ProVita Giugno 2017 - Anteprima

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Anno VI | Giugno 2017 Rivista Mensile N. 53

“POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 NE/TN” | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003

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Notizie

“Nel nome di chi non può parlare” Organo informativo ufficiale dell’associazione ProVita Onlus - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale -

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MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES

SOMMARIO

Notizie

EDITORIALE Per le donne

Anno VI | Giugno 2017 Rivista Mensile N. 53

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LO SAPEVI CHE... ARTICOLI

Editore ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Codice ROC 24182 Redazione Toni Brandi, Federico Catani, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel Piazza Municipio 3 - 39040 Salorno (BZ) www.notizieprovita.it/contatti Cell. 329-0349089

Una foto che mi ha toccato il cuore

Anna Maria Pacchiotti

Aborto con RU486: contro i bambini, contro le donne

Lorenzo Ponziani

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PRIMO PIANO

Direttore responsabile Antonio Brandi

Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi Progetto e impaginazione grafica

francesca Gottardi

Tipografia

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Marco Bertogna, Federico Catani, Claudia Cirami, Rita Di Piero, Giuliano Guzzo, Rosalba Meli, Anna Maria Pacchiotti, Francesca Romana Poleggi, Lorenzo Ponziani, Giulia Tanel

Federico Catani

Il femminismo contro le donne

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Per la liberazione della donna

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Maternità e tutele: panoramica internazionale

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Francesca Romana Poleggi

Giuliano Guzzo

Leggi a favore delle madri che lavorano

Rosalba Meli

Una giovane in cerca di lavoro

C’è chi premia le lavoratrici madri

Claudia Cirami

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Distribuzione

“Ginecofobia”: chi ha paura delle donne?

Giulia Tanel

Rita Di Piero

FILM: The iron lady

Marco Bertogna

Un polpo per i bambini prematuri, con i “TINtacoli”!

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L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.

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EDITORIALE

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otizie ProVita si batte da sempre contro le ingiuste discriminazioni. In questo numero, in particolare, vogliamo levare forte e chiara la voce contro le ingiuste discriminazioni delle quali sono vittime le donne. Va molto di moda lottare per l’uguaglianza, ma ci sembra che spesso il principio della pari dignità tra tutti gli esseri umani venga stravolto e interpretato in modo perverso. Per esempio in senso sfavorevole alle donne. Ci troviamo a dover denunciare una vera e propria “ginecofobia” che affligge la nostra società e a denunciare abusi e discriminazioni dei quali sono vittime le donne, a opera della cultura materialista e nichilista che viene propagandata dai mass media e che è particolarmente diffusa nell’establishment al potere, nel nostro Paese e negli organismi internazionali. Per rendersene conto basta confrontare la retorica in voga sulla “parità di genere” e gli attuali gravi e ricorrenti abusi sulle donne che vengono ignorati quando si tratta di condannare la prostituzione, l’utero in affitto, la pornografia e il commercio di gameti. Anche il femminismo risulta, invero, un’ideologia che va contro gli interessi delle donne. Quelli che lamentano il “gender gap” nei luoghi di lavoro poi pretendono che le donne si comportino come uomini, in primis non facendo figli: le donne madri vengono licenziate, aggirando i divieti posti dalle leggi vigenti. Si ignora che la maternità ha un assoluto diritto al giusto posto come fondamentale bene sociale e umano, degno di considerazione e rispetto. Non devono essere le donne e le madri (né le famiglie) ad adattarsi alla nuova economia ma, al contrario, l’economia dovrebbe essere a misura della donna, delle madri e della famiglia, cellula fondamentale della società. Invitiamo quindi i nostri Lettori ad alzare la voce contro tutte le ingiuste discriminazioni: contro gli abusi – gravi, attuali e ricorrenti – dei quali sono oggi vittime le donne, e soprattutto le madri. Per le donne, per i nostri figli e per il futuro di tutta la società.

Toni Brandi

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ABORTO

LO SAPEVI CHE...

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L’accesso all’aborto a richiesta non diminuisce la mortalità materna: questo vale nei Paesi sviluppati, e a maggior ragione nei Paesi in via di sviluppo. Questa è la conclusione di una ricerca condotta dall’Istituto per la Bioetica e Ricerca Sociale “de Veber” di Toronto e delle statistiche ufficiali delle Nazioni Unite (Angela Lanfranchi, Ian Gentles, and Elizabeth Ring-Cassidy, Complications: Abortion’s Impact on Women, 2013, analisi di oltre 650 studi internazionali peer-reviewed) in quattro Paesi che hanno emanato leggi restrittive sull’aborto, negli ultimi due decenni (Polonia, Cile, El Salvador, Nicaragua). Anche nei Paesi dove l’aborto è stato a lungo vietato (Irlanda, Egitto, Uganda, Bangladesh, Afghanistan, Indonesia, Messico), si è registrato un significativo miglioramento della salute materna e infantile rispetto ai Paesi limitrofi, dove l’aborto è legale e su richiesta. I governi che vogliono sopperire ai minori stanziamenti americani per l’aborto nei Paesi in via di sviluppo, se davvero avessero a cuore la salute delle donne, dovrebbero piuttosto premurarsi di fornire assistenza qualificata durante il parto, educazione per le donne, disponibilità di cure ostetriche di emergenza e di trasporto eventualmente necessario, sensibilizzazione della comunità, miglioramento delle tecniche di comunicazione.

