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Infosportpagine
Rivista Mensile N. 11 - Gennaio 2013
“nel nome di chi non può parlare”
Il dovere di coscienza verso la Vita
La pillola RU486: dolore e morte La verità sull’aborto chimico
Mamma e papà, parole destinate a scomparire? Il programma del Governo francese
Vademecum per il medico obiettore Gianfranco Amato, presidente di Giuristi per la Vita, spiega perché il diritto all’obiezione di coscienza è intangibile
- Sommario -
Notizie
Editoriale 3 Notizie dall’Italia
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RIVISTA MENSILE N. 11 - GENNAIO 2013
Notizie dal mondo
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Primo Piano Medico per la vita, medico di coscienza
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Danilo Quinto
Vademecum per il medico obiettore
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Gianfranco Amato
Attualità Il premio per la vita “Madre Teresa di Calcutta” quinta edizione
6
Irene Bertoglio
Mamma e papà? Parole destinate a scomparire
7
Giulia Tanel
Per la Vita, con Maria, da Vladivostok a Fatima
8
Alberto Zelger
Rupe Tarpea in salsa indiana 9 Roberto Dal Bosco
Scienza e Morale Aborto con la pillola RU486: dolore e morte
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Renzo Puccetti
Io accolgo te
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Diego Andreolli
L’uomo e l’aborto
16
Francesca Romana Poleggi
Giuliano racconta
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Giuliano De’ Medici
L’inganno della neolingua pro morte
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Lorenza Perfori
Testata Infosportpagine-ProVita Editore MP cooperativa giornalistica Sede legale Via Marlengo 49/b, 39012 Merano (BZ) Autorizzazione Tribunale BZ N6/03 dell’11/04/2003 Codice ROC MP 12603 Redazione Francesca Romana Poleggi, Antonio Brandi, Mario Palmaro, Andrea Giovanazzi Largo della Caffarelletta 7, 00179 Roma. Tel/fax: 06-3233035 Direttore Responsabile Francesca Lazzeri Progetto grafico Massimo Festini Tipografia Aesse Stampa, Via Pirandello, 12, 82100 Benevento Distribuzione MOPAK SRL, Via Prima Strada 66 - 35129 Padova Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero Gianfranco Amato, Diego Andreolli, Irene Bertoglio, Antonio Brandi, Roberto Dal Bosco, Giuliano De’ Medici, Virginia Lalli, Mario Palmaro, Lorenza Perfori, Giovanni Alvise Pevarello, Francesca Romana Poleggi, Renzo Puccetti, Danilo Quinto, Marco Respinti, Giulia Tanel, Alberto Zelger.
per un aggiornamento quotidiano:
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Famiglia ed Economia
A sostegno della famiglia, a sostegno della vita
19
Giovanni Alvise Pevarello
Aborto e controllo demografico
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Virginia Lalli
Il Congresso Mondiale delle Famiglie
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Marco Respinti
Quando don Camillo “bastonava” Malthus Mario Palmaro
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Editoriale
Notizie
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Editoriale
Il dovere di coscienza di fronte alla Vita
È scientificamente provato che la vita incomincia al concepimento e va, quindi, protetta. Sopprimerla mediante l’aborto è il peggiore degli omicidi perché perpetrato contro una persona inerme e incapace di difendersi. Il 22 maggio 2003, in occasione del venticinquesimo anniversario dall’entrata in vigore della L. 194, Giovanni Paolo II scrive: “Non può esserci pace autentica senza il rispetto della Vita, specie se innocente e indifesa come quella dei bambini non ancora nati”. Benedetto XVI in occasione del trentennale dall’entrata in vigore della legge affermava “L’aver permesso di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza ha aperto un’ulteriore ferita nella nostra società. Difendere la Vita umana è diventato oggi praticamente più difficile, perché si è creata una mentalità di progressivo svilimento del suo valore”. Il 27 febbraio sottolinea anche come “L’aborto non è mai terapeutico, i medici che convincono le donne ad abortire le ingannano”. La condanna dell’aborto da parte di Santa Madre Chiesa è sempre stata chiara, limpida e basti pensare alle parole di Nostro Signore Gesù Cristo “Ogni volta che l’avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me”. E tale insegnamento è rimasto immutato nel tempo e ribadito anche da PioIX mediante scomunica a chi procura l’aborto e a chi vi ricorre ottenendo l’effetto voluto. E Pio XII, nel famoso discorso alle ostetriche (29 ottobre 1951), ha riassunto così la dottrina della Chiesa sul rispetto del concepito: “Uomo è il bambino, anche non ancora nato; allo stesso grado e per lo stesso titolo che la
madre. Inoltre ogni essere umano, anche il bambino nel seno della madre, ha il diritto alla vita, diritto che proviene immediatamente da Dio, non dai genitori, né da qualsiasi società e autorità umana”. Quindi non vi è nessun uomo, nessuna autorità umana, nessuna scienza, nessuna indicazione medica, eugenica, sociale, economica, morale, che possa esibire o dare un valido titolo giuridico per una diretta, deliberata disposizione sopra una vita umana innocente, vale a dire una disposizione che miri alla sua distruzione. Il 1° gennaio 2013, nella Giornata mondiale della Pace, Benedetto XVI è ritornato sulla condanna dell’aborto e dell’eutanasia invocando l’obiezione di coscienza in risposta alle leggi contro la vita, perché ci sia al mondo una pace vera. La legge 194 è una legge ingiusta che considera solamente i rischi per la salute e i danni per la condizione della donna, senza il minimo riferimento al diritto alla vita del bambino! In Italia l’opposizione a questa legge iniqua è in aumento. Il dovere di non essere compartecipi alla “Macchina della Morte” nasce come rispetto alla legge divina e si rispecchia nella legge naturale. Ma tale dovere trova anche supporto in ambito internazionale nella stessa Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 (articolo 18), nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articolo 10) e nella nostra stessa Carta costituzionale, che all’articolo 2 riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sancendo il diritto fondamentale all’obiezione di coscienza. Evidentemente tali articoli non possono e non devono essere soggetti ai pregiudizi di giudici e di politici. In Italia, però, occorrono ancora alcuni anni di forte battaglia culturale contro i fautori della morte per convincere la maggioranza degli italiani - che è semplicemente disinformata - su cosa sia effettivamente l’aborto. Durante questi anni di confronto formativo, il mondo Pro Life italiano deve restare unito nella Verità e seguire gli insegnamenti dei successori di Pietro. Questo valga soprattutto per quei politici che si dichiarano “cattolici” ma che per anni hanno ceduto davanti alla ben organizzata lobby abortista. Antonio Brandi
Notizie dall’Italia
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Notizie dall’Italia
4 “Operatori di pace sono coloro che amano, difendono e promuovono la vita nella sua integralità”: lo scrive Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2013 «Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita». «La via di realizzazione del bene comune e della pace è anzitutto il rispetto per la vita umana, considerata nella molteplicità dei suoi aspetti, a cominciare dal suo concepimento, nel suo svilupparsi, e sino alla sua fine naturale». Per il Pontefice, «la vita in pienezza è il vertice della pace»: e quindi, «chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita».
Gianna Jessen porta nel mondo la sua testimonianza: sopravvissuta a un aborto salino, data per spacciata, senza speranza, è invece una giovane donna piena di vita e di fede. In Italia ha già tenuto diverse conferenze, da ultimo a Bologna e a Roma. Prossimamente, il 1° febbraio, sarà a Biella, presso l’Auditorium di Città Studi. Il bellissimo film sulla sua vita, “October Baby”, che mai entrerà nel giro della grande distribuzione, potrà presto essere acquistato sul nostro sito, www.prolifenews.it.
Save the Children, la grande e laica organizzazione internazionale che sorveglia la situazione dell’infanzia nel mondo, nel suo ultimo rapporto sull’Italia ha lanciato un allarme: nel 2011 sono nati 15 mila bambini in meno, rispetto al 2010: “Più preziosi del petrolio in esaurimento”: così saranno in Italia i figli, nell’anno 2030. Per quella data ogni 100 persone che lavorano, ce ne saranno 63 inattive. Più avanti, andrà ancora peggio. Anche l’ex governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, nel suo recente saggio “Sviluppo e declino demografico in Europa e nel mondo” (edizioni Marietti), scrive che la popolazione italiana – al pari di quella giapponese – è la più invecchiata del mondo. “Se non ci saranno aumenti nei prossimi decenni per l’indice di fertilità, nel corso di due generazioni il numero delle donne italiane e quindi degli italiani sarà dimezzato”. In generale per l’Europa, Fazio sostiene che “popolazioni con tendenze in atto come quelle rilevate e sommariamente descritte nei paesi europei sembrano condannare queste popolazioni nel giro di qualche generazione a una sorta di eutanasia sociale”.
Ancora odore di morte dall’Unione Europea: nell’ultima relazione sui diritti fondamentali per il 2010 e il 2011, gli Stati membri sono stati apertamente invitati a non limitare l’accesso all’aborto. Per fortuna il documento in questione non ha alcuna forza giuridica vincolante nei confronti dei Governi interessati.
A Catanzaro, presso l’Università Magna Graecia, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana (Fuci) ha organizzato un dibattito sull’aborto e sui metodi contraccettivi. Il confronto ha visto la partecipazione molto vivace ed interessata di numerosi studenti sia del corso di Giurisprudenza che di Medicina e Chirurgia. Ha moderato Alberto Scerbo, Professore Ordinario di Filosofia del Diritto. Sono intervenuti il Presidente Diocesano della F.U.C.I., Sebastian Ciancio, Tullio Barni, Professore Ordinario di Anatomia Umana, Luigi Mariano Guzzo, consigliere centrale della FUCI.
