mie braccia, si mamma e scoprendo della tua patologia ci hanno candidamente consigliato di ucciderti: non sanno cosa sia l’aborto, pensano solo che sia una terapia per scacciare il dolore di un figlio malato… a me sembrano solamente tutti anestetizzati dalla propaganda di morte di questo mondo, non conoscono alternative, ma tu sei la mia alternativa: l’averti abbracciato, l’aver potuto accarezzare la tua pelle candida e l’aver sentito il tuo profumo di Santità. Caro Gregorio, ti abbiamo dato il meglio di noi, il meglio che un papà e una mamma potessero donare ad un figlio: non ci hai visto litigare o discutere, hai ricevuto 40 minuti di PURO AMORE!! Non ci siamo risparmiati neppure per il tuo ultimo addio, come dice un amico “una Santa Messa da mille e una notte”. Ho dovuto fare un gran lavoro interiore a causa della mia terrificante paura della morte per poter entrare in Chiesa con te stretto tra le mie braccia nella piccola bara bianca in un ultimo saluto terreno, ma posso dire che ne è valsa veramente la pena. Sei un Dono bellissimo, il Signore inviandoci te è stato fedele alle Sue promesse e sta provando con noi quello che ha già attuato con te: portarci sulla via della santità. Caro amore di papà ricordati di noi, portaci in Cielo con te, al cospetto di Dio! AD MAIOREM DEI GLORIAM GREGORIO, A DIO! SANCTE GREGORI ORA PRO NOBIS. Papà N. 25 - DICEMBRE 2014
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Andrea Giovanazzi
Prolife per passione e per indole, essendo tra gli ultimi nati in una famiglia di circa un centinaio di parenti tra zii e cugini! * a.giovanazzi@notizieprovita.it : www.notizieprovita.it
Giovani per la vita: Gloria Ferraro Una buona notizia: ci sono tanti giovani che collaborano con ProVita, pieni di talento e di grinta, che ogni giorno lottano controcorrente. Cominciamo a farveli conoscere, presentandovi, oggi, Gloria Ferraro. di Andrea Giovanazzi
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iao Gloria, benvenuta tra noi! Raccontaci un po’ chi sei.
Ho vent’anni e sono di Milano. Ho studiato al liceo artistico e al Politecnico, Design della comunicazione. Ora frequento l’università. Ho cominciato a dipingere seriamente a 17 anni; a 18 anni ho scoperto quanto dipingere mi rendesse profondamente felice e grata, avvicinandomi alla conoscenza di me e del mondo. Ho conosciuto tante persone squisite in questi anni che hanno creduto in me e che si sono innamorate dei miei lavori. A 19 anni ho avuto la grazia di partecipare a diverse mostre collettive, come “Giovani artisti in mostra” (29/09/13-10/10/13 Biblioteca Comunale, Novate Milanese) e ho esposto 6 opere, poi ho partecipato a “L’arte al femminile” (8/3/14-22/03/14 Saletta d’arte, Garbagnate Milanese) esponendo altre 6 opere, poi ho partecipato ad altre due mostre “Art world puzzle” (31/05/14-14/06/14 Weart Gallery, Uboldo) e “Rock & rock” (14/06/14-29/06/14 Residenza S. Pietro, Monza) durante la quale con grande piacere ho aderito a un asta benefica per il progetto “SLAancio” a favore dei malati di SLA.
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La tua passione artistica da cosa nasce? La mia passione artistica nasce dal desiderio di riconoscere ed esaltare la bellezza della vita. Tutto è cominciato grazie alla mia splendida famiglia. Sono la più piccola di 5 figli e fin da bambina i miei genitori e i miei fratelloni mi hanno insegnato a osservare ogni piccola cosa, a immedesimarmi in essa, al punto di cercare di copiarla o imitarla per poterla conoscere veramente. Ho cominciato così a collezionare carte colorate, nastri, plastiche e oggetti scartati. Tutto per me era utile e molto importante. Poi mi mettevo a studiare con folle curiosità e serietà le mie collezioni, se necessario interrogavo i grandi finchè non arrivavo a una qualche intuizione... e finalmente sotto forma di dipinto, di collage, di scultura in creta, carta crespa, o fil di ferro esprimevo ciò che avevo conosciuto. Fin dal principio il mio atto artistico è stato unicamente epressione di una coscienza e di una conoscenza acquisita. Non si
L’arte esalta il mio io e mi porta vicino alla verità.
trattava solo di un divertente passatempo, bensì era qualcosa di tremendamente urgente e necessario. I miei genitori, entusiasti di questa mia creatività, mi hanno sempre sostenuta, stimolata e offerto i migliori maestri d’arte che potessi desiderare. Le scuole sono state altrettanto incisive per lo sviluppo della mia coscienza artistica. L’incontro con alcuni professori mi ha profondamento segnata, mostrandomi un modo più completo di percepire il mondo. Studiando storia dell’arte, il mio cuore si è commosso e mi sono ritrovata spesso a sorridere o a piangere per l’emozione di fronte a tante opere. Mi sono resa conto così, di come solo l’arte potesse esaltare il mio io portandomi vicino alla verità. Oltre a dipingere, come ti esprimi? Io credo che ogni cosa sia stata concepita per essere un prodigio. Allora, riconoscendo il potenziale di tutto ciò che mi sta vicino, cerco, amandolo, di esaltarne la bellezza e di testimoniarla. In questo modo, qualche fiore trovato per strada, intrecciato in un centrotavola, manifesta una bellezza semplice e pura. Riconoscendo tale bellezza, si prova gratitudine. Gratitudine per chi mi ama e mi ha donato tale bellezza.
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Primo piano e lodare tale bellezza è il modo migliore che conosco per ringraziarLo, e farGli sapere che il Suo dono, mi è piaciuto tanto! Un messaggio ai nostri lettori Se come me credete che la vita sia il dono più prezioso che si possa ricevere, difendetela e annunciate la sua grandezza. Per questo dovete essere felici. La vostra felicità “disumana” investirà la gente e sarà capace di smuovere i cuori e di risvegliare i desideri più profondi e per tanto tempo zittiti. Ricordatevi che nessuno cambia idea perchè l’alternativa è “più giusta”, ma solo perché si riconosce in essa una promessa di felicità.
Esterni sempre la tua creatività? Sì, sempre! Ma è dura, credimi! Non tutti vogliono sentire che la mia arte è per esaltare la vita. Diciamo che attualmente, “la vita” non è di moda. Capita, durante le mostre e sui social, di deludere alcune persone nel momento in cui spiego loro i significati più profondi del quadro. Ci rimangono male che una ragazza giovane come me sia così affezionata alla famiglia tradizionale, quella formata da un uomo e una donna. Oppure mi guardano con disprezzo, giudicando inconcepibile che chiami “il dono” il ritratto di una bambina con sindrome di Down. I commenti al riguardo sono stati molto duri. C’è chi mi ha risposto che non c’è cosa più lontana da un dono che una disgrazia simile, o chi è convinto che la vita di questi bambini sia ingiusta, e fonte di dolori tremendi. Come se fosse un egoismo dei genitori non abortire e desiderare salvare e amare il bambino. Ma allo stesso modo, mi succede che mentre svelo con entusiasmo e grinta cosa sta dietro e regge tutte quelle pennellate, molte persone rimangono colpite. In quel momento accade lo spettacolo più bello. La mia arte diventa possibilità di riflessione sull’animo umano. Che gioia poter essere il tramite o lo spunto per rispondere a ciò che il cuore di ognuno di noi urla e domanda con
urgenza e che spesso zittiamo, senza trovare una risposta che lo soddisfi interamente. Vorrei che i miei quadri avessero sempre la facoltà di scuotere il fruitore, nel profondo, insinuandosi nell’animo o schiaffeggiandolo se necessario; vorrei che portassero sempre a un confronto sincero, a un giudizio cosciente. Una bella e giovane artista per la Vita, perché? La Vita è il dono più grande che ci sia mai stato fatto. Un dono forse troppo grande, per noi. Mi sento amata, perché ogni giorno mi viene donato uno spettacolo incredibile di cui io sono protagonista. E’ qualcosa che permea ogni istante della mia giornata e la rende bella, vera, importante e santa, perché non c’è nulla di più bello e vero che cercare di testimoniare al meglio la bellezza e la grandezza di cui facciamo parte, la potenza e la misericordia della creazione. La consapevolezza e certezza di questo amore infinito e immutabile (che non dipende da me, per fortuna, e che riceverò per sempre) mi riempie il cuore e mi fa urlare al mondo che sono felice! La certezza di questo amore è la cosa più grande che ho e voglio sfoggiarla orgogliosa. Testimoniare
... e un messaggio alla nostra Redazione Ringrazio il lavoro stupendo che ognuno di voi sta facendo per difendere ciò che abbiamo di più caro. E’ commovente vedere il vostro impegno e l’amore che dedicate ogni giorno, nonostante i vostri mestieri, la vostra famiglia e tutti i vostri impegni a Notizie ProVita. Avete fatto tanto, per salvare bambini e diffondere la verità, e ve ne sono profondamente grata. Un bimbo nella pancia, non voluto, ha bisogno dei difensori più bravi! Amici miei, siate “guerrieri” dell’amore di Dio!