n. 53 - Giugno 2017

La Cassazione ha negato a una donna il risarcimento del danno derivante dalla nascita indesiderata di un figlio senza una mano. Ella sosteneva che i medici, non essendosi accorti della malformazione, le avrebbero negato il “diritto” all’aborto “terapeutico”, cioè alla pratica dell’eugenetica che riconosce il diritto di vivere solo ai bambini “perfetti”. La motivazione della Corte, in parte, è inquietante: i giudici hanno detto che la mancanza della mano sinistra non poteva considerarsi anomalia “rilevante” per la legge. Ma allora chi decide quando l’anomalia è “rilevante” o no? I Lettori capiscono bene che è disumano mettere una linea di confine tra chi ha diritto di vivere e chi no. La vita è sacra sempre (e lo è anche per i “laici” e gli atei che si lasciano guidare dalla ragione naturale). Anche la persona gravemente colpita da malattie o da disabilità è una persona, in grado di instaurare una relazione, un rapporto d’amore, per quanto incomprensibile e misterioso, con chi le sta accanto. Però i giudici ribadiscono che l’aborto oltre i 90 giorni deve essere un caso del tutto eccezionale, e che «la legge italiana non prevede il cosiddetto aborto eugenetico, a prescindere dal grave pericolo per la vita o la salute fisica o psichica della donna.


EllaOne, la “pillola dei 5 giorni dopo”, viene spacciata per «contraccettivo d’emergenza»: un recente studio (Lira-Albarrán S. et Al.: Ulipristal acetate administration at mid-cycle changes gene expression profiling of endometrial biopsies taken during the receptive period of the human menstrual cycle. Mol Cell Endocrinol. 2017 Feb., 20) ha invece dimostrato che non inibisce l’ovulazione e che impedisce l’annidamento del bambino nell’utero della madre. Permette che avvenga il concepimento, quindi ellaOne è abortiva. Il foglietto illustrativo invece dice che impedisce l’ovulazione e quindi non provoca l’aborto, perciò, più che chiamarsi “bugiardino”, andrebbe chiamato “bugiardone”...

EUTANASIA

L’ordinamento, pur riconoscendo un diritto alla procreazione cosciente e consapevole, nega l’accesso all’aborto se non quando è fortemente a rischio la madre». Oggi come oggi vengono di fatto eliminati con l’aborto centinaia di migliaia di bambini sanissimi, entro il terzo mese. Oltre il terzo mese molti medici, di fatto, praticano l’aborto su bambini con malformazioni lievi, come quella di cui si tratta… Ma chissà che questa sentenza non sia segno di un cambiamento della mentalità, anche tra gli abortisti?

L’eutanasia non è un atto di libertà, di “autodeterminazione”. L’autore principale di uno studio pubblicato su JAMA Oncology, il dottor Charles Blanke, un oncologo della Oregon Health & Science University, ha lui stesso dato l’eutanasia a circa 65 pazienti. Ma ha rilevato che, in base alle statistiche nazionali, molti (più del 25% dei casi) chiedono l’eutanasia perché non viene somministrata loro un’adeguata terapia del dolore. Inoltre, alcuni hanno “scelto” l’eutanasia perché il costo della chemioterapia era troppo alto. Tutto questo, secondo Blanke, è assolutamente inaccettabile. Si rende conto infatti che così non si tratta più di una “libera scelta”: il paziente è “costretto” dal dolore o dalla situazione economica… Blanke ha ammesso che anche la depressione è un problema in tal senso: se – come evidenzia la ricerca – almeno tre su quattro pazienti terminali sono depressi, bisognerebbe valutare se lo stato psichico del paziente consenta davvero una libera scelta. 2017 Giugno - n. 53

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UNA FOTO

CHE MI HA TOCCATO IL CUORE La presidente di Onora la Vita condivide con noi, commossa, un ricordo...