Davanti ad un centinaio di sostenitori e volontari, in occasione del secondo anniversario della creazione da parte di don Alberto Pacini del CAV Palatino, a Roma, la bioeticista Claudia Navarini ha spiegato che l’aborto non solo priva un bambino della propria vita e una madre di suo figlio ma, finché si continuerà a negare l’esistenza di una “sindrome post abortiva”, priva la donna anche del suo lutto, impedendogli di elaborarlo e, quindi, tentare di riprendersi. Perciò anche il Movimento Per la Vita organizza consulenze psicologiche a quanti soffrono i traumi psico – fisici, a volte devastanti, conseguenti all’aborto: lo sportello “Da donna a donna”.
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Il popolo irlandese tre volte, tramite referendum, ha rifiutato la legalizzazione dell’aborto, ma l’attuale governo sembra sfacciatamente intenzionato ad assecondare le pressioni dei poteri forti internazionali e della sinistra laburista introducendo una legislazione abortista. I Prolife irlandesi allora hanno lanciato una campagna senza precedenti contro il partito al governo, Fine Gael, che aveva vinto le elezioni anche per aver promesso di non legalizzare l’aborto. Manifestazioni, camion pubblicitari, la distribuzione di 1.400.000 volantini, quando l’EIRE conta 4.500.000 abitanti, manifesti, internet, una valanga di telefonate ai politici hanno messo il partito in grave imbarazzo. Una nuova battaglia tra la vita e la morte è appena iniziata in Irlanda. Un paleontologo australiano ha scoperto nel nord Vietnam lo scheletro di un uomo di 30 anni, vissuto 4.500 anni fa. Aveva una paralisi degli arti inferiori e superiori: un essere improduttivo, in una società di cacciatori-raccoglitori. Ebbene, gli archeologi hanno provato che i suoi si prendevano cura di lui con tenerezza, con tutta la cura dedicata che richiede la paralisi. La vita, cinque millenni fa, non era poi così brutale. The Guardian ha pubblicato la proposta di un candidato del partito inglese Ukip, Geoffrey Clarke: spingere le donne incinte di bambini Down o affetti da spina dorsale bifida ad abortire per non mettere al mondo un soggetto che sarà un peso per la società. Secondo Clarke poi sarebbe opportuna, per ridurre la spesa sanitaria, l’eutanasia gratuita dedicata a tutti i pazienti dall’età minima di 80 anni. Per fortuna il suo partito l’ha sospeso chiedendo scusa a chi si fosse sentito offeso da certe proposte.
Grazie allo studio di riprese video 4D, alcuni ricercatori britannici sono in grado di distinguere uno sbadiglio da una semplice apertura della bocca del feto. Era già noto che i feti possono singhiozzare, ma la possibilità che sbadigliassero era sempre stato un punto di contesa tra gli scienziati. Nadja Reissland del dipartimento di Psicologia dell‘università di Durham ha osservato che i feti non sbadigliano perché sono stanchi. L’atto forse è legato al processo di maturazione del cervello durante la gestazione.
Il reparto pediatrico dell’ospedale Alder Hey a Liverpool già da tempo applica il Liverpool Care Pathway (Lcp) a neonati e bambini. Il protocollo spesso seguito negli ospedali britannici indica come i medici devono accompagnare alla morte i malati in fin di vita e prevede anche l’interruzione di alimentazione e idratazione. Molto spesso i pazienti vengono trattati in questo modo a loro insaputa. L’infermiera Bernadette Loyd ha scritto al Dipartimento della salute inglese, denunciando che è inconcepibile che dei bambini debbano morire di sete.
Nelle Filippine è stata approvata con una strettissima maggioranza una legge che permette il controllo delle nascite, e che quindi consentirà la futura legalizzazione dell’aborto. La Chiesa per questo aveva chiesto da tempo preghiere e digiuni. Da ultimo migliaia di fedeli hanno sfilato per le strade per protestare contro la norma. Il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, e il vescovo Teodoro Bacani di Novaliches hanno sottolineato la necessità di educare e risvegliare le coscienze. L’aborto lascia i tessuti mammari in una condizione di vulnerabilità rispetto agli effetti dannosi degli estrogeni e delle sostanze cancerogene. Aumenta quindi il rischio di cancro al seno: questi dati sono ora confermati da due nuove ricerche cinesi pubblicate su Asian Pacific Journal of Cancer.
L’arcivescovo metropolita di Città del Messico, il cardinale Norberto Rivera Carrera, ha battezzato lo scorso mese 21 bambini tra i 2 e i 6 anni di età, salvati dall’aborto grazie all’aiuto dato alle mamme dal Comitato nazionale Pro-Vida: un segno di speranza in una città, dove sfortunatamente, secondo le cifre ufficiali, vengono abortiti oltre 80 mila bambini ogni anno.
Notizie dal mondo
Centinaia di migliaia di persone hanno sfilato a Parigi, domenica 13 gennaio per protestare contro la decisione del governo di promuovere una legge per consentire il matrimonio di coppie dello stesso sesso e l’adozione di bambini da parte di coppie gay. Anche a Roma numerose centinaia di persone si sono riunite davanti all’Ambasciata Francese a Piazza Farnese. Simili manifestazioni hanno avuto luogo in altre città d’Europa ed a Washington.
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Il premio per la vita “Madre Teresa di Calcutta”, quinta edizione Lo scorso 10 dicembre, in Campidoglio a Roma, il Movimento per la Vita ha premiato Mamma Irene di Nomadelfia, Sabrina Paluzzi della Quercia Millenaria e la “nostra” Chiara Corbella Petrillo.
L
’iniziativa è stata un modo per dare voce a chi voce ancora non ha: i più piccoli, i più indifesi, i bimbi nel grembo materno. È stata anche un ricordo della strage degli innocenti, di tutti i bambini abortiti. Oggi non è più scontato sottolineare la dignità della vita, a prescindere dalle circostanze. “Mamma Irene” di Nomadelfia, sull’esempio di Madre Teresa, è stata la prima mamma per vocazione della comunità fondata da don Zeno Saltini: durante la seconda guerra mondiale, a San Giacomo Roncole, ha donato la sua maternità spirituale a tanti bambini. Sabrina Pietrangeli Paluzzi e Chiara Corbella Petrillo di fronte ad una diagnosi di “feto terminale incompatibile con la vita”, hanno detto un chiaro “no” al cosiddetto aborto terapeutico, portando a termine la gravidanza. Sabrina ha dato poi origine alla Quercia Millenaria Onlus, che dal 2005 si occupa dell’assistenza alla gravidanza di ogni tipologia di malformazione fetale. In sette anni di lavoro l’Associazione ha seguito centinaia di famiglie e ha visto nascere e recuperare la salute di molti bambini. Chiara Corbella ha deciso di proseguire due gravidanze, anche a fronte delle diagnosi infauste sui feti e della prevista morte quasi immediata dei due figli, Maria Letizia e Davide, subito battezzati. Al quinto mese
della terza gravidanza, i medici le diagnosticano un carcinoma alla lingua e Chiara rimanda le cure del tumore per non procurare danni al bimbo che porta in grembo: dà alla luce così Francesco che nasce (sano!), mentre la dolce mamma si spegne dopo un anno, all’età di 28 anni. Il premio è stato ritirato dal marito, Enrico Petrillo, che dopo la morte della prima figlia ha affermato: «il contrario dell’amore non è l’odio ma il possesso. Noi non possediamo la vita dei nostri figli». Lo scorso 10 dicembre si sono esaltati valori che si stanno oggi perdendo, come l’amore gratuito, il coraggio materno, l’accoglienza della vita fino al sacrificio di sé per donarsi agli altri. Il contrario di quanto questa nostra società consumistica e materialista ci “insegna”. Queste madri ci ricordano che l’aborto non solo non è una conquista della civiltà, ma umilia la dignità stessa della donna. Queste “mamme coraggio” non si sono chiuse alla vita, non hanno inseguito i parametri dell’efficienza e dell’egoismo, hanno “dato” e non “preso”, hanno speso la loro vita per amore, per altri. Il nostro amatissimo Papa ha affermato, in Deus caritas est, che «all’anticultura della morte si contrappone l’amore che non
Il 10 dicembre 1948 fu approvata dall’ONU la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. E qual è, fra tutti, il primo diritto umano, se non il diritto alla vita?
cerca se stesso, ma che, proprio nella disponibilità a perdere se stesso per l’altro, si rivela come cultura della vita». Noi sappiamo che «non praevalebunt»: abbiamo solo bisogno di testimoni. La parola martire deriva dal greco e significa proprio testimone, colui che con la sua vita rimanda ad Altro e lo fa scoprire agli uomini: il suo dono è quello di farci discutere sulla vita. Questi tre premi, simbolicamente, hanno avuto anche lo scopo di accarezzare tutte le madri d’Europa che hanno compiuto questa stessa scelta di generosità, contrapposta all’egocentrismo, perché consapevoli che nulla va perso nell’amore. Santa Gianna Beretta Molla ha dichiarato: «Ci sono tante difficoltà ma, con l’aiuto del buon Dio, dobbiamo camminare sempre senza paura, che, se nella lotta per la nostra vocazione dovessimo morire, quello sarebbe il giorno più bello della nostra vita». Irene Bertoglio
Chiara Corbella Petrillo
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Attualità
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Mamma e papà? Parole destinate a scomparire Nel libretto di famiglia di ogni cittadino francese le parole “madre e padre” saranno sostituite da “genitore 1 e genitore 2”. “Noi non abbiamo altra arma che la nuda verità; ma proprio per questo abbiamo il vantaggio di poter chiamare le cose con il loro nome, mentre tanto spesso vediamo che gli altri sono costretti a locuzioni ipocrite e a ragionamenti capziosi, se non vogliono immediatamente arrossire di se stessi e delle loro dottrine. E se anche la menzogna, con la sua spregiudicatezza, sembra frequentemente avvantaggiata sulla verità, noi sappiamo che alla fine sarà la verità a emergere e a porsi a fondamento incrollabile della vita, della pace, della libertà dell’uomo” (Cardinal Biffi, Ragione e vita – A che punto è la notte?, Ed. Cantagalli, Siena 2004, pp. 2021).