Per contattare Gloria: www.gloriaferraro.wix.com/arte Facebook: Gloria Ferraro Art Behance: Gloria Ferraro E-mail: gferraro.art@gmail.com
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Rodolfo de Mattei
Laureato in Scienze Politiche, è Amministratore di RdMedia Srl, società attiva nel settore della comunicazione e di Internet. E’ autore di Gender Diktat (Solfanelli)
La famiglia di Harry Fonda e Lucille Ball, nel film “Appuntamento sotto il letto”, ha battuto i Sicher…
Una luce nel buio demografico italiano Sono “luce per il mondo” le famiglie numerose. Ecco la testimonianza dei Sicher, che vivono in provincia di Trento. di Rodolfo de Mattei
S
econdo diversi studi, l’Italia è una delle nazioni più anziane d’Europa ed è ai primi posti al mondo per ciò che riguarda la presenza di cittadini oltre i 65 anni, dato che la contrazione delle nascite ha determinato un brusco innalzamento dell’età media della nostra popolazione. Viviamo più a lungo ma facciamo meno figli. Dal 1964, anno in cui si registrò il primato per la fertilità nazionale, la natalità è calata progressivamente, fino ad arrivare all’attuale record negativo di 1,4 bambini per donna, ben lontano dal livello di sostituzione demografica di 2,1. Di questo passo, secondo l’ISTAT, entro il 2050 ci saranno 263 anziani ogni 100 giovani, con evidenti rischi di collasso del nostro sistema pensionistico. Nel buio demografico che caratterizza l’odierno panorama italiano la famiglia Sicher di Lavis, in provincia di Trento, costituisce una luce radiosa. Papà Silvano, classe 1967 e mamma Bianca Rosa, classe 1972, sono, infatti, a capo di una bellissima famiglia di ben 10 figli. A marzo scorso è nato Angelo che ha innalzato la componente maschile della famiglia composta da 7 femmine e 3 maschi: la primogenita Camilla, ormai ventenne, seguita da Valentino, Caterina, Lucia, Maddalena, Maria, Benedetta, Paolo, Rita ed appunto l’ultimo arrivato Angelo.
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Secondo papà Silvano, che di professione fa l’autista, avere dieci figli è una cosa semplice e naturale: «È una scelta di vita, ma non è più difficile di quella di chi si limita ai due figli. Siamo cattolici, ma non facciamo parte di nessun movimento religioso particolare. A noi piace avere dei bambini, tutto qui». Cooperazione, ordine e disciplina sono le chiavi segrete e indispensabili per gestire una truppa cosi vivace e numerosa: «Ci vuole tanta organizzazione. Non dico che sia come essere sotto le armi, ma quasi. Ognuno deve seguire delle regole, solo così si riesce a fare tutto». Non è tutto così agevole, ma di sicuro non ci si annoia: «È veramente bello: non c›è mai un giorno uguale all’altro». Come si svolge una giornata-tipo a casa Sicher? «Al mattino - racconta Silvio - tutti corrono, chi cerca i vestiti, chi le scarpe, qualcuno libri o cartella, poi scende la tranquillità. I momenti più belli sono sicuramente la sera, quando ci troviamo uniti per la cena. Ognuno ha qualche cosa da raccontare, si ride, devo dire che siamo felici.
Ci vuole tanta organizzazione, ma di sicuro non ci si annoia. Non mancano le difficoltà, ma con l’amore si supera tutto.
Non mancano le difficoltà, ma con l’amore si supera tutto». Papà Silvano e mamma Bianca, entrambi amanti della musica, lui un bravissimo organista presso la chiesa arcipretale di S.Udalrico, lei un’esperta cantante solista, hanno trasmesso la loro passione musicale ai figli. Una particolare vocazione in comune che li ha portati a creare un vero e proprio coro di famiglia accompagnato all’organo dal padre Silvano: «Abbiamo formato il coro di famiglia. (…) Ci esibiamo nelle case di riposo o ai matrimoni». Nel piccolo Comune di Lavis, i Sicher sono ben voluti e conosciutissimi. Tutti danno una mano come possono a questa famiglia bellissima e speciale. A chi gli chiede previsioni sul futuro, papà Silvano risponde che sebbene non metta limiti alla Provvidenza a breve toccherà ai propri figli allargare ulteriormente la famiglia facendolo diventare nonno: «Non mettiamo limiti alla Provvidenza, ma non è un pensiero che stiamo facendo. Anche perché, fra poco, inizieranno ad arrivare anche i nipoti». In un’epoca in cui l’istituto familiare vacilla, subendo attacchi di ogni genere, le famiglie numerose sembrano essere un reperto del passato e crescere più di 2/3 figli appare una “follia”, i Sicher, fiduciosi, abbandonati al sicuro e benevolo aiuto della Provvidenza, vanno controcorrente portando alta la bandiera della famiglia, cellula primaria e vitale della società.