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ra una bella mattina di primavera… Mi trovavo a Pinerolo e, ai sensi dell’articolo 21 della Costituzione sul diritto di manifestazione del pensiero, mi sono recata a Torino presso l’Ospedale Sant’Anna per la mia solita opera di informazione riguardo alla terribile realtà dell’aborto, sperando di dissuadere qualche mamma dal commettere questo omicidio che, tra l’altro, lascia profondi segni anche nel cuore di chi lo compie. Quella mattina mi sono piazzata all’ingresso del Day Hospital in Corso Spezia (che fa angolo con via Ventimiglia), dove ancora esercitava la sua macabra professione il ginecologo radicale dottor Silvio Viale. Successivamente, la Direzione dell’Ospedale gli ha concesso tutto il primo piano in via Ventimiglia, ingresso principale del Sant’Anna: sia qui che lì sono sempre andata a “dare molto fastidio”, consegnando i miei opuscoli alle ragazze e alle donne. Mi sono presa insulti e improperi, ma non mi sono mai lasciata intimorire. Quel giorno, ho trovato accanto agli scalini un foglio di quaderno a quadretti scritto col pennarello verde, con sopra una rosa rossa. Mi ha commossa profondamente. Certamente era stata lasciata da una giovane che aveva abortito, e certamente, nel profondo

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n. 53 - Giugno 2017

del suo cuore di donna, la parte materna (immancabile in ogni vera rappresentante del sesso femminile) ha sentito una grande sofferenza. Ho iniziato la distribuzione dei miei opuscoli e volantini: qualcuno li ha rifiutati, altri li hanno accettati molto volentieri. Il dottor Viale, come al solito, informato da qualcuno della mia presenza, ha mandato gli usceri a dirmi di scendere dagli scalini. Ho risposto ricordando la legge sulla libertà di espressione e facendo presente che, scesa o meno dagli scalini, la distribuzione l’avrei proseguita comunque. Sono anzi entrata nell’atrio in basso, prima della portineria, e ne ho appoggiati sui sedili e sul vano della finestra: li hanno presi in tanti. Ho anche distribuito i volantini di SOS Vita… Il più delle volte le persone non sono affatto informate sulla realtà dell’aborto, sulle sue conseguenze e sulle possibilità che ci sono di essere aiutate ad affrontare una gravidanza imprevista. Sono tornata a casa soddisfatta, ma con quella foto nel cuore. Ora, anche se è passato molto tempo, ho deciso di condividerla con voi, cari Lettori.

Anna Maria Pacchiotti


Il dottor George Delgado, con il dottor Matthew Harrison e la dottoressa Mary Davemport, avevano trovato già nel 2007 l’antidoto al veleno, e hanno creato un sito dedicato.

Lorenzo Ponziani

ABORTO CON RU486:

CONTRO I BAMBINI, CONTRO LE DONNE Cresce l’uso della RU486, anche fuori dalle strutture ospedaliere. Ma dei ricercatori hanno trovato l’antidoto a questo veleno...

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ginecologi dell’AIGOC, Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici, bollano la “liberalizzazione” delle pillole abortive RU486, che nel Lazio – per esempio – vogliono somministrare anche fuori dall’ambiente ospedaliero, come una «sperimentazione, ideologicamente fondata, una procedura senza i requisiti minimi di tutela dei soggetti più vulnerabili»: ovviamente i bambini. Ma anche la salute della madre viene esposta a un rischio grave. «L’aborto con la RU486 esce dalla sfera del pubblico per entrare sempre più nei meandri del privato e della solitudine: la procedura infatti viene a gravare sul piano psicologico, pesantemente, sulla donna già “gravata” dalla tragica decisione di abortire», ha scritto il prof. Pino Noia.

Ma il pericolo è grave, anche dal punto di vista fisico: «La letteratura si è espressa sulla pericolosità dieci volte superiore della RU486 rispetto all’aborto chirurgico [Bartlett L.A. et Al Obstet. Gynaecol. 103 (4:729-37, 2004) e soprattutto in relazione alle gravi complicanze di ordine medico sanitario dovute alla RU486: 676 segnalazioni del FDA, di cui 17 gravidanze extrauterine, 72 casi di gravi emorragie, 637 casi di effetti collaterali (Gary et Al Ann. Pharmacoth, Feb 2006) e 29 morti accertate nel mondo occidentale (New England Journal Medicine 354:15 April 13, 2006)]. Anche nella recente relazione al Parlamento sull’attuazione della legge 194 sono stati riferiti due episodi di mortalità materna».

Il bambino allo stato embrionale è pur sempre un bambino: «L’embrione è un attivo orchestratore del suo impianto e del suo destino» (British Medical Journal, Editoriale Nov 2000; Your destiny from day one – H. Pearson – Nature, Vol. 418, 4 luglio 2002; Maternal communications with gametes and embryos: a complex interactome – A. Fazeli and E. Pewsey – Briefings in functional genomiocs and proteomics – Vol. 7 – 2 111-118 2008).

L’accanimento ideologico nuoce alla salute fisica e psichica delle donne

2017 Giugno - n. 53

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