L
o scorso 7 novembre il governo francese ha detto il proprio sì al matrimonio e all’adozione per le coppie omosessuali. L’approvazione definitiva ora spetta al Parlamento, anche se la decisione pare scontata. Il progetto di legge proposto va sotto il nome di “Matrimonio e adozione per tutti” e ha – tra le altre cose – il fine di ‘rendere coerente’ con la società odierna il vocabolario familiare francese, nell’intento di non discriminare nessuno. Dato il sempre maggior numero di matrimoni omosessuali e di adozioni di bambini da parte di persone dello stesso sesso, infatti, i fautori del secolarismo
ritengono doveroso sostituire la definizione “marito e moglie” con la semplice locuzione “sposi” e, altresì, abolire le categorie “mamma e papà” dal libretto di famiglia di ogni cittadino francese, in favore di un più generico “genitore 1 e genitore 2”. A chi spetterà il privilegio di essere il “genitore 1” non è dato di sapere. Questa manipolazione del linguaggio, conseguente all’annullamento di qualsivoglia ordine naturale, mette in risalto un dato di fatto oggigiorno sempre più diffuso: l’egoismo narcisistico imperante nella nostra società. Scrive ancora il cardinal Biffi: “L’umanità sembra talvolta affetta da schizofrenia: cerca il proprio bene, e di fatto corre verso la rovina; esalta l’uomo a parole, e lo avvilisce nei fatti; lo sottrae all’amore del suo Creatore, e lo abbandona all’egoismo che arriva a manipolare e a uccidere. Moltiplica i mezzi, che in se stessi non danno significato all’esistere e all’agire; e censura la prospettiva sui fini e sui traguardi di tutto il suo agitarsi” (Ibidem, p. 108). E in tutto questo nessuno pensa ai grandi indifesi del nostro tempo: i bambini. Sono infatti loro che, almeno potenzialmente, potrebbero ritrovarsi a crescere con due genitori dello stesso sesso, con tutte le conseguenze che que-
Nessuno pensa ai grandi indifesi del nostro tempo: i bambini sto comporta, dal momento che i bambini affidati a queste coppie hanno una probabilità molto più alta di soffrire di gravi disturbi psicologici, di avere un’autostima bassa, una maggiore propensione alla tossicodipendenza e ad auto lesionarsi (Cfr. S. Deevy, When mom or dad comes out, «Journal of Psycological Nursing», 27 (1989), p. 34). Nel concludere, riportiamo un monito dei vescovi italiani, contenuto nel Messaggio per la XXII Giornata per la Vita, celebrata il 6 febbraio del 2000: “L’offuscarsi del valore di essere genitori è declino della civiltà dell’amore: la caduta dell’amore che genera la vita dissolve anche l’amore che costruisce la democrazia e la pace”. Giulia Tanel
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Per la Vita, con Maria, da Vladivostok a Fatima I gruppi prolife di diciotto paesi hanno organizzato la peregrinatio di un’immagine della Madonna di Czestochowa “da oceano ad oceano”
C
hi si mette in testa di difendere il valore della vita si trova spesso di fronte ad un muro di omertà e di opposizioni, che inducono allo scoraggiamento. Proprio in questi momenti, quando sembra che tutti siano contro di noi e annaspiamo in cerca di aiuto, ecco che la nostra Mamma ci manda un segno tangibile di tenerezza e un invito a perseverare. È accaduto a Verona, come nelle tante altre città attraversate dall’immagine della Madonna di Czestochowa nel suo viaggio “da oceano ad oceano”. Un’iniziativa che ha unito cattolici e ortodossi nella peregrinatio da Vladivostok a Fatima, lungo un percorso di 18.000 Km attraverso 23 paesi, con la quale la Madonna ha voluto invitarci a pregare in difesa della vita e della famiglia, oggi sempre più minacciate anche nella nostra Europa. Il 28 gennaio scorso si erano riuniti a Jasna Gora i rappresentanti dei movimenti pro-life di diciotto paesi; una copia dell’immagine della Madonna Nera di Czestochowa è stata benedetta dall’arcivescovo locale in presenza di alcuni religiosi ortodossi, per essere poi trasportata a Vladivostok e iniziare così la sua peregrinatio verso Fatima. L’immagine è partita dall’estremo oriente nel maggio scorso e giungerà a Fatima poco prima
di Natale. Il 26 settembre, proveniente da Trieste, è passata anche da Verona, superando qualche imprevisto, che ha causato un ritardo di circa 3 ore (il diavolo ci mette sempre la coda), dato che lungo il percorso si è rotto il carrello del rimorchio che trasportava l’immagine. L’arrivo di questa icona avrebbe meritato l’accoglienza in Cattedrale, ma gli imprevisti del viaggio non
Verona ha accolto la venerata immagine, nonostante gli imprevisti e le difficoltà contingenti
hanno consentito di programmare l’evento con il necessario anticipo. È stato solo il passaparola di qualche giorno prima a radunare un gruppo di fedeli nella chiesetta di Santa Toscana, dove l’immagine avrebbe dovuto arrivare verso le tre del pomeriggio. Nell’attesa, le preghiere e la meditazione di don Gino preparavano i nostri cuori all’arrivo della Madonna. Alle cinque iniziava la S. Messa e subito dopo la recita del Rosario; eravamo un po’ delusi e stanchi di aspettare, ma la Madonna voleva metterci alla prova, volgendo al bene anche
l’imprevista rottura del carrello. Solo verso le 18:30, durante la recita del Rosario, cominciammo a sentire i primi rumori del camioncino, che trasportava il quadro della Madonna protetto da una struttura di plexiglas, che ne consentiva la visione anche durante il viaggio. L’immagine è stata trasportata in chiesa durante il Rosario. Poi, dopo una breve preghiera di supplica, si è svolta una piccola fiaccolata sulla piazza antistante la chiesa. Cominciava ad imbrunire e il tempo prometteva pioggia, ma finché il quadro non fu di nuovo sul carrello e riprese il suo viaggio, le nuvole trattennero l’acqua. Subito dopo, uno scroscio di pioggia con freddo e vento si abbatté sulla piazza, quasi a significare che la Madonna ci aveva protetto e che lo farà ancora nei momenti difficili, soprattutto se sapremo pregarla con fede e perseveranza. Altri particolari sulla peregrinatio da oceano ad oceano si possono trovare sul sito http:// from-ocean-to-ocean.org/it. Alberto Zelger
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Rupe tarpea in salsa indiana Nella cultura e nelle religioni indiane la vita umana non è sempre degna di essere vissuta: si praticano milioni di aborti, soprattutto di bambine.
L
’India - quel paese che ama definirsi “la più grande democrazia sulla Terra” - allarga il fronte del teatro mostruoso di Erode. Dalla legge indiana che ha promosso il libero aborto - Medical Termination of Pregnancy Act, 1971, gli aborti sono cresciuti dai 24.300 certificati nel primo anno alla cifra non ufficiale di 11 milioni. Il caso dell’India è particolarmente intricato perché interessa un paese multiconfessionale, ma di fatto dominato dalla sensibilità hindù. Uno dei culti più antichi della terra non manca di menzionare l’aborto nelle sue antichissime scritture. Dall’analisi dei testi chiamati Smrti, appare evidente come l’aborto sia visto dall’Induismo come un tema sociale, civile, legale, piuttosto che un tema morale.