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Se il confronto fosse civile e costruttivo Negli ultimi mesi le veglie delle Sentinelle in Piedi sono state troppo spesso disturbate da attacchi volgari e violenti, anche fisicamente, da parte di militanti LGBT, di centri sociali e di estrema sinistra. I media gli hanno dato poco peso o hanno addirittura completamente stravolto l’accaduto. In occasione del Natale, festa di pace, però, vogliamo proporvi la testimonianza di una Sentinella che ha partecipato a una veglia a Pordenone, dove il confronto con gli antagonisti è stato pacifico e forse anche costruttivo. di Gianna Cupani
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rrivo in piazza con quasi un’ora di anticipo e la prima reazione è di stupore: diversi mezzi militari sono già schierati, intorno uomini in divisa. Lo stupore sfocia in ilarità: “Oggi abbiamo bisogno delle Forze dell’ordine per affermare che sono un uomo e una donna che fanno un figlio”, penso tra me e me. Ci disponiamo per assumere quella disposizione precisa nello spazio che è stata definita “quasi una liturgia”. Perché la disposizione ordinata a scacchiera vuole essere una risposta al caos, il nostro silenzio un contraltare al frastuono che ci circonda, la concentrazione nella lettura è una risposta alla mancanza di approfondimento culturale che è sottesa al progetto di trasformazione della realtà cui ci opponiamo. Poco a poco la nostra schiera si rimpolpa di nuove presenze e acquista un ordine. Li guardo con affetto e tenerezza, la loro presenza mi conforta, sento di appartenere a questo “popolo”, in gran parte sconosciuto. Faccio fatica a concentrarmi sul li-
bro, perché li guardo a uno a uno: ci sono persone mai incontrate o conosciute solo di vista, ma anche il vecchio amico che mi aveva detto “non so” e che ora compare come un miraggio, l’amica di sempre che è lì, in compagnia del tumore che sta combattendo, quell’altra che si sposa la settimana prossima e che ha messo questo gesto prima di chissà quante altre incombenze; c’è l’intellettuale, lo spocchiosetto, il tremebondo… oggi tutti resi uno dalla carica ideale di questo gesto. A un certo punto sento cantare, forse è una canzone di De André… alzo gli occhi e vedo che sull’altro fianco dello “schieramento” si è disposto un gruppetto di persone molto “casual” e canoro. Eccoli, sono i “contromanifestanti”! Ci aspettavamo una specie di black bloc a volto coperto e cattivi, invece questa ragazzina che canta ha una faccia così pulita…. Mi viene vicino un gruppetto di ragazzine e, con aria sicura e un po’ aggressiva, una mi fa: “Voi siete quelli che ce l’avete su con gli omosessuali?” “No - le rispondo- non ce l’abbiamo su con nessuno, tanto meno con gli omosessuali. Noi pensiamo che quello che facciamo
sia per il bene di tutti, anche degli omosessuali”. Mi guarda stupita, interdetta, nel suo sguardo si riflettono mille sensazioni di sollievo e di stupore, come avesse scoperto l’altra faccia della luna. Le parlo della barbarie dell’utero in affitto e della donna pagata secondo un tariffario in base alla sua nazionalità, della disumanità del bambino programmato in provetta come una “cosa”. Mi dà ragione su tutto, vorrebbe continuare a parlare: scopro che frequenta la mia stessa scuola. “Se vuoi possiamo continuare il dialogo”, le dico. Lei mi dice di sì. Nel frattempo il nostro gruppo si fa folto e anche il loro: niente più canti, ma solo qualche slogan che si perde nel vento. Li guardo: niente che ci distingua nell’aspetto. C’è qualche piercing e qualche sfumatura di colore pastello sulla testa dei loro ragazzi, ma anche i nostri sono “variegati”. Quel fotografo con chioma fluente di che gruppo sarà? Mah! Li guardo, i nostri “antagonisti” e improvvisamente mi rendo conto che forse siamo, in fondo, della stessa pasta, gente che crede in quello che fa, perché quelli che
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non si spendono mai per nulla, i comodi, gli opportunisti, adesso sono a bersi il tè con i pasticcini in qualche Caffè del Centro, o comodamente sdraiati davanti alla televisione. Vorrei poterglielo dire che, in fondo, col loro essere qui, ci stanno dando più importanza di tanti che volutamente ci ignorano. Le Forze dell’ordine cercano di contenere loro e stringono nei ranghi noi. Guardo questi poliziotti: una signora di una quarantina d’anni con la faccia stanca: penso alla fatica di tutta la settimana, alla lavatrice da caricare, ai figli lasciati soli a casa, la sento vicina; vedo un altro poliziotto un po’ avanti negli anni, sì quello del posticipo della pensione è un problema che ci accomuna tutti, ma nel caso di lavori così usuranti un occhio di riguardo non guasterebbe. Sono seri, professionali, rassicuranti, sono loro infinitamente grata. Attorno la folla si ferma incuriosita, chiede, commenta, si fa seria o scrolla il capo, quando si risponde bisogna spiegare che lì finiscono gli uni e lì, più o meno, iniziano gli altri, ma non è semplice e più d’uno corruga la fronte perplesso; qualcuno si insinua tra i manifestanti per passare… Verso la fine della veglia, Mauro dice alcune parole di commiato all’altoparlante e qui boato di fischi della controparte. Perché non volete ascoltare? Sta dicendo cose che vi potrebbero piacere: “Non siamo contro nessuno…” Ascoltate, ascoltate, almeno…. Ma niente, peccato. Ve ne andrete a casa pensando che noi siamo i “reazionari-bigotti-omofobi”e
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noi continueremo a pensare che voi siete “i contromanifestanti-facinorosi-rompiballe” e questo farà solo il gioco di un potere che ci stritola tutti nel tritacarne dell’utile, nei giochetti ormai esangui di una politica in declino, di un sistema asservito all’unica logica dell’interesse economico, fino alla “cosificazione” dell’umano, all’anestetizzazione della coscienza. Tutto finisce, ci si saluta, c’è nell’aria una certa leggerezza, tutto è andato bene: buona la partecipazione, nessun incidente. Vado sotto il naso del leader dell’altra parte, vorrei interpellarlo ma non oso, lui mi guarda un po’ provocato e mi dice: “Libertà, signora, libertà!” ed io di rimando: “Sì, è per quello che sono qui!” mi ri-guarda interdetto, e mi accorgo che, senza volerlo, l’ho spiazzato. Intanto sta imbrunendo, ci si rinnova i saluti, si sciama via, mi giro e vedo Mauro e Matteo circondati da un gruppetto di ragazzi, con cui parlano animatamente: mi avvicino. E’ un gruppetto a sé stante di giovani che si definiscono tutti omosessuali; stanno parlando animatamente, raccontano le loro esperienze personali. All’inizio ci sentivano ostili, ma adesso parlano col cuore in mano. Da me viene Sara, mi spiega che lei è una persona profonda, che non devo basarmi sull’aspetto un po’ eccentrico. Ma io non avevo dubbi: da quarant’anni insegno e leggo negli occhi dei ragazzi, lei ne ha due tersi e imploranti. Mi parla della sua drammatica esperienza di omosessualità, cerca aiuto, cerca comprensione: vorrei abbracciarla.
Solo la lunga esperienza di vita e di appartenenza alla Chiesa, la lunga sequela di circostanze in cui la sua maternità mi ha abbracciato e sorretto, accompagnandomi anche attraverso scelte difficili, controcorrente, ma rivelatesi col tempo sempre, sempre le più vere per la mia umanità, per la mia felicità, mi dà il coraggio di riproporle questa prospettiva come la più giusta, la più rispondente al desiderio profondo del suo cuore. Mi guarda stupita e incuriosita. Ho con me un libretto comprato proprio oggi per la “veglia”, che affronta il tema dell’omosessualità secondo una logica antitetica a quella a lei familiare. Le chiedo se lo vuole, mi risponde subito di sì. Trovo in lei un’apertura di sguardo e di cuore che mi sorprende. Le ferite, sempre sono “feritoie” attraverso le quali può irrompere la luce. Sento anch’io il bisogno di parlarle di me. Le racconto senza riserve della mia esperienza di maternità, della sorpresa e della bellezza che si scoprono nella propria vita quando non si pretende di possederla, ma la si affida a un Altro. Le parlo della sua specificità umana come di una “risorsa” se saprà affidarla a Chi l’ha voluta e l’ha amata da sempre. Sembra aver miracolosamente capito. Ci abbracciamo. Ci scambiamo i numeri di telefono. Vogliamo rincontrarci. Cerco di trarre un bilancio dell’esperienza così vera, così inaspettata e toccante che mi è stata data di vivere. Non possiamo ignorare la realtà, girando gli occhi da un’altra parte, né rinunciare a riproporre l’unica Verità che è Cristo vivo in mezzo a noi, che si incarna in un’amicizia, in una compagnia; di Lui noi siamo, al di là di tutti i nostri limiti, veicolo, e questi ragazzi sembrano averlo intuito nella nostra presenza, tanto da superare il divario dello schieramento, della fede, dell’età per aprirci il loro cuore. Ringrazio Dio, oggi, di esser stata qui, perché altrimenti non avrei potuto incontrare questa domanda, abbracciare questa sofferenza e farla diventare un po’ parte di me, così da guardare con occhi nuovi questi nuovi amici e rendere più vere e profonde le ragioni della mia e forse domani della “nostra” fede.
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Eleonora Rossi
Laureata in lettere classiche, master in neuropsichiatria infantile, insegnante saltuaria, moglie e madre di 3 figli per professione.
Il maxi schermo a Times Square dove i newyorkesi hanno potuto vedere l’abilità di Chloe nella pallavolo
Le luci della città Nonostante la cultura della morte eugenetica che vorrebbe eliminarli del tutto, le persone portatrici della trisomia 21 continuano a stupirci con le loro abilità e ad illuminarci con la loro gioia di vivere di Eleonora Rossi
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eve essere stata bellissima Chloe sul maxi schermo di Times Square! In occasione della Giornata Mondiale della Sindrome di Down è stato proiettato un filmato che aveva Chloe come protagonista: una ragazzina di undici anni che gioca a pallavolo e si impegna in quello che fa è sempre un inno alla vita, anche per la caotica New York, immobile per un istante, ammirata da tanto splendore. Chloe è una bimba Down ed è apparsa in una delle piazze più famose del mondo anche grazie alla sua mamma. E’ stata lei, infatti, che, insieme alla Down Syndrome Society, nel mese di Ottobre dedicato a questa patologia, ha deciso di mettere in mostra il suo tesoro più bello e, soprattutto, ha avuto il coraggio di farla nascere. Sembra assurdo, infatti, in una società civile, ricordare che oltre il 90% dei bambini affetti da trisomia 21 non nasca. Le indagini prenatali, un tempo considerate uno strumento per intervenire repentinamente su varie patologie, sono ormai sempre più usate per realizzare l’eugenetica. Abbracciando la cultura dello scarto, non si lascia scampo a bambini con un’alterazione cromosomica come questa. I pregiudi-
zi, la disinformazione ed anche lo scarso sostegno alle famiglie, sono fra le cause di questa eliminazione di massa, che vede ogni giorno un genocidio silenzioso portato avanti dalla cultura della morte. Viene a crearsi così una società senza speranza, che vuol decidere se una vita val la pena o meno di essere vissuta, assecondando il desiderio malsano del figlio perfetto ad ogni costo. Ci stiamo dirigendo a grandi passi verso la politica del Down free, che vede sterminare ogni anno almeno 38 mila bambini. Già introdotta in Europa in vari paesi, la politica del Down free, sta superando i confini territoriali e temporali, realizzandosi con l’introduzione addirittura dell’eutanasia in paesi come il Belgio e l’Olanda, procurando così la “morte del diritto alla vita”. Sempre seguendo questa propaganda mortifera siamo arrivati, addirittura, a censurare i video che incoraggiano le mamme a non abortire
Le persone Down sono esempi di bontà e di purezza, arricchiscono la società con la loro presenza.
questi individui così straordinari. In contrapposizione a quello che è successo a New York, ricordiamo cosa è successo in Francia con il famoso spot pro vita “Cara futura mamma, non aver paura…”. Il video ricorda il diritto alla felicità, soprattutto per le persone Down e per le loro mamme: diritto alla felicità che presuppone il diritto alla vita, ovviamente. La motivazione della censura è stata non ledere la sensibilità delle madri che hanno deciso di abortire. Allo stesso tempo, è stata però completamente ignorata la sensibilità dei ragazzi coinvolti nel video (e nella vita) e impedito di dare voce a delle esperienze bellissime. Queste persone, esempi di bontà e di purezza, ci arricchiscono con la loro presenza: se questo modo di pensare non cesserà, saremo, quindi, destinati ad impoverirci umanamente sempre di più. Racconta la mamma di Chloe: “La mia bambina è stata una luce per me, un amore incondizionato che ci ha legate da subito, ancor prima della nascita. Chloe è stata una vera benedizione per me. E’ per questo che mi auguro che tutti gli esseri umani come lei possano avere l’opportunità di nascere ed illuminare il mondo con la loro vita. Perché, aggiunge ancora, abbiamo davvero bisogno di uscire dal buio!” A Times Square si è accesa un’altra luce: grazie Chloe!
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Giulia Tanel
Laureata in Filologia e Critica Letteraria. Scrive per passione. Collabora con libertaepersona.org e con altri siti internet e riviste; è inoltre autrice, con Francesco Agnoli, di Miracoli - L’irruzione del soprannaturale nella storia (Ed. Lindau).
Salvare i bambini dall’aborto: si può, si deve È ancora possibile, nel contesto sociale odierno, sottrarre tanti bambini all’aborto e, nel contempo, aiutare tante donne e tanti uomini a non vivere con il rimorso del gesto estremo che hanno compiuto? La risposta è “sì”, e a dimostrarlo sono i fatti. di Giulia Tanel
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n esempio eclatante di un’efficace battaglia per la vita è costituito dal successo della grande campagna internazionale di sensibilizzazione contro l’aborto che prende il nome di “40 Days for Life” (“40 Giorni per la Vita”). Questa realtà, nata nel 2004, è attualmente attiva in diverse centinaia di sedi, dislocate in tutto il mondo. Nell’agosto del 2011 L’Osservatore Romano ne sintetizzava l’operato con queste parole: “Gli strumenti scelti per quest’azione di pressing culturale, ma soprattutto spirituale, sono digiuno e preghiera all’esterno delle strutture ove si praticano gli aborti. L’impegno prevede, in particolare, la recita quotidiana del Santo Rosario e della Preghiera per la Vita del Beato Giovanni Paolo II”. Ebbene, questa presenza orante e pacifica ha già contribuito a salvare oltre 4.000 bambini solamente negli Stati Uniti, oltre ad aver determinato la conversione di molte persone. E la nota positiva è che questo movimento non accenna ad arrestarsi, ma anzi continua nella sua corsa in difesa della Vita. I dati relativi alla campagna condotta nella primavera del 2014 parlano di ben 728 creature salvate dall’aborto, grazie al contributo di 100.000 partecipanti. Dati simili si preannunciano per la campagna autunnale, tenutasi dal 24 settembre al 2 novembre.
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Ma ecco un paio di testimonianze circa quanto spesso avviene davanti alle cliniche abortiste dove tante persone comuni si riuniscono per pregare. Nel Tennessee un volontario parla con una coppia che sta entrando in una clinica abortista. Dopo averlo ascoltato, i due giovani entrano comunque nell’edificio, per uscirne poco tempo dopo. A questo punto i volontari li invitano nell’unità mobile dove, visionando l’ecografia, i due genitori decidono di accogliere il loro bambino. A Germantown, nel Maryland, invece, un giovane signore si ferma a parlare con un volontario. Gli dice che quando lui e sua moglie avevano scoperto di aspettare il loro terzo bambino, avevano preso in seria considerazione, per motivi di ordine finanziario, l’ipotesi di abortire. Tuttavia, il signore racconta che quando aveva visto le persone in preghiera all’esterno della clinica abortista si era reso conto di quanto lui e la moglie si stavano accingendo a fare. “Voi non sapete mai – afferma Andrea – che effetto
Il semplice gesto di stare sui marciapiedi e pregare per la fine degli aborti, salva una vita
avrete: ma il semplice gesto di stare sui marciapiedi e pregare per la fine degli aborti, salva una vita”. Questi straordinari episodi dimostrano che adoperarsi in favore della vita nascente, implicandosi in prima persona e sacrificando parte della propria quotidianità per questa causa, è un’azione che produce tanti frutti. I fatti documentano che, nel momento in cui sono correttamente informate e vengono sostenute con una vicinanza affettiva e talvolta anche con un aiuto finanziario, sono veramente tante le donne (e le coppie) che decidono di portare a termine la gravidanza e far nascere il proprio bambino. Ecco quindi gli ingredienti di un potente mix salvavite: fornire un’informazione completa e chiara su cosa sia l’aborto, dimostrare una vicinanza affettiva e spirituale e pianificare un sostegno economico... perché l’aborto non è una virtù, non è un bene sociale e non è una certificazione d’indipendenza, come vorrebbe la poetessa Katha Pollitt cui si associano, per esempio, Chiara Lalli o coloro che hanno recentemente aggredito i volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII davanti all’ospedale Sant’Orsola a Bologna. Un mondo nel quale non vi siano più bambini uccisi nel grembo materno è possibile, se le persone per la vita si uniscono nella Buona Battaglia!