Si pratica ancora in segreto, e in ampia abbondanza, l’autoaborto
La cosa non è priva di significato, in una nazione che pratica ancora in segreto, e ampiamente, l’autoaborto: lontano dalla riprovazione sociale, non vi è un freno morale, un senso religioso della tragedia del feto ucciso, o per lo meno esso non è un freno adeguato. Contribuiscono, in questo senso, i concetti di reincarnazione, così come la dottrina per cui la persona non è unica e indivisibile, ma l’effetto di una transitoria composizione di aggregati. Per alcune fonti hindù, come per l’Islam, il feto diviene in qualche modo degno di essere considerato parte dell’umanità solo dopo i 3 mesi. La mancanza sul tema di un deciso freno morale apre in India nuovi scenari bioetici anche sul piano della ricerca scientifica. Quando George Bush nel 2001 restrinse i fondi alle ricerche sulle staminali embrionali, il settimanale India Today scrisse boriosamente che l’India poteva avere trovato «una nuova pentola d’oro». La Reliance, forse la più potente corporation indiana, si è lanciata immediatamente nelle possibilità offerte dal biotech, avventurandosi, oltre che nella cura di malattie gravi e nella creazione di organi umani artificiali, anche in fantasiose ricerche volte alla clonazione di specie in via d’estinzione. Lo scrittore Pankaj Mishra in un articolo del 2005 per il New York Times lancia un ammonimento:
L’aborto sesso-selettivo si stima causi la morte di 500.000 bambine l’anno «Il commercio di organi umani, specialmente reni, rimane un grande affare, a dispetto della crescente attenzione della polizia. Non è difficile immaginare che, con la ricerca sulle staminali che cresce e rimane senza regole, una piccola industria devota alla creazione di embrioni umani si svilupperà ben presto». Negli anni Settanta il paese ha vissuto la tragedia dei programmi di sterilizzazione massiva voluti da Indira Gandhi e famiglia, programmi che in parte perdurano tuttora con l’aiuto di enti stranieri. Uno degli incubi bioetici che l’India è chiamata a risolvere è l’aborto sesso-selettivo, ossia l’uccisione del feto femmina; è una tremenda realtà in India, al punto che dal 1994 il governo ha bandito la conoscenza del sesso del nascituro. Niente test prenatali che possano verificare se è maschio o femmina, comprese le ecografie. Come oramai noto, la preferenza accordata dalla società indiana al figlio maschio produce una quantità spropositata di aborti di feti femmina, se non addirittura d’infanticidi veri e propri. Secondo la rivista Lancet mancano all’appello in India almeno 500.000 bambine all’anno, e cioè 10 milioni di vite nell’arco di un ventennio. Le cifre di una guerra vera e propria. Roberto Dal Bosco
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Medico per la vita, medico di coscienza Intervista a Leandro Aletti, un ginecologo che ha dedicato tutta la sua vita e la sua carriera a difendere la vita e a combattere l’aborto
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eandro Aletti, medico specializzato in Ostetricia e Ginecologia, ha 67 anni. Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1970, ha esercitato come ospedaliero prima presso la Seconda Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Università di Milano, poi presso la Clinica Ostetrica Mangiagalli di Milano. Dal giugno del 1999, fino a pochi mesi fa, quando è andato in pensione, è stato Primario Ospedaliero presso l’Azienda Ospedaliera di Melegnano (Mi), nei Presidi di Cernusco sul Naviglio e Melzo. Dottor Aletti, c’è chi chiede la piena applicazione della legge 194, considerandola un compromesso necessario. Lei che ne pensa? Come ha ricordato Mario Palmaro qualche anno fa, in un articolo su Il Timone, ‘la 194 è l’unica legge sull’aborto al mondo che porti la firma esclusivamente di uomini politici cattolici. Quando viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 22 maggio del 1978, essa porta in calce la firma di cinque politici dello Scudo Crociato: il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti e i ministri Tina Anselmi, Francesco Bonifacio, Tommaso Morlino, Filippo Maria Pandolfi. I membri dell’esecutivo della Dc avrebbero potuto dimettersi piuttosto che firmare una legge assolutamente inaccettabile, ma rimasero al loro posto ‘per il bene del Paese’. Una volta, feci presente questa questione a Tina Anselmi. Mi rispose che la mancata approvazione di quella legge avrebbe
messo in crisi la presenza dei cattolici in politica. È la logica del male minore… Ma quale male minore! Non esiste il male minore. Esistono il bene e il male. Far fuori la vita è il male minore? Se ci sono cattolici che la pensano in questo modo, si devono chiedere se sono ancora cattolici. Le leggo le parole di Madre Teresa di Calcutta quando ricevette, nel 1979, il Premio Nobel per la Pace: ‘La pace oggi è minacciata dall’aborto, che è una guerra diretta, un’uccisione compiuta dalla stessa madre. Anche il bambino non ancora nato è nelle mani di Dio. L’aborto è il peggior male e il peggior distruttore della pace”. Che cosa ha prodotto in Italia la legge 194? Abbiamo perso una generazione e mezza di persone. Le cifre sono lì a testimoniarlo: sono quasi sei milioni gli aborti prodotti da quella legge. Abbiamo legalizzato l’omicidio e con quella legge si è prodotta una crisi della natalità spaventosa: basta andare a leggere le statistiche di 10 o 20 anni prima dell’entrata in vigore della 194. Oggi, siamo diventati un Paese con una crescita della natalità inferiore allo standard minimo. Da qui deriva la nostra crisi, che è quella di una società che ha scelto la cultura della morte e muore affossata da questa cultura. La propaganda sulla diminuzione del numero degli aborti,
Una società che ha scelto la cultura della morte muore affossata da questa cultura
è falsa, menzognera. La 194 è una legge da abolire. Basta riflettere su un solo dato: i ginecologi sono all’80% obiettori di coscienza. Questo vuol dire che questa legge non va bene e solo questo fatto dovrebbe imporre l’intervento del legislatore per abolirla.
Mi sono opposto all’aborto con tutte le mie forze, per tutta la mia vita, di medico e di persona
Che valore ha l’obiezione di coscienza alla 194? Io non mi sento un obiettore di coscienza. Io ho agito da cristiano. Per me, Dio è via, verità e vita. È questo, solo questo. Mi sono opposto all’aborto con tutte le mie forze, per tutta la mia vita, di medico e di persona. Nell’Azienda Ospedaliera di cui sono stato responsabile per 11 anni, ho promosso e costituito un
Il dott. Leandro Aletti
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11 Centro di Aiuto alla Vita, che ha ridotto del 25% il numero degli aborti, rispetto a quelli praticati prima della sua nascita. Questo significa, a differenza di quel che sostengono in molti, che la prima fase della legge 194, quella che prevede la possibilità di rimuovere le cause che portano la donna alla decisione di abortire, dev’essere fatta in Ospedale. Il Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa ha di recente dichiarato ricevibile il ricorso presentato contro l’Italia dall’ong International Planned Parenthood Federation European Network (Ippf En), al quale ha collaborato la Laiga (Libera associazione ginecologi per l’applicazione della legge 194). La loro tesi è che l’alto numero di obiettori di coscienza tra i medici e i paramedici lede il “diritto all’aborto” delle donne. Il Parlamento Europeo ha recentemente emanato un documento in cui si chiede tra l’altro la garanzia del “diritto all’aborto”. Che cosa ne pensa? Queste istituzioni internazionali si preoccupano molto della “scelta” delle donne. Lo chiamano principio di autodeterminazione, contrabbandando la libertà con il desiderio. Si disinteressano, invece, del diritto alla vita dei bambini e considerano giusta l’obiezione di coscienza solo quando è consona ai loro pregiudizi politici! Lei ha subito anche delle conseguenze per la sua azione contro l’aborto… Hanno cercato in tutti i modi di farmi tacere, di distruggermi. Perché mi opponevo all’aborto, sono stato buttato fuori dalla clinica Mangiagalli, che poi è stata costretta a riassumermi. Ho subito tre processi. L’accusa è stata quella di aver coartato le donne a non abortire. Essere padre di 8 figli non è mica uno scherzo e
le assicuro che in quegli anni a casa mia non si viveva bene, tra l’ansia di essere giudicato e i costi della mia difesa. Tutto questo perché difendevo la vita. In uno dei processi, il presidente del Tribunale mi chiese in che cosa credo, perché – disse – era necessario inquadrare la mia personalità. Gli dissi: ‘Vado a Messa tutte le domeniche e nelle feste comandate. Io credo in una sola cosa: nel Credo che dico durante la Messa’. Dopo la mia risposta, venne fuori che la domanda del Presidente era improponibile e quindi non trascrivibile nel verbale. Ha sofferto molto nella battaglia che ha condotto? Sì, ho sofferto, insieme alla mia famiglia, ma ho imparato che la vita è un bene che ci riguarda tutti. Ho svolto la mia battaglia, e la svolgo tuttora, per conquistarmi punti per il Paradiso. Io so che l’uomo cammina su questa terra, perché sa dove deve andare. La sua domanda, mi fa venire in mente la persona che nel mio piccolo considero il mio punto di riferimento, non solo culturale. Chi? Il Servo di Dio Jérôme Lejeune,
Non si dà sollievo al dolore di un essere umano uccidendone un altro al quale il Meeting dell’Amicizia di Rimini proprio quest’anno ha dedicato una mostra. Anche Lejeune soffrì molto per sue idee a favore della vita, contro l’aborto, contro la procreazione assistita: fu evitato dai suoi colleghi e non venne più invitato ai convegni scientifici; ma questi fatti, invece di indebolirlo, lo resero ancora più forte. Mi piace ricordare una sua frase: ‘La compassione per i genitori è un sentimento che ogni medico dovrebbe avere. L’uomo che riesce ad annunciare a dei genitori che il loro bambino è gravemente malato senza sentire il cuore schiantarsi al pensiero del dolore che li assalirà, non è degno del suo mestiere. Non è commettendo un crimine che si protegge qualcuno da una disgrazia. E uccidere un bambino è semplicemente omicidio. Non si dà sollievo al dolore di un essere umano uccidendone un altro. Quando la medicina perde tale consapevolezza, non è più medicina’. Danilo Quinto
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Vademecum per il medico obiettore Note giuridiche importanti per i medici che si rifiutano di uccidere Gianfranco Amato, Presidente di Giuristi per la vita, spiega perché anche sulla cosiddetta “contraccezione d’emergenza” il medico può invocare il diritto all’obiezione di coscienza. Si tratta, infatti, di pillole abortive (cambiargli il nome non gli cambia la sostanza), e il diritto all’obiezione, che è previsto nella stessa l.194, si può esercitare anche nel caso delle pillole. È protetto - insieme al diritto alla vita - dalla Costituzione, e dal codice di deontologia medica. Infine, se anche un giudice di parte e pretestuoso ritenesse di poter sottoporre il medico obiettore ad azione legale, sarebbe costretto a riconoscere il suo comportamento senza colpa né dolo, quindi non punibile. Piuttosto sono le pressioni contro i medici obiettori che potrebbero essere perseguite penalmente.
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ei sempre più frequenti casi di minaccia di azione legale contro i medici che si rifiutano di prescrivere la pillola del giorno dopo (o dei cinque giorni dopo), le argomentazioni si basano quasi sempre sui seguenti rilievi: a) non esiste per le prescrizioni delle pillole utilizzate nella contraccezione d’emergenza un diritto all’obiezione espressamente previsto per legge; b) nel campo penale non è possibile l’applicazione analogica dell’art.9 della Legge 194/78 (il quale prevede l’obiezione di coscienza in caso d’interruzione volontaria della gravidanza); c) il medico è comunque deontologicamente obbligato a prescrivere la pillola, rischiando, in caso contrario, sanzioni disciplinari e legali. Ecco, in sintesi, i punti che possono essere invocati a sostegno del diritto all’obiezione di coscienza e i rimedi per tutelarlo. 1. Esistono elementi non eludibili dal punto di vista scientifico, suffragati dalle stesse indicazioni delle case farmaceutiche, che attestano l’attitudine delle pillole utilizzate nella contraccezione d’emergenza ad agire anche nella fase post-concezionale, impedendo l’ulteriore procede-
re della vita dell’embrione e, in particolare, il suo annidamento nella parete uterina. Appare quindi evidente quantomeno la potenzialità di un simile effetto, e il rilievo causale decisivo rispetto al possibile determinarsi di tale effetto, tra la prescrizione e la somministrazione delle predette pillole. 2. È vero che il diritto all’obiezione di coscienza nei casi in esame non è esplicitamente contemplato da una norma di legge – posto che la previsione di cui all’art. 9 della legge n. 194/1978 attiene al contesto della interruzione di una gravidanza accertata –, ma è altrettanto vera la sussistenza delle condizioni per invocare l’applicabilità per analogia, ai sensi dell’art. 12, co. 2, disp. prel. cod. civ., del medesimo art. 9. La ratio giustificativa dell’obiezione nel caso dell’interruzione volontaria della gravidanza, infatti, è identica a quella invocabile per la prescrizione delle pillole utilizzate nella contraccezione d’emergenza, ovvero l’indisponibilità ad agire in senso lesivo di una vita umana nella fase prenatale, e segnatamente di una vita
umana che va svolgendo la sua sequenza esistenziale all’interno del corpo femminile. A questo proposito occorre precisare che il citato art. 9 restringe l’ambito della potenziale applicabilità di norme penali incriminatrici, e quindi l’utilizzazione analogica della medesima norma non va incontro al divieto di cui all’art. 14 disp. prel. cod. civ., dando luogo per l’appunto, sotto il profilo penale, a un’ipotesi di c.d. analogia in bonam partem. 3. Anche a prescindere dai rilievi del punto precedente, peraltro, i casi in esame, in quanto riguardano l’indisponibilità alla collaborazione verso un atto lesivo della vita umana, devono ritenersi afferenti all’ambito di un diritto all’obiezione che ha fondamento costituzionale e risulta desumibile direttamente dalla Costituzione. Tale indisponibilità, infatti, non riflette
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un atteggiamento antigiuridico, ma la fedeltà al rilievo di quel particolare bene – la vita umana – il cui rispetto assume un ruolo del tutto preminente nell’impianto costituzionale, costituendo presidio del mutuo riconoscimento fra gli esseri umani come uguali (vale a dire, del principio di uguaglianza), nonché presupposto necessario dell’esercizio di qualsiasi altro diritto. 4. Resta inoltre applicabile in favore del medico che non intenda prescrivere o somministrare le pillole in oggetto la clausola di coscienza contemplata dall’art. 22 del codice di deontologia medica: clausola che non avrebbe alcuna ragion d’essere se non costituisse un criterio delimitativo degli obblighi giuridicamente ascrivibili al medico, assumendo rilievo, pertanto, anche al di fuori dei casi di obiezione esplicitamente previsti dalla legge. E proprio in riferimento alla clausola di coscienza il Comitato Nazionale per la Bioetica ha riconosciuto in modo unanime, nella Nota sulla contraccezione di emergenza approvata il 28 maggio 2004, la possibilità per il medico di rifiutare la
prescrizione o la somministrazione di Levonorgestrel (LNG). 5. Da quanto s’è detto deriva che, se da una parte l’ordinamento giuridico intende garantire la possibilità d’interruzione del processo già attivatosi di una vita umana, dall’altra parte esso non può operare con modalità coattive nei confronti di soggetti indisponibili per ragioni di coscienza a tenere quelle medesime prestazioni. 6. Infondata appare, quindi, la minaccia di azioni legali contro i sanitari che intendano avvalersi dell’obiezione di coscienza nei confronti delle
pillole in oggetto. E se pure azioni del genere dovessero essere intraprese, esse non sembrano poter reggere a un vaglio giudiziario. Si noti del resto che, perfino nel caso in cui – per ipotesi – si dovesse giungere in sede giudiziaria a considerare inammissibile l’obiezione di coscienza nei casi in discussione, sarebbe ben difficile non riconoscere nei sanitari interessati – alla luce della situazione attuale e dei pronunciamenti del Comitato Nazionale per la Bioetica – un errore inevitabile (e come tale scusabile) di diritto sull’obbligo penalmente rilevante, come altresì l’assenza del dolo in merito all’antigiuridicità della condotta. 7. Occorre, infine, evidenziare che eventuali pressioni o minacce nei confronti dei medici obiettori intese a far sì che il loro diritto all’obiezione non venga esercitato potrebbero essere suscettibili, sussistendone le condizioni, di rilievo giuridico, anche sul piano penale (per esempio con riguardo ai reati di violenza privata e di minaccia, ex artt. 610 e 612 c.p.). Gianfranco Amato
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Aborto con la pillola RU486: dolore e morte La verità sull’aborto chimico: sofferenza e pericolo di vita per la madre.
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onna, abortirai con dolore”. Era il titolo di un articolo apparso su un quotidiano di alcuni anni fa quando infuriava lo scontro attorno alla pillola abortiva. Vi si sosteneva la tesi che l’opposizione alla RU 486 avesse una ragione inconfessata: l’aborto chimico avrebbe sottratto le donne a quella sofferenza e a quel dolore con cui gli antiabortisti vorrebbero punire le donne che interrompono la gravidanza. Bella tesi, peccato che sia del tutto falsa, come dimostrato non dalla fede, né dalla riflessione morale, ma da una marea di studi scientifici nell’ambito della ricerca clinica. Vogliamo parlare di dolore? Benissimo, anzi, malissimo, perché una donna su quattro che abortisce con la pillola riferisce un dolore di 9 o 10 in una scala da 0 a 10 (Wiebe, 2001) e quando il dolore provato con l’aborto chimico viene confrontato con quello della procedura chirurgica i livelli medi di intensità sono più alti del 100-150% (Robson, 2009). Mentre il dolore dopo l’aborto è incluso tra gli effetti collaterali solo in un terzo dei casi, se l’aborto è av-
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La lista delle donne che muoiono per le infezioni e le complicazioni conseguenti l’aborto farmacologico si allunga inesorabilmente
venuto con la pillola ben il 96% delle donne lo riferisce tra i Gli studi scientifici sintomi (By Nguyen, 1999). Ma provano che il 96% com’è che improvvisamente l’adelle donne che borto chirurgico è diventato così hanno preso la RU doloroso per le donne? In un 486 hanno abortito depliant del Centro Informazioni con molto dolore Sterilizzazione Aborti (C.I.S.A.) degli anni ’70 si poteva leggere: “Se, nonostante la paura, la donna resta rilassata, non avver- morto solo come preventivato, i te nessun dolore […] l’aborto morti sono diventati due, percon l’aspirazione dura in media ché al bambino si è aggiunta due o tre minuti […] in genere le anche la madre. C’è da dodonne sane e normali si ripren- mandarsi come mai a fronte di dono in un quarto d’ora e dopo questa realtà ben nota nel monventi minuti urlano dalla fame, e do scientifico alcuni specialisti vanno di corsa a mangiare”. For- del settore salutarono la pillola se che le tecniche chirurgiche abortiva come “miracolosa”, la degli anni ’70 erano più avanza- indicarono come la garanzia di te rispetto a quelle odierne? C’è un aborto più sicuro di quello poi il problema delle donne che chirurgico, un aborto assimilabimuoiono dopo avere aborti- le al passaggio “da un’auto con to con la RU 486. Sono solito due airbag ad una vettura con proiettare agli studenti una dia- sei airbag”. Già, come mai? Ho positiva che raccoglie la casisti- qualche idea che vi dirò in un ca e mi accorgo che ogni anno prossimo articolo. Nel frattempo che passa i caratteri di quella rimanete sintonizzati sulle pagidiapositiva diventano sempre ne di “Notizie Pro-Vita”. più piccoli; l’elenco delle donne morte si allunga sempre più Renzo Puccetti e a breve non mi sarà possibile farle entrare tutte in un’unica immagine. Infezione da Clostrium Sordellii, da Clostridium Perfrigens, da Streptococco, emorragia, rottura tubarica, porpora trombotica trombocitopenica; sono le molteplici, terribili cause che hanno portato al raddopQuesto è il risultato di una pillola abortiva, pio: invece che un a sei settimane di gravidanza
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Io accolgo te I vantaggi e l’efficacia dei metodi naturali per la procreazione responsabile
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uanti figli vogliamo? Penso che questo sia un interrogativo che dimora nel cuore di ogni coppia. L’Humanae Vitae parla di paternità e maternità generosa e responsabile. Non esistono tabelline prodotte Oltretevere con reddito, tempo libero, numero di nonni e metrature dell’appartamento per conoscere il numero esatto di figli per diventar santi. Quale percorso per regolare la fertilità? Parimenti non c’è la certezza di una gravidanza nonostante sia desiderata e neppure esistono strade per impedire sicuramente la generazione di un figlio con un rapporto sessuale completo. Tante le differenze tra metodi di regolazione naturale della fertili-
I metodi naturali rendono la coppia più responsabile e hanno la stessa efficacia della pillola estroprogestinica.