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Scienza e morale
Francesca Romana Poleggi adre di tre figli, moglie, insegnante , fa parte M del movimento ecclesiale “Fede e Luce”. Dal 2008 è impegnata sul fronte dei diritti umani con la Laogai Research Foundation. Co-fondatrice di ProVita Onlus, è direttore editoriale di questa Rivista. Finché la Provvidenza le darà forza, “griderà dai tetti” la verità, perché solo la Verità rende liberi.
Un carcinoma mammario asportato chirurgicamente. Si cura molto la prevenzione: ma chi ha mai sentito del link ABC?
Le conseguenze fisiche dell’aborto di cui non parla nessuno Chi conosce le conseguenze negative dell’aborto sulla salute fisica delle donne e dei bambini? Il “diritto alla salute” delle donne importa o no? di Francesca Romana Poleggi
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nostri lettori già sanno della censura che la cultura mortifera politicamente corretta opera sulle tragiche conseguenze psicologiche dell’aborto: non si parla o si nega la sindrome post aborto che colpisce innanzitutto le madri e i padri, ma anche le altre persone (parenti e operatori sanitari) coinvolti nell’uccisione di un innocente. Esiste però un’altra censura, ancora più perversa, che colpisce le ricerche mediche e scientifiche che evidenziano le conseguenze fisiche che l’aborto può avere sulla salute delle madri e dei fratellini dei bambini abortiti: il link ABC e il rischio di nascita prematura. Dalle ricerche scientifiche e gli studi medici internazionali che vengono sistematicamente censurati a proposito dell’aborto e delle sue nefaste conseguenze sulla salute della donna, la dottoressa Mary Davemport, della Reproductive Research Audit ci ricorda che è stato autorevolmente dimostrato che un aborto aumenta del 44% il rischio di cancro al seno (se gli aborti sono 2 o 3 il fattore di rischio aumenta al 76 e all’89%). Si tratta del legame “ABC” (Abortion - Breast Cancer) che è stato trattato principalmente dagli studi di Joel Brind, fin dal 1996, e confer-
mato quest’anno dal team di Hubei Huang (in Cina, ahinoi, la politica del figlio unico costringe ad aborti plurimi le donne da trent’anni a questa parte: la vasta popolazione del paese ha offerto un bacino di dati imponenti per le rilevazioni statistiche e ha consentito a Patrick Carroll di formulare una triste proiezione sulla prevedibile crescita dell’incidenza del cancro al seno su scala nazionale, anche in Occidente). Contro tali evidenze si è messa in moto la macchina della censura mediatica, anche nell’ambito della comunità scientifica: alla stessa dottoressa Davemport è stato fisicamente impedito di parlare, all’ultimo momento, a un convegno della MWIA (Associazione internazionale delle donne medico), a Seul; negli Stati Uniti, a un seminario del National Cancer Institute (NCI) su “Eventi riproduttivi precoci e il cancro al seno” del 2003, l’epidemiologa Louise Brinton ha esplicitamente soppresso le informazioni raccolte sul link ABC: non è politicamente corretto dire alle donne che avere bambini è un modo per ridurre il rischio di cancro al seno, anche se è un dato di fatto, riconosciuto perfino dai sostenitori dell’aborto. Intanto dall’India, altri 12 studi scientifici, regolarmente pubblicati, conducono alle stesse conclusioni.
Un altro argomento tabù è il fatto acclarato che un aborto pregresso causi poi parti prematuri, con rischio anche grave, per la vita e la salute psico-fisica del bambino. La nascita pretermine è la principale causa di morte neonatale, che colpisce centinaia di migliaia di bambini ogni anno, con un costo di 26 miliardi di dollari, nei soli Stati Uniti. Essa è aumentata del 20% tra il 1990-2006. Ci sono 135 studi provenienti da luoghi diversi in tutto il mondo che evidenziano il rapporto tra aborto e parto pretermine, che vengono sistematicamente ignorati dall’OMS e dall’ACOG (American College of Obstetrician and Gynecologists). Quindi, “la salute sessuale e riproduttiva” delle donne importa o no? Va tutelata a livello internazionale o no? I bambini hanno “diritto” a nascere sani o no? L’incoerenza e la contraddittorietà della posizione di chi pretende il “diritto” ad abortire con l’intenzione di tutelare la salute delle donne è evidente. Come anche quella di chi invoca l’aborto (o l’eutanasia) per garantire salute perfetta ai bambini. Incoerenza e contraddittorietà che comportano un’irrazionale propensione per il male e per la morte, a tutti i costi.
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Scienza e morale
Antonio Brandi
Imprenditore di professione, si dedica alla difesa dei diritti dei più deboli per passione. Per dar voce a chi non ha voce ha fondato e dirige Notizie ProVita.
Peter Paul Rubens, Gesù Bambino con San Giovanni e due angeli, 1615, Kunsthistorisches Museum (Vienna)
Morire come cani L’uccisione deliberata di un bambino nel grembo della madre, non sempre riesce bene. Soprattutto quando la legge consente di abortire oltre le 18 settimane, c’è caso che il bambino, fuori dall’utero, riesca un poco a respirare. Che farne, allora? di Antonio Brandi
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otizie ProVita già nel settembre 2012 aveva dedicato il primo piano ai “sopravvissuti”, ai bambini che sopravvivono all’aborto (tardivo). Non tutti sono fortunati come la famosa Gianna Jessen. I più (come è accaduto anche in Italia a Rossano Calabro e a Firenze, e chissà in quanti altri posti) vengono “evacuati” insieme ai rifiuti ospedalieri o lasciati morire in un ripostiglio, nonostante diano segnali di vita. Altri ricevono iniezioni letali o vengono soffocati. Nel Regno Unito, per esempio, i casi segnalati (e non vogliamo immaginare quanti non vengono segnalati) di sopravvissuti all’aborto, morti abbandonati, sono stati nell’ultimo anno 66. In Svezia, è stato documentato che l’agonia di uno di questi bimbi si è protratta per 90 minuti, senza alcuna cura palliativa. In Norvegia, ci sono prove che alcuni di quei neonati avrebbero potuto sopravvivere normalmente se avessero ricevuto le cure mediche adeguate. Recentemente LifeSiteNews ci ha informato che Angel Pintado, un membro spagnolo dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, aveva presentato il 31 gennaio scorso un’interrogazione scritta alla Commissione su questo tema. “Quali iniziative concrete intende prendere il Consiglio dei Ministri del Consiglio d’Europa (non
dell’Unione Europea, N.d.R.) al fine di garantire che i bambini che sopravvivono all’aborto abbiano cure dignitose, come richiede la Convenzione europea dei diritti dell’uomo per qualsiasi persona nata viva?” Molti hanno obiettato che gli Stati membri mantengono la sovranità sulle leggi sull’aborto, e hanno opinioni contrastanti su quando inizia la vita: come se un dato oggettivo e scientificamente acclarato come questo sia opinabile. Infatti, non stiamo neanche discutendo del famoso “grumo di cellule” prima o dopo l’impianto in utero, ma di un bambino che, espulso dal grembo materno, respira autonomamente! Varie delegazioni nazionali presso il Consiglio dei Ministri hanno sottolineato, infatti, che la domanda di Pintado non riguarda direttamente l’aborto (tema che sappiamo è intangibile, un tabù, per le alte sfere degli organismi internazionali), ma i diritti umani dei bambini nati vivi, una categoria protetta dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Alcuni hanno il coraggio di dubitare che un bambino sopravvissuto all’aborto, che respira, sia una vita umana.