tà e i mezzi contraccettivi che cercano di impedire il concepimento (da accipere, accogliere: contraccezione è il rifiuto di accogliere, il contrario di quanto si esprime nelle promesse nuziali). Pochi sanno che i metodi naturali sono una valida alternativa ai mezzi contraccettivi. Essi si fondano sulla possibilità di individuare, all’interno del ciclo mestruale, i giorni fertili grazie all’osservazione da parte della donna di alcuni segni e sintomi naturali di fertilità. Il buon Dio ha pensato a tutto “creando la donna in un modo che includa anche il metodo”, diceva John Billings, neurologo cattolico australiano. Tale conoscenza può essere utilizzata dalla coppia sia per cercare che per distanziare le gravidanze. La coppia regola la propria fertilità come meglio ritiene opportuno, praticando eventualmente la continenza periodica durante la finestra fertile. Studi scientifici accreditati (P. Frank-Herrmann, J. Heil, C. Gnoth, E. Toledo, S. Baur, C. Pyper, E. Jenetzky, T. Strowitzki, G. Freundl), tra cui alcuni condotti dall’OMS, attestano per il metodo dell’ovulazione Billings e per il sintotermico Rötzer un’efficacia pari alla pillola estroprogestinica per evitare una gravidanza a sorpresa. Al contempo i metodi naturali sono di grande aiuto per la ricerca di una gravidanza. La maggior parte delle coppie con-
cepisce entro sei cicli di rapporti mirati. In 36 mesi più della metà delle rimanenti coppie riesce ad avere un bimbo. Questo tasso è superiore a quello di qualsiasi altra strategia. Da ogni punto di vista nella sfida “metodi naturali vs mezzi contraccettivi” vincono i primi: innocui per il nascituro, privi di controindicazioni, reversibili immediatamente, di aiuto per la fertilità, accettabili da tutti senza nessun controllo medico, semplici e gratuiti da imparare, economici ed ecologici, sempre utilizzabili, favoriscono il dialogo di coppia, promuovono la cooperazione tra l’uomo e la donna, incoraggiano la corresponsabilità reciproca, educano alla continenza, temprano la volontà, aumentano la conoscenza, risaltano la coppia e sono gli unici accettati dalla Chiesa. I metodi naturali semplicemente ti danno la possibilità di prevedere la conseguenza delle tue azioni: rendono la coppia più responsabile. Se oggi siamo entrambi potenzialmente fertili e non vogliamo per il momento avere altri bimbi, invece che fare l’amore manifesteremo la nostra totale donazione reciproca in altro modo. Questo può risultare addirittura un aiuto allo sviluppo della relazione con il rafforzamento della tenerezza, delle coccole, dell’attesa l’uno dell’altra. Certi che l’altro non sia qualcosa da prendere quando ne ho voglia. E la continenza periodica, imparata in questo modo, sarà di grande aiuto quando la coppia si imbatterà in periodi di astinenza forzata (pensate ad una malattia o alla lontananza fisica). Diego Andreolli
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L’uomo e l’aborto Abbiamo già parlato del trauma post aborto maschile. Le sue gravi ripercussioni sulla salute dei padri mancati sono molto aggravate con l’applicazione della legge 194. Nella nostra cultura c’è un silenzio assordante sulle terribili conseguenze dell’aborto: raramente si parla del trauma post aborto che subisce la madre, mai si parla dei padri.
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a mentalità pro morte dominante oggi ci vuole far credere che l’aborto sia qualcosa di semplice, di sicuro e facile. In realtà il suo impatto sulla vita delle donne e degli uomini è devastante perché l’aborto è un’esperienza di distruzione. È il tramonto del potenziale umano, del rapporto umano, della responsabilità, del senso materno, della relazione con l’altro e dell’innocenza. Nella nostra cultura, però, c’è un silenzio assordante sui terribili danni psicologici che ne conseguono: raramente si parla delle conseguenze che subisce la madre, mai si parla dei padri. Nel primo numero di questa rivista Antonello Vanni ha scritto del Trauma Post Abortivo Maschile. Questo si può manifestare anche quando l’aborto è spontaneo, ed è certamente aggravato quando è volontario ed è stato voluto anche dal padre. Ma è del tutto inimmaginabile l’angoscia in cui vivono quei padri che non hanno potuto impedire alle compagne di uccidere i propri figli. La legge 194, infatti, ignora completamente il diritto na-
turale alla paternità. Essa, del resto, è una legge frutto di una mentalità diffusa, generata insieme a slogan vetero femministi tipo “l’utero è mio e lo gestisco io”, che considera la gravidanza e l’aborto una questione solamente femminile. Si parte dal presupposto che il padre non è presente (come se i figli normalmente nascessero da rapporti occasionali di gente irresponsabile), ma se c’è non conta nulla. Questo è profondamente ingiusto dal punto di vista psico - affettivo perché è contro natura; è diseducativo e deresponsabilizzante, perché autorizza gli uomini superficiali a disinteressarsi delle gravidanze inattese delle loro compagne; è contro il fondamentale principio di uguaglianza che è alla base di ogni Stato civile, e - in particolare - lede la pari dignità sociale che l’art. 3 della nostra Costituzione riconosce all’uomo e alla donna, e la parità di diritti che il secondo comma dell’art. 29 riconosce ai coniugi.
Gli uomini, a cui è stato ucciso un figlio per l’applicazione di una legge ingiusta, hanno bisogno di aiuto, hanno diritto di far sentire il loro grido di dolore.
Nel “Documento per il padre” (www.claudio-rise.it/comunicato.htm), un nutrito gruppo di giuristi, giornalisti, medici ed accademici chiede alla società civile maggiore considerazione della figura paterna, in particolare per tutto ciò che concerne il rapporto con la vita nascente. Perché gli uomini, a cui è stato ucciso un figlio per l’applicazione di una legge ingiusta, hanno bisogno di aiuto, hanno diritto di far sentire il loro grido di dolore. A dar loro voce c’è Giuliano, un uomo che ha pubblicato su diversi giornali e siti internet la sua esperienza. Egli racconta come il suo amore e la sua vita siano letteralmente andati in pezzi a seguito dell’aborto. La gravidanza della sua fidanzata era inattesa, ma accolta con amore da entrambi, finché la famiglia e gli amici di lei non si sono frapposti e opposti alla nascita del bambino. Pubblichiamo nella pagina seguente ampi stralci della sua toccante testimonianza che si può trovare integralmente all’indirizzo http://lachiamatadimaria. forumfree.it/?t=62756868), con i recapiti dell’autore. Francesca Romana Poleggi
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Giuliano racconta
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Riportiamo ampi stralci della testimonianza di un uomo che, dalla legge italiana, la 194, è stato privato della gioia più grande, quella di vedere suo figlio venire alla luce
o ho cercato di parlare. Prima con l’Amore, poi con le lacrime, alla fine anche con la rabbia derivante dalla disperazione”. “E io non capivo come fosse possibile che tante persone che non c’entravano niente si sentissero in diritto di fare del male a mio figlio, e il padre, l’unico veramente in diritto di poter parlare venisse considerato “nessuno”. Anzi, “privo di ogni sensibilità”. Mi sentivo solo, contro tutti”.
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Mio figlio è morto perché la sua mamma non ha trovato nessuna persona che le parlasse dell’Amore vero
“Mio figlio è morto perché la sua mamma non ha trovato nessuna persona che le parlasse dell’Amore vero, della magnificenza dell’Amore di Dio: c’ero io da una parte, e dall’altra una serie di persone che la circuivano per ingannarla. E le loro bugie hanno pesato di più, rovinando 3 vite con un solo gesto”. A un certo punto lei non è stata “più in grado di intendere e di volere”, dice Giuliano. E una mattina, alla fine, il bambino è andato a morire, accompagnato “amorevolmente” per mano di sua nonna e di sua zia. “Da gioviale che ero, sono diventato triste” prosegue Giuliano. “Mi sentivo
svuotato, vedevo che il mondo continuava a vivere come se niente fosse successo, mentre per me TUTTO era successo. Tutte le cose a cui tenevo avevano d’un tratto perso di valore, tutto mi sembrava insignificante e inutile. E la cosa più schifosa, secondo me, è che di tutto il male che la 194 provoca non ne ho mai sentito parlare nessuno... Dove sono tutti quelli che queste morti le subiscono? Stanno zitti, tutti quanti? È proprio vero che il mondo resta brutto non per colpa di quelli che operano il male, ma per colpa di quelli che al male non si oppongono con decisione. Per colpa di quelli che tacciono, e non si schierano. Di quelli che soffrono in silenzio, e non condividono. Nei miei viaggi ho visto bambini mutilati, bambini ciechi, bambini dall’infanzia negata, bambini che chiamarli poveri è un eufemismo, bambini violentati, bambini ammalati allo stadio terminale. Ma erano tutti bambini VIVI, e felici di esserlo. Allora ho capito che i più poveri tra i poveri non sono nel terzo mondo, ma sono proprio in mezzo a noi. Chi ha il cuore più povero di una mamma che uccide il proprio
La cosa più schifosa, secondo me, è che di tutto il male che la 194 provoca non ne ho mai sentito parlare nessuno
Il mondo resta brutto non per colpa di quelli che operano il male, ma per colpa di quelli che al male non si oppongono con decisione. Per colpa di quelli che tacciono, e non si schierano figlio, senza neanche guardarlo in faccia? Chi è più povero di chi si adopera per spegnere la luce che Cristo ha acceso negli occhi delle persone belle? Chi è più povero di un medico che prende dei soldi per succhiare le vite dalle pance altrui? E chi è più povero di una Società che legalizza tutto quest’orrore? Chi è che oggi bussa alla mia porta per curare la brutta depressione che mi ha preso? Chi si sta preoccupando del recupero del senso di autostima della mamma del mio bimbo?” Concludiamo facendo nostro l’appello che Giuliano rivolge a tutti i suoi lettori: “Forse questo dolore mi è stato affidato perché venga messo a frutto, e allora vi prego di considerare queste mie esperienze. Parlare di mio figlio, o sapere che c’è gente che lo fa, mi fa molto bene, perché se se ne parla significa che non è morto, o che non è morto invano! Pregate tanto per tutti i bimbi che, ogni giorno, non riescono a nascere.” Giuliano De’ Medici
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L’inganno della neolingua pro morte Qualche esempio del linguaggio politically correct che ha la funzione di nascondere la verità e propinare la menzogna
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promotori della cultura della morte, hanno capito che se volevano penetrare sempre più nell’opinione pubblica e nel comune sentire, realizzando in tal modo i propri obiettivi, non avrebbero dovuto usare una dialettica troppo chiara ed esplicita, ma una terminologia più soft, rassicurante, sofisticata. Hanno così ideato un nuovo linguaggio, politically correct, che ha la funzione di nascondere la verità e propinare la menzogna, mostrandola sotto una luce attraente e invitante.
La gravidanza è diventata una malattia: un “serio pericolo per la salute fisica e psichica” a cui la donna va incontro. Dimostrazioni di questo modo di fare ce ne sono tantissime, il “figlio concepito”, ad esempio, nel nuovo linguaggio, è stato ridotto a un “grumo di cellule”, permettendo così di eliminarlo in tutta tranquillità, come si trattasse di un brufoletto. L’aborto – cioè l’uccisione volontaria del figlio – da delitto è stato sovvertito in diritto subendo due evoluzioni, prima in “interruzione volontaria della gravidanza” e poi in un’asettica e rassicurante sigla: “Ivg”. L’aborto chimico, quello con la pillola Ru486 – di fatto più lungo, doloroso e pericoloso – è chiamato “aborto facile”, e la pillola abortiva - un veleno che uccide il concepito – è giusto un farmaco (una pillolina
da mandar giù con un bicchier d’acqua) per “curarsi” dalla gravidanza, la quale, nel frattempo, è diventata una vera e propria malattia: un “serio pericolo per la salute fisica e psichica” a cui la donna va incontro. Le pillole “del giorno dopo” e “dei cinque giorni dopo” – potenzialmente abortive – sono dette “contraccettivi d’emergenza”. L’eutanasia – cioè l’uccisione di una persona al fine di “liberarla dalla sofferenza” – è diventata un’allettante dolce morte per il malato, e un atto di pietà per l’uccisore. Alimentazione e idratazione artificiali sono passati da “sostegni vitali” a mere “cure mediche” e poi la sospensione di queste “cure” è diventato un atto dovuto “contro l’accanimento terapeutico”. Nell’ambito della fecondazione assistita extracorporea, la diagnosi genetica preimpianto – ovvero la selezione genetica degli embrioni per scegliere quelli sani e scartare quelli malati – ha trasformato l’“eugenetica” in “diagnosi”. Mentre, vendere i propri ovuli, perché in stato di povertà e bisogno, sottoponendosi a pericolosi cicli di stimolazione ovarica per la fecondazione eterologa, si chiama “donazione altruistica”, affittare il proprio utero è un “atto umanitario” e percepire il compenso in entrambi i casi si chiama “rimborso spese”. I “Piani di Sviluppo” e di “Salute Riproduttiva” dell’ONU sono attuati me-
La promozione della vita non può che fondarsi sulla verità e quindi col ricominciare a chiamare le cose con il loro nome. diante la diffusione e l’accesso a contraccezione, aborto e sterilizzazione, e così la lotta alla povertà è realizzata eliminando le bocche da sfamare. L’antilingua ha trovato un terreno molto fertile nelle più cruciali e fondamentali questioni bioetiche, permettendo ai nemici dell’uomo e della vita di prevalere e sopraffare i deboli e gli indifesi. Ristabilire la verità, riconoscendo e denunciando l’imbroglio di questa chirurgia plastica linguistica, di questo restyling lessicale, diventa allora il primo passo da compiere in vista della riaffermazione della cultura della vita e del bene. La promozione della vita non può che fondarsi sulla realtà e quindi sul ricominciare a chiamare le cose con il loro nome. Lorenza Perfori
Famiglia ed Economia
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A sostegno della famiglia, a sostegno della vita Difendere la Vita e difendere la famiglia sono un tutt’uno. Le famiglie, dal canto loro, devono essere consapevoli del proprio ruolo sociale e della propria responsabilità pubblica La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. (Art.29, 1° comma della Costituzione)
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on è possibile, oggi, nascondere i gravi pericoli a cui alcune tendenze culturali vorrebbero orientare le legislazioni e, di conseguenza, i comportamenti delle future generazioni: domina un relativismo culturale che teorizza e difende il pluralismo etico, che sancisce la decadenza della ragione e dei principi a fondamento della legge morale naturale. Una società che non sa più cosa sia la famiglia, che prevede la possibilità di abortire o il suicidio assistito, che non sa dire perché il riconoscimento giuridico e magari l’adozione di un figlio non si debba consentire alle coppie omosessuali, è una società che non sa più da dove viene né dove vuole andare. Chiaro è stato il monito di Benedetto XVI: “Nella difesa della vita, non dobbiamo temere l’ostilità e l’impopolarità, rifiutando ogni compromesso ed ambiguità, che ci conformerebbero alla mentalità di questo mondo”. La difesa della vita riguarda moltissime aree della politica. Non si riferisce solo ad alcune prassi di tipo sanitario o inerenti la ricerca scientifica; si tratta anche di politiche giovanili,
“Nella difesa della vita, non dobbiamo temere l’ostilità e l’impopolarità, rifiutando ogni compromesso ed ambiguità, che ci conformerebbero alla mentalità di questo mondo” (Benedetto XVI)
per la casa, per il lavoro, per l’armonizzazione tra i tempi di vita familiare e di lavoro, politiche fiscali, di tutela della donna come madre e lavoratrice, di diritto di libertà di scelta educativa: si tratta cioè di proteggere le giovani generazioni da falsi idoli e modelli. Per fare tutto ciò è necessario riscoprire l’importanza sociale e pubblica della famiglia! Essa è il paradigma di ogni altra relazione, nonché la prima impresa, produttrice ineguagliabile di risorse, di beni e servizi: si pensi solo alla cura dei bimbi e degli anziani, all’educazione, al ruolo di solidarietà intergenerazionale, ecc. Anche parlarne dal punto di vista giuridico costituisce un invito tranquillizzante, perché le norme che la definiscono sono chiare e ben consolidate. La nostra Costituzione, infatti, si limita a riconoscere un dato di fatto, ossia la famiglia
come “società naturale fondata sul matrimonio” (art.29). Tuttavia, da parecchi anni, la politica non solo sembra aver dimenticato tutto ciò, ma, non di rado, attacca l’istituto familiare sotto diversi punti di vista. Per ottenere un radicale cambiamento è necessaria una stretta collaborazione tra le due realtà: da un lato diventa fondamentale un approccio promozionale nei confronti della famiglia, proposto come criterio essenziale per la progettazione e la realizzazione di politiche sociali; dall’altro occorre che anche le famiglie sappiano acquisire una chiara consapevolezza del proprio ruolo sociale e della propria responsabilità pubblica di fronte all’agire degli altri sottosistemi (politico, amministrativo, economico). “Ripartire dalla famiglia” non può rimanere uno slogan, ma va riconnesso alla responsabilità che ciascuna di esse deve assumersi. Questa è la vera uscita dall’assistenzialismo. Non si tratta di operare una sussidiarietà intesa come privatizzazione dei servizi o come un “lasciar fare” alle famiglie, ma, al contrario, si tratta di adottare misure che le sostengano, affinché possano esprimersi in tutto il loro immenso potenziale di tutela, promozione e rigenerazione dell’essere umano, dal concepimento alla morte naturale. Giovanni Alvise Pevarello
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Aborto e controllo demografico I fautori dell’aborto, per motivi economici, possono spingere le donne ad abortire anche in casi in cui l’aborto potrebbe essere controindicato, inappropriato, o persino non voluto.
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fautori dell’aborto possono avere conflitti d’interesse con le donne incinte tali da portarli a guidare le donne ad abortire anche in casi in cui l’aborto potrebbe essere controindicato, inappropriato, o persino non voluto. Il più evidente conflitto d’interesse è di natura economica. Il fine economico porta a diminuire l’investimento di tempo e di personale necessari a fornire uno screening e una consulenza appropriati, inoltre può favorire il “vendere” questa procedura, tacendone i rischi che invece potrebbero portare alcune donne a cambiare idea. Ancora più problematico è il fatto che alcuni di coloro che praticano l’aborto sono ideologicamente impegnati nell’uso dell’aborto come strumento per il decremento delle nascite. Essi immaginano l’aborto come al servizio di qualche bene sociale che è più grande delle preoccupazioni della singola paziente. Per esempio, la gran parte di coloro che praticano l’aborto negli Stati Uniti è riunita sotto la Planned Parenthood Federation of America (PPFA), per la quale il
L’operatore sociosanitario che appartiene ideologicamente al partito “antinatalista”, può incentivare le donne all’aborto anche contro il loro interesse.
controllo della popolazione è la missione primaria. Il sostegno finanziario erogato a Planned Parenthood per sovvenzionare i suoi servizi abortivi e contraccettivi è dato con l’intento di ridurre i tassi di natalità. Governi, fondazioni e agenzie private spendono miliardi di dollari ogni anno per frenare la crescita della popolazione. Quando i consulenti delle donne che stanno prendendo in considerazione l’aborto sono gli stessi che considerano i bambini come potenziali fardelli per la società e sono preparati a difendere i programmi di controllo coattivo della popolazione, allora è possibile che siano inclini a incoraggiare l’aborto nascondendo o minimizzandone i rischi. Se l’80%, delle donne soffre piccoli o grandi traumi post-aborto, alcuni “controllori” della popolazione giustificano queste sofferenze come un piccolo prezzo da pagare per la pace nel mondo, la prosperità e l’ecologia ambientale. Tali “valori” introducono un potenziale conflitto tra il servire i bisogni della salute della singola paziente e il servire l’agenda sociale degli altri. La loro ansia di risolvere il problema della povertà, dell’equo commercio, della redistribuzione del reddito, incide molto di più sulle decisioni delle madri e quindi sul tasso di natalità di qualsiasi controllo coercitivo delle nascite. Circa le vere cause alla base della povertà nei rispettivi paesi e in quelli
Chi dovrebbe consigliare e aiutare le donne che vogliono abortire, può avere un interesse economico in conflitto con il bene della donna. del Terzo Mondo, Colin Clark, in “Population Growth - The Advantages”, afferma: “I problemi spesso molto gravi sono dovuti al malgoverno (…). Quale meravigliosa scappatoia è per i politici incompetenti e corrotti di questi paesi poter dire che tutti i problemi e tutti i guai sono dovuti all’espansione demografica! Essi vanno predicando: controllate l’espansione demografica in modo da darci respiro e consentirci di risolvere i nostri problemi. L’ultima cosa che dovrebbero avere è proprio questo respiro, questa tregua, che porterebbe a ulteriori rinvii della soluzione di problemi, che avrebbero dovuto essere affrontati già da anni”. Virginia Lalli
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Il Congresso mondiale delle famiglie
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Si chiama World Congress of Families(WCF), è promosso dall’Howard Center for Family, Religion and Society di Rockford, in Illinois, è presieduto dal sociologo Allan C. Carlson ed è una delle iniziative più intelligenti e belle degli ultimi anni sul fronte dei “princìpi non negoziabili”.