Altri, allora, hanno sostenuto che solo i genitori che hanno scelto l’aborto avrebbero il diritto di decidere della vita del piccolo: fino a quando? (Chiediamo noi). Fino a che non impara a svolgere le equazioni di secondo grado, come narra l’agghiacciante novella distopica di Philip Dick, Le Pre-persone? Alcune delegazioni nazionali hanno chiesto che venga riaffermato il principio fondamentale del diritto di ogni persona alla vita, il divieto di trattamenti inumani e degradanti, e il diritto di accesso alle cure sanitarie, senza discriminazioni per quanto riguarda le circostanze della nascita, perché tutti gli esseri umani nati vivi hanno il diritto alla vita e devono ricevere le cure richieste dalle loro condizioni: i neonati prematuri hanno diritto al conforto e alle cure palliative. Perché non questi bambini? Perché, se sopravvivono, non possono essere dati in adozione? Perché si tolgono un po’ di possibili guadagni alle cliniche della provetta? La risposta scritta della Commissione è giunta il 9 luglio: «A causa di una mancanza di consenso, non è stato possibile dare una risposta all’interrogazione scritta n . 655 del Sig. Pintado». Ciò significa che, per il momento, i bambini che sopravvivono all’aborto continueranno a morire come cani. No. Non come cani, sicuramente molto peggio.
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Scienza e morale
Giorgio Celsi
Infermiere professionale brianzolo, è presidente dell’associazione “Ora et Labora in difesa della vita – no 194”, che tra l’altro organizza volantinaggi e preghiere fuori dagli ospedali dove si praticano gli aborti e si prodiga per dare degna sepoltura ai corpicini dei bambini abortiti. : www.oraetlaboraindifesadellavita.org
Basta bambini, largo ai cani Gli animali sono creature che meritano rispetto e protezione. Sanno essere utili e di compagnia, sanno farsi amare. Sono, poi, meno impegnativi, esigenti e problematici dei figli. Quindi la società sconsideratamente edonistica in cui viviamo ce li propone come validi sostituti. di Giorgio Celsi
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a foto che potete vedere in questa pagina è una pubblicità che ricopriva tutta la facciata di un palazzo nel centro di Brescia. Sono rimasto sconcertato: ora, in certi supermercati, prima di andare a fare la spesa si può usufruire non più di un’area giochi per i bambini, bensì per i cani: è garantito che “verranno fatti giocare e coccolati da veri dog sitter!” Quindi ci saranno delle persone impiegate per tenere compagnia ai cani. Mi sorge, allora, un dubbio: l’animale da compagnia è il cane o l’uomo? Ma c’è una riflessione più profonda da fare, su tutto questo. C’è un messaggio che è passato, o sta passando. Qualcuno ci sta dicendo, sotto sotto, che il figlio deve essere sostituito dal cane, a costo di mandare al macero gli ultimi barlumi di razionalità che ci sono rimasti. Fatevi un giro in un parco pubblico: vi capiterà senz’altro, purtroppo, di vedere adulti che trattano i cani da figli e i figli da cani: l’affetto, la sollecitudine e i sorrisi sono tutti per i fedeli amici a quattro zampe. Ai bambini, prevalentemente, lanciano sguardi torvi con qualche raccomandazione/ingiunzione acida tipo “non farti male, non gridare, non ti sporcare”.
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Provate a fare un giro nel centro affollato di una città con un cane: per quanto, oggettivamente, potrebbe essere piuttosto invadente e fastidioso, riceverà molte più dimostrazioni di simpatia del bambino che avete in carrozzina. In certi locali “in” è interdetto l’ingresso ai bambini (che disturbano). Sempre meno si vieta, invece, l’ingresso agli animali. Persino nelle chiese (in quelle più “moderne”, ovviamente) è dato vedere qualche fedele che ascolta la Messa col cagnolino. La denatalità mette in crisi troppe industrie; la disoccupazione incalza; le multinazionali non hanno i proventi da sempre ricavati. Ben vengano quindi le bestie sulle quali si giocano le ultime carte per allungare l’agonia del mondo lavorativo, convertendo la produzione e facendo leva sulla rinnegata maternità/paternità di quell’animale ex razionale che è divenuto l’uomo. E queste carte vengono giocate in maniera pesante, usando tutte le armi che vanno dalla propaganda subliminale alla impostazione politica. Non si vuole capire, però, che il culto degli animali reca all’economia e all’intera collettività un bene effimero e solo temporaneo, perché i cani e i gatti non sostituiranno mai tutti quei bambini a cui viene impedito
di nascere perché uccisi con l’aborto chirurgico e chimico (più di 6.000.000, solo in Italia, dall’entrata in vigore della legge 194: legge iniqua, che ha trasformato un “delitto” in un “diritto” e fatto pagare ai contribuenti questo genocidio di Stato). Non ci rendiamo conto che ci stiamo avviando verso l’eutanasia sociale, verso un mondo di nonni senza nipotini, con poche carrozzine e molte carrozzelle, dove i bambini vengono sostituiti da cani e gatti. Secondo un rapporto Eurispes le famiglie italiane che posseggono animali domestici superano i 21 milioni. A questo inverno demografico (l’Italia è al penultimo posto al mondo come tasso di natalità) possiamo porre rimedio solo promuovendo la cultura della vita, riscoprendo il valore sociale della maternità e della famiglia naturale, smettendo di uccidere i bambini con l’aborto. La civiltà di un popolo si misura sulla sua capacità di servire e difendere la vita. Alla politica dobbiamo chiedere la decisione chiara di investire risorse sulla famiglia, perché la Vita vince anche la crisi. Belle a riguardo sono le parole di Papa Francesco: “No ai matrimoni sterili per scelta, no alle coppie che decidono di non avere figli per essere più libere e più comode, magari preferendo tenere in casa un cane o un gatto”.
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Danilo Quinto
Famiglia ed economia
Dopo aver lavorato per vent’anni nella struttura amministrativa del Partito Radicale, per grazia di Dio, riconosce l’esistenza della Verità, lascia quella congrega, sopporta persecuzioni giudiziarie e danni economici incalcolabili e ora collabora con diverse testate giornalistiche, scrive saggi e pubblica libri che andrebbero letti da tutti.