n un mondo, infatti, in cui ogni volta che si parla e che si scrive di questo argomento occorre ormai specificare subito “matrimonio tra un uomo e una donna” (con enfasi particolare pure su quei due articoli indeterminativi, che sono sempre singolari), e dire “famiglia naturale”, il WCF funziona da vero e proprio “parlamento delle famiglie”. Di fatto, è un congresso che, una volta ogni due anni, raccoglie in una capitale di uno dei Paesi del mondo anzitutto e soprattutto le famiglie, quindi – a supporto e rincalzo – tutte le organizzazioni e le associazioni che quella famosa “famiglia naturale” hanno a cuore, prodigandosi per difenderla e per tutelarla. Carlson, che sul tema ha scritto molte cose pregevoli (meritevoli di traduzioni italiane, che ancora non ci sono), è infatti convinto che l’istituto familiare sia l’unità di base fondamentale
L’Articolo 16,3° comma della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite recita: “La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”
della società, e che come tale essa debba venire positivamente riconosciuta e coraggiosamente garantita persino dagli Stati. Esattamente come recita l’articolo 16, comma 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite. Il WCF si è riunito 6 volte: nel 1997 a Praga, nel 1999 a Ginevra, nel 2004 a Città del Messico, nel 2007 a Varsavia, nel 2009 ad Amsterdam e nel 2012 a Madrid. All’inizio erano in 700 persone, l’ultima volta circa 4mila. Il prossimo appuntamento è fissato per Sydney, in Australia, dal 15 al 18 maggio 2013. L’iniziativa, tra l’altro, è interconfessionale (è animata da e sono presenti sempre cattolici e calvinisti, mormoni e anglicani), e di suo non è nemmeno dichiaratamente promossa come manifestazione religiosa; chissà perché, però, se non vi fossero gli enti d’ispirazione religiosa, nemmeno un bene di evidente valore naturale e preconfessionale come la famiglia verrebbe adeguatamente promosso, e una realtà come il WCF non esisterebbe affatto. Ora, il WCF è anzitutto una festa. Una festa per la famiglia (vien proprio da aggiungere “come Dio comanda”), spesso vociante e allegramente confusa per esempio negli eventi che coinvolgono anche i più piccoli (i quali partecipano sempre numerosi, da protagonisti, assieme ai genitori), sempre ricca e sincera nelle testimonianze. A ciò si aggiungono quindi le
La ragione e la natura insegnano che la famiglia deve essere al centro di ogni considerazione e azione culturale, sociale, economica e politica. sessioni di lavoro scientifiche, con relazioni nei più svariati campi, dalla medicina alla giurisprudenza, dalla psicologia all’economia. L’idea centrale è soprattutto quella di testimoniare la vitalità della famiglia vera in un panorama che oggi potrebbe apparire sempre più desolato e quindi sconfortante; dunque quello di confrontarsi e di mettere in comune studi, analisi, ricerche e strategie destinate a proteggere la famiglia dagli attacchi incrociati che quotidianamente essa subisce, dal fronte omosessualista alla lobby abortista, onde rimetterla al centro, come dev’essere, di ogni considerazione e azione culturale, sociale, economica e pure politica. I nemici non mancano, certo. Ma il WCF prosegue tranquillo. Sa perfettamente di avere ragione e di avere dalla propria parte l’arma più forte di tutte. Quella della verità delle cose, che consiste anche nel dovere di dire sempre le cose così come davvero stanno. In ogni luogo e di fronte a chiunque. Marco Respinti
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Quando don Camillo “bastonava” Malthus Già sessant’anni fa circolavano le teorie antinataliste del pastore anglicano. Ma Giovannino Guareschi le demoliva senza pietà.
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rescete et moltiplicorum!”. Nel buio della notte padana, la luce della torcia elettrica di don Camillo scopre che oltre la rete del pollaio mani ignote hanno lasciato un cartello per farsi beffe di lui. I “polli della vittoria”, allevati con tanta cura in vista della sconfitta elettorale di Peppone, sono spariti, e i ladri hanno lasciato soltanto due esemplari, e quel cartello in segno di scherno. L’episodio - che appare nel film Don Camillo e l’onorevole Peppone - ci offre il destro per introdurre quel biblico “crescite et multiplicamini” che fu al centro della profetica battaglia combattuta da Guareschi contro le teorie maltusiane. Teorie elaborate sul finire del ‘700 dal pastore anglicano Thomas Robert Malthus, che esortava le coppie di sposi all’astinenza per evitare di far crescere la popolazione oltre misura. Oggi i “malthusiani” sono diventati una presenza inquietante nei governi, nelle organizzazioni internazionali, nei giornali. Sono potenti, nonostante le loro previsioni siano state clamorosamente smentite dai fatti. All’orizzonte si profila semmai il dramma del crollo di nascite nei paesi ricchi. Già sessant’anni fa, nel 1952, il Corriere della sera manifestava le
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Oggi i “malthusiani” sono diventati una presenza inquietante nei governi, nelle organizzazioni internazionali, nei giornali, anche se le loro teorie sono state smentite dai fatti
prime aperture di credito alla cultura malthusiana. Tanto da pubblicare un pezzo intitolato “L’eccesso di popolazione non può sfogarsi all’estero”, nel quale si avvertono gli italiani che su di loro incombe il flagello della sovrappopolazione e la conseguente miseria generale. Sennonché un lettore di Candido, Franco Spotorno, scrive a Guareschi: “Le famiglie numerose sono in gran parte l’indice di coscienza religiosa, di senso del dovere, di rispetto delle leggi di Dio e della natura, di coraggio, di fiducia in se stessi, di spirito di sacrificio, di amore alla famiglia e al lavoro, di quel complesso, cioè, di igiene morale spesso ignota nei talami sterili, dove calcoli complicati, elucubrazioni, igiene matrimoniale e una buona dose di egoismo preparano solitari crepuscoli consolati dal cagnolino. Io sono il sesto figlio di una serie di otto; e proprio non me la sento di pensare ai miei genitori come a degli incoscienti analfabeti.” Alla lettera, pubblicata sul Candido del 9 settembre 1952, Guareschi risponde così: “Non accettiamo di polemizzare né di discutere sull’opportunità o meno della limitazione delle nascite non per spirito di intolleranza, ma con lo stesso spirito col quale ci rifiutiamo di discutere sulla esistenza di Dio. Per noi Dio esiste. Con lo stesso spirito noi rispondiamo, a chi ci interpella in proposito, che il problema dell’eccesso di nascite non esiste. La regola è questa: Crescite et multiplicamini. In quan-
to poi a coloro che negano l’esistenza di Dio, e, quindi, delle Leggi divine, a coloro cioè che sono ancorati alla terra dal più rigoroso materialismo, noi rispondiamo che parlare di ‘necessità di controllare e limitare le nascite’ è, prima ancora che una bestemmia contro Dio, una bestemmia contro la natura. Quando noi pensiamo che il mare, l’immenso e sconfinato mare, prima che un uomo pensasse a dar la caccia ai pesci, è rimasto per esempio alcuni miliardi di anni (centinaia di miliardi, miliardi di miliardi, chi lo sa?) in comple-
to e incontrollato potere dei pesci, e quando pensiamo che, pur essendo dotati d’una prolificità eccezionale, i pesci non sono mai riusciti a sovrappopolare il mare, ci vien da sorridere davanti alle preoccupazioni del Corriere della Sera e di chi la pensa come quelli del Corriere della Sera. Il problema della superpopolazione non esiste: regole inflessibili, matematiche, esistono, invece, sulle quali si basa il funzionamento di tutte le cose dell’universo. Il Padreterno, prima di creare l’universo, non ha aspettato di leggere il Corriere della Sera. Aveva già delle idee sue”. Mario Palmaro
www.prolifenews.it La nostra redazione cura un sito che viene aggiornato quotidianamente con notizie Pro Life dall’Italia e dal mondo. Il sito ospita articoli di stampa relativi al tema della Vita e diverse rubriche che trattano vari argomenti di carattere giuridico, scientifico, morale, economico e filosofico. Contributi e commenti sono benvenuti, scrivere a: redazione@prolifenews.it
Letture consigliate
Francesco Agnoli Storia dell’aborto
Francesco Agnoli Scritti di un Pro-Life
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€ 10,00
Fin dal concepimento vi è una vita che corre verso l’avvenire: a 18 giorni iniziano i primi battiti cardiaci; ad un mese e mezzo i ditini si precisano, con le loro impronte digitali, già inconfondibili ed uniche; a due mesi vi è una creatura perfettamente simile ad un grande (“Eccomi qua”), che misura tre centimetri, ma ha una precisione assoluta. A tre mesi il bimbo è alto circa 8 centimetri, vive una vita sua, in stretto collegamento con quella della mamma: si sveglia se si sveglia lei, la ascolta parlare o cantare, fa le capriole, scalcia, sembra addirittura che distingua il dolce dall’amaro, che si lasci cullare dal battito del cuore della madre e che sogni… Una vita così possiamo sopprimerla? Chi e come, nella storia, ha ritenuto giusto farlo? A questa e a molte altre domande, questo libro cerca di dare una risposta.
Cosa significa essere un pro-life? Prima ancora che l’adesione a un insieme di verità circa il retto operare dell’essere umano, significa credere in una possibilità di senso che riscatti la vita di ognuno di noi dall’insignificanza e dal vuoto. Significa essere consapevoli del fatto che, anche nell’esistenza più debole e nella situazione più tragica, l’orizzonte ultimo è quello della positività e della speranza. Negli Scritti che avete tra le mani, un pro-life di lunga data come Francesco Agnoli ci aiuta a misurare su queste premesse questioni attuali e drammatiche come l’aborto, la fecondazione artificiale, il divorzio, l’eutanasia, l’evoluzionismo, l’emergenza educativa e molto altro: scopriremo nel corso della lettura che le regole della morale non sono fatte per ingabbiare l’uomo, ma per aiutarlo a direzionare il suo sguardo verso il bene, la felicità e la pienezza.
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