Il Comitato Articolo 26 E’ una buona notizia ogni volta che veniamo a conoscenza di realtà associative volte a far valere la ragione e la natura in questo mondo che sembra impazzito. E’ una buona notizia sapere che la società civile reagisce, dal basso, a tentativi di indottrinamento che spesso provengono dall’alto delle Istituzioni. di Danilo Quinto
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l “Comitato Articolo 26” è composto da genitori, docenti e professionisti dell’educazione, con la partecipazione e il supporto di psicologi, pedagogisti e operatori culturali di differente credo religioso e filosofico, accomunate dalla convinzione, fondata su dati di ragione, che vada rifiutato con decisione l’indottrinamento gender nelle scuole italiane di ogni ordine e grado, e che rivendicano la priorità delle famiglie in tema di affettività e sessualità. Ha cominciato la sua attività per contrastare il “pensiero unico” derivante dalla diffusione della teoria del gender, introdotta nel dibattito pubblico soprattutto grazie ad atti legislativi e para-legislativi delle istituzioni, nazionali e internazionali. Una prima tappa è stata, in Italia, la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, approvata il 29 aprile 2013 dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (U.N.A.R.), ente governativo istituito all’interno del Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Vi si legge fra l’altro: “Favorire l’empowerment delle persone LGBT
nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni; contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, superare il pregiudizio legato all’orientamento affettivo dei genitori per evitare discriminazioni nei confronti dei figli omosessuali”. Per questo l’UNAR ha fatto pubblicare tre volumetti intitolati “Educare alla diversità a scuola” (libretti per ora sospesi, ma l’intera strategia procede in varie forme). “Il tema del bullismo e della lotta alla discriminazione, certamente giusti - sostiene il Comitato Articolo 26 - sono usati per introdurre nell’insegnamento e nell’educazione dei bambini e dei ragazzi la teoria del gender fino a screditare la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Si arriva a causare problemi nella crescita psicologica dei bambini, insinuando confusione sullo sviluppo sessuale e sulle preferenze sessuali, introducendo
I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli. (Art. 26, comma 3, Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo)
appunto storie, fiabe e libri che hanno lo scopo di proporre l’ideologia del gender, nella quale, la scelta sessuale è completamente separata dalla natura sessuale”. “La Famiglia – aggiunge il Comitato - è la prima responsabile dell’educazione e nessuna istituzione può imporre una propaganda che porta confusione ai bambini col solo scopo di promuovere una cultura che non riconosce le diversità sessuali”. Il Comitato prende il nome dall’articolo 26, comma 3, della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, che recita: “I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli”, principio accolto dalla Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e dalla Costituzione Italiana. Perciò intende contrastare le finalità del documento «Standard di Educazione Sessuale in Europa», redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), di comune accordo con l’agenzia governativa tedesca per l’Educazione sanitaria e diffuso presso tutti i ministeri della Salute e dell’Istruzione d’Europa. In quel testo, si legge che ai bambini dagli 0 ai 4 anni «gli educatori dovranno trasmettere informazioni su masturbazione infantile precoce e scoperta del corpo e dei genitali, mettendoli in grado di esprimere i
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Famiglia ed economia
Il Comitato vuole collaborare con la scuola perché l’educazione sessuale e affettiva sia basata su un’antropologia armonica e completa e finalizzata a un armonioso sviluppo psico-emotivo di bambini e adolescenti. propri bisogni e desideri, ad esempio nel “gioco del dottore”». Dai 4 ai 6 anni i bambini dovranno invece essere istruiti «sull’amore e le relazioni con persone dello stesso sesso», «parlando di argomenti inerenti alla sessualità con competenza comunicativa». I maestri dei bambini dai 6 ai 9 anni terranno lezioni su «cambiamenti del corpo, mestruazioni ed eiaculazione», facendo conoscere loro «i diversi metodi contraccettivi». Su questo aspetto i bambini tra 9 e 12 anni dovranno già avere ampia competenza, diventando esperti nel «loro utilizzo» e venendo informati su «rischi e conseguenze delle esperienze sessuali non protette (le gravidanze indesiderate)». Nella fascia puberale tra i 12 e i 15 anni gli adolescenti dovranno acquisire familiarità col concetto di «pianificazione familiare» e conoscere il difficile «impatto della maternità in giovane età», con la consapevolezza di «un’assistenza in caso di gravidanze indesiderate e la relativa «presa di decisioni» (leggi aborto). Non solo: a quell’età, ormai matura secondo l’Oms, i ragazzi dovranno essere informati sulla possibilità di «gravidanze anche in relazioni omosessuali» e sull’esistenza del sesso inteso come «prostituzione e pornografia», venendo messi in guardia «dall’influenza della religione sulle decisioni riguardanti la sessualità». Il protocollo diffuso dall’Oms lancia anche un monito affinché «l’educazione sessuale venga effettivamente realizzata in termini di luoghi, tempi e personale», sebbene non occorra una preparazione ad hoc della classe docente e «gli insegnanti di educazione sessuale non siano professionisti di alto livello».
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Un programma di indottrinamento vero e proprio, rispetto al quale il Comitato Articolo 26 intende contrapporre la sua volontà di “collaborare con la scuola nella progettazione di eventi di formazione culturale e educativa, nella promozione nelle scuole di “buone prassi” di educazione sessuale e affettiva, che siano basate su un’antropologia armonica e completa e finalizzate a un armonioso sviluppo psico-emotivo di bambini e adolescenti”. Il comitato si impegna a sostenere una reale continuità tra scuola e famiglia e a porsi altresì criticamente rispetto a scelte didattiche che oppongano dialetticamente le due realtà educative - scuola e famiglia - su temi sensibili quali l’educazione all’affettività e alla sessualità. “Il rapido balzo in avanti di normative distorte – si legge nel sito del Comitato, www. comitatoarticolo26.it - minaccia gravemente la famiglia. Con l’intenzione - o il pretesto - della lotta al bullismo e alle discriminazioni, e attraverso il fittizio concetto di “genere” contrapposto al sesso biologico, il vero rischio – per certi versi l’obiettivo - di questi programmi è quello di mettere in discussione, bollandolo come un mero stereotipo, il concetto di persona maschile e femminile e quello di famiglia naturale formata da un uomo e da una donna, sostituendolo con multiple e mendaci nozioni di “famiglia”, quale l’unione tra persone dello stesso
sesso e di presentare come normale e arbitrario ogni orientamento sessuale”. Non c’è opposizione contro singole persone o gruppi di persone. Gli associati al Comitato “intendono interessarsi dei percorsi di crescita dei propri figli e assumersi responsabilmente l’impegno e il diritto-dovere di vigilare e contribuire al loro corretto sviluppo affettivo e relazionale, consapevoli di quanto scriveva G.Kuby, nel suo libro “Gender Revolution” (Cantagalli, 2008): “La cultura nella quale viviamo strappa i figli ai genitori. Rispetto a ciò possono difendersi solo coloro che considerano come loro missione la trasmissione dei valori sostanziali dell’umanità ai propri figli: l’amore tra uomo e donna e l’amore verso i bambini quale fondamento della nostra cultura”.
Per aderire o per informazioni, si può scrivere a: info@comitatoarticolo26.it.
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Giorgia Petrini
Famiglia ed economia
Imprenditrice, artigiana e scrittrice. Esperta di nuove tecnologie e innovazione sociale. Si occupa di progetti innovativi anche in ambito educativo ed è il Ceo della software house GPA. Il suo ultimo libro si intitola “Il Dio che non sono”(edizione Cremisi)
Come districarsi nella giungla digitale della vita e della morte. L’argomento potrebbe sembrare banale, ma in realtà non lo è. Ultimamente, mi capita spesso di avere a che fare con una gestione condivisa, e allo stesso tempo controversa, della questione educativa che riguarda l’uso di internet e delle nuove tecnologie, soprattutto da parte dei minori. di Giorgia Petrini
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utti sappiamo bene ormai che il web è una primaria fonte di informazione, sempre più diffusa, sempre più condivisa e sempre più accessibile. Ciò che molti però hanno smesso di chiedersi è se è lecito e opportuno fare tutto ciò che si può fare con i mezzi che il progresso mette a nostra disposizione. Poco cambia, appunto, qualora parlassimo di utero in affitto o di adozioni gay. La domanda resta: il fatto che una cosa si possa fare tecnicamente ci esime dal porci una domanda seria sul fatto che sia opportuna, giusta, responsabile, adeguata o lecita (spesso non solo per un minore)? Ad esempio, il fatto che Facebook abbia dato libero accesso ai minorenni licenzia la nostra responsabilità educativa nel governare l’uso che un minorenne fa dello strumento pc? Certamente no. Eppure, accade sempre più spesso che, a causa di massicce e indiscriminate dosi di “libertà” - comunemente intesa ormai come lo stato brado dell’uomo, al quale per istinto è consentito di fare sempre ciò che vuole, infischiandosene delle conseguenze e delle proprie o altrui responsabilità - anche tra le mura domestiche ci si perda spesso nella giungla digitale dei risultati proposti da un’approssimativa ricerca effettuata su Google. Il rischio quindi di farsi un’idea ge-
nerica, superficiale e limitata di un certo argomento - oltre che quello di incappare in luoghi assai più pericolosi agli occhi e alle capacità esperienziali di un minore - è sempre più alto. Molte persone ad esempio non sanno che, ancor prima che un utente faccia una ricerca su qualcosa, Google è deliberatamente in grado di presentarci risultati, link e suggerimenti inerenti, secondo le proprie intenzioni, prima ancora che secondo le aspettative dell’utente che esegue una ricerca. E’ indicativo ad esempio il fatto che se si compie una ricerca su Google del termine “Prolife” i primi risultati in prima pagina riguardino cibo per animali e farmaci, prima che esseri umani o movimenti pro vita, o che alla parola “vita” - su quattro risultati grafici, sempre in prima pagina - corrispondano tre immagini di Play Station portatile e …una sola manina di bimbo. Se non fosse per Vita.it, la notizia più importante prima della PlayStation sarebbe il “bus operator con 50 anni di esperienza”! Anche nell’era del web semantico, dunque, che dovrebbe stabilire un’empatia tra chi esegue una ricerca e ciò che sta veramente cercando, nessuna rilevanza è data al senso prioritario delle singole parole. Non sarà un caso che, di fatto, in prima linea i risultati ottenuti suggeriscano subdolamente prima l’economia e il divertimento, poi (forse) la felicità, un po’
sbiadita e messa da parte su un lato ristretto, in bianco e nero. Attorno alla vita e alla morte si stanno concentrando le questioni più urgenti di questo tempo - ne va del futuro del mondo - e, da sempre, sono le più importanti faccende della nostra esistenza, le uniche sulle quali peraltro, in condizioni naturali, non abbiamo alcun potere esecutivo, né il modo di determinare alcunché. Alle nuove tecnologie spetta un ruolo centrale nella divulgazione, selezione, condivisione e presentazione di contenuti riguardanti questi temi enormi e a noi spetta quello di educatori responsabili, maestri, tutori attenti e genitori coscienziosi. Sarebbe bene che le nuove generazioni non trovassero nei risultati di Google, su Facebook o in un Wiki, false risposte autonome sul senso della vita o della morte, ma che fossimo noi ad accompagnarli in questo viaggio verso il Cielo; perché, in qualunque momento accada, la loro coscienza non sia stata formata dalla giungla digitale della vita e della morte. Vorrebbero farci credere che i croccantini per cani e gatti “vengono prima” di un atto di concepimento di una nuova vita. Noi sappiamo che non è così e, in questo, soprattutto in questo, siamo chiamati a fare la nostra parte perché crescendo non lo pensino neanche i nostri figli. Dovremmo essere liberi solo di scegliere, non anche di mentire.
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Famiglia ed economia L’ecologia è una preoccupazione di tutti. Ma la natura da rispettare non è solo quella delle piante e degli animali!
Andiamo contro natura, fino in fondo Giudici, Governatori e Sindaci, fanno a gara per dimostrarsi politicamente corretti e alla moda. Sostengono in tutti i modi (anche illegali) il matrimonio omosessuale e la fecondazione artificiale, necessaria soprattutto alle coppie gay. E la fecondazione eterologa è presentata come una conquista di civiltà. di Alba Mustela
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videntemente nessuno dei sostenitori dell’eterologa ha letto (o ha voluto leggere) le notizie che da anni ci giungono dai paesi che in queste aberrazioni contro natura sono più “avanti” di noi. C’è la preoccupazione per le malattie genetiche rare, che difficilmente si riscontrano al momento del prelievo di gameti per la fecondazione artificiale: Denise J. Hunnell di Human Life International WorldWatch ha portato ad esempio Tyler Blackwell, che ha scoperto per caso che suo padre, venditore di sperma, aveva la sindrome di Marfan, una malattia genetica del tessuto connettivo e si è dovuto operare all’aorta che era a rischio di rottura. Né la banca dello sperma, né la clinica della fertilità avevano informato la madre di Tyler, o 23 altri figli del donatore, di questa malattia potenzialmente fatale. Qualche anno prima, nel 2006, un altro venditore di sperma ha trasmesso una grave neutropenia congenita a cinque bambini in Michigan. “Le banche di sperma e i centri di fertilità partecipano a un giro di 2 miliardi di euro l’anno e sfornano figli prodotti in serie come l’industria automobilistica produce automobili”, ha scritto la dottoressa
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Hunnell. “Ma c’è molta più attenzione e preoccupazione per la sicurezza di un minivan che per la salute fisica e psichica dei bambini concepiti in modo così innaturale.” Nel 2011 il New York Time intitolava “Un donatore di sperma, 150 figli”: il pezzo raccontava di una donna che si era messa alla ricerca dei possibili fratelli biologici del proprio figlio, concepito con seme comprato da un “donatore”: ne ha trovati 149. E non è l’unico caso. Ciò comporta il concreto pericolo di incesto accidentale tra le persone che vengono concepite dallo stesso venditore e vivono nella stessa area geografica. Per questo ha dato una risposta risolutiva Thomas Søbirk Petersen, professore alla Università di Roskilde, in Danimarca. Egli sostiene che la diffusione dei fratelli biologici che non sanno di esserlo, ha creato la necessità di ripensare i “vecchi tabù” contro l’incesto. Del resto, oggi, se due fratelli vogliono avere figli insieme, possono ridurre il rischio di avere un figlio handicappato ricorrendo a loro volta alla fecondazione artificiale eterologa. E poi c’è sempre la possibilità di abortire. Petersen, quindi, desidera aprire un dibattito sulla legalizzazione dell’incesto in Danimarca, sulla falsariga di quello che accade
in Germania: è assurdo che in una società democratica due fratelli che si amano rischiano il carcere. Infatti, nello scorso settembre, il Consiglio nazionale di etica, un organo consultivo del governo tedesco, ha “consigliato” la depenalizzazione dell’incesto tra adulti consenzienti. “Il diritto penale non deve preservare un tabù sociale”, il Consiglio ha spiegato in un comunicato. “Il diritto fondamentale di due fratelli adulti di autodeterminazione sessuale deve essere rispettato e deve prevalere su un’idea astratta di tutela della famiglia.” E - aggiungiamo noi - chisseneimporta dei bambini e della loro salute fisica e psichica; chisseneimporta se nella coppia uno dei due membri è plagiato e violentato - anche solo psicologicamente - dall’altro. Qui in Italia la recente abolizione della non riconoscibilità dei figli incestuosi (presentata da tutti come una conquista di civiltà) ci indica che siamo sulla buona strada per adeguare le nostre leggi a queste idee moderne e progressiste e contro natura. Noi non ci adegueremo mai. Continueremo sempre a “gridare dai tetti” il nostro orrore, per dar voce alle vittime innocenti di queste mode perverse e distruttive della civiltà umana.
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Letture consigliate Simona Atzori Dopo di te Mondadori Quando la vita è “degna di essere vissuta” non spetta a noi giudicarlo. La vita è sacra, sempre. Però nel caso di Simona Atzori vorremmo sbilanciarci: certamente la sua è una vita più che degna. Nonostante l’esser nata senza braccia, è una donna bella, vivace e realizzata. Pittrice, ballerina applauditissima e scrittrice. Il suo ultimo libro è una lettera d’amore per la madre morta da poco. A dispetto della scrittura fluida, è un concentrato di emozioni che non dà scampo al lettore: lo inchioda alle sue responsabilità di essere umano, al suo obbligo di guardare in faccia ogni momento della vita, anche quando il dolore non ammette vie di fuga.
Giuseppe Brienza La difesa sociale della famiglia Casa editrice Leonardo da Vinci Temi di perenne attualità, ma che oggi hanno un’importanza addirittura prioritaria, quelli per cui si è distinta la pastorale del Vescovo di Prato, Mons. Pietro Fiordelli, che ha sempre ribadito i valori umani e religiosi della famiglia e della difesa della Vita dall’inizio alla sua fine naturale, contro la legislazione civile che progressivamente va cancellando dalla coscienza comune i principi della legge morale naturale. Figura esemplare di pastore che sempre opera per il bene comune e la salvezza delle anime, Mons. Fiordelli, qui ricordato nel decimo anniversario della sua morte (2004), si è adoperato per riportare Prato alla piena pratica della vita cristiana.